BastaBugie n�659 del 08 aprile 2020

Stampa ArticoloStampa


1 GIUSTIZIA FATTA: LIBERATO IL CARDINAL PELL
Totalmente assolto dopo la terribile gogna mediatica e il carcere per presunti abusi sessuali (senza prove e sulla base di un unico inattendibile testimone)
Autore: Nico Spuntoni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 LA CANTANTE RIHANNA VUOLE UN BAMBINO, ANCHE SENZA PADRE
Notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): coronavirus autodichiarazione attenta al gender, + 1.500% di ragazzi trans in Svezia, se sei omofobo non ti curo
Autore: Luca Scalise - Fonte: Provita & Famiglia
3 DURANTE IL CORONAVIRUS IL TERRORISMO ISLAMICO CONTINUA INDISTURBATO
In Francia, al solito grido, un musulmano uccide due persone pugnalate a caso tra la gente in coda (e intanto il presidente turco Erdogan inneggia alla guerra santa contro gli infedeli)
Autore: Andrea Morigi - Fonte: Libero
4 CORONAVIRUS: OSTENSIONE STRAORDINARIA DELLA SACRA SINDONE
Davanti alla preziosa reliquia, nella quale vediamo in un'unica immagine tutte le stazioni della Via Crucis, il vescovo di Torino guiderà il Sabato Santo la venerazione in diretta tv (VIDEO: la Sacra Sindone)
Autore: Emanuela Marinelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 CORONAVIRUS: ORA BASTA, RIVOGLIAMO LE MESSE!!!
La questione dobbiamo sollevarla noi credenti: i sacramenti sono una necessità primaria, come il cibo (supermercati), l'informazione (edicole) e le sigarette (tabaccai)
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
6 LA PAURA DA CORONAVIRUS SARA' USATA PER LA SVOLTA TOTALITARIA
Conte punta al Quirinale, mentre con Draghi l'Italia sarà commissariata con il pretesto dell'emergenza (sanitaria ed economica) e intanto il popolo accetta impotente la limitazione della libertà personale e dei legami sociali (VIDEO: La verità sulle app di tracciamento)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
7 CORONAVIRUS E MODELLO CINESE: LA TECNOLOGIA PERMETTE IL CONTROLLO TOTALE DI OGNI SINGOLO CITTADINO
Con la scusa dell'epidemia e grazie a smartphone e app, il governo potrà impedire a chiunque di uscire di casa, prendere la metro, fare la spesa, andare in banca (VIDEO: Benvenuti a Gattaca)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
8 NIENTE SARA' PIU' COME PRIMA DEL CORONAVIRUS
L'arcivescovo di Trieste spiega in 7 punti cosa ci ha insegnato questa epidemia e da dove ripartire sia dal punto di vista personale che sociale
Autore: Mons. Giampaolo Crepaldi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIE PASQUA DI RISURREZIONE - ANNO A
Veglia Pasquale e Messa del giorno
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: La rivincita del crocifisso

1 - GIUSTIZIA FATTA: LIBERATO IL CARDINAL PELL
Totalmente assolto dopo la terribile gogna mediatica e il carcere per presunti abusi sessuali (senza prove e sulla base di un unico inattendibile testimone)
Autore: Nico Spuntoni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07-04-2020

C'è un giudice a Brisbane. Anzi, ce ne sono sette. Il verdetto dell'Alta Corte, infatti, è stato unanime: annullata la condanna a sei anni per abusi sessuali e assolto Pell da tutte le accuse. Il cardinale è tornato in libertà dopo 404 giorni di - a questo punto lo si può dire - ingiusta detenzione. La sentenza è stata pronunciata nell'aula 5 del Commonwealth Law Courts Building di Brisbane quando in Italia erano da poco superate le due di notte.
Pell si trovava a 1800 km di distanza dal luogo in cui i sette giudici dell'Alta Corte hanno messo la parola fine ad uno dei casi giudiziari più seguiti di sempre dagli australiani. Nella sua cella della prigione di Barwon, dove solo pochi giorni fa tre detenuti sono stati ricoverati dopo una rissa finita male, il porporato ha atteso la decisione affidandosi alla preghiera. "L'Alta Corte - è stato spiegato in una nota diramata dal tribunale - ha constatato che la giuria, agendo razionalmente sull'insieme delle prove, avrebbe dovuto nutrire un dubbio in merito alla colpa del richiedente rispetto a ciascuno dei reati per i quali era stato condannato, e ha ordinato l'annullamento delle condanne e la registrazione dell'assoluzione".

ASSOLUZIONE COMPLETA E DEFINITIVA
La tesi della difesa, dunque, ha vinto su tutta la linea puntando sul principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. Ribaltata la sentenza pronunciata lo scorso agosto - a maggioranza (2-1) - dalla Corte d'Appello di Victoria che aveva confermato la condanna in primo grado. Nella nota ufficiale, inoltre, è stato rimarcato come non era stata smentita la veridicità delle testimonianze di chi aveva raccontato le abitudini post-Messa del cardinale che rendevano temporalmente e fisicamente impossibile il reato [leggi i particolari della vicenda nella nota in fondo a questo articolo, N.d.BB].
Se c'è un uomo a cui Pell deve essere grato per l'esito di questa pagina nera della giustizia australiana, quello è senz'altro Mark Weinberg, il giudice che - seppur messo in minoranza l'estate scorsa dai suoi colleghi Ferguson e Maxwell - col suo parere dissenziente, e la dettagliata relazione ad esso accorpata, è riuscito ad aprire uno squarcio nella vicenda che ha consentito alla difesa di presentare il ricorso alla Corte Suprema.
La decisione unanime dei sette giudici arriva nonostante il clima ostile che i media hanno continuato ad alimentare in queste settimane contro il cardinale, con minacce di nuove cause civili lanciate da presunte vittime attraverso i media più maldisposti nei suoi confronti.

GIUSTIZIA E VERITÀ
Un'ora dopo la lettura della sentenza, il porporato ha rilasciato una dichiarazione ufficiale nella quale ha rivendicato nuovamente la sua innocenza e ha detto di aver subito una "grave ingiustizia". L'ex tesoriere del Vaticano ha affermato di non portare rancore verso il suo accusatore, sostenendo che c'è già abbastanza "dolore ed amarezza". "L'unica base per una guarigione duratura - ha aggiunto il cardinale - è la verità e l'unica base per la giustizia è la verità, perché la giustizia significa verità per tutti".
Non sono mancati i ringraziamenti ai suoi avvocati che sono stati capaci di "far prevalere la giustizia", ai suoi sostenitori in tutto il mondo che lo hanno accompagnato con la preghiera, ai suoi collaboratori e alla famiglia per tutto ciò che hanno dovuto patire insieme a lui. L'ex arcivescovo di Sidney ha concluso la sua dichiarazione, rivelando di pregare per i malati di coronavirus e per i medici in prima linea negli ospedali.
Due ore e mezza più tardi la lettura della sentenza, alle 4 e 30 italiane, il porporato ha lasciato definitivamente il carcere di Barwon a bordo di una macchina nera. George Pell, 78 anni e 404 giorni di ingiusta carcerazione alle spalle, è ora un uomo libero, assolto dall'accusa più infamante per un sacerdote. E potrà tornare anche a celebrare l'Eucarestia dopo più di anno.

Nota di BastaBugie: Marco Tosatti nell'articolo seguente dal titolo "Pell, tutte le tappe di una condanna senza fondamento" ricostruisce tutta la triste vicenda del cardinale ingiustamente incarcerato e processato per oltre un anno, tra l'altro senza prove solo sulla base di un unico testimone.
Ecco un estratto dell'articolo che La Nuova Bussola Quotidiana pubblicò il 27 dicembre 2019:
Nel marzo del 2019, il giudice Peter Kidd ha condannato il cardinale Pell a sei anni di prigione, con la possibilità, dopo tre anni e otto mesi, di ottenere la libertà su cauzione. Pell è stato ritenuto responsabile dalla giuria di cinque atti di aggressione sessuale (quattro dei quali contemporanei) contro due ragazzi del coro che nel 1996, all'epoca della sua nomina ad arcivescovo di Melbourne, avevano 13 anni. Secondo l'accusa, Pell, subito dopo una solenne Messa domenicale, ancora vestito con i paramenti liturgici, avrebbe assaltato sessualmente in una sacrestia non isolata due ragazzini del coro, sorpresi a bere il vino da usare per la consacrazione, obbligandone uno alla fellatio e usando l'altro per masturbarsi. Il tutto in cinque-sei minuti. In un'altra occasione avrebbe spinto una delle vittime contro un pilastro toccandogli i genitali.
Da rimarcare che questi sarebbero stati gli unici abusi commessi dall'imputato in tutta la sua vita. E già questo appare singolare. Chi è esperto di questi casi sa che i responsabili reiterano le aggressioni; anche in luoghi diversi e a distanza di tempo, con diverse vittime. Non si fermano certo a un singolo episodio.
La prima condanna è stata pronunciata da una giuria popolare, composta di 12 persone. Ora, è interessante osservare che la condanna è venuta in un secondo processo (di primo grado). Infatti, una prima giuria si era espressa - dieci contro due - a favore del proscioglimento dell'accusato. Ma il giudice aveva poi scelto, in mancanza dell'unanimità, di aprire un secondo giudizio.
Da ricordare anche che, sin dal 2014, la Polizia dello Stato di Vittoria aveva aperto un'inchiesta "open ended" per cercare testimonianze e prove per eventuali reati di abuso commessi dal cardinale Pell; e questo anche in assenza di denunce o segnalazioni. L'impressione - e anche più di un'impressione - è che nella polemica lanciata contro la Chiesa cattolica per gli abusi si sia cercato un bersaglio eccellente. E che questo sia stato identificato nel porporato, inviso all'opinione pubblica progressista per le sue posizioni in fatto di omosessualità, gender e matrimonio gay.
La squadra legale di Pell ha presentato appello. Ha detto che il verdetto, emanato dalla (seconda) giuria di 12 persone, è "irragionevole", perché si basa "unicamente sulla parola del denunciante". E in effetti, vista dall'esterno, questa circostanza appare assolutamente incredibile: che cioè, a circa vent'anni di distanza da un fatto presunto, chiunque possa essere condannato in base a un'accusa priva di testimonianze di appoggio o di qualsiasi altra prova. Il ricorso affermava poi che "in base a tutta l'evidenza, compresa l'evidenza a discolpa e non contrastata di più di venti testimoni della Corona, non era possibile per la giuria essere soddisfatta oltre ogni ragionevole dubbio unicamente sulla parola dell'accusatore". La difesa aveva preparato anche un filmato per mostrare alla giuria come fosse impossibile compiere attività sessuale nei luoghi e nei modi descritti dall'accusatore - nella cattedrale e in quel momento della mattina - subito dopo la Messa principale celebrata da Pell: ma la proiezione di questo filmato non è stata permessa dal giudice. Una decisione che viste le circostanze - un'accusa senza testimoni - non appare comprensibile, se non nell'ottica di un pregiudizio contro Pell.
Il ricorso di Pell è stato rigettato nell'agosto 2019, con due voti contro uno. Ma uno dei tre giudici, Mark Weinberg, ha scritto una memoria di duecento pagine per spiegare perché secondo lui esiste "una possibilità significativa" che il cardinale non abbia commesso l'abuso per cui è in galera. Weinberg avrebbe liberato Pell, e ha detto di non poter escludere che alcune parti della denuncia dell'ex ragazzino del coro fossero "costruite".
Da notare fra l'altro che la seconda presunta vittima, morta per overdose di eroina nel 2014, aveva detto a sua madre di non aver mai subito abusi. Se fosse stata in vita, probabilmente, tutta l'accusa sarebbe caduta. Secondo Weinberg c'era tutto un corpo di evidenze che "rendevano impossibile accettare" il racconto del denunciante. "C'erano inconsistenze, discrepanze, e un certo numero di risposte semplicemente non avevano senso", ha scritto Mark Weinberg. E continua così: "Un elemento inusuale di questo caso era che dipendeva interamente dall'accettazione del denunciante, al di là di ogni dubbio ragionevole, come di un testimone credibile e affidabile. Tuttavia la giuria è stata invitata ad accettare la sua versione senza che ci fosse nessuna conferma indipendente per essa".
Per cui Pell è stato condannato a sei anni di prigione in base alla testimonianza della stessa persona che ha sporto la denuncia. Di recente Andrew Bolt di Sky News ha svolto un'inchiesta, ricostruendo, in base all'accusa, i movimenti dei personaggi in quella - non specificata - domenica del 1996 ed è giunta alla conclusione, documentata con un filmato, che semplicemente Pell non avrebbe potuto compiere ciò per cui è stato condannato. [...]


DOSSIER "SACERDOTI ALLA GOGNA"
Accusati ingiustamente, poi assolti

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07-04-2020

2 - LA CANTANTE RIHANNA VUOLE UN BAMBINO, ANCHE SENZA PADRE
Notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): coronavirus autodichiarazione attenta al gender, + 1.500% di ragazzi trans in Svezia, se sei omofobo non ti curo
Autore: Luca Scalise - Fonte: Provita & Famiglia, 1° aprile 2020

La cantante Rihanna, in un'intervista rilasciata a British Vogue «ha ammesso di essere molto allettata dall'idea della maternità», leggiamo in un articolo di Dire Donna. Sembra infatti che l'artista fra dieci anni si veda contornata da tre o quattro figli, ma che non veda necessariamente al loro fianco in questo quadretto anche una figura paterna.
«Mi sembra che la società voglia farmi sentire come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. Ti sminuiscono come madre, se non c'è un padre nelle vite dei tuoi bambini. Ma l'unica cosa che conta è la felicità, questa è l'unica relazione sana tra un genitore e il suo bambino. L'amore è l'unica cosa che serve per allevare un figlio».
Ebbene, le possibili considerazioni in merito sono molteplici. Anzitutto, ci sarebbe da chiedersi: come si fa ad avere bambini senza un uomo e una donna? Questo sappiamo essere certamente impossibile. Per avere un bambino da sola, una donna dovrebbe ricorrere o all'adozione, lì dove fosse legalmente possibile che una donna sola possa adottare, o alla fecondazione artificiale, lì dove fosse legale che una donna vi faccia ricorso anche senza parthenr.
Con rispetto per tutti, riflettiamo sulle due opzioni. Nel primo caso si stravolgerebbe il senso dell'adozione: essa non serve per dare un figlio a chi lo desidera, ma per dare una famiglia (quindi, una mamma e un papà) ad un bambino che ne è tragicamente rimasto privo; non è, dunque, per i desideri degli adulti, ma per i diritti dei bambini.
Nel secondo caso, la pratica della fecondazione artificiale implica che, affinché almeno un embrione si impianti correttamente nell'utero, ne vengano sacrificati tantissimi. E gli embrioni sono già esseri umani, secondo quanto afferma la scienza, bambini, dunque. Tale pratica, inoltre, espone a gravi rischi (a breve e lungo termine) per la salute sia delle donne che vi fanno ricorso, sia dei nascituri.
Insomma, perché un bambino dovrebbe essere privato di una figura paterna? Perché dev'essergli negato il diritto ad avere una famiglia?

Nota di BastaBugie
: ecco altre notizie dal "gaio" mondo gay (sempre meno gaio).

UN'AUTODICHIARAZIONE PER IL CORONAVIRUS ATTENTA AL GENDER
L'associazione femminista "Non una di meno" pubblica un post, poi rimosso, in cui si lamenta che l'autocertificazione indispensabile per uscire di casa è declinata solo secondo il sesso maschile. "Io sottoscritto" identificherebbe unicamente il sesso maschile e quindi sarebbe discriminatorio.
Nel post si affermava che "Il maschile universale non rappresenta tutt* !!! Rivendichiamo un linguaggio che rappresenti tutte le soggettività. Un linguaggio in cui ciascun* si possa riconoscere [...] Come Non Una di Meno, diffondiamo una versione con asterischi del modulo di autocertificazione, in modo che il senso di responsabilità che si è chiamat* ad esprimere possa trovare una forma realmente adeguata a ciascun*".
In breve dietro quegli asterischi ci sarebbero una infinità di sessi, tanti quanti voluti dalla teoria del gender. Questo piccolo episodio ci insegna alcune cosette, tre le molte. Innanzitutto l'attivismo ideologico non si ferma nemmeno in tempo di emergenza, non riconoscendo ovvie priorità e anzi cogliendo in esse opportunità per promuovere le proprie idee. In secondo luogo il simbolo dell'asterisco, lungi dal privilegiare supposte differenze sessuali, le annulla, le annichilisce perché le sintetizza sotto un unico simbolo grafico e non assegna a ciascuna di esse visibilità. Terzo, questa retorica sessantottina, già logora prima di questa pandemia, ora appare ancor più anacronistica, fuori tempo massimo. Quarto, viene da pensare, nel tempo presente, a quanti, anche all'interno del mondo arcobaleno, possa davvero interessare questa iniziativa del collettivo "Non una di meno". Crediamo a nessun*.
(Gender Watch News, 6 aprile 2020)

+ 1.500% DI RAGAZZI TRANS IN SVEZIA
Un rapporto svedese del Board of Health and Welfare ci informa che c'è stato un aumento del 1.500% tra il 2008 e il 2018 di ragazze tra i 13 e i 17 anni che volevano diventare "ragazzi".
Nel 2018 il governo socialdemocratico propose una legge che abbassava l'età per accedere alla rettificazione sessuale dai 18 ai 15 anni, però per fortuna tale disegno di legge fu accantonato. Ma anche questi limiti di età paiono essere stati superati. Infatti presso l'ospedale universitario Karolinska di Stoccolma si sono registrati dei casi di doppia mastectomia su ragazzine di 14 anni. Pare che il 100% delle richieste di riassegnazione del sesso presentate presso questa struttura venga soddisfatto.
Il report citato all'inizio aggiunge che il 32,4% delle bambine con cd disforia di genere di età compresa tra 13 e 17 anni era affetta da disturbo d'ansia, il 28,9% da depressione, il 19,4% da disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività e il 15,2 era autistica.
(Gender Watch News, 5 marzo 2020)

SE SEI OMOFOBO NON TI CURO
Nel Regno Unito è in vigore una disciplina normativa che permette a medici ed infermieri di non curare i pazienti aggressivi sia fisicamente che verbalmente, eccetto quei casi in cui la patologia può provocare gravi effetti immediati e nei casi di malati mentali.
Da aprile però medici ed infermieri potranno decidere di non curare anche il paziente che assume condotte a loro dire discriminatorie, ossia sessiste, razziste ed "omofobe".
 Catholic News Agency  ha chiesto al Servizio Sanitario Nazionale se un sacerdote cattolico o un imam corrono il rischio di non essere curati a motivo delle loro idee sulla omosessualità. Un portavoce del Servizio Sanitario ha così risposto: «Le convinzioni personali o qualsiasi punto di vista espresso nel passato sono del tutto irrilevanti ai fini di questa politica antidiscriminatoria: a una persona verrebbe rifiutato un trattamento solo se in quel momento facesse osservazioni apertamente discriminatorie nei confronti di un membro dello staff».
Però sorgono almeno due rischi. Il primo: questa interpretazione sarà anche quella dei giudici in caso di vertenza giudiziale promossa perché, ad esempio, un prete cattolico non è stato curato nonostante non avesse detto nulla sull'omosessualità durante le cure in ospedale? Secondo: la libertà di espressione dei pazienti negli ospedali subirà una censura.
(Gender Watch News, 24 febbraio 2020)

Fonte: Provita & Famiglia, 1° aprile 2020

3 - DURANTE IL CORONAVIRUS IL TERRORISMO ISLAMICO CONTINUA INDISTURBATO
In Francia, al solito grido, un musulmano uccide due persone pugnalate a caso tra la gente in coda (e intanto il presidente turco Erdogan inneggia alla guerra santa contro gli infedeli)
Autore: Andrea Morigi - Fonte: Libero, 5 aprile 2020

L'invito a rimanersene a casa, in Francia, vale doppio. Chi esce, rischia non soltanto di essere contagiato, ma anche di rimanere vittima di un attacco jihadista mentre sta ordinatamente in coda al supermercato mantenendo le distanze dal prossimo.
Ieri, intorno alle 11 del mattino, due persone sono state uccise e altre sette ferite da un rifugiato sudanese che secondo alcuni testimoni che lo avrebbero udito gridare «Allah akhbar!», le ha pugnalate nel centro di Romans-sur-Isère, nel dipartimento della Drôme, nel sud-est della Francia. Secondo quanto riferito dai media locali, l'uomo ha prima sgozzato un quarantenne, appena uscito di casa con la moglie e la figlia. L'azione sarebbe proseguita poi in diversi esercizi commerciali, con l'accoltellamento di un tabaccaio e di due clienti, prima di uscire e colpire altre persone in strada e all' interno di una panetteria. Quattro dei feriti sono ricoverati in condizioni critiche.

LA MINACCIA IGNORATA
Circondato e poi bloccato con un taser da una pattuglia della polizia, mentre era in ginocchio e chiedeva di essere ucciso, l'aggressore, dopo aver proclamato che Allah è l'unico Dio e Maometto il suo profeta, avrebbe dichiarato di chiamarsi Abdallah Ahmed Osman e di essere nato nel 1987 a Tendelty, nella regione sudanese del Darfur. Rinchiuso in cella, continuava a salmodiare interi capitoli del Corano. L'identità dell'uomo sarebbe confermata anche da un permesso di soggiorno rilasciatogli chissà come e per quale misterioso motivo umanitario dalle autorità francesi nel 2007. Se avevano ritenuto che fosse una vittima bisognosa di protezione internazionale, è ovvio che lo lasciassero anche libero di circolare, senza minimamente sospettarlo di essere un potenziale stragista, assente dalle Fiche S, quindi del tutto sconosciuto all'antiterrorismo.
Gli obiettivi presi a caso, il riferimento esplicito all'islam, la nazionalità dell'assassino, in realtà non lasciano molti dubbi sulla natura del gesto. Eppure «non conosciamo ancora le motivazioni di questo attacco», ha spiegato in una nota il municipio di Romans. In realtà la procura antiterrorismo di Parigi nella serata di ieri è stata incaricata delle indagini e ha aperto un'inchiesta preliminare per omicidio e tentativo di omicidio, in relazione a un'azione terroristica e a un'associazione terroristica. L'ipotesi investigativa parte, sostiene un comunicato dei giudici, da «un percorso omicida determinato a sconvolgere l'ordine pubblico con l'intimidazione o il terrore» e da alcuni elementi a connotazione religiosa, sequestrati durante una perquisizione e nei quali l'autore denuncia «un Paese di miscredenti». Nel frattempo, risulta che sia stato arrestato anche un coinquilino del profugo sudanese, due persone siano state interrogate e siano in corso altri fermi di persone sospette.
Stavolta, insomma, potrebbe anche non trattarsi di uno squilibrato o di un lupo solitario, ma di un gruppo determinato a compiere stragi fra la popolazione.

UNA SCIA DI OMICIDI
Oltralpe, gli scoppi improvvisi e apparentemente casuali di guerra santa sono ormai tanto numerosi quanto frequenti. Era accaduto il 3 gennaio scorso, a VilleJuif, periferia sud di Parigi, quando un uomo era stato accoltellato davanti alla moglie e altre due persone erano state ferite. In precedenza, il 31 agosto 2019 a Lione, un afghano richiedente asilo aveva pugnalato a morte un uomo ferendo altri otto passanti.
Così si alza in Europa la bandiera nera dell'odio islamico, facendo appello ai musulmani più tiepidi perché seguano l'esempio delle loro avanguardie e moltiplichino le loro vittime.
A livello istituzionale, invece, l'unica risposta, in questi casi, riguarda la cautela politica di non coinvolgere le comunità di musulmani e allontanare ogni accusa nei loro confronti, allo scopo di evitare rappresaglie contro le moschee e una successiva eventuale escalation di violenza. Si tenta di evitare la guerra civile, in un momento nel quale le forze dell'ordine e l'esercito sono impegnati ad assicurare il rispetto delle disposizioni del governo per scongiurare un ulteriore diffusione della pandemia.
In un tweet il ministro dell' Interno Christophe Castaner ha parlato di «un atto odioso», subito seguito da una dichiarazione ufficiale dell'Eliseo, nella quale il capo dello Stato, Emmanuel Macron, ha assicurato che «sarà fatta piena luce sull'atto atroce». «I miei pensieri sono con le vittime dell' attacco a Romans-sur-Isère, i feriti, le loro famiglie. Tutta la luce verrà fatta su questo atto odioso che ha gettato il nostro Paese nel lutto, che è già stato duramente colpito nelle ultime settimane», ha scritto il presidente della Repubblica sul suo account Twitter, riferendosi all' epidemia di Covid-19 che ha travolto la Francia.
Forse si erano dimenticati dell'altra emergenza. In concorrenza con il coronavirus, che negli Usa ha già provocato più morti degli attentati dell' 11 settembre, i terroristi islamici sono corsi ai ripari. Per non essere da meno.

Nota di BastaBugie: Mauro Faverzani nell'articolo seguente dal titolo "Nessuna condanna per terrorismo e guerre sante" spiega come l'allarme Coronavirus a livello mondiale rischia di far perdere di vista altre emergenze come quella islamica. Pericolo viceversa rilanciato dalle cronache dei giorni scorsi, riportando purtroppo tutti alla triste realtà, come dimostra, ad esempio, il discorso tenuto pubblicamente a Istanbul il mese scorso dal presidente turco Erdogan.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Corrispondenza Romana il 1° aprile 2020:
L'allarme Coronavirus a livello mondiale rischia di far perdere di vista altre emergenze da tempo latenti in aree geopoliticamente critiche, come quella islamica. Pericolo viceversa rilanciato dalle cronache dei giorni scorsi, riportando purtroppo tutti alla triste realtà, come dimostra, ad esempio, il discorso tenuto pubblicamente a Istanbul lo scorso 8 marzo dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
In esso ha chiarito come la crisi di migranti, scatenata al confine con la Grecia poco prima che la pandemia prendesse piede, fosse da intendersi come un atto ostile nei confronti dell'Europa, anzi una sorta di "guerra santa" islamica e, quindi, anche un tentativo di ristabilire l'impero ottomano e non semplicemente, come dichiarato all'inizio, una forma passiva di pressione su Nato ed Unione Europea per una redistribuzione dei rifugiati in fuga dalla Siria. «Questa tempesta, che sta scoppiando, è l'orda turca, o Signore! Conduci alla vittoria, perché questo è l'ultimo esercito islamico. Sì, questa tempesta, che si scatena, è il nostro esercito! Allah lo sostiene assieme alle preghiere di milioni di nostri amici. Questa tempesta è il cuore della nostra nazione. Tutti vedono e vedranno di cosa sia capace» ha, tra l'altro, dichiarato Erdogan. Parole, dunque, ben più minacciose della richiesta di una sorta di "corridoio umanitario" internazionale. Erdogan ha, tra l'altro, iniziato - non a caso - il suo intervento, citando una poesia di Yahya Kemal Beyath dal titolo 26 agosto 1922, con riferimento al giorno in cui la «Grande Offensiva», scatenata nel quadro della guerra d'indipendenza turca, schiacciò l'esercito greco, sbaragliandolo ed ammazzando o facendo prigioniera la metà dei soldati ellenici.
In effetti, secondo molti osservatori, il ruolo svolto anche nei giorni scorsi dalla Turchia nella crisi con la Grecia sarebbe stato molto più attivo di quanto si sia voluto far credere. L'emittente televisiva bulgara bTV ha accusato il governo di Ankara di aver spostato torme di immigrati al confine, dotandoli di gas lacrimogeni per inscenare la guerriglia, cui il mondo intero ha assistito. Alcuni video mostrerebbero stranieri costretti dai militari a scendere con la forza e sotto la minaccia di armi dagli autobus. Il che conferma l'analisi fatta da alcuni leader politici europei, tra i quali il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che ha parlato espressamente di «un'invasione».
Siamo di fronte ad un chiaro segnale, certo, ma non al solo. L'università islamica egiziana d'al-Azhar, una tra le più antiche ed autorevoli al mondo, si è rifiutata di bollare i miliziani dell'Isis come «eretici». Lo ha rivelato un rapporto presentato lo scorso 20 marzo dal Memri-Middle East Media Research Institute. La decisione di astenersi in merito e di non emettere alcuna fatwa dipenderebbe dal fatto di non volersi scontrare con le organizzazioni più estremiste ovvero Isis, Fratelli Musulmani ed altri movimenti analoghi. Secondo il rettore del prestigioso ateneo, Muhammad Ahmad al-Tayyib, «se decidessi che sono eretici, sarei come loro», ha dichiarato, rispondendo alla questione posta da un gruppo di studenti dell'Università del Cairo. Il vicerettore, Abbas Shuman, ha quindi aggiunto: «Per quel che ne so, in tutta la storia di al-Azhar, mai nessuno, persona o movimento, è stato da essa accusato di eresia. Non è questa la missione di al-Azhar». Sei anni fa Abbas Shuman era giunto a dichiarare «terroristiche le azioni dell'Isis» (si noti: le azioni, non coloro che le compiono, NdR), definendole «incompatibili con il buon islam. Il male provocato da quest'organizzazione dev'essere combattuto» (si noti: il male provocato, non l'organizzazione in quanto tale, NdR), anche «col ricorso alla forza», ma - ed ecco la vera conclusione di tutto questo arzigogolato discorso - «i suoi membri non devono mai essere dichiarati eretici».
La laconica posizione espressa da al-Azhar è stata duramente criticata dai media egiziani e percepita come una forma di reticenza nel cooperare alla lotta contro il terrorismo islamico. Secondo quanto scritto dal poeta egiziano Fatma Na'out sul quotidiano al-Masri al-Yawm, sarebbe ora che «al-Azhar si rendesse conto» di avere tra le mani la «bacchetta magica», per seppellire il terrorismo in Egitto e per sconfiggere l'Isis nel mondo: l'emissione di «una fatwa chiara e decisiva, che proclami eretico l'Isis» priverebbe di qualsiasi difesa «questi mostri», ha concluso. Da qui l'invito a non trasformarli in «fratelli nell'islam», che sarebbe «pertanto doveroso aiutare, anche quando pecchino, senza condizioni né riserve, in quanto musulmani».
I media egiziani accusano gli stessi programmi accademici di al-Azhar di promuovere l'estremismo ed il terrorismo. L'ex-ministro della Cultura, Gaber 'Asfour, ha definito il sistema educativo della celebre università islamica «atrofizzato ed arretrato», stagnante e retrogrado. Tutte accuse respinte dai diretti interessati, che hanno accusato la stampa d'aver scatenato contro di loro una campagna denigratoria e scorretta. Ma le accuse loro rivolte restano. E sono pesanti. Per smontarle, non bastano le chiacchiere, occorrono i fatti. In Turchia come in Egitto ed altrove, ovunque cioè scorra del sangue per mano delle sigle terroristiche islamiche.

Fonte: Libero, 5 aprile 2020

4 - CORONAVIRUS: OSTENSIONE STRAORDINARIA DELLA SACRA SINDONE
Davanti alla preziosa reliquia, nella quale vediamo in un'unica immagine tutte le stazioni della Via Crucis, il vescovo di Torino guiderà il Sabato Santo la venerazione in diretta tv (VIDEO: la Sacra Sindone)
Autore: Emanuela Marinelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06-04-2020

Una notizia inattesa ha riempito di gioia tutti gli appassionati della Sindone: Sabato Santo, 11 aprile, l'Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, alle 17 guiderà davanti alla venerata reliquia una liturgia di preghiera, trasmessa in diretta. Nel dare l'annuncio, Mons. Nosiglia ha detto che "questo tempo di contemplazione renderà disponibile a tutti, nel mondo intero, l'immagine del Sacro Telo, che ci ricorda la passione e morte del Signore, ma che apre anche il nostro cuore alla fede nella sua risurrezione".
In questo periodo di sofferenza e di solitudine, tutti abbiamo bisogno di sentirci raggiungere dalla luce della risurrezione che guarisca le nostre piaghe, fisiche e spirituali. Tutti stiamo sperimentando una condizione nuova di totale disorientamento, che non prevedevamo. Abbiamo perso le nostre certezze, i nostri punti di riferimento. Siamo tutti malati, chi nel corpo, chi nello spirito, chi in entrambi. La Sindone ci aiuta a trovare qualcosa di solido a cui aggrapparci, come una vela nel mare in tempesta. Come il mantello di Gesù, che la donna malata voleva toccare per essere risanata.
Nella Sindone vediamo in un'unica immagine tutte le stazioni della Via Crucis: le tracce della flagellazione, della coronazione di spine e delle percosse che preludono alla condanna a morte; il terriccio rimasto nelle ferite delle ginocchia, provocate dalle cadute; le tracce sulle spalle del patibulum, la traversa della croce. Possiamo immaginare lo strazio della Madre e la commozione delle pie donne nel vedere i tormenti atroci ai quali era sottoposto Gesù. Possiamo capire la tradizione che tramanda il gesto delicato di una donna, la Veronica, che asciuga il volto di Gesù: proprio la Sindone, immagine inspiegabile su un panno, ha ispirato questo episodio. E ancora vediamo la riapertura delle ferite della flagellazione, quando a Gesù viene tolta la tunica; i fori dei chiodi, ai polsi e ai piedi, traccia evidente della crocifissione; il segno della morte avvenuta, nella grande ferita al fianco da cui fuoriescono sangue e siero. Infine la deposizione e la sepoltura nel candido lenzuolo procurato da Giuseppe d'Arimatea.
Abbiamo bisogno della fisicità di quelle piaghe, che rendono Gesù così vicino a noi e accendono la speranza - che diventa certezza - che non finisce tutto con la morte. "Più forte è l'amore", ha sottolineato Mons. Nosiglia. E ha proseguito: "Questo è l'annuncio pasquale che la Sindone ci porta a rivivere e ci riempie il cuore di riconoscenza e di fede". "Fede nella sua risurrezione", queste le parole confortanti dell'Arcivescovo di Torino.
Sulla Sindone non vediamo solo le piaghe del Signore. Vediamo l'immagine del suo corpo, composto e solenne nella morte, ma impresso in modo misterioso da un fenomeno che ha ingiallito il lino come fa la luce. Le croste di sangue rimaste, parzialmente ridisciolte, ci testimoniano un tempo di contatto di circa 36-40 ore. Le ore della sera del Venerdì Santo, del Sabato Santo, dell'alba di Pasqua. Non di più. Quel corpo non è rimasto nel sepolcro, non ci sono segni di putrefazione.
In un tempo in cui sentiamo più forte la paura della morte, che aleggia nel rischio del contagio, che temiamo nella malattia di chi sta lottando in ospedale, che strappa al nostro affetto tante persone care, la Sindone ci avvolge con il calore dell'amore di Colui che ha dato la sua vita per noi.
Mons. Nosiglia ce lo ricorda con forza: "Sì, l'amore con cui Gesù ci ha donato la sua vita e che celebriamo durante la Settimana Santa è più forte di ogni sofferenza, di ogni malattia, di ogni contagio, di ogni prova e scoraggiamento. Niente e nessuno potrà mai separarci da questo amore, perché esso è fedele per sempre e ci unisce a lui con un vincolo indissolubile. Sì, la Sindone lo ripete al nostro cuore sempre: più forte è l'amore".
La visione della Sindone nel Sabato Santo conforterà i nostri cuori che stanno vivendo il digiuno dall'Eucaristia. Quando potremo tornare a riceverla, sarà con nuova consapevolezza, dopo la sofferenza della lontananza dal Corpo del Signore. Quel Corpo che i nostri occhi vedono impresso sulla Sindone, grondante del sangue delle sue ferite, delle quali tutti siamo responsabili. Ma gli occhi chiusi del Volto, sereno fra tanti tormenti, ci parlano della misericordia di Dio, che non vuole guardare i nostri peccati.
"L'amore che ci manifesta la Sindone ci sostiene nel credere che alla fine la luce vincerà le tenebre dello scoraggiamento e delle paure", ha affermato Mons. Nosiglia, "e la vita vincerà la morte e ogni altro male che assilla l'umanità".
Davanti alla Sindone, dunque, contemplando quel corpo, quel sangue, quel Volto, possiamo sentire il conforto grande di questa certezza: più forte è l'amore.

Nota di BastaBugie: Emanuela Marinelli, autrice del precedente articolo, è la massima esperta di Sacra Sindone e da anni gira l'Italia (e il mondo) per tenere conferenze sul prezioso lino, testimone silenzioso della risurrezione di Gesù.
Nel seguente video (durata: 7 minuti) Emanuela Marinelli fa una sintesi delle attuali conoscenze sulla Sindone. Per un video più completo della conferenza (durata 73 minuti), con bellissime immagini assolutamente da non perdere, clicca qui!


https://www.youtube.com/watch?v=grKVeldey4w

DIRETTA TELEVISIVA DELL'OSTENSIONE 2020

La preghiera straordinaria davanti alla Sindone sarà trasmessa in diretta su Rai Tre e su TV2000 il sabato santo (10 aprile) dalle 16,55 alle 17,30. Il segnale viene anche rilanciato in tutto il mondo grazie al collegamento con il Centro Televisivo Vaticano - Vatican Media che provvederà a distribuirlo via satellite a tutte le emittenti cattoliche italiane ed estere, in Europa, negli Stati Uniti, in Brasile e nell’Africa subsahariana. Tramite la distribuzione su Telepace il segnale sarà rilanciato in Nord Africa, Medio Oriente sul canale Sky 515 HD e Australia e ancora sul canale 815 TVSAT.
La trasmissione sarà raggiungibile anche attraverso i siti di comunicazione della Santa Sede (www.vaticanews.va). Anche il quotidiano «Avvenire» e il sito della Chiesa italiana (www.chiesacattolica.it) sono coinvolti per offrire al maggior numero possibile di persone il servizio delle dirette tv e social. Il sito dell’Ansa offrirà ugualmente il servizio in diretta sulla propria home page. Numerose emittenti del territorio torinese e piemontese riprenderanno il segnale partendo dal canale Youtube ufficiale della Sindone: https://www.youtube.com/c/Sindone2020

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06-04-2020

5 - CORONAVIRUS: ORA BASTA, RIVOGLIAMO LE MESSE!!!
La questione dobbiamo sollevarla noi credenti: i sacramenti sono una necessità primaria, come il cibo (supermercati), l'informazione (edicole) e le sigarette (tabaccai)
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 5 aprile 2020

Visto che nessuno può fare previsioni sul futuro, ma che da nessuna parte si vocifera certo di una imminente riapertura totale, bisogna cominciare a ragionare su come convivere con questa situazione per un tempo abbastanza lungo. Dobbiamo prepararci a qualsiasi evenienza e dunque riaprire la questione delle funzioni religiose sospese. Non possiamo pensare di stare senza messa fino all'estate o addirittura fino all'autunno, esattamente come non stiamo pensando di stare senza spesa, benché il supermercato sia un posto ben più insidioso delle chiese vuote.
Ma la questione dobbiamo sollevarla noi credenti: è evidente che il tema della fede non è più di rilevanza pubblica. Lo Stato ci riconosce solo formalmente, ma nella realtà - se le cose rimangono così - possiamo dire che lo spirito del Concordato è finito ed è stato tradito ampiamente, se si vietano le messe e non si riconosce la frequenza dei sacramenti come una necessità primaria, come il cibo, l'informazione (edicole aperte), il fumo (tabaccai idem). So bene che il Concordato non può essere denunciato da un gruppo di fedeli, seppur nutrito, e che la cosa porrebbe moltissimi problemi giuridici, nonché la questione dell'8 per mille; lo so, ma non è l'aspetto giuridico che mi interessa, bensì la missione profetica che la Chiesa deve continuare ad avere. In un momento in cui tutti parlano continuamente e solo di virus e contagi e mascherine e antivirali e numeri e precauzioni, la Chiesa deve aiutarci a guardare più in alto, a leggere questo che stiamo vivendo come un richiamo e una grazia, il promemoria del totalmente Altro che reclama a sé i nostri cuori impauriti. Ma se la Chiesa chiude e si ritira, se prende le stesse precauzioni di un'associazione qualunque, come può aiutare chi ha paura a trovare un senso di eternità a quello che succede?

VOGLIAMO LA MESSA PERCHÉ NE ABBIAMO BISOGNO
Allora noi, esigua minoranza che riteniamo la partecipazione ai sacramenti essenziale almeno quanto l'accesso ai supermercati, dovremmo affermare, insieme ai tantissimi sacerdoti (praticamente tutti quelli che conosco) che non è minimamente pensabile che il popolo dei cattolici sia lasciato totalmente senza messa fino all'estate (veramente da qualche parte leggo che non è neppure scontato che l'estate spazzerà via tutto), mentre le altre necessità evidentemente inferiori continuano a essere soddisfatte.
Io non voglio davvero giudicare nessuno, né il Governo, né i pastori, che nell'emergenza hanno ritenuto opportuno correre i minori rischi possibili. All'inizio non si capivano bene le dimensioni del problema, i tempi, le misure da prendere. Comprendo chi spinto dall'emergenza e dalla necessità ha scelto di obbedire alla decisione della sospensione delle messe, non solo senza protestare, ma addirittura aggiungendo talora la chiusura dei luoghi di culto, che in tante parti di Italia continuano a essere inaccessibili.
Però adesso dobbiamo prendere le misure con questa situazione. Si è trovato il modo di regolamentare tutto, si trovi un modo anche per le messe. Ma dobbiamo essere noi cattolici, e prima di tutto i nostri pastori, a pretenderlo, non aspettare che sia il Governo a concederlo. I pastori devono pretenderlo, e risponderne davanti a Dio, quindi avendo cura della salute fisica dei fedeli, che saranno certo pronti a prendere almeno le stesse precauzioni che seguono disciplinatamente per andare a fare la spesa.
E' chiaro che al fondo di tutto c'è una questione di fede, che è ormai compresa da pochissimi. Di sicuro non dalle istituzioni, che riconoscono alla Chiesa solo il diritto di continuare a fare carità per il corpo, come è giusto che sia. Anzi, le attività sono aumentate. Ci sono mense aperte, con maggiori distanziamenti, ci sono distribuzioni di cibo e vestiti. Anche quelli sono a rischio assembramento. L'unico motivo per cui non si riconosce la stessa rilevanza alla messa risiede nel fatto che le nostre autorità, evidentemente, non riconoscono la nostra fede: pensano che per dare un panino ci si può organizzare con guanti e mascherine e distanze, ma per dare il corpo di Cristo non vale la pena sbattersi troppo.
Che la autorità civili la pensino così non mi sconvolge, è evidente da ogni singola legge. Ma noi che sappiamo che la fede è un incontro con una persona dobbiamo annunciarlo, anche chiedendo che questo incontro ci venga consentito, come ci è permesso andare a comprare il pane. I nostri pastori lo pretendano!

LA SCIENZA CONCORDA CON LA FEDE
Premetto che ho parlato con diversi medici cattolici in primissima linea sul fronte del Covid. Quelli delle città più colpite. Non solo sono d'accordo sul fatto che sia assolutamente possibile trovare un modo per far riprendere le messe aperte al popolo, ma anzi sono forse quelli che ne hanno più bisogno. Combattono in modo estenuante dalla mattina alla sera, guardano in faccia la morte tutti i giorni, come si può lasciarli senza eucaristia?
Si trovino soluzioni. Ce ne sono infinite: a prenotazione, con il numerino (se sei fuori un giorno almeno ti prenoti per il successivo), con delle liste, dei turni, messe più brevi e senza omelia, più frequenti, all'aperto. Si mettano nastri sulle panche per indicare i posti. La vorrei vedere, tra l'altro, la gente che si contende il privilegio, sarebbe proprio una bella sorpresa. (A parte alla messa delle palme che essendo quella col gadget in regalo è la più affollata dell'anno).
Le occasioni di contagio sono molte di meno che al supermercato, perché non devi toccare niente, non ti porti a casa niente, non metti nei pensili roba con il cartone o la plastica su cui forse ha tossito qualcuno con il virus. Il sacerdote può indossare la mascherina nell'unico momento in cui ci si avvicina - sempre a più di un metro - a lui. Si può pulire le mani con l'amuchina prima della comunione.
Insomma, non si può trattare la messa come il cinema o il teatro. Non è uno spettacolo a cui puoi assistere anche fra sei mesi, è il centro della vita del cristiano, e la fretta che c'è stata nel sospenderla può essere comprensibile solo nel momento della paura e della concitazione, mentre è imperdonabile adesso che si deve imparare a convivere col virus. Non si può trattenere il fiato a oltranza e la messa per noi è il respiro.
I medici potrebbero dare indicazioni: magari vieterebbero l'accesso agli over 65 (e già nella mia parrocchia certi giorni rimarremmo in tre, se va bene), agli immunodepressi, a chi vive con qualche categoria a rischio. Poi però coerentemente bisognerebbe impedire anche l'accesso ai supermercati agli over 65, organizzare la consegna a casa obbligatoria, perché è inutile che mi vieti la messa alla vecchina che poi va tra le corsie dello scatolame ben più strette delle nostre chiese da 800 posti sempre vuote.

LA CHIESA DEVE ANNUNCIARE LA SALVEZZA OFFERTA DA CRISTO
Adesso tutti hanno capito bene le regole, e se è vero che le forze dell'ordine dicono che un 3% delle persone che fermano non sono in regola, significa che il 97% del nostro popolo allergico alle regole questa volta le sta rispettando. Mi aspetto che tra i frequentatori delle chiese la percentuale salga ulteriormente, ma comunque anche un 3% sarebbe gestibile: in ogni parrocchia ci sono dei laici che potrebbero collaborare con una sorta di servizio di sicurezza.
La Chiesa così annuncerebbe in modo visibile e chiaro che la vera guarigione è quella che Cristo è venuto a portarci, la guarigione dal peccato originale grazie al suo sacrificio, quello che si consuma durante ogni messa, che ci fa diventare suoi contemporanei. È un incontro insostituibile e irrinunciabile: che non lo sappiano al Viminale ci sta, che lo dimentichiamo noi, no.
Vi prego, astenetevi dal farmi la predica sull'obbedienza (non mi pare un valore spirituale l'obbedienza alle leggi civili, alla quale siamo tutti tenuti, ma è tutto un altro piano, quello) e anche sul fatto che Dio parla lo stesso, nelle nostre case, mentre serviamo e amiamo i familiari (se vado a messa ho comunque altre 23 ore e trenta per stare nella mia realtà), nelle nostre preghiere solitarie. Lo so che Dio parla e agisce, e sono certa che sta facendo miracoli nelle vite di ciascuno, so che si serve anche di questa strana storia. Ma pensare che le preghiere da soli possano sostituire l'azione liturgica è una sorta di devozionismo, contrario e opposto, quindi complementare all'idea tutta sociale di una Chiesa che siccome dà i pacchi viveri sta facendo tutto quello che deve. È lo stesso problema: pensare che non abbiamo bisogno di Dio e della Chiesa per essere guariti dal peccato originale, pensare che possiamo essere buoni da soli.
Proprio in questo momento in cui la morte, la grande rimossa, è al centro della scena pubblica, è il momento di annunciare che solo uno ha il potere sulla morte, solo lui ci parla di vita, e per sempre. Ma ne ha il potere grazie al suo sacrificio, che ci ha detto di "fare in memoria di lui". Ora che molti sono terrorizzati parliamo dell'unico che può dirci "non temete". Ora che pregano anche gli insospettabili, permettiamo loro di ascoltare parole buone in chiesa. [...]

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 5 aprile 2020

6 - LA PAURA DA CORONAVIRUS SARA' USATA PER LA SVOLTA TOTALITARIA
Conte punta al Quirinale, mentre con Draghi l'Italia sarà commissariata con il pretesto dell'emergenza (sanitaria ed economica) e intanto il popolo accetta impotente la limitazione della libertà personale e dei legami sociali (VIDEO: La verità sulle app di tracciamento)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 5 aprile 2020

Il problema è l'uso politico della paura. Perché oggi, padrona incontrastata della scena pubblica e dei sentimenti privati, è la paura della pandemia, del contagio, di questo nemico invisibile e feroce che si può nascondere dovunque e d'improvviso può assalirti e condannarti in poche ore a una morte atroce, solo come un cane.
Una paura di tutto un popolo (e di quasi tutto il mondo) come mai si era vista serpeggiare fra la gente. Ma, attenzione, c'è un'operazione politica in corso in Italia che fa leva proprio su questa ansia collettiva.
La tentazione del potere di usare la paura c'è sempre stata, come spiegava anni fa Zygmunt Bauman: "Di sicuro la costante sensazione di allerta incide sull'idea di cittadinanza nonché sui compiti ad essa legati che finiscono per essere liquidati o rimodellati. La paura è una risorsa molto invitante per sostituire la demagogia all'argomentazione e la politica autoritaria alla democrazia. E i richiami sempre più insistiti alla necessità di uno stato di eccezione vanno in questa direzione".
Queste parole di Bauman fanno pensare all'Italia oggi alle prese con l'epidemia da coronavirus.

ADDIO POPOLO SOVRANO
Ieri un insigne giurista, Claudio Zucchelli (fino a pochi mesi fa Presidente della Sezione Normativa del Consiglio di Stato), in un suo intervento, giudicava "molto dubbia" la "costituzionalità" dei Dpcm e del  le ordinanze emanate a causa del Covid19, "avendo essi limitato diritti fondamentali costituzionali".
Infatti si può incidere su quei diritti "in caso di emergenza... purché le limitazioni scaturiscano dal rispetto delle forme cioè della sovranità popolare" che si esprime nel Parlamento.
È vero che - dopo molte critiche in questo senso - "il governo ha presentato al Parlamento un decreto legge (n. 19 del 2020) con il quale ha creduto di aggiustare la situazione. In realtà" spiega Zucchelli "nulla è cambiato, perché il Dl enumera e descrive tutte le misure restrittive già contenute nei precedenti Dpcm, ma non le adotta, delegandole al Presidente. È questi che decide sulla esistenza o no dello stato di eccezione, non il Parlamento. Ma chi ha il potere di decidere lo stato di eccezione e sospendere il diritto, possiede la sovranità, e dunque la sovranità si sposta dal popolo al Presidente".
Zucchelli spiega: "Questa è la violazione avvenuta in questa contingenza perché sono stati accentrati nelle mani del governo il potere normativo e quello esecutivo. Situazione dalla quale metteva in guardia Montesquieu. Il drammatico dubbio è quindi che con il pretesto della emergenza, si tenti di cambiare il volto stesso della democrazia occidentale, andando verso una democrazia autoritaria, ossimoro che cela una nuova forma di Stato autoritario".
Proprio per la paura dilagante in queste settimane tutto un popolo ha accettato senza la minima obiezione qualcosa che sarebbe stato impensabile fino a pochi giorni fa: la forte limitazione della nostra libertà personale, la rinuncia ai nostri legami sociali e addirittura la prospettiva prossima del baratro economico.
Il paese vive questa generale condizione di paralisi come ipnotizzato. Senza ancora rendersi conto precisamente di cosa sta accadendo.

LA TATTICA DI CONTE
Ma perché Conte ha deciso quella forzatura? La via naturale sarebbe stato un serio dibattito parlamentare con il coinvolgimento di tutte le forze politiche nel governo per avere l'unità del Paese e renderlo più forte in questa battaglia terribile.
Ma questo avrebbe significato rimettere in gioco il centrodestra (che è maggioranza nel paese) e Salvini (che Conte detesta) e probabilmente avrebbe portato pure all'accantonamento di Conte.
Perciò l'attuale premier - che sta a Palazzo Chigi senza legittimazione popolare - con i suoi strateghi ha scelto la via opposta, intravedendo in questa emergenza nazionale la grande occasione per darsi un'immagine da leader.
Ha dunque varato una sorprendente operazione politica. Si è preso un ruolo esorbitante invadendo tv e altri media e diventando l'unico attore sulla scena, non avendo voluto neanche nominare un Bertolaso per l'emergenza (pure il consiglio dei ministri è evaporato). È diventato un uomo solo al comando e si è proposto come il Grande Rassicuratore della gente impaurita dall'epidemia.
Gli errori fatti da lui e dal suo governo da fine gennaio, quando è scattato l'allarme, nella gestione dell'emergenza, sono davvero grandi (da quelli sulla Lombardia, alle preziose settimane di febbraio perse senza far nulla, dalla mancanza di attrezzature di protezione, perfino negli ospedali, fino alla carenza di cure a domicilio per i positivi).
Ma paradossalmente e inspiegabilmente tutto questo non sembra suscitare (ancora) indignazione. Perché fra la gente la ragione critica è oggi totalmente soffocata dalla paura. Infatti - nonostante questi errori - nei sondaggi pare che il consenso attorno a Conte e questo governo - al momento - sia cresciuto.
Perché? E perché l'opposizione - che ha cercato di dare il suo contributo critico evidenziando gli errori del governo, viene - a quanto - pare penalizzata?
Lo ha spiegato bene Marco Gervasoni nel suo pamphlet, "Coronavirus: fine della globalizzazione" (con Corrado Ocone): "Quando c'è la paura - e l'epidemia è uno dei fattori che più la scatena - l'essere umano è pronto a rinunciare a tutto, pur di salvare la vita. Quando l'uomo ha paura ha bisogno sì di un capo. Ma di un capo che lo rassicuri, non che crei ulteriore paura o ansia... quando l'uomo ha paura di morire si affida a chi può dargli maggiore certezze. Per questo inevitabilmente, sul breve periodo (che però non sappiamo quanto potrà essere lungo) la crisi mondiale favorirà chi al potere già ci sta".
Il bisogno collettivo di rassicurazione si vede bene nel successo del più sciocco slogan del secolo: "andrà tutto bene". Si contano i morti a migliaia ogni giorno, ma la gente ha bisogno di qualcuno che - come ai bambini - ripeta: non preoccuparti, andrà tutto bene. Contro ogni evidenza, perché questo non è il momento della razionalità.
Conte si è inserito in questa ondata di paura, per rispondere a tale bisogno di rassicurazione, come unica autorità in campo [...] e lo ha fatto ostentando appunto paterna protezione. Così è cresciuto in popolarità.
Il suo progetto politico punta al Quirinale.

DIRETTORIO
Ma è difficile che un governicchio così debole e minoritario possa superare l'enorme scoglio rappresentato dal crollo della nostra economia(a fine aprile arriveranno i primi dati e saranno terrificanti).
Di fronte a quella situazione drammatica s'imporrebbe la necessità di un governo di unità nazionale, che fosse largamente maggioritario in parlamento e nel Paese, ma sicuramente si accamperanno le solite scuse: "non si può fare una crisi di governo in questa situazione di emergenza e tanto meno si possono fare le elezioni".
Allora potrebbe saltar fuori dal cilindro l'idea di un direttorio di illuminati che affiancherebbero il premier per "salvare" il Paese dal tracollo totale.
Nei giorni scorsi una falsa notizia attribuita all'Ansa (che ha subito fatto denuncia), parlava di colloqui fra le alte istituzioni su una "task force per la ricostruzione" e si facevano i soliti nomi di Draghi, di Cassese e di Amato.
"Notizia falsa, ma in fondo verosimile", ha commentato Lettera43. Chi l'ha fabbricata potrebbe aver orecchiato idee che circolano nell'aria. Qualcuno sospetta che alcuni di quei nomi siano stati fatti per essere "bruciati".
Se si percorresse quella via sarebbe una sorta di commissariamento della Repubblica che forse passerebbe in modo indolore fra la gente attanagliata dalla paura e - anche - dal dramma economico. La paura e l'emergenza permettono tante cose.
In fondo le prove generali sono appena state fatte in questi giorni. Il rischio, come scrive Zucchelli, è che "con il pretesto della emergenza, si tenti di cambiare il volto stesso della democrazia occidentale, andando verso una democrazia autoritaria".

Nota di BastaBugie: con la scusa del virus ci tolgono la libertà. Luca Donadel nel suo video (durata: 5 minuti) dal titolo "La verità sulle app di tracciamento" ci spiega tutti i rischi.


https://www.youtube.com/watch?v=EErPz4l1rcg

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Libero, 5 aprile 2020

7 - CORONAVIRUS E MODELLO CINESE: LA TECNOLOGIA PERMETTE IL CONTROLLO TOTALE DI OGNI SINGOLO CITTADINO
Con la scusa dell'epidemia e grazie a smartphone e app, il governo potrà impedire a chiunque di uscire di casa, prendere la metro, fare la spesa, andare in banca (VIDEO: Benvenuti a Gattaca)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 3 aprile 2020

Un'occasione così il regime cinese non poteva lasciarsela scappare e infatti l'ha colta al volo. Grazie all'epidemia di coronavirus, con la scusa di combattere un'ondata di ritorno dei contagi, il governo ha imposto un nuovo e ulteriore strumento per la sorveglianza di massa della popolazione. Grazie alla tecnologia, agli smartphone e alle app ora in Cina la repressione potrà diventare addirittura preventiva.

IL CODICE SANITARIO TRAMITE WECHAT E ALIPAY
Il "sistema Qr code sanitario" è stato sperimentato a partire dall'11 febbraio nella città di Hangzhou, esteso inizialmente a tre province (Zhejiang, Sichuan e Hainan più la municipalità da 180 milioni di abitanti di Chongqing) e ora a tutto il paese. Il sistema è molto semplice e funziona attraverso le due app più popolari di tutta la Cina: WeChat e Alipay. La prima è l'equivalente di Whatsapp creata del gigante Tencent, ma molto più avanzata e con decine di funzionalità; la seconda è stata sviluppata da Alibaba, la compagnia di e-commerce più grande al mondo, e permette di pagare qualsiasi cosa in Cina.
Entrambe le app forniscono un codice sanitario: verde, giallo o rosso. Il primo stabilisce che sei sano, il secondo che potresti essere stato a contatto con un malato di coronavirus e che dovresti dunque restare in autoisolamento per sicurezza, mentre il terzo sancisce che sei malato e che devi restare in quarantena. Nessuno sa con quale criterio vengano assegnati i codici ogni giorno, ma il sistema chiede di inserire il numero della carta di identità, notizie sui sintomi come febbre o tosse, sulla propria cartella clinica (comprese le malattie passate), dettagli sugli spostamenti delle ultime due settimane e delle persone con cui si è venuto in contatto.

SENZA CODICE VERDE NON SI PUÒ FARE NULLA
A Wuhan, epicentro dell'epidemia, come anche a Pechino, Tianjin, Shanghai, Chongqing e tutte le città cinesi più importanti, un codice verde è indispensabile per salire sulla metro, prendere il treno o l'aereo, entrare in banca, al supermercato, nei bar, nei ristoranti, in ufficio, a scuola o addirittura per entrare in alcuni quartieri delle città. Chi ha un codice verde è libero, chi non ce l'ha, anche se non ritiene di essere malato o un pericolo per la salute altrui, non può fare letteralmente nulla.
Ancora non è chiaro a quali sanzioni va incontro chi viola il regolamento (uscendo ad esempio di casa con un codice rosso o giallo, oppure inserendo informazioni errate sul proprio stato di salute) ma le autorità hanno già annunciato che chiunque non rispetterà l'ordine delle app «sarà punito severamente». In particolare, il governo della provincia dell'Heilongjiang, nel nord-est del paese, ha dichiarato che chiunque violi le regole o fornisca informazioni sbagliate sarà «penalizzato in modo tale da subire un pesante impatto nella vita personale e lavorativa futura».

900 MILIONI DI CINESI CONTROLLATI DAL CODICE
Uno dei metodi per punire le persone potrebbe essere quello di abbassare il punteggio personale attraverso il "sistema di informazione sulla reputazione personale", il più colossale tentativo mai messo in atto da un governo per controllare, valutare e sanzionare di conseguenza il comportamento dei cittadini e delle imprese. Attraverso le telecamere e il riconoscimento facciale, infatti, ogni comportamento illecito (dal passaggio con il rosso a un ritardo nel pagamento del mutuo), viene segnato e conteggiato. Chi ha un punteggio basso non può più comprare biglietti del treno e dell'aereo, accendere mutui, aprire un conto in banca o accedere a lavori statali. Nel 2018 a 17,46 milioni di cinesi giudicati «inaffidabili» è stato impedito di acquistare biglietti aerei, mentre a 5,47 milioni di prendere il treno ad alta velocità. Inoltre, 3,59 milioni di imprese non hanno potuto candidarsi per appalti o chiedere credito alle banche.
Secondo i dati rilasciati da Tencent, già 900 milioni di cinesi hanno attivato la funzione del codice sanitario su WeChat, Alibaba invece non ha ancora diffuso i dati. Nelle ultime settimane, l'utilizzo dell'app è stato integrato rispetto all'inizio: a Wuhan, ad esempio, prima di salire sulla metro bisogna scannerizzare il codice del vagone. In questo modo, se mai uno di quelli che è salito avrà un codice rosso, anche tutte le persone che alla stessa ora hanno scannerizzato lo stesso codice si ritroveranno perlomeno un codice giallo e non potranno uscire di casa. Senza neanche sapere perché.

LA REPRESSIONE DIVENTA PREVENTIVA
Su internet negli ultimi giorni si sono moltiplicate le lamentele di persone che sostengono di aver ricevuto un codice giallo o rosso senza motivo, per errore. Purtroppo non ci sono numeri verdi da chiamare e con i quali lamentarsi: che siano veramente sani o malati, fino a quando non avranno un codice verde non potranno mettere piede fuori di casa.
Il governo ha spiegato che la tecnologia è indispensabile per arginare il ritorno dell'epidemia, ma è evidente che il codice sanitario è un'arma potentissima nelle mani di un regime che è già in grado di sorvegliare le città e sanzionare i comportamenti delle persone con la censura e attraverso telecamere onnipresenti a ogni angolo di strada. Per la prima volta il governo potrà, attraverso le app, impedire a chiunque perfino di comprare da mangiare o di muoversi con i mezzi pubblici. Per farlo non avrà bisogno di assoldare qualcuno per controllare la persone, basterà far apparire sui loro telefoni un codice rosso. Così la repressione diventa addirittura preventiva: un livello mai raggiunto prima da nessun regime al mondo.

Nota di BastaBugie: ben 22 anni fa il film distopico dal titolo "Gattaca" prevedeva un futuro prossimo in cui grazie ai controlli della genetica lo Stato poteva decidere chi promuovere socialmente e chi svantaggiare. Oggi in Cina quel film è diventato realtà: con la scusa della salute del cittadino, lo Stato lo controlla e decide cosa può fare e cosa no.
Per informazioni e varie clip del film Gattaca clicca qui, mentre qui sotto trovi il trailer dell'imperdibile film. Da vedere, rivedere e consigliare ai figli e agli amici.


https://www.youtube.com/watch?v=Qa16C5tIaQI

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Tempi, 3 aprile 2020

8 - NIENTE SARA' PIU' COME PRIMA DEL CORONAVIRUS
L'arcivescovo di Trieste spiega in 7 punti cosa ci ha insegnato questa epidemia e da dove ripartire sia dal punto di vista personale che sociale
Autore: Mons. Giampaolo Crepaldi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19-03-2020

L'epidemia connessa con la diffusione del "COVID-19" ha un forte impatto su molti aspetti della convivenza tra gli uomini e per questo richiede anche un'analisi dal punto di vista della Dottrina sociale della Chiesa. Il contagio è prima di tutto un evento di tipo sanitario e già questo lo collega direttamente con il fine del bene comune. La salute ne fa certamente parte.
Nel contempo pone il problema del rapporto tra l'uomo e la natura e ci invita a superare il naturalismo oggi molto diffuso e dimentico che, senza il governo dell'uomo, la natura produce anche disastri e che una natura solo buona e originariamente incontaminata non esiste. Poi pone il problema della partecipazione al bene comune e della solidarietà, invitando ad affrontare in base al principio di sussidiarietà i diversi apporti che i soggetti politici e sociali possono dare alla soluzione di questo grave problema e alla ricostruzione della normalità quando fosse passato. È emerso con evidenza che tali apporti devono essere articolati, convergenti e coordinati. Il finanziamento della sanità, problema che il coronavirus fa emergere con grande evidenza, è un problema morale centrale nel perseguimento del bene comune.
Urgono riflessioni sia sulle finalità del sistema sanitario, sia sulla sua gestione e sull'utilizzo delle risorse, dato che un confronto con il recente passato fa registrare una notevole riduzione del finanziamento per le strutture sanitarie. Connessi con il problema sanitario ci sono poi le questioni dell'economia e della pace sociale, dato che l'epidemia mette in pericolo la funzionalità delle filiere produttive ed economiche e il loro blocco, se continuato nel tempo, produrrà fallimenti, disoccupazione, povertà, disagio e conflitto sociale.
Il mondo del lavoro sarà soggetto a forti rivolgimenti, saranno necessarie nuove forme di sostegno e solidarietà e occorrerà fare delle scelte drastiche. La questione economica rimanda a quella del credito e a quella monetaria e, quindi, ai rapporti dell'Italia con l'Unione Europea da cui dipendono nel nostro Paese le decisioni ultime in questi due settori. Ciò, a sua volta, ripropone la questione della sovranità nazionale e della globalizzazione, facendo emergere la necessità di rivedere la globalizzazione intesa come una macchina sistemica globalista, la quale può anche essere molto vulnerabile proprio a motivo della sua rigida e artificiale interrelazione interna per cui, colpito un punto nevralgico, si producono danni sistemici complessivi e difficilmente recuperabili. Destituiti di sovranità i livelli sociali inferiori, tutti ne saranno travolti. D'altro canto, il coronavirus ha anche messo in evidenza le "chiusure" degli Stati, incapaci di collaborare veramente anche se membri di istituzioni sovranazionali di appartenenza. Infine, l'epidemia ha posto il problema del rapporto del bene comune con la religione cattolica e quello del rapporto tra Stato e Chiesa. La sospensione delle messe e la chiusura delle chiese sono solo alcuni aspetti di questo problema.
Così ci sembra essere il quadro complesso dei problemi investiti dall'epidemia da coronavirus. Si tratta di argomenti che interpellano la Dottrina sociale della Chiesa per cui il nostro Osservatorio si sente chiamato ad offrire qualche riflessione, sollecitando altri contributi in questa direzione. L'enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI, scritta nel 2009 al tempo di un'altra crisi, affermava che "La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità" (n. 21).

1) LA FINE DEL NATURALISMO IDEOLOGICO
Le società erano e sono attraversate da varie forme ideologiche di naturalismo che l'esperienza di questa epidemia potrebbe correggere. L'esaltazione di una natura pura e originariamente incontaminata di cui l'uomo sarebbe l'inquinatore non teneva e, a maggior ragione, non tiene ora. L'idea di una Madre Terra dotata originariamente di un suo equilibrio armonico con il cui spirito l'uomo dovrebbe connettersi per ritrovare il giusto rapporto con le cose e con se stesso è una sciocchezza che questa esperienza potrebbe dissolvere. La natura deve essere governata dall'uomo e le nuove ideologie panteiste (e non solo) postmoderne sono ideologie disumane. La natura, nel senso naturalistico del termine, produce anche disequilibri e malattie e per questo deve essere umanizzata. Non è l'uomo a doversi naturalizzare, ma la natura a dover essere umanizzata.
La rivelazione ci insegna che il creato è affidato alla cura e al governo dell'uomo in vista del fine ultimo che è Dio. L'uomo ha il diritto, perché ha il dovere, di gestire la creazione materiale, governandola e traendo da essa quanto necessario e utile per il bene comune. Il creato è affidato da Dio all'uomo, al suo intervento secondo ragione e alla sua capacità di dominio sapiente. È l'uomo il regolatore del creato, non viceversa.

2) I DUE SIGNIFICATI DEL TERMINE "SALUS"
Il termine "Salus" significa salute, nel senso sanitario del termine, e significa anche salvezza, nel senso etico-spirituale e soprattutto religioso. L'attuale esperienza del coronavirus testimonia ancora una volta che i due significati sono interconnessi. Le minacce alla salute del corpo inducono cambiamenti negli atteggiamenti, nel modo di pensare, nei valori da perseguire. Essi mettono alla prova il sistema morale di riferimento dell'intera società. Esigono comportamenti eticamente validi, denunciano atteggiamenti egoistici, disinteressati, indifferenti, di sfruttamento. Evidenziano forme di eroismo nella comune lotta al contagio e, nello stesso tempo, forme di sciacallaggio di chi approfitta della situazione.
La lotta al contagio richiede un ricompattamento morale della società in ordine a comportamenti sani, solidali, rispettosi, forse più importante del ricompattamento delle risorse. La sfida alla salute fisica si pone quindi in rapporto con la sfida alla salute morale. Serve un profondo ripensamento delle derive immorali della nostra società, a tutti i livelli. Spesso le disgrazie naturali non sono del tutto naturali, ma hanno alle spalle atteggiamenti moralmente disordinati dell'uomo. Non è ancora definitivamente chiarita l'origine del "COVID-19" e anche esso potrebbe dimostrarsi non di origine naturale. Ma anche ammessa la sua origine puramente naturale, il suo impatto sociale chiama in causa l'etica comunitaria. La risposta non è e non sarà solo scientifico-tecnica, ma dovrà essere anche morale. Dopo la tecnica, la grave contingenza del coronavirus dovrebbe far rivivere su nuove solide basi la morale pubblica.

3) LA PARTECIPAZIONE AL BENE COMUNE
Si richiede una partecipazione etica perché in causa c'è il bene comune. L'epidemia da coronavirus contraddice tutti coloro che hanno sostenuto che il bene comune come fine morale non esiste. Se così fosse, per cosa si impegnerebbero tutte le persone che, dentro e fuori le istituzioni, si danno da fare e lottano? A quale impegno sarebbero chiamati i cittadini con le ordinanze restrittive se non ad un impegno morale per il bene comune? Su quale base si dice che alcuni comportamenti in questo momento sono "doverosi"? Chi negava l'esistenza del bene comune o chi affidava il suo conseguimento solo a delle tecniche, ma non all'impegno morale per il bene, oggi è contraddetto dai fatti. È il bene comune a dirci che quello della salute è un bene che tutti dobbiamo promuovere. È il bene comune a dirci che la parola Salus ha due significati.
Questa esperienza del coronavirus sarà fatta lievitare al punto da approfondire e allargare questo concetto del bene comune? Mentre si lotta per salvare la vita di tante persone, gli interventi di aborto procurato non cessano, né cessano le vendite delle pillole abortive, né cessano le pratiche eutanasiche, né cessano i sacrifici di embrioni umani e tante altre pratiche contro la vita e la famiglia. Se si riscopre il bene comune e la necessità di una corale partecipazione in suo favore nel campo della lotta all'epidemia, si dovrebbe avere il coraggio intellettivo e della volontà di estendere il concetto fino a là dove naturalmente deve essere esteso.

4) LA SUSSIDIARIETÀ NELLA LOTTA PER LA SALUTE
La mobilitazione in atto contro la diffusione del coronavirus ha visto la partecipazione di molti livelli talvolta coordinati talvolta meno. Ci sono dei compiti diversi che ognuno ha svolto secondo la sua responsabilità. Una volta superata la tempesta questo permetterà di rivedere qualcosa che nella filiera sussidiaria non abbia funzionato a dovere e di riscoprire il principio importante della sussidiarietà per applicarlo meglio e applicarlo in ogni campo esso possa essere applicato. Una esperienza in modo particolare deve essere valorizzata: la sussidiarietà deve essere "per" e non come difesa "da": deve essere per il bene comune e, quindi, deve avere un fondamento etico e non solo politico o funzionalistico. Un fondamento etico fondato sull'ordine naturale e finalistico della vita sociale. L'occasione è propizia per abbandonare le visioni convenzionali dei valori e dei fini sociali.
Un punto importante messo ora in evidenza dall'emergenza coronavirus è il ruolo sussidiario del credito. Il blocco di ampi settori dell'economia per garantire maggiore sicurezza sanitaria e diminuire la diffusione del virus mettono in crisi economica, soprattutto di liquidità, le imprese e le famiglie. Se la crisi dovesse durare a lungo si prospetta una crisi della circolarità di produzione e consumo, con lo spettro della disoccupazione. Davanti a questi bisogni il ruolo del credito può essere fondamentale e il sistema finanziario potrebbe riscattarsi da tante e riprovevoli dilapidazioni interessate del recente passato.

5) SOVRANITÀ E GLOBALIZZAZIONE
L'esperienza in atto del coronavirus impone di riconsiderare anche i due concetti di globalizzazione e di sovranità nazionale. C'è una globalizzazione che intende l'intero pianeta come un "sistema" di rigide connessioni e incastri, una costruzione artificiale governata da addetti ai lavori, una serie di vasi comunicanti apparentemente incrollabili. Una simile concezione si è però rivelata anche debole perché basta colpire il sistema in un punto e si crea un effetto domino a valanga. L'epidemia può mettere in crisi il sistema sanitario, le quarantene mettono in crisi il sistema produttivo, questo fa crollare il sistema economico, povertà e disoccupazione non alimentano più il sistema del credito, l'indebolimento della popolazione la espone a nuove epidemie e così via in una serie di circoli viziosi ad estensione planetaria.
La globalizzazione presentava fino a ieri i suoi fasti e le sue glorie di perfetto funzionamento tecnico-funzionale, di indiscutibile sicumera circa l'obsolescenza di Stati e nazioni, di assoluto valore della "società aperta": un unico mondo, un'unica religione, un'unica morale universale, un unico popolo mondialista, un'unica autorità mondiale. Però poi può bastare un virus per far crollare il sistema, dato che i livelli non globali delle risposte sono stati disabilitati. L'esperienza che stiamo vivendo ci mette in guardia da una "società aperta" intesa in questo modo, sia perché essa si pone nelle mani del potere di pochi, sia perché altre poche mani potrebbero farla cadere in fretta come un castello di carte. Ciò non significa negare l'importanza della collaborazione internazionale che proprio le pandemie richiedono, ma una simile collaborazione non ha nulla a che fare con strutture collettive, meccaniche, automatiche e globalmente sistemiche.

6) LA MORTE PER CORONAVIRUS DELL'UNIONE EUROPEA
L'esperienza di questi giorni ha mostrato un'Unione Europea ancora una volta divisa e fantomatica. Tra gli Stati membri sono emerse dispute egoistiche più che collaborazione. L'Italia è rimasta isolata e lasciata sola. La Commissione europea è intervenuta tardi e la Banca Centrale Europea è intervenuta male. Di fronte all'epidemia ogni Stato ha provveduto a chiudersi in se stesso. Le risorse necessarie all'Italia per fronteggiare la situazione emergenziale, che in altri tempi si sarebbero trovate in proprio per esempio con la svalutazione della moneta, ora dipendono dalle decisioni dell'Unione a cui ci si deve prostrare.
Il coronavirus ha definitivamente mostrato l'artificiosità dell'Unione Europea che non riesce a far collaborare tra loro gli Stati ai quali si è sovrapposta per acquisizione di sovranità. La mancanza del collante morale non è stata compensata dal collante istituzionale e politico. Bisogna prendere atto di questa ingloriosa fine per coronavirus dell'Unione Europea e pensare che una collaborazione tra gli Stati europei nella lotta per la salute è possibile anche fuori di istituzioni politiche sovranazionali.

7) LO STATO E LA CHIESA
La parola Salus significa, come abbiamo visto, anche salvezza e non solo salute. La salute non è la salvezza, come ci hanno insegnato i martiri, ma in un certo senso la salvezza dà anche la salute. Il buon funzionamento della vita sociale, con i suoi benefici effetti anche sulla salute, ha anche bisogno della salvezza promessa dalla religione: "l'uomo non si sviluppa con le sole sue forze" (Caritas in veritate, 11).
Il bene comune è di natura morale e, come abbiamo detto sopra, questa crisi dovrebbe indurre alla riscoperta di questa dimensione, ma la morale non vive di vita propria, dato che è incapace di fondarsi ultimamente. Qui si pone il problema della relazione essenziale che la vita politica ha con la religione, quella che meglio garantisce anche la verità della vita politica. L'autorità politica indebolisce la lotta contro il male, come accade anche con l'epidemia in corso, quando equipara le Sante Messe alle iniziative ludiche, pensando che debbano essere sospese, magari anche prima di sospendere altre forme aggregative senz'altro meno importanti. Anche la Chiesa può sbagliare quando non fa valere, per lo stesso autentico e completo bene comune, l'esigenza pubblica delle Sante Messe e dell'apertura delle chiese. La Chiesa dà il suo contributo alla lotta contro l'epidemia nelle varie forme di assistenza, aiuto e solidarietà che essa sa realizzare, come ha sempre fatto in casi simili in passato. È il caso, però, di mantenere alta l'attenzione alla dimensione religiosa del suo apporto, affinché non sia considerata una semplice espressione della società civile. Per questo assume un valore particolare quanto affermato da Papa Francesco che ha pregato lo Spirito Santo di dare "ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino da solo il santo popolo fedele di Dio. Che il popolo di Dio si senta accompagnato dai pastori e dal conforto della Parola di Dio, dei sacramenti e della preghiera", naturalmente con il buon senso e la prudenza che la situazione richiede.
Questa emergenza del coronavirus può essere vissuta da tutti "come se Dio non fosse" e in questo caso anche la fase successiva, quando l'emergenza terminerà, applicherà per continuità una simile visione delle cose. In questo modo però si sarà dimenticato il nesso tra salute fisica e salute morale e religiosa che questa dolorosa emergenza ha fatto emergere. Se, al contrario, si sentirà l'esigenza di tornare a riconoscere il posto di Dio nel mondo, allora anche i rapporti tra la politica e la religione cattolica e tra Stato e Chiesa potranno prendere una strada corretta.
L'emergenza dell'epidemia in atto interpella in profondità la Dottrina sociale della Chiesa. Questa è un patrimonio di fede e di ragione che in questo momento può dare un grande aiuto nella lotta contro l'infezione, lotta che deve riguardare tutti i gradi ambiti della vita sociale e politica. Soprattutto può dare un aiuto in vista del dopo-coronavirus. Serve uno sguardo di insieme, che non lasci fuori nessuna prospettiva veramente importante. La vita sociale richiede coerenza e sintesi, soprattutto nelle difficoltà, ed è per questo che nelle difficoltà gli uomini che sanno guardare in profondità e in alto possono trovare le soluzioni e, addirittura, le occasioni per migliorare le cose rispetto al passato.

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19-03-2020

9 - OMELIE PASQUA DI RISURREZIONE - ANNO A
Veglia Pasquale e Messa del giorno
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: La rivincita del crocifisso, Edizioni Studio Domenicano

1) VEGLIA PASQUALE
Il Crocifisso risorge con le sue cicatrici e la perenne realtà della sua gloria

Questa è un'assemblea di persone libere e contente; contente perché «liberate»: liberate grazie a colui che è stato crocifisso per noi e per noi è ritornato alla vita. È la notte più santa e più fausta di tutte le notti, perché in essa si è compiuto e continuamente si compie il nostro riscatto: riscatto che è passaggio (Pasqua significa proprio «passaggio») dalle tenebre alla luce, dall'errore alla verità, dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio, dal peso delle molte tristezze e dei troppi giorni senza speranza alla consapevolezza di un destino eterno di felicità, dalla morte alla vita risorta.
l riti che si succedono in questa lunga contemplazione, rievocano, quasi sceneggiandolo nell'eloquente varietà dei simboli, l'unico, multiforme, onnicomprensivo evento della nostra salvezza.
A ben guardare, ciò che qui si svolge non è propriamente una vigilia di attesa, è già la festa; non è una preparazione alla Pasqua, è già la Pasqua in tutta la sua verità: la Pasqua di Cristo, la Pasqua nostra, la Pasqua dell'universo, che stanotte ricordiamo, esaltiamo, riviviamo, nell'intelligenza della fede e nella gioia.

I QUATTRO MOMENTI
Quattro momenti scandiscono, incalzandosi, la nostra notturna celebrazione, che nell'anno cristiano è eminente e centrale:
1) LA LITURGIA DELLA LUCE, con l'ampia e ispirata lode del cero, figura del Vincitore di ogni nostra oscurità e di ogni nostro malessere;
2) LA LITURGIA DELLA DIVINA PAROLA, che ripercorre le diverse fasi del discorso di Dio agli uomini e la storia dei suoi interventi salvifici;
3) LA LITURGIA DEL BATTESIMO di alcuni nostri fratelli e di alcune nostre sorelle, che richiama e ravviva in tutti noi la consapevolezza che, in virtù della nostra rinascita dall'acqua e dallo Spirito, siamo stati sepolti nella morte di Cristo, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova (cf. Rm 6,3-4), come ci ha detto san Paolo;
4) LA LITURGIA EUCARISTICA, che rende veramente presente in mezzo a noi il Signore crocifisso e risorto, col Suo unico sacrificio che ci innesta e ci compagina nella realtà della Chiesa, Suo corpo, facendoci unitamente a Lui eredi del Regno dei cieli.
Una cosa che non va mai dimenticata: Colui che risorge è lo stesso che è stato appeso alla croce ed è spirato. Egli, pur nell'entusiasmo degli incontri pasquali, si fa riconoscere dai suoi esibendo le Sue cicatrici: la Sua passione e la Sua morte non sono state cancellate dal Suo stato di gloria. La Sua immolazione e la Sua risurrezione sono le due facce dello stesso mistero che ci ha rinnovati.
Gli apostoli l'hanno capito bene. Sono andati in tutto il mondo come annunciatori dell'incredibile trionfo di Gesù di Nazareth sulla grande nemica dell'uomo, che è la morte; ma in questo giubilante messaggio non hanno mai censurato o velato i fatti tragici e la sconfitta del venerdì santo. Al contrario, nelle loro catechesi (che poi daranno origine ai quattro Vangeli) proprio a quei fatti hanno dato lo spazio più ampio dell'intera narrazione.

ADESSO CHE COSA DOBBIAMO FARE?
Appunto per questo la Pasqua del Signore si offre a noi come una prospettiva e una guida integrale per il nostro pellegrinaggio terreno. In essa si chiarisce e si proclama che esistenza autentica e piena è quella di chi vive per Dio nell'obbedienza alla sua volontà; è quella di chi si fida di lui, che è Padre, e a lui consegna fiduciosamente la sua unica vita, sicuro di riaverla alla fine trasfigurata e perenne; è quella di chi, animato da questa affettuosa donazione al Padre, si spende per i fratelli amandoli, come Cristo, sino alla fine (cf. Gv 13,1).
Questa è la vera significazione della Pasqua e l'indole profonda dell'intera vita cristiana. Noi l'abbiamo già sacramentalmente assimilata e fatta nostra nel battesimo, quando - ci insegna ancora san Paolo - battezzati nella morte di Cristo e consepolti insieme con lui (cf. Rm 6,3-4), siamo stati risuscitati, convivificati e cointronizzati con lui (cf. Ef 2,5-6).
Adesso che cosa dobbiamo fare?
Dobbiamo quotidianamente inverare e attualizzare il nostro battesimo, conquistando a poco a poco una conformità sempre più grande al Signore crocifisso e risorto. Bisogna che concretamente miriamo a una consonanza totale con lui, al punto da arrivare a vedere le cose con i suoi occhi; da giudicare le situazioni, gli accadimenti, le teorie che da più parti ci vengono proposte, con la sua mentalità; da fare nostra senza riserve la sua concezione circa il matrimonio, la famiglia, la vita sessuale, l'uso dei beni della terra, l'attenzione fattiva ai più sfortunati; da condividere la sua stessa generosa e illuminata capacità di amare i fratelli; da avvicinare insomma il più possibile le nostre idee, i nostri desideri, le nostre tensioni, i nostri comportamenti agli ideali che ci sono da lui proposti nel suo Vangelo.
Come si vede, la Pasqua intesa e vissuta così (come realizzazione del nostro battesimo) è la sola realtà in grado di dare una risposta adeguata e saziante a tutti i nostri interrogativi esistenziali.

2) MESSA DEL GIORNO DI PASQUA
Tutto è cambiato per gli apostoli e tutto è cambiato per noi

Gli amici di Gesù - il giorno dopo quel sabato opprimente e desolato per la visione della tomba sigillata e muta, nella quale, col corpo esanime e martoriato di Cristo, era ormai racchiusa ogni loro speranza - a partire da un certo momento cominciano a essere sconcertati e sconvolti da una serie di fatti inattesi.
Prima c'è l'enigma del sepolcro scoperchiato e vuoto, visto e verificato oltre che da Maria di Magdala anche da Pietro e Giovanni, come ci ha detto il Vangelo (cfr. Gv 20,1-8).
Poi c'è la domanda sorprendente rivolta dagli angeli alle donne sbigottite: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" (Lc 24,5). Come si vede, anche le creature celesti sono capaci di sorridente ironia.
Ma soprattutto quel giorno è scandito da un susseguirsi di improvvise comparse del Crocifisso redivivo, che si mostra splendido di gloria ed esuberante di vitalità nuova: si mostra a Pietro, ai due viandanti di Emmaus, agli apostoli radunati.
Sicché alla fine tutti devono proprio convincersi: quel Gesù di Nazaret, che, dissanguato, inerte e spento essi aveva raccolto dal patibolo, è risorto ed è vivo.
E' stata per tutti loro un'esperienza emozionante e agitata anche se felice, una certezza indubitabile cui non è stato possibile non arrendersi, un mutamento totale e decisivo della loro esistenza.

TUTTO È CAMBIATO PER LORO
Erano stati, fino a quel giorno, un gruppo di uomini pavidi e disanimati; e improvvisamente diventano gli araldi inarrestabili dell'unica notizia che davvero ha segnato una svolta nella vicenda umana.
Dare a tutte le genti una lucida e appassionata garanzia di questo evento: d'ora in poi questo, solo questo, sarà il significato e lo scopo della loro vita, fino all'ultimo respiro e fino all'ultima goccia di sangue che per tale testimonianza essi saranno chiamati a versare.
Si rendono ben conto che non soltanto il loro personale destino, ma anche l'intera storia dell'umanità con la risurrezione di Cristo ha acquisito una dimensione nuova e un nuovo valore.
Con l'evento pasquale - da cui si diparte tutto l'evento cristiano - il secolo futuro (cioè quel Regno di Dio, annunciato da tutti i profeti e sospirato inconsciamente da tutti i cuori) è ormai entrato, anche se non ancora clamorosamente, nelle vicissitudini della terra e già comincia con pazienza e tenacia a riscattare le miserie e le tristezze del tempo presente.
Questo nostro mondo visibile e perituro è dunque ormai pervaso e nascostamente lievitato dal mondo più vero, il mondo invisibile ed eterno che ci sovrasta e ci avvolge. Questo vogliono dire le estreme parole del Signore risorto: "Ecco, io sono con voi tutti giorni sino alla fine del mondo" (Mt 28,20).
Queste parole di Cristo - le ultime che di lui vengono registrate nei vangeli - sono tra le più alte e pregnanti di tutto il Libro di Dio, e noi dovremmo richiamarle ogni giorno alla nostra memoria e alla nostra stupita contemplazione.
Esse sono una sintesi mirabile non solo dell'annuncio pasquale, ma di tutta la nostra fede.
Gesù con questa frase si presenta a noi come colui che "risuscitato dai morti non muore più: la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,9); e anzi come colui che, essendo colmato della pienezza della divinità" (cfr. Col 2,9), domina e riempie di sé tutto il trascorrere dei nostri anni fuggevoli e le varie età che inarrestabilmente si succedono.
In quelle parole si rivela anche la natura vera della Chiesa: essa - per quanto sia fatalmente rivestita della nostra povertà e della nostra debolezza che la immiseriscono - è sempre "la città posta sulla cima dei montiÖdove per sempre vive il suo Fondatore" (Liturgia ambrosiana). Perciò, avendo con sé il suo Signore, non si preoccupa troppo delle ostilità, delle incomprensioni, dei giudizi malevoli che immancabilmente le vengono riservate dalle diverse potenze mondane.

"IO SONO CON VOI TUTTI I GIORNI"
Questa promessa del Risorto, se è presa sul serio in un'assidua meditazione, ha la virtù di sperdere dal nostro animo ogni avvilimento, ogni pessimismo, ogni paura. Su questa promessa - che è data a tutti e segnatamente vale per la barca di Pietro che è chiamata ad affrontare le gelide tempeste della storia e l'imperversare delle follìe umane - si fonda e si mantiene l'imperturbabile serenità del credente, se però si lascia illuminare e riscaldare dalla Pasqua di Cristo.
"Io sono con voi tutti i giorni": alla luce di questa persuasione noi riusciremo a leggere correttamente e a capire con fierezza e intima letizia tutte le varie epoche della presenza e dell'azione ecclesiale. E ci appariranno in tutto il loro fascino i prodigi di carità che hanno impreziosito la nostra vita sociale, i miracoli di religiosa bellezza che ancora adornano le nostre città, l'intelligenza soprannaturale e la fermezza evangelica con cui si è combattuto ogni errore, ogni eresia, ogni prevaricazione perché il cibo della verità divina non mancasse mai di nutrire i semplici e i piccoli.
Alla luce di questo convincimento, possiamo ben capire (e ammirare) la ragione della perenne giovinezza del messaggio di Gesù crocifisso e ritornato alla vita, e al tempo stesso la ragione del crollo immancabile di ogni ideologia che di volta in volta tenta di risolvere i problemi e di alleviare le angosce degli uomini senza affidarsi alla Pasqua di Cristo.
Tutto è dono del Risorto, che non soltanto vive e regna alla destra del Padre ma anche è sempre con noi, suoi fratelli, e con la Chiesa, sua sposa, "sino alla fine del mondo".
A lui quindi si elevi ogni giorno dal nostro labbro, dal nostro cuore, dalla nostra vita, il canto pasquale della nostra esultanza, della nostra gratitudine, del nostro affetto sincero.

Fonte: La rivincita del crocifisso, Edizioni Studio Domenicano

Stampa ArticoloStampa


BastaBugie è una selezione di articoli per difendersi dalle bugie della cultura dominante: televisioni, giornali, internet, scuola, ecc. Non dipendiamo da partiti politici, né da lobby di potere. Soltanto vogliamo pensare con la nostra testa, senza paraocchi e senza pregiudizi! I titoli di tutti gli articoli sono redazionali, cioè ideati dalla redazione di BastaBugie per rendere più semplice e immediata la comprensione dell'argomento trattato. Possono essere copiati, ma è necessario citare BastaBugie come fonte. Il materiale che si trova in questo sito è pubblicato senza fini di lucro e a solo scopo di studio, commento didattico e ricerca. Eventuali violazioni di copyright segnalate dagli aventi diritto saranno celermente rimosse.