VOGLIONO CONVINCERCI CHE LA DONNA SINGLE SIA PIU' FELICE DI QUELLA SPOSATA... MA NON E' VERO
L'infelicità causata dal progresso è ormai talmente insopportabile da richiedere studi rassicuranti che però non sanno rispondere ad una banale domanda: perché le singles si danno da fare per trovare l'anima gemella?
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2
VIA LIBERA ALLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI BISAGNO, COMANDANTE PARTIGIANO (E CATTOLICO)
Nella sua divisione niente bestemmie, sempre pronto a dare l'esempio, pronto a fare qualunque sacrificio pur di partecipare alla Messa
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3
TRE NUOVE MARTIRI SPAGNOLE CHE FURONO VIOLENTATE E UCCISE DALLE TRUPPE COMUNISTE
Rimasero a curare i feriti all'ospedale e, all'arrivo dei Rossi si rifiutarono di aderire al partito comunista morendo gridando ''Viva Cristo Re!'' (VIDEO: i martiri della guerra di Spagna)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4
IL CRISTIANO E' PACIFICO, MA NON PACIFISTA
Le armi possono essere usate per la difesa ed inoltre per uccidere non sono necessarie bombe e fucili... ad es. il genocidio in Rwanda negli anni Novanta si svolse a colpi di machete e coltello e fece un milione di morti
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5
PER CONOSCERE DAVVERO L'AUTORE DEL SIGNORE DEGLI ANELLI VA LETTA LA SUA BIOGRAFIA
Tolkien amava la tradizione inglese e la vita metodica, non amava viaggiare, sposò la donna di cui si innamorò a 16 anni, si alzava presto al mattino e con i tre figli maschi andava in bicicletta alla messa
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6
IN EUROPA LE MAGGIORI VIOLENZE SULLE DONNE SONO DOVE CI SONO PIU' MUSULMANI
Danimarca, Finlandia e Svezia sono in testa alla classifica delle violenze ed anche a quella dell'immigrazione
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7
IL QUADRATO MAGICO, SIMBOLO DEI PRIMI CRISTIANI
La straordinaria soluzione dell'enigma contenuto nelle parole: rotas, opera, tenet, arepo, sator
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8
IL TITANIC E LA FEDE CIECA NEL PROGRESSO TECNOLOGICO
Nel nome ricordava i Titani che avevano sfidato gli dei e infatti recava la scritta ''Nemmeno Dio può affondarmi''... ma calò a picco miseramente nel suo primo viaggio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Studi Cattolici
9
OMELIA XVI DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 10,38-42)
Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
1 -
VOGLIONO CONVINCERCI CHE LA DONNA SINGLE SIA PIU' FELICE DI QUELLA SPOSATA... MA NON E' VERO
L'infelicità causata dal progresso è ormai talmente insopportabile da richiedere studi rassicuranti che però non sanno rispondere ad una banale domanda: perché le singles si danno da fare per trovare l'anima gemella?
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/05/2019
Mi ha incuriosito un articolo della vaticanista del «Messaggero» del 26 maggio. Riporta la tesi, di sconvolgente novità, del «noto» (?) accademico inglese Paul Dolan, docente di scienze comportamentali alla «prestigiosa» (tutto quello che è british è sempre prestigioso) London School of Economics, nel cui stemma, chissà perché, c'è un castoro. Fondata nel 1895 da membri della Fabian Society (all'erudito il piacere di indagare su questa esclusiva associazione), tra cui George Bernard Shaw (l'avversario numero uno di Gilbert K. Chesterton, tanto per intenderci), ogni tanto produce qualcosa che va, tanto per cambiare, nella direzione del «progresso». Ora tocca alla tesi di Dolan, tesa a sfatare il mito, bigotto e reazionario, della donna che si realizza nel matrimonio. Le ricerche condotte dal professore dimostrano che le singles sono più spensierate delle sposate. Infatti, quando si fanno indagini sociologiche di questo tipo, attenzione al trucco: «Le donne sposate dicono poi di essere più felici di altre donne ma solo se il proprio marito è presente in una stanza, perché appena il marito se ne va, e a queste donne viene fatta la stessa domanda, affermano il contrario, spesso accusando il marito di essere carente in tante cose». E c'era bisogno di scomodare équipes di intervistatori per scoprire l'acqua calda? I cattolici lo sanno da sempre che il matrimonio è un sacramento, e che i sacramenti sono vie per la Grazia. Solo nelle fiabe i due colombi che, dopo peripezie, convolano a giuste nozze «vissero felici e contenti». Se Gesù Cristo ha creato un canale speciale e apposito per il matrimonio, è perché è una situazione in cui la Grazia ci vuole, eccome. Per i cattolici è insomma una via di santificazione. La quale, perciò, non è tutta rose e fiori. Ma senza è peggio, come si può verificare dalle statistiche. La donna single è più felice di quella sposata? Ma allora perché le singles spasimano per trovare l'anima gemella? L'immagine storica della «zitella» inacidita è solo frutto della propaganda clericale e/o maschilista nei secoli? Non c'è bisogno dei sociologi per verificare quanto segue: a) le donne vanno al cinema per vedere il loro attore preferito; gli uomini, per vedere un film; b) le donne che si riuniscono al ristorante o anche per l'8 marzo finiscono col parlare di uomini (o di figli se li hanno); gli uomini parlano di calcio. Ma al professore britannico risulta altro: «Da quello che a noi risulta è che i sottogruppi di popolazione più sani e felici sono quelli che non si sono mai sposati o avuto figli». Ah, sì? Allora perché questa corsa disperata al figlio a tutti costi, perfino per le coppie gay? Donde tutta questa gente che fa letteralmente i salti mortali per farsi fecondare artificialmente, e affronta viaggi, spese e pure debiti per coronare il suo sogno? Com'è che, se il matrimonio è fonte sicura di infelicità, tutti vogliono prima o poi sposarsi, perfino gli omosessuali, perfino i preti? Teniamo presente che anche il divorzio è conseguenza di un istinto insopprimibile, quello di trovare la felicità nel matrimonio. Avete mai visto qualche divorziato o divorziata che ha gettato la spugna? C'è forse qualcuno a cui l'esperienza negativa sia bastata per smettere per sempre di cercare compagnia? Potremmo continuare, ma si tratta solo di considerazioni di buonsenso. Mica da sociologi. A meno che la somma di infelicità umana causata dal «progresso» sia ormai talmente insopportabile da richiedere «studi» rassicuranti. Come in 1984 di Orwell, tanto per cambiare: nella penuria generale cagionata dal regime, i sudditi mangiavano tavolette sintetiche, che la propaganda asfissiante convinceva a trovare gustose.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/05/2019
2 -
VIA LIBERA ALLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI BISAGNO, COMANDANTE PARTIGIANO (E CATTOLICO)
Nella sua divisione niente bestemmie, sempre pronto a dare l'esempio, pronto a fare qualunque sacrificio pur di partecipare alla Messa
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/06/2019
Il 13 giugno l'arcidiocesi di Genova ha dato l'annuncio dell'apertura del processo di beatificazione del concittadino Aldo Gastaldi (1921-1945), passato alla storia nazionale come il «primo partigiano d'Italia». Col nome di battaglia di «Bisagno» (tutti gli uomini al suo comando avevano scelto di chiamarsi come i fiumi della Liguria) aveva combattuto i tedeschi fin dall'inizio, cioè il giorno dopo l'8 settembre. L'iniziativa è stata salutata con favore dall'Anpi ligure per bocca del suo coordinatore: «Mi pare un segnale molto importante da parte della Curia soprattutto in un momento storico in cui c'è qualcuno che mette in discussione i valori fondamentali della nostra democrazia». Ma davvero Bagnasco ha voluto fare un gesto polemico nei confronti dei leghisti al momento trionfanti? Figurarsi, si scherza coi fanti ma si lasciano stare i santi. E Bisagno forse era proprio santo, per questo il cardinale vuole che si vada a scrutarne la vita. Basta dire che il nostro candidato agli altari, quando decise di andare in montagna, la prima cosa che fece fu associarsi un prete, don Attilio Fontana, il quale diventò cappellano della prima formazione armata della Resistenza, la Divisione Cichero comandata da Bisagno. Il quale finì col diventare un mito per la sua imbattibilità su tutto l'Appennino ligure-emiliano. Un esperto di questa storia è Luciano Garibaldi, giornalista e storico, che ha scritto il libro I Giusti del 25 aprile. Chi uccise i partigiani eroi (Ares). Ci informa che Bisagno proibiva ogni molestia alle donne, imponeva il pagamento di ogni rifornimento alimentare richiesto (si badi: non requisito) ai contadini, vietava il turpiloquio e soprattutto le bestemmie: «La bestemmia è, per chi crede, una abiezione e, per chi non crede, una stupida inutilità. In ogni caso è simbolo di pervertimento», lasciò scritto nelle sue direttive. Per se stesso: «Il capo mangia sempre per ultimo, sceglie per ultimo la sua parte, beve per ultimo alla fonte o alla bottiglia, fa di notte il turno più pesante». Bisagno era religiosissimo e solo ventenne così scriveva alla madre: «Credo e penso che tutti coloro che vedono ogni bellezza della vita nel solo piacere materiale siano dei deboli». Vedeva, sì, la gioventù di quelli che si tenevano «lontani da Dio», ma non lui, tutt'altro. Per esempio, il giorno di Natale del 1944 ruppe il ghiaccio di una fontana gelata e si lavò, incurante del freddo, fino alla vita perché voleva andare a messa. Ma era un fustaccio, alto, bello e atletico, nonché un fegataccio da imprese eroiche. Arruolato nel Genio come soldato semplice, salì tutti i gradi per merito fino a sottotenente. Anziché cedere ai tedeschi gli armamenti di cui era responsabile, convinse i suoi uomini a portarli in montagna. Alla sua Divisione affluirono ben presto i soldati inglesi e australiani fuggiti dalla prigionia, nonché molti di quei soldati italiani che intendevano continuare a combattere in nome del Re. I problemi per Bisagno vennero dal Cln. Non sopportava quei gruppi che operavano per politicizzare la Resistenza, specialmente i comunisti. Il recentemente scomparso Zeffirelli, che fu partigiano bianco, raccontò di aver visto un prete ucciso e poi gettato in una latrina solo perché aveva benedetto le salme di alcuni fascisti. Bisagno vide per molte mattine le vie di Genova sparse qua e là di cadaveri di fascisti o stimati tali finiti col classico colpo alla nuca ed ebbe per questo una tempestosa discussione col Comitato nella sede genovese all'Hotel Bristol. Ora, alla sua Divisione si erano uniti parecchi repubblichini di leva, cioè giovani praticamente costretti. A guerra finita, tornati alle loro case, però, dato il clima chi avrebbe creduto alla loro partecipazione alla lotta partigiana? Bisagno decise di accompagnarli personalmente per testimoniare a loro favore. Al ritorno da uno di questi viaggi cadde dal tettuccio del camion su cui stava seduto e finì sotto le ruote. Era il 21 maggio 1945, così morì il «primo partigiano d'Italia», a ventitré anni. Luciano Garibaldi nel suo libro avanza dei dubbi su questa morte: perché non fu portato subito al più vicino ospedale ma in uno ben più distante? Perché non fu fatta l'autopsia? Così ha scritto (su «Il Timone»): «Sessant'anno dopo, il suo cugino e compagno di battaglie Dino Lunetti, in una intervista concessa a Riccardo Caniato e pubblicata nel libro I Giusti del 25 Aprile, ha demolito tale versione fornendone una molto più verosimile: avvelenato fino a fargli perdere i sensi e farlo precipitare». E se le indagini per la beatificazione si imbattessero in qualcosa di imbarazzante, ci sarebbe il coraggio di parlare di martirio in odium fidei? Si consideri che il cardinale croato e beato Stepinac, la cui morte in terra comunista rimane del pari avvolta nei dubbi, costituisce ancora un grattacapo per la Santa Sede.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/06/2019
3 -
TRE NUOVE MARTIRI SPAGNOLE CHE FURONO VIOLENTATE E UCCISE DALLE TRUPPE COMUNISTE
Rimasero a curare i feriti all'ospedale e, all'arrivo dei Rossi si rifiutarono di aderire al partito comunista morendo gridando ''Viva Cristo Re!'' (VIDEO: i martiri della guerra di Spagna)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17/06/2019
L'11 giugno scorso il papa ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare i decreti riguardanti le virtù eroiche (cristiane, s'intende) di alcuni Servi di Dio, che perciò passano di grado e diventano Venerabili. Si tratta dei preti Enzo Boschetti (+ 1993) e Augustin Tolton, ex schiavo, primo prete nero americano (+1897), poi Felice Tantardini, missionario del Pime (+1991), Giovanni Nadiani, fratello laico della congregazione del SS. Sacramento (+1940), María Beatriz Rosario Arroyo, fondatrice filippina (+1957), Maria Paola Muzzeddu fondatrice (+1971), Maria Santina Collani, suora (+1957). Infine, tre martiri, che dunque passano direttamente al grado di Beate. La cosa interessante è che si tratta di tre laiche, tre crocerossine per la precisione. E si tratta delle prime infermiere della Croce Rossa che salgono agli onori degli altari. La loro storia è particolarmente toccante (e agghiacciante), e si inserisce in quella spaventosa quanto inutile mattanza a danno dei cattolici, clero e laici, che si verificò durante la guerra civile spagnola del 1936-1939. Parliamo di Octavia Iglesias Blanco, 41 anni, María del Pilar Colón Gullón Yturriaga, 25 anni, e Olga Pérez-Monteserín Núñez, 23 anni. A guerra scoppiata, le tre andarono a prestare servizio nelle Asturie, per l'esattezza nell'ospedale di Puerto de Somiedo, dove erano ricoverati i feriti di parte nazionalista. Arrivarono il 18 ottobre 1936, a quattro mesi dall'inizio della guerra, per un turno di servizio di una settimana. Alla scadenza del termine chiesero di poter restare nell'ospedale perché i feriti avevano ancora bisogno delle loro cure. Si arrivò così al 27, e ormai i rojos erano vicini. Furono sollecitate a scappare, ma ancora il senso del dovere prevalse. Un senso del dovere che era anche un senso cristiano, viste, poi, le loro ultime parole prima di morire. E arrivarono, i rojos, e non ebbero scrupoli né pietà di nessuno. Le tre donne avevano pensato che quelli non avrebbero torto un capello a loro e ai feriti; tanto, che problemi potevano dar loro? Ma non conoscevano il loro prossimo di fede comunista. I miliziani uccisero per primo il cappellano dell'ospedale, anche lui rimasto al suo posto. Poi sterminarono tutti i feriti, e perfino il medico. Le tre crocerossine, invece, le portarono via per il loro spasso. Le tre vennero violentate per tutta la notte e da tutti gli eroici combattenti della revolución, i quali alternarono violenze sessuali a sevizie, fino a che non ne ebbero abbastanza. Poi, al mattino, le caricarono peste e sanguinanti su di un carro, le spogliarono nude e le portarono in giro per il vicino paese di Pola de Somiedo, affinché tutti potessero assistere al trionfo della giustizia proletaria. Il bello è che tra i miliziani c'erano alcune donne, tre anche loro, ed a queste fu affidato il compito di provvedere alla soluzione finale. Le tre crocerossine, messe al muro per essere fucilate dalle compañeras, supplicarono per avere un prete, ma in zona non ce n'erano più: li avevano fatti fuori tutti. E poi, figurarsi se quelli si scomodavano per accontentare la superstizione. Così, prima che partisse la scarica, alle tre disgraziate non rimase che gridare «Viva Cristo Rey!». Le fucilate vennero accompagnate dal coro antagonista: «Viva la Rusia! Viva el comunismo!». Poi, tra grasse risate di soddisfazione, se ne andarono, lasciando le tre sventurate per terra, sempre nude. Solo dopo qualche giorno mani pietose poterono dar loro cristiana sepoltura. Ma il loro ricordo rimase vivissimo da quelle parti. Infatti, oggi i corpi riposano nella cattedrale di Astorga. Da questa città provenivano e qui, se vi fossero tornate come da raccomandazione, sarebbero state al sicuro. Ma non se l'erano sentita di abbandonare i loro assistiti. Va detto che i rojos avevano pur offerto loro la libertà, a patto di smetterla col loro cattolicesimo nemico del Sol dell'Avvenire, e di entrare nel Partito (comunista, ça va sans dire). Rifiutarono e perciò, dopo una notte di rieducazione, furono passate per le armi. Nude. A mezzogiorno del 28 ottobre 1936. Perché tutti vedessero e traessero insegnamento.
Nota di BastaBugie: sui martiri e più in generale sulla Guerra di Spagna consigliamo l'approfondimento dei seguenti film
VIDEO: I MARTIRI SPAGNOLI, VITTIME INNOCENTI DELLA FURIA ANTICATTOLICA Cosa è successo davvero dal 1936 al 1939? Lo spiega magistralmente il prof. Giovanni Formicola nella seguente conferenza.
https://www.youtube.com/watch?v=_ggkYLq74T8
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17/06/2019
4 -
IL CRISTIANO E' PACIFICO, MA NON PACIFISTA
Le armi possono essere usate per la difesa ed inoltre per uccidere non sono necessarie bombe e fucili... ad es. il genocidio in Rwanda negli anni Novanta si svolse a colpi di machete e coltello e fece un milione di morti
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/06/2019
Uno dei pallini di questo pontificato, com'è noto, è quello delle armi. Nel senso di, riassumendo e strizzando, «ci sono le guerre perché ci sono i venditori di armi». Naturalmente, tali venditori, cattivi per definizione, sono tutti occidentali, perché, per esempio, Cina, Israele, India, Pakistan (potenze nucleari) non sono particolarmente inclini, per religione o ideologia, a dar retta al Papa. Voi direte, al solito: è colpa di Francesco e della sua teologia della liberazione. Dimenticando che anche il papa precedente non si sottrasse alla simbolica pacifista: in almeno un episodio, in una chiesa romana i bambini furono invitati a deporre ai suoi piedi fucilini, pistoline, carrarmatini e quant'altro, ricevendone in cambio giochi «di pace». Viene in mente, per i più anziani, quel famoso Diario minimo con cui Umberto Eco fece scalpore tra i «compagni» impegnati in quegli anni col Tribunale Russell e il disarmo unilaterale il cui slogan era «meglio rossi che morti». Eco se ne uscì con la «Lettera a mio figlio», contenuta in quel libro, che così spiazzava: «E allora, Stefano... Allora ti regalerò fucili. A due canne. A ripetizione. Mitra. Cannoni. Bazooka. Sciabole. Eserciti di soldatini in assetto di guerra». Naturalmente, il «contrordine compagni» era a senso unico. Ecco qualche scampolo: «...ti insegnerò, certo, che Fantomas era cattivo, ma non verrò a raccontarti, complice della corruttrice baronessa Orczy, che la Primula Rossa era un eroe. Era uno sporco vandeano che dava noie al buon Danton e al purissimo Robespierre, e se giocheremo tu prenderai parte alla presa della Bastiglia», o «Fra Diavolo, grassatore se mai ve ne furono al soldo degli agrari e dei Borboni». Eco ricordava, anche, all'anonimo interlocutore: «E lei, lei che è antifascista si può dire dalla nascita, ha mai giocato con suo figlio ai partigiani? Si è mai acquattato dietro il letto fingendo di essere nelle Langhe e gridando attenzione, da destra arriva la Brigata Nera, rastrellamento, rastrellamento, si spara, fuoco sui nazi?!». Il fatto è che, a furia di pacifismo, qualcuno poteva scordarsi che si trattava di pura ideologia, e strumentale. Naturalmente, quando i rivoluzionari dismettono un vecchio arnese ideologico, ecco che i preti (sempre in ritardo di almeno un paio di rivoluzioni, come ha detto qualcuno) se ne impadroniscono e ne fanno un feticcio. Il direttore Cascioli ha più volte ricordato che non c'è bisogno dei «venditori di armi» per fare stragi. O addirittura genocidi: quello del Rwanda, quasi un milione di morti negli anni Novanta, si svolse a colpi di machete e coltello. Dunque, non c'è bisogno degli F35 per creare ecatombi. C'entrarono i «venditori di armi» negli altri due grandi genocidi del Novecento, quello armeno e quello ebraico? No, solo l'ideologia. Sono le idee che uccidono, anche quelle tribali. Umberto Eco, cui non faceva difetto certo l'acume, avvertiva che l'eccesso di predicazione pacifista snerva, devirilizza, rende inermi "dentro", così che l'avversario ha già vinto senza dover combattere. Il suo ragionamento era orientato, sì, ma è un insegnamento che vale sempre e per tutti. E, si noti, si rivolgeva a suo figlio, un bambino. Non a caso, quando sorse l'astro del gender, tacque. Non cambiò idea, si limitò a star zitto, avendo già dato. Venendo ai cattolici, essi sono pacifici, e non pacifisti. «Si vis pacem para bellum», dicevano gli antichi romani. E la Chiesa cattolica è non a caso Romana. Anche se ha dimenticato la sua «lingua sacra» (caso unico tra le grandi religioni monoteiste), quel latino che ormai si è costretti a tradurre: «Se vuoi la pace preparati alla guerra».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/06/2019
5 -
PER CONOSCERE DAVVERO L'AUTORE DEL SIGNORE DEGLI ANELLI VA LETTA LA SUA BIOGRAFIA
Tolkien amava la tradizione inglese e la vita metodica, non amava viaggiare, sposò la donna di cui si innamorò a 16 anni, si alzava presto al mattino e con i tre figli maschi andava in bicicletta alla messa
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 05/09/2018
Dormiva non più di cinque ore per notte. Dopo quattro figli, lui e la moglie decisero per le camere separate, perché lui russava. Si alzava prestissimo al mattino, svegliava i tre maschietti e, con loro, in bicicletta faceva qualche chilometro per andare a messa nella chiesa cattolica più vicina. Al ritorno faceva colazione (a quel tempo per fare la comunione occorreva essere digiuni dalla sera precedente) e si sbarbava. Da buon inglese conservatore era metodico nelle sue abitudini. Odiava i dandy (che sospettava di omosessualità) alla Oscar Wilde e perciò si vestiva in modo usuale a comodo, flanella e tweed. Tanto, a lezione indossava la toga e si metteva il tight solo se c'era qualche cena accademica a cui dover presenziare. Unici svaghi, la pipa e la conversazione con gli amici davanti a una pinta. Si innamorò di sua moglie quando aveva sedici anni, e fu un amore contrastato. Edith si chiamava, e fu l'unica donna della sua vita. Quando doveva portare i bambini in vacanza al mare, era nei luoghi più scontati e banali della media borghesia inglese. Odiava tutto ciò che era francese, a cominciare dalla cucina. Conoscendo i sapori e la varietà di quest'ultima rispetto a quella inglese ci sarebbe da restare allibiti, ma questo aiuta a capire l'uomo e il suo amore sconfinato per tutto quanto era inglese. Per lo stesso motivo viaggiò pochissimo e solo per necessità. Nel Signore degli Anelli ciò che scoraggia la lettura nel neofita sono le prime quasi trecento pagine, tutte dedicate alla descrizione del mondo degli Hobbit. Ebbene, qualcuno ha arguito che Tolkien non dovette fare altro che osservare se stesso, la sua passione per la tradizione, per le abitudini consolidate, per la vita pacifica e senza scossoni. Infatti, Bilbo, the hobbit, piange perché «le avventure non finiscono mai». Per tutto ciò Tolkien «fu, per dirla con un'espressione moderna, un uomo di destra». Così scrive Humphrey Carpenter nel suo corposo J.R.R.Tolkien. La biografia (Lindau, pp. 438, €. 28). Un uomo di destra «per il fatto che onorava il suo re e la sua patria e non credeva nella capacità di governo del popolo». Per lui la democrazia richiedeva «princìpi spirituali» che si corrompevano nel «tentativo di renderli meccanici e formali». Così scriveva lui stesso. E concludeva, profeticamente: «Fino al giorno in cui qualche Orco non entrerà in possesso dell'Anello del Potere: e allora quello che otterremo, e stiamo ottenendo, sarà la schiavitù». Sempre per gli stessi motivi, «un'altra fonte di infelicità fu, in età avanzata, l'abolizione della messa in latino». Proprio lui, il linguista, lui che aveva creato un'intera mitologia per supportare con una saga le lingue che aveva inventato, il quenya e il sindarin di radici finniche e celtiche: se c'era uno che conosceva in profondità il significato di una lingua antichissima e universale era lui, lui che nella sua opera immortale aveva spiegato come certe porte potessero aprirsi solo al suono di una certa lingua, e solo a quello. Forse era troppo vecchio per firmare l'appello che una sessantina di intellettuali inglesi (tra cui lord Acton, Malcom Muggeridge, Agatha Christie) rivolse in quegli anni a Paolo VI affinché la messa di san Pio V restasse immutata. Tolkien, come si è detto, non amava viaggiare. Non ne aveva bisogno, viaggiava la sua fantasia, capace di creare «un progetto grandioso e stupefacente, che ha pochi eguali nella storia della letteratura». Cominciò con un quaderno di appunti, The Book of Lost Tales, «Il libro dei racconti perduti», che poi sarebbe stato conosciuto come Il Silmarillion. Le storie della Terra di Mezzo (Middle Earth, dal norvegese Midgard) costituiscono, con Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, compresi i mille rivoli che da essi si dipartono (come I figli di Hurin, per esempio), l'invidia di ogni scrittore, il cui sogno è passare alla storia con una sola invenzione. E magari farci tanti quattrini, come la Rowling con il suo Harry Potter. Con la differenza che la profondità del lavoro di Tolkien il maghetto se la sogna. Non per niente Tolkien «aveva sempre la sensazione di registrare qualcosa che esisteva già, da qualche parte, e non di "inventare"».
Nota di BastaBugie: per approfondire la vita di Tolkien e la sua opera principale, il Signore degli Anelli, e vedere interessanti video, vai al seguente link di FilmGantiti http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=8
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 05/09/2018
6 -
IN EUROPA LE MAGGIORI VIOLENZE SULLE DONNE SONO DOVE CI SONO PIU' MUSULMANI
Danimarca, Finlandia e Svezia sono in testa alla classifica delle violenze ed anche a quella dell'immigrazione
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-03-2014
L'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti fondamentali ha creduto bene, alla vigilia della Festa della Donna, di rendere nota una sua allarmata ricerca sulla violenza perpetrata ai danni delle donne nei ventotto Paesi della Ue. I risultati della ricerca sono, in effetti, piuttosto tristi (62 milioni di donne vittime di violenze, anche se non necessariamente letali), ma le cifre magari farebbero un altro effetto se, accanto, riportassero quelle sugli uomini. Insomma, è il totale a dovere essere allarmante, non il parziale. Ma la nuova moda è dividere il popolo secondo il «gender», ognuno dei quali «gender» è impegnato a far punire le offese contro se stesso più pesantemente che gli altri. Comunque, era la Festa della Donna e, in attesa dell'istituzione di una Festa Lgbt, andiamo a vedere le risultanze della ricerca Ue. Ebbene, quel che subito salta all'occhio è la classifica dei Paesi «violenti con le donne».
LA CLASSIFICA In testa c'è la Danimarca, con un clamoroso 52% di donne oggetto di violenze. Seconda classificata, la Finlandia (47%). In terza posizione la Svezia (46%), seguita a ruota dall'Olanda (45%). L'ultima in classifica è la cattolicissima Polonia (19%). L'Italia si pone diciottesima sui ventotto, ben dietro a Francia, Gran Bretagna e Germania. Una cosa salta subito all'occhio ed è la testa della classifica. Ma come, non erano Svezia, Finlandia, Danimarca e Olanda i paradisi storici dell'emancipazione femminile? Non ci avevano fatto sognare, noi vecchietti, quando, da ragazzi, vedevamo i documentari (chi si ricorda del clamoroso Helga, in cui nei primi anni Sessanta per la prima volta si vedevano donne scandinave così come mamma le aveva fatte?) sulle disinvolte donne del Nord e noi scuotevamo il capo perché quelle nostrane facevano tante storie? E non è sempre da quelle parti che furono inaugurati, in tempi remoti, i primi corsi scolastici obbligatori di educazione sessuale? E non è svedese il primo asilo infantile rigorosamente unisex? Perfino Alberto Sordi sentì l'esigenza di girare un film sul fenomeno, film che ci fece sentire, a noi italiani secolarmente repressi da una Controriforma senza rimedio, come dei poveri arretrati baluba ancora abbarbicati al «delitto d'onore» del Codice Rocco. Oggi, a Terzo Millennio avanzato, guardiamo sgomenti quella sconcertante classifica e ci chiediamo: è questa l'altra medaglia dell'emancipazione? Forse è proprio l'emancipazione spinta a produrre conflittualità? Si stava meglio quando si stava peggio? Domande da girare a sociologi, psicologi e filosofi, ma senza avere la pretesa di risposte, perché non c'è sociologo, psicologo e filosofo che non parta da una sua visuale precostituita. E vanamente si attenderebbe qualche sociologo, psicologo e filosofo disposto a perdere la cattedra per imprudenza. Tuttavia, carta canta: in testa alla classifica per violenze sulle donne ci sono i luoghi più avanzati, e in fondo c'è la Polonia «semper fidelis». A voi lettori l'ardua sentenza.
QUELLO CHE NON CI DICONO C'è da notare, tuttavia, che i media italiani hanno tranquillamente ignorato la notizia. Con un paio di eccezioni, come il quotidiano online Pagina99.it e, guarda un po', RadioVaticana. Se ne è accorto il collega Mario Natucci che ne ha scritto (ma epistolarmente) al sito, per giornalisti, francoabruzzo.it. Facendo osservare che il Corsera aveva dedicato un'intera pagina a due «femminicidi» italiani avvenuti proprio l'8 marzo, Festa della Donna. E poco spazio (per giunta nell'inserto che possono leggere solo i milanesi) al «maschicidio» di uno che era stato ammazzato a martellate dalla moglie e dalla figlia. Pochi giorni dopo, una donna aveva ucciso a coltellate le sue tre figlie, ma tutta l'attenzione era stata riservata al marito che se ne era andato di casa con un'altra. Insomma, il vero colpevole era lui. Sì, perché ormai, qualunque cosa succeda, il grido non è più il classico «cherchez la femme!» (copyright Alexandre Dumas padre, 1854), bensì «cherchez l'homme!». Se andiamo a rileggere Le donne al parlamento di Aristofane (391 a.C.), vediamo una singolare anticipazione, al dettaglio, del mondo nel quale ci tocca vivere. Basta sostituire «schiavi» con «macchine» e c'è già tutto, «quote rosa» comprese. Solo che Aristofane scherzava. Naturalmente, le «donne al parlamento» (e nei consigli di amministrazione, nel clero, dappertutto fuorché in casa) vanno bene finché non diventano «di ferro», altrimenti, come nel caso di Margaret Thatcher, si stappa lo spumante sulla loro tomba dopo averle sputacchiate mentre erano in vita. La ricerca europea, tuttavia, manca di parlare dell'incidenza dell'immigrazione. Forse, due opzioni egualmente politicamente corrette hanno costretto a una scelta. Infatti, i Paesi in cima alla classifica sono anche quelli più popolati, in percentuale, da musulmani (l'olandese Rotterdam, per esempio, pare avviata a diventare una città islamica, e la svedese Stoccolma ha dovuto affrontare per la prima volta nella sua storia una «rivolta delle banlieues», zeppe di immigrati). Per i quali, forse, la locale e avanzata emancipazione femminile è un pugno nell'occhio buono, specialmente quando ne vedono contagiate mogli e figlie. Se andassimo a vedere, sempre per esempio, le percentuali di stupri in detti Paesi e volessimo sapere chi sono, sempre in percentuale, gli stupratori, magari avremmo un'altra sorpresa (si fa per dire) politicamente scorretta. Eh, non vorrei essere nei panni degli apprendisti stregoni della political correctness: deve fumar loro il cervello.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-03-2014
7 -
IL QUADRATO MAGICO, SIMBOLO DEI PRIMI CRISTIANI
La straordinaria soluzione dell'enigma contenuto nelle parole: rotas, opera, tenet, arepo, sator
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/08/2013
C'è un talismano composto di lettere latine disposte in forma di quadrato che ha attraversato tutta la storia dell'Occidente e ancora impensierisce gli studiosi. Lo si è trovato, nei secoli, su vari oggetti nei posti più impensati: muri, cocci di mattone, fontane, coppe, manoscritti, addirittura chiese. Perfino in Scandinavia e in Ungheria. Nel Medioevo lo si scriveva su croste di pane che venivano dati ai cani per guarirli dalla rabbia. A volte lo si usava per far tornare i fuggitivi o per assistere le partorienti. Specialmente nel Rinascimento, ispirò tutta una serie di altri quadrati «magici» che però non riuscirono mai a eguagliare il fascino e la complessità del primo. Si tratta di cinque parole di cinque lettere palindrome, cioè leggibili in ogni senso, anche al contrario e dall'alto in basso e viceversa. Eccole:
ROTAS OPERA TENET AREPO SATOR
La traduzione (forse): il seminatore Arepo tiene le opere e le ruote. Nel latino medievale si preferì scriverlo cominciando dal «sator», perché la costruzione della frase alla romana era ormai desueta. Perché gli studiosi, ma anche gli enigmisti, gli esoteristi e perfino Martin Mystère, si sono scervellati su questo Quadrato Magico? Per il semplice fatto che, sì, di quadrati palindromi se ne possono costruire diversi (non tanti, comunque), ma nessuno ha occupato lo spazio e il tempo come questo. Non solo. Non è mai stato trovato un esemplare di Quadrato Magico anteriore all'avvento del cristianesimo. Infatti, il più antico venne rinvenuto nel 1936 graffito su una colonna negli scavi di Pompei. Le interpretazioni del significato del Quadrato sono legione. Lo si è detto di origine orfica, gnostica, celtica, egizia, o addirittura nient'altro che un divertissement, un semplice gioco di parole senza senso. Solo negli anni Venti del Novecento qualcuno ne venne a capo. Il bello è che si trattava di tre studiosi che nulla sapevano l'uno del lavoro degli altri. Uno era tedesco, uno svizzero e uno svedese. Frank, Grosser e Agrell. Si tenga presente che sul quel Quadrato erano stati provati tutti i metodi di lettura, addirittura applicando la scacchistica «mossa del cavallo» (leggendo tre lettere consecutive e due di sbieco) o la lettura detta «bustrofedica» (un rigo sì, uno no e il terzo all'inverso, come fanno appunto i buoi arando il campo).
LA SOLUZIONE DELL'ENIGMA Ma a nessuno era mai venuto in mente di anagrammarlo. Cioè, di considerarlo un crittogramma. Ebbene, l'anagramma dava una sola soluzione sensata, una sola: due «paternoster» con l'avanzo di due «a» e due «o». Questa fu l'intuizione di Frank. Ma Grosser e Agrell si accorsero che in quel Quadrato c'era una sola «n» e suggerirono di disporre i due «paternoster» a forma di croce imperniata sull'unica «n». Le «a» e le «o» andavano poste agli estremi dei bracci della croce così ottenuta. Ne risultava una croce composta di due «paternoster» inquadrati da «alfa» e «omega». Come dice di sé Cristo nell'Apocalisse: «Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo». Le probabilità che questo risultato sia puramente casuale è stata calcolata: è pressoché impossibile. Dunque, quel Quadrato è cristiano. E quello di Pompei era un segno criptico lasciato per i cristiani in un tempo in cui Nerone aveva già scatenato la sua persecuzione. Infatti, Pompei ci dà una data precisa: il 79 d.C., anno in cui fu sepolta dal Vesuvio. Il Quadrato deve per forza essere stato tracciato prima. Non solo. Il graffitaro cristiano lasciò anche la chiave per risolverlo, visto che sotto di esso tracciò le lettere «ano», cioè un'«alfa» e un'«omega» con in mezzo la «n» centrale della parola «tenet». Quest'ultima, essa stessa a forma di croce, sembra «tenere» l'intero Quadrato. Poiché Gerusalemme fu distrutta dai romani nel 70 d.C. e moltissimi ebrei furono deportati come schiavi nelle città dell'impero, e poiché i primissimi cristiani erano ebrei, è pensabile che quel segno sia stato lasciato in vista (su una della colonne della Palestra) per avvertire quelli che via via sbarcavano che in città c'erano dei fratelli nella fede. Pompei, infatti, era una città di commerci e di terme, nonché luogo di villeggiatura dei ricchi romani. La stessa Poppea Sabina, ultima moglie di Nerone, era pompeiana. Ed era anche, pare, una proselita giudaica, forse non estranea alla persecuzione anticristiana del 64 d.C. Dunque, per doppio motivo i cristiani di Pompei dovevano essere guardinghi.
PIÙ DI QUEL CHE APPARE Tuttavia, a ben scrutarlo, quel crittogramma cristiano è ben più di quel che appare. Colmo di reminiscenze bibliche e simboliche, sembra più ispirato che ideato da una mente pur fertile. Di più: manda a gambe levate tutta una serie di certezze a lungo considerate acquisite sul cristianesimo delle origini. Si è creduto, da autorevoli studiosi, che la lingua liturgica dei primi cristiani fosse il greco, invece il «paternoster» del Quadrato è in latino. Si è creduto che la croce fosse divenuta il segno dei cristiani solo dopo la visione di Costantino (IV secolo) perché prima non era che un patibolo di cui vergognarsi, invece il Quadrato è pieno di croci (quella costituita dai due «paternoster», quella dei due «tenet» incrociati, i «tau» con cui comincia e finisce la parola «tenet» eccetera). Si è creduto che l'Apocalisse fosse stata scritta da san Giovanni Evangelista attorno all'anno 100 d.C., invece ecco «alfa» e «omega» prima del 79 d.C. E questo è solo l'aspetto più superficiale del Quadrato, che in verità riserva molte altre sorprese. A cominciare dalla forma quadrata, che per la simbologia degli antichi era quella del mondo: il mondo sostenuto («tenet») dalla croce...
Nota di BastaBugie: per acquistare "Il Quadrato Magico. Un enigma che dura da duemila anni" di Rino Cammilleri (Bur, pp. 235, €. 9,35), clicca qui
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/08/2013
8 -
IL TITANIC E LA FEDE CIECA NEL PROGRESSO TECNOLOGICO
Nel nome ricordava i Titani che avevano sfidato gli dei e infatti recava la scritta ''Nemmeno Dio può affondarmi''... ma calò a picco miseramente nel suo primo viaggio
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Studi Cattolici, gennaio 2000
Nella mitologia greca i Titani cercarono di sfidare gli dèi e ne furono precipitati negli abissi. E' solo una delle tante singolari coincidenze che segnano la vicenda della nave più famosa della storia. Non fu la prima né l'ultima nave che affondò con gravi perdite di vite umane, ma questa è rimasta nell'immaginario collettivo in modo speciale. Agatha Christie diceva che due coincidenze fanno un indizio e due indizi una prova; qualcuno è più esplicito: un incontro è un caso, due una coincidenza, tre un complotto. Dietro l'affondamento del Titanic e la morte di 1522 persone, tuttavia, non c'è alcun complotto; solo un'impressionante serie di coincidenze che ne hanno fatto davvero una nave maledetta dagli dèi. Una nave che, va detto, fece di tutto per attirare su di sé la collera divina. Ed è forse per questo suo simbolismo prometeico, in un'epoca in cui gli uomini erano così orgogliosi della loro scienza da ritenere di poter sfidare Dio e fare a meno di Lui, che la tragedia del Titanic si è impressa per sempre nelle menti di tutti. Costituiva, quella nave, il punto più alto di una Belle Epoque che aveva celebrato i suoi fasti nell'Expo Universale di Parigi del 1900, tutta all'insegna dell'elettricità, la potenza del fulmine carpita dall'uomo agli dèi. Subito dopo il perdersi del Titanic nell'abisso, scoppiò la più immane guerra che il mondo avesse mai visto, detta appunto Grande Guerra, in cui la scienza mostrò per la prima volta il suo aspetto demoniaco; e il secolo ventesimo, quello del progresso (diceva Victor Hugo: «Il diciannovesimo secolo è grande, ma il ventesimo sarà felice»), divenne il più sanguinoso e terrificante dell'intera storia umana. Il Titanic, che incarnava la fede assoluta nel progresso tecnologico, non terminò nemmeno il suo primo viaggio.
L'INAFFONDABILE Fiore all'occhiello dell'impero britannico, il più esteso della storia, era la nave più lussuosa di tutti i tempi. Aveva due sorelle, la Olympic e la Gigantic, ma era la più grande. Alta come un palazzo di ventisei piani, con un motore di quindici metri d'altezza, fumaioli lunghi venti metri e così ampi da poter farci passare due locomotive. Quella nave smisurata fu denominata l'inaffondabile e varata il 31 maggio 1911. L'arredamento era in stile Luigi XIV. Luigi XV, Luigi XVI e Impero. Porcellane, argenteria, menu faraonici. Inoltre, un'intera armata di serventi per ogni situazione, dai ragazzi d'ascensore ai musicisti. L'inaffondabile poteva continuare a navigare anche con quattro di quei suoi famosi compartimenti stagni, di cui andava fiera, allagati. Peccato che l'iceberg ne abbia sventrati cinque. La tecnologia dell'epoca, poi, non teneva nel giusto conto il fatto che il freddo rende l'acciaio più friabile e che l'eccessiva lunghezza del Titanic, oltre a impedire una virata veloce, lo rendeva fragile al centro (infatti, si spezzò in due). Si aggiunsero i noti errori umani, come l'insufficiente numero di scialuppe. Ma a che servivano, in una nave per definizione inaffondabile? Poi, gli accadimenti premonitori. Il giorno del varo un supporto della chiglia si staccò e uccise un operaio. Pochi giorni dopo, un altro operaio cadde in mare e annegò. Il giorno della partenza per il viaggio inaugurale, il 10 aprile 1912, i giganteschi ormeggi che trattenevano la nave al molo rischiarono di trascinare una nave americana, che si salvò a stento. Qualche ora dopo, un furioso incendio scoppiò nella riserva di carbone. Ci vollero tre giorni a domarlo. Il fuoco indebolì la struttura in quel punto, cosa che permise all'iceberg di sventrare anche il quinto compartimento stagno. Il 15 aprile, a mezzanotte e venticinque, il disastro. L'Inghilterra era stata paralizzata da un grande sciopero di minatori nel gennaio e la White Star Line (la compagnia proprietaria del Titanic) voleva assolutamente che la prima nave a partire fosse una delle sue. Per questo reclutò gran parte dell'equipaggio appena qualche ora prima della partenza. Pochissimi marinai avevano messo piede sul Titanic, e la nave non aveva effettuato alcuna prova in mare. Gli ufficiali sapevano perfettamente che la zona da attraversare era infestata da iceberg. Alle 23.40 la vedetta scorge l'iceberg fatale. La nave vira ma è troppo tardi: in dieci secondi, cento metri di chiglia sono sventrati. La responsabilità è del presidente della White Star Line: ha costretto il capitano a procedere ad alta velocità nella zona pericolosa, ha intasato la radio di bordo con i suoi messaggi augurali, ha deciso di non prendere in considerazione gli avvertimenti delle altre navi. Voleva per il Titanic il Nastro Azzurro, il record di velocità, e l'aveva spinto a nord, sulla rotta più breve: le azioni della compagnia sarebbero andate alle stelle.
LA FINE DELLA SUPREMAZIA EUROPEA NEL MONDO Fu arrestato, allo sbarco, per ordine del Presidente americano in persona, ma nel processo riuscì a cavarsela. Diversi miliardari annegarono. [...] Tutto il loro denaro non servì a niente, mentre oscuri poveracci si salvarono. Qualcuno di loro cercò vanamente di comprarsi un posto in scialuppa. Qualcun altro morì con grande dignità. Come Stead, spiritista fervente, che i medium avevano avvisato: sarebbe morto in un naufragio. Si cimentava anche nei racconti, e ne aveva scritto uno sulla Rewiew of Rewiews: la storia di una nave della White Star Line, il Majestic, comandata da un capitano di nome Edward John Smith e affondata per l'urto con un iceberg. Attese la fine in poltrona leggendo il giornale: aveva capito che era arrivata la sua ora. Qualche settimana prima un altro racconto, scritto da Mayn Glew Garnett, era apparso sul Popular Magazine: una nave lunga 250 metri colava a picco urtata da un iceberg e metà dei passeggeri moriva per l'insufficienza delle scialuppe. L'autore disse poi di averne avuto l'idea dopo essere salito sull'Olympic. Prima di lui la poetessa Celia Thaxter aveva composto una lirica su un iceberg che, spostandosi a sud, affondava una nave. Ma la premonizione più impressionante risale al 1898, anno in cui era uscito il romanzo Futilità dello scrittore Morgan Robertson: una nave di lusso, il Titan, affondava durante il viaggio inaugurale, una notte d'aprile, per aver urtato un iceberg. La catastrofe del Titanic segnò l'inizio della fine della supremazia europea nel mondo: i contraccolpi economici della scomparsa subitanea di una mezza dozzina di grandi finanzieri non tardarono a manifestarsi e si aprì una campagna che portò alle legislazioni antitrust. Il marinaio John Priest («prete») era scampato a un rischio affondamento sull'Olympic, si salvò dal Titanic, dal Britannic (ex Gigantic), dall'Alcantara e dal Donegal, tutte navi naufragate. Dopo di che, nessuno lo volle più a bordo. Il capitano del Titanic morì cercando di salvare un bambino. I trentasei ingegneri meccanici e i cinque addetti si sacrificarono per continuare a fornire elettricità alla nave. Lo stesso fecero i membri dell'orchestra, che suonarono fino alla fine per rincuorare chi restava a bordo. Rimase anche il prete cattolico Byles, che diede l'assoluzione a tutti quelli senza scampo. Diverse scene di eroismo si videro, e altrettante di ignobile vigliaccheria. La compagnia tolse i marinai del Titanic dal libro-paga esattamente alle ore 2.30, appena affondata la nave. Il vicepresidente della White Star Line, approfittando del lasso di tempo intercorrente tra la notizia del disastro e il suo recepimento a Londra, sottoscrisse altre polizze assicurative con i Lloyds, che ricevettero una bella batosta. Ma non salvò dalla rovina la compagnia. La vedetta del Titanic fu licenziata per non aver voluto mentire in tribunale e finì suicida. Tutte le navi che avevano avuto a che fare con Titanic, in qualsiasi modo, fecero una brutta fine.
Fonte: Studi Cattolici, gennaio 2000
9 -
OMELIA XVI DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 10,38-42)
Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta
Fonte Il settimanale di Padre Pio
Il tema delle letture di questa domenica è l'ospitalità. Nella prima lettura abbiamo ascoltato una pagina del libro della Genesi, nel quale si narra l'episodio di Abramo, il quale ospitò «tre uomini» (18,2) a casa sua. È molto interessante notare come Abramo, appena li vide, esclamò: «Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo» (18,3). Diversi Padri della Chiesa hanno veduto in questo episodio una prefigurazione, ovvero un'anticipazione profetica, del mistero della Santissima Trinità, dell'unico Dio in tre Persone uguali e distinte. Ciò che è accaduto ad Abramo è certamente una bellissima manifestazione divina: egli ha accolto Dio stesso nella sua tenda ed è stato beneficato con la promessa che egli e sua moglie Sara avrebbero avuto finalmente il sospirato figlio. Ciò che è accaduto ad Abramo, in un certo senso, può avvenire anche a ciascuno di noi quando benefichiamo il nostro prossimo. Infatti, tutto quello che facciamo ai nostri fratelli che sono nel bisogno lo facciamo a Gesù stesso. Accogliendo il bisognoso, noi accogliamo Dio, e non rimarremo senza ricompensa in questa e nell'altra vita. Il Vangelo di oggi ci propone lo stesso tema. Lazzaro, Marta e Maria ospitano nella loro casa Gesù. Durante il convito avviene qualcosa di particolare: Marta era tutta presa dai molti servizi, mentre Maria, «sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola» (Lc 10,39). Marta si rivolge allora a Gesù e vorrebbe che Egli richiamasse la sorella Maria affinché ella la aiuti nei molti servizi. Marta è sicura di aver ragione; ma, inaspettatamente, Gesù dice: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,41-42). Con queste parole, Gesù non voleva certamente disprezzare l'umile servizio di Marta. Anche di questo c'è bisogno. Probabilmente Marta stava esagerando, voleva fare una bella figura, e si affaccendava eccessivamente nel servizio materiale, dimenticando ciò che era più importante: ascoltare la parola di Gesù. Nelle due sorelle Marta e Maria possiamo vedere le due dimensioni della vita cristiana, la dimensione orizzontale e quella verticale, ovvero l'attività e la contemplazione. Di tutte e due c'è bisogno, ma, certamente, la contemplazione è la cosa più importante che non deve mai mancare. Ai giorni d'oggi spesso si perde di vista la necessità della preghiera e si dà una grande importanza all'attività pratica. Non se ne comprende il valore e si esaltano unicamente le virtù attive. Ciò è molto pericoloso! L'attività senza la preghiera è come una bolla di sapone, è come un corpo senz'anima. Il Vangelo di oggi ci insegna prima di tutto a non trascurare mai la vita di preghiera, l'ascolto della parola di Gesù, solo in questo modo le opere che realizzeremo saranno benedette da Dio. Spesso anche noi ci affanniamo e ci agitiamo per le molte cose da fare, e perdiamo di vista la cosa più importante. La società odierna in cui viviamo è entrata in un vortice da cui è difficile uscire. Tutti corrono, tutti hanno fretta, e pochi sono quelli che pensano alle realtà celesti. Per uscire da questo vortice, l'unico rimedio è quello di fare come Maria di Betania, di metterci anche noi ai piedi di Gesù, e di ascoltare la sua parola.
BastaBugie è una selezione di articoli per difendersi dalle bugie della cultura dominante: televisioni, giornali, internet, scuola, ecc. Non dipendiamo da partiti politici, né da lobby di potere. Soltanto vogliamo pensare con la nostra testa, senza paraocchi e senza pregiudizi! I titoli di tutti gli articoli sono redazionali, cioè ideati dalla redazione di BastaBugie per rendere più semplice e immediata la comprensione dell'argomento trattato. Possono essere copiati, ma è necessario citare BastaBugie come fonte. Il materiale che si trova in questo sito è pubblicato senza fini di lucro e a solo scopo di studio, commento didattico e ricerca. Eventuali violazioni di copyright segnalate dagli aventi diritto saranno celermente rimosse.