BastaBugie n�1 del 02 novembre 2007
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IL CARISMA DEL PAPA, LE PAURE DEL CORRIERE
Fonte: Newsletter del Timone
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POTETE STAR CERTI CHE IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI DOMENICA PROSSIMA LA CHIESA FINIRÀ DI NUOVO SUL BANCO DEGLI ACCUSATI
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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OGM FANNO AUMENTARE I COSTI PER LE FAMIGLIE
Danni a catena per agricoltori, consumatori e scienziati
Autore: GILBERTO CORBELLINI E ROBERTO DEFEZ - Fonte: La Stampa
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I CRISTIANI SI VERGOGNANO DI GESU'. PAROLA DEL CARDINALE BIFFI
Fonte: Newsletter del Timone
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INTERVISTA ALLO STORICO COURTOIS: AUTORE DEL LIBRO NERO DEL COMUNISMO.
La rivoluzione bolscevica come «madre» dei totalitarismi. Ottobre 1917, l’alba del terrore rosso
Autore: Antonio Giuliano - Fonte: Avvenire
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IL CARISMA DEL PAPA, LE PAURE DEL CORRIERE
Fonte Newsletter del Timone, 26 Ottobre 2007
Sulla prima pagina del Corriere della Sera di venerdì 26 ottobre 2007, Sergio Romano si chiede nell'editoriale ("Il carisma e le paure") il motivo della crescente popolarità di Benedetto XVI, tanto più evidente quando si consideri che è “molto meno esuberante e carismatico del suo predecessore”. Romano intanto inserisce il caso Benedetto XVI all’interno di un revival religioso mondiale, in cui trovano posto i monaci buddhisti della Birmania, la religiosità islamica, i funerali religiosi di Eltsin, la pressione politica degli evangelici americani. Quindi spiega che l’uomo moderno è attraversato da una serie di paure (economica per via della precarietà, ambientale per via delle catastrofi climatiche, etica per via delle nuove leggi morali e scoperte scientifiche sull’uomo) e le religioni danno a questo una risposta chiara e netta, senza dubbi. Benedetto XVI, uomo di dottrina, “cattedra di princìpi irrinunciabili e di solenni silenzi”, sarebbe quindi “l’uomo del momento”, un dispensatore di certezze per l’uomo smarrito e confuso. La conclusione di Romano è una lezione da imparare per il “suo” mondo, una sorta di chiamata alle armi: “E’ necessario che i laici, se vogliono difendere i loro valori, si preparino a farlo con altrettanto zelo e altrettanto rigore”. Con Romano su una cosa possiamo concordare: l’uomo moderno, occidentale, è confuso e smarrito. Ma lo è proprio perché i laici – ma sarebbe meglio dire laicisti – hanno difeso i loro (dis)valori così bene da averli imposti a tutta la società occidentale. Tanto per citare le cose elencate da Romano: fecondazione artificiale, eutanasia, unioni di fatto e legami omosessuali, catastrofismo ambientalista. Il problema dei laici non sta dunque nel non saper difendere i propri valori, ma è proprio nei valori che propugnano. Quando si sceglie il relativismo come valore fondamentale, l’esito è inevitabilmente il nichilismo, il dubbio, lo scetticismo. E quindi confusione, tensione, violenza, distruzione. Il Papa trova un crescente interesse tra la gente perché ha lanciato la grande sfida della ragione, nella consapevolezza che l’apertura della ragione porta a riconoscere la presenza del Mistero. La Chiesa non propone comode certezze per uomini impauriti, propone invece un viaggio affascinante in mare aperto per uomini coraggiosi, capaci di prendere sul serio la propria naturale, insopprimibile esigenza di pienezza e felicità. In questo sì che Benedetto XVI è l’uomo del momento: perché ha capito con chiarezza che il problema dell’uomo è nell’uso della ragione. E la sfida è stata lanciata sia all’Occidente nichilista sia a chi fa della religione un pretesto per annientare gli uomini, a cominciare dal fondamentalismo islamico. Romano sbaglia quindi quando fa una minestra di tutte le religioni, parlando di revival globale. Confonde ciò che i telegiornali ci mostrano con la realtà mondiale. Non esiste un revival religioso globale di questi ultimi tempi: se guardiamo all’Europa, la situazione delle Chiese protestanti (quelle tanto acclamate dai nostri laici), quanto a frequenza e intensità è sconfortante; i funerali religiosi di Eltsin sono più un segnale politico che religioso (il comunismo ha per decenni impedito l’espressione pubblica della religione); l’influenza dei monaci birmani non è affatto in crescita, c’è sempre stata (e non solo in Birmania), solo che adesso se ne sono accorti i nostri tg (ma noi possiamo ricordare la Polonia di Solidarnosc e le Filippine della Rivoluzione del Rosario); i musulmani che in Europa rispettano il Ramadan ci sono sempre stati ed è discutibile che siano in crescita (la frequenza religiosa degli islamici in Europa è stimata attorno al 5%), solo che adesso fanno notizia. Oltretutto mettere in relazione le proteste birmane con le paure tipiche della nostra società (precariato, ambientalismo) evidentemente non ha senso. E’ solo un modo per evitare la sfida che Benedetto XVI ha lanciato a ogni uomo, offrendo ai lettori – queste sì – comode certezze, come a dire: non preoccupatevi, è solo una moda, una debolezza di chi ha paura. La vera paura è invece quella di Romano e di chi, come lui, evita di confrontarsi con la realtà, coprendola con un velo di illusioni.
Fonte: Newsletter del Timone, 26 Ottobre 2007
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POTETE STAR CERTI CHE IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI DOMENICA PROSSIMA LA CHIESA FINIRÀ DI NUOVO SUL BANCO DEGLI ACCUSATI
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 21 ottobre 2007
Il 28 ottobre prossimo in Vaticano saranno beatificati 498 martiri della feroce persecuzione religiosa esplosa in Spagna dopo il 1931 e specialmente fra il 1934 e il 1936. Una cerimonia di massa di tali proporzioni non ha precedenti. Aveva cominciato Giovanni Paolo II beatificando nel 1987 tre suore carmelitane che erano state crudelmente massacrate per le strade di Madrid. Poi papa Wojtyla celebrò altre undici cerimonie di beatificazione per un totale di 465 martiri spagnoli. Domenica prossima saranno dichiarati beati 2 vescovi, 24 preti, 462 religiosi e religiose, 2 diaconi, 1 seminarista e 7 laici, tutti vittime di quella persecuzione. Sarà l’occasione per conoscere una delle più sanguinarie tempeste anticristiane scatenate nell’Europa del nostro tempo ad opera dei rivoluzionari repubblicani (una miscela di comunismo, socialismo, anarchia e laicismo). “Mai nella storia d’Europa e forse in quella del mondo” ha scritto Hugh Thomas “si era visto un odio così accanito per la religione e per i suoi uomini”. Chiese e conventi (con una quantità di opere d’arte) furono incendiati e distrutti. In pochi mesi furono ammazzati 13 vescovi, 4.184 sacerdoti e seminaristi, 2.365 religiosi, 283 suore e un numero incalcolabile di semplici cristiani la cui unica colpa era portare un crocifisso al collo o avere un rosario in tasca o essersi recati alla messa o aver nascosto un prete o essere madre di un sacerdote come capitò a una donna che per questo fu soffocata con un crocifisso ficcato nella gola.
Molti vescovi o sacerdoti sarebbero potuti fuggire, ma restarono al loro posto, pur sapendo cosa li aspettava, per non abbandonare la loro gente. Non colpisce solo l’accanimento con cui si infierì sulle vittime, inermi e inoffensive (per esempio c’è chi fu legato a un cadavere e lasciato così al sole fino alla sua decomposizione, da vivo, con il morto).
Ma colpisce ancora di più la volontà di ottenere dalle vittime il rinnegamento della fede o la profanazione di sacramenti o orribili sacrilegi. Qua c’è qualcosa su cui non si è riflettuto abbastanza. Faccio qualche esempio. I rivoluzionari decisero che il parroco di Torrijos, che si chiamava Liberio Gonzales Nonvela, data la sua ardente fede, dovesse morire come Gesù. Così fu denudato e frustato in modo bestiale. Poi si cominciò la crocifissione, la coronazione di spine, gli fu dato da bere aceto, alla fine lo finirono sparandogli mentre lui benediva i suoi aguzzini. Ma è significativo che costoro, in precedenza, gli dicessero: “bestemmia e ti perdoneremo”. Il sacerdote, sfinito dalle sevizie, rispose che era lui a perdonare loro e li benedisse. Ma va sottolineata quella volontà di ottenere da lui un tradimento della fede. Anche dagli altri sacerdoti pretendevano la profanazione di sacramenti. O da suore che violentarono. Quale senso poteva avere, dal punto di vista politico, per esempio, la riesumazione dei corpi di suore in decomposizione esposte in piazza per irriderle? Non c’è qualcosa di semplicemente satanico?
E il giovane Juan Duarte Martin, diacono ventiquattrenne, torturato con aghi su tutto il corpo e, attraverso di essi, con terribili scariche elettriche? Pretendevano di farlo bestemmiare e di fargli gridare “viva il comunismo!”, mentre lui gridò fino all’ultimo “viva Cristo Re!”. Lo cosparsero di benzina e gli dettero fuoco. Qua non siamo solo in presenza di un folle disegno politico di cancellazione della Chiesa. C’è qualcosa di più. A definire la natura e la vera identità di questo orrore ha provato Richard Wurmbrand, un rumeno di origine ebraica che in gioventù militò fra i comunisti, nel 1935 divenne cristiano e pastore evangelico, quindi subì 14 anni di persecuzione, molti dei quali nel Gulag del regime comunista di Ceausescu.
Anch’egli aveva notato – nei lager dell’Est – questo oscuro disegno nella persecuzione religiosa. In un suo libro scrive: “Si può capire che i comunisti arrestassero preti e pastori perché li consideravano contro rivoluzionari. Ma perché i preti venivano costretti dai marxisti nella prigione romena di Piteshti a dir messa sullo sterco e l’urina? Perché i cristiani venivano torturati col far prendere loro la Comunione usando queste materie come elementi?”. Non era solo “scherno osceno”. Al sacerdote Roman Braga “gli vennero schiantati i denti uno ad uno con una verga di ferro” per farlo bestemmiare. I suoi aguzzini gli dicevano: “se vi uccidiamo, voi cristiani andate in Paradiso. Ma noi non vogliamo farvi dare la corona del martirio. Dovete prima bestemmiare Iddio e poi andare all’inferno”. A un prigioniero cristiano del carcere di Piteshti, riferisce Wurmbrand, i comunisti ogni giorno ripetevano in modo blasfemo il rito del battesimo immergendogli la testa nel “bugliolo” dove tutti lasciavno gli escrementi e costringevano in quei minuti gli altri prigionieri a cantare il rito battesimale. Altri cristiani “venivano picchiati fino a farli impazzire per obbligarli a inginocchiarsi davanti a un’immagine blasfema di Cristo”.
Si chiede Wurmbrand, “cos’ha a che fare tuttociò con il socialismo e col benessere del proletariato? Non sono queste cose semplici pretesti per organizzare orge e blasfemie sataniche? Si suppone che i marxisti siano atei che non credono nel Paradiso e nell’Inferno. In queste estreme circostanze il marxismo si è tolto la maschera ateista rivelando il proprio vero volto, che è il satanismo”.
In effetti il libro di Wurmbrand s’intitola “Was Karl Marx a satanist?” ed è stato tradotto in italiano dall’ “editrice uomini nuovi” col titolo “L’altra faccia di Carlo Marx”. L’autore si spinge, indagando negli scritti giovanili di Marx e nelle sue vicende biografiche, fino a ritenere che trafficasse con sette sataniste. Peraltro nel brulicare di sette e società esoteriche di metà Ottocento sono tante le personalità che hanno avuto strane frequentazioni. E su Marx anche altri autori hanno fatto ipotesi del genere. Wurmbrand sostiene soprattutto che la filantropia socialista non era l’ispirazione vera di Marx, ma solo lo schermo, il pretesto per la sua vera motivazione che era la guerra contro Dio. Realizzata poi su larga scala con la Rivoluzione d’ottobre e quel che è seguito (nei regimi comunisti fatti, correnti, episodi e personaggi che portano in quella direzione sono chiari).
Sul satanismo non so pronunciarmi, ma gli effetti satanici dell’esperimento marxista (planetario) sono sotto gli occhi di tutti anche se rimossi clamorosamente dalla riflessione pubblica: la più colossale e feroce strage di esseri umani che la storia ricordi e la più vasta guerra al cristianesimo di questi duemila anni. Siccome capita di sentir formulare, in ambienti cattolici, giudizi indulgenti sugli “ideali dei comunisti”, che sarebbero poi stati traditi nella pratica o mal tradotti, è venuto il momento di definire una buona volta la natura satanica dell’ideologia in sé e di tutto quel che è accaduto. Visto che un grande filosofo come Augusto Del Noce da anni ha dimostrato quanto l’ateismo sia fondamentale nel marxismo e niente affatto marginale o facoltativo. La tragedia spagnola, su cui il popolo cristiano non sa quasi niente (e che fu perpetrata anche da altre forze rivoluzionarie e laiciste) dovrebbe far riflettere, se non altro per le proporzioni di quel martirio.
Fonte: Libero, 21 ottobre 2007
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OGM FANNO AUMENTARE I COSTI PER LE FAMIGLIE
Danni a catena per agricoltori, consumatori e scienziati
Autore: GILBERTO CORBELLINI E ROBERTO DEFEZ - Fonte: La Stampa, 17.10.2007
Infatti, costringe gli italiani ad acquistare prodotti da agricoltura biologica o lotta integrata, aumentando di quasi il 30% la spesa media alimentare. Una stangata da 600 euro l'anno a nucleo familiare. Inoltre, se si prende in esame il caso del mais, si può constatare che la scelta di non coltivare il mais BT (cioè trasformato con un gene prelevato da un bacillo per renderlo naturalmente resistente ai parassiti) ha comportato danni enormi agli agricoltori italiani. In otto anni le produzioni italiane medie per ettaro di mais non hanno subito alcun incremento, perché non vi è stata innovazione. L'Italia importa quantitativi sempre più consistenti (tra pochi anni fino a tre milioni di tonnellate di mais, pari a 540 milioni di euro) del mais che non riesce più a produrre. Gli agricoltori italiani oggi perdono il 12% della produzione potenziale, che convertita in resa di un campo coltivato con mais si aggira sui 430 euro per ettaro. Insomma, per la smania di protagonismo di qualche politico, l'Italia rinuncia ogni anno a oltre 600 milioni. Triste constatazione, mentre va in scena la commedia della Finanziaria! Il lettore penserà: però ci guadagnano la nostra salute e l'ambiente. No! Perché il mais tradizionale contiene una quantità di tossine vegetali di molto superiore, in alcuni casi fino a 100 volte quelle contenute nel mais Ogm. In particolare fumonisine, che causano tumori all'esofago nell'uomo e possono indurre malformazioni al sistema nervoso centrale del feto di donne in gravidanza. Le nuove norme europee per la presenza delle fumonisine (regolamento 1881/2006) prevedono che nei cibi destinati all'infanzia il contenuto di fumonisine debba essere di 200ppb, ossia 20 volte più basso della soglia consentita per il mais non lavorato. Il mais tradizionale, confrontato nell'unico esperimento italiano condotto in pieno campo, ha un contenuto di fumonisine pari a 6000. Ossia è vietato al commercio. Con la nuova normativa europea oltre il 50% di tutto il mais italiano risulterà fuorilegge. Quello Ogm, con 60ppb di fumonisine, è buono anche per i bambini. A peggiorare le cose, da un punto di vista ambientale, sul mais BT non si devono usare pesticidi, mentre sono indispensabili sul mais tradizionale. Il governo e il Parlamento hanno il dovere di mettere gli agricoltori italiani, che desiderano sperimentare gli Ogm sui terreni di loro proprietà (rispettando la Direttiva europea 556/2003), nelle condizioni di farlo. Nonché di erogare fondi competitivi per la ricerca pubblica in modo da studiare a fondo l'impatto degli Ogm in pieno campo sui suoli italiani, restituendo alla ricerca, anche nel nostro Paese, quel ruolo di alta consulenza che svolge in tutti gli Stati sviluppati.
Fonte: La Stampa, 17.10.2007
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I CRISTIANI SI VERGOGNANO DI GESU'. PAROLA DEL CARDINALE BIFFI
Fonte Newsletter del Timone, 27 Ottobre 2007
Dall’infanzia all’ultimo conclave, dalla diocesi di Ambrogio a San Petronio, le questioni teologiche e i silenzi del Concilio sul comunismo. La Chiesa e la società italiana del ‘900 sono descritte in modo impareggiabile – come al solito – nell’autobiografia del cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, nonché apprezzatissimo collaboratore e amico de “Il Timone”. “Memorie e digressioni di un italiano cardinale” (Cantagalli, pp. 640, euro 23,90) – questo il titolo del volume – sarà in libreria da martedì 30 ottobre, vigilia del suo 80esimo compleanno. E’ un’opera che, per la sua semplicità e profondità di giudizio, raccomandiamo a tutti Di seguito offriamo una breve anticipazione che dà subito l’idea della ricchezza che potremo trovare in questo volume. Peraltro in questi giorni, a 50 anni dalla discussione, è stata ristampata pure la tesi di Biffi “Colpa e libertà nell’odierna condizione umana” (Edizioni Studio Domenicano, pp. 317, euro 20) che rappresenta il primo banco di prova del giovane teologo ambrosiano e che, secondo il curatore Inos Biffi, incarna l’incipit della maturità teologica e letteraria del futuro cardinale. Ecco l’anticipazione dall’autobiografia del cardinale Biffi: "Prima del conclave. I giorni più faticosi per i cardinali sono quelli che precedono immediatamente il conclave. Il Sacro Collegio si raduna quotidianamente dalle ore 9,30 alle ore 13, in un’assemblea dove ciascuno dei presenti è libero di dire tutto ciò che crede. S’intuisce però che non si possa trattare pubblicamente l’argomento che più sta a cuore agli elettori del futuro vescovo di Roma: chi dobbiamo scegliere? E così va a finire che ogni cardinale è tentato di citare più che altro i suoi problemi e i suoi guai: o meglio, i problemi e i guai della sua cristianità, della sua nazione, del suo continente, del mondo intero. È senza dubbio molto utile questa generale, spontanea, incondizionata rassegna delle informazioni e dei giudizi. Ma senza dubbio il quadro che ne risulta non è fatto per incoraggiare. Il mio intervento. Quale fosse nell’occasione il mio stato d’animo e quale la mia riflessione prevalente emerge dal l’intervento che dopo molte perplessità mi sono deciso a pronunciare il venerdì 15 aprile. Eccone il testo: 1. «Dopo aver ascoltato tutti gli interventi – giusti, opportuni, appassionati – che qui sono risonati, vorrei esprimere al futuro Papa (che mi sta ascoltando) tutta la mia solidarietà, la mia simpatia, la mia comprensione, e anche un po’ della mia fraterna compassione. Ma vorrei suggerirgli anche che non si preoccupi troppo di tutto quello che qui ha sentito e non si spaventi troppo. Il Signore Gesù non gli chiederà di risolvere tutti i problemi del mondo. Gli chiederà di volergli bene con un amore straordinario: «Mi ami tu più di costoro?» (cfr. Gv 21,15). In una 'striscia' e 'fumetto' che ci veniva dall’Argentina, quella di Mafalda, ho trovato diversi anni fa una frase che in questi giorni mi è venuta spesso alla mente: 'Ho capito – diceva quella terribile e acuta ragazzina –; il mondo è pieno di problemologi, ma scarseggiano i soluzionologi'». 2. «Vorrei dire al futuro Papa che faccia attenzione a tutti i problemi. Ma prima e più ancora si renda conto dello stato di confusione, di disorientamento, di smarrimento che affligge in questi anni il popolo di Dio, e soprattutto affligge i 'piccoli'». 3. «Qualche giorno fa ho ascoltato alla televisione una suora anziana e devota che così rispondeva all’intervistatore: 'Questo Papa, che è morto, è stato grande soprattutto perché ci ha insegnato che tutte le religioni sono uguali'. Non so se Giovanni Paolo II avrebbe molto gradito un elogio come questo». 4. «Infine vorrei segnalare al nuovo Papa la vicenda incredibile della Dominus Iesus: un documento esplicitamente condiviso e pubblicamente approvato da Giovanni Paolo II; un documento per il quale mi piace esprimere al cardinal Ratzinger la mia vibrante gratitudine. Che Gesù sia l’unico necessario Salvatore di tutti è una verità che in venti secoli – a partire dal discorso di Pietro dopo Pentecoste – non si era mai sentito la necessità di richiamare. Questa verità è, per così dire, il grado minimo della fede; è la certezza primordiale, è tra i credenti il dato semplice e più essenziale. In duemila anni non è stata mai posta in dubbio, neppure durante la crisi ariana e neppure in occasione del deragliamento della Riforma. L’averla dovuta ricordare ai nostri giorni ci dà la misura della gravità della situazione odierna. Eppure questo documento, che richiama la certezza primordiale, più semplice, più essenziale, è stato contestato. È stato contestato a tutti i livelli: a tutti i livelli dell’azione pastorale, dell’insegnamento teologico, della gerarchia». 5. «Mi è stato raccontato di un buon cattolico che ha proposto al suo parroco di fare una presentazione della Dominus Iesus alla comunità parrocchiale. Il parroco (un sacerdote peraltro eccellente e benintenzionato) gli ha risposto: 'Lascia perdere. Quello è un documento che divide'. 'Un documento che divide'. Bella scoperta! Gesù stesso ha detto: 'Io sono venuto a portare la divisione' (Lc 12,51: diamerismòn). Ma troppe parole di Gesù oggi risultano censurate dalla cristianità; almeno dalla cristianità nella sua pars loquacior».
Fonte: Newsletter del Timone, 27 Ottobre 2007
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INTERVISTA ALLO STORICO COURTOIS: AUTORE DEL LIBRO NERO DEL COMUNISMO.
La rivoluzione bolscevica come «madre» dei totalitarismi. Ottobre 1917, l’alba del terrore rosso
Autore: Antonio Giuliano - Fonte: Avvenire, 23 ottobre 2007
Il fantasma agitato da Marx prese corpo in Russia novant’anni fa. Con la Rivoluzione d’ottobre (secondo il calendario tradizionale russo, novembre per il calendario corrente) il comunismo si materializzò ad opera dei bolscevichi di Lenin. Per settant’anni e passa il popolo russo sarebbe stato prigioniero di un incubo. E presto la rivoluzione avrebbe contagiato altri Paesi. Stéphane Courtois, docente a Parigi Nanterre e specialista della storia del comunismo, rilegge un evento destinato a cambiare i destini del mondo. Professore, il colpo di Stato di Lenin era inevitabile? «Nient’affatto. Da vero genio rivoluzionario, egli riuscì a sfruttare una situazione incontrollabile. Con incredibile demagogia promise tutto a tutti: la pace, la terra, le fabbriche agli operai... Una volta al potere, nel marzo 1918, firmò una pace con la Germania che faceva perdere alla Russia il cuore della sua potenza. Preparò militarmente la presa del potere. Però nel luglio 1917 Lenin poteva essere fermato dal governo provvisorio. Ma gli altri rivoluzionari, Kerenskij e i menscevichi, non credevano in un colpo di Stato e pensavano che l’Assemblea costituente avrebbe risolto i problemi. Lenin li colse di sorpresa. E il 18 gennaio 1918 disperse, manu militari, la prima e ultima assemblea eletta democraticamente in Russia fino al 1991». Si può considerare la Rivoluzione russa la matrice dei crimini commessi nel nome del comunismo? «È incontestabile, soprattutto da quando si dispone degli archivi segreti di Lenin. Nel quadro di una guerra civile voluta e organizzata da Lenin, i bolscevichi hanno istituzionalizzato i crimini di massa contro i civili e i relativi strumenti: la Ceka, modello di tutte le polizie politiche comuniste, e l’Armata rossa. Il modello di terrore messo in piedi in Russia tra il 1917 e il 1922 è stato poi applicato da tutti i partiti comunisti al potere, ma anche da numerosi gruppi comunisti armati, guerriglieri, eccetera ». Qualcuno sostiene che sia necessario distinguere il comunismo di Lenin da quello di Stalin… «I nuovi archivi provano che c’è stata totale continuità tra Lenin e Stalin. È stato Lenin a nominare Stalin segretario generale del Partito bolscevico nel 1922 e l’ha anche citato nel suo testamento. Quando Lenin si è gravemente ammalato, alla fine del 1922, Stalin era il solo membro del Comitato centrale autorizzato a vederlo. A partire dal 1928, Stalin ha rilanciato la rivoluzione: piano quinquennale, collettivizzazione forzata dell’a- gricoltura, estensione dei Gulag, come aveva fatto Lenin tra 1917 e 1922. L’idea di una rottura tra Lenin e Stalin è un’invenzione di Trotzkij nella sua battaglia contro Stalin, e poi è stata ripresa da Kruscev per sdoganare il regime dai crimini del periodo staliniano e tentare così di ridargli una legittimità rivoluzionaria attraverso la figura di Lenin». Esattamente 10 anni fa usciva il suo «Libro nero del comunismo», che ha avuto successo planetario. È vero che lei in passato ha militato tra gli anarco-maoisti? «Il Libro nero del comunismo, che ha avuto 33 traduzioni ed è stato pubblicato in più di un milione di copie nel mondo, ha avuto successo perché dice ad alta voce ciò che molti pensavano. Sì, sono stato membro attivo di un gruppo anarco-maoista chiamato 'Viva la rivoluzione', tra il 1969 e il 1971, data in cui abbiamo deciso di scioglierci». Alcuni co-autori del «Libro nero» hanno contestato il numero delle vittime del comunismo e il paragone col nazismo. «Solo due autori su 11 hanno protestato contro una parte della mia introduzione. E dieci anni dopo si sono ritrovati sulle mie posizioni, come dimostrano i loro articoli nel numero di ottobre della rivista L’Histoire. Con l’apertura degli archivi, la cifra che avevo indicato di circa 100 milioni di morti si conferma, in particolare per la Cina con 70 milioni e l’Urss con 20 milioni. Quanto alla comparazione tra nazismo e comunismo, essa tiene conto delle strutture di potere che si rivelano identiche nel totalitarismo tipico del XX secolo». I critici del «Libro nero» considerano vago il termine «comunismo» per riferirsi a una grande varietà di sistemi: stalinismo, maoi- smo, khmer rossi… «Il fatto che ci siano state diverse applicazioni del comunismo leninista non cambia affatto la forte identità comune: l’ideologia e la dottrina marxista, il modello di organizzazione bolscevico definito da Lenin sin dal 1902 nella sua opera Che fare? e il sostegno incondizionato all’Urss o alla Cina della maggior parte dei partiti comunisti e dei gruppi maoisti». Comune a tutti i sistemi comunisti è la repressione dei credenti. «I regimi comunisti, atei e materialisti, hanno sempre combattuto le religioni. Ha cominciato Lenin in persona nel 1922, quando ha preteso la liquidazione della Chiesa ortodossa in Russia. In pochi mesi migliaia di preti, vescovi, monaci, religiosi sono stati assassinati. Il lavoro è stato completato da Stalin a partire dal 1929-1930. Le stesse persecuzioni ci sono state in Cina, Vietnam, Cambogia e anche nelle democrazie popolari». Lei ha appena pubblicato per Larousse un «Dizionario del comunismo». Di che si tratta? «È un dizionario storico realizzato da una ventina di ricercatori. Un’opera soprattutto per le giovani generazioni. C’è ancora un gigantesco lavoro d’informazione da fare sul comunismo. E le ricerche negli archivi non sono che agli inizi, tanto più che molti sono chiusi: quelli del Kgb, dell’Armata rossa, eccetera. Per questo sto organizzando una conferenza a Parigi, il 17 novembre, sul terrore comunista in Romania». Perché il comunismo ha fallito? «Perché poggiava su una dottrina disumana che pensava di cambiare radicalmente non solo la società, ma la natura dell’uomo». «Gli archivi segreti di Lenin lo confermano: sono nati in quegli anni i modelli per i successivi crimini di massa dello stalinismo»
Fonte: Avvenire, 23 ottobre 2007
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