BastaBugie n�607 del 10 aprile 2019

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1 LA FICTION DI PAOLA CORTELLESI SULLA MONTESSORI DIMENTICA DI DIRE CHE APPOGGIAVA L'EUGENETICA, LA MASSONERIA E L'ESOTERISMO
Lo sceneggiato in due puntate fa della pedagogista un ritratto da eroina, ma la realtà è molto diversa
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 A MILANO LA SINISTRA FA RAZZISMO ALLA ROVESCIA
Il welfare del comune di Milano (bonus, borse di lavoro, case popolari, ecc.) viene destinato quasi solo a stranieri, in particolare ad extracomunitari
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 THE PROMISE: IL FILM SUL GENOCIDIO ARMENO
Hitler disse che l'Olocausto degli ebrei sarebbe stato ben presto dimenticato come era accaduto per il genocidio armeno... ma sbagliava! (VIDEO: trailer di The Promise)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 IL PRESIDENTE MESSICANO CHIEDE LE SCUSE DEL RE DI SPAGNA E DEL PAPA
In realtà è Obrador a nome del Messico che dovrebbe scusarsi per 80 anni di persecuzioni contro i cattolici (senza dimenticare che i cattolici spagnoli salvarono i popoli sottomessi dai sacrifici umani di Aztechi e Incas)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 PER CUCCHI VINCE LA NARRAZIONE DELLA SINISTRA
Intitolare una piazza romana a Stefano Cucchi è l'esempio che dimostra che le leve del potere culturale sono ben salde nelle mani della sinistra malgrado gli equilibri politici si siano spostati
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 IL ROMANZO DI GIULIO VERNE SULLA VANDEA CHE L'EDITORE RIFIUTO'
Il conte di Chanteleine fu rifiutato perché era ambientato nella guerra di Vandea, tifava per i cattolici e metteva in luce quanto fosse sanguinaria la Rivoluzione Francese
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 IL PRIMO RE, FILM ITALIANO CHE RIPERCORRE LE VICENDE DI ROMOLO E REMO
Purtroppo però si rischia di non capire come abbia fatto un pecoraio laziale di padre ignoto a diventare il capostipite di Roma, culmine della civiltà antica, scelta da Dio per irradiare la Buona Novella di suo Figlio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 LA PUBBLICITA' DELLA MERCEDES: BABBO BARBUTO E FIGLIA ENTRAMBI VESTITI DA FATINA AZZURRA
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): primo discorso di Zingaretti dai toni arcobaleno, il cardinale di Velencia denuncia che il gender è la più grande minaccia per l'umanità, dittatura ideologica verso il pensiero unico
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA DOM. DELLE PALME - ANNO C (Lc 22,14-23.56)
Pregate, per non entrare in tentazione
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA FICTION DI PAOLA CORTELLESI SULLA MONTESSORI DIMENTICA DI DIRE CHE APPOGGIAVA L'EUGENETICA, LA MASSONERIA E L'ESOTERISMO
Lo sceneggiato in due puntate fa della pedagogista un ritratto da eroina, ma la realtà è molto diversa
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/03/2019

L'8 marzo, festa della donna, alla tivù dei vescovi, Tv2000 (il cui logo, per l'occasione, era vezzosamente ornato di mimose), è parso appropriato riproporre lo sceneggiato in due puntate Maria Montessori. Una vita per i bambini, trasmesso per la prima volta nel 2007 su Canale 5. Interpretato da Paola Cortellesi e dalle anziane Giulia Lazzarini e Lisa Gastoni, ne risulta un ritratto femminista e antifascista, dunque politicamente corretto, della storica pedagogista (1870-1952).
Le generazioni pre-millennial si ricordano di lei più che altro per il suo volto campeggiante sul biglietto da mille lire. Ora, il vederla riproposta dalla televisione cattolica può far pensare, anche ai millennial, che si tratti di una figura «consigliata». E in effetti la fiction ne fa un ritratto da eroina a tutto tondo, una specie di santino laico, costringendosi però, nei titoli di coda, a un corposo distinguo: la miniserie, c'è scritto, è «liberamente tratta» dalla biografia della Montessori. Molto liberamente, tanto da tacere quanto poteva essere visto come scomodo e da inserire aggiunte mai esistite. Infatti, a suo tempo, la storica Lucetta Scaraffia dovette chiarire, sul quotidiano dei vescovi Avvenire del 30 maggio 2007, che la fiction «ha diffuso un'immagine agiografica e stereotipata: la scienziata buona e tutta dedita ai bambini, senza vita privata. Una sorta di santa laica».
Lo sceneggiato dedica tutta la prima puntata alla protagonista, sedotta e abbandonata dal suo capo, un vile psichiatra che la mette incinta e poi non solo non la sposa ma le impedisce di vedere il figlio. In realtà i due erano di idee «avanzate» (siamo alla fine dell'Ottocento) e molto probabilmente temevano che un figlio tra i piedi potesse nuocere alle rispettive carriere. Il frutto della colpa dovette aspettare i 14 anni prima di venire presentato in pubblico dalla Montessori, ma come «nipote». Nello sceneggiato, quest'ultimo, cresciuto, aderisce al gruppo antifascista «Giustizia e libertà» e viene salvato da un commissario che era ex alunno della madre.
In realtà fu lui a sollecitare la madre nel 1923 perché si avvicinasse al Duce. E lei prese la tessera del partito. L'anno dopo, il Duce costituì come ente morale l'Associazione Opera Montessori, il cui presidente fu Giovanni Gentile. «Fino ai primi anni Trenta i rapporti fra Mussolini e la Montessori furono quasi idilliaci», scrive la Scaraffia. Ma erano ambedue troppo accentratori perché l'idillio potesse durare. Infatti, dopo dieci anni si arrivò alla rottura e lei emigrò in Olanda (dove era famosissima) per non più tornare, nemmeno dopo la fine della guerra.
Nel 1899 si era iscritta, a Londra, alla Società Teosofica della medium russa Helena Blavatsky. Nel 1913 tenne la sua prima conferenza americana nel Masonic Temple di Washington. Passò gli anni della seconda guerra mondiale in India, nel quartier generale della teosofia. Al primo convegno europeo delle rivendicazioni femminili (ancora non si chiamavano femministe), nel 1899, lei rappresentò l'Italia. Era tra le principali relatrici nel 1908, quando l'assise fu tutta italiana. Teneva conferenze sull'educazione sessuale in cui «proponeva un malthusianesimo eugenetico» (sempre Scaraffia), molto in voga, in quegli anni, tra i medici positivisti. Questa la storia, al di là della leggenda. [...]

Nota di BastaBugie: come ha ricordato nel precedente articolo di Rino Cammilleri, la Montessori si era iscritta alla Società Teosofica della medium russa Helena Blavatsky. Miguel Pastorino nell'articolo seguente dal titolo "La teosofia è la madre dell'occultismo moderno" parla di Madame Blavatsky e del suo odio viscerale per il cristianesimo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Aleteia il 19 gennaio 2016:
La teosofia è alla base della stragrande maggioranza delle sette e dei movimenti esoterici e occultisti moderni, così come dei pilastri dottrinali del movimento New Age e di gruppi diversi come Nueva Acropoli, la Chiesa Universale e Trionfante, la Metafisica di Conny Méndez o la Chiesa Cattolica Liberale. Conoscerne la storia e la dottrina ci permette di comprendere lo spirito comune dell'esoterismo che oggi è diventato comune nei mezzi di comunicazione e in migliaia di pubblicazioni su temi spirituali di carattere magico-occultista.
TEOSOFIA ANTICA E MODERNA
Come la maggior parte dei movimenti esoterici, i suoi membri si richiamano a una tradizione immaginaria nel tempo, che non ha alcuna base storica. Anche se il termine "teosofia" (saggezza di Dio o saggezza divina) è antico ed è stato usato in vari modi, tradizionalmente si riferisce a una saggezza che deriva direttamente da Dio, come una filosofia che mettendo da parte la ragione e l'esperienza ordinaria perché insufficienti e rifiutando la rivelazione biblica come superflua o fittizia prende i suoi materiali dalle esperienze che certi uomini "privilegiati" possono arrivare ad avere con le loro sole forze naturali, mediante processi misteriosi.
Ma la Società Teosofica non ha nulla a che vedere con la teosofia dell'esoterismo classico. È stata fondata nel 1875 negli Stati Uniti da un gruppo di amanti dei misteri, dello spiritismo, della pseudoscienza e dell'esoterismo. Ci si è appropriati del termine ma senza alcuna relazione con la comprensione tradizionale della teosofia. Per loro il "teosofo" sarebbe colui che ha acquisito la conoscenza della divinità, ma non si tratta di una conoscenza speculativa, quanto di un "ampliamento della coscienza", del "campo spirituale interno".
LA FIGURA DI MADAME BLAVATSKY
Helena Petrovna Blavatsky (Helena Rottenstern), fondatrice della Società Teosofica, è la figura più importante dell'occultismo moderno, precursore del movimento New Age e di un'ideologia esoterica anticristiana. Nata nel 1831 a Yekaterinoslav (Ucraina), a 18 anni sposò l'anziano generale Blavatsky, dal quale divorziò tre mesi dopo. Esercitò come medium spiritista e affermò di essere stata tra il 1851 e il 1858 in Tibet, dove avrebbe ricevuto l'insegnamento della Grande Fraternità Bianca.
In realtà in quel periodo andò a Londra, dove si legò a importanti circoli spiritisti dell'epoca, e menziona un incontro a Hyde Park con un "Mahatma" che le diede la missione di fungere da intermediaria tra la Grande Fraternità e l'umanità. È complesso dedurre dai suoi scritti dove si sia recata davvero e dov'è "stata" solo con la mente. Andò in Italia, Russia, Inghilterra, India, Canada, Messico ed Egitto, ma il viaggio in Tibet sembra una pura invenzione.
Influenzata da una delle sue conversazioni, si trasferì in India per insegnare la sua dottrina, ma venne smascherata come impostore dal dottor Hodgson per i trucchi spiritisti. Appassionata di spiritismo e occultismo, elaborò la propria interpretazione esoterica della Bibbia, basandosi su presunte ispirazioni interiori. Antirazionalista e anticristiana, fece parte di società segrete e fondò, insieme al colonnello Olcott, la Società Teosofica nel 1875 a New York. Strinsero legami con la massoneria, e la Blavatsky chiese che venissero inclusi gradi di iniziazione, una dottrina segreta e un distintivo.
Tornata in Europa, nel 1884 riorganizzò le sezioni teosofiche smantellate e fondò la rivista anglofona "Lucifer" e quella francofona "Lotus Bleu". Scrisse la sua opera più importante, "La dottrina segreta", e iniziò alla teosofia Annie Besant, segretaria e suo futuro successore. Morì nel maggio 1891, sola nella sua residenza di Londra, alcolizzata e abbandonata dalla maggior parte dei suoi adepti. I suoi libri più noti sono "Iside svelata" e "La dottrina segreta".
L'ESOTERISTA GUÉNON SMASCHERA LA SOCIETÀ TEOSOFICA
Nella sua opera "Il Teosofismo", il filosofo ed esoterista francese René Guénon criticò duramente Madame Blavatsky e la Società Teosofica per le loro dottrine poco serie e per le "affermazioni chimeriche", che non avevano nulla a che vedere con l'esoterismo autentico o con la teosofia: "Questa organizzazione non deriva da alcuna scuola che si leghi, neanche indirettamente, a qualche dottrina di questo genere. I suoi membri non sono affatto teosofi, al massimo, se si vuole, teosofisti".
Guénon criticava le invenzioni storiche e dottrinali della Società Teosofica e la sua totale mancanza di legame con le tradizioni esoteriche di Oriente e Occidente. Smascherava anche il presunto "cristianesimo esoterico", perché nascondeva un odio viscerale per il cristianesimo, rivelato nelle stesse parole di Madame Blavatsky: "Il nostro obiettivo non è restaurare l'induismo, ma cancellare il cristianesimo dalla faccia della terra".
Guénon citava anche un discorso pronunciato da Annie Besant al Congresso dei Liberi Pensatori a Bruxelles nel 1880, nel quale affermò: "È necessario innanzitutto combattere Roma e i suoi sacerdoti, lottare ovunque contro il cristianesimo e cacciare Dio dai cieli".
I SUCCESSORI: ANNIE BESANT E RUDOLF STEINER
Annie Besant è stata una delle figure più importanti nella promozione e nel consolidamento della Società Teosofica in tutto il mondo. Militante politica e intellettuale, pubblicò più di settanta libri in appena sette anni e scrisse innumerevoli discorsi. In India, dal suo arrivo a Benares nel 1891, fondò il primo collegio teosofico e lavorò a varie cause sociali ed educative. L'incidente più polemico avvenne quando cercò di creare un "cristianesimo esoterico" e provò a convincere un giovane indù, Krishnamurti, di essere il nuovo messia atteso, dichiarandolo nel 1923 il nuovo Istruttore del mondo. Nel 1929 Krishnamurti ripudiò la teosofia e negò pubblicamente di essere il presunto "Signor Maitreya", il che generò una crisi in Annie Besant, che morì nel 1933.
Rudolf Steiner, leader dei teosofi tedeschi, si allontanò dalla Società Teosofica nel 1913 trascinandosi dietro tutti i teosofi tedeschi e alcuni svizzeri, italiani e francesi, con i quali fondò l'antroposofia, una visione più secolarizzata e antropocentrica della teosofia. Per gli antroposofi, ogni uomo ha la natura divina. Su uno sfondo panteista in cui si evita ogni allusione a Dio, che non può concedere nulla né ascoltare suppliche, l'antroposofia si presenta più filosofica che religiosa, ma è ugualmente una dottrina esoterica. Come la Società Teosofica, ha copiato riti, simboli e dottrine dalla massoneria.
LE DOTTRINE DELLA SOCIETÀ TEOSOFICA
La dottrina di Madame Blavatsky rivaluta personaggi leggendari e storici, mescolati e falsificati, amalgamando spiritismo, occultismo, esoterismo ed elementi di varie religioni e filosofie.
Il teosofismo sostiene una dottrina essoterica (pubblica) e un'altra esoterica (occulta), riservata ai soli iniziati. Chi non possiede le conoscenze teosofiche viene considerato ignorante e degno di compassione.
Un elemento centrale è la fede nei "Grandi Maestri" o "Mahatma" e nelle presunte rivelazioni di questi personaggi, la cui dottrina dev'essere accettata senza fiatare. Queste figure sono chiamate "Istruttori e Maestri dell'Umanità", membri della Grande Fraternità Bianca, presunta organizzazione occultista che governa il mondo nell'anonimato e nell'invisibilità, custodi dell'antica saggezza.
La Blavatsky ha insegnato che sono esseri eccezionali con ogni tipo di poteri speciali (telepatia, capacità di trasportarsi da un luogo del pianeta all'altro in pochi istanti, ecc.), che hanno raggiunto il massimo livello di evoluzione. I teosofi sarebbero intermediari tra l'umanità e i "Mahatma".
La dottrina teosofica sulla divinità è panteista, intesa come un potere universale dal quale tutto deriva e a cui tutto torna. Il dio della teosofia non è creatore. È un dio che possiede un lato materiale e un altro spirituale, e la materia è una sua emanazione. Non c'è possibilità di comunicare con la divinità, per cui la preghiera non ha senso. È solo l'uomo interno, il dio interiore, che si può conoscere e al quale bisogna rivolgere le preghiere, intese come mandati sulla propria volontà.
A livello antropologico i teosofi sono dualisti, e vedono nell'essere umano due esseri chiaramente differenziati: quello spirituale e quello fisico. Come in ogni dottrina esoterica, cercano corrispondenze tra sette corpi della natura umana e sette piani universali. L'uomo, in quanto frammento della divinità (scintilla divina), ha come como principio e destino ultimo quello di tornare alla divinità, di diluirsi esistenzialmente in essa, cosa che si ottiene dopo un lungo processo evolutivo di varie reincarnazioni.
Si insegna anche che nell'umanità sono esistite cinque razze: delle prime due si sa poco, poi sono venute quella lemuriana, quella atlantidea e l'aria (superiore). Queste, a loro volta, hanno delle sottorazze. Molte di queste dottrine oggi proliferano in nuovi movimenti religiosi e sette di recente comparsa.
I DERIVATI DEL TEOSOFISMO
A più di un secolo dalla fondazione della Società Teosofica e dopo innumerevoli critiche per frode nei confronti della Blavatsky, la sua dottrina è diventata l'anima del movimento New Age e della maggior parte delle sette e dei movimenti occultisti sorti nel XX secolo. Gran parte della "letteratura spirituale" contemporanea di autoaiuto, di taglio gnostico e metafisico è una versione riciclata delle invenzioni della Blavatsky e della Bessant.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/03/2019

2 - A MILANO LA SINISTRA FA RAZZISMO ALLA ROVESCIA
Il welfare del comune di Milano (bonus, borse di lavoro, case popolari, ecc.) viene destinato quasi solo a stranieri, in particolare ad extracomunitari
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02/02/2019

Silvia Sardone è una battagliera politica milanese. Consigliere comunale e regionale, qualche mese fa è transitata da Forza Italia al Gruppo Misto. Alle ultime elezioni ha incassato ben undicimila preferenze personali, talché Salvini pare intenzionato a metterla in lista per Bruxelles. Leggiamo su Affaritaliani.it (18 gennaio 2019) questa sua affermazione: «Ogni giorno scopro dati, provenienti dal Comune di Milano, che rivelano un clamoroso orientamento del welfare cittadino (ma è così in tante altre città italiane) nel favorire gli stranieri rispetto agli italiani».
Ed ecco le cifre: i sussidi per il sostegno al reddito di nuclei familiari in cui sono presenti minori finiscono per ben il 76% a famiglie straniere. «Una percentuale incredibile e in peggioramento, per gli italiani, considerato che due anni fa la quota per famiglie straniere era al 65%». La cosiddetta «bebè card», che viene erogata dal Comune per le nuove nascite? Delle richieste accolte, il 72% sono di donne extracomunitarie. E veniamo alle «borse lavoro», il cui fine è di agevolare l'inserimento nel mondo del lavoro per mezzo di un'esperienza lavorativa: la retribuzione del borsista la paga il Comune, non l'azienda che ospita il beneficiario. Ebbene, il 50% di queste borse è andato a stranieri. I quali, bisogna rammentarlo, sono solo una minoranza dei residenti. Il cosiddetto «reddito in inclusione»? Per il 68% a famiglie extracomunitarie. Ed eccoci all'assegnazione delle case popolari. Nella graduatoria di fine 2017, tra i primi duecento nominativi ben centotrentaquattro sono stranieri, cioè gli italiani sono presenti solo con un misero 33%. Si tenga presente che, come accennato, gli stranieri a Milano sono soltanto il 19% dei residenti.
Il che vuol dire, denuncia la Sardone, che «è in atto da tempo un vergognoso razzismo al contrario che penalizza i cittadini italiani milanesi». Il prossimo 2 marzo la sinistra scenderà in piazza per l'ennesimo corteo pro-migranti a Milano; se desse uno sguardo a questi numeri - conclude la consigliera- forse si accorgerebbe che «se esiste una discriminazione è quella a danno degli italiani». Il fatto è - diciamo noi - che, la sinistra, lo sa benissimo. E lo fa apposta. Infatti, cos'è la sinistra orfana di Marx senza un proletariato? Nulla. Ora, poiché il proletariato in Italia è scomparso dai tempi del Duce, e poiché anche gli operai sono scomparsi dopo che gli stessi sono riusciti a diventare borghesi (era il loro sogno), ecco il sol dell'avvenire sorgere, insperato, dall'Africa. Da lì viene il nuovo proletariato di sostituzione, per la gioia dei catto-comunisti, non a caso impegnati disperatamente per assicurarsene la rappresentanza-egemonia. Il ceto medio italiano d.o.c. ormai vota Lega, e a costituire il bacino elettorale della sinistra sono rimasti solo gli intellettuali radical-chic e i preti. Troppo pochi. L'odiata civiltà cristiano-capitalistica abbisogna, secondo questi, di una nuova forza d'urto per la spallata finale.
Certo, conciliare il politicamente corretto, il gender, l'aborto, il sesso libero e gayo, l'erba, con l'islam (ideologia di gran parte dei nuovi arrivati) sarà un bel busillis, ma ci si penserà a suo tempo. Una cosa alla volta. Sull'esempio di Lenin, intanto si prende il potere, il resto si vedrà. Il punto è, però, proprio questo: la sinistra sa come arrivare al comando, in questo è maestra; è il «dopo», per essa, il problema. Come tante volte (anzi, ogni volta) nella storia ha dimostrato.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02/02/2019

3 - THE PROMISE: IL FILM SUL GENOCIDIO ARMENO
Hitler disse che l'Olocausto degli ebrei sarebbe stato ben presto dimenticato come era accaduto per il genocidio armeno... ma sbagliava! (VIDEO: trailer di The Promise)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/02/2019

Il genocidio armeno è stato narrato non molte volte dal cinema. Si ricordano solo La masseria delle allodole (2007) dei fratelli Taviani, Il padre (2014) di Fatih Akin, il tedesco Aghet del 2010 (ma è un documentario, peraltro mai distribuito in Italia) e Ararat (2002) di Atom Egoyan. Con ben altri mezzi si è mossa Hollywood nel 2016 producendo The Promise (che in italiano ha conservato il titolo originale, La promessa). Diretto da Terry George, schiera un cast di tutto rispetto: Christian Bale, Oscar Isaac, James Cromwell, Jean Reno. Alla voce corrispondente su Wikipedia troviamo che «la pellicola ha attirato su di sé operazioni di trolling e di voti negativi, forse da parte di gruppi nazionalisti turchi. Hollywood Reporter ha notato che la pagina del film sul sito Internet Movie Database è stata inondata da migliaia di voti a una stella, il voto minimo, già a partire dalla presentazione avvenuta al Toronto International Film Festival, così da abbassare il rating del film».
Gli stessi mezzucci denigratori erano stati usati in Germania per Aghet, perché colà gli immigrati turchi sono numerosi e numerosi sono, tra questi, i sostenitori di Erdogan, che al solo sentir parlare di «genocidio armeno» va su tutte le furie. Com'è noto, il governo turco nega questa sua macchia storica, quantunque avvenuta cent'anni fa. C'è chi pensa che un riconoscimento ufficiale aprirebbe una serie pressoché infinita di vertenze risarcitorie, dal momento che la comunità armena al tempo del Metz Yeghern (il «Grande Male», così gli armeni chiamano il loro genocidio) era la più ricca dell'Impero ottomano. E la Turchia, malgrado le sue attuali manie di grandezza, è in piena crisi economica.
Il film narra di un giovane armeno che nel 1914 sogna di studiare all'università a Istanbul ma non ne ha i mezzi. Si fidanza allora con una ragazza ricca e ne usa la dote per mantenersi agli studi. Nella capitale fa amicizia con un giornalista americano e la di lui compagna, della quale finisce per innamorarsi. Ma ha una promessa (da qui il titolo) da mantenere, così torna a casa e sposa la fidanzata. Quando questa rimane incinta, però, comincia il genocidio. Lui viene catturato dai soldati turchi e adibito ai lavori forzati in un campo da cui si esce solo morti: chi cade, o non ce la fa, viene ucciso sul posto. Durante un tentativo, abortito, di rivolta, riesce a fuggire. Ma al suo paese trova la sua famiglia sterminata. La moglie gravida è stata addirittura sventrata.
Si unisce allora a un gruppo di profughi che cerca di difendersi a mano armata e di raggiungere il monte Mussa Dagh per trincerarvisi e vendere cara la pelle. L'episodio è vero e nel 1929 lo scrittore Franz Werfel gli dedicò il suo capolavoro, I quaranta giorni del Mussa Dagh. Intanto il giornalista americano (Christian Bale) è stato arrestato perché nella sua corrispondenza ha rivelato al pubblico americano quel che sta succedendo nell'Impero ottomano. Per farlo liberare interviene l'ambasciatore Morgenthau (James Cromwell), il quale minaccia il ministro dell'interno turco di un intervento americano. Il giornalista viene allora deportato a Malta, ma qui trova un ammiraglio francese (Jean Reno) e lo convince a soccorrere gli armeni assediati sul Mussa Dagh. Anche questo episodio è storicamente vero: fu una fregata francese a trarre in salvo gli armeni del Monte di Mosè (Mussa Dagh).
Il film ha ritmi hollywoodiani e si segue fino all'ultimo col fiato sospeso. Anche se il finale è amaro. Fu il primo genocidio del Novecento (il primo in assoluto fu quello commesso nel 1793-1794 dai rivoluzionari francesi nella cattolica Vandea), del quale quasi subito si perse il ricordo. Hitler lo citava per far intendere che la «soluzione finale» per gli ebrei era praticabile: in poco tempo nessuno se ne sarebbe ricordato. È vero, la fiamma del ricordo vive solo se qualcuno la tiene accesa. O la riaccende. Anche dopo un secolo.

Nota di BastaBugie: per ulteriori informazioni sul film The promise e per vedere il trailer vai sul sito FilmGarantiti cliccando sul seguente link.
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=72

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/02/2019

4 - IL PRESIDENTE MESSICANO CHIEDE LE SCUSE DEL RE DI SPAGNA E DEL PAPA
In realtà è Obrador a nome del Messico che dovrebbe scusarsi per 80 anni di persecuzioni contro i cattolici (senza dimenticare che i cattolici spagnoli salvarono i popoli sottomessi dai sacrifici umani di Aztechi e Incas)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/03/2019

Il presidente del Messico, Andrés Lopez Obrador, festeggia a modo suo i 500 anni dell'arrivo di Hernan Cortés con i suoi conquistadores e dell'evangelizzazione del suo Paese. Ha scritto, infatti, al re di Spagna e al Papa di scusarsi per l'«invasione» e il «genocidio» (non ha usato questi termini esatti, ma il succo è quello) cominciati già con Cristoforo Colombo. Roba da matti. Dovrebbe, infatti, scusarsi lui, e a nome dell'intero Messico.
Ci volle la visita di Giovanni Paolo II nel 1979 per il disgelo: il Partito Rivoluzionario Istituzionale (sic!), al potere da sempre, vietava ancora ai preti l'uso della talare per strada e il Papa fu accolto, non dal capo dello Stato ma da funzionari minori, come «señor Wojtyla». E questo dopo ottant'anni di persecuzioni ai danni dei cattolici, culminati nella guerra «cristera» del 1926-29. Ancora qualche anno fa l'eletta Miss Mexico sfoggiava sorridente una maxigonna con stampate le foto dei cristeros impiccati ai pali del telegrafo. E ancora oggi la Chiesa è 'costretta' a beatificare i martiri di quella persecuzione, preti, suore, vecchi, donne e ragazzini come san José del Rio, giustiziato senza processo a 14 anni solo perché cattolico (vedi il film Cristiada del 2012, con Andy Garcia, Peter O'Toole ed Eva Longoria).
E veniamo a Cortés. Un altro film, Apocalypto di Mel Gibson (2006), mostra com'era il «paradiso» precolombiano. In una scena i guerrieri Maya allontanano col bastone una bambina malata e forse contagiosa. Lei profetizza loro che quando vedranno un uomo «correre col giaguaro» sarà il segno che il loro mondo sta per finire. Infatti, il film termina con lo sbarco degli spagnoli e la croce. Gibson non fece altro che ispirarsi a una vera profezia pronunciata da una malata, la sorella di Montezuma, imperatore degli Aztechi. Si chiamava Papantzin e nel 1509, ammalatasi gravemente, entrò in coma. Stavano seppellendola quando si risvegliò e raccontò che cosa aveva sognato: un essere biondo e barbuto vestito di nero sarebbe arrivato dal mare su «case con grandi ali» recanti croci nere. Avrebbe annunciato il vero Dio e fatto cessare i sacrifici umani.
Ora, gli Aztechi ricordavano anche un'altra profezia: nell'anno «1 canna» sarebbe tornato il dio Quetzalcoatl, il Serpente Piumato. Ebbene, proprio in quell'anno, il 1519, arrivò Cortés, che era vestito di nero perché quel giorno era Venerdì Santo. Montezuma e la corte lo accolsero come Quetzalcoatl, il dio che, secondo profezia, avrebbe abolito i sacrifici umani. Papantzin fu tra i primi a ricevere il Battesimo, col nome di Isabel.
Ancora adesso gli archeologi portano alla luce scheletri di bambini e bambine sacrificati sugli altari dagli Aztechi (e dagli Incas). Per inaugurare il tempio maggiore di Tenochtitlán, la capitale azteca, vennero sventrate 85.000 persone, e ci vollero settimane. Gli spagnoli si ritrovarono a camminare, inorriditi, su un tappeto di teschi umani. Ma l'orrore era cominciato subito, quando Montezuma offrì loro delle vivande condite con sangue umano. Una prelibatezza per gli aztechi, che ne avevano una tale abbondanza da usarlo anche per allungare la calce (ancora è l'archeologia a confermare).
I pochi conquistadores, infatti, furono salutati come liberatori dai popoli circostanti, costretti a far da vittime sacrificali agli Aztechi, che li razziavano nelle «guerre fiorite» (perché scatenate a ogni primavera). I disgraziati venivano portati in cima alla piramide, squartati e scuoiati, poi decapitati. Il sacerdote indossava la loro pelle, ne offriva il cuore agli dei e poi rotolava il corpo giù dalle scale. Arrivato in fondo, si scatenava la gazzarra per chi dovesse aggiudicarselo e farne banchetto con gli amici. «... e costruirono le loro chiese sui templi», scrive sdegnato il presidente messicano. Non ditegli che nel 1531 la Madonna in persona venne a benedire la Conquista, apparendo all'azteco battezzato Juan Diego. Sennò scrive pure a lei (e lei gli ricorderebbe la dinamite piazzata nel santuario di Guadalupe da un funzionario presidenziale nel 1921).

Nota di BastaBugie: se ancora non hai visto i due film di cui si parlava nel precedente articolo (Cristiada e Apocalypto), ti consigliamo di vederli al più presto, sono due capolavori assoluti, veramente imperdibili.
Per informazioni sui due film puoi cliccare sui seguenti link del sito FilmGarantiti:

APOCALYPTO (2007): UNA CIVILTA' VIENE DISTRUTTA DALL'ESTERNO SOLO QUANDO SI E' GIA' CORROTTA AL SUO INTERNO
I motivi della caduta di una civiltà sono sempre gli stessi: ecco perché l'Occidente può fare la fine dei Maya
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=17

CRISTIADA (2012): L'EPOPEA DEI CRISTEROS MESSICANI
Quando i cattolici sono costretti a impugnare le armi per difendere la Chiesa
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=28

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/03/2019

5 - PER CUCCHI VINCE LA NARRAZIONE DELLA SINISTRA
Intitolare una piazza romana a Stefano Cucchi è l'esempio che dimostra che le leve del potere culturale sono ben salde nelle mani della sinistra malgrado gli equilibri politici si siano spostati
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17/10/2018

Hanno perso le elezioni, si sono ridotti al lumicino dei voti ma la loro narrazione domina come sempre. Ci si faccia caso: lo spazio e l'importanza che si dà loro nei tiggì sono quasi gli stessi dei bei tempi in cui governavano (senza mandato popolare, tra l'altro), come se la vera e unica opposizione all'attuale governo gialloverde sia la loro.
Tanti (ormai) anni fa, quando Berlusconi scippò il potere alla «gioiosa macchina» dei postcomunisti, a Firenze fui invitato a una giornata di riflessione e dibattito insieme a cinquecento intellettuali di centrodestra. Dissi che la priorità stava nella riconquista culturale, perché tutte le parole d'ordine erano da troppo tempo di sinistra. Non fui ascoltato, perché, come diceva la vecchia Dc, la cultura «non si mangia». Il risultato lo vediamo oggi: un partito punito dagli elettori e che quasi non conta più niente continua a dettare legge nelle menti e nelle coscienze, seguitando a fare dell'Italia un Paese cattocomunista pur se la gente vota Lega e M5S.
Anche perché l'ideario comunista (pure nelle sue versioni ecologista e politicamente corretto) è ben presente in una delle principali anime dei grillini. La riprova, se mai ce ne fosse bisogno, è nella mozione del Comune di Roma, a guida pentastellata, a favore della proposta di intitolare una strada o una piazza a Stefano Cucchi. Per il quale continua a valere, fino a prova contraria, quel che va ripetendo l'ex senatore Giovanardi: le perizie negano che la sua morte sia dovuta alle percosse ricevute dai carabinieri. L'iniziativa, non a caso targata Sel, in Campidoglio ha avuto solo tre voti contrari. Lo stesso Comune ricordiamo, ha negato con indignazione analogo riconoscimento a Giorgio Almirante, che pur aveva avuto delle benemerenze per il Paese in una stagione particolarmente triste e difficile, benemerenze riconosciutegli anche da Indro Montanelli.
Cucchi, invece, è un simbolo e basta. Un simbolo come Carlo Giuliani, morto nei moti del G8 a Genova e a cui fu intitolata un'aula del Senato quando presidente della Camera era il capo di Rifondazione Comunista. Simbolo di che? Della «polizia assassina» con le esse disegnate sui muri a mo' di SS hitleriane, al tempo in cui i graffiti siglavano quotidianamente gli Anni di Piombo. Il riflesso pavloviano è rimasto, anche dopo il crollo del Muro, anche dopo la batosta elettorale del 4 marzo. E il fatto che detto riflesso trovi schiaccianti maggioranze nella capitale d'Italia la dice lunga su chi e cosa comanda, ancora e malgrado tutto, nelle menti e nelle coscienze.
Naturalmente, lo stesso riflesso impedisce che vie e piazze vengano intitolate a poliziotti e carabinieri caduti nell'adempimento del loro dovere. Nell'immaginario di sinistra, egemone, sono simboli «di destra», che è cattiva per definizione: l'eroe è il ribelle da centro sociale, o il tossicodipendente «vittima della società». Come Cucchi, il geometra che era stato arrestato per droga.
Ogni scuola di pensiero, certo, ha i suoi eroi. Ma quando riesce a imporli a tutti, ecco il problema. Salvini ha molta strada da fare, ma se farà come la Dc e, dopo di lei, come Berlusconi, avrà vita breve. Perché la cultura, sì, non si mangia, ma di cultura si muore. Ed è inutile vincere le elezioni (Berlusca docet) se le chiavi della città (e della propaganda) restano saldamente in mani avverse.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17/10/2018

6 - IL ROMANZO DI GIULIO VERNE SULLA VANDEA CHE L'EDITORE RIFIUTO'
Il conte di Chanteleine fu rifiutato perché era ambientato nella guerra di Vandea, tifava per i cattolici e metteva in luce quanto fosse sanguinaria la Rivoluzione Francese
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/02/2019

Dire Giulio Verne è dire uno dei romanzieri "classici" più saccheggiato dal cinema. Sono poche, infatti, le sue opere che non hanno avuto un adattamento cinematografico. Alcuni film tratti da suoi libri, anzi, sono stati pure premiati con l'Oscar. Si pensi a Il giro del mondo in 80 giorni del 1956 con David Niven e Shirley MacLaine o a Ventimila leghe sotto i mari del 1954 con Kirk Douglas e James Mason.
Il francese Jules Verne è stato, con l'italiano Emilio Salgari, l'autore di avventure più letto dai ragazzi fino, almeno, alla mia generazione. Alcuni lo considerano, non a torto, l'inventore della fantascienza. Desta perciò qualche meraviglia apprendere che, nel 1863, Verne pubblicò a puntate su una rivista parigina un romanzo di guerra. Quando, da lì a poco, divenne celebre, volle raccogliere quelle puntate in volume. Ma l'editore rifiutò. Perché? Perché Verne aveva ambientato quel suo lavoro nella guerra di Vandea e, per giunta, aveva tifato apertamente per i vandeani. Verne era bretone e la «Vandea militare» aveva avuto in Bretagna uno dei suoi epicentri. Dunque, era cresciuto con nelle orecchie i racconti degli anziani, i cui padri avevano versato il sangue per Dio e per il Re nell'Armée Catholique.
Ma la Francia in cui viveva era figlia della Rivoluzione, dei giacobini e della ghigliottina. Perciò, non si poteva parlar bene degli insorgenti vandeani. Il romanzo di Verne fu pubblicato in Italia dopo molti anni; in Francia vide la luce solo alla fine del XX secolo. Ora lo ripubblica Solfanelli, con una prefazione di Gianandrea de Antonellis: Il conte di Chanteleine (pp. 128, € 12). «Un tempo, prima della Rivoluzione, i preti erano in grande venerazione in tutta la Bretagna; essi non erano incorsi negli eccessi né in quegli abusi di potere che caratterizzarono il clero delle altre province più "culturalmente avanzate"». Poi arrivarono i preti «giurati» e il popolo li rifiutò, preferendo assistere alle funzioni clandestine dei «refrattari» (cioè i sacerdoti che avevano rigettato la Costituzione civile del clero di matrice rivoluzionaria).
Dice il protagonista: «Io ho visto da vicino questi ministri del cielo! Io li ho visti benedire ed assolvere un esercito intero inginocchiato prima della battaglia! (...) io li ho visti poi gettarsi nella mischia con il crocifisso in mano, soccorrere, consolare, assolvere i feriti fin sotto il fuoco dei cannoni repubblicani». E quando arrivarono i preti «costituzionali» il popolo si indignò: «Ci fu lotta e battaglia in più di un luogo; i contadini scacciarono i preti giurati e parecchie prese di possesso di parrocchie furono bagnate dal sangue».
Venne la «legge dei sospetti» del 1793 che così recitava:
«Sono reputati sospetti:
1) coloro che sia con la condotta sia con le loro relazioni, con parole o con scritti, si mostrarono partigiani della tirannia, del federalismo e nemici della libertà;
2) coloro che non potranno giustificare il loro modo di esistere e l'acquisto dei loro diritti civici;
3) coloro a cui furono rifiutati certificati di civismo;
4) i funzionari pubblici sospesi o destituiti dalle loro funzioni;
5) coloro fra gli ex nobili, tutt'insieme mariti, mogli, padri, madri, figli o figlie, fratelli e sorelle, e agenti di emigrati, che non manifestarono costantemente il loro attaccamento alla rivoluzione».
Insomma, tutti.
La goccia che fece traboccare il vaso fu l'introduzione della leva obbligatoria che, togliendo le migliori braccia al lavoro dei campi, avrebbe affamato il popolo di una civiltà contadina. I nobili fecero il loro dovere, assumendosi la guida degli insorti. Molti rimasero sul campo: il generale vandeano d'Elbée, malato, fu fucilato sulla sua poltrona; a Henri de la Rochejaquelein, ventunenne, fu fatale la misericordia: sorpresi due bleus isolati, ne chiese la resa facendo loro grazia della vita, ma uno di quelli gli sparò in fronte. E fu il primo genocidio, scientifico e pianificato, della storia. Verne lo sapeva: «Durante quel tempo i più sanguinari agenti del Comitato furono inviati nelle province. Carrier a Nantes, dopo l'8 ottobre, immaginò quei mezzi che chiamava "deportazioni verticali" e il 22 gennaio inaugurò i battelli da affondare nella Loira carichi di prigionieri dell'esercito della Vandea».

Nota di BastaBugie: ecco il link ad alcuni interessanti articoli sulla Rivoluzione Francese e il genocidio in Vandea.

IL PRIMO GENOCIDIO DELLA STORIA: LA RIVOLUZIONE FRANCESE MASSACRO' LA VANDEA
Un genocidio attuato per imporre liberte', egalite', fraternite' (...ti s'ammazze')
di Lorenzo Fazzini
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=819

E ROBESPIERRE DISSE: CANCELLATE I CATTOLICI VANDEANI!
Una ricerca conferma il varo nel 1793 di due leggi per la soppressione di bambini, donne in gravidanza e religiosi cattolici: pianificati campi di sterminio e metodi di uccisione di massa per annegamento
di Lorenzo Fazzini
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2533

IL PAPA HA CANONIZZATO IL PRIMO SANTO MARTIRE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
Di tutte le rivoluzioni, quella francese è stata il modello: preti assassinati o espulsi, 250mila vandeani massacrati perché fedeli al Papa, scuole e ospedali della Chiesa soppressi
di Cristina Siccardi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4429

LA PRESA DELLA BASTIGLIA: UNA PAGLIACCIATA PRESA A SIMBOLO DELLA RIVOLUZIONE CHE HA PORTATO LIBERTE', EGALITE', FRATERNITE' (MA SOLO SECONDO I LIBRI DI SCUOLA...)
Messori, il famoso apologeta cattolico, rivela le bufale della storiografia ufficiale
di Vittorio Messori
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1899

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/02/2019

7 - IL PRIMO RE, FILM ITALIANO CHE RIPERCORRE LE VICENDE DI ROMOLO E REMO
Purtroppo però si rischia di non capire come abbia fatto un pecoraio laziale di padre ignoto a diventare il capostipite di Roma, culmine della civiltà antica, scelta da Dio per irradiare la Buona Novella di suo Figlio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04/03/2019

Chi ha visto il recentissimo Il primo re, film italiano (di Matteo Rovere, con Alessio Lapice e Alessandro Borghi, recitato in protolatino e sottotitolato) che ripercorre, romanzandole, le vicende di Romolo e Remo, forse sarà rimasto leggermente spiazzato da quel che ha visto. Può darsi che le cose siano realmente andate così e che nel 753 a.C. la vita fosse ancora all'età della pietra. Ma l'eccesso di realismo può rendere una storia del fondatore di Roma indistinguibile dalla crudezza enigmatica di, per esempio, un Valhalla rising, film danese del 2009 con Mads Mikkelsen. Eppure ci corrono quasi duemila anni di differenza.
Insomma, si rischia di non capire come abbia fatto un pecoraio laziale di padre ignoto a diventare il capostipite dell'Impero romano, che fu il culmine della civiltà antica. Roma, infatti, fu scelta da Dio per irradiare la Buona Novella di suo Figlio, come i Padri della Chiesa e lo stesso san Paolo non mancarono di sottolineare. Il cattolicesimo è «romano» non certo per caso, ma per preciso disegno divino. E pure la civiltà occidentale contemporanea non può non dirsi romana, visto che il diritto romano si studia ancora nelle università, il latino è base di molte delle lingue correnti e perfino le categorie politiche ne conservano le nomenclature (provincia, prefetto, questore, comizi, tributi, eccetera).
Una più convincente ricostruzione di quei primordi è fornita da un romanzo appena uscito - Romolo, il primo re - di Franco Forte e Guido Anselmi (Mondadori, pp. 355, €. 19). Anche qui, certo, non si dà credito alla leggenda pagana della vestale Rea Silvia ingravidata dal dio Marte. Chi ama questa versione può andare a ripescare Romolo e Remo, film del 1961 con i culturisti Steve Reeves e Gordon Scott, già noti ai cultori del genere peplum come Ercole e Maciste. Questa pellicola ebbe come regista Sergio Corbucci e come sceneggiatore Sergio Leone, dunque di tutto rispetto, e vedeva nel cast nomi come Virna Lisi, Massimo Girotti e, addirittura, Ornella Vanoni (nei panni di Tarpeia). No, nel romanzo cartaceo di cui ci stiamo occupando i due gemelli Quiriti (nome con cui vennero divinizzati in seguito) sono figli di un uomo mortale e, dopo la scoperta del fattaccio, allevati da una «lupa», cioè una prostituta (così i romani chiamavano le lavoratrici dei «lupanari»). E Remo non trasgredisce calpestando volutamente il solco di fondazione, bensì scala le mura appena costruite e consacrate con apposita cerimonia religiosa: Romolo, di fronte a tutti, deve a malincuore punire il responsabile.
Anche il Ratto delle Sabine è raccontato nel nuovo libro con una notevole aderenza a quella che deve essere stata la realtà storica, con fanciulle contentissime di essere state «rapite» perché magari i loro padri le avevano promesse a vecchi grassoni con cui erano indebitati. La nascita della potenza di Roma, poi, è resa credibile con un racconto pieno di dettagli plausibili. Infatti, la morte di Remo avviene a circa metà libro, e il resto è dedicato alle fatiche di Romolo, come primo re, per consolidare le strutture della nuova città-Stato e le guerre per affermarsi sui vicini. Non manca, se si vuol coglierla, un'apertura per un eventuale seguito. Infatti, c'è un bambino adottato da Romolo che si chiama Ostilio. Chi ha una certa età ricorderà che un tempo, alle elementari, ci facevano imparare a memoria l'elenco dei sette re di Roma: Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo. Magari gli autori hanno in mente altri sei sequel...

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04/03/2019

8 - LA PUBBLICITA' DELLA MERCEDES: BABBO BARBUTO E FIGLIA ENTRAMBI VESTITI DA FATINA AZZURRA
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): primo discorso di Zingaretti dai toni arcobaleno, il cardinale di Velencia denuncia che il gender è la più grande minaccia per l'umanità, dittatura ideologica verso il pensiero unico
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/03/2019

Attorno al 1902 il console dell'Austria-Ungheria a Nizza, Emil Jellinek, suggerì alla fabbrica tedesca Daimler un modello innovativo di auto. Il suggerimento fu accettato e anche il nome da attribuirgli, quello della figlia di Jellinek, Mercedes. Il simbolo della stella a tre punte inscritta in un cerchio, tuttavia, è del 1926, anno in cui la Daimler si fuse con la Benz. La Mercedes divenne l'auto di sogno dei tedeschi; tra i quali c'era anche Hitler, che dal 1939 cominciò a spostarsi con una Mercedes-Benz 770K Grosser Open Tourer. Anzi, non se ne separò più e la usò anche nelle grandi parate naziste.
Sono famosissime le foto in cui il Führer sfila, in piedi e a braccio teso, sul sedile posteriore di questa splendida macchina. Nera, lucida e con le bandierine naziste sul cofano, ci salì anche Mussolini in visita a Berlino. Un modello di questa celebre auto è sopravvissuto alle distruzioni della guerra ed è arrivata in perfette condizioni ai giorni nostri, con tanto di targa originale (1A 148461) e documentazione dell'autista Erich Kempka, ufficiale delle SS.
Dopo la guerra, come una patata bollente rimbalzò prima in Austria, poi in un museo di Las Vegas, poi fu acquistata da un magnate della birra di Monaco, poi fu venduta a un venditore di auto d'epoca di Bielefeld e infine fu comprata da un anonimo collezionista russo. Il 17 gennaio 2018 andò all'asta a Scottsdale in Arizona, ma l'ultima offerta, 7 milioni di dollari, venne giudicata troppo scarsa per un cimelio del genere e l'auto di Hitler rimase invenduta. L'antica casa automobilistica non deve, certo, farsi perdonare l'adesione a quello che era il politicamente corretto tedesco del 1939, ci mancherebbe altro: pecunia non olet.
Oggi, che il politicamente corretto è molto diverso, ecco che mi imbatto in una concessionaria milanese del glorioso marchio intenta a promuovere un modello «familiare» («spazi interni formato famiglia», dice) con la foto di un papà barbuto che tiene a cavalcioni sul collo una bambina (si suppone sua). Lei è vestita da fatina azzurra. E lui pure. Lo slogan (in inglese, ovviamente): «Justify nothing». La traduzione è accanto: «È l'auto che, proprio come te, non ha bisogno di giustificarsi per quello che sceglie di essere». Ma allora è un'auto per famiglie arcobaleno, direte voi. Parrebbe proprio di sì. Solo che l'ansia di mostrarsi politicamente corretti deve aver fatto dimenticare un po' di conti, quelli che il glorioso marchio pur si faceva nel 1939. Quante sono le famiglie arcobaleno in Italia? Il conteggio rivelerebbe l'autogol.
Infatti, la famosa Barilla, che finì al centro di polemiche per un'incauta dichiarazione radiofonica, si fece perdonare subito con uno spot pubblicitario in cui protagonista era una coppia gay. E oggi è ritenuta un'azienda perfettamente gay-friendly. Un antico adagio dice che chi sposa la politica rimane presto vedovo. Infatti, l'auto di Hitler è rimasta invenduta. Pure il politicamente corretto è political, e ha un'attitudine cangiante anche maggiore. E l'ultima moda fa presto a diventare penultima.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal "gaio" mondo gay (sempre meno gaio).

PRIMO DISCORSO DI ZINGARETTI DAI TONI ARCOBALENO
Nel primo discorso da neo segretario del PD, Nicola Zingaretti parla anche di persone omosessuali. «Sicurezza vuol dire - dichiara Zingaretti - dare il diritto a due ragazzi che si vogliono baciare di non aver paura che qualcuno l'insulti sull'autobus».
Nel suo discorso assai politicamene corretto, i cui contenuti andavano dall'inclusione, alla parità dei diritti, dal rispetto delle minoranze alla sostenibilità ambientale, non poteva mancare anche una captatio benevolentia all'indirizzo della comunità gay, la quale non ha tardato di mostrare il suo apprezzamento.
(Gender Watch News, 5 marzo 2019)

CARDINALE DI VALENCIA: IL GENDER È LA PIÙ GRANDE MINACCIA PER L'UMANITÀ
In occasione di #Yoelijo, una campagna a difesa della libertà di istruzione in 730 scuole e presso 150 mila famiglie della Comunità Valenciana, il l'Arcivescovo di Valencia, il Cardinale spagnolo Antonio Cañizares ha di recente dichiarato: "la più grande minaccia che l'umanità vive in questi momenti è la minaccia dell'ideologia di genere. E' una minaccia molto seria, perché porta al deterioramento della nostra umanità. Senza umanità non c'è società, senza uomini non c'è convivenza. Senza la verità sull'umano non ci sarà mai un insegnamento veramente umano e umanizzante.
Imporre un'antropologia attraverso l'insegnamento è un crimine. Viola la coscienza dei piccoli nei loro primi anni di vita e li vuole temprare e modellare conformemente a convinzioni che non sono quelle che aiutano a far crescere l'umanità nella verità e nella libertà. Leggi e regolamenti minacciano la libertà d'educazione e spesso la violano. Vogliono imporre dittatorialmente l'ideologia di genere a tutti i livelli di istruzione.
Non è l'Amministrazione, lo Stato, che decide o concede come grazia la libertà ai genitori di educare i figli, perché questo è un diritto inalienabile. Quando non c'è pieno esercizio della libertà di educazione è in gioco la libertà della società. I tagli o gli impedimenti alla libertà di istruzione influiscono in modo decisivo sulla famiglia e la mettono in pericolo".
(Gender Watch News, 25 marzo 2019)

LA DITTATURA IDEOLOGICA SEMPRE PIÙ VERSO IL PENSIERO UNICO
Da più parti in un Occidente sempre più corrotto ed eticamente malato si hanno evidenze tangibili di un regime ideologico che avanza, silenziosamente, fagocitando voracemente spazi di libertà, verso il pensiero unico. Lo si vede, quotidianamente, a livello di ampi deficit democratici con sentenze «gender friendly» della magistratura e con pesanti sanzioni universitarie «islam friendly».
Un caso si è verificato in Canada, nella provincia della Colombia Britannica. Qui una 14enne si è detta decisa a cambiare sesso ed il giudice Gregory Bowden le ha dato ragione, incurante delle ovvie rimostranze del padre.
Secondo l'incredibile sentenza di questo magistrato, il genitore non potrebbe in alcun modo impedire ai medici di iniettare testosterone nel corpo della figlia adolescente, che avrebbe minacciato di suicidarsi nel caso il trattamento fosse stato ulteriormente rinviato. Nonostante tale condotta evidentemente immatura - benché affrontata come una semplice «disforia di genere» - e nonostante l'età, la ragazza è stata ritenuta pienamente consapevole dei rischi connessi a tale procedura.
Da qui, il via libera. Non solo: la 14enne, ora, dev'essere da tutti «trattata come un uomo e chiamata col nome da lei scelto in tutte le procedure legali», essendole stato consentito tale cambio di identità «anche senza il consenso dei genitori». Secondo il giudice, anzi, «qualunque tentativo di persuadere la giovane o di rivolgersi a lei al femminile verrà considerato come un atto di violenza familiare». Incredibile.
Dopo tale sentenza, il padre «si è dichiarato deluso», ha lamentato il fatto che «non gli si sia data retta nel corso del processo - come ha spiegato il suo legale, l'avv. Herb Dunton, in un'intervista al National Post -. Ora è deciso a presentare ricorso». D'altra parte, questa vicenda, se confermata, rappresenterebbe un pericolosissimo precedente anche per casi futuri, in cui l'autorità genitoriale potrebbe di nuovo venire annientata dallo Stato, semplicemente per il ghiribizzo di un magistrato gender friendly. [...]
Scrisse George Orwell in 1984: «Non si stabilisce una dittatura nell'intento di salvaguardare una rivoluzione, ma si fa una rivoluzione nell'intento di stabilire una dittatura». La sempre più evidente ed onnicomprensiva rivoluzione etica ed assiologica in atto in Occidente non lascia dubbi su quel che possa seguirvi...
(Mauro Faverzani, Corrispondenza Romana, 6 marzo 2019)

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/03/2019

9 - OMELIA DOM. DELLE PALME - ANNO C (Lc 22,14-23.56)
Pregate, per non entrare in tentazione
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Lucia di Fatima, quando era ancora bambina, un giorno raccontò alla piccola beata Giacinta la storia della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. La piccola Giacinta, di circa sei anni, ascoltava attentamente e da allora chiese a Lucia di ripetergliela spesso. E ogni volta che ascoltava il racconto delle sofferenze di Gesù piangeva e diceva: «Oh! Povero Signore! Io non devo fare più nessun peccato. Non voglio che il Signore abbia a soffrire ancora».
La piccola Giacinta di Fatima piangeva al sentir parlare della Passione del Signore, noi invece rimaniamo indifferenti. Il motivo è che noi abbiamo un cuore di pietra, insensibile e glaciale; la piccola Giacinta aveva invece un cuore puro, che amava davvero. Domandiamo al Signore la grazia di un cuore nuovo e meditiamo spesso la Passione del Signore, piangendo i suoi dolori e i nostri peccati.
San Leonardo da Porto Maurizio affermava che dalla mancanza di questa meditazione derivano tutti i nostri mali. Per questo motivo, egli esortava caldamente alla pia pratica della Via Crucis da lui ideata e da lui propagata in tutta l'Italia. Egli, dopo anni di predicazione popolare, così scriveva: «La causa di tutti i mali per noi va ricercata nel fatto che nessuno pensa alle realtà che dovrebbero costituire un oggetto di continua meditazione. Non c'è da meravigliarsi se ne consegue un completo disordine morale. La frequente meditazione sulla Passione di Cristo dà lumi salutari all'intelletto, fervore alla volontà e sincero pentimento dei propri peccati. Ho constatato quotidianamente, e toccato con mano, che il miglioramento dei cristiani è condizionato dalla pratica del pio esercizio della Via Crucis. Tale pratica è un antidoto ai vizi, un freno alle passioni, un incitamento efficace a una vita virtuosa e santa. Se terremo presente davanti agli occhi della mente l'acerbissima Passione di Cristo, non potremo non detestare il peccato e ci sentiremo trascinati a rispondere con amore alla carità di Cristo e ad accettare gioiosamente le inevitabili avversità della vita».
Contemplando il Crocifisso noi comprendiamo tutto l'amore di Dio per l'umanità e comprendiamo la bruttezza del peccato. Ogni volta che siamo presi dalla tentazione, pensiamo che con i nostri peccati noi mettiamo in Croce Gesù e rifiutiamo il dono della salvezza.
In questa breve riflessione vorrei prendere spunto da una frase che Gesù rivolse ai suoi Discepoli sul monte degli Ulivi. Nell'imminenza della sua Passione, Egli disse: «Pregate, per non entrare in tentazione». Con questo, il Signore ci insegna che la preghiera è la nostra migliore difesa contro il male, che essa è come l'arma del cristiano. Senza preghiera, inevitabilmente, soccomberemo. Gli Apostoli in quella occasione non pregarono, furono presi dal sonno e, al momento della prova suprema, quando Gesù fu condotto alla Croce, tutti, all'infuori di Giovanni, scapparono via spaventati. Così sarà per noi: se non pregheremo, non riusciremo a superare la tentazione.
L'evangelista Luca è l'unico che riporta il particolare del sudore di sangue. Il testo dice: «Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra». Questo particolare ci rivela tutta la sofferenza che Gesù provò al monte degli Ulivi durante quella preghiera. In quel momento, Gesù vedeva ciascuno di noi, vedeva tutti i nostri peccati, vedeva tutti quelli che avrebbero rifiutato il dono della sua salvezza, e per essi provava un'angoscia mortale.
In qualche modo, vogliamo stare con Gesù ed essergli di conforto in questa agonia. Gesù, in quel momento, vedeva anche tutte le nostre preghiere, le nostre riparazioni, le nostre Adorazioni eucaristiche. Sull'esempio di tanti Santi, prendiamo la buona abitudine di fermarci anche a lungo in chiesa, davanti al Tabernacolo, con l'intenzione di consolare Gesù e di coprire con la nostra devozione tutti i peccati che si commettono nel mondo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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