BastaBugie n�98 del 31 luglio 2009
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LONDRA: SI OPPONE ALLE ADOZIONI GAY, ORA LA LEGGE NON LO CONSENTE, MEDICO RIMOSSO
Autore: Elisabetta Del Soldato - Fonte: Avvenire
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OBAMA: ASSISTENZA SANITARIA PER TUTTI?
L'aborto e' incluso nel prezzo
Autore: Fonte: Tempi, 23 Luglio 2009 - Fonte:
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CECENIA, ALTRO CASO POLITKOVSKAJA
Rapita e uccisa Natalja Estemirova, la paladina dei diritti umani
Autore: Giovanni Bensi - Fonte: Avvenire
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ENERGIA ATOMICA PER L'ITALIA
Una rivoluzione che ribalta 22 anni di storia
Autore: Antonio Gaspari - Fonte: Ragionpolitica.it
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SVEZIA: ABORTISCE PERCHE' VOLEVA UN MASCHIO
(Ecco l'eugenetica in Europa)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Il Sussidiario
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LA MODA FEMMINILE
Diventa urgente un'inversione di tendenza
Autore: Padre Antonio M. Di Monda - Fonte: Gesuemaria.it
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CARITAS IN VERITATE: LO SVILUPPO E' UNA VOCAZIONE CHE VA INCORAGGIATA
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop
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FAME IN AUMENTO
Ma la fao non dice tutto
Autore: Anna Bono - Fonte: SVIPOP
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LONDRA: SI OPPONE ALLE ADOZIONI GAY, ORA LA LEGGE NON LO CONSENTE, MEDICO RIMOSSO
Autore: Elisabetta Del Soldato - Fonte: Avvenire, 21/07/2009
Una dottoressa britannica è stata rimossa da una commissione per le adozioni perché si era rifiutata di appoggiare le richieste di coppie omosessuali. Secondo la commissione, il credo religioso di Sheila Matthews, che è cristiana, così come la sua posizione sulle adozioni gay, sarebbero «incompatibili con la legislazione sull’uguaglianza e con le politiche delle amministrazioni locali». La donna, una pediatra di 50 anni sposata e madre di un ragazzo, aveva chiesto di astenersi dal voto nei casi di adozioni destinate alle coppie omosessuali. Ma invece di garantirle la richiesta, la commissione ha deciso di rimuoverla. «Mi hanno fatto pagare – ha detto la Matthews – la mia onestà e il rispetto della mia fede. Mi hanno punita perché voglio mantenere la mia integrità». «Non ho mai pensato che affidare un bambino alle cure di una coppia gay sia la cosa migliore per lui – ha continuato il dottore –. Come cristiana non credo che lo stile di vita di una coppia gay sia appropriato alla crescita di un bambino. E non credo che un piccolo riesca a trarre gli stessi benefici che invece trarrebbe da una coppia tradizionale». La Matthews ha poi sottolineato come donne e uomini abbiano capacità diverse per l’allevamento dei figli, entrambe necessarie e fondamentali per una crescita equilibrata. «Conosco – ha spiegato – bambini di coppie gay che vengono discriminati costantemente e questo lascia su di loro marchi indelebili». Negli ultimi cinque anni la Matthews ha scrutinato le pratiche di adozione accertandosi che le condizioni di salute dei genitori adottivi fossero buone. Assieme a una commissione per le adozioni, una delle tante sparse nelle amministrazioni locali del Regno Unito, è sempre stata chiamata a votare sul verdetto finale che respinge o accetta una coppia. In passato la Matthews è riuscita ad astenersi quando si trattava di coppie gay ma da quando è cambiata la legislazione sull’uguaglianza, alla fine dell’anno scorso, questo non è stato più possibile. Secondo la nuova legge, le agenzie di adozione, anche quelle cristiane, sono costrette a prendere in considerazione le richieste delle coppie gay. La decisione ha costretto alcune agenzie d’adozione cattoliche (che rappresentano un terzo di tutte quelle del Regno Unito e hanno una reputazione eccellente) a chiudere i battenti perché il loro lavoro sarebbe andato contro la loro fede e credo religioso. L’anno scorso sono stati oltre 3.200 i bambini adottati in Inghilterra, novanta di questi da coppie omosessuali.
Fonte: Avvenire, 21/07/2009
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OBAMA: ASSISTENZA SANITARIA PER TUTTI?
L'aborto e' incluso nel prezzo
Autore: Fonte: Tempi, 23 Luglio 2009 - Fonte:
La riforma del sistema sanitario statunitense. È sempre più evidente che è questa la bandiera con la quale Barack Obama intende conquistare un posto d’onore nella storia con la esse maiuscola. E non a caso è proprio sulla sanità che il giudizio degli americani nei confronti di Mr. Cambiamento si è fatto impietoso. A inizio settimana la notizia della clamorosa emorragia di consensi per l’inquilino della Casa Bianca, un tracollo dovuto al timore che l’intenzione dell’amministrazione Usa di rendere l’assistenza sanitaria accessibile a tutti i cittadini risulti alla fine troppo onerosa per le casse federali. Ieri sera Obama ha rilanciato, ribadendo agli alleati titubanti e ai convinti oppositori che lui la riforma promessa intende portarla a termine «entro il 2009». Intanto lo scontro entra prepotentemente anche al Congresso, dove la speaker della Camera, l’ultraliberal Nancy Pelosi, giura di avere in tasca i voti necessari all’approvazione della riforma, mentre per i democratici più moderati i numeri non ci sono assolutamente, dal momento che nel partito del presidente un cospicuo drappello si starebbe preparando all’ammutinamento. Il punto non è solo la copertura finanziaria della rivoluzione sanitaria di Obama. In gioco c’è anche la vita. Come racconta oggi l’Osservatore romano, anche se in nessuno dei tre progetti di riforma attualmente presentati al Congresso è menzionato l’aborto, si è ormai diffuso, specialmente tra le file del fronte pro-life, il sospetto che «la copertura per l’interruzione volontaria di gravidanza potrebbe essere obbligatoria per la maggior parte delle assicurazioni sanitarie». Se non addirittura che «l’aborto potrà essere finanziato attraverso fondi federali». E a parziale conferma di questi timori è arrivata l’intervista rilasciata a Fox New Sunday dal direttore dell’ufficio bilancio della Casa Bianca Peter Orszag, che ha ammesso di «non poter escludere» l’introduzione di un finanziamento pubblico all’aborto. Ecco perché anche la Chiesa cattolica americana ha deciso scendere in campo direttamente. In una lettera al Congresso, il vescovo William Francis Murphy di Rockville Centre (New York), presidente della Commissione episcopale sulla giustizia interna e lo sviluppo umano, pur appoggiando in linea generale l’intento di Obama di assicurare a tutti l’assistenza sanitaria, ha infatti ammonito: «Nessuna riforma riguardante l’assistenza sanitaria dovrebbe obbligare a pagare per la distruzione della vita, sia che ciò avvenga attraverso il finanziamento governativo sia che accada attraverso una copertura assicurativa obbligatoria per quanto riguarda l’aborto».
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CECENIA, ALTRO CASO POLITKOVSKAJA
Rapita e uccisa Natalja Estemirova, la paladina dei diritti umani
Autore: Giovanni Bensi - Fonte: Avvenire, 16 luglio 2009
Vicino al villaggio di Gazi-Yurt, presso Nazran, in Inguscezia, è stato trovato il corpo senza vita di Natalja Estemirova, esponente del centro per la difesa dei diritti civili 'Memorial' che ha sede a Mosca. La causa della morte: un colpo di pistola alla testa e uno al petto. In precedenza era giunta la notizia che ieri intorno alle 8,30 locali, poco dopo che era uscita di casa nella capitale cecena Grozny, Estemirova era stata bloccata da alcuni uomini mascherati che l’avevano costretta a salire su un’auto. Era solo riuscita a gridare: «Mi rapiscono». Le autorità insediate dai russi in Cecenia avevano più volte espresso fastidio per la sua attività. Ieri Natalja Estemirova aveva una serie di appuntamenti: fra l’altro doveva recarsi con alcuni funzionari del ministero dell’Interno nella regione di Stavropol per un’inchiesta giornalistica. Ma non vi è giunta ed il suo cellulare non ha più risposto. I collaboratori di 'Memorial' hanno provveduto a dare l’allarme. Il presidente russo Dmitrij Medvedev ha condannato l’omicidio dicendosi indignato, e chiedendo che sia fatta luce sull’accaduto. Estemirova aveva più volte dichiarato che dopo l’abolizione del «regime di lotta antiterroristica» in Cecenia la situazione, per quanto riguarda i rapimenti, era notevolmente peggiorata. La donna faceva parte della Commissione di sorveglianza sui luoghi di detenzione e denunciava i casi di tortura nelle carceri cecene. L’ultimo caso di arbitrio poliziesco da lei denunciato sul sito Kavkazskij uzel (Il nodo caucasico) risale al 13 luglio: poliziotti russo-ceceni avevano incendiato la casa della 20enne Madina Junusova, moglie di Sajd Selim Junusov, ucciso in un rastrellamento il 2 luglio. Il corpo della ragazza fu restituito ai parenti il 5 successivo, e i poliziotti ordinarono loro di seppellire la ragazza «senza fare rumore». Forse è stato questo atto di coraggio che ha condannato Natalja Estemirova a morte. Natalja Estemirova era stata nel 2007 la prima vincitrice del premio 'Anna Politkovskaja', istituito da un fondo internazionale di cui fanno parte l’ex presidente ceco Václav Havel, Zbigniew Brzezinski, i dissidenti russi Sergej Kovaljov, Vladimir Bukovskij ed altri. Il premio le era stato consegnato a Londra. «Anna Politkovskaja – disse – ancora quando era viva non era più solo una giornalista o un difensore dei diritti: era diventata un difensore delle persone». Nel 2005 il Parlamento europeo aveva insignito Estemirova della medaglia 'Robert Schumann' per la sua attività in favore dei diritti civili in Russia. Era nata a Saratov, in Russia, ed era laureata in storia.
Fonte: Avvenire, 16 luglio 2009
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ENERGIA ATOMICA PER L'ITALIA
Una rivoluzione che ribalta 22 anni di storia
Autore: Antonio Gaspari - Fonte: Ragionpolitica.it, 16 luglio 2009
La notizia è stata sottovalutata, relegata nelle pagine interne dei giornali, ma l'approvazione in Senato del disegno di legge sullo sviluppo è una rivoluzione che ribalta 22 anni di storia, da quando cioè, nel 1987, in seguito ai risultati del referendum, l'Italia (unica tra le nazioni del mondo avanzato) decise di dismettere le centrali atomiche per produzione di energia elettrica. Ora la legge è fatta, e nel più breve tempo possibile il nostro paese sarà impegnato a costruire almeno 4 centrali nucleari, che andranno a coprire il 25% della produzione di energia elettrica nazionale. Il segnale è così forte che il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha dichiarato: «E' una legge storica», «per contrastare la crisi» e «per aiutare il paese e il sistema produttivo ad uscire dalle difficoltà avviando processi di competitività, modernizzazione ed efficienza che configureranno l'Italia del futuro». Un dato è certo, almeno per quanto riguarda la produzione di energia elettrica: il nucleare, insieme all'utilizzo del carbone pulito, è la fonte su cui il mondo avanzato e quello in via di sviluppo stanno puntando. Sulla base della richiesta di energia, soprattutto da paesi come Cina, India, Brasile, Messico, Sud Corea, Egitto, Sudafrica, gli analisti hanno calcolato che entro il 2050 si prevede un raddoppio a livello mondiale del numero di impianti nucleari (da 441 a 882). Per questo motivo, gli Stati Uniti, la Francia, e il Giappone (paesi con il maggior numero di impianti) sono molto attivi nel proporre e siglare contratti. Nonostante le continue e terrorizzanti campagne di discredito della fonte nucleare, secondo l'International Atomic Energy Agency (IAEA) attualmente sono in funzione nel pianeta Terra 441 impianti nucleari, 34 sono in fase di costruzione, 38 sono stati programmati, 100 pianificati e 200 proposti. In termini numerici gli Usa contano 104 impianti, seguiti dalla Francia (59), il Giappone (54), il Regno Unito (33), la Russia (30), la Germania (19), la Corea del Sud (19), l'India (14), l'Ucraina (13), i rimanenti sono sparsi per il mondo. La fonte nucleare fornisce a oggi il 16% dell'energia mondiale, il 34% di quella europea. 15 dei 27 membri dell'Europa hanno impianti nucleari. La Francia è il paese che ne ha di più, generando il 73% della sua elettricità. Dei 34 impianti in costruzione uno è in Argentina, due in Bulgaria, uno in Finlandia, uno in Francia, sei in India, dove ne sono stati progettati altri sette. Cinque in Cina, due dei quali a Taiwan, tre in costruzione in Corea del Sud. Uno in Giappone, uno in Pakistan ed uno in Iran. La Russia ne sta costruendo sette, due sono in costruzione in Ucraina, uno negli Stati Uniti. In termini progettuali la Cina conta di costruire almeno 60 impianti nucleari. Negli Stati Uniti le autorità federali stanno esaminando 12 domande di costruzione di nuovi reattori ultramoderni, e per l'anno prossimo ne attendono altre 15. In termini di efficienza energetica è evidente che la fonte nucleare sbaraglia ogni concorrenza. Un solo grammo di combustibile nucleare produce l'equivalente energetico di tre tonnellate di carbone o 2700 litri di olio combustibile. Il calore prodotto bruciando un kg di legno produce appena una kWh di elettricità; bruciare un chilo di carbone ne produce tre, bruciare un chilo di petrolio ne produce quattro; ma un kg di uranio sottoposto a fissione nucleare di kWh ne produce 400.000. E se ben trattato attraverso le varie fasi nucleari, in totale può arrivare a produrne fino a 7 milioni. Pur considerando che la costruzione dell'impianto nucleare necessita di un investimento maggiore, l'altissimo rendimento del carburante si riflette immediatamente sui costi. Il costo del kWe è infatti di circa 3 centesimi di euro per il nucleare, 4 centesimi per il carbone, 7 per l'olio combustibile, 6 per il gas a ciclo combinato, 55 per il fotovoltaico, 11 per l'eolico. Per quanto riguarda l'Italia, fino al 1980, anno di attivazione della centrale nucleare di Caorso, il nostro paese era all'avanguardia nel campo dell'energia nucleare per scopi civili. Nel 1966 eravamo il terzo produttore al mondo di energia elettrica di origine nucleare, con 3,9 miliardi di kWh annui. Poi, dopo il referendum del novembre 1987, è prevalsa la politica neo-malthusiana di verdi, comunisti e postcomunisti, contraria allo sviluppo, e il sistema energetico italiano è diventato il più costoso, il più instabile ed il più dipendente dagli idrocarburi dei paesi industrializzati. Al colmo del paradosso, l'Italia importa energia elettrica proprio dai paesi (Svizzera e Francia) che la producono con impianti nucleari. Si pensi che con il denaro speso ogni anno per importare energia elettrica da fonte nucleare l'Italia potrebbe costruire un impianto atomico. Visto che centrali atomiche in Italia non ne poteva costruire, l'Enel ha acquistato impianti nucleari in Slovacchia, Romania, Spagna e Francia. In Slovacchia ha acquistato quattro impianti e due li ha in costruzione. In Romania gestirà due centrali atomiche in costruzione. In Spagna partecipa con Entesa, che possiede sette centrali. In Francia collabora nella costruzione dell'impianto di nuova generazione di Flamanville. Singolare scoprire che a costruire le centrali rumene è il Gruppo Ansaldo, che non ha mai lasciato andare il gruppo tecnico che aveva messo in piedi il nucleare italiano. Così, nel 2005, l'Ansaldo ha ricostituito la società che si occupa di nucleare. Per questi motivi è evidente quanto importante sia l'impegno del parlamento e del governo nel riportare l'Italia nel club dei produttori di energia elettrica da nucleare. Per questo motivo già mercoledì 15 luglio, Fulvio Conti, amministratore delegato dell'Enel, ha rivelato di aver già identificato i siti dove verranno costruite le quattro centrali nucleari italiane.
Fonte: Ragionpolitica.it, 16 luglio 2009
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SVEZIA: ABORTISCE PERCHE' VOLEVA UN MASCHIO
(Ecco l'eugenetica in Europa)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Il Sussidiario, 16 maggio 2009
Feto abortito perché femmina. Siamo nella Cina comunista? No, nella democraticissima Svezia. Le autorità sanitarie del Paese scandinavo hanno stabilito la piena legalità dell’aborto selettivo basato sul genere. È accaduto, infatti, che una donna del sud della Svezia, già madre di due figlie, si sia sottoposta ad amiocentesi per verificare il sesso del nascituro. Delusa per non poter avere il maschietto che tanto desiderava, la donna ha chiesto ai medici dell’Ospedale Mälaren di poter interrompere la gravidanza. La direzione sanitaria di quella struttura ospedaliera ha investito della questione la Commissione Nazionale della Salute e del Welfare (Socialstyrelsen) chiedendo precise disposizioni circa la possibilità di praticare l’aborto selettivo basato sul genere, in assenza di reali ed evidenti ragioni di carattere medico. La Commissione si è pronunciata nel senso che una simile richiesta non potesse essere rifiutata, giacché l’aborto fino alla diciottesima settimana resta nell’ordinamento giuridico svedese un diritto inalienabile della donna, anche se motivato sulla base della scelta personale del sesso del nascituro. Questo tipo di aborto selettivo sembra un po’ troppo anche per gli abortisti sfegatati di casa nostra. Ma alle anime belle dei pro-choice nostrani verrebbe spontaneo porre una domanda. Posto che l’aborto – come ribadisce il Socialstyrelsen svedese – è un diritto inalienabile della donna, che differenza fa se il motivo per ricorrere all’interruzione della gravidanza è fondato sul sesso del nascituro, sulla sua disabilità, sulle sue caratteristiche genetiche, o semplicemente sul fatto che la madre non desideri rovinarsi una vacanza programmata al Club Méditerranée a causa di una gravidanza non programmata (episodio reale di cui ho avuto conoscenza per ragioni professionali)? Ciò che è accaduto in Svezia ha il pregio di togliere il velo di ipocrisia da qualunque argomentazione pelosa intorno all’aborto. Si deve avere il coraggio di dire le cose come stanno ed essere coerenti fino in fondo. Del resto, oggi in Italia, nonostante la petizione di principi della Legge 194, vige una piena applicazione del concetto di autodeterminazione della donna: in realtà nessuno può impedire ad una donna maggiorenne non interdetta di abortire se essa lo vuole, qualunque siano i motivi della sua richiesta. Anche da noi, in teoria, esiste la possibilità di praticare un aborto selettivo per genere, solo che si preferisce non dirlo. Meglio trovare altre ragioni più presentabili, magari attraverso le maglie sempre più larghe del criterio costituito dal “rischio per la salute psichica della donna”. A dispetto delle premesse, la Legge 194 ha introdotto, di fatto, nel nostro ordinamento giuridico un antiprincipio assai grave: il diritto di vita e di morte in capo alla donna nei confronti di un altro essere umano innocente. Nella pratica quotidiana questo “ius vitae ac necis” è assegnato alla madre in maniera totale ed esclusiva, attraverso l'espediente della procedura, che trasforma un delitto in un atto medico pagato dai contribuenti. In Svezia l’aborto è una “conquista” sociale fin dal 1938. Oggi, stando alle statistiche dello Johnston’s Archive, più del 25% delle gravidanze in quel Paese si concludono con un aborto, percentuale che ha registrato un aumento del 17% a seguito dell’introduzione della cosiddetta pillola del giorno dopo, quella che, secondo i promotori, avrebbe dovuto proprio ridurre il fenomeno dell’aborto. Del resto, tale fenomeno non è stato arginato neanche dal fatto che in Svezia l'educazione sessuale faccia parte integrante dei programmi scolastici fin dal 1956, e che proprio la Svezia sia considerata la patria del condom. Tutti abbiamo riso quando nel 1992 in quel Paese vennero venduti profilattici con il coniglio Bernie, emblema del campionato europeo di calcio, o quando, più recentemente, l’Organizzazione svedese per l’educazione sessuale (RFSU) ha lanciato un’iniziativa che prevedeva la consegna rapida di preservativi a domicilio per le coppie rimaste senza sul più bello, mediante quattro vetture, recanti l’insegna “Cho-San Express”. Questo esasperato culto per la contraccezione, (così come la distribuzione gratuita di condom nelle scuole secondarie e superiori ed i programmi avanzati di educazione sessuale), non ha eliminato la piaga dell’AIDS né ridotto il dramma sociale dell’aborto. Ha soltanto dimostrato che il profilattico non è la soluzione. Vuoi vedere che anche su questo punto aveva davvero ragione quell’oscurantista, retrogrado, antipatico tedesco di Joseph Ratzinger?
Fonte: Il Sussidiario, 16 maggio 2009
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LA MODA FEMMINILE
Diventa urgente un'inversione di tendenza
Autore: Padre Antonio M. Di Monda - Fonte: Gesuemaria.it
A vedere come si svestono oggi le donne, ogni estate segna un passo sempre più audace, si è tentati di dire: Le donne sono impazzite. Da premettere che è veramente incomprensibile, anche se lo si capisce benissimo, perché le donne devono spogliarsi mentre i maschi vanno coperti. Non c’è già in questo un segnale abbastanza significativo del fine che si vuole ottenere? La moda di oggi è terribilmente scandalosa. L’esperienza ci dice, infatti, che le parti del corpo umano femminile solleticano ed eccitano. Ora la moda piano piano sta mettendo in mostra tutto. Si può pensare che tutto questo sia senza peccato e senza conseguenze soprattutto nei maschi? La donna purtroppo si rifiuta di ammettere un dato di fatto che ci viene da tutte le parti. Essa ride quando si parla di tentazione e di scandalo e, incredibile, non c’è una donna che si confessi del peccato della moda procace. Come è sorprendente che la Chiesa quasi non tocchi più l’argomento: dopo Papa Pio XII si stenterà a trovare pronunciamenti in merito. E intanto anche le Chiese -non esclusi i più celebri santuari come Lourdes, una volta difesi da questa inondazione di fango-, non danno più assolutamente l’impressione della sacralità del luogo. Come celebrazioni di prime Comunioni e di matrimoni sono tremende occasioni di peccato con nudità quasi inimmaginabili. Si dirà che, in fondo, poi, ci si abitua. Sciocchezze! Si abituano quelli che cadono in peccato e poi... non ci fanno più caso, perché hanno bisogno di maggiore eccitazione. Le anime che vogliono e debbono mantenersi pure non si abitueranno mai, e perciò lo scandalo resta in tutta la sua gravità. O si dirà: i tempi sono cambiati e non si può vivere e vestirsi alla maniera medievale ecc. Cambiati o no i tempi, è un fatto che l’uomo resta un animale tremendamente famelico del sesso, e perciò aizzarlo in questo è peccato davanti a Dio e scandalo. E che oggi ci si ritrovi, con dette mode, allo scandalo più sfacciato e quindi al peccato mortale, non credo, se non si vuole essere faziosi e in mala fede, che possa negarsi. Non si gridi all’esagerazione. Conoscendo il cuore umano così perverso e così spaventosamente incline al sesso, è quasi impossibile, davanti a nudità così sfacciate, che non si sia terribilmente tentati e trascinati al peccato almeno con pensieri e desideri galeotti. D’altra parte può essere la donna a giudicare se è provocante o no? E come questa può illudersi col dire: per me non è peccato, quando chiare confessioni, a parte pure le norme morali in merito, affermano il terribile richiamo e spinte al peccato e anche cadute rovinose? C’è chi afferma: non è la moda che eccita, perché si può essere tentati anche dalla donna vestita. Ma proprio questo conferma la perversità e lo scandalo della moda. E cioè si sa che la donna può eccitare anche vestita, quanto più allora non eccita se presenta le sue nudità? Che se il maschio tende così irresistibilmente alla femmina, è prudenza, a dire poco, mettergli sotto il naso ogni momento proprio quello che lui desidera? Quale gioielliere metterebbe in mostra perle e gioielli senza grandi precauzioni, sapendo che sono tanti ad essere tentati di appropriarsene? Lo scandalo delle mode odierne è stato denunciato già dalla beata Giacinta, una dei tre veggenti di Fatima. Prima di morire, infatti, disse che i peccati che portano più anime all’inferno sono i peccati della carne. E disse pure: "Verranno certe mode che offenderanno molto Gesù". A chi meravigliato le chiedeva come poteva lei, bambina di dieci anni parlare di tali problemi, rispose: ”Me l’ha detto la Madonna”. Anche la Madonna è arretrata?... Da ricordare infine a tutti coloro che fanno orecchie da mercanti che il Vangelo stigmatizza lo scandalo più che ogni altro peccato. "Chiunque scandalizzerà, uno di questi piccoli che credono in me sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e che fosse sommerso nel profondo del mare"(Mt 18,6). Volendo dire che è più grave uccidere le anime con lo scandalo, che uccidere un corpo. Ma, a parte anche l’offesa fatta a Dio e il danno gravissimo fatto all'anima, dov’è più la dignità della donna? Il maschio ritiene non corretto togliersi la giacca davanti alle persone e chiede permesso. La femmina più si spoglia e più è... accetta e applaudita! Merce... messa in vendita! Non si intravede in tutto questo la... coda del diavolo? Né bisogna dimenticare un altro fattore che viene a confermare tristemente quanto detto. Le forze massoniche e avverse alla Chiesa hanno giurato che questa, non potendola distruggere con pugnali e rivoluzioni e cose del genere, la si può annientare corrompendola. Difficile, infatti, resistere alla corruzione che investe anima e corpo. E hanno detto: denuderemo la donna poco a poco, sarà essa lo strumento della corruzione che farà crollare i vertici della Chiesa e il popolo, i sacerdoti e i fedeli. Se le nostre brave donne, che pur continuano a frequentare la Chiesa e i sacramenti, indulgendo alla moda, si rendessero conto della drammaticità della situazione, credo che qualcosa cambierebbe.
Fonte: Gesuemaria.it
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CARITAS IN VERITATE: LO SVILUPPO E' UNA VOCAZIONE CHE VA INCORAGGIATA
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop, 11-7-2009
Un documento straordinariamente moderno e controcorrente, rispetto sia alla mentalità “mondana” sia a tanto “progressismo” cattolico. Stiamo parlando della nuova enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate, la prima enciclica sociale di questo pontificato, che originariamente doveva uscire in occasione del 40mo anniversario della Populorum Progressio di Paolo VI (1967). Impossibile cogliere in poche righe tutta la ricchezza e di diversi punti toccati dall’enciclica, ma ci preme metterne in rilievo alcuni aspetti fondamentali. 1. La base di tutto è la “questione antropologica”. E’ qui che si gioca la sfida principale al mondo moderno che i sociologi definiscono post-cristiano. Contro un pensiero dominante che ha una concezione essenzialmente negativa della presenza umana sulla terra – di cui il controllo delle nascite e la deriva eugenetica sono soltanto una esplicitazione -, il Papa rimette l’uomo al centro della Creazione. L’uomo immagine e somiglianza di Dio, che proprio dal riconoscimento di questa “vocazione” trae la sua dignità, nonché il compito e la responsabilità sociale. E’ questo un punto decisivo perché, scrive il Papa, “l’umanesimo senza Dio è un umanesimo disumano” e non c’è dubbio che oggi l’ideologia umanitaria, incarnata ad esempio dalle agenzie dell’ONU e da tanti organismi umanitari internazionali, sia responsabile di tanti crimini contro l’umanità. Come dimenticare infatti che i 50 milioni di aborti che si consumano ogni anno nel mondo sono attivamente promossi e finanziati da agenzie umanitarie? 2. Proprio per questa visione antropologica, l’enciclica pone il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa – strettamente connessi alla dignità dell’uomo – come fondamento di un vero sviluppo integrale della persona e dei popoli. Ogni politica di sviluppo che prescinda da questo riconoscimento in un modo o nell’altro provoca disastri e fallimenti. Non può non venire in mente la Cina dove la crescita economica si accompagna a una sistematica violazione dei diritti umani con gravi conseguenze sociali e politiche, dallo squilibrio demografico al preoccupante inquinamento. 3. Fondamentale l’affronto della questione demografica. Il punto centrale, coerente con quanto sopra, è che “l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo”. Il che ha due implicazioni: A) per i paesi poveri, si è dimostrato “scorretto dal punto di vista economico” “considerare l’aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo”. In effetti negli ultimi decenni tutti i Paesi del mondo – salvo rarissime eccezioni – hanno sperimentato un calo drastico delle nascite. Ma nessun paese è uscito dalla povertà e dal sottosviluppo grazie a queste politiche. Al contrario sono state dirottate sul controllo delle nascite importanti risorse necessarie per promuovere veri progetti di sviluppo. Inoltre l’applicazione selvaggia di tali politiche – vedi Cina, India e altri Paesi asiatici – ha provocato grossi squilibri sociali, di cui la mancanza all’appello di cento milioni di femmine è soltanto l’aspetto più eclatante. B) Per i paesi sviluppati, pone le radici dell’attuale crisi economica proprio nel drammatico calo delle nascite. E’ un’analisi originale – ignorata dai cosiddetti esperti – che offre un orizzonte e una prospettiva nuova alla crisi. Non si tratta di una congiuntura negativa legata semplicemente a errate politiche economiche e finanziarie – che pure ci sono state – ma di una crisi strutturale dovuta a oltre 40 anni di tassi di fertilità (per i paesi sviluppati) al di sotto del livello di sostituzione. Se negli ultimi anni abbiamo capito quanto questo ci sta costando - e ci costerà ancora di più in futuro – per le pensioni, ebbene questo è soltanto un aspetto di una crisi ben più ampia destinata ad aggravarsi nei prossimi anni e a cambiare profondamente la nostra vita. Per questo la risposta non può essere soltanto “tecnica”. Le comunque necessarie misure economiche e finanziarie devono accompagnarsi a una vera rivoluzione culturale, fondata sull’ apertura alla vita. 4. L’enciclica sostituisce l’abusato termine “solidarietà” con il concetto di “fraternità”. E’ un’importante novità che fa i conti con l’ambiguità della “solidarietà” che – anche in vaste aree del mondo cattolico – si accompagna a una visione sentimentale e ad una riduzione della carità a filantropia. E’ perciò diventata parte di quell’ “umanesimo senza Dio” che il Papa denuncia come disumano. L’introduzione del concetto di fraternità rimanda direttamente alla questione antropologica richiamata all’inizio: mentre la solidarietà mette l’accento sul fare dell’uomo verso gli altri uomini, la fraternità mette l’accento su ciò che riceviamo, perché è il riconoscimento di un unico Padre (senza il quale non potremmo considerarci fratelli). 5. Coerente anche l’affronto del problema ambientale, dove l’enciclica esplicita e declina nella situazione attuale ciò che è già patrimonio della dottrina sociale della Chiesa e che si può riassumere nella frase: la natura è per l’uomo e l’uomo è per Dio. “Se tale visione viene meno - dice il Papa – l’uomo finisce per considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per abusarne”. In questo modo fotografa la situazione schizofrenica del mondo occidentale secolarizzato, dove l’ambientalismo e il disprezzo dell’ambiente (pensiamo solo alle tante fabbriche che aggirano le leggi riversando in aria e nelle acque sostanze tossiche) sono in fondo due facce della stessa medaglia. Il Papa rilancia dunque “l’ecologia umana” che consiste principalmente nella valorizzazione dell’uomo, tale che la Chiesa, in tema ambientale, ha come primo compito di “proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso”. “Quando l’ecologia umana – dice l’enciclica – è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio”. 6. Ci si permetta in conclusione di mettere in rilievo due conseguenze dell’enciclica che confortano la battaglia culturale – anche intraecclesiale - che SVIPOP e il CESPAS conducono da anni: A. Un importante aspetto dell’enciclica è che è stato respinto l’assalto e le forti pressioni di quanti vogliono che pilastro fondamentale della Dottrina sociale della Chiesa diventi il concetto di “sviluppo sostenibile”. Lo “sviluppo sostenibile” non è conciliabile con la dottrina della Chiesa perché è parte integrante dell’ “umanesimo senza Dio”. Dobbiamo ricordare che il concetto di sviluppo sostenibile – codificato nel Rapporto della Commissione Brundtland (1987) e diventato la base delle politiche globali su sviluppo e ambiente – è l’espressione compiuta di una concezione negativa dell’uomo. In particolare la Commissione Brundtland identifica nella popolazione – dal punto di vista sia quantitativo sia qualitativo - un fattore negativo per lo sviluppo e l’ambiente. Ecco perché a livello globale si investono miliardi di dollari per il controllo delle nascite nei Paesi poveri (aspetto quantitativo) e per frenare lo sviluppo dei paesi ricchi (aspetto qualitativo). Malgrado ciò importanti settori della Chiesa spingono per l’adozione di questo concetto: sono in particolare le conferenze episcopali europee – Germania in testa – e gli organismi ecumenici, dove sono alcune Chiese protestanti a dettare la linea. Ma anche in Italia ci sono associazioni e organizzazioni non governative dichiaratamente cattoliche che premono per introdurre “l’educazione alla sostenibilità perfino nei seminari”, ed è triste notare che tali idee godono di un certo favore in alcuni settori dell’episcopato. E’ invece consolante rilevare che a Roma c’è chi non cede al conformismo dominante. B. Allo stesso modo viene respinto in modo netto il concetto di “decrescita”, felice o serena che sia, o di uscita dall’economia. Anche queste idee trovano incredibilmente accoglienza in alcuni settori della Chiesa. Ebbene il Papa parla chiaro: Lo sviluppo – inteso in senso integrale - è la nostra vocazione di uomini. E a questo dobbiamo tendere. La decrescita non è un valore e neanche l’uscita dall’economia.
Fonte: Svipop, 11-7-2009
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FAME IN AUMENTO
Ma la fao non dice tutto
Autore: Anna Bono - Fonte: SVIPOP, 23-6-2009
L’ultimo rapporto della FAO delinea un peggioramento delle condizioni di vita nei paesi emergenti e in quelli a basso e bassissimo livello di sviluppo. Un miliardo di persone, un sesto dell’umanità, non mangiano abbastanza: 100 milioni in più rispetto al 2008. La situazione più critica in termini assoluti è quella dell’Asia: circa un sesto della popolazione è sottoalimentata, 642 milioni di persone su un totale di poco più di quattro miliardi. In termini relativi però il continente più povero e affamato resta l’Africa, in particolare quella subsahariana dove la fame è realtà quotidiana per un terzo degli abitanti: ben 265 milioni di persone su 788. La causa va in parte attribuita alla crisi mondiale che in molti stati ha interrotto un trend positivo di crescita economica. Per quanto riguarda l’Africa, nel 2009 il Pil crescerà soltanto del 2,8%, per la prima volta meno della popolazione e questo dopo cinque anni di incremento medio superiore al 5%, con punte massime maggiori del 10% in Angola e in altri stati produttori di petrolio. I principali fattori negativi imputabili alla crisi economica internazionale sono il calo del prezzo di molte materie prime sui mercati internazionali, le minori entrate derivanti dalle rimesse degli emigranti e la riduzione degli investimenti stranieri malgrado il maggiore interesse verso il continente mostrato da Cina, India e altri stati asiatici. Ma non è certo stata la crisi internazionale a ridurre alla fame più di un terzo degli abitanti dello Zimbabwe e della Somalia nell’ultimo anno, bensì una delirante politica governativa che ha letteralmente distrutto l’economia nazionale, nel primo caso, e una guerra lunga ormai 18 anni, nel secondo. Per spiegare quanto sta accadendo è alle cause interne della debolezza delle economie africane che si deve guardare. All’origine della povertà e della maggiore fragilità delle economie africane ci sono prima di tutto i fattori di sempre: corruzione, malgoverno, conflitti per il controllo dell’apparato statale, movimenti antigovernativi armati, tutti fenomeni che impediscono anche negli anni migliori di trasformare la crescita del Pil in sviluppo umano, vale a dire in migliori condizioni generali di vita. Come in Somalia e in Zimbabwe, così in Niger, Nigeria, Ciad, Sudan, Angola, Repubblica Democratica del Congo, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Guinea Equatoriale la povertà attanaglia popolazioni che invece dovrebbero godere dei proventi di materie prime pregiate e che per di più dispongono di uno straordinario capitale umano dato da una percentuale di giovani superiore al 50%. Il dato significativo, in altre parole, non è l’aumento in Africa delle persone affamate in concomitanza con una crisi di portata mondiale, ma il persistere di denutrizione, malnutrizione, tassi elevatissimi di mortalità infantile e materna, percentuali costanti di ammalati e di morti di AIDS, tubercolosi, malaria e altre malattie altrove scomparse o facilmente curabili, mentre a livello internazionale si verificavano condizioni tra le più favorevoli per il continente: fino al 2008, maggiori investimenti stranieri, remissione del debito estero, aiuti internazionali astronomici, prezzi in crescita delle materie prime, a partire dal petrolio che ha sfiorato i 150 dollari al barile.
Fonte: SVIPOP, 23-6-2009
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