BastaBugie n�660 del 15 aprile 2020

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1 COME E' NATA L'USANZA DEL PESCE D'APRILE?
Gli scherzi del primo d'aprile hanno origini cristiane: festa dell'Annunciazione e calendario gregoriano
Fonte: I Tre Sentieri
2 LA SCARCERAZIONE DEL CARDINAL PELL E LA DITTATURA DELL'OPINIONE PUBBLICA
Al cardinale australiano, dato in pasto all'opinione pubblica come un mostro, nei 404 giorni di ingiusta prigionia era perfino vietato celebrare la Santa Messa
Autore: Aldo Maria Valli - Fonte: Radio Roma Libera
3 AMI DAVVERO I TUOI FIGLI? METTI AL PRIMO POSTO IL TUO CONIUGE, NON LORO
I figli hanno bisogno di percepire l'amore dei genitori tra di loro, perché i figli sono il frutto di quell'amore
Autore: Antonio e Luisa De Rosa - Fonte: Aleteia
4 IL PADRE SPIRITUALE E' NECESSARIO (E VA SCELTO BENE)
Abbiamo bisogno di affidarci a un sacerdote in tutte e tre le tappe della nostra vita spirituale (il Signore si serve di lui per correggerci e incoraggiarci)
Fonte: Radio Roma Libera
5 CORONAVIRUS: L'ABBRACCIO MORTALE DEL GOVERNO CONTE ALLA CHIESA
In una lettera ad Avvenire il premier ringrazia la Chiesa per essersi chiusa in sacrestia e per l'aiuto dato ai poveri: sta nascendo il Nuovo Ordine Mondiale?
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 LA CINA E' RESPONSABILE DEL CORONAVIRUS E DOVREBBE PAGARE I DANNI
Il Cardinale Arcivescovo di Yangon dichiara che il Partito comunista cinese è responsabile, con la sua negligenza e repressione criminale, della pandemia che oggi dilaga nel mondo (e il Sole 24 ore concorda con il porporato)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
7 POST CORONAVIRUS: SANITA' TUTTA PUBBLICA? LO STATO E' IL PROBLEMA, NON LA SOLUZIONE
Il buon senso e la Dottrina sociale della Chiesa concordano nel rivedere la sanità in modo veramente sussidiario
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: PASTORI SENZA PALLE
Sono un sacerdote e sono stato 15 anni tra i lebbrosi in Madagascar: se avessi avuto timore per le epidemie me ne sarei rimasto tranquillamente in Italia e quei poveri sarebbero rimasti senza cure fisiche e spirituali
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA II DOM. DI PASQUA - ANNO A (Gv 20,19-31)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - COME E' NATA L'USANZA DEL PESCE D'APRILE?
Gli scherzi del primo d'aprile hanno origini cristiane: festa dell'Annunciazione e calendario gregoriano
Fonte I Tre Sentieri, 31 marzo 2020

Come è nata l'usanza del pesce d'aprile? Forse, rispondendo a questa domanda, si possono fare delle considerazioni importanti. Proviamoci.
Prima di tutto rispondiamo alla domanda su come sia nata l'usanza.
Abbiamo avuto già modo di dire, parlando dell'Annunciazione, che questa ricorrenza è talmente importante (e lì che cambiò la Storia) che nel medioevo si soleva utilizzare proprio questa data per segnare l'inizio dell'anno. Se la storia è cambiata lì, vuol dire che tutto deve iniziare lì. Ebbene, in Francia questa usanza di far iniziare l'anno il 25 marzo si protrasse anche dopo il medioevo, addirittura fino al XVI secolo.
In Francia i festeggiamenti per il nuovo anno, che appunto iniziavano il 25 marzo, si protraevano fino al 1° aprile, cioè per una settimana esatta. Ma nel 1564, re Carlo IX decise di adottare il Calendario Gregoriano e quindi di spostare l'inizio dell'anno al 1° gennaio.
La scelta però non fu ben accetta da parte di molti. Ci fu chi fece resistenza, ma inutilmente. E così, per deridere coloro che volevano si conservasse quell'antica usanza, in occasione del 1° aprile si utilizzarono burle e finanche inviti a feste "fantasma". Insomma, come si suol dire, oltre al danno anche la beffa.

MA PERCHÉ IL SIMBOLO DEL PESCE?
Dal momento che in quel periodo dell'anno il sole abbandona il segno zodiacale dei pesci, le povere vittime degli scherzi furono chiamati non solo "sciocchi di aprile", ma anche "pesci d'aprile".
Dunque, questa storia, che pochi conoscono, richiama una verità sacrosanta: l'importanza dell'Annunciazione.
Ma richiama anche un'altra verità, che possiamo definire spirituale, cioè attinente alla vita spirituale. Ed è quella secondo cui il cristiano deve essere un uomo "serio", ma non "serioso".
La serietà è vivere secondo il rispetto del vero e conformandosi al vero.
La serietà è il dominio di sé.
La serietà è capire che per ogni azione, per ogni gesto si dovrà rendere conto a Dio e al suo infallibile giudizio.
La seriosità è invece un'altra cosa. E' una deformazione della serietà.
La seriosità è l'incapacità di cogliere la saggezza del gioire, del dare spazio all'allegria, di farsi conquistare e modellare dalla letizia. E' la voluta scelta di non farsi testimone della gioia.
Giustamente san Tommaso nella sua Summa (secunda secundae, questione 68) fa capire che bisogna diffidare dell'uomo che non sa ridere, perché con ogni probabilità nasconde un vizio. E altrettanto giustamente san Paolo dice che bisogna essere sempre lieti nel Signore (Filippesi 4).
Anche nelle prove più dure, la letizia non deve mai sparire. Mai è esistito e mai esisterà un santo triste. Tant'è che san Francesco di Sales giustamente diceva che "un santo triste... è un triste santo".
La tristezza, il magone - appunto: la seriosità - sono propri degli eretici. Non a caso furono tratti distintivi del pessimismo giansenista con la sua negativa e irrecuperabilmente pessimistica concezione della natura umana.
La Verità Cattolica no. La Verità Cattolica è la bellezza della gioia.
La Verità Cattolica è la centralità della croce... ma della Croce che si esprime nella speranza di colui che sulla Croce è stato sì inchiodato, ma che per questo ha vinto tutto... ed è il Signore di tutto.

SAN FRANCESCO E LA GIOIA SPIRITUALE
Certo, i temperamenti sono diversi. C'è chi è più portato a mostrare allegria, chi meno. Ma lo sforzo deve esserci. Si prenda un grande, grandissimo santo come Francesco d'Assisi. Pochi sanno che questi aveva un temperamento malinconico, tendente alla tristezza, eppure, con la grazia, ha tanto lavorato su di sé da passare alla storia come il santo della letizia. Egli non solo si sforzava di essere sempre allegro, ma rimproverava chi non facesse questo sforzo. Racconta fra Tommaso da Celano (La vita di San Francesco d'Assisi e Trattato dei Miracoli, Vita Seconda, II, LXXXVIII): "Sicurissimo rimedio contro le mille insidie e astuzie del nemico il nostro Santo affermava essere la letizia spirituale. Infatti diceva: 'Il diavolo fa grande tripudio quando può togliere la gioia dello spirito ad un servo di Dio. Egli porta una polvere con la quale, appena può gettarla per qualche spiraglio nella coscienza, insudicia il candore della mente e la purezza della vita. Ma quando invece i cuori sono pieni di spirituale letizia invano il serpente schizza fuori il suo mortale veleno." E si legge nella Vita di San Francesco dell'Anonimo Perugino (paragrafo 97): "(...) la prima e massima preoccupazione (di san Francesco d'Assisi) è stata il possedere e conservare sempre all'interno e all'esterno la gioia spirituale. Egli affermava che se il servo di Dio si sforza di possedere e di conservare la gioia spirituale interiore ed esteriore che procede dalla purezza del cuore, non potranno fargli alcun male i demoni, costretti a riconoscere: 'Poiché quel servo di Dio conserva la sua pace nella tribolazione quanto nella prosperità, non possiamo trovare nessun accesso per nuocere alla sua anima.' Un giorno, egli rimproverò un suo compagno che aveva un'aria triste e il viso malinconico: 'Perché manifestare così la tristezza e il dolore che provi a causa dei tuoi peccati? Questo tocca Dio e te. Pregalo di renderti, per la sua bontà, la gioia di essere salvato (Salmo 50,14). Davanti a me e davanti agli altri, sforzati di mostrarti sempre lieto, perché non conviene che un servo di Dio si faccia con il viso triste e accigliato."
San Giovanni Bosco (che di verità cattolica se ne intendeva!) diceva ai suoi ragazzi di divertirsi, senza mai peccare. Appunto: essere seri (non peccare), ma non essere seriosi (divertirsi).
E allora buon 1° aprile... e andiamoci piano con gli scherzi!

Fonte: I Tre Sentieri, 31 marzo 2020

2 - LA SCARCERAZIONE DEL CARDINAL PELL E LA DITTATURA DELL'OPINIONE PUBBLICA
Al cardinale australiano, dato in pasto all'opinione pubblica come un mostro, nei 404 giorni di ingiusta prigionia era perfino vietato celebrare la Santa Messa
Autore: Aldo Maria Valli - Fonte: Radio Roma Libera, 8 Aprile 2020

In questa Settimana Santa segnata da tanta sofferenza e desolazione a causa della pandemia, una luce arriva dall'Australia, dove l'Alta corte di giustizia ha prosciolto il cardinale George Pell da ogni accusa, ordinandone l'immediata liberazione e la cancellazione del suo nome dalla lista dei responsabili di abusi sessuali.
Pell, che si trova ora in un istituto religioso nei pressi di Melbourne, ha ottenuto la libertà dopo 405 lunghissimi giorni di prigionia, durante i quali gli era stato vietato persino di celebrare la Santa Messa.
Da più parti, in tutto il mondo, l'accanimento giudiziario contro il cardinale era stato denunciato come sintomo evidente di pregiudizio, in mancanza di prove contro Pell e anzi in presenza di tante testimonianze che lo scagionavano.
Tuttavia, il cardinale è stato dato in pasto all'opinione pubblica come un mostro, contro ogni più elementare garanzia di giustizia, lasciando passare come circostanze a carico accuse che in realtà si erano già dimostrate inconsistenti e fasulle.
Pell, questa la verità, nella moderna e liberale Australia ha subito un'autentica persecuzione perché non allineato con il progressismo dominante. L'accusa sottesa al processo era quella di essere un conservatore, un cattolico reazionario, non disposto al compromesso con i dogmi della modernità.
Forte è anche il sospetto che il processo a suo carico sia stato utilizzato da ambienti della polizia per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica da un caso di corruzione.
L'annullamento della precedente condanna a carico di Pell è stato deciso all'unanimità da parte dell'Alta corte australiana: i sette giudici hanno così ribaltato il giudizio della Corte d'appello, emesso nello scorso agosto, che confermava la decisione del Tribunale di Melbourne del dicembre 2018.

UN CLIMA DA CACCIA ALLE STREGHE
Ricordiamo che il cardinale Pell, settantotto anni, arcivescovo emerito di Sydney e già prefetto della Segreteria per l'Economia della Santa Sede, si è sempre dichiarato innocente.
Subito dopo la scarcerazione, Pell ha detto di non nutrire alcun risentimento verso la persona che lo ha accusato, un ministrante della cattedrale di Melbourne.
Se posso permettermi un'annotazione personale, ricordo che nel luglio del 2008, quando andai in Australia per seguire il viaggio di Benedetto XVI in occasione della Giornata mondiale della gioventù, mi resi conto dell'ostilità diffusa nei confronti di Pell. Durante un'inchiesta, parlando con professionisti, insegnanti e docenti universitari, verificai che il cardinale era considerato per lo più un conservatore intollerante, esponente di una Chiesa arretrata, incapace di cogliere i segni dei tempi e di praticare lo stile del "dialogo" con il mondo.
Non sorprende quindi che il processo al cardinale si sia svolto in un clima da caccia alle streghe, tanto che il professor John Finnis, filosofo del diritto dell'Università di Notre Dame e docente emerito di Oxford, ha parlato di "disastro giudiziario" che dovrebbe fare inorridire tutti quelli che hanno a cuore lo stato di diritto, il giusto processo, la presunzione di innocenza e altri istituti civili ritenuti sacri.
Il clima in cui si sono svolti i processi, con Pell e i suoi avvocati insultati dagli attivisti e quasi tutti i mass media impegnati ad alimentare un clima di odio, fa capire come possa diventare difficile ottenere un giudizio equanime anche in uno Stato di diritto.
La vicenda del cardinale Pell (alla quale si può accomunare quella del cardinale Barbarin, prosciolto dalla Corte d'appello del Tribunale penale di Lione, che ha accolto il ricorso del porporato contro la condanna in primo grado per non aver denunciato i maltrattamenti di un sacerdote nei confronti di un minorenne) ha molto da insegnare sotto diversi punti di vista.

MI LIMITO QUI A CONSIDERARNE UNO
Riguarda quella che potremmo chiamare la dittatura dell'opinione pubblica, e cioè il fatto che quando il pensiero dominante vuole che una persona sia condannata, tale volontà si impone su tutto, anche sul sistema giudiziario, facendo venir meno ogni garanzia.
La prova di questa forma di dittatura sta nel fatto che non c'è paragone tra il clamore (per non dire la vera e propria gazzarra) suscitata dagli accusatori contro il malcapitato di turno e il silenzio con il quale in genere viene poi accolto il verdetto di assoluzione.
Il ruolo dei mass media in tutto ciò è ovviamente determinante, il che fa capire quanto sia importante la controinformazione nell'epoca della dittatura del pensiero mainstream. La lotta tra la verità e la menzogna richiede un impegno quotidiano.
Ricordo che, nel caso del processo a Pell, il velo della menzogna a un certo punto è stato squarciato da un giornalista, non cattolico e neppure credente, che ha semplicemente fatto il suo dovere: si tratta di Andrew Bolt, che in una puntata del suo Bolt Report, su Sky News, ha ripercorso minuziosamente l'intera storia arrivando a questa conclusione: "Non solo è improbabile che il cardinale Pell abbia commesso il crimine, è proprio impossibile".
Quando poi Sky News e Bolt hanno subito pressioni e minacce per essere andati alla ricerca della verità, il giornalista ha sbottato così: "Ma, dannazione! La giustizia deve pur contare qualcosa in questo Paese!".
Trovo questo commento molto appropriato.

DOSSIER "SACERDOTI ALLA GOGNA"
Accusati ingiustamente, poi assolti

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Fonte: Radio Roma Libera, 8 Aprile 2020

3 - AMI DAVVERO I TUOI FIGLI? METTI AL PRIMO POSTO IL TUO CONIUGE, NON LORO
I figli hanno bisogno di percepire l'amore dei genitori tra di loro, perché i figli sono il frutto di quell'amore
Autore: Antonio e Luisa De Rosa - Fonte: Aleteia, 4 febbraio 2020

Per diventare genitori davvero dobbiamo riconsegnare i nostri figli. Riconsegnarli a Dio. Comprendere che non sono nostri, ma sono persone altre. Un'alterità che non ci appartiene e che noi abbiamo il compito di accompagnare, educare, sostenere, ma che non sarà mai nostra. È importante comprenderlo, ma comprenderlo davvero, con il cuore. Non sono nostri! Soprattutto non dipende da loro la nostra felicità. Ci sono alcuni pericoli da disinnescare.
    
1° PERICOLO: NON POSSIAMO RIVERSARE SUI NOSTRI FIGLI IL BISOGNO DI ATTENZIONE E DI AFFETTO
Rischiamo davvero di rovinare tutto. Di rovinare il nostro matrimonio e di non permettere ai nostri figli una capacità di staccarsi da noi quando sarà il momento per loro di formare una nuova famiglia. Non significa non amarli, ma amarli nel modo giusto.
La mia vocazione di sposo è prima di tutto amare la mia sposa. La vocazione della mia sposa è prima di tutto amare me. I figli sono il frutto dell'amore che ci unisce. È sbagliato quindi smettere di nutrire l'amore sponsale e la relazione di coppia per dedicarsi quasi esclusivamente al ruolo genitoriale. Non significa che l'amore per i figli venga dopo e valga di meno. Significa che i nostri figli hanno bisogno di nutrirsi non solo dell'amore diretto dei due singoli genitori ma anche di percepire l'amore che i due genitori provano tra loro, perché loro sono il frutto di quell'amore.
È un errore gigantesco per gli sposi smettere di trovare momenti di intimità, di dialogo e di cura reciproca. Smettere magari anche di fare l'amore. Significa rovinare tutto. La stanchezza c'è, lo so bene. Abbiamo anche noi quattro figli nati a breve distanza l'uno dall'altro, ma non si può prescindere dalla nostra relazione sponsale. Ci occupiamo di tante cose anche quando siamo stanchi perché dovremmo trascurare la nostra relazione che dovrebbe essere messa al primo posto? Poi i nodi vengono al pettine.

2° PERICOLO: LA NOSTRA REALIZZAZIONE NON PUÒ DIPENDERE DAI NOSTRI FIGLI
Luisa è insegnante e si rende benissimo conto di una dinamica malata. Lei, come tutti gli insegnati, deve valutare gli alunni. A volte deve scrivere delle note disciplinari. È diventato un problema. I genitori spesso non accettano queste "critiche" o giudizi negativi e si precipitano a chiedere spiegazioni. Luisa sbaglierà sicuramente alcune valutazioni, ma non è questo il punto. Questi genitori si sentono giudicati direttamente. L'errore del figlio diventa il loro personale errore. Capite che così non funziona. Non tanto con mia moglie che ormai sa come comportarsi. Con i loro figli stessi.
Spesso i nostri figli non si sentono amati. Proprio perché sentono l'amore dei genitori condizionato al loro comportamento o ai loro risultati. Dobbiamo uccidere le nostre aspettative. È importante accogliere quel figlio per quello che è altrimenti passiamo l'idea di amarlo per quello che fa e non semplicemente per chi è. Passiamo l'idea di un amore condizionato che, in definitiva, non è amore.
I nostri figli hanno bisogno di essere guidati da piccoli e accompagnati quando diventano un po' più grandi. Dobbiamo mettere in evidenza i loro errori, ma mai identificare i nostri figli con il loro errore. Soprattutto mai colpevolizzarli se noi ci sentiamo infelici o falliti. Devono già sopportare le difficoltà della loro vita, non credo abbiano bisogno di dover sopportare anche la colpa per la nostra infelicità.

Fonte: Aleteia, 4 febbraio 2020

4 - IL PADRE SPIRITUALE E' NECESSARIO (E VA SCELTO BENE)
Abbiamo bisogno di affidarci a un sacerdote in tutte e tre le tappe della nostra vita spirituale (il Signore si serve di lui per correggerci e incoraggiarci)
Fonte Radio Roma Libera, 16 Gennaio 2018

Parliamo prima della necessità di un direttore (maestro spirituale/confessore regolare) rispetto ai pericoli della vita spirituale e poi rispetto all'autorità della Chiesa e dopo delle qualità che gli convengono.

1) LA NECESSITÀ DI UN DIRETTORE NEI PERICOLI DELLA VITA SPIRITUALE
Proveniamo da un bel Regno ed a quel bel Regno dobbiamo tornare, ma tornare attraverso un paese selvaggio e pericoloso. Il terreno è ingannatore e pieno di pericoli; dappertutto ci sono nascosti nemici senza misericordia, che ci vogliono uccidere ed impadronirsi delle nostre anime.
Il Re che ci ha incaricati di tornare al Suo regno, ci ha giustamente fatti accompagnare da un Suo servo, che ci possa guidare attraverso il terreno e custodirci dai nemici feroci. Questo è l'Angelo Custode. Ma vuol farci accompagnare anche da qualcun altro, non invisibile né puramente spirituale, bensì visibile ed al contempo spirituale e materiale, un nostro pari, ben versato nei pericoli del terreno e dei nemici che lo infestano, con cui ci possiamo intrattenere con ogni reciprocità, libertà e franchezza; consigliare ed obbedire prontamente, per arrivare alla meta in sicurezza.
Scrive Padre Morando nella sua edizione delle Opere di santa Teresa d'Avila (Vita, volume IV): "Il confessore è padre, maestro, medico, giudice e guida dell'anima che a lui si affida... Di esso si serve il Signore come di un secondo Angelo Custode, per illuminarci, dirigerci, toglierci dai peccati e dai vizi, riprenderci e guidarci sulla strada sicura della salute".
Bisogna fare dunque una buona scelta, perché alle volte da questa dipende l'esito della confessione e il progresso spirituale. Scrive san Basilio: "Nella confessione dei peccati è da osservarsi la stessa regola che nello scoprire i mali del corpo: non si mostrano questi a uno qualsiasi, ma a coloro che sono esperti nel curarli".
Senza una tale guida cosa diverremmo? Diverremmo guide a noi stessi. Non è possibile vedere con integra chiarezza quando si tratti di noi stessi, dice san Francesco di Sales; non possiamo essere giudici imparziali in causa propria per una certa compiacenza 'così segreta ed impercettibile che, se non si ha buona vista, non si può scoprire e quelli stessi che ne son presi, non la conoscono se non la si faccia loro vedere'.
Si manifesta la necessità di un direttore, infatti, in tutte e le tre tappe della vita spirituale, di cui ora parleremo.
1° TAPPA DELLA VITA SPIRITUALE (gli incipienti)
Per gli incipienti c'è bisogno all'inizio di un periodo lungo e laborioso di penitenza. I pericoli che questo periodo comporta sono:
a) la vana compiacenza nelle mortificazioni esterne, onde si guasta la salute, si cura con troppa indulgenza e si cade poi nel rilassamento;
b) la presunzione prematura di entrare in una tappa spirituale troppo alta, come quella dell'amore, ciò che può condurre allo scoraggiamento ed a nuove cadute;
c) l'aridità spirituale, onde le consolazioni sensibili iniziali spariscono, si abbandonano gli esercizi di pietà e si cade nella tiepidezza. Il direttore ha il compito di ammonire i figli spirituali circa il fatto che le consolazioni non dureranno per sempre, di assicurarli che l'aridità rassoda le virtù e purifica l'amore.
2° TAPPA DELLA VITA SPIRITUALE (i progredienti)
Per i progredienti, c'è bisogno di nuovo di luce per discernere le virtù da coltivare, per esaminare la coscienza, di incoraggiamento per perseverare nel lungo e faticoso cammino verso la perfezione.
3° TAPPA DELLA VITA SPIRITUALE (coloro che si stanno avvicinando alla perfezione)
Per i perfetti o piuttosto per coloro che si stanno avvicinando alla perfezione, un direttore è altrettanto indispensabile: per coltivare i doni dello Spirito Santo; per discernere le ispirazioni divine da quelle della natura o del demonio; per essere guidati nei tempi delle prove passive: dei profondi turbamenti, delle tentazioni, delle paure della divina giustizia; per essere discreti, umili, docili e prudenti nei tempi di grazie contemplative: per conciliare la passività con l'attività.

2) L'AUTORITÀ DELLA CHIESA
"Dio, avendo costituita la Chiesa come società gerarchica - scrive Padre Tanquerey - volle che le anime fossero santificate per mezzo della sottomissione al Papa e ai vescovi nel foro esterno e ai confessori nel foro interno". Papa Leone XIII scrive: "Troviamo alle origini stesse della Chiesa una celebre manifestazione di questa legge: benchè Saulo, spirante minacce e carneficine, avesse inteso la voce di Cristo Stesso e gli avesse chiesto: "Signore, che volete ch'io faccia?' pure fu inviato ad Anania in Damasco: "Entra in città e là ti sarà detto quel che devi fare"..."Cosi fu praticato nella Chiesa; questa è la dottrina unanimemente professata da tutti coloro che, nel corso dei secoli, rifulsero per scienza e santità".
La necessità di un direttore spirituale per i monaci viene insegnata da san Giovanni Cassiano in Occidente e da san Giovanni Climaco in Oriente. San Vincenzo Ferreri asserisce: "Chi ha un direttore al quale obbedisce senza riserva e in tutte le cose, arriverà molto più facilmente e più presto che da solo, anche se fornito di vivissima intelligenza e di dotti libri in materia spirituale".
Ciò che vale per i monaci vale anche per i laici. Sant'Alfonso insegna che uno dei doveri principali del confessore è quello di dirigere le anime. Le lettere di molti Padri della Chiesa, come San Girolamo e Sant' Agostino, testimoniano lo stesso bisogno da parte dei fedeli, come ci mostra d'altronde la natura stessa della vita spirituale, che tutti i fedeli dovrebbero condurre in modo serio.
Dice Padre Godinez: "Su mille persone che Dio chiama alla perfezione, dieci appena corrispondono e su cento che Dio chiama alla contemplazione, novantanove mancano all'appello... Bisogna riconoscere che una della cause principali è la mancanza di maestri spirituali... Costoro sono, dopo la Grazia di Dio, i nocchieri che guidano le anime attraverso lo sconosciuto mare della vita spirituale. E se nessuna scienza, nessuna arte, per semplice che sia, può essere imparata senza un maestro che l'insegni, tanto meno si potrà imparare quell'alta sapienza della perfezione evangelica ove s'incontrano così profondi misteri... Stimo quindi cosa moralmente impossibile che, senza miracolo o senza maestro, un'anima possa per lunghi anni passare per ciò che vi è di più alto e di più arduo nella vita spirituale senza correr rischio di perdersi".

3) LE QUALITÀ DI UN DIRETTORE
Santa Teresa insiste che un direttore sia dotto, prudente e che abbia esperienza delle cose di Dio. Scrive: "... il demonio ci può tendere molti tranelli; perciò non vi sarà mai nulla di più sicuro che temere sempre più, procedere sempre con cautela, avere un maestro che sia dotto e non tacergli nulla: facendo così non potrà venire alcun danno"' (Vita 25); È molto importante... che il nostro maestro sia prudente, cioè di buon criterio e abbia esperienza. Se oltre a ciò è anche dotto, è una grandissima fortuna" (Vita 13).
Padre Morando aggiunge che il confessore deve essere anche uomo di Dio, discreto, paziente e zelante, non troppo severo, non troppo condiscendente. Per poter discernere il direttore adatto, occorre una ricerca in buona fede e sincerità di cuore con preghiera fervorosa a Dio. Santa Teresa d'Avila cercava un confessore adatto per i 18 anni. La Santa dice: "Se nonostante ogni sua ricerca, non lo può trovare, il Signore verrà certamente in suo aiuto, come ha sempre fatto con me, quantunque sia tanto miserabile'. Aggiunge che un direttore inadatto 'invece di porgere rimedi alle anime, non fanno che inquietarle ed affligerle. Ma questa prova sarà tenuta da Dio in gran conto" (Vita 40).
Una volta "trovato un buon confessore, il penitente non lo deve cambiare senza un giusto e grave motivo', aggiunge Padre Morando. 'Coll'essere stabile, conosce meglio lo stato ed i bisogni dell'anima; più fruttuosa e sicura riuscirà la direzione. Bisogna considerare il confessore come il rappresentante di Gesù Cristo e quindi averne stima e rispetto, docilità e ubbidienza, tutto manifestargli e nulla nascondergli".

Nota di BastaBugie: per ulteriori approfondimenti sulla figura del padre spirituale e sulla sua importanza nel cammino di fede si consiglia di cliccare sul link al seguente articolo

NEL CAMMINO VERSO DIO E' IMPOSSIBILE FAR DA SOLI
Come scegliere il padre spirituale e quali condizioni sono necessarie per una corretta direzione spirituale (anche i santi hanno avuto bisogno del padre spirituale)
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2470

Fonte: Radio Roma Libera, 16 Gennaio 2018

5 - CORONAVIRUS: L'ABBRACCIO MORTALE DEL GOVERNO CONTE ALLA CHIESA
In una lettera ad Avvenire il premier ringrazia la Chiesa per essersi chiusa in sacrestia e per l'aiuto dato ai poveri: sta nascendo il Nuovo Ordine Mondiale?
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-04-2020

E sono soddisfazioni. Il presidente del Consiglio che ti scrive e ti ringrazia per avere aiutato il governo a tenere a casa la gente e avere provveduto a sfamare quanti ne avevano bisogno. Davvero una bella soddisfazione per Avvenire e per il presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), cardinale Gualtiero Bassetti, il letterone di Giuseppe Conte pubblicato sul quotidiano dei vescovi sabato 11 aprile. Una lettera che per gran parte è la solita retorica sull'emergenza in corso che ci fa tanto riflettere sulla sofferenza e sulla morte, sulla certezza su quanto sarà più bello e solidale il mondo che ne emergerà, sull'ammirazione per l'impegno del terzo settore.
Ma il centro della questione è il ringraziamento: per le opere e per i tanti soldi che la Cei ha donato per venire incontro alle «conseguenze sanitarie ed economiche causate dall'epidemia», ma soprattutto per aver fatto il "sacrificio" delle messe senza popolo, «nella consapevolezza dei beni supremi coinvolti in questo difficile passaggio della nostra storia nazionale».
È così che la Chiesa piace al potere: si occupi delle opere caritative, che fanno comodo anche allo Stato; aiuti a controllare i comportamenti delle persone, che siano obbedienti a Cesare anzitutto; e il suo Dio se lo preghi pure in privato, ognuno per conto suo. In fondo per il potere è sempre stato così, è il suo mestiere. Il potere non tollera le persone libere, e soprattutto non tollera una Chiesa libera, che ha a cuore Cristo sopra ogni cosa e che educa le persone alla libertà; che rispetta le autorità civili ma solo se non vanno contro la legge di Dio. È sempre stato così, il potere non ha mai amato la Chiesa, se non sottomessa.

AL GOVERNO PIACE LA CHIESA SOTTOMESSA
Quello che invece risulta nuovo è la Chiesa contenta del ruolo che lo stato le ha affidato; la Chiesa pronta a ritirarsi in sacrestia ancor prima che lo stato la inviti a farlo; i vescovi che fanno i vigilantes nei confronti dei loro preti nel caso trovassero il modo di aggirare i divieti e far presenziare qualche persona alle loro liturgie. Quello che sconcerta è una Cei talmente felice del riconoscimento pubblico da parte del Presidente del Consiglio, da non osare neanche far presente che la polizia continua a multare le persone che vanno in chiesa malgrado sia possibile per legge, e che sarebbe quindi il caso di farlo stampare sull'autocertificazione il diritto di andare in chiesa a pregare. Forse non osa perché neanche le interessa un granché: in effetti, in questi tempi si ha l'impressione che a molti vescovi e preti dia addirittura fastidio che qualcuno continui a recarsi in chiesa malgrado tutto. Figurarsi celebrare le messe con il popolo.
Ma su Avvenire si incassa orgogliosi il plauso del presidente del Consiglio senza neanche fare presente che è il capo di quello stesso governo che sta condannando a morte la metà delle scuole paritarie, come da settimane stanno ripetendo le associazioni che le coordinano. Al governo piace la Chiesa che dà da mangiare e un tetto ai poveri e che si prende cura dei migranti, trova invece sospetta la Chiesa che educa e che offre culto pubblico al Signore, e magari pretende anche di giudicare la politica secondo la legge di Dio. E i vertici ecclesiastici si accodano, sono estasiati da questa nuova stagione di cooperazione con lo stato, e per il fatto che lo stato li accarezzi e li gratifichi. E se qualcosa bisogna sacrificare, pazienza.

NUOVO ORDINE MONDIALE
È la base del nuovo ordine mondiale, che non per niente veniva evocata il giorno precedente da un editoriale (stiamo sempre parlando di Avvenire) dello storico Agostino Giovagnoli, esponente di quella Comunità di Sant'Egidio il cui pensiero influenza enormemente le strategie internazionali, e non solo, dell'attuale pontificato. E Giovagnoli, come Conte, vede un nuovo mondo che sta nascendo sulla base della solidarietà, anche fra le nazioni. E ci narra meraviglie della Cina: la Cina che ci regala le mascherine e ci manda i medici, la Cina della Chiesa che ci manda aiuti (notare che non si fa più la distinzione tra patriottica e clandestina, ormai c'è una sola Chiesa, quella sotto la guida del Partito comunista con il placet della Santa Sede); la Cina - udite, udite - che si dà tanto da fare per aiutare tutti i popoli nella lotta contro il coronavirus e deve fare i conti con quel perfido di Trump che la accusa di essere la causa di questa pandemia. Se questo nuovo ordine mondiale tarderà a realizzarsi è proprio per l'ottusità degli Stati Uniti, sempre diffidenti nei confronti di Pechino, per miserevoli questioni di potere.
E la Cina della persecuzione ai cattolici (e anche alle altre religioni che non si piegano al partito)? La Cina degli espianti forzati di organi ai prigionieri politici, che vengono per questo motivo giustiziati? La Cina dei campi di lavoro e di rieducazione? La Cina dell'arroganza militare, minaccia alla stabilità dell'area Asia-Pacifico? Non c'è traccia, nulla deve turbare questa luna di miele tra Vaticano e Impero di Mezzo, nulla deve mettere in discussione il patto tra vertici ecclesiastici e potere, in Cina, in Italia, ovunque.
Il problema delle messe senza popolo, che non riguarda solo l'Italia, è solo un tassellino in un disegno più grande, che si chiama Nuovo ordine mondiale: il coronavirus è l'occasione che ha reso possibile rendere chiaro a tutti che Cristo non è più il bene supremo, che l'annuncio della Sua Resurrezione non è rispettoso degli altri, che la preghiera va bene in privato ma non si deve pretendere che condizioni la società. Con buona pace di coloro che, in buona fede, credono davvero di stare facendo, cristianamente, un sacrificio per tutelare la vita dei più deboli.

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14-04-2020

6 - LA CINA E' RESPONSABILE DEL CORONAVIRUS E DOVREBBE PAGARE I DANNI
Il Cardinale Arcivescovo di Yangon dichiara che il Partito comunista cinese è responsabile, con la sua negligenza e repressione criminale, della pandemia che oggi dilaga nel mondo (e il Sole 24 ore concorda con il porporato)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 9 aprile 2020

Il 25 marzo al G7 Trump aveva proposto di chiamare il coronavirus "Virus di Wuhan", per sottolinearne l'origine cinese e per stigmatizzare il comportamento di quel regime. Gli altri stati hanno sdegnosamente rifiutato la proposta.
A parte la Casa Bianca, nessuno - fra i governanti occidentali e le autorità sanitarie o religiose - ha osato puntare il dito sul regime cinese per le sue gravi responsabilità nell'epidemia che sta sconvolgendo il mondo. Tutti timidi con Pechino o servili e sottomessi. [...]
Tuttavia nei giorni scorsi almeno una voce libera si è finalmente alzata per dire la verità su questa pandemia che sta facendo migliaia di morti e sta rovinandoci, distruggendo le nostre economie.
È la voce del card. Charles Bo. [...] L'arcivescovo di Yangon, nel Myanmar, in questa dichiarazione pubblicata col titolo "Il regime cinese e la sua colpevolezza morale sul contagio globale" - ricorda anzitutto le migliaia di vittime che il Covid 19 sta facendo nel mondo.
Il prelato quindi cita la ricerca dell'Università di Southampton, in Gran Bretagna, secondo la quale, se la Cina fosse stata corretta, cioè se - invece di reprimere chi già aveva scoperto l'epidemia - avesse agito tre settimane prima rispetto a quando agì (il 23 gennaio), il numero di casi totali di Covid 19 si sarebbe potuto ridurre del 95 per cento. Ma anche solo agendo una settimana prima la pandemia sarebbe stata ridotta del 66 per cento.
Con questo ritardo - dice il porporato - si è "scatenato un contagio globale che ha ucciso migliaia di persone".

LA BOMBA BIOLOGICA DEGLI 11 GIORNI DI WUHAN
Anche "Il Sole 24 ore" cita questa ricerca e, in un articolo intitolato "Coronavirus, gli 11 giorni di Wuhan che avrebbero potuto salvarci dalla pandemia", ricostruisce quelle vicende: l'epidemia era già stata scoperta a dicembre e le voci che ne parlavano furono fatte tacere e bisogna arrivare al 9 gennaio per riconoscere la prima vittima ufficiale di coronavirus. Nei giorni successivi, quando il virus già faceva il suo orrendo lavoro, "la Cina sceglie la strada del negazionismo", con "l'intero Paese" che si prepara alle feste del capodanno e le autorità di Wuhan che il 18 gennaio "invitano i cittadini al banchetto di Capodanno, con decine di migliaia di persone... Una bomba biologica a pensarci adesso". Così "Il Sole".
Il card. Bo spiega che in tanti paesi poveri come il suo è impossibile "applicare le misure di 'distanziamento sociale' attuate da molti paesi" e non ci sono strutture sanitarie all'altezza.
Mentre "rileviamo il danno arrecato a tante vite umane nel mondo intero, dobbiamo chiederci chi è il responsabile? Ovviamente si possono criticare le autorità ovunque" afferma il cardinale, "molti governi sono accusati di non aver preparato i loro paesi quando hanno visto il dilagare del coronavirus a Wuhan. Ma c'è un governo che ha la responsabilità primaria, per quello che ha fatto e per quello che non è riuscito a fare, ed è il regime del Partito comunista cinese di Pechino. Vorrei essere chiaro: è il Partito comunista cinese ad essere responsabile" sottolinea il prelato "non il popolo cinese. I cinesi sono stati le prime vittime di questo virus e sono state a lungo le principali vittime del loro regime repressivo. Ma sono la repressione, le bugie e la corruzione del Partito comunista cinese a essere responsabili".

IL REGIME È RESPONSABILE, MENTRE IL POPOLO È LA VITTIMA
Il prelato è circostanziato, ricorda che il regime, invece di proteggere il popolo dall'epidemia, "ha messo a tacere" chi per primo ha capito che c'era un nuovo virus "come il dottor Li Wenliang dell'ospedale centrale di Wuhan" che lanciò l'allarme già il 30 dicembre. E pure due giovani giornalisti della città. Poi ricorda altri arresti.
Il cardinale ricorda gli altri errori del regime "dopo che la verità era diventata di dominio pubblico" (per esempio "il Centro americano per il controllo e la prevenzione delle malattie è stato ignorato da Pechino per oltre un mese").
Le statistiche ufficiali delle vittime - afferma il porporato - "minimizzano" ancora la portata dell'epidemia: "bugie e propaganda hanno messo in pericolo milioni di vite in tutto il mondo". Tutto questo non è casuale. Il card. Bo ricorda "la repressione della libertà di espressione in Cina", la feroce violazione dei diritti umani e la campagna persecutoria contro la religione con "la distruzione di migliaia di chiese".
La sua conclusione è netta: "con la sua gestione disumana e irresponsabile del coronavirus, il Partito comunista cinese ha dimostrato ciò che molti pensavano in precedenza: che è una minaccia per il mondo... questo regime è responsabile, attraverso la sua negligenza e repressione criminale, della pandemia che oggi dilaga nelle nostre strade".
Quindi "il regime cinese guidato dal potente XI e dal Partito comunista cinese - non dal suo popolo - deve a noi tutte le scuse e il risarcimento per la devastazione che ha causato. Come minimo dovrebbe cancellare i debiti di altri paesi, per coprire il costo di Covid-19".
Il cardinale cita, fra l'altro, il giurista James Kraska il quale "nell'ultimo numero di War on Rocks afferma che la Cina è legalmente responsabile di COVID 19" e i danni potrebbero essere quantificati in molti miliardi.
Danni del comunismo.

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Fonte: Libero, 9 aprile 2020

7 - POST CORONAVIRUS: SANITA' TUTTA PUBBLICA? LO STATO E' IL PROBLEMA, NON LA SOLUZIONE
Il buon senso e la Dottrina sociale della Chiesa concordano nel rivedere la sanità in modo veramente sussidiario
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11-04-2020

In occasione della presente epidemia da coronavirus si levano alcune voci per chiedere che la sanità torni totalmente in mano allo Stato. Mi sembra che le motivazioni principali, legate alla contingenza in corso, siano le seguenti: le regioni non sono esenti da abusi ed errori, c'è una esigenza di uguaglianza su tutto il territorio nazionale, quando sorgono delle emergenze occorre coordinare le risposte e solo lo Stato lo può fare.
A mio parere, sia il buon senso sia i principi della Dottrina sociale della Chiesa non supportano questa proposta. Anzi, chiedono di rivedere la sanità in modo veramente sussidiario.

1) IL BUON SENSO
Cominciamo dal buon senso e consideriamo l'atteggiamento del governo in questo periodo. Fughe di notizie allarmanti prima degli annunci ufficiali, stanziamento di fondi ai comuni che altro non sono che anticipazioni, difficoltà a mettere in sicurezza gli operatori sanitari, cinque versioni diverse di autocertificazione per gli spostamenti, inconsistenza dell'azione di governo sul versante dell'Unione europea, lo sportello dell'INPS che non funzione, la modulistica INPS che non è stata rinnovata rispetto a quella esistente con difficoltà enorme per chiedere le provvidenze previste, i tribunali che non rispondono anche se, pur bloccate le attività esterne, il personale dovrebbe esserci e lavorare, incertezze e incompetenze ai massimi livelli nella gestione della scuola, inadeguatezza della protezione civile a questo tipo di minaccia, messaggi contrastanti tra le fonti pubbliche di informazione, sospensione delle garanzie costituzionali, tentativi di sfruttare la situazione per pubblicità politica ... e l'elenco potrebbe continuare. Senza contare i tagli al reparto sanità dei governi degli ultimi dieci anni.
Il buon senso vede che le principali risorse contro l'epidemia sono venute in sede locale e dalla spontanea mobilitazione delle forze sociali. Medici e infermieri che operano a proprio rischio, famiglie che si sono assunte molti oneri nelle difficoltà, sinergia tra pubblico e privato, contributi economici facoltosi, discreta operatività dei comuni. Quando si va sul piccolo, sul gestibile, sul partecipabile... allora si vedono risposte concrete, quando ci si allontana e ci si colloca al centro, ossia a distanza, si riscontra la confusione. E pensare che la presidenza del Consiglio ha oltre tremila dipendenti e che in questo periodo è stato nominato un Commissario straordinario e uno stuolo di consiglieri ma la burocrazie e l'incrostazione dei percorsi hanno ancora la meglio. Gli aiuti tardano a venire, non si sa ancora come finanziarli, l'accesso agli stessi è complicato, si parla di una cassa integrazione europea che nessuno sa cosa sia. Con ciò non si vuole difendere il sistema attuale della sanità regionale che, come testimoniano i conti drammaticamente in rosso di alcune regioni, non sempre dà buon esempio. Ma il ritorno al centralismo no.

2) LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
La Dottrina sociale della Chiesa è per una risposta al problema della sanità coordinata ma articolata, come ad ogni altro problema sociale. Coordinata rispetto al bene comune, articolata perché la giustizia consiste nel dare a ciascuno il suo, sia in termini di benefici ottenuti sia in termini di possibilità di operare e partecipare. Il bene comune è articolato a diversi livelli e non si dà solo al livello statale. Ciò esige che anche gli attori e le regole si collochino a diversi livelli di assunzione di responsabilità morale prima che civica. Lo Stato centralista è deresponsabilizzante. Anche una regione lo può diventare, ma se l'articolazione sussidiaria viene impostata bene e se la responsabilità è distribuita le cose vanno meglio.  
Possiamo tornare ora alle tre motivazioni principali di chi vorrebbe restituire la sanità completamente allo Stato.  La prima era: le regioni non sono esenti da abusi ed errori: è vero, ma questo avviene quando esse copiano il centralismo statale e lo ripropongono sul territorio. La soluzione allora non è di tornare al centralismo statale ma di articolare ulteriormente le competenze sul territorio. La seconda era: c'è una esigenza di uguaglianza su tutto il territorio nazionale: ma l'uguaglianza non è la giustizia. Certamente la dignità delle persone è uguale e esiste qualcosa di dovuto all'uomo in quanto uomo come dice la Centesimus annus, ma la giustizia, che pure tiene conto di questo, consiste nel dare a ciascuno il suo, contrariamente all'egualitarismo, il che chiama in causa la responsabilità e la responsabilità non è uguale in tutti. La terza dice: quando sorgono delle emergenze occorre coordinare le risposte. Ma il coordinamento delle risposte è una cosa e la loro esecuzione responsabile è un'altra. Magari ci fosse chi coordina e chi fa, spesso purtroppo chi coordina anche fa. Pensare di accentrare il coordinamento e anche l'esecuzione non è cosa buona.

Nota di BastaBugie: dalla Chiesa non sgorga soltanto la cura della malattia spirituale (il peccato, l'impenitenza), ma anche la cura del corpo. Del resto sono stati i cristiani ad "inventare" gli ospedali. Per riflettere anche su questo dimenticato aspetto della questione sanitaria si può leggere il seguente articolo da noi recentemente pubblicato.

CORONAVIRUS E IL FUTURO DEGLI OSPEDALI
La separazione tra Stato e Chiesa danneggia anche il malato perché l'uomo non è una macchina da riparare
di Silvio Brachetta
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6069

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11-04-2020

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: PASTORI SENZA PALLE
Sono un sacerdote e sono stato 15 anni tra i lebbrosi in Madagascar: se avessi avuto timore per le epidemie me ne sarei rimasto tranquillamente in Italia e quei poveri sarebbero rimasti senza cure fisiche e spirituali
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 15 aprile 2020

Gentile redazione di BastaBugie,
sono un sacerdote della diocesi di Ivrea e da 23 anni mi trovo nel Santuario di Santa Maria di Pont Canavese all'ombra del quale ho allestito un Eremo. Mi dedico ad una vita di preghiera e di accompagnamento spirituale, sia per le persone che possono venire, sia per quelle che sono disabilitate o anziane, per le quali mi reco io a casa loro.
Questi giorni particolari che stiamo vivendo a causa di questa pandemia, mi hanno fatto fare alcune riflessioni che ho pensato di condividere con voi. Non avrei mai pensato di fare una riflessione scritta alla quale dare questo titolo: "Pastori senza palle!".
Infatti fin dall'inizio delle ristrettezze di spostamento che sono state imposte dall'alto, mi ha sorpreso come la CEI sia stata molle e mi chiedevo perché a noi sacerdoti non siano state garantite le celebrazioni liturgiche aperte al pubblico, nella stessa logica e prudenza consentite a bar e ristoranti, negozi e supermercati.
Pur nella consapevolezza dell'aggressività di questo virus che è diventato pandemico, non avremmo potuto anche noi, garantire quelle misure cautelari per evitare gli eventuali contagi?
A me sembra chiaro che noi cristiani (e in particolare noi sacerdoti) siamo stati discriminati e questa discriminazione è stata supinamente assecondata dai nostri Vescovi. Questo non è collaborare con lo Stato, bensì subire l'imposizione del Governo. L'unica cosa che è stata permessa è tener aperte le chiese. I fedeli però che vogliono andarci, possono recarvici unicamente se uscendo per una necessità indispensabile e percorrendo quel rigido tragitto che devono compiere, ne trovano una eventualmente aperta. Ma i bisogni dell'anima? La direzione spirituale? La confessione? L'unzione degli infermi? I sacramenti non sono indispensabili alla vita cristiana? Gesù ha detto chiaramente: "Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta" (Mt 6, 33).
Eppure come hanno reagito i nostri Pastori? Muti! Sembra che il virus abbia incollato la loro lingua al palato, un silenzio assordante!
È chiaro che nell'emergenza sanitaria critica nella quale ci troviamo non possiamo agire spavaldamente come faremmo in una situazione normale. Gli idraulici, i meccanici, gli elettricisti, per non parlare ovviamente degli operatori sanitari, delle forze dell'ordine e altri, pur con le dovute cautele, continuano a svolgere il loro lavoro, mentre a noi sacerdoti questo è precluso. E non è concesso neppure ad un semplice fedele di venirci a trovare per le sue necessità spirituali. Perché? Bisogna essere prudenti, dicono, bisogna evitare le possibilità di contagio, il virus è molto aggressivo.
Se avessi avuto questo timore quando nel 1980 sono partito per il Madagascar dove ho trascorso 15 anni in un lebbrosario per dedicarmi alla cura fisica e spirituale dei malati, me ne sarei rimasto tranquillamente in Italia e quei poveri sarebbero rimasti senza cure.
È chiaro che ci vuole prudenza, ma non a scapito del ministero sacerdotale!
Un'altra cosa su cui ho riflettuto riguarda quel "Crocifisso Miracoloso" uscito indenne dalle fiamme che distrussero la chiesa di San Marcello al Corso nel 1519. Questo Crocifisso è stato recentemente esposto anche a Roma per chiedere la Grazia di fermare questa pandemia del Coronavirus. Ebbene, nell'agosto del 1522 il Cardinale Spagnolo Raimondo Vich, Vescovo di Valencia e Barcellona, per scongiurare una pestilenza che era scoppiata in Roma, volle portare tale Crocifisso in processione per tutta la città, e i fedeli vi parteciparono in massa: clero, religiosi, nobili, cavalieri, uomini e donne del popolo. E tutto questo nonostante che le autorità, temendo che si propagasse il contagio, avessero proibito la cosa. La processione durò dal 4 al 20 agosto e in quello stesso ultimo giorno la peste scomparve da Roma.
Oggi ovviamente siamo in altri tempi e viviamo in una società scristianizzata e secolarizzata. Ma avendo esposto quel crocifisso miracoloso non rischiamo di strumentalizzare la Fede, avendo chiesto un miracolo, standosene però in poltrona?
Se noi Sacerdoti non possiamo esercitare il nostro ministero come possiamo aiutare la società a ritrovare in Cristo le cose che contano?
Ecco perché mi è venuto spontaneo dare alla riflessione che ho scritto il titolo "Pastori senza palle".
Spero che quanto ho espresso, se ritenete opportuno renderlo noto, aiuti a riflettere e a comprendere il giusto modo di essere presenti nel mondo in queste situazioni emergenziali, senza rinunciare alla nostra missione di accompagnare ogni uomo e ogni donna all'incontro con Cristo. Poiché Egli è l'unico Salvatore del mondo, l'unico cioè che può dare significato e compimento ad ogni vita umana che si apre a Lui. Se questa missione comportasse il rischio del contagio e della vita stessa, la Parola di Dio (Sal 62,4) ci ricorda una cosa molto bella e importante che il nostro mondo ha purtroppo dimenticato: "la tua Grazia Signore, vale più della vita".
Padre Franco

Carissimo Padre Franco,
non possiamo che ringraziarti per la tua concreta testimonianza di vita. Condividiamo anche il tuo accorato appello ai pastori per ritrovare, in questo periodo di smarrimento della gente, il coraggio di annunciare Cristo crocifisso e risorto a un mondo che attende un messaggio autentico di speranza.
Nel criticare alcuni pastori, non dimentichiamo che molti di loro (ne conosco personalmente e certamente anche i nostri lettori ne conosceranno) in questo periodo hanno cercato il più possibile di stare vicino ai fedeli con benedizioni e sacramenti rispettando i limiti imposti dalle autorità civili ed ecclesiastiche (a volte anche forzando un po' tali limiti) avendo a cuore prima di tutto la salvezza delle anime che è la legge suprema della Chiesa (come ricorda significativamente l'ultimo canone del Codice di Diritto Canonico: tutto deve essere fatto "avendo presente la salvezza delle anime, che deve sempre essere nella Chiesa legge suprema" can. 1752).
Ne approfitto per fare appello ai nostri lettori di scriverci la loro esperienza in questo periodo e come sono riusciti a vivere comunque cristianamente la Settimana Santa con la famiglia.

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Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 15 aprile 2020

9 - OMELIA II DOM. DI PASQUA - ANNO A (Gv 20,19-31)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati
Fonte Il settimanale di Padre Pio

La seconda domenica di Pasqua è la cosiddetta "Domenica della Divina Misericordia". È chiamata così in seguito alle richieste che Gesù rivolse a santa Faustina, di celebrare la domenica successiva a quella di Pasqua in onore dell'infinita misericordia con cui Egli ci ha amati e redenti.
Il Vangelo di oggi si armonizza molto bene con il tema della Misericordia. Il brano dell'evangelista Giovanni riporta infatti l'apparizione di Gesù agli Apostoli avvenuta «la sera di quel giorno» (Gv 20,19), il giorno della Risurrezione. In quella apparizione Gesù istituì il sacramento della Riconciliazione.
Gesù mostra agli Apostoli le piaghe alle mani e al costato. Questo particolare è molto importante per dimostrare la verità della Risurrezione. È proprio Lui che appare loro; Lui che è morto in croce. I segni della Passione ora risplendono come emblemi di gloria e come simboli di vittoria.
Apparendo agli Apostoli, Gesù affida a loro la stessa missione che Egli ha ricevuto dal Padre: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). La missione è quella di portare la salvezza fino agli estremi confini della terra. Gli Apostoli devono predicare il Vangelo ed essere ministri del perdono di Dio. Per questo motivo, Gesù, dopo aver alitato su di loro, disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). Con queste parole, Gesù ha dato alla Chiesa il potere di rimettere i peccati.
A Santa Faustina, Gesù fece una meravigliosa promessa. Egli volle che in questa domenica si parlasse della Divina Misericordia e disse: «Chi si accosterà alla sorgente della vita - ovvero alla Confessione e alla Comunione - questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene». Poi continuò dicendo: «L'umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia. Oh quanto mi ferisce la diffidenza di un'anima! Tale anima riconosce che sono santo e giusto, e non crede che Io sono misericordioso, non ha fiducia nella Mia bontà».
In questa domenica siamo chiamati anche noi a glorificare l'infinita Misericordia di Dio. Accostiamoci con fiducia al Sacramento del suo perdono, fondando il nostro proposito di non peccare più non sulle nostre forze, che sono molto piccole, ma sul suo santo aiuto, come recitiamo nell'"Atto di dolore".
Per fare una buona Confessione c'è bisogno di cinque cose: un buon esame di coscienza dall'ultima Confessione ben fatta; un'accusa sincera dei peccati, senza tacere volutamente nulla; un vivo dolore per le colpe commesse; un fermo proposito di non commetterle più; l'adempimento della penitenza imposta dal sacerdote. Chiediamo la grazia di pentirci con tutto il nostro cuore e di confessarci sempre bene. È questa la grazia più grande che è come la base per un cammino spirituale che ci porterà molto in alto.
Nella vita della beata Angela da Foligno si racconta un particolare molto importante. La Beata, quando era giovane, ebbe la sventura di confessarsi male per diversi anni, tacendo volutamente per vergogna alcuni peccati. A distanza di tempo, ella trovò la forza di "vuotare il sacco" e di dire tutto al sacerdote. Fu quello il tempo di un "nuovo inizio" che la portò ai vertici dell'esperienza mistica. Tutto iniziò con una Confessione ben fatta. Glorifichiamo anche noi l'infinita Misericordia di Dio confessandoci sempre bene e sinceramente.
Nel Vangelo di oggi c'è un altro particolare che è di grande insegnamento. Tommaso, uno dei Dodici, «non era con loro quando venne Gesù» (Gv 20,24). Egli non volle credere alla testimonianza degli altri Apostoli riguardo alla Risurrezione del Signore, e disse: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo» (Gv 20,25). Otto giorni dopo, Gesù apparve di nuovo, e c'era anche Tommaso. Gesù entrò a porte chiuse e disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo ma credente!» (Gv 20,27). A quella vista, Tommaso fece uno stupendo atto di fede: vide l'umanità gloriosa di Cristo Risorto e credette nella sua divinità, esclamando: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).
Un atto di fede simile lo facciamo anche noi ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia. Ogni volta che vediamo l'Ostia consacrata, noi non vediamo l'umanità di Gesù e neppure la sua divinità, eppure noi riconosciamo in quell'Ostia Gesù, vero Dio e vero uomo. Quando, durante la Messa, il sacerdote eleva l'Ostia Santa, e quando preghiamo davanti al Tabernacolo, è una cosa molto bella ripetere l'atto di fede di Tommaso: «Mio Signore e mio Dio». Ripetiamolo spesso e crediamo senza esitare che quello che vediamo non è pane e vino, ma è Gesù vivo e vero.
A san Tommaso Apostolo ravveduto, Gesù poi disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29). Tommaso vide l'umanità di Gesù e credette alla sua divinità; noi non vediamo nulla e, perciò, siamo beati, come ha affermato il Signore.
Volendo ora sintetizzare il contenuto del Vangelo di oggi, possiamo adoperare due parole: Confessione e Comunione. Esse costituiscono la "fonte della vita" di cui parlava Gesù a santa Faustina. Accostiamoci con fiducia a questa fonte per attingervi la vita in abbondanza. La Madonna, Madre dell'Eucaristia, ci ispiri sempre una grande fiducia nell'infinita Misericordia di Dio.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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