BastaBugie n�663 del 06 maggio 2020

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1 LE TRE LEZIONI DELLA LOTTA CONTRO IL DRAGO
''Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi'' (G. K. Chesterton)
Fonte: I Tre Sentieri
2 ESALTAZIONE DEL VINO E DI CHI LO SA APPREZZARE
Cristo ha prima cambiato l'acqua in vino (alle nozze di Cana) e poi ha trasformato il vino in sangue (nell'ultima cena) e così ha esaltato per sempre la bevanda frutto della vite e del lavoro dell'uomo
Autore: Mario lannaccone - Fonte: Il Timone
3 SANTA CATERINA DA SIENA E SANT'AGNESE DA MONTEPULCIANO
Entrambe avevano come padre spirituale il beato Raimondo da Capua ed entrambe hanno la stessa gloria in Cielo (lo rivelò Gesù alla santa senese)
Autore: Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 BATMAN, IL SUPEREROE CHE SCONFIGGE IL MALE UMILIANDOSI
Nella lotta contro Joker, che cerca di trasformarlo in un feroce giustiziere, il Cavaliere Oscuro con umiltà e sofferenza si carica del peso di colpe non sue (perché è l'unico in grado di sopportarne il peso)
Autore: Laura Cotta Ramosino - Fonte: Scegliere un film 2009
5 CORONAVIRUS: I CATTOLICI E LA VERA OBBEDIENZA
Da noi il blocco delle Messe ha provocato sofferenza in molti cattolici, ma all'Est ricorda anche i tempi delle persecuzioni dei regimi comunisti che impedivano il culto pubblico (VIDEO: trailer La vita nascosta)
Autore: Aldo Maria Valli - Fonte: Radio Roma Libera
6 RIPASSARE LA FEDE DURANTE IL CORONAVIRUS
Video-catechesi su YouTube (40 puntate) pensando ai bambini della Prima Comunione o della Cresima e ai loro genitori (VIDEO: Catequizmo)
Autore: Luca Marcolivio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 CORONAVIRUS E I PIENI POTERI DEL COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO
Ormai le fakenews di Stato sono nuovi dogmi intoccabili: ecco perché, per mantenere il panico tra la popolazione, anche la ''fase due'' sarà caratterizzata da nuove paure (ad es.: la seconda ondata)
Autore: Aldo Maria Valli - Fonte: Radio Roma Libera
8 PER LA FASE 2 DEL CORONAVIRUS L'ARCIGAY SI INFURIA, MA CONTE RIMEDIA SUBITO
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): 200 gay pride cancellati causa Coronavirus, 94 candeline per Elisabetta la regina gay friendly, prime ''nozze'' gay arabe
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Provita & Famiglia
9 OMELIA V DOMENICA DI PASQUA - ANNO A (Gv 14,1-12)
Credete in me: io sono nel Padre e il Padre è in me
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LE TRE LEZIONI DELLA LOTTA CONTRO IL DRAGO
''Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi'' (G. K. Chesterton)
Fonte I Tre Sentieri, 22 aprile 2020

Si conosce molto poco della vita di san Giorgio. Si sa che visse in Palestina e che morì nella piccola città di Lidda, sempre in Palestina. Morì martire verso il 303, quindi prima dell'avvento di Costantino. E proprio a Lidda fu innalzata una basilica in suo onore.
San Giorgio divenne famosissimo durante il medioevo ed è tuttora molto famoso in quanto santo patrono dell'Inghilterra.
A san Giorgio è legata una leggenda secondo la quale sarebbe riuscito a combattere contro un drago per liberare una fanciulla di nome Alessandra, che diventerà cristiana grazie all'impresa del Santo.
Nelle fiabe e nelle saghe la vittoria sui draghi costituisce spesso una prova che l'eroe deve superare per ottenere un bene. Un bene che può essere un tesoro o, appunto, la liberazione di una fanciulla prigioniera.
Il Cristianesimo ha sempre visto nel drago il demonio, in particolar modo Lucifero ribelle che poi viene sconfitto da san Michele e precipitato nell'inferno: "(...) apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi (...)." (Apocalisse 12)
Allora soffermiamoci su tre elementi.

PRIMO: CIÒ CHE CONTA È ESSERE DALLA PARTE DEL VERO E DEL BENE
L'uomo, di per sé fragile, può riuscire a sconfiggere un drago, che è un essere ben superiore all'uomo; un essere che può volare; che può perfino sputare fuoco dalle narici.
Il significato è chiaro. La forza vale fino ad un certo punto. Ciò che conta è essere dalla parte del vero e del bene. Se si è dalla parte giusta, da Dio si otterrà la forza per compiere anche ciò che naturalmente sembra impossibile.

SECONDO: IL BENE S'IDENTIFICA CON IL BELLO E IL MALE CON IL BRUTTO
Le leggende che vedono la presenza dei draghi spesso narrano di un eroe, un cavaliere, che deve liberare una fanciulla prigioniera del mostro. Perché una fanciulla? Il richiamo è senz'altro alla bellezza. Una bellezza che è momentaneamente imprigionata dalla bruttezza. Infatti, i draghi, pur immaginati in maniera diversa, hanno come comune denominatore l'essere brutti, orridi, spaventosi, mostruosi.
Anche qui il significato è chiaro. Il bene s'identifica con il bello e il male con il brutto. Ciò perché il bene affascina, scalda il cuore, attrae di suo. Il male, invece, angoscia, impressiona, turba. Quando trionfa il male, quando trionfa il peccato, quando trionfa l'ingiustizia, accade che il brutto imprigioni il bello. Ed ecco il dovere di far si che il bello trionfi, venga, appunto, liberato.

TERZO: LA MENZOGNA VA SCONFITTA E UCCISA
Come abbiamo detto prima, nell'immaginario fantastico i draghi vengono spesso rappresentati come esseri che sputano fuoco. Il fuoco richiama, da una parte, le fiamme dell'inferno, cioè il luogo dove il ribelle Lucifero fu precipitato; dall'altra, richiama la menzogna, il falso, l'errore, che non a caso vengono sempre "sputati", cioè affermati e propagandati, dal male.
Da qui la necessità di combattere contro i draghi che vuol dire combattere contro le menzogne. I draghi vanno sconfitti e uccisi. Infatti la menzogna va sconfitta e uccisa.
Qui va fatta una digressione. In opposizione a queste concezioni tipiche dell'occidente cristiano, in estremo oriente il drago è invece visto come simbolo di buona sorte, addirittura in grado di produrre elisir dell'immortalità. Ma l'aspetto significativo è che il drago rappresenta l'essenza primigenia della cosmologia taoista, ovvero il legame indissolubile tra yang e yin. Ora, questi due principi vanno intesi monisticamente come superamento della contraddizione. Secondo il Taoismo gli opposti devono coincidere e compenetrarsi: il bene è anche male e il male è anche bene; nel bene c'è anche del male e nel male c'è anche del bene. Insomma, anche attraverso questo simbolo (il drago) si coglie bene quanto discutibili sul piano morale siano queste culture.
Conclusione: i draghi vanno sconfitti [...] perché essi simboleggiano l'errore, il male e il brutto. Ecco perché Chesterton amava dire: "Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi".

Fonte: I Tre Sentieri, 22 aprile 2020

2 - ESALTAZIONE DEL VINO E DI CHI LO SA APPREZZARE
Cristo ha prima cambiato l'acqua in vino (alle nozze di Cana) e poi ha trasformato il vino in sangue (nell'ultima cena) e così ha esaltato per sempre la bevanda frutto della vite e del lavoro dell'uomo
Autore: Mario lannaccone - Fonte: Il Timone, febbraio 2020 (n.192)

Il vino è una bevanda difficile,  che - si dice spesso - va "capita".  È una bevanda che va compresa piano piano, e assaporata; esiste in migliaia di declinazioni, con sapori, aromi e retrogusti diversi. Basta che cambi il terreno, il clima, la maturazione dell'uva, l'invecchiamento; basta che mutino altre variabili e lo stesso vino, prodotto con le stesse uve, nello stesso terreno, si presenta completamente diverso. Il vino è come gli uomini: sempre diverso, esposto al tempo e al caso. Ci porta a ritmi lenti, all'arte dei conoscitori, ai legni e ai profumi; alla difficile arte della vinificazione, tramandata da maestro a discepolo, perché fatta di esperienza, osservazione, intuizione. Ci porta emozione; e, non a caso, la rossa bevanda è costantemente associata alla poesia, alla musica, all'amore sia nei suoi aspetti più sensuali, sia in quelli più platonici, spirituali, mistici. Il vino entra spesso, e nei modi più diversi, nella letteratura. Del resto, il vino si produce da migliaia di anni, con un lavoro paziente, che ha richiesto secoli per affinarsi a partire da una materia prima nobile come il succo d'uva. Esistono altri tipi di bevande prodotte dalla fermentazione di succhi zuccherini (birra, idromele, sidro), ma il vino d'uva è rimasto il più complesso, vario, nobile. Soltanto la birra può avvicinarsi alla complessa civiltà del vino, ma non ha mai assunto quel valore sacro che la civiltà cristiana ha attribuito al vino.

STORIA DI UNA COLTURA
Il vino d'uva cominciò a essere prodotto in molte terre e da molti popoli della Mezzaluna fertile sin dalla scoperta della vite, allora molto diversa e poi costantemente migliorata da incroci di coltura. Il suo consumo era comune fra i sumeri, gli egizi, gli israeliti, gli etruschi, i persiani e soprattutto fra i popoli mediterranei, i greci e i romani. I romani lo producevano molto concentrato e forte, talvolta denso, quasi sempre da mescolarsi all'acqua, per diluirlo. Prodotto costoso, in alcune sue varianti assai raro e molto ambito, assorbì e concentro in sé, nel tempo, simboli profondi. Il produrlo costa all'uomo un elaborato lavoro che inizia dalla cura della terra e della vigna, prosegue nella manipolazione e lavorazione del frutto, nella spremitura, nella prima fermentazione, nella produzione e trattamento del mosto. Poi, l'ultima fase del processo è, in certo senso, segreta, poiché avviene nel buio. S'ignorava perché il mosto iniziasse a fermentare e il suo gusto dolce diventasse pregno d'alcool facendo nascere il vino nuovo che l'invecchiamento migliora: ogni contenitore, ogni botte, ogni diverso legno nel quale il vino può maturare produce effetti diversi, bouquet differenti di aromi. Va conservato in luoghi adatti e curato nel tempo affinché i suoi zuccheri si sublimino, in un processo che gli scrittori di un tempo descrivevano come prodigioso, sacro, misterioso. L'uva viene pestata, quasi umiliata, e produce un succo che somiglia al sangue e che, nel tempo, dopo essere risorto dal buio si presenta affinato nel sapore e nel profumo. Già in questo vediamo l'anticipazione del vino come materia eucaristica. Ma prima di allora, in epoca precristiana, il vino era bevanda degli dei, dell'ebbrezza, della possessione sacra di Bacco o Dioniso. Il mistero che circondava il suo prodursi, la cura che l'uomo doveva dedicargli, l'ebbrezza che produceva, lo legarono a culti diffusi: era usato per riti, sacrifici, libagioni.

NELLA VITA DI GESÙ
Il lavoro della vigna è presente nei Vangeli in diversi contesti, come la Parabola dei lavoratori della vigna (Mc 20,1-16) e la Parabola dei vignaioli omicidi (Mt 21,33-44; Mc 12,1-12; Lc 20,9-18). Il vino è nominato nel discorso sul digiuno di Marco (Mc 2,18-22), dove si menziona il vino nuovo - la Buona Novella - che non si adatta agli otri vecchi: la predicazione di Gesù non sta più nei limiti della Legge ebraica. Nell'episodio delle Nozze di Cana, cui Gesù partecipa come invitato, il vino assume un'importanza ancora maggiore, che lascia presagire, prefigurare, annunciare il suo ruolo autentico e il sacrificio. Essendo finito il vino, con un miracolo Gesù trasforma l'acqua e la fa diventare rossa bevanda. Cosa significhi questo miracolo, lo capiamo tutti: il vino comincia a rappresentare il sangue, lo prefigura. È rosso e prezioso come il sangue; Gesù lo moltiplica, come moltiplicherà le specie eucaristiche. I primi autori cristiani erano ben consapevoli di questo significato e della ragione del comparire frequente del vino nell'Antico Testamento. Del resto, era un elemento importante anche in alcune celebrazioni ebraiche. L'episodio delle Nozze di Cana va collegato a quello della Moltiplicazione dei pani e dei pesci, narrato da Giovanni (Gv 6, 1-14), ma anche dagli altri Evangelisti (Mt 14,13-21, MC 6,30-44, LC 9,12-
17). Pane e vino, due alimenti fondamentali che danno gusto e sostanza all'atto del mangiare e che nella civiltà cristiana sono stati menzionati innumerevoli volte da santi e scrittori, poeti e teologi per il loro valore sacrale, simbolico e infine teologico-eucaristico.

NELL'EUCARISTIA
Il momento fondamentale del rovesciamento di significato del vino e del pane, il momento in cui questi alimenti comuni divengono qualcosa d'altro, d'inaudito, mai prima apparso in questo modo nella tradizione spirituale e religiosa precedente, è l'evento dell'Ultima Cena. Qui, al limite della Pasqua ebraica, il giovedì sera, Gesù si ritrova con i suoi discepoli e beve il vino e mangia il pane. Non si limita a questo, li benedice secondo l'uso ebraico ma poi annuncia qualcosa di nuovo e sconvolgente: come sappiamo tutti, spezza il pane, lo dà ai discepoli e dice: «Prendete e mangiate, questo è il mio corpo». Così fa con il vino: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti in remissione dei peccati» (Mt 26, 26-27). Si tratta di qualcosa di unico perché se Gesù è il Messia allora le sue parole hanno esattamente il significato che è stato spiegato da coloro che sono venuti dopo, da san Paolo ai Padri della Chiesa, cancellando il concetto che si ritrova nei riti bacchici e dionisiaci o in tanti altri culti nei quali il vino, pure, veniva utilizzato. S'instaura qualcosa di nuovo: un sacramento che non soltanto possiede la virtù di santificare, ma che racchiude l'autore stesso della Grazia. Gesù lo istituisce come alimento spirituale dell'anima, che viene fortificata nella lotta per conseguire la salvezza. Nella cristianità la produzione del vino fu perfezionata dai monaci, soprattutto benedettini, sia perché il vino era consentito nell'alimentazione monastica, sia perché era diffusissima, almeno sino al XII secolo, la celebrazione della Messa usando le due specie eucaristiche: il pane e il vino. Per questo, per l'uso che ne facevano i fedeli a tavola ma anche per l'esistenza del vino santo che rappresentava il sangue di Cristo, esso ha sempre avuto un doppio significato, sacro e quotidiano, sacramentale e alimentare. Celebrato nella pittura sacra, nei grandi cicli di affreschi, nell'epica cristiana, nella letteratura spirituale, il vino, anche oggi, in epoca di desacralizzazione e di laicismo, continua a mantenere quell'aura sacrale che gli proviene dal cuore radiante del mistero eucaristico cristiano che lo ha mutato per sempre.

Nota di BastaBugie: per approfondimenti sull'importanza del vino nella nostra cultura clicca sul link del seguente articolo.

ELOGIO DEL VINO, SEGNO DELL'IDENTITA' ITALIANA E CRISTIANA
Benedetto XVI: ''Il vino esprime la squisitezza della creazione, allieta il cuore ed è immagine del dono dell'amore nel quale possiamo fare qualche esperienza del sapore del divino''
di Antonio Socci
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5411

Fonte: Il Timone, febbraio 2020 (n.192)

3 - SANTA CATERINA DA SIENA E SANT'AGNESE DA MONTEPULCIANO
Entrambe avevano come padre spirituale il beato Raimondo da Capua ed entrambe hanno la stessa gloria in Cielo (lo rivelò Gesù alla santa senese)
Autore: Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-04-2020

Nel 1374 Nostro Signore rivelò a santa Caterina da Siena che in Paradiso avrebbe goduto di una gloria pari a quella di sant'Agnese da Montepulciano (c. 1268-1317). Un fatto, questo, che aiuta ad avere una prima idea della grandezza di questa mistica, relativamente poco conosciuta. Caterina ne era divenuta devotissima grazie anche alla biografia composta dal proprio direttore spirituale, il beato Raimondo da Capua (c. 1330-1399), che si accinse a scrivere di Agnese al tempo in cui divenne confessore nel monastero di Montepulciano dove la santa aveva vissuto i suoi ultimi anni terreni. La sua vita fu costellata di prodigi a partire dalla nascita, quando nella sua camera apparvero d'un tratto svariati ceri ardenti. La piccola rivelò da subito un fervido spirito di orazione e ad appena nove anni entrò tra le "monache del sacco" del suo paese natale, così chiamate per il loro abito ruvido.

BADESSA A QUINDICI ANNI
Agnese crebbe in pietà sotto la guida di suor Margherita, maestra delle novizie. Più volte venne vista levitare e un giorno, durante una delle sue continue meditazioni sulla Passione di Gesù, la carità divina la sollevò fino a farle abbracciare il crocifisso posto sull'altare. Ancora adolescente si vide consegnare tre piccole pietre dalla Madonna: "Figlia mia, prima di morire costruirai un monastero in mio onore, prendi queste tre pietruzze e ricordati che il tuo edificio dovrà essere fondato sulla fede costante e la confessione dell'altissima e indivisibile Trinità". Per la fama di santità che la circondava già da ragazzina, fu chiamata a guidare il nuovo monastero che le "monache del sacco" avevano fondato nella vicina Proceno (provincia di Viterbo): Agnese, con dispensa di papa Martino IV, divenne così badessa ad appena quindici anni, un ufficio che accettò per obbedienza. Durante il rito di insediamento e la solenne benedizione impartita dal vescovo, sull'altare discese dell'abbondante manna, i cui grani avevano la forma di una croce.
Sant'Agnese partecipò in modo straordinario alle sofferenze di Gesù e la sua anima era tutta incline a stare unita a Lui. Una volta, nella notte dell'Assunzione, la Beata Vergine le apparve con in braccio il divin Bambino e glielo offrì perché potesse baciarlo. Agnese non avrebbe voluto separarsene ma, non potendo altro, afferrò la piccola croce che Gesù Bambino portava al collo, ancora oggi conservata ed esposta al culto nel giorno della sua festa. Le dure penitenze a cui si sottopose durante la sua ventennale permanenza a Proceno le costarono una grave malattia, che andò peggiorando al suo ritorno a Montepulciano. Qui la santa, memore di quanto chiestole dalla Madre celeste e dopo aver ottenuto il permesso del vescovo di Arezzo Ildebrandino Guidi, fondò nel 1306 il monastero di Santa Maria Novella, che divenne un centro di spiritualità domenicana.

LE APPARIZIONI ANGELICHE
Il connubio tra amore e dolore, che la elevò alla santità, è ben visibile anche nelle molte apparizioni angeliche da lei ricevute. Nella sua seconda fase a Montepulciano, un angelo la condusse misticamente per nove domeniche consecutive sotto un ulivo, dove le fu dato da bere il calice della Passione. Per curare la sua salute i superiori la inviarono alle terme di Chianciano. La santa non guarì, ma grazie a lei sgorgò una nuova sorgente che si rivelò miracolosa (e tuttora porta il suo nome), come in occasione del prodigio compiuto su una bambina con una profonda ferita, che la stessa Agnese risanò immergendola nell'acqua. Ormai in agonia, disse alle consorelle piangenti: "Se mi amaste veramente, non piangereste così; gli amici si rallegrano del bene che capita ai loro amici. Il più grande bene che mi possa capitare è di andarmene allo Sposo. Siate fedeli a uno Sposo così buono!". E aggiunse: "Il mio amato mi appartiene, io non lo abbandonerò più!". La Chiesa di Sant'Agnese a Montepulciano custodisce ancora oggi, dentro una teca di vetro, il suo corpo incorrotto.

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Ermes Dovico, nell'articolo seguente racconta in breve la vita di Santa Caterina da Siena.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 aprile 2020:
Le stimmate, le estasi, i colloqui con Dio, le bilocazioni furono alcune delle innumerevoli grazie ricevute da Caterina da Siena (1347-1380), compatrona d'Italia e d'Europa. E a queste grazie la santa corrispose consumandosi di passione per la Chiesa e per Cristo crocifisso, da lei a volte invocato così: «O pazzo d'amore!». I suoi 33 anni di vita terrena, uno dei tanti segni della sua appartenenza totale a Gesù, furono accompagnati da straordinari doni mistici fin dall'infanzia, uniti a una carità verso poveri e ammalati che scuoteva i cuori più induriti. Ventiquattresima dei 25 figli di Lapa e Jacopo Benincasa (un tintore), Caterina ebbe ad appena sei anni la prima importante visione: vide il cielo aperto con Gesù in trono nell'atto di benedirla, coronato della tiara papale e ricoperto da un manto rosso, con al fianco i santi Pietro, Paolo e Giovanni Evangelista.
Era nata in piena Cattività avignonese (1309-1377), la lunga fase di crisi della Chiesa in cui la sede del papato venne stabilita ad Avignone, lontano da dove Pietro e Paolo avevano patito il martirio. Quella prima esperienza soprannaturale fu come un anticipo della sua missione, volta a riportare a Roma il papa, che lei chiamava «il dolce Cristo in terra». Pochi mesi dopo fece voto di verginità, ma verso i 12 anni i genitori cercarono di darla in moglie.
Memore del voto e della richiesta fatta alla Madonna, alla quale aveva domandato di darle in sposo il Figlio, la santa resistette. Arrivò a tagliarsi i capelli e a coprirsi il capo con un velo. Il padre si decise infine a dare il suo assenso alla volontà della figlia, dopo averla vista assorta in preghiera mentre sul suo capo aleggiava una colomba. A 16 anni poté entrare in via eccezionale, anche stavolta grazie alla Provvidenza, tra le "mantellate" del Terzo ordine domenicano (vi accedevano solo vedove e donne adulte), così chiamate per il mantello nero sull'abito bianco.
Alla fine del Carnevale del 1367 arrivò il momento tanto atteso da Caterina: le nozze mistiche con Cristo, che le mise al dito un anello visibile solo a lei, tra il tripudio della Vergine e di una schiera di santi. Tre anni più tardi iniziò a formarsi la "Bella Brigata", fatta da uomini e donne, religiosi e laici, affascinati dal carisma della santa e detti "caterinati". Costoro accompagneranno Caterina nei suoi spostamenti e l'aiuteranno nelle sue opere di carità verso gli infermi, da lei amorevolmente assistiti, ancor più se si trattava di malati contagiosi. Più erano abbandonati più vedeva in loro il volto di Cristo. Intanto, il Signore le aveva donato il Cuore durante un'estasi alla chiesa del convento: «Qui le apparve Gesù circondato da luce che le aprì il petto e le porse il suo Cuore, dicendo: "Ecco carissima figlia mia, siccome io l'altro giorno ti tolsi il cuore, così ora ti do il Mio per il quale tu sempre vivi"», scriverà il suo primo biografo, il beato Raimondo da Capua, che i domenicani le avevano assegnato come confessore personale nel 1374.
Quattro anni prima la santa aveva già iniziato a scrivere o dettare, grazie al dono della scienza infusa (che rimediò al suo analfabetismo), una gran quantità di lettere. Se ne conservano 381, dirette a pontefici, vescovi, regnanti e altre illustri personalità del Trecento. Le sue lettere avevano toni fermissimi ma sempre dettati dall'amore materno, per la salvezza delle anime e l'instaurazione del Regno di Cristo in terra: «Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia», ammoniva infatti. Usava presentarsi così: «Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso Sangue suo».
L'1 aprile 1375 ricevette le stimmate, che per sua esplicita richiesta a Dio rimasero invisibili, comparendo solo poco prima di morire. L'anno successivo il suo consiglio ardente fu fondamentale per vincere gli ultimi timori di papa Gregorio XI (al quale erano giunte notizie di gravi disordini a Roma) e convincerlo che il suo ritorno nell'Urbe, compiutosi nel gennaio 1377, era precisa volontà divina.
Alla morte di Gregorio, la santa dovette patire un'altra immensa passione ecclesiale: l'inizio dello Scisma d'Occidente (1378-1417), causato dallo strappo dei cardinali francesi che elessero il proprio antipapa. Ormai quasi impossibilitata a camminare, si recava ogni mattina a San Pietro: «Mi pare che questo tempo io lo debba confirmare con un nuovo martirio nella dolcezza dell'anima mia, cioè nella santa Chiesa». In quegli ultimi anni nacque il magnifico Dialogo della Divina Provvidenza (che nel 1970 le varrà la proclamazione a Dottore della Chiesa), dove il Padre eterno le rivelò che il Figlio incarnato è il ponte tra cielo e terra, frutto della sua Misericordia: «Vedendo la mia bontà che voi non potevate in altro modo esser tratti a Me, Lo mandai sulla terra [...]. Non poteva mostrarvi maggior amore, che dando la vita per voi. A forza dunque l'uomo è tratto dall'Amore, purché nella sua ignoranza non faccia resistenza a lasciarsi tirare».
Dopo settimane di agonia, emise l'ultimo respiro terreno alle tre del pomeriggio, dicendo dolcemente: «Padre, nelle tue mani raccomando l'anima e lo spirito mio».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-04-2020

4 - BATMAN, IL SUPEREROE CHE SCONFIGGE IL MALE UMILIANDOSI
Nella lotta contro Joker, che cerca di trasformarlo in un feroce giustiziere, il Cavaliere Oscuro con umiltà e sofferenza si carica del peso di colpe non sue (perché è l'unico in grado di sopportarne il peso)
Autore: Laura Cotta Ramosino - Fonte: Scegliere un film 2009

Collaborando con l'incorruttibile tenente Gordon e il nuovo integerrimo procuratore Harvey Dent, ora fidanzato con la sua ex Rachel Dowes, Batman sembra finalmente poter dare il colpo di grazia alla criminalità che imperversa a Gotham City. Ma questa vittoria apparente scatena su Gotham un criminale ancora più pericoloso, il Joker, misterioso e sfigurato, che mira solo a diffondere caos e violenza e che ha un conto in sospeso con l'uomo pipistrello.
Per combatterlo Batman sarà costretto ad usare tutte le sue risorse fino a rischiare perfino la sua anima...
Dopo aver raccontato in Batman begins le origini dell'uomo pipistrello con una parabola di grande potenza, insieme psicanalitica e morale, Christopher Nolan (insieme ai medesimi coautori, il fratello Jonathan e Davis S. Goyer) torna a Gotham City e mette Batman di fronte a una sfida che ha caratteri quasi metafisici e che non delude i fan della saga, ma offre spunti di riflessione anche ad un pubblico non appassionato di cinefumetti.
L'arrivo di Batman a Gotham City, lungi dall'aver risolto in modo definitivo i problemi di criminalità e violenza della città, infatti, ha aumentato in modo esponenziale e drammatico il rischio, scompaginando gli equilibri del mondo mafioso e scatenando schiere di emuli del giustiziere mascherato più pericolosi che utili.
Di fronte a questa proliferazione del male, anche un eroe testardo e volitivo come Batman inizia a prendere in considerazione l'idea di appendere la tuta al chiodo e di lasciare la lotta al crimine ai rappresentanti «regolari» della giustizia, come il carismatico procuratore distrettuale Harvey Dent, integerrimo nemico dei criminali nonché, sfortunatamente, nuovo fidanzato dell'amata Rachel Dowes a cui Bruce Wayne ha rinunciato a causa della sua doppia identità.
Dent è proprio il tipo di eroe che Bruce Wayne immagina possa ridare speranza alla cittadinanza esasperata ed esausta, non un giustiziere destinato a rimanere per sempre nell'ombra come lui, che si muove al limite tra giustizia e illegalità.

JOKER, UN NEMICO METAFISICO
Nel tentativo di dare un colpo definitivo alla mafia di Gotham, con l'appoggio di Dent e del solito Gordon, Bruce Wayne/Batman vola addirittura ad Hong Kong (con la sfacciata copertura di una fuga di piacere con un intero corpo di ballo russo!) per catturare un uomo d'affari cinese che tiene in mano le chiavi dei patrimoni criminali della città.  Con la stessa matematica esattezza di una tragedia greca, però, la sua impresa eroica scatena sulla città una Nemesi imprevista e drammatica: Joker.
Il Joker di Nolan, un po' come il Chigur di "Non è un paese per vecchi", non è semplicemente un criminale ma una sorta di nemico metafisico, il peggiore che chiunque (supereroe o meno, ma Batman è supereroe a modo suo, visto che non possiede superpoteri, ma solo un sacco di gadget tecnologici e una volontà di ferro) possa trovarsi di fronte.
Disprezza il denaro (che addirittura brucia in un gesto di anarchico disprezzo del sistema capitalista), non può essere comprato, si compiace della propria violenza, non ha regole e crede solo nel Caso, è animato dalla volontà di creare caos.
Non si accontenta di uccidere, ma vuole togliere la speranza e spezzare in chi ha di fronte la capacità di bene. Il Diavolo probabilmente...
Nella prima pellicola dedicata all'eroe di Gotham City, Nolan, da sempre coerentemente interessato al tema della colpa e della responsabilità personale, aveva esplorato i rapporti tra paura, vendetta e giustizia. Qui il regista/sceneggiatore approfondisce la natura e il livello della sfida che si trova ad affrontare il suo protagonista.
Contro il Joker anche Batman, colpito ferocemente negli affetti, sembra impotente, non tanto perché fisicamente incapace di eliminarlo, quanto perché la lotta rischia di trasformarlo in un omologo di chi vuole distruggere, uccidendo quella speranza che è il cuore di ogni battaglia degna di essere combattuta e vinta. Una speranza che va preservata ad ogni costo, perché, secondo Nolan, è la radice ultima di ogni scelta morale. La pellicola così affronta di petto, ma senza mai diventare didascalica o appiattirsi su una banale variazione della cronaca, uno dei dilemmi più tragicamente attuali del mondo contemporaneo messo in pericolo dal terrorismo.

BATMAN, UN VERO EROE SOFFERENTE
Paradossalmente, la risposta di Batman, pur trasformandolo all'apparenza in un feroce giustiziere (il Cavaliere Oscuro del titolo) ne fa un vero eroe sofferente, capace di caricarsi del peso di colpe non sue perché è l'unico in grado di sopportarne il peso. Scegliendo la notte perché gli altri possano continuare a sperare di vedere la luce dell'alba.
Questa scelta finale, che pure non manca di una sua tragica grandezza, è tuttavia ambigua, da un lato perché regala ai cittadini di Gotham una speranza menzognera, dall'altro perché postula in definitiva l'incapacità da parte dell'uomo comune di agire per il bene senza il faro di una guida o per lo meno il riferimento di un leader moralmente ineccepibile. Un postulato messo in discussione dal film stesso, dato che la scelta morale fondamentale della storia è affidata non all'eroe ma proprio a dei comuni cittadini e a dei criminali presumibilmente «perduti» e si rivela in entrambi i casi positiva.
Nel suo impegnativo agone morale, comunque, Bruce è assistito dai suoi due mentori abituali: il maggiordomo Alfred, con la sua acuta capacità di analisi (è il primo a «diagnosticare» la natura del Joker) e la sua inesauribile lealtà, è il sostegno insostituibile nei momenti di crisi; Fox, inventore e scienziato dalle mille risorse, che fornisce all'eroe i mezzi per la lotta, è anche, però, colui che avverte i rischi insiti nell'usarli.
La profondità delle riflessioni che il film suscita non va a discapito della spettacolarità dell'azione, esaltata dalla tecnologia di ripresa Imax, usata per la prima volta estesamente in un blockbuster hollywoodiano, mentre lo stile estremamente realistico della pellicola (la rapina iniziale della banda di Joker ha echi tarantiniani) la allontana dagli esempi più fracassoni e superficiali del genere comix. [...]
La morte per overdose accidentale di Heath Leadger (l'interprete di Joker) poco dopo la fine delle riprese, ha aumentato in modo esponenziale l'interesse del pubblico per la pellicola; in effetti, rispetto al primo film, Batman, pur rimanendo il perno morale della storia, cede spesso il primo posto sul palcoscenico al suo malefico e istrionico avversario.
Tuttavia Nolan non fa l'errore di alcuni suoi predecessori e non si lascia irretire dal fascino perverso del male, di cui mostra tutta la carica distruttiva e l'intrinseco legame con la perdita di senso e il puro affidarsi al caso, una caratteristica, quest'ultima, che il supercattivo condivide proprio con Dent, il cavaliere bianco destinato a cadere.

Nota di BastaBugie
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Fonte: Scegliere un film 2009

5 - CORONAVIRUS: I CATTOLICI E LA VERA OBBEDIENZA
Da noi il blocco delle Messe ha provocato sofferenza in molti cattolici, ma all'Est ricorda anche i tempi delle persecuzioni dei regimi comunisti che impedivano il culto pubblico (VIDEO: trailer La vita nascosta)
Autore: Aldo Maria Valli - Fonte: Radio Roma Libera, 18 Aprile 2020

Se qui da noi, in Occidente, il blocco delle cerimonie religiose a causa del coronavirus ha provocato sofferenza in molti cattolici, all'Est ha anche riportato alla memoria i tempi delle persecuzioni anticattoliche, quando le chiese e le altre strutture religiose erano vuote perché i regimi comunisti, per motivi ideologici, impedivano il culto pubblico.
"La visione terrificante delle chiese vuote mostra ciò che sarebbe potuto succedere se l'ostilità anticattolica avesse prevalso", ha detto una conduttrice radiofonica polacca manifestando il pensiero di numerosi suoi connazionali di una certa età, in grado di ricordare che cosa fu la persecuzione antireligiosa.

MESSE INTERROTTE
Anche nell'Europa dell'Est è successo, come da noi, che le forze dell'ordine siano intervenute per disperdere fedeli che, nonostante i divieti, si erano recati in chiesa per la Messa, e queste immagini hanno a loro volta riproposto ricordi alquanto spiacevoli, tanto più che alcuni sacerdoti sono stati multati per non aver rispettato le regole.
In Romania il vescovo greco-cattolico Virgil Bercea, sessantadue anni, che per alcuni anni, prima della rivoluzione del 1989, fu sacerdote clandestino nella Romania comunista, ha dichiarato che il divieto di celebrare le Messe a causa della pandemia ha ovviamente provocato molte domande e suscitato dolorosi ricordi. "Prima della liberazione - ha sottolineato - le nostre case avevano preso il posto delle chiese. E ora che tutto è di nuovo chiuso ci troviamo in una situazione angosciante".
In Ucraina, dove sono ancora consentite le funzioni religiose con un massimo di dieci fedeli, il Consiglio ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose, che comprende anche leader cattolici, il 9 aprile ha denunciato violazioni delle regole da parte della polizia, che in alcuni casi, interpretando le norme in modo restrittivo, ha preteso di chiudere completamente le chiese, e anche questi fatti hanno contribuito a riproporre situazioni che si sperava fossero consegnate al passato.
In Russia il segretario generale della conferenza episcopale, monsignor Igor Kovalevsky, ha detto che in molti cattolici le norme per il contenimento della pandemia hanno suscitato "paure e associazioni di idee negative" e non è mancato chi ha contestato le regole.
Chi ha vissuto sotto il comunismo ricorda bene come andavano le cose quando si poteva pregare solo in casa, senza far rumore, perché c'era sempre il rischio di poter essere denunciati.

VESCOVI CORAGGIOSI
All'epoca un grande aiuto venne dalla consapevolezza che c'erano pastori non disposti ad arrendersi, e le parole di quei grandi testimoni della fede possono dire qualcosa anche a noi oggi.
È il caso del cardinale Stefan Wyszyński, il primate polacco che nel gennaio del 1953 sfidò il regime comunista, reagendo con una celebre lettera al diktat che revocava alla Chiesa la libertà di culto, e pagando la sua presa di posizione con il carcere.
Nei suoi Appunti dalla prigione si legge: "Il peccato più grande per un apostolo è la paura; la paura di un apostolo è la prima alleata dei suoi nemici. La mancanza di coraggio è l'inizio della sconfitta per un vescovo".
Nella lettera, firmata da tutto l'episcopato e inviata al governo, a proposito del divieto di culto era scritto: "Affermiamo che il suddetto decreto non può essere da noi riconosciuto come legittimo e vigente, giacché contrario alla Costituzione e alle leggi di Dio e della Chiesa [...]. Se dovessimo trovarci di fronte all'alternativa di sottomettere la giurisdizione ecclesiastica come uno strumento di governo civile oppure accettare un sacrificio personale, non vacilleremo [...]. Non possiamo sacrificare le cose di Dio sull'altare di Cesare! Non possumus!".
Il 25 settembre del 1953 il cardinale fu arrestato dalle autorità comuniste e portato in carcere. Uscendo dal palazzo episcopale, disse a una suora che voleva preparargli un bagaglio: "Sorella, non porterò nulla. Sono entrato povero in questa casa e povero vi uscirò". Sarebbe rimasto in carcere per tre anni.
Insieme a ricordi inquietanti, l'attuale situazione ci consente di riscoprire figure che possono insegnare davvero molto.
È il caso anche dell'eroico cardinale Ján Chryzostom Korec, vescovo di Nitra, in Slovacchia, autore del libro La notte dei barbari.
Ebbi la possibilità di conoscere il cardinale Korec e ricordo bene la passione con cui rievocava gli anni della Chiesa clandestina, costretta alle catacombe. Mi fece vedere alcune copie del samizdat che produceva in clandestinità e rievocò il periodo di isolamento in carcere, quando ripeteva ad alta voce interi brani di opere filosofiche e teologiche per non perderne la memoria.
Sì, possiamo proprio dire che dall'Est ci arrivano testimonianze che possono esserci di grande aiuto per superare, con fede e dignità, questa fase difficile.

Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo seguente dal titolo "A chi obbedire? Il beato Franz contro i vescovi proni allo Stato" parla del film sul beato Franz Jägerstätter (vedi foto), torturato e ucciso dal regime nazista a cui si oppose. Un film che ha da dire molto ai cattolici di oggi e che spiega quale sia la vera obbedienza.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26 aprile 2020:
C'è una storia a cui la quarantena ha incollato diverse persone. Si tratta dell'ultimo capolavoro del regista Terrence Malick, "Hidden Life" ("La vita nascosta"), uscito negli Stati Uniti l'anno scorso e che avrebbe dovuto esordire nelle sale cinematografiche italiane questo mese. Molti hanno avuto la possibilità di vederlo in streaming. E forse non è un caso, perché la storia di questo contadino austriaco, che per fedeltà a Cristo si oppose al regime nazista morendo martire a 36 anni nell'agosto del 1943, ha qualcosa da dire al mondo contemporaneo, cattolico e non.
Franz Jägerstätter, beatificato nel 2007 da papa Benedetto XVI, viveva con sua moglie e le tre figlie a Radegund, coltivando i campi e allevando bestie in mezzo allo spettacolo delle Alpi austriache. Bisogna ricordare che la vita di quest'uomo prima del matrimonio fu contraddittoria e libertina (ebbe una figlia a 26 anni con un'altra donna) e che la fedeltà alla verità può farsi eroica in persone da cui magari non ce lo si aspetterebbe.
A 29 anni sposò Franziska Schwaninger, che cambiò completamente la sua vita, ordinandola e scandendola fra lavoro, preghiera e lettura della Bibbia. Fu proprio la conoscenza di Cristo a portarlo, tre anni dopo le nozze, a decidere di non assumere incarichi istituzionali nel suo paese, dove fu l'unico a votare contro il plebiscito di annessione alla Germania, motivo per cui cominciò ad essere emarginato dalla sua comunità.
Nel 1940 fu arruolato ma conoscendo i programmi eugenetici del Partito nazista si convinse ancora di più che l'obbedienza alla fede e alla verità, illuminata dall'incontro con Gesù, era incompatibile con la sottomissione al governo. Perciò, rifiutandosi di combattere quando fu richiamato nell'esercito nel febbraio del 1943, venne arrestato.
Jägerstätter non disobbedì solo alle autorità civili, ma anche a quelle religiose. Sia il parroco della sua chiesa sia il suo vescovo, Josephus Calasanz Fließer, lo spinsero a desistere dall'obiezione di coscienza: secondo loro il Signore non poteva volere che con la sua condotta mettesse a rischio non solo la sua vita, ma anche quella della sua famiglia, che infatti pagò cara la sua scelta, pur sostenendola.
Ricordiamo che Radegund era un paese di cattolici praticanti, ma che in nome del "buon senso" e dell'obbedienza ai superiori, a cui pure il Vangelo richiama, appoggiati da alcuni curati e vescovi, chiusero gli occhi sui soprusi del governo. Infatti, il beato scrisse: «Il Cristo ha rimproverato a Pietro di averlo rinnegato per paura  e per rispetto umano», mentre disse al suo parroco in una lettera: «Devo annunciarLe che forse perderà uno dei Suoi parrocchiani... Poiché nessuno può ottenere che io venga dispensato dal compiere una cosa che metterebbe in pericolo la mia salvezza eterna».
La ribellione del beato alle autorità anche ecclesiastiche la giustificò negando che l'obbedienza richiesta dal Vangelo sia senza eccezioni: «I comandamenti di Dio ci insegnano che dobbiamo prestare obbedienza ai nostri superiori, anche se non sono cristiani, ma solo finché non ci ordinano qualcosa di sbagliato, poiché dobbiamo obbedire più a Dio che agli uomini».
A dire, con il santo cardinale Newman, che prima del Papa c'è la coscienza. Il che non è un invito a vivere da "cattolici adulti" (ossia secondo le proprie opinioni e voglie), ma a seguire la verità rivelata da duemila anni di Magistero a cui il Papa stesso si deve sottomettere. Verità che, come tutti, anche i prelati possono tradire al pari di Pietro.
«L'uomo ha in realtà una Legge scritta da Dio dentro al cuore... e secondo questa egli sarà giudicato», dice la Costituzione pastorale Gaudium et spes. Questa verità, continua l'enciclica di san Giovanni Paolo II Veritatis splendor, «è indicata dalla "Legge divina"», norma universale e oggettiva della moralità», il cui nucleo sta nei Dieci Comandamenti: «Non avrai altro Dio fuori di me... Ricordati di santificare le feste... Non uccidere»; e che si riassume nel comandamento di Gesù di amare Dio e il prossimo.
I mesi di carcere e quelli dopo la morte (fu ghigliottinato) di Jägerstätter, dovuta proprio alla sequela dei Comandamenti, furono uno strazio per la moglie appena trentenne con tre figlie piccole da crescere: la gente smise di aiutarla nei campi, le bimbe venivano schernite e isolate, il partito le tolse ogni sussidio economico. Ma prima di morire, a sua moglie e a sua madre (che invece cercò di opporsi alla sua scelta), il beato scrisse:«Avrei tanto voluto risparmiarvi questa sofferenza che dovete sopportare per causa mia. Ma sapete quello che ha detto Cristo: Chi ama suo padre, sua madre, sua moglie e i suoi figli più di me non è degno di me (cf. Mt 10,37)». Non solo: «Perdonate a tutti volentieri, e anche a me, se a causa mia dovrete ancora soffrire».
Per questo la critica ha visto nel film di Malick una risposta a "Silence" di Martin Scorsese, che racconta la persecuzione del '600 dei cattolici in Giappone. Qui i preti apostati vengono giustificati ad abiurare per non mettere in pericolo la vita di altri cattolici (nel film Cristo stesso suggerisce ai sacerdoti l'apostasia). Scorsese, cattolico, racconta che dopo la visione del suo film, uscito nel 2016, Malick, non appartenente ad alcuna fede, però gli scrisse: «Cosa vuole il Cristo da noi?». La risposta, forse trovata nella vita del beato, pare completamente opposta a quella di "Silence".
Cosa c'entra tutto questo con l'oggi? Benedetto XVI parlò del relativismo come di una dittatura peggiore di quelle del secolo passato perché accadono soprusi e ingiustizie ma nessuno si scandalizza più. Basti pensare che la sospensione delle Messe o l'irruzione della polizia durante le celebrazioni eucaristiche non avvenne nemmeno sotto il regime nazista, che sapeva che un comportamento simile gli sarebbe costato il consenso dei credenti ottenuto più subdolamente.
Inoltre, quante volte anche oggi sentiamo ripetere da sacerdoti e credenti che non si può scegliere per Cristo se ciò mette a repentaglio i nostri cari (anche quando il rischio non è nemmeno alto)? Quante altre si sente dire che bisogna obbedire ciecamente alle autorità per essere buoni cattolici, dimenticando i Comandamenti divini? Come non pensare poi a don Lino Viola, che fedele alla sua coscienza (e anche alle disposizioni civili evitando l'assembramento) non ha voluto cacciare dalla chiesa e allontanare da Cristo alcuni famigliari di vittime di Covid-19 desiderose di trovare consolazione nella Santa Messa, ma trovando opposizione nel suo vescovo, più statalista di uno Stato che nelle sue norme non ha mai vietato i sacramenti, ma, appunto, solo gli assembramenti?
Allora, nella confusione relativista, suona ancor più stringente il monito del beato Jägerstätter: «Abbiamo l'obbligo di pregare Dio di inviarci o mantenerci un intelletto sano, che ci permetta di capire a chi e quando dobbiamo obbedire... Rincresce molto di questi tempi che anche tra noi cattolici ci siano così tante persone che obbediscono a cose alle quali dovrebbero ribellarsi e si ribellano ad altre a cui dovrebbero obbedire (vedi la morale cattolica, ndr)».



https://www.youtube.com/watch?v=wzskayiyBl8

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: Radio Roma Libera, 18 Aprile 2020

6 - RIPASSARE LA FEDE DURANTE IL CORONAVIRUS
Video-catechesi su YouTube (40 puntate) pensando ai bambini della Prima Comunione o della Cresima e ai loro genitori (VIDEO: Catequizmo)
Autore: Luca Marcolivio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01-05-2020

Con la sua ultima iniziativa, Juan Manuel Cotelo ha realizzato un desiderio che da tempo aveva nel cuore: tornare a fare il catechista. Il regista spagnolo, noto in particolare per docufilm come L'ultima cima e Terra di Maria, ha svolto catechesi nelle parrocchie per molti anni fino a che non è diventato famoso per le sue pellicole e ha iniziato a girare il mondo.
Come un po' in tutta Europa, i bambini e i ragazzi spagnoli hanno dovuto sospendere il catechismo e hanno visto slittare le date delle loro prime comunioni e cresime. Da qui l'idea di Cotelo di realizzare una serie di video-catechesi, diffuse sui profili social e sul canale YouTube di Infinito +1, la casa produttrice da lui stesso fondata.
Con episodi di cinque-sei minuti ciascuno, Cotelo illustra ai suoi piccoli utenti i fondamenti della fede: i Dieci Comandamenti, il Padre Nostro, l'Eucaristia, la Vergine Maria, lo Spirito Santo. A ciò si aggiungono approfondimenti sulla Sacra Scrittura, sulla nascita di Gesù, sugli angeli custodi. Tutte le catechesi sono veicolate dal carisma scenico di Cotelo e da mille trovate spettacolari, accompagnate da un garbato umorismo, che - si parva licet - evoca il buonumore dei grandi santi: da San Tommaso Moro a San Filippo Neri fino a don Bosco e San José Maria Escrivà.

CURRICULUM VITAE DI DIO
Nel Catequizmo spiccano capitoli particolarmente intelligenti e originali, come quello sul Curriculum vitae di Dio. Qual è il suo indirizzo? «Vivo da tutte le parti ma per le emergenze mi trovate dentro il cuore umano», si legge sul curriculum del Padre Eterno... E l'età? Indefinibile, perché Egli è, al tempo stesso il più vecchio e, vista la sua iperattività, il più giovane, infatti «non va mai in vacanza, non ha un giorno libero in tutto l'anno!», spiega Cotelo. Situazione familiare: «Padre di una famiglia numerosa, il numero dei miei figli è incalcolabile...». Professione e lavori svolti: «La quantità di cose che Dio ha fatto e che sa fare è enorme: creatore del Cielo e della Terra, creatore di tutte le cose visibili e invisibili», tuttavia, «la sua specialità è fare l'impossibile!». Competenze linguistiche: «Dio parla tutte le lingue del mondo. Tutte!». Pubblicazioni: «Dio è anche l'autore di un libro che è il più venduto nella storia di tutti i libri e questo libro è la Bibbia!».
Spassoso e istruttivo anche l'episodio del Profetic Football Club: il dream team di Dio vede in campo Abramo, in porta, Daniele, Davide e Debora in difesa, Elia, Eliseo, Isaia, Mosè, Samuele a centrocampo, Geremia, Giona e Giovanni in attacco... Il «miglior acquisto della storia», colui che «fa più gol di tutti», è però Gesù, la cui strategia per andare a segno è «obbedire» e «fare la volontà del Padre». «Dio fa sempre un gioco di squadra - spiega Cotelo -. Lui potrebbe giocare anche tutte le partite da solo, perché è il miglior giocatore che esista. E allora perché fa un gioco di squadra? Perché Dio è amore e l'amore è sempre un gioco di squadra!». «Mettendo Dio al centro - prosegue la video-catechesi - possiamo vincere le partite più difficili della vita: le malattie, le tristezze e anche la morte!».

PRODOTTO INDIRIZZATO NON SOLO AI BAMBINI MA ANCHE AI GENITORI
L'Italia è il primo paese non ispanico ad aver adattato e diffuso il Catequizmo di Juan Manuel Cotelo. Doppiaggio e ritocchi visivi sono curati da Francesco Travisi, responsabile di Infinito +1 Italia, che ha così supplito alla mancata disponibilità degli studi dovuta all'emergenza sanitaria. «Catequizmo è un prodotto indirizzato non solo ai bambini ma anche ai genitori», spiega Travisi alla Nuova Bussola Quotidiana. «Spesso capita che i bambini della Prima Comunione vengano "depositati" in chiesa, per un puro e semplice "babysitting religioso". Noi, però, visto che i bambini stanno rispondendo bene a questo appuntamento online, invitiamo i genitori a guardare anche loro il Catequizmo: può essere l'occasione per pregare coi figli o per provare a ripercorrere la propria storia spirituale, in un momento in cui, presi dalla routine, dal lavoro e da molto altro, alcuni adulti si raffreddano nella fede». Nonostante il linguaggio semplice e le modalità comunicative rivolte principalmente all'infanzia, Catequizmo ha effettivamente suscitato interesse e favore anche nel pubblico adulto: «In molti mi stanno scrivendo per dirmi quanto è bello questo appuntamento giornaliero e la cosa curiosa è che spesso non hanno figli, né sono catechisti», sottolinea Travisi.
Nella versione originale, Catequizmo è arrivato nei giorni scorsi alla trentesima puntata, superando le 73mila visualizzazioni. L'idea di Cotelo è di completare l'opera entro maggio, mese in cui, normalmente, si celebrano le Prime Comunioni, per un totale di quaranta video, numero simbolico che sugella questa lieta e specialissima "quarantena catechistica". La versione italiana è arrivata al diciottesimo video sabato scorso. «Non siamo Netflix, quindi non godiamo di un grande vantaggio pubblicitario, la nostra forza principale è nel passaparola», continua Francesco Travisi. Senza imponenti promozioni, comunque, i video del Catequizmo nella versione italiana hanno superato le duemila visualizzazioni. È partita nel frattempo anche la versione rumena della video-iniziativa, mentre sono sul trampolino di lancio, le edizioni tedesca e croata.
Il buon successo riscosso dal Catequizmo anche tra gli adulti dimostra che i contenuti veicolati non valgono solo per l'infanzia. Anche con un approccio leggero, si possono trasmettere concetti profondi e veri e, tra le righe, si può fare persino un po' di sana apologetica. Del resto, come affermava il grande Chesterton, «la ragione per cui gli angeli sanno volare è che si prendono con leggerezza».

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 5 minuti) dal titolo "Che significa comunione?" si può vedere il primo episodio del Catequizmo.
Per vedere la playlist del Catequizmo con TUTTI GLI EPISODI pubblicati fino ad oggi, clicca qui!


https://www.youtube.com/watch?v=ZzNc2ODBrc0

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01-05-2020

7 - CORONAVIRUS E I PIENI POTERI DEL COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO
Ormai le fakenews di Stato sono nuovi dogmi intoccabili: ecco perché, per mantenere il panico tra la popolazione, anche la ''fase due'' sarà caratterizzata da nuove paure (ad es.: la seconda ondata)
Autore: Aldo Maria Valli - Fonte: Radio Roma Libera, 29 Aprile 2020

Se solo qualche mese fa un analista politico o un comune osservatore ci avessero detto che un giorno un Paese intero, il nostro Paese, sarebbe stato completamente bloccato, con la popolazione costretta a restare chiusa in casa, in base ai provvedimenti presi da un governo di non eletti il quale si muove a sua volta seguendo le indicazioni di un comitato tecnico-scientifico, sicuramente avremmo dato del pazzo a quell'analista o a quel comune osservatore. Invece, eccoci qui.
Al di là delle aberrazioni della nostra politica, il segreto sta tutto in quel doppio aggettivo: tecnico-scientifico. Se una decisione è presa da un comitato tecnico-scientifico, occorre credergli. Se una dichiarazione arriva da un comitato tecnico-scientifico, quella dichiarazione va ritenuta vera. Il comitato tecnico-scientifico è un'entità rispetto alla quale è obbligatorio un atto di fede e le sue formulazioni hanno valore di dogma.
Se ci pensiamo, è davvero singolare che tutto ciò avvenga in un Paese segnato, come tutto l'Occidente, da un processo di secolarizzazione che ha preteso di mettere sempre più ai margini ogni religione fondata su una fede trascendente. E ancor più singolare è che ai dogmi del comitato tecnico-scientifico debba piegarsi anche la Chiesa, la quale da tempo, nel tentativo di rendersi, si dice, più umana e simpatica, ha intrapreso un cammino per apparire meno dogmatica.
Non è vero che oggi i dogmi non ci sono più. Oggi i dogmi ci sono e sono quelli tecnico-scientifici. [...] Siamo appesi alle decisioni di un comitato tecnico-scientifico al quale, di fatto, è stato riconosciuto il valore di fonte dogmatica, altrimenti non ci piegheremmo a tutte le sue decisioni.

UN VERO E PROPRIO ORACOLO
Il comitato tecnico-scientifico è talmente dogmatico da aver assunto ormai l'aspetto di un vero e proprio oracolo. Dinnanzi a ogni comportamento o possibilità, la prima domanda, ormai, è una sola: ma che cosa ha detto il comitato tecnico-scientifico? I nostri antenati probabilmente nei confronti dei responsi delle sibille erano più liberi di quanto lo siamo noi adesso nei confronti del comitato tecnico-scientifico.
Pensiamoci. Di questo comitato tecnico-scientifico noi non conosciamo neppure la composizione. Sì, i nomi sono stati resi noti e pubblicati, ma alzi la mano chi li conosce tutti quanti. Alzi la mano chi può dire di sapere chi siano effettivamente coloro che ne fanno parte e perché, precisamente, sono stati nominati nel comitato. Quasi nessuno sa chi siano, e non lo sappiamo perché non è necessario. Trattandosi, appunto, di un'entità dogmatica, non è importante entrare nel perché e per come. Di fronte a un'entità dogmatica è richiesta soltanto una cosa: un atto di fede. E un atto di fede è appunto quello che noi tutti stiamo mettendo in pratica.
Ma in virtù di che cosa noi diamo ogni giorno sostanza a tale atto di fede, dal momento che i nomi dei membri del comitato addirittura ci sfuggono? In virtù, lo ripeto, di quel doppio aggettivo: tecnico-scientifico. Ecco il sigillo di garanzia, se così possiamo dire. Ecco il contrassegno della verità. Basta dire "tecnico-scientifico" e il gioco è fatto: l'entità che si fregia di tale titolo diventa ipso facto entità dogmatica e le sue formulazioni diventano verità indiscutibili.

IN TUTTA QUESTA SITUAZIONE C'È UN ALTRO ASPETTO CURIOSO
È dato dal fatto che i veri scienziati, non i millantatori, sanno una cosa sola: sanno di non sapere. Certo, uno scienziato sa molte cose che riguardano il suo settore di studio, ma, in fondo, ciò che ne fa veramente uno scienziato è la consapevolezza di non sapere. Perché la scienza funziona così: più acquisisce conoscenze, più scopre nuovi orizzonti da esplorare; più ottiene risposte, più si pone nuove domande. La scienza, in effetti, ha risposte sempre e soltanto relative, tutt'altro che immutabili, definitive e dogmatiche. La scienza, poi, per dare le sue risposte relative ha bisogno di tempo e di confronto tra le informazioni. Eppure, noi l'abbiamo eletta a sacerdotessa di Apollo, a tal punto che un comitato tecnico-scientifico, per il solo fatto di fregiarsi di questo aggettivo, è diventato un oracolo, e noi ci avviciniamo ai suoi responsi come se entrassimo nell'antro della sibilla, in atteggiamento di umile ascolto e disposti ad accogliere tutto come oro colato.
Insomma, ciò che stiamo vivendo merita qualche riflessione perché è tutto davvero paradossale. Secondo il noto aforisma di Chesterton, "chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente, perché incomincia a credere a tutto". [...]

Nota di BastaBugie: Paolo Gulisano nell'articolo seguente dal titolo "Seconda ondata, propaganda di Stato per limitarci la libertà" spiega che il termine 'seconda ondata' non è preso dal linguaggio dell'epidemiologia, bensì da quello della propaganda politica, come del Pci degli anni '50. E il Governo fa di tutto per tenere sulla popolazione una pressione psicologica altissima, per indurre anche in tempi di allentamento del Lockdown ad una "spontanea" rinuncia alle proprie libertà.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 3 maggio 2020:
Nel Dizionario delle Neolingua (ricordate Orwell?) inventata per la Pandemia, negli ultimi giorni uno dei termini più in voga è "Seconda ondata". Di cosa si tratta? Della possibilità di un nuovo aumento dei numeri dei contagiati, dei ricoverati, dei morti. Si tratta di un termine che non è preso dal linguaggio dell'epidemiologia, ma da quello della propaganda politica. Era un termine usato nel Dopoguerra e fino agli anni '50 dal Partito Comunista Italiano. La prima ondata era stata la Resistenza, che aveva spazzato via il Fascismo; la seconda - attesissima - era quella che avrebbe dovuto fare il resto, e trasformare l'Italia in una Repubblica Sovietica. Per chi conosce  racconti del grande scrittore Giovannino Guareschi, l'espressione è familiare: era lo spauracchio costantemente sventolato da Peppone davanti agli occhi di don Camillo.
Oggi di seconda ondata parlano le istituzioni e la grande stampa. E' bastato che una esponente dell'ufficio regionale europeo dell'OMS esprimesse la propria preoccupazione per la possibilità di nuove infezioni nei vari Paesi che l'affermazione è stata tradotta in Italia in questo sintetico concetto: arriverà una seconda ondata. Ovvero: il nemico è sempre qui. Poco importa che la curva epidemica sia in discesa, poco importa che siano ormai a disposizione importanti ed efficaci strumenti di cura: il terrore per il Covid deve continuare.
"Non saremo mai a contagio zero" ha dichiarato l'assessore lombardo al welfare, evidentemente in possesso di certezze epidemiologiche non meglio identificate. E ha aggiunto che "dobbiamo convivere con questo virus, davanti al quale siamo indifesi". Evidentemente l'assessore non è informato che proprio nella sua Regione esistono ospedali - come la NBQ ha documentato - dove si cura e si guarisce.
Ma il maggior utilizzo propagandistico del concetto di Seconda ondata viene dal Governo centrale. Conte lo ripete a ogni piè sospinto. L'allentamento del lockdown può avvenire, ma solo sotto strettissimo controllo, perché l'epidemia può riesplodere, parola del famigerato Comitato tecnico scientifico che nei giorni scorsi ha comunicato che nel mese di giugno potremmo avere oltre 150.000 persone ricoverate in terapia intensiva. Sì, proprio così. Uno scenario apocalittico, specie se si pensa che quando è stato raggiunto il picco ai primi di aprile i ricoverati in tutta Italia in terapia intensiva erano poco più di 4.000. Secondo i consulenti di Conte insomma ci attende qualcosa di paragonabile ad un disastro nucleare, naturalmente se si allentassero le misure restrittive.  Questa previsione - non suffragata da alcuna documentazione epidemiologica - è stata peraltro categoricamente smentita da una autorevole  società di analisi, Carisma, che ha definito come totalmente sbagliato il Calcolo del Comitato. Un errore addirittura aritmetico, perché avrebbe preso in considerazione una popolazione di 260 milioni di abitanti, anziché 60 milioni come quella italiana.
Il problema del documento, dice Carisma, è di tipo statistico-matematico, con errori anche nel calcolo del tasso di letalità dei contagi.  
Insomma: il cenacolo di tecnici e scienziati al servizio di Conte ha preso un abbaglio madornale. Oppure è stata confezionata una bella bufala per una opinione pubblica ormai sommersa da dati contradditori e soprattutto da messaggi terroristici.
La "fase due", per utilizzare un altro termine della neolingua, dovrà essere caratterizzata da nuove paure. Si deve seminare il panico rispetto, ad esempio, a quella fascia di persone che non è stata toccata dall'epidemia, i bambini. Così assistiamo ad un montare di sospetti nei confronti della possibilità di ammalarsi da parte dei bambini che è assolutamente in contraddizione con le evidenze scientifiche rilevate. In Svizzera, dove ad esempio il Governo ha cominciato ad allentare le misure di lockdown,è stato liberalizzato il contatto tra bambini e tra questi e i nonni. Il responsabile Dipartimento malattie infettive del Ministero della Sanità, Daniel Koch, ha detto che "gli scienziati sono arrivati alla conclusione che i bambini non trasmettono il virus. Sarebbe sbagliato proibire ai nonni, che stanno già soffrendo per questa situazione, di essere abbracciati dai loro nipoti quando si sa che essi  non sono contagiosi."
In Italia, al contrario, ci si sta lanciando in ardite ipotesi rispetto a possibili danni ai bambini provocati dal Covid. Una di queste riguarda l'osservazione che è stata fatta da parte del dipartimento Pediatria dell'Ospedale di Bergamo, che recentemente hanno registrato un aumento numero di casi di sindrome di Kawasaki, una vasculite nota da molti anni che colpisce i bambini e la cui origine è sempre stata sconosciuta. Ma ora è stato trovato un colpevole, viene detto: il Coronavirus. L'insorgenza di questi nuovi casi sarebbe (il condizionale è d'obbligo) avvenuta in coincidenza con l'attuale epidemia. Come noto, per la scienza due coincidenze non fanno una prova, eppure questa ipotesi tutta da dimostrare sta trovando un'eco enorme perché è funzionale alla diffusione della paura che il Covid possa colpire i bambini. Trascurando magari altri possibili "indiziati": la sindrome di Kawasaki infatti è un documentato e provato effetto collaterale del vaccino contro la Meningite B (figura anche nella scheda tecnica del prodotto) che è una vaccinazione facoltativa ma proposta molto attivamente, specie in Lombardia. Forse questo aumento di casi di sindromi di Kawasali potrebbe essere meglio indagato prima di arrivare a conclusioni sbrigative.
Ma come dicevamo in precedenza, in questo momento si sta fecendo di tutto per tenere sulla popolazione una pressione psicologica altissima, per indurre - anche in tempi di allentamento del Lockdown - ad una "spontanea" rinuncia alle proprie libertà.
Insomma: la "fase due" sarà di lacrime e sangue, e di fakenews di Stato.


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Fonte: Radio Roma Libera, 29 Aprile 2020

8 - PER LA FASE 2 DEL CORONAVIRUS L'ARCIGAY SI INFURIA, MA CONTE RIMEDIA SUBITO
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): 200 gay pride cancellati causa Coronavirus, 94 candeline per Elisabetta la regina gay friendly, prime ''nozze'' gay arabe
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Provita & Famiglia, 4 maggio 2020

Parte oggi la cosiddetta "fase 2" delle restrizioni per combattere la pandemia da Covid-19. Tante le nuove regole richiamate dal nuovo Dpcm dello scorso 26 aprile, tra le quali - come si legge nel decreto - si potrà fare visita ai "congiunti" con le solite precauzioni, ovvero guanti, mascherina e distanza di sicurezza.
Ma chi sarebbero per l'esattezza i congiunti? Il termine ha creato diversi dubbi, peraltro l'ultima dichiarazione di Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute, che definisce "congiunti" anche gli amici "purché amici veri" ha suscitato molte perplessità e anche una certa dose si ilarità sui social. Ma il termine "congiunti" sembra essere diventato anche il pomo della discordia, ultimamente, in quanto avrebbe fatto infuriare niente di meno che Arcigay!
L'Associazione parla di "inaccettabile gerarchia affettiva imposta dallo Stato": "Il fatto che l'allentamento delle restrizioni sulle relazioni sociali sia circoscritto alla definizione di 'congiunti', che nei nostri codici è riferita inequivocabilmente alla dimensione formale della parentela, di sangue o acquisita, rappresenta un inedito e inaccettabile intervento dello Stato nella definizione della gerarchia degli affetti", queste le osservazioni di Gabriele Piazzoni, segretario generale dell'associazione. Ma si dicono preoccupati anche la senatrice Monica Cirinnà, costernata per «le coppie non conviventi e le famiglie arcobaleno non riconosciute», e Matteo Renzi, che in un video aveva promesso di redarguire Giuseppe Conte: «Abbiamo fatto le unioni civili, crediamo nella libertà, non possiamo permettere allo Stato di decidere chi dobbiamo vedere». Richieste che sono state prontamente recepite da Palazzo Chigi che ha pubblicato della apposite Faq, proprio per chiarire tutti i dubbi sul Dpcm, anche quelle riguardanti i "congiunti".
All'appello mancava inizialmente solo Elena Bonetti che, com'è noto, sin dall'inizio del suo mandato si era dichiarata a favore delle adozioni gay, ma che non ha tardato a far arrivare il suo endorsement, ancora una volta, al mondo LGBT: qualche giorno dopo le esternazioni dei colleghi dem, si è affrettata a dichiarare che "Come ministro per le Pari Opportunità ho a cuore di tutelare i diritti delle coppie omosessuali, che non devono essere discriminate. È un punto che va chiarito e va chiarito nella direzione di permettere alle persone di ricongiungersi con i propri legami, fidanzati compresi. Bisogna richiamare al senso di responsabilità ma nello stesso tempo è altrettanto importante la vita delle persone che risponde all'esigenza delle relazioni umane e delle coppie".
Insomma, con la dissoluzione in atto dell'istituto familiare, si aggiunge anche l'estensione massiccia del termine "congiunti".

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal "gaio" mondo gay (sempre meno gaio).

CAUSA CORONAVIRUS CANCELLATI 200 GAY PRIDE
A causa dell'epidemia di Coronavirus 200 gay pride previsti in tutto il mondo, e che di solito si tengono all'inizio dell'estate, sono stati annullati. Alcuni di loro sono stati definitivamente cancellati, altri spostati. In Italia i primi pride ad essere cancellati sono stati quelli di Vicenza, Parma e dell'Umbria. C'è anche una mappa che in tempo reale informa quali gay pride sono stati soppressi e quali rinviati
(Gender Watch News, 4 aprile 2020)

94 CANDELINE PER ELISABETTA LA REGINA GAY FRIENDLY
La Regina Elisabetta ha compiuto 94 anni. Nel corso degli anni la regnante più volte si è mostrata vicina alla comunità LGBT. Ad esempio nel 2013 ha apposto il timbro reale alla norma che legittimava le "nozze" gay, gesto sì formale, ma anche significativo. Lo stesso è avvenuto per la Turing Law, norma che prevede la riabilitazione postuma per 60mila omosessuali incriminati negli anni addietro a motivo del loro orientamento sessuale.
Poi nel 2017, in occasione del discorso annuale presso il Parlamento, Elisabetta così si espresse: «Il mio governo farà ulteriori progressi per affrontare il divario retributivo di genere e la discriminazione nei confronti delle persone sulla base della loro razza, fede, genere, disabilità o orientamento sessuale».
Elisabetta. Una regina sicuramente gay friendly.
(Gender Watch News, 23 aprile 2020)

PRIME ''NOZZE'' GAY ARABE
Un cittadino tunisino e uno francese si "sposano" in Francia e il contratto matrimoniale viene riconosciuto in Tunisia. L'associazione 'Shams - per la depenalizzazione dell'omosessualità in Tunisia' su facebook così commenta: "Si tratta di una prima assoluta in Tunisia e nel mondo arabo. Il contratto di matrimonio tra un cittadino francese e un tunisino, sottoscritto in Francia, è stato riconosciuto in Tunisia ed annotato nell'atto di nascita dell'anagrafe tunisina".
Anche se non si tratta di una norma che legittima i matrimoni omosessuali, ma solo di un atto amministrativo, ovviamente ha un significato giuridico assai rilevante e, come è accaduto in altri paesi, potrebbe essere il primo passo per una legittimazione voluta dal parlamento.
Inoltre è da sottolineare che il mondo musulmano rappresentava fino a ieri un baluardo contro ogni istanza proveniente dall'ambiente gay, ma questo riconoscimento fa comprendere che una prima crepa si è creata anche nella diga del mondo arabo. Ed altre certamente ne seguiranno.
(Gender Watch News, 27 aprile 2020)


DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: Provita & Famiglia, 4 maggio 2020

9 - OMELIA V DOMENICA DI PASQUA - ANNO A (Gv 14,1-12)
Credete in me: io sono nel Padre e il Padre è in me
Fonte Il settimanale di Padre Pio

San Francesco, quando era alla ricerca della via da percorrere, quando voleva sapere cosa Dio voleva da lui, entrò nella chiesetta di San Damiano e pregò intensamente davanti ad un Crocifisso. Con tutto il suo cuore voleva sapere quella che era la volontà di Dio su di lui e, miracolosamente, Gesù parlò e disse: «Francesco, va', ripara la mia Casa, che, come vedi, va tutta in rovina» (FF 1334). San Francesco pensò che si trattasse della rovina materiale delle mura di quella chiesetta e, con tanta buona volontà, si mise a restaurarle. Poi si mise a restaurare altre due chiese, quella della Porziuncola e quella di San Pietro, nei pressi di Assisi. In seguito, san Francesco comprese che la missione a lui affidata da Dio era diversa, più profonda: era quella di restaurare la Chiesa di cui i cristiani sono le pietre vive. Allora egli non andò più in cerca di pietre materiali, ma si mise a predicare per città e villaggi, alternando periodi di ritiro negli eremi a periodi di intensa attività apostolica. In questo modo, san Francesco ricondusse molti a Cristo, risvegliando in altri il fervore che si era ormai spento. In poche parole, egli ridiede un volto cristiano a una società che si era allontanata dalla retta via.
Questo tema è messo in luce dalla seconda lettura di oggi. San Pietro lo afferma chiaramente: «Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale» (1Pt 2,5). Gesù è la «pietra d'angolo» (1Pt 2,7), ovvero la pietra fondamentale per dare stabilità all'intera costruzione. Questa pietra era stata scartata dai costruttori ed ora è divenuta «sasso d'inciampo, pietra di scandalo» (1Pt 2,8) per tutti quelli che rifiutano il Vangelo. Per essere utilizzati nella costruzione di questo edificio, le pietre devono essere lavorate e ben squadrate. Questo lavoro è iniziato con il Battesimo, per mezzo di esso siamo divenuti pietre vive, e deve continuare durante tutta la nostra vita. Ogni giorno dobbiamo uniformarci a Gesù Cristo, dobbiamo assomigliargli sempre di più. Ogni pietra che non risponde a questi requisiti viene scartata: abbiamo tempo fino al termine della nostra vita.
Accogliendo la Parola di Dio e mettendola in pratica, noi siamo sempre più perfezionati e resi idonei ad essere utilizzati in questa costruzione. È necessaria la predicazione; per questo motivo, nella Chiesa primitiva, furono istituiti di Diaconi, i quali si impegnavano nel servizio della carità, dando così la possibilità agli Apostoli di dedicarsi interamente al servizio della Parola, ovvero alla predicazione, e alla preghiera. Furono scelti sette Diaconi. Gli Apostoli, vista la gran mole di lavoro che gravava sulle loro sole spalle, così dissero alla Comunità: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola» (At 6,1-7). Non è giusto che nella Chiesa vengano sacrificati gli aspetti della preghiera e della predicazione, che sono i più importanti, per una attività che rischia di diventare un "vuoto attivismo". Le parole che abbiamo ascoltate sono particolarmente valide ai nostri giorni, nei quali il valore della vita interiore non è molto compreso e, molto spesso, si apprezza solo l'attività sociale. Senza la preghiera, l'attività caritativa si trasforma in una promozione umana.
Nella Chiesa, la predicazione deve avere un obiettivo principale: quello di indicare al mondo Cristo che è l'unica via che conduce al Padre, è l'unica verità a cui aderire, ed è l'unica vita delle anime nostre. Gesù lo afferma chiaramente, dicendo ai suoi Apostoli: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Seguendo i suoi esempi non possiamo sbagliare strada, giungeremo al posto che Egli, il nostro Salvatore, è andato a prepararci, secondo quanto ci dice nel Vangelo: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,3). La morale cristiana consiste nel seguire le orme di Gesù, nell'imitarlo, nel comportarci come Lui si è comportato. Osservando la morale cristiana, insegnata infallibilmente dalla Chiesa, noi siamo certi di arrivare alla Vita eterna. Il Signore verrà a prenderci, secondo la sua promessa, e ci condurrà dove è la nostra dimora eterna.
Gesù, inoltre, è l'unica verità a cui credere. Non ci sono diverse verità, come se ciò fosse solo una cosa soggettiva. Gesù dice a ciascuno di noi e a tutti gli uomini del mondo: «credete in me: io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). Per essere cristiani non basta comportarsi bene, bisogna pure credere a tutto quello che la Chiesa ci insegna nel suo Magistero.
In questo modo, osservando la morale evangelica e credendo ai dogmi di fede, noi realizzeremo le parole che Gesù disse agli Apostoli: «chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14,12). Sembra incredibile, ma Gesù dice chiaramente che faremo opere più grandi di quelle da Lui compiute su questa terra. Ciò si spiega per il fatto che Gesù è andato al Padre, ovvero è stato glorificato, e agisce per mezzo dei cristiani con la potenza della sua divinità. Questo significa che, con l'Ascensione al cielo, Gesù non ha diminuito il potere di operare su questa terra, ma lo ha di molto aumentato.
Prima dell'Ascensione, quando era su questa terra, la sua azione era circoscritta ad un solo popolo, quello Ebraico; ora, per mezzo della Chiesa, Gesù raggiunge e abbraccia il mondo intero. Egli rende partecipe la Chiesa di quelli che sono i suoi poteri, continua ad operare miracoli e, soprattutto, continua a convertire i cuori, servendosi del servizio dei suoi ministri.
Quanto più saremo simili a Gesù, tanto più si realizzeranno le parole che abbiamo udito nel Vangelo: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9). Gesù è una sola cosa con il Padre, in quanto è il Figlio, della stessa sostanza del Padre, la seconda Persona della Santissima Trinità. Noi, creati ad immagine e somiglianza di Dio, rifletteremo la sua luce nella misura della nostra bontà. Un pellegrino che si era recato ad Ars per conoscere il parroco di quel paese che era san Giovanni Maria Vianney, dopo averlo incontrato, così esclamò: «Ho visto Dio in un uomo». Il Signore vuole che questo si possa dire anche di noi. Se saremo buoni di cuore, non mediocri ma santi cristiani, compiremo l'opera più bella ed importante: mostreremo Dio al mondo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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