BastaBugie n�593 del 02 gennaio 2019
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CHE L'ANNO NUOVO CI DONI UNA SANTA INTOLLERANZA
No, noi non tolleriamo che un bambino di 11 anni balli in un club di omosessuali, così come non tolleriamo che il governo minacci di toglierci i figli se insegniamo loro cos'è la mascolinità e la femminilità
Autore: Silvana De Mari - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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ASIA BIBI HA PASSATO IL NATALE IN UNA STANZA CHIUSA
Intanto cresce anche nel 2018 il numero di cristiani uccisi nel mondo a motivo della loro fede (l'anno scorso sono stati oltre 3.000) principalmente da parte dei musulmani e degli indù
Autore: Ermes Dovico - Fonte: Sito del Timone
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SONO SPOSATA DA UN ANNO E MIO MARITO PER ORA NON VUOLE FIGLI
Lui è passato dal preservativo al coito interrotto, mentre io vorrei usare i metodi naturali: devo dargliela vinta?
Autore: Padre Angelo Bellon - Fonte: Amici Domenicani
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IL FALSO PROBLEMA DEI CORI RAZZISTI ALLO STADIO
Perché ci si straccia le vesti se un giocatore nero viene preso in giro (da notare che è sempre dell'altra squadra e mai della propria), mentre se lui stesso prende in giro l'arbitro con un applauso sarcastico va bene?
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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DOVE NON GIUNGE CRISTO, C'E' ERODE
Oggi milioni di bambini vengono uccisi nel grembo della madre oppure affogati, strozzati, lasciati morire di freddo: questo è sempre accaduto, in passato, anche in Europa... sino all'avvento del cristianesimo
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona
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LA CEDU CONDANNA CHI CRITICA MAOMETTO E ASSOLVE CHI INSULTA IL CRISTIANESIMO
La Corte europea dei diritti umani condanna un professore per aver criticato Maometto, mentre assolve i pubblicitari che hanno insultato il cristianesimo
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
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SEGRETO CONFESSIONALE SOTTO ATTACCO
Gli stati cercano di obbligare i sacerdoti a violare il sigillo della confessione e allora ricordiamo l'esempio di santi come Giovanni Nepomuceno che hanno preferito il martirio piuttosto che piegarsi al potente di turno
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
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IL FALLIMENTO DEL SINODO DEI GIOVANI
Chi ha bisogno di aiuto non sono i giovani, ma i loro padri che li considerano sempre adolescenti e non fa nulla per farli crescere e diventare adulti (prima del '900 l'adolescenza nemmeno esisteva)
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: Il Timone
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OMELIA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO C (Mt 2,1-12)
Abbiamo visto spuntare la sua stella
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: L'invisibile che si manifesta
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CHE L'ANNO NUOVO CI DONI UNA SANTA INTOLLERANZA
No, noi non tolleriamo che un bambino di 11 anni balli in un club di omosessuali, così come non tolleriamo che il governo minacci di toglierci i figli se insegniamo loro cos'è la mascolinità e la femminilità
Autore: Silvana De Mari - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01-01-2019
Buon Capodanno e un bellissimo anno nuovo. Le date sono convenzioni ma hanno un loro valore catartico, un buon momento per cominciare un cambiamento. Da dove cominciamo? Dalle decine di morti cristiani massacrati dai vicini di casa islamici in Irak, Siria e Nigeria? Stanno fioccando le giustificazioni: la situazione economica, l'attacco contro le organizzazioni islamiche più scatenate. Oppure cominciamo dalle ormai incontabili vittime islamiche del terrorismo islamico? Damasco, Bagdad, il terrorismo islamico si è scatenato in un inevitabile schema: tutti contro tutti. L'acquiescenza occidentale per il terrorismo contro obiettivi israeliani è diventato tolleranza per il terrorismo in generale, incluso quello contro vittime cristiane, schiacciate come scarafaggi sul lungomare di Nizza, nei mercatini di Natale, macellati al Bataclan, e poi le vittime islamiche, spesso dimenticate.
TOLLERANZA = APPROVAZIONE Tolleranza in realtà è una parola mite. La parola corretta è approvazione, anzi ammirazione. Il terrorismo è visto come una reazione ad una qualche ingiustizia. Questo doppio schema: beatificazione dei carnefici e criminalizzazione delle vittima sta portando l'Occidente a schierarsi con chi vuole distruggere i popoli raccattando simpatie infime e minime e grossi dubbi sul loro diritto di stare al mondo. Tanto più un popolo ama il terrorismo, tanto più ci si schiera dalla sua parte, perché, evidentemente, ha subito ingiustizie. Se così non fosse non sarebbe diventato un popolo di terroristi: una logica inoppugnabile. In realtà il terrorismo nasce da una cultura di morte. Non esiste un terrorismo armeno, gli ebrei usciti dai campi di sterminio non hanno fatto saltare i bus scolastici a Berlino, non esiste un terrorismo tibetano.
ORGOGLIOSI DI ESSERE INTOLLERANTI Che l'anno nuovo ci porti il dono dell'intolleranza, una sana intolleranza. Anzi una santa intolleranza: intolleranza alla ferocia, intolleranza al terrorismo. E cominciamo dalle parole: terrorismo islamico. Cominciamo dal coraggio delle parole. Che l'anno nuovo ci porti il dono dell'intolleranza per la menzogna dei bambini che hanno due padri o hanno due madri. Che la menzogna sia vietata e soprattutto ne sia vietata la santificazione burocratica: nessuno ha due padri e nessuno ha due madri. Ognuno di questi bambini ha il diritto al lutto, per il genitore che è stato cancellato: il sindaco sorridente che trascrive la menzogna contribuisce ulteriormente a rendere il dolore per il genitore cancellato un tabù, qualcosa di non dicibile. La collera e il lutto del bambino saranno "soffocati", resteranno "dentro". Qualcosa di vietato. Che l'anno nuovo ci porti in dono una santa intolleranza alla pratica ignobile e pericolosa dell'utero in affitto e anche a quella della vendita di gameti: che i bambini vivano con papà e mamma, il loro papà e la loro mamma. Come ci insegnano i bambini adottati quando questo non succede c'è una ferita primaria, che nemmeno i loro valorosi genitori adottivi riescono a colmare del tutto. Che l'anno nuovo ci porti una santa intolleranza alla pratica della vendita degli esseri umani o dei loro pezzi. Che l'anno nuovo ci porti la compassione per tutti i bimbi che non vedranno la luce, che saranno smembrati da vivi per finire a pezzi nell'aspiratore (aborto per aspirazione), che agonizzeranno per ore prima di riuscire a morire (aborto chimico). Che gli uomini amino le donne, le donne amino gli uomini e tutti amino i bimbi. Che i bimbi vengano al mondo, accolti da mamma e papà. Che Dio intervenga nel mondo, perché noi non siamo capaci e abbiamo bisogno di aiuto. Benedica coloro che non Lo amano e li illumini, benedica coloro che in strane processioni di orgoglio Lo offendono e li illumini. Che Dio ci benedica per l'anno nuovo. E anche per quello dopo.
Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo seguente dal titolo "Il bimbo star del club gay e le famiglie bigotte schedate dal governo" spiega che questo mondo impazzito da un lato in Usa i media esaltano i genitori di Desmond, 11 anni, che ha ballato in un club di omosessuali che gli infilavano i soldi nel costume, mentre dall'altro lato, in Germania, il governo finanzia un opuscolo per insegnanti che accusa le "famiglie di destra" con bimbe con le trecce e bimbi che accettano la propria mascolinità. Così, in nome della libertà, sostenendo che i piccoli desiderano tutto questo, si realizza di fatto il sogno della pedofilia. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 dicembre 2018: In Germania il governo ha finanziato un opuscolo contro l'"omofobia" che, ricordando i tempi in cui il totalitarismo nazista cominciava a diffondere la propria ideologia antiliberale, mira a mutare le visioni dei bambini dell'asilo cresciuti da genitori «di destra» che si oppongono alla «diversità sessuale», alla «sessualizzazione» e «alll'immigrazione». Dall'altra parte dell'oceano, a New York, un bambino di 11 anni vestito da Drag Queen ha ballato, con il consenso della famiglia, in un club per omosessuali che gli infilavano i soldi nei pantaloni. In poche parole, mentre chi cresce i propri figli cercando di tutelare la loro innocenza e infanzia viene additato dai governi come un nemico, chi fa prostituire il figlio in bordelli gay non solo può agire apertamente senza che nessuno si sogni di allontanare il bambino dai suoi genitori, ma è addirittura esaltato. Sì perché non è la prima volta che il piccolo Desmond viene usato come icona del mondo arcobaleno. Dalle foto della pagina Facebook "Desmond is Amazing" (aperta da sua madre Wendy) si vede il piccolo sfilare ai Gay Pride da quando aveva 8 anni. Un'immagine lo ritrae tutto truccato in braccio ad un uomo in posa provocante (vedi foto in alto) in altre è ospite di programmi tv. Ovviamente il tutto viene fatto apparire come la volontà del bambino a cui la madre, accogliente ed amorevole, acconsente con il solo timore che non sia compreso: sarebbe lui infatti a voler essere una "drag queen" (ma chi è che spiega ad un bambino di 7 anni cosa significa esserlo?) e a voler vivere da «attivista Lgbt (parola che un bambino non può comprendere a meno che non sia catapultato in questo mondo)». Vengono i brividi perché sono proprio queste parole, "volontà" e "consenso" del minore ad essere usate dal movimento pedofilo a giustificazione dei rapporti fra uomo e bambino. Le stesse che la madre Wendy sottolinea mentre acconsente a tutti i comandi di Desmond, provocando danni crescenti alla sua psiche delirante, tipica di chi non è stato aiutato ad affrontare i limiti e a sentirsi dire dei "no". Ma ovviamente, tutti i media che hanno ospitato il piccolo, mettendolo in mostra vestito come una prostituta, non si sognano di rivelare particolari come la performance nel locale gay, preferendo metterla sul sentimentale e riderci su, mentre il pubblico applaude le sue performance abituandosi anche a questo. Un'abitudine, ripetiamo, che sta ad un passo da quella di credere che bambini di 7/10 anni possano desiderare naturalmente di avere rapporti con gli adulti (non importa se sono stati sessualizzati precocemente e non importa neppure se sono stati abusati). Anche se, certo, ora ci vuole una gran fantasia per pensare a quale giustificazione troveranno, davanti a questa aberrazione e all'episodio del club gay, coloro che accusano di "omofobia" quanti fanno notare da tempo il legame fra l'abominio dei rapporti fra persone dello stesso sesso, la sessualizzazione della società e la pedofilia. Intanto, sempre in nome della libertà, questi casi aumentano nel mondo e anche in Italia (come anticipato da Panorama che racconta dei 300 minorenni già sottoposti a terapie per il cambio di sesso). Ma come ricordato in un caso analogo da Stephen Black, ex omosessualista abusato da piccolo, è come far crescere bambini soldato per poi fargli dire che sparare è bello: «Stiamo assistendo alla comunità Lgbt che abbraccia l'abuso minorile coltivando malattie mentali, attraverso la promozione di un bambino "drag". Non ci vuole un grande scienziato per capire che tutto questo alla fine porterà all'abuso sessuale». Resta che chi si oppone a tanto viene ormai visto come un nemico pubblico. Basti pensare che Franziska Giffey, il ministro della Famiglia tedesco che ha finanziato l'opuscolo contro i genitori "omofobi", ha dichiarato di averlo fatto perché preoccupato per «l'aumento significativo dei movimenti populisti di destra». L'Antonio Fundation, editore del libretto, ha sottolineato che il lavoro nasce per difendere e rendere effettiva la Convenzione Onu per i Diritti del Bambino, quella che ormai viene usata per dire che i piccoli sono autonomi dalle famiglie, avendo diritto alla sessualità, alla religione e all'autodeterminazione (vedi la legge canadese). Nell'introduzione del libretto si spiega anche come i genitori vadano rieducati ad usare un vocabolario che non include parole contro la teoria gender, l'immigrazione di massa, la diversità sessuale: «Parole che paiono inoffensive ma derivano dal gergo della nuova (vecchia) Destra». Genitori che promuovono «dibattiti razzisti» o che inculcano «la paura dell'«islamizzazione dell'Occidente», quella «dell'indottrinamento o della sessualizzazione precoce ai loro figli, ossia il rifiuto dell'educazione e della pedagogia sessuale che riguarda il gender e la diversità sessuale». Infine, non mancano esempi di autori che generano questo clima di odio, come l'autrice di "Rivoluzione sessuale globale" Gabriele Kuby, definita «autrice cattolica ultra conservatrice». È difficile accettarlo ma siamo al punto in cui una famiglia che acconsente alla strumentalizzazione del proprio figlio viene presa a modello, mentre in un opuscolo educativo appaiono esempi di poveri bambini istruiti da famiglie di destra, che proprio in nome della lotta agli stereotipi vengono schedati così: «Non hanno problemi disciplinari» e (sia mai) «paiono particolarmente obbedienti» e rispettosi dei «ruoli di genere tradizionali: la bambina porta le trecce; a casa viene educata ai lavori di casa e di taglio e cucito; il bambino viene fisicamente sfidato con forza».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01-01-2019
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ASIA BIBI HA PASSATO IL NATALE IN UNA STANZA CHIUSA
Intanto cresce anche nel 2018 il numero di cristiani uccisi nel mondo a motivo della loro fede (l'anno scorso sono stati oltre 3.000) principalmente da parte dei musulmani e degli indù
Autore: Ermes Dovico - Fonte: Sito del Timone, 21 dicembre 2018
Dopo oltre nove anni di prigionia sarà il primo Natale fuori dal carcere per Asia Bibi, la madre di cinque figli perseguitata per la sua fede cattolica. Nonostante la Corte suprema del Pakistan l'abbia assolta questo ottobre dalla falsa accusa di blasfemia, Asia è tuttora custodita in un luogo segreto dove vive assieme al marito Ashiq Masih, sotto la protezione delle autorità del Paese, in conseguenza delle violente manifestazioni scatenate dopo la pronuncia della Corte suprema dal Tehreek-e-Labbaik Pakistan, un partito di fondamentalisti islamici. Gli estremisti vogliono una revisione del verdetto per arrivare in definitiva alla condanna a morte di Asia, ma il gruppo di avvocati (con a capo il musulmano Saif-ul-Muluk) che difendono la donna cristiana sono fiduciosi sul rigetto di quest'ultima istanza persecutoria, il cui esito potrebbe essere noto già a gennaio.
IN UNA STANZA CHIUSA CON SUO MARITO Non si sa se i figli di Asia, in particolare le giovanissime Esha ed Eisham, potranno celebrare la nascita di Gesù insieme ai genitori. «Lei trascorrerà il Natale in una stanza chiusa con suo marito», ha detto a Life Site News, mentre si trovava in Canada, il presidente della British pakistani christian association, Wilson Chowdhry, decidendo di non commentare sulla presenza o meno della prole. Difficile sapere, inoltre, se Asia riuscirà magari sotto copertura a partecipare alla Messa di Natale o se sarà consentito a qualche sacerdote di farle visita per portarle il conforto dei sacramenti, con la confessione e l'Eucaristia. Anche in questo periodo di incertezza, Asia è comunque sostenuta da quella grande fede che già nel pieno della fase processuale le aveva fatto respingere più volte la proposta di convertirsi all'islam per essere liberata, dicendosi pronta a morire per Cristo. La legge sulla blasfemia, intanto, continua a essere usata come arma di persecuzione, come dimostra la vicenda dei due fratelli cristiani Qaisar e Amoon Ayub, imprigionati dal 2015 e condannati a morte il 13 dicembre scorso sulla base di accuse debolissime. Qaisar, sposato e padre di tre figli, dopo aver scelto temporaneamente la via dell'espatrio per sottrarsi alle minacce ricevute in seguito a un diverbio con dei colleghi, è stato accusato di aver pubblicato nel 2011 del materiale offensivo nei confronti dell'islam. Il padre cristiano ha sempre detto di aver chiuso il sito Internet incriminato già nel 2009, spiegando che a riaprirlo per metterlo nei guai è stato un musulmano che Qaisar considerava un amico. Il fratello Amoon, anche lui sposato, è stato a sua volta accusato di cospirazione e blasfemia. A difendere i due fratelli è il Centre for legal aid, assistance and settlement (Claas), che ha annunciato che presenterà ricorso in appello all'Alta Corte di Lahore. «Temo che, come Asia Bibi, Qaisar e Amoon dovranno aspettare anni per ottenere giustizia», ha spiegato il direttore del Claas per il Regno Unito, Nasir Saeed.
CONIUGI INNOCENTI CONDANNATI A MORTE Dello stesso avviso è il domenicano James Channan, che parlando con Vatican Insider ha ricordato un altro caso di persecuzione, ossia quello dei coniugi Shagufta e Shafqat Emmanuel, condannati a morte con l'accusa, peraltro indimostrata, di aver inviato sms offensivi verso l'islam. «Shagufta era vicina di cella di Asia Bibi, ha condiviso con lei la sofferenza e anche la speranza della libertà e di una nuova vita». Padre Channan, responsabile del Peace Center, ha aggiunto: «I due sono innocenti. Li accusano di aver inviato sms in inglese, una lingua che, paradossalmente, i due non conoscono, essendo persone di umili origini. Qualcuno li ha incastrati, ma dovremo dimostrarlo in tribunale per salvare loro la vita. Tra l'altro a Shagufta, come avvenuto nel caso di Asia, è stata proposta la conversione all'islam come via brevis per ottenere l'assoluzione. Ma è una donna di profonda fede e ha rifiutato. Ora tocca a noi aiutarla». Poiché la tensione in Pakistan rimane alta, nelle maggiori città del Paese (tra cui Islamabad, Rawalpindi, Karachi e Lahore) si stanno seguendo speciali misure di sicurezza. Come ha spiegato all'Agenzia Fides padre Mario Rodrigues, rettore della cattedrale di San Patrizio a Karachi, «i funzionari di polizia hanno assicurato cooperazione e pieno supporto per le celebrazioni del giorno di Natale. Agenti saranno schierati nelle chiese di tutta la città, specialmente durante le messe della notte di Natale e del giorno». Padre Rodrigues ha poi detto: «Dopo l'assoluzione di Asia Bibi, la situazione è molto delicata e nutriamo delle preoccupazioni. Stiamo pregando perché tutto vada per il meglio».
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Ermes Dovico, nell'articolo seguente dal titolo "Nel 2018 in aumento i cristiani uccisi per la loro fede: oltre 3.000" parla della drammatica situazione dei cristiani nel mondo. Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 28 dicembre 2018: Come da profezia di Gesù («Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi»), le persecuzioni continuano a essere una realtà estremamente attuale per il cristianesimo, tant'è che il 2018 è già indicato come perfino più cruento - in termini di cristiani uccisi per la loro fede - dell'anno precedente. A rivelarlo è Cristian Nani, direttore in Italia di Porte Aperte (Open Doors), associazione che pubblicherà il suo rapporto annuale sui cristiani perseguitati il 16 gennaio. CRESCE IL NUMERO DI CRISTIANI UCCISI (OLTRE 3.000) In un'intervista con Vatican News, Nani spiega che il 2018 «è stato un anno molto violento; il numero di cristiani uccisi a causa della loro fede probabilmente salirà rispetto al 2017, anno in cui i cristiani uccisi sono stati 3.066». Le stime dicono insomma che si è già superata questa cifra e Nani precisa che «quando ci riferiamo a questi dati in Open Doors consideriamo persone, uomini, donne e bambini, che sono stati uccisi a causa della loro identificazione con Cristo, quindi non stiamo parlando di cristiani uccisi in guerre o carestie o cose di questo genere, ma proprio a causa della loro espressione di fede cristiana. Quindi un'anteprima che posso dare è sicuramente questa: purtroppo c'è un aumento del numero di cristiani uccisi nel corso del 2018». All'origine delle persecuzioni ci sono «principalmente il fondamentalismo islamico e il nazionalismo religioso, come ad esempio in India». DONNE CRISTIANE DOPPIAMENTE VULNERABILI Anche Marta Petrosillo, portavoce di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), ha detto che il 2018 conferma la «tendenza drammatica» in fatto di persecuzioni, ricordando tra i molti casi i cinque sacerdoti uccisi in Centrafrica, i sette sacerdoti uccisi in Messico, gli 11 pellegrini cristiani uccisi il 2 novembre in Egitto mentre si recavano a un santuario nell'area di Minya, nonché il calvario di Asia Bibi e della sua famiglia in Pakistan. Rispondendo a una precisa domanda sulla situazione delle donne cristiane, la Petrosillo spiega che «in moltissimi contesti sono doppiamente colpite. Abbiamo rapimenti, stupri e matrimoni forzati in diversi Paesi», tra i quali cita i casi emblematici del Pakistan e dell'Egitto. In luoghi come questi le donne cristiane sono dunque «doppiamente vulnerabili» e «ciò vale, ovviamente, anche per i bambini». La portavoce di Acs ha poi spiegato che la Chiesa svolge un'azione importante in diversi contesti difficili. «Una suora attiva in Libano con i rifugiati cristiani provenienti dalla Siria mi ha raccontato come un signore musulmano, prima fortemente ostile alla comunità cristiana, abbia iniziato addirittura ad aiutarla. Di storie emblematiche di perdono ce ne sono moltissime da parte dei perseguitati stessi». Tra queste storie c'è quella di Rebecca Bitrus, rapita e violentata da uomini di Boko Haram: «Da uno dei suoi aggressori ha avuto anche un bambino; lei ci ha riferito più volte che nel suo cuore non c'è odio e che ha perdonato, fin da subito, gli uomini che le avevano fatto del male». NATALE IN SIRIA, PADRE KARAKACH: RINGRAZIAMO IL BUON DIO «Questo è il primo Natale che viviamo dopo le violenze, il primo Natale che viviamo in sicurezza, senza paura di mortai, di atti terroristici. Quindi si respira un clima veramente molto positivo e gioioso. Le celebrazioni sono ovunque, gente per le strade, nei mercati, anche le piazze della città sono abbellite. [...] le maggiori citta siriane vivono questo clima positivo e quindi ringraziamo il Buon Dio perché finalmente riusciamo a tornare alla normalità», ha detto il francescano Bahjat Elia Karakach, parroco e superiore a Damasco del convento dedicato alla Conversione di San Paolo, intervistato da Vatican News. NATALE IN IRAQ: LA NASCITA DI CRISTO DIVENTA FESTA NAZIONALE È noto che in Iraq la presenza cristiana si è drammaticamente ridotta in seguito alla guerra e all'ascesa dell'Isis (oggi ridimensionato), ma in questi giorni - sebbene come in Siria permangano difficoltà, specie per il ritorno dei cristiani costretti a fuggire - è arrivata una buona notizia: il governo iracheno ha approvato un emendamento alla legge sulle festività nazionali, che «eleva il Natale al rango di celebrazione pubblica per tutti i cittadini, cristiani e musulmani», come riferisce Asia News. L'esecutivo ha raccolto quindi l'appello del cardinale Louis Raphael Sako, che aveva chiesto proprio che il Natale diventasse una «festa ufficiale in Iraq [...] in considerazione del rispetto che i fratelli musulmani hanno di Cristo». E così, dopo l'emendamento che si sofferma sulla «nascita di Gesù Cristo», il 25 dicembre il governo ha diffuso un messaggio via Twitter per augurare «Buon Natale a tutti i nostri cittadini cristiani, a tutti gli iracheni e a quanti festeggiano nel mondo». NATALE IN AFGHANISTAN: IL DOVERE DI DARE UNA TESTIMONIANZA CRISTIANA «Il Natale in Afghanistan è una festa un po' particolare, non è condivisa dalla popolazione locale, che è nella totalità musulmana. Quindi è una festa che riguarda esclusivamente i cristiani, che sono solo stranieri». Così il barnabita padre Giovanni Scalese, superiore della missione cattolica in Afghanistan, spiega a Vatican News la situazione nel Paese controllato in discreta parte dai talebani. «Molti di coloro che fanno parte della nostra comunità cristiana e che frequentano regolarmente la Chiesa, in queste occasioni tornano a casa per celebrare la festa con le loro famiglie; però ci sono altri che rimangono per tanti motivi e che in queste occasioni partecipano alle celebrazioni. Per noi è molto importante, perché proprio in questi momenti si prende maggiore consapevolezza della propria identità, di ciò che siamo. Il fatto di celebrare la nascita di Cristo significa per noi ricordarci che siamo cristiani e quindi anche quel dovere di dare una testimonianza».
Fonte: Sito del Timone, 21 dicembre 2018
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SONO SPOSATA DA UN ANNO E MIO MARITO PER ORA NON VUOLE FIGLI
Lui è passato dal preservativo al coito interrotto, mentre io vorrei usare i metodi naturali: devo dargliela vinta?
Autore: Padre Angelo Bellon - Fonte: Amici Domenicani, 12 febbraio 2012
Salve Padre Angelo, sono una giovane sposa e le scrivo per avere un lume sulla mia situazione attuale. Premetto che è da un anno e mezzo che sono sposata e da subito io e mio marito (in verità, più mio marito che io) ci siamo posti il problema di come affrontare i rapporti intimi dato che entrambi siamo disoccupati. All'inizio mio marito ha ritenuto indispensabile l'uso del profilattico per prevenire un'eventuale gravidanza, mentre io avevo proposto di astenerci fino a quando avremmo trovato lavoro. Ovviamente ha "vinto" lui. Ma nel mio cuore ho sempre percepito che ciò non coincideva con il fare la volontà di Dio e, siccome questo è il mio desiderio principale insieme a quello di non volerLo offendere in alcun modo, con diversi discorsi ho cercato di farlo riflettere. Dopo tante "pressioni" mi ha detto che è disposto a cambiare metodo, però di voler utilizzare il "coito interrotto" perché tutto ciò risponde all'esigenza di una "paternità responsabile" non avendo i mezzi per affrontare la nascita di un figlio. La mia opinione è sempre stata quella che se Dio ci avesse fatto la grazia di mandarci un figlio in questa situazione, sicuramente ci avrebbe dato anche i mezzi per affrontarla. Ma al mio totale abbandono alla provvidenza divina si è sempre contrapposta la sua eccessiva prudenza umana. E così, per rispettare i suoi limiti e per dargli il tempo di giungere alle mie stesse conclusioni, ho acconsentito. Adesso i nostri rapporti si concludono con il coito interrotto ed io, dopo un anno e mezzo di matrimonio, continuo a pormi seri problemi di coscienza. Che cosa posso fare? Qual è la strada giusta da percorrere? Qual è la volontà di Dio su di noi? E soprattutto, come infondere nel cuore di mio marito l'esigenza primaria di informare tutta la nostra vita ai dettami di Dio? Dal canto mio sto seriamente prendendo in considerazione o di non fare più la Comunione o di astenermi dai rapporti fino a quando lui deciderà di seguire metodi naturali. In attesa di una sua risposta le porgo distinti saluti.
RISPOSTA DEL SACERDOTE
Carissima, anzitutto ti sono vicino con la preghiera in questo momento di duplice afflizione: l'assenza del lavoro e la sofferenza che provi perché nell'intimità coniugale non vivete secondo la via di Dio. Tuo marito ha deciso di cambiare metodo. Ma si tratta ugualmente di un metodo che profana il disegno di Dio. La dottrina della Chiesa in merito è che il coniuge che chiede la relazione in questa maniera non ha diritto di essere esaudito. San Pietro ci ricorda che bisogna obbedire prima a Dio che agli uomini. È passato un anno e mezzo dal vostro matrimonio. Sarebbe stato bello se in questo lasso di tempo vi foste dedicati alla conoscenza dei metodi naturali che, se ben conosciuti e usati, sono più sicuri dei metodi contraccettivi. Ma al di là della sicurezza, vi sono i fattori morali. Nella contraccezione gli atti sessuali perdono il loro significato di autentico amore. Prevale il possesso e ci si rifiuta di mettersi in gioco in totalità. Non posso dire che se aveste usato i metodi naturali a quest'ora avreste ricevuto il tanto sognato lavoro. Ma senza dubbio vi sareste attirati maggiormente la benevolenza del Signore. Facendo contraccezione, avresti dovuto astenerti dalla Comunione fin dal principio se nel frattempo non ti sei confessata. A questo punto credo proprio che sia necessario che tu dica a tuo marito che è giusto - anche per esprimervi un autentico amore - di seguire la via di Dio. Il proposito di astenerti dai rapporti fino a quando non seguirete i metodi naturali è la strada giusta e corrisponde perfettamente alla volontà del Signore. Posso dirti che questo è gradito a Dio. Per conformare maggiormente tuo marito alla vita cristiana ti suggerisco di pregare e di offrire anche qualche sacrificio al Signore. Ci vogliono le parole, senza dubbio. Ma da sole non bastano. Santa Teresina diceva: "Ah, preghiera e sacrificio formano tutta la mia forza, sono le armi invincibili che Gesù mi ha date, toccano le anime ben più che i discorsi, ne ho fatto esperienza spesso" (Storia di un'anima, 315). Ti assicuro il mio sostegno nella linea indicata da S. Teresina. Intanto ti auguro ogni bene anche nell'ambito lavorativo e ti benedico.
Nota di BastaBugie: a scanso di equivoci, vogliamo ricordare due principi fondamentali a proposito degli argomenti trattati in questo articolo. Innanzitutto che utilizzare i metodi naturali con finalità contraccettiva (cioè per non avere figli) è moralmente illecito al pari di utilizzare metodi contraccettivi. Al momento del matrimonio gli sposi si impegnano solennemente ad "accettare i figli" che Dio vorrà donare loro. Solo "gravi motivazioni" possono rendere lecito rimandare la nascita di figli, dove per "gravi motivazioni" non si intende certo il semplice non avere momentaneamente un lavoro, né avere già due o tre figli. Le "gravi motivazioni" si riferiscono, ad esempio, a non avere un tetto sotto cui dormire, o assenza di cibo da dare ai figli già avuti, o gravissime malattie di uno o entrambi i coniugi che potrebbero portare a conseguenze gravi o alla morte. Per quanto riguarda la confessione del peccato di aver utilizzato contraccettivi o metodi moralmente illeciti (ad esempio il coito interrotto) è bene specificare che non è sufficiente per ottenere il perdono del peccato, essendo anche richiesto, come in ogni confessione, il fermo proposito di non più peccare. Altrimenti la confessione diventerebbe un semplice rito abitudinario che finirebbe per rendere lecito qualunque comportamento, purché poi ci si confessi... Ad esempio, nel caso sopra esposto al sacerdote, alla signora che ha fatto uso di contraccettivi non basterebbe confessarsi, essendo necessario anche il fermo proposito di non più usarli unito alla decisione di esternare al più presto al marito le ragioni morali che le impediscono in futuro di continuare con lui la condotta sessuale fino a quel momento seguita.
Fonte: Amici Domenicani, 12 febbraio 2012
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IL FALSO PROBLEMA DEI CORI RAZZISTI ALLO STADIO
Perché ci si straccia le vesti se un giocatore nero viene preso in giro (da notare che è sempre dell'altra squadra e mai della propria), mentre se lui stesso prende in giro l'arbitro con un applauso sarcastico va bene?
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31-12-2018
In questi giorni si è molto polemizzato con il governo. [...] Perché si attacca il ministro dell'Interno Matteo Salvini quando sostiene che razzismo e violenza non si combattono chiudendo gli stadi? I fatti sono noti: per i buu "razzisti" della curva dell'Inter contro il giocatore del Napoli Kalidou Koulibaly durante la partita Inter-Napoli del 26 dicembre scorso, l'Inter sarà costretta a giocare due partite in casa a porte chiuse: stadio vietato a tutti i tifosi per la responsabilità di un solo settore: centinaia, forse qualche migliaio, di ultras rispetto agli oltre 60mila presenti sugli spalti. C'è chi addirittura voleva imporre lo stop all'intero campionato.
PERCHÉ DUNQUE PUNIRE TUTTI I TIFOSI? «Per dare un segnale forte», per dare una lezione. È un principio pericoloso, che sostituisce alla giustizia basata sul diritto l'arbitrio dettato dal sentimento dominante, o perlomeno il sentimento dettato dai media e da chi li controlla. Non a caso la vicenda dei buu a Koulibaly ha predominato nei giornali sull'altro caso di cronaca legato a Inter-Napoli - oggettivamente più grave -, ovvero la battaglia andata in scena prima della partita nei dintorni di San Siro, quando gruppi organizzati di ultras dell'Inter, del Varese e del Nizza hanno assaltato una carovana di tifosi napoletani, peraltro già pronti a rispondere per le rime: un tifoso dell'Inter ci ha rimesso la vita, sotto le ruote di un Suv. Lungi da noi giustificare o minimizzare certi comportamenti delle curve, ma abbiamo l'impressione che la vicenda di Koulibaly sia tornata buona nel contesto di una narrazione dell'Italia come paese razzista, soprattutto da quando c'è un certo ministro dell'Interno. Diciamo che è anche più di un'impressione, leggendo certi editoriali, tra i quali va segnalato per eccesso di delirio almeno quello di Francesco Merlo su Repubblica, che arriva ad accostare Koulibaly al sindaco di Riace Mimmo Lucano, praticamente proclamati sul campo martiri gemelli, caduti vittima di questa ondata razzista salviniana. Ed è più di un'impressione anche considerando le decisioni del giudice sportivo: lo scorso 2 ottobre, Juventus-Napoli, stessi cori contro i napoletani e buu contro Koulibaly erano costati alla società bianconera, la chiusura per un turno della sola curva degli ultras e una ammenda. Come giustificare dal punto di vista giuridico una pena così diversa per lo stesso identico misfatto contro la stessa squadra e lo stesso giocatore?
SOLO IL CLIMA POLITICO CHE SI È CREATO PUÒ SPIEGARLO Un clima politico che tende a vedere razzismo ovunque, usando il razzismo come arma per colpire l'avversario politico. Non che non esistano anche episodi di razzismo vero e proprio intorno al calcio così come nella società, ma se tutto diventa razzismo niente lo è più. Soprattutto quando parliamo delle curve negli stadi, forse la categoria del tribalismo sarebbe in generale più appropriata. Se si è razzisti, lo si è contro ogni diverso, contro ogni nero o giallo o olivastro che sia. Allora perché gli stessi tifosi interisti che ululavano contro Koulibaly non hanno fischiato l'ingresso in campo per l'Inter nel secondo tempo del nero Keita al posto del bianco Perisic? Non dovrebbe essere forse un affronto togliere un "bianco" per mettere un "nero"? E invece no: dalla stessa curva interista solo applausi, al "bianco" e al "nero". Certo, perché quello che conta è che il "nero" Keita fa parte della tribù Inter, mentre Koulibaly è della tribù "nemica". Poi, qualcuno dei grandi moralizzatori ci dovrebbe spiegare perché ci si straccia le vesti se un giocatore nero viene fischiato, mentre ad esempio i fischi, le urla e gli insulti che regolarmente colpiscono gli arbitri (e non solo) - e che includono regolarmente anche giudizi drastici sulla moralità delle donne nelle loro famiglie fino al terzo grado di parentela - passano inosservati. La realtà è che c'è un tifo passionale, acceso, che comprende anche gli sfottò per gli avversari, che è parte del gioco, ed è anche il bello. Poi c'è evidentemente una ingiustificabile ignoranza e anche un'imbecillità in parte del tifo, e a dirla tutta c'è anche una inaccettabile tolleranza delle società di calcio e delle autorità verso le frange più violente. Ma pretendere di bollare tutto come razzismo per evidenti scopi politici non può che peggiorare il problema.
Nota di BastaBugie: va ricordato che il giocatore nero Koulibaly è stato fischiato dopo la sua espulsione dovuta al fatto che aveva insultato l'arbitro con un applauso sarcastico. Quindi in conclusione alla mentalità contemporanea sembra normale che un giocatore perché nero possa prendere in giro chiunque, perfino l'autorità in campo, mentre lui, in quanto nero, non può mai essere preso in giro. Un po' contraddittorio... non vi sembra?
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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31-12-2018
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DOVE NON GIUNGE CRISTO, C'E' ERODE
Oggi milioni di bambini vengono uccisi nel grembo della madre oppure affogati, strozzati, lasciati morire di freddo: questo è sempre accaduto, in passato, anche in Europa... sino all'avvento del cristianesimo
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona, 20 dicembre 2018
Il documentatissimo libro "Strage di innocenti. La politica del figlio unico in Cina" (Guerini), a cura di Antonello Brandi e della Laogai research foundation, dimostra implacabilmente come oggi, nel XXI secolo, migliaia e migliaia di bambini vengono uccisi nel grembo della madre, in qualsiasi periodo della gestazione, oppure vengono affogati, strozzati, lasciati morire di freddo, una volta nati. Con conseguenze terribili: l'invecchiamento della popolazione, la pazzia e il suicidio di moltissime donne, l'incredibile numero di orfani e di bambini senza esistenza legale che vagano per il paese... Quello che accade in Cina, lo si sa molto bene, avviene anche in India, con modalità analoghe ed effetti similari. Tra questi, il più evidente, è che a lasciarci le piume sono più spesso le femmine. Ebbene, chi ama la storia sa che quello che succede oggi in questi due grandi paesi, che insieme costituiscono quasi un terzo della popolazione mondiale, è sempre accaduto, in passato, anche nella vecchia Europa o nel nuovo Mondo. Sino all'avvento del cristianesimo.
LA NOVITÀ CRISTIANA Una delle idee che più ricorrono negli scritti dei primi cristiani, è infatti il loro desidero di ribadire sovente un concetto: noi cristiani siamo diversi dai pagani, anche perché non uccidiamo i nostri figli, né nel grembo delle nostre donne, né fuori. Minucio Felice, un apologeta del II secolo, nel suo "Ottavio", al capitolo XXX, paragrafo 2, paragonando l'insegnamento di Cristo con quello degli dei pagani, scrive: "Voi esponete i vostri figli appena nati alle fiere e agli uccelli, o strangolandoli li sopprimete con misera morte; vi sono quelle che ingurgitando dei medicamenti soffocano ancora nelle proprie viscere il germe destinato a divenir creatura umana e commettono un infanticidio prima di aver partorito. E questo apprendete dai vostri Dei, Saturno infatti non espose i propri figli, ma addirittura li divorò". A sua volta, il grande Tertulliano, nel suo "Apologetico", cap. IX, ribadisce: "A noi cristiani l'omicidio è espressamente vietato, e quindi non ci è permesso neppure di sopprimere il feto nell'utero materno. Impedire la nascita è un omicidio anticipato. Nulla importa che si sopprima una vita già nata o la si stronchi sul nascere: è già essere umano quello che sta per nascere. Ogni frutto è già nel suo seme". Un altro documento molto importante del cristianesimo del II secolo, proveniente dall'Asia Minore, la Lettera a Diogneto, ribadisce gli stessi ideali in questo modo assai sintetico: "i cristiani...si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati". Proprio su questo tema dell'infanticidio A. Baudrillart ha scritto: "Non vi è forse materia, in cui tra la società antica e pagana e la società cristiana e moderna, l'opposizione sia più accentuata che i loro modi rispettivi di considerare il fanciullo". In effetti, se guardiamo al mondo antico, notiamo che l'aborto e l'infanticidio sono assai diffusi. "Seneca, ricorda il sociologo americano Rodney Stark, in "Ascesa e affermazione del cristianesimo", Lindau- riteneva l'annegamento dei bambini alla nascita un evento ordinario e ragionevole. Tacito accusava i giudei ai quali 'è proibito sopprimere uno dei figli dopo il primogenito', ritenendola un'altra delle loro usanze 'sinistre e laide'. Era comune abbandonare un figlio indesiderato in un luogo in cui, in linea di principio, chi voleva crescerlo avrebbe potuto raccoglierlo, anche se solitamente veniva lasciato in balia delle intemperie e di animali e uccelli".
ROMA E ATENE I bambini, a Roma come in Grecia, vengono dunque tranquillamente uccisi, oppure venduti, oppure esposti e lasciati così morire di fame e di freddo, quando non vi è qualcuno a salvarli, solitamente per farne schiavi. Sappiamo di ritrovamenti, nelle fognature romane, di ammassi di ossa appartenute a neonati, abbandonati e poi buttati, appunto come residui e immondizie. Vittime dell'infanticidio sono, più spesso, come nella Cina e nell'India di oggi, le bambine, mentre l'aborto comporta, oltre alla morte del feto, non di rado anche il decesso, oppure la sterilità, della madre. Il rifiuto dei primi cristiani di ricorrere all'aborto e all'infanticidio, connesso dunque ad una loro alta fecondità, non è soltanto una grande conquista dell'umanità, ma anche uno degli elementi che permettono ai primi cristiani, insieme alle conversioni, di crescere sempre di più, sino a superare numericamente i pagani. Ma l'infanticidio non è praticato soltanto a Roma, come testimoniato anche dalla leggenda di Romolo e Remo, o in Grecia, ma in tutto il mondo antico. Il celebre bioeticista animalista Peter Singer, consigliere di Zapatero in questioni etiche, sostiene con forza l'idea che tale antica consuetudine sia da riscoprire anche oggi, insieme all'aborto legale: infatti, se è vero che solo i cristiani la respinsero con forza, argomenta Singer, vogliamo credere che essi siano stati gli unici ad aver ragione, mentre tutti gli altri popoli e religioni del passato, avrebbero avuto torto? "L'uccisione dei neonati indesiderati - scrive Singer - , o l'uso di lasciarli morire, è stata prassi normale in moltissime società, in tutto il corso della preistoria e della storia. La troviamo per esempio nell'antica Grecia, dove i bambini handicappati venivano esposti sui pendii delle montagne. La troviamo in tribù nomadi, come quella dei Kung del deserto del Kalahari, dove le donne uccidono tutti i bambini nati, quando ci sia un figlio più grande non ancora in grado di camminare. L'infanticidio era prassi corrente anche su isole polinesiane come Tikopia, dove l'equilibrio tra risorse alimentari e popolazione veniva mantenuto soffocando i bambini indesiderati dopo la nascita. In Giappone, prima dell'occidentalizzazione, il 'mabiki', parola nata dalla prassi di sfoltire le piantine di riso per consentire a tutte quelle restanti di fiorire, ma che finì per indicare anche l'infanticidio, era ampiamente praticato non solo dai contadini, che potevano contare su modesti appezzamenti di terreno, ma anche dai benestanti" (Peter Singer, Ripensare la vita, Il saggiatore, p. 137). Con la diffusione del cristianesimo in buona parte del mondo, aborto e infanticidio divengono fenomeni molto più rari e circoscritti, mentre le legislazioni, a partire da Costantino, intervengono nella tutela degli infanti e si sviluppano opere di carità e di assistenza per i bambini abbandonati e per le famiglie in difficoltà. Sino al ritorno dell'aborto, nelle legislazioni comuniste e naziste, nel Novecento, e dell'infanticidio, con la nuova legge sull'eutanasia dei bambini fino ai dodici anni, in Olanda. Se torniamo ora con la mente ai due grandi paesi in cui l'aborto, anche forzato, e l'infanticidio, sono fenomeni di massa, è facile, dopo questo breve excursus, capire il perché di tutto ciò: Cina e India sono tra i paesi in cui l'Evangelo cristiano è penetrato di meno, e con esso anche la cultura occidentale, portatrice, consapevole o meno, di questo messaggio (o almeno di parte di esso).
IL CINICO IMPERO CINESE Quando i primi missionari gesuiti raggiungono la Cina, rimangono piuttosto ammirati da questa grande civiltà. Quello che però colpisce negativamente il grande Matteo Ricci, allorché mette piede nel Celeste Impero, nel 1583, sono la prostituzione dilagante, la grande corruzione, la frenesia per il denaro, e soprattutto, la diffusione della pratica dell'infanticidio. Il regime comunista, capace di pianificare milioni di aborti forzati, sterilizzazioni di massa, uccisione in serie di neonati, ha ancora da venire, ma il rispetto dei fanciulli, in quel paese per altri aspetti ammirevole, manca del tutto. Come scriverà J. J. Matignon, ai primi del Novecento, i Cinesi sovente vendono le loro figlie, come prostitute, oppure le uccidono, per la povertà, ma anche a causa delle loro superstizioni magiche, del loro ossessivo culto degli antenati: "Come sempre in Cina la superstizione gioca un ruolo chiave: infatti gli occhi, il naso, la lingua, la bocca, il cervello dei bambini sono reputati materie organiche dotate di una grande virtù terapeutica. Succede che dopo il parto la puerpera cada ammalata, e allora, per ingraziarsi gli spiriti, le bimbe, o in certi casi i bimbi, sono soppressi. Esistono delle donne (quelle che noi chiameremmo streghe, ndr) che hanno il preciso compito di procurare la morte alle neonate...I neonati sono soppressi o buttandoli in un angolo dell'abitazione o in una cassa dei rifiuti; dove la polvere e le immondizie non tarderanno ad ostruirne le vie respiratorie". Altre volte i bambini vengono annegati o soffocati con dei cuscini, anche se l'influenza degli europei, conclude Matignon, sembra avere finalmente qualche effetto limitante nei confronti di queste consuetudini (J.J. Matignon, Superstition, crime e misère en Chine, Lione, 1902). Quasi negli stessi anni di Matignon, due missionari raccontano sulla Cina le medesime cose. Il primo è un gesuita, san Alberto Crescitelli, decapitato, e sventrato, a 37 anni, il 21 luglio 1900, durante la rivoluzione dei Boxer. Il secondo è un missionario verbita della val Badia, in Trentino Alto Adige, San Giuseppe Freinademetz. Giunto nel paese che amerà per tutta la vita, sino a morirvi di tifo, egli scrive ai suoi cari, in più occasioni, che i cinesi hanno il "costume di esporre il proprio bambino o semplicemente scambiarlo oppure venderlo...": "Uno dei nostri migliori cristiani, prima della sua conversione, aveva ucciso la sua bambina scagliandola contro le pietre semplicemente perché piangeva troppo" (Sepp Hollweck, Il cinese dal Tirolo, Athesia, 2003, p.35, 36). In un'altra lettera, scritta da Hong Kong il 28 aprile 1879, Freinademetz racconta come le monache cattoliche abbiano costruito due orfanatrofi, in cui raccolgono più di mille bambini all'anno: i cinesi "li danno per niente o per alcuni centesimi, e non se ne curano altro". I missionari dunque, scrive da Puoli il 2 luglio 1882, girano per le strade a raccoglierli: ne trovano a migliaia in fin di vita, e si limitano a battezzarli, mentre quelli che possono li salvano: "molte anime furono già salvate dopo che siam arrivati qui, molti bambini di pagani battezzati che poi se ne morirono ed ancora ieri abbiamo fatto una sepoltura solenne con una piccola bambina di più di un anno, che se ne morì. La sua propria madre voleva strangolarla per poter allattare un bambino altrui e guadagnare denari, essa poi sentì che noi accettiamo ogni sorta di bambini e li alleviamo bene; dunque ce la portò avanti più di due mesi, si ammalò e morì dopo essere stata confermata da noi mezz'ora prima di morire. Noi volevamo fare la sepoltura con tutta pompa per dimostrare ai pagani, come onoriamo loro creature che essi gettano via. I pagani qui non usano scrigni da morte per piccoli bambini ma appena morti fanno un buco e lo gettano dentro. Noi gli facemmo a quella bambina un bel vascello tinto a rosso, la vestimmo con una bella veste azzurra, la portavamo in chiesa, noi tutti missionari accompagnati dai cristiani, che non avevano mai visto così. Molti pagani vennero a vedere..." (G. Freinademetz, Lettere di un santo, Imprexa, Bolzano, pp. 23, 39). LA DRAMMATICA SITUAZIONE INDIANA Come in Cina, dove, come si diceva, l'infanticidio è oggi addirittura affare di Stato, analogamente in India. Anche nel grande paese dominato dalla religione induista, l'uccisione, soprattutto delle bambine, è di gran moda, per motivi economici e non solo. L'agenzia Asianews riportava recentemente questa notizia: "Presso molte popolazioni tribali le figlie femmine sono considerate solo un peso e la mentalità sociale ne ammette sia il feticidio che l'infanticidio. Nel 2006 in un piccolo villaggio del distretto di Ranga Reddy, a 80 km. da Hyderabad (Andhra Pradesh), 11 neonate sono state lasciate morire di fame dai genitori. Molti tribali sono soliti avvolgere la bambina non voluta dentro stracci e lasciarla morire. Secondo la stampa locale Jarpula Peerya Nayak, padre di 27 anni, ha detto che "mia moglie per la terza volta ha avuto una bambina. Una figlia femmina è un peso e abbiamo deciso di non darle da mangiare. Così è morta". "E' davvero difficile crescere una bambina e trovarle marito". Il 25 febbraio anche suo cugino J. Ravi e la moglie hanno lasciato morire di fame la loro neonata. "Mia figlia - racconta Ravi - è morta due giorni dopo la nascita, perché non l'abbiamo nutrita". "Abbiamo già due figlie, non possiamo permetterci di averne un'altra". Un tribale spiega che quale dote della figlia dovrà dare "uno scooter, 5 o 6 tola [58-70 grammi] d'oro e 50 mila rupie, per avere un buon marito". Dopo la morte, i tribali scavano una fossa e ci seppelliscono la neonata, con sopra una pietra. I cani hanno scavato la fossa e mangiato parte del corpo della figlia di Ravi, così l'hanno seppellita di nuovo. La maggior parte delle 40 famiglie del villaggio hanno assistito a simili episodi o li hanno commessi, molte coppie dopo avere già avuto 2 o più figlie femmine. Jarpula Lokya Nayak ha fatto morire di fame due figlie" (Asianews, 15/3/2007).
MADRE TERESA DI CALCUTTA Anche in India l'impegno dei missionari e delle minoranze cristiane è votato, oltre che al tentativo di infrangere il muro delle caste e delle diseguaglianze sociali, alla difesa della vita nascente e dell'infanzia, in nome del Dio che si è fatto bambino. Basti, per brevità, un solo esempio: quello di madre Teresa di Calcutta. Tutti sanno che la missione di questa donna è stata quella di aiutare i poveri dell'India, gli emarginati, i deboli, gli ultimi. Tra costoro madre Teresa non ha mai dimenticato di citare i bambini nel grembo materno, definiti da lei, i "più poveri tra i poveri". Nel suo "Dateli a me. Madre Teresa e l'impegno per la vita" (Città Nuova), l'ottimo giornalista Pier Giorgio Liverani riporta il pensiero della suora di origini albanesi, espresso in mille circostanze, con una grande forza, come in queste sue frasi: " Questo, l'aborto è ciò che distrugge la pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio bambino, che cosa impedisce a me di uccidere voi o a voi di uccidere me? Niente. Ecco quello che io domando in India, che chiedo ovunque: che abbiamo fatto per i bambini? ...Noi combattiamo l'aborto con l'adozione. Così salviamo migliaia di vite. Abbiamo sparso la voce in tutte le cliniche, gli ospedali, i posti di polizia: 'Vi preghiamo di non uccidere i bambini, di loro ci prenderemo cura noi'" . La lotta a favore dei bambini contro l'aborto e l'infanticidio, specie delle donne, è stata condotta da Madre Teresa e dalle sue suore, talora sino al martirio, con grande forza, scontrandosi, come si diceva, con una cultura ignara della sacralità della vita sin dalla sua origine. Per gli induisti ad esempio, i bambini abbandonati o rifiutati dai genitori, se sopravvivono, sono e rimangono dei paria, dei sotto-casta, che scontano colpe precedenti. Le donne, in generale, e tanto più le bambine, sono costose, a causa della dote, e sono considerate inferiori al maschio, "fino al punto, non raramente, di avvelenarle al seno, cospargendolo di veleno, mentre succhiano il latte materno". Così succede che vi sia talvolta un numero di nascite molto alto, per la ricerca del maschio a tutti i costi, e un numero di infanticidi femminili conseguente: si abortisce selettivamente, sino a quando non si ottiene il figlio desiderato, di sesso maschile. Madre Teresa e le sue suore hanno fondato numerose case della carità, scuole ed orfanotrofi, ottenendo grande successo, ma anche l'opposizione del Primo Ministro Morarij Desai, che nel 1979 le accusò di aiutare i bambini con le scuole e gli orfanatrofi, al solo fine di battezzarli e di convertirli. Madre Teresa gli rispose con grande coraggio, scrivendogli tra l'altro: "Mi pare che Lei non si renda conto del male che l'aborto sta provocando al suo popolo. L'immoralità è in aumento, si stanno disgregando molte famiglie, sono in allarmante aumento i casi di pazzia nelle madri che hanno ucciso i propri figli innocenti...Signor Desai: forse, tra poco Lei si troverà faccia faccia con Dio. Non so quale spiegazione potrà dargli per aver distrutto le vite di tanti bambini non nati, ma sicuramente innocenti, quando si troverà davanti al tribunale di Dio, che la giudicherà per il bene fatto e per il male provocato dall'alto della sua carica di governo". E aggiungeva come nei 102 centri di Calcutta gestiti da lei fossero passate, nell'ultimo anno, 11.701 famiglie indù, 5.568 famiglie musulmane e 4.341 famiglie cristiane, a cui si era insegnato il senso della famiglia, il rispetto della vita, la necessità di una procreazione responsabile, arrivando a determinare la riduzione delle nascite, ma senza il ricorso né all'aborto né all'infanticidio! Il grido dei bambini non nati, degli infanti uccisi, diceva Madre Teresa, ripetendo in altro modo i concetti espressi secoli e secoli prima da Minucio Felice, Tertulliano, e tanti altri, "ferisce l'orecchio di Dio".
Fonte: Libertà e Persona, 20 dicembre 2018
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LA CEDU CONDANNA CHI CRITICA MAOMETTO E ASSOLVE CHI INSULTA IL CRISTIANESIMO
La Corte europea dei diritti umani condanna un professore per aver criticato Maometto, mentre assolve i pubblicitari che hanno insultato il cristianesimo
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 19 dicembre 2018
Quando si tratta di trovare il giusto mezzo tra la difesa del diritto alla libertà di espressione e di quello alla libertà religiosa, la Corte europea dei diritti umani (Cedu) pecca spesso di incoerenza. Non è una novità. Il problema però è che i giudici di Strasburgo hanno una particolare tendenza a proteggere l'islam e a lasciare invece il cristianesimo in balia delle peggiori blasfemie. È la conclusione di un seminario organizzato il 13 dicembre presso il Consiglio d'Europa dal Centro europeo per la legge e la giustizia (Ecjl). I partecipanti al convegno hanno analizzato dapprima tre casi concreti del 2018, evidenziando lo strabismo della Cedu, per poi concentrarsi su un ultimo che deve ancora essere giudicato.
VIETATO CRITICARE MAOMETTO Il primo caso riguarda la condanna di un conferenziere austriaco, E.S., per avere pubblicamente «denigrato una persona oggetto di venerazione», e cioè Maometto, il profeta dell'islam. Durante un convegno intitolato "Conoscenze base sull'islam". E.S. affermò che Maometto, avendo sposato una bambina di sei anni, Aisha, e avendo consumato il matrimonio quando lei aveva nove anni, era affetto da tendenze pedofile. Il conferenziere ha aggiunto che questo atteggiamento costituisce un problema dal momento che «il più alto comandamento per un musulmano è imitare Maometto», aggiungendo di conseguenza che c'è un conflitto tra l'islam e i «valori democratici». E.S. è stato perseguito dalla procura di Vienna e condannato in base all'articolo 188 del codice penale poiché c'è differenza tra sposare una bambina e la pedofilia. La sentenza aveva come obiettivo quello di proteggere la sensibilità religiosa dei musulmani e mantenere «la pace religiosa in Austria». La Corte di Appello e la Corte Suprema hanno confermato la condanna nel 2011, accusando E.S. di volere soltanto «diffamare l'islam». Il conferenziere è stato pertanto condannato a pagare 480 euro di multa e la Cedu il 25 ottobre 2018 ha confermato la condanna nel nome della protezione dei sentimenti religiosi della popolazione musulmana e dell'oggetto del loro credo. Questo, nota il Centro europeo per la legge e la giustizia, nonostante «i commenti in questione fossero basati sui fatti storici».
CONDANNATA LA LITUANIA Diversamente, la Corte Europea dei diritti umani ha condannato il 30 gennaio 2018 la Lituania per avere sanzionato «ingiustamente» l'agenzia pubblicitaria "Sekmadienis Ltd". L'agenzia aveva utilizzato per pubblicizzare i vestiti della collezione del designer Kalinkinas le figure di Gesù (a petto nudo) e Maria, con gli slogan: "Gesù che pantaloni", "Madre di dio, che vestito" e "Gesù Maria, che stile". Per questo, nel 2012, il Tribunale amministrativo supremo lituano aveva condannato l'agenzia a pagare 579 euro di multa affermando che i simboli religiosi sono stati usati in modo improprio e che la pubblicità non era conforme alla morale e violava il rispetto della fede cristiana. Secondo la Corte di Strasburgo, in questo caso si tratta invece di violazione della libertà di espressione dell'agenzia, dal momento che «non è chiaro» perché ciò che offende i sentimenti di una persona cristiano-cattolica dovrebbe essere in automatico considerato contrario alla morale pubblica. In Lituania il 77 per cento della popolazione si dice cattolica. Non è stato neanche chiarito, hanno aggiunto i giudici, che cosa ci fosse di così offensivo nella pubblicità.
LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE DELLE PUSSY RIOT In un terzo caso, la Cedu ha condannato il 17 luglio 2018 la Russia a risarcire tre attiviste del collettivo Pussy Riot, che erano state condannate a due anni di carcere per «teppismo aggravato dall'odio religioso» in seguito alla manifestazione all'interno della chiesa del Cristo Salvatore a Mosca del febbraio 2012. Le tre attiviste sono salite sull'altare, mimando canti e balli, e pregando: «Madonna, liberaci da Vladimir Putin». Tutti i giornali hanno sottolineato come la punizione sia stata eccessiva e la Corte ha condannato la Russia per violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo per quanto riguarda il divieto della tortura e il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona. Il convegno ha sottolineato, però, come la Corte abbia ravvisato anche una violazione della libertà di espressione delle attiviste. Per questo Mosca è stata condannata a risarcirle rispettivamente con 16 mila, 5 mila e 11.700 euro.
SACRILEGIO BLASFEMO IN SPAGNA Ora il Centro europeo per la legge e la giustizia si è concentrato sul caso "Associazione spagnola degli avvocati cristiani v. Spagna" (n° 22604/18), introdotto davanti alla Corte il 26 aprile 2018. Il caso riguarda la performance dell'artista Abel Azcona, che nel 2015 ha rubato 242 ostie consacrate da diverse chiese cattoliche, fingendosi un fedele, e le ha utilizzate per scrivere la parola "pederastia", sedendosi poi nudo tra le ostie. L'esibizione è avvenuta in una sala comunale di Pamplona, che l'ha concessa all'artista nonostante fosse a conoscenza del contenuto dell'esposizione. L'Associazione spagnola degli avvocati cristiani ha chiesto al Comune di bloccare la mostra per «dissacrazione esplicita» e per «attacco contro i sentimenti religiosi» dei cristiani, crimine che in Spagna comporta una pena da 12 a 18 mesi di carcere. L'arcivescovo di Pamplona, monsignor Francisco Perez, ha definito la mostra «un sacrilegio blasfemo». Nel 2016 la Corte di Pamplona ha rigettato la causa intentata dagli avvocati cristiani perché, secondo i giudici, l'ostia consacrata «è solo un piccolo oggetto bianco rotondo» che l'artista ha «trattato in modo rispettoso senza che ci fosse niente di irrispettoso od offensivo». L'appello è stato invece rigettato il 7 novembre 2017 perché la protezione dei sentimenti religiosi dei cristiani «non può giustificare» la restrizione della libertà di espressione. La "creazione" dell'artista è stata poi venduta per 300 mila euro. La Cedu dovrà esprimersi su quest'ultimo caso ma, fa notare Ecjl, i precedenti del 2018 non fanno presagire niente di buono, dal momento che la discrepanza di giudizio quando la religione insultata è il cristianesimo, rispetto all'islam, è abbastanza evidente. Se Strasburgo non ribalterà il giudizio dell'autorità giudiziaria spagnola, è la conclusione, sempre più governi potrebbero sentirsi liberi di «autorizzare» nuove forme di odio e intolleranza verso i cristiani, sempre meno protetti in Europa.
Fonte: Tempi, 19 dicembre 2018
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SEGRETO CONFESSIONALE SOTTO ATTACCO
Gli stati cercano di obbligare i sacerdoti a violare il sigillo della confessione e allora ricordiamo l'esempio di santi come Giovanni Nepomuceno che hanno preferito il martirio piuttosto che piegarsi al potente di turno
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 28 dicembre 2018
L'inviolabilità del segreto confessionale è uno dei pilastri della morale cattolica. Il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica ricorda che «ogni sacerdote che ascolta le confessioni è obbligato, sotto pene molto severe, a mantenere un segreto assoluto riguardo ai peccati che i suoi penitenti gli hanno confessato. Non gli è lecito parlare neppure di quanto viene a conoscere, attraverso la confessione, della vita dei penitenti. Questo segreto, che non ammette eccezioni, si chiama "sigillo sacramentale", poiché ciò che il penitente ha manifestato al sacerdote rimane "sigillato" dal sacramento» (n. 1467). Il nuovo Codice di Diritto Canonico, infligge la scomunica latae sententiae al sacerdote che viola il sigillo sacramentale (canone 1388 - §1). Per la Chiesa nessuna ragione può giustificare la violabilità del segreto confessionale, perché, come spiega san Tommaso «il sacerdote è a conoscenza di quei peccati non come uomo, ma come Dio» (Somma teologica, Suppl.,11, 1, ad 2).
SAN TOMMASO DA VILLANOVA Gli Stati cattolici hanno sempre protetto il segreto confessionale. Alexandre Dumas, nel suo romanzo storico L'avvelenatrice, ricorda un episodio tratto dal Tractatus de confessariis dell'arcivescovo di Lisbona Rodrigo da Cunha y Silva (1577-1643): «Un catalano nato nella città di Barcellona, essendo stato condannato a morte per un omicidio da lui commesso e riconosciuto, giunta l'ora della confessione, rifiutò di confessarsi. Tentarono più volte di convincerlo, ma si difese così strenuamente da ingenerare negli altri la convinzione che una tale ribellione nascesse da un turbamento dell'animo causato dall'approssimarsi della morte. San Tommaso di Villanova (148-1555), arcivescovo di Valenza fu avvertito della questione. L'alto prelato decise così di adoperarsi per indurre il delinquente a confessarsi, in modo da non far perdere l'anima insieme al corpo. Ma fu molto sorpreso quando, avendogli chiesto la ragione del suo rifiuto a confessarsi, il condannato rispose che aveva in odio i confessori, essendo stato condannato per l'omicidio proprio a causa della rivelazione fatta durante quel sacramento. Nessuno era venuto a conoscenza di quell'assassinio, tranne appunto il prelato a cui aveva confessato, oltre che il proprio pentimento, anche il luogo dove aveva seppellito il corpo e le altre circostanze del delitto. Il sacerdote aveva poi riferito tutti i particolari alle autorità e per questo l'assassino non aveva potuto negarle. Solo allora il colpevole aveva saputo che il prete era fratello della vittima e che il desiderio di vendetta aveva fatto leva su ogni altro obbligo sacerdotale. San Tommaso da Villanova giudicò quella dichiarazione assai più grave del processo dato che riguardava il prestigio della religione. Le sue conseguenze erano dunque assai più importanti. Così credette opportuno di informarsi sulla veridicità di quella dichiarazione. Convocò il sacerdote e, fattosi confessare quel delitto di rivelazione, costrinse i giudici che avevano condannato l'accusato a revocare il loro giudizio e ad assolverlo. Le cose andarono così fra l'ammirazione e gli applausi del pubblico. Quanto al confessore fu condannato a una fortissima pena, che san Tommaso mitigò, in considerazione della pronta ammissione del sacerdote e soprattutto per la soddisfazione nel vedere come i giudici tenessero in gran contro quel sacramento» (L'Avvelenatrice, Mursia, Milano 2018, pp. 58-60).
IL RISPETTO DEL SIGILLO CONFESSIONALE La tradizione giuridica occidentale ha sempre rispettato il sigillo confessionale, ma il processo di secolarizzazione degli ultimi decenni, che secondo alcuni avrebbe dovuto giovare alla Chiesa, sta però modificando la situazione. In un recente articolo sul quotidiano di Roma Il Messaggero, la vaticanista Franca Giansoldati, ha scritto che «l'abolizione del segreto confessionale è una ipotesi che avanza implacabilmente, in diversi Paesi, nonostante la forte opposizione degli episcopati» (20 dicembre 2018). I fatti purtroppo danno ragione a questa previsione. In Australia, la regione di Canberra ha approvato una legge che impone ai sacerdoti di venire meno al sigillo della confessione quando fossero a conoscenza di casi di abusi sessuali. In Belgio, il 17 dicembre, padre Alexander Stroobandt è stato condannato dal tribunale di Bruges per non aver avvisato i servizi sociali che un anziano gli aveva manifestato l'intenzione di togliersi la vita. Secondo il tribunale il segreto confessionale non è assoluto, ma può e deve essere violato nei casi dell'abuso sui minori e della prevenzione del suicidio. In Italia, la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 6912 del 14 febbraio 2017, ha sancito che i religiosi chiamati a testimoniare durante un processo per abuso sessuale, se si rifiutassero di farlo, in nome del segreto confessionale, incorrerebbero nel reato di falsa testimonianza. [...] È prevedibile che la legislazione degli Stati moderni imporrà alla Chiesa di applicare la "tolleranza zero" contro la pedofilia, sciogliendo dal segreto confessionale i sacerdoti che vengano a conoscenza di questi reati. In caso contrario, la persecuzione contro il sigillo sacramentale, che è stata un'eccezione nella storia della Chiesa, diverrà la regola degli anni futuri. Per questo è più che mai necessario l'aiuto spirituale di coloro che non indietreggiarono di fronte alla morte pur di rispettare la legge divina. E' celebre il martirio di san Giovanni Nepomuceno (1330-1383), torturato e fatto annegare nel fiume Moldava di Praga dal re Venceslao di Boemia per essersi rifiutato di rivelargli quanto la moglie gli aveva detto in confessione. Meno noto è il caso del sacerdote messicano san Matteo Correa Magallanes (1866-1927). Durante la rivolta dei cristeros contro il governo massonico, il generale Eulogio Ortiz, conosciuto per aver fatto fucilare un suo soldato perché portava uno scapolare, fece arrestare padre Matteo, ordinandogli di andare a confessare in cella i "banditi" cristeros, che il giorno dopo sarebbero stati fucilati, e di riferirgli poi quanto da essi saputo in confessione. Il sacerdote confessò i detenuti, ma oppose uno strenuo rifiuto alla richiesta. Il 6 febbraio 1927, il generale Ortiz lo giustiziò con la propria pistola d'ordinanza, presso il cimitero di Durango. Matteo Correa Magallaes fu beatificato il 22 novembre 1992 e canonizzato il 21 maggio 2000 da papa Giovanni Paolo II.
PADRE PEDRO MARIELUZ GARCÉS Dimenticato è invece il martire padre Pedro Marieluz Garcés (1780-1825), peruviano. Il religioso, dell'Istituto dei camilliani, partecipò alle guerre di indipendenza del Perù come cappellano del vicerè spagnolo don Josè de la Serna e delle sue truppe, comandate dal Brigadiere José Ramon Rodil y Campillo (1789-1853). Dopo la sconfitta dell'esercito monarchico nella battaglia di Ayacucho (1824), l'esercito di Rodil fu assediato nella Fortezza di Callao e padre Marieluz Garcés rimase con i soldati, per assisterli spiritualmente. Nel settembre 1825, la demoralizzazione delle truppe provocò una cospirazione tra alcuni ufficiali all'interno della fortezza. La trama fu scoperta dal generale Rodil e vennero arrestati tredici ufficiali sospetti, che negarono però l'esistenza di una cospirazione. Il generale Rodil ordinò di fucilarli e chiamò padre Marieluz per ascoltare le loro confessioni e prepararli alla morte. Alle nove di sera furono tutti giustiziati. Il generale però non era certo di aver scoperto tutti i cospiratori e convocò il cappellano, per chiedergli, in nome del Re, di rivelargli quanto gli era stato rivelato in confessione a proposito della congiura. Padre Marieluz oppose un deciso rifiuto, facendo appello al segreto confessionale. Rodil lo minacciò, accusandolo di tradire il Re, la patria il suo generale. «Io sono fedele al re, alla bandiera e ai miei superiori, ma nessuno ha il diritto di chiedermi di tradire il mio Dio. Su questo punto non posso obbedirvi», rispose con fermezza il sacerdote. A questo punto Rodil spalancò la porta e ordinò a un plotone di quattro soldati di entrare con i fucili pronti a sparare. Poi fece inginocchiare il religioso e gli gridò: «In nome del Re ti chiedo per l'ultima volta: parla! ». «In nome di Dio non posso parlare», fu la tranquilla risposta di Pedro Marieluz Garcés, che pochi istanti dopo cadde colpito a morte, martire del segreto confessionale. Rodil al suo rientro in patria, fu insignito del titolo di marchese, divenne deputato, senatore, presidente del Consiglio dei Ministri, Gran Maestro della Massoneria. Pedro Marieluz Garcés attende di essere beatificato dalla Chiesa.
Nota di BastaBugie: cliccando sul seguente link si può leggere un articolo su una situazione concreta e attuale di attacco al segreto confessionale.
UNA LEGGE AUSTRALIANA OBBLIGA I SACERDOTI A RIVELARE LE CONFESSIONI DEGLI ABUSI SESSUALI Ma l'arcivescovo Prowse ha ricordato il dovere di non obbedire alla legge degli uomini, ma a quella di Dio (che prevede il segreto confessionale) di Leone Grotti https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5222
Fonte: Corrispondenza Romana, 28 dicembre 2018
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IL FALLIMENTO DEL SINODO DEI GIOVANI
Chi ha bisogno di aiuto non sono i giovani, ma i loro padri che li considerano sempre adolescenti e non fa nulla per farli crescere e diventare adulti (prima del '900 l'adolescenza nemmeno esisteva)
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: Il Timone, dicembre 2018 (n. 179)
Adesso che è terminato il Sinodo dei giovani, sarebbe il caso di iniziare a pensare anche a un Sinodo degli adulti. O per lo meno un sinodo dei padri. È curioso che nelle 167 preposizioni che compongono il documento finale del Sinodo sui giovani appena concluso in Vaticano, la parola "padri" non compaia mai riferita al compito di paternità come autorità generativa della crescita del bambino. Compare - solo una volta - la parola "padre", che assieme a "madre" si divide il capitolo 33 in un generico e purtroppo insufficiente paragrafo dedicato all'importanza della paternità e della maternità. In esso vi si dice che "molti padri svolgono con dedizione il proprio ruolo, ma non possiamo nasconderci che, in alcuni contesti, la figura paterna risulta assente o evanescente, e in altri oppressiva o autoritaria". Tutto qua? La sfida che si apre per i giovani e nella quale i padri hanno importanza così decisiva si ferma soltanto alla presa d'atto che i genitori d'oggi sono ormai evanescenti? Converrebbe avere la lucidità di ammettere che oggi i giovani costituiscono un "problema" - di sfide, di slanci, di sogni - perché i loro padri sono un problema.
PADRE: IL GRANDE MALATO Il grande malato in realtà non è il giovane, secondo le sue varie accezioni di adolescente e ragazzo, ma suo padre. Il giovane di per sé non dovrebbe essere un problema, perché quella della gioventù non può essere una categoria sociale con tanto di sindacato apposito. Non può essere infatti la giovane età una condizione eterna del vivere e fissata da regole, schemi e persino esigenze. Se ci pensiamo, l'adolescenza come "categoria sociale" è stata inventata all'inizio del '900, ma in realtà non è mai esistita. Un giovanetto smetteva di essere tale quando gli si affidava una grande responsabilità. Alessandro Magno a 20 anni aveva già conquistato mezzo mondo conosciuto. E la storia è piena di re adolescenti che in molti casi hanno fatto egregiamente il loro compito. Gli adolescenti smettevano di essere tali quando si iniziava a chiedere loro fatica, responsabilità, senso di appartenenza. In una parola: maturità. È questa maturità che oggi manca non solo nei fatti, ma anche come obiettivo finale da dare ai nostri ragazzi. E manca perché i primi ad essere immaturi sono i loro padri, gli adulti. C'è una trasmissione tv condotta da Enrico Papi che si chiama Guess my age - indovina l'età e mostra il problema attraverso la finzione giocosa di un programma televisivo: viviamo nell'epoca in cui i padri si comportano come ragazzini e i ragazzini si comportano da adulti. Tanto che diventa appunto difficile stabilire le rispettive età perché tutto è sproporzionato o nel giovanilismo o in un irreale e fragile adultismo. In cento anni siamo passati dall'avere i Ragazzi del '99 uccisi nelle trincee della Prima Guerra Mondiale a ragazzi che vivono divertendosi, senza responsabilità, che possono fare sempre qualunque cosa tanto essa è giustificata. I ragazzi si ammalano se i loro padri sono ammalati. Giovani che vivono eternamente in vista di un'eternità effimera e inesistente che scansa le responsabilità e i compiti. Ebbene: a guardarci dentro non sono i bambini ad essere selvaggi, ma i genitori, i quali hanno cessato di arginare il caos emotivo e fisico di un'età che in realtà è soltanto di passaggio. Un'età da non cristallizzare con documenti o chissà quali sinodi, ma che deve finire il prima possibile, deve lasciare spazio ad una vita matura, razionale e nella quale la trasmissione della fede ha dato i suoi frutti in ordine alla consapevolezza di essere persona con un progetto.
LA PROPOSTA RADICALE DI GESÙ Infatti, anche la Chiesa non si sarebbe mai sognata di avere l'ambizione di voler per forza ascoltare i giovani, se questi non fossero stati elevati a soggetto sociale e giuridico autonomo e con presunti diritti acquisiti. Perché in realtà la Chiesa - che in questo ricalca perfettamente il suo ruolo paterno - sa che più che ascoltarli, i giovani vanno guidati. Insegnare, più che essere ammaestrati da loro. Prendiamo Gesù. Nel Vangelo la categoria "sociale" dei giovani non esiste e sono pochi i passi in cui ricorrono figure di adolescenti. Ma la più celebre è quella del cosiddetto giovane ricco (Mt 19, 16-22). Che si trattasse di un giovane è il testo stesso a dircelo. La parola greca neanìskos infatti indica quello che nella vulgata latina è l'adulescens. Si tratta dunque di un ragazzetto, che avrebbe potuto avere sui 13-16 anni. E che era molto ricco. Ma non per meriti suoi, evidentemente, ma di suo padre o della sua famiglia. Oggi potremmo dire un figlio di papà, abituato alle comodità del suo tempo. Ma educato comunque bene, all'insegna dei saldi principi della morale ebraica del tempo e affascinato da quel Profeta così carismatico che percorreva la Palestina, perché a muovere i giovani è sempre il desiderio di qualcosa di bello. Ma il desiderio da solo non basta, ci vogliono anche altre condizioni: come la responsabilità e la maturità. E queste te le può dare solo un padre che non sia "ammalato". Infatti: dopo aver constatato la sua buona condotta, il rispetto dei comandamenti e tutte le prescrizioni giudaiche, Gesù alza la posta chiedendogli qualcosa di grande: la disponibilità a vivere facendo a meno delle sue ricchezze, quelle che magari avrebbe ereditato dal padre e che gli avrebbero consentito di svolgere una vita tranquilla e senza troppi pensieri. Se ne andò triste, perché nessuno in casa evidentemente gli aveva insegnato che quelle ricchezze non erano lo scopo della vita. Ma Gesù gli ha mostrato una via matura, chiedendogli qualche cosa di alto lo ha messo di fronte ad una scelta radicale, decisiva. Così se ne andò, dominato com'era dalle sue passioni che nessuno prima di Gesù gli aveva insegnato a tenere al suo posto. Chissà che adulto è poi diventato in seguito. Non è una domanda oziosa dato che anche oggi accade lo stesso: abbiamo adulti che sono padri dominati dalle passioni perché da giovani non hanno imparato a riconoscere le leggi morali e religiose, la legge naturale iscritta nel cuore di ogni uomo. Si sono lasciati trascinare soltanto dai cavalli delle passioni senza una guida, che nel mito raccontato da Platone, come un auriga, dirige con la ragione le emozioni. Lo scopo della vita è per loro il soddisfacimento delle passioni. L'importante è godersela senza costruire il progetto che Dio ha su ognuno di noi, assecondando invece il progetto marxista di un uomo che è libero perché vive come crede.
IL MODELLO DEI SANTI GIOVANI Invece la proposta di Gesù è esigente e razionale al tempo stesso. E per realizzarla la Chiesa ci ha indicato come modello innumerevoli giovani che l'hanno abbracciata non come il giovane ricco, ma mostrando santità. Senza scomodare i grandi santi giovani della storia della Chiesa, da San Domenico Savio a San Luigi Gonzaga, dal Beato Rolando Rivi al Josè Sanchez Delrio, i quali hanno dato la vita per quel progetto richiesto da Gesù per essere veramente felici, anche la nostra epoca è piena di ragazzi che, spesso nella malattia, hanno rinunciato a tutto per amore di Cristo. Due recenti pubblicazioni ("Giovani campioni" di Francesco Maria Nocelli, edizioni Ares e "Il chicco di grano, storie di Santi giovani in mezzo a noi", di Costanza Signorelli, edizioni La Nuova Bussola Quotidiana) ce lo mostrano chiaramente. E non è un caso che, nel documento finale del Sinodo, salvo un breve cenno, generico e perciò di difficile presa, non compaia nessuno di questi nomi.
Fonte: Il Timone, dicembre 2018 (n. 179)
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OMELIA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO C (Mt 2,1-12)
Abbiamo visto spuntare la sua stella
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: L'invisibile che si manifesta
L'Epifanìa è il giorno in cui siamo chiamati a contemplare la realtà stupefacente di un Dio che - invece di star rinchiuso nella sua lontana e inaccessibile infinità - decide di arrivare fino a noi col suo fulgore, si rivela agli occhi umani, si dona alla nostra comprensione e alla nostra affettuosa contemplazione. E' dunque il lieto annuncio che le molte oscurità che intristiscono l'esistenza sono dissipate e vinte da una luce dall'alto. "Su di te risplende il Signore" (cfr. Is 60,2), abbiamo ascoltato nella prima lettura da una voce profetica. Questa è la bella notizia dell'Epifanìa: "i giorni infausti e brevi" che trascorriamo quaggiù, li sappiamo ormai illuminati da un superiore destino di gioia che li congloba e li trascende. È, come si vede, la grande festa della "manifestazione di Dio". Ci avvediamo subito che quella odierna non è, in fondo, una celebrazione diversa da quella del Natale. E' piuttosto una sua chiarificazione e un suo intrinseco compimento.
È PRIMA DI TUTTO UNA CHIARIFICAZIONE Anche il Natale è la manifestazione - la "epifanìa" autentica e sostanziale - di un Dio che, per farsi conoscere e amare, addirittura si è fatto nostro fratello: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria" (Gv 1,14), ha scritto nel suo prologo l'evangelista Giovanni. Ma gli uomini corrono spesso il pericolo di dare interpretazioni forvianti ai disegni divini, soprattutto quando si lasciano influenzare dalle ideologie dominanti. La festa dell'Epifanìa vuol preservarci appunto da qualcuno di tali malintesi. Ciò che è avvenuto nella notte di Betlemme, non ha avuto risonanza nella società. Uno potrebbe dedurne che la salvezza di Dio deve sempre restare nascosta, avvolta nell'oscurità e nel nascondimento; e quindi - si può arrivare a pensare - anche l'azione della Chiesa (che tale salvezza custodisce e propone) ha da essere il più possibile "sotterranea": non deve cioè farsi sentire troppo all'esterno, non deve disturbare gli altri, deve umilmente mimetizzarsi entro la scena mondana. L'Epifanìa ci dice che il contrario è vero: nell'episodio dei Magi, il re, le autorità, l'intera Gerusalemme, i responsabili della cultura, sono tutti raggiunti e inquietati dal messaggio che viene dal cielo. Certo, Dio comincia da coloro che sono semplici e umili, perché sono i più cari al suo cuore: questo è il significato del Natale. Ma non desidera affatto che la sua iniziativa redentrice resti nascosta e quasi clandestina: questo è il significato dell'Epifanìa. "Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce; e quello che ascoltate all'orecchio, predicatelo sui tetti" (Mt 10,27): sono parole di Gesù, e possono essere considerate il programma "epifanico", che è vincolante nell'azione pastorale della Chiesa, è l'impegno "epifanico" di ogni battezzato. Propria di ogni battezzato è appunto la vocazione a diventare un forte e chiaro annunciatore di Cristo e del suo Regno. Ancora, ciò che è avvenuto a Betlemme (dove gli angeli hanno parlato soltanto ai pastori, poveri e analfabeti) potrebbe indurre qualcuno a ritenere che i "ricchi" - ricchi non solo di censo, ma anche di cultura, d'informazione, di potere, di fama - non siano tra i destinatari della missione del Figlio di Dio. Ed è sicuro che essi non sono tra i più favoriti e i più facilitati a capire il Vangelo, tanto è vero che il Signore ha detto: "Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli" (cfr. Mt 11,25). Ma la vicenda dei Magi - che arrivano ad adorare il Messia, pur essendo così benestanti da poter portare oro in regalo e così istruiti da saper scrutare e interpretare il corso degli astri - ci dice che nessuno è escluso irrimediabilmente (per la sola ragione della sua condizione mondana) dalla misericordia di quel Dio "il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tm 2,4). Perché Gesù ha detto anche: "Ciò che non è possibile umanamente parlando, è possibile a Dio" (cfr. Lc 19,27); e così ha dato speranza persino ai potenti orgogliosi, ai danarosi sazi e insaziabili, agli intellettuali pieni di sé, purché però essi seguano l'esempio dei Magi e, abbandonata la loro opulenta desolazione, si pongano seriamente in cammino verso Betlemme.
UN COMPLETAMENTO DELL'INSEGNAMENTO DEL NATALE L'insegnamento dell'Epifanìa non è solo una provvidenziale chiarificazione dell'insegnamento del Natale; è anche un suo necessario e organico completamento. Nel Natale noi abbiamo adorato un Dio che è venuto a incontrarci. Nell'Epifanìa ci rendiamo conto che, in risposta, anche l'uomo deve muoversi incontro al suo Dio: dobbiamo diventare ricercatori di colui che ci ha ricercati per primo. Senza dubbio le due ricerche non sono tra loro confrontabili, se non altro per la ragione che il Signore è l'iniziatore, l'ispiratore, il sostegno anche del nostro tendere a lui. E' lui che infonde nell'uomo la consapevolezza pungente della sua radicale insufficienza e lo spinge a indirizzarsi verso colui che è l'Assoluto e l'Eterno. E tuttavia l'anèlito verso la Divinità è anche qualcosa di nostro, fa parte della nostra indole di invincibili indagatori delle ultime cause, e non può essere mortificato e soffocato in noi dalla molteplicità e dalla prepotenza delle attrattive e delle preoccupazioni mondane. Se Dio è venuto fino a noi nel Natale, è giusto e doveroso che anche noi tentiamo di andare a lui, uscendo da una vita superficiale e pigra, senza palpiti e senza fremiti di rinnovamento. E' l'esempio e l'incitamento che ci viene dai Magi, come dai Magi ci viene la fiducia che possiamo anche noi conseguire il traguardo della nostra ricerca e trovare Dio. Trovano Dio coloro che, come i Magi, sanno guardare non solo in terra ma anche in cielo, e si aprono senza resistenze a una luce e a un'energia che sono date infallibilmente dall'alto a chi le chiede con cuore sincero. Trovano Dio coloro che, come i Magi, hanno il coraggio di lasciare le abitudini di comodità, di vita mediocre, di incoerenza morale, per obbedire alla voce della coscienza che propone una più perfetta obbedienza alla legge interiore e ai più elevati ideali. Trovano Dio coloro che, come i Magi, per amore della verità e della giustizia, non temono di sfidare la mentalità più diffusa e non si lasciano intimidire dalle ironie di chi vive ricurvo sulla terra e non può tollerare chi invece ha deciso di raddrizzarsi e di innalzare il suo sguardo. "Movétevi - ci dicono oggi i Magi - e fate almeno qualche passo in più verso il Signore che già si è mosso verso di noi". E' la semplice e decisiva lezione di vita di questa bella festa dell'Epifanìa.
Nota di BastaBugie: brevi spunti per l'omelia delle Messe feriali si possono leggere ogni giorno nella rubrica "Schegge di Vangelo" pubblicata sul sito de La Bussola Quotidiana. Ecco il link: http://lanuovabq.it/it/schegge-di-vangelo
Fonte: L'invisibile che si manifesta
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