BastaBugie n�665 del 20 maggio 2020

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1 LA STORIA DI DON MINUTELLA, IL SACERDOTE SCOMUNICATO NEL 2018 PER SCISMA ED ERESIA
Per Don Minutella i sacramenti dati in comunione con Papa Francesco sono invalidi, ma così cade nell'eresia donatista confutata da Sant'Agostino e dal Concilio di Trento (validità dei sacramenti ex opere operato)
Autore: Simone Ortolani - Fonte: Corrispondenza Romana
2 AISHA SILVIA ROMANO E ASIA BIBI A CONFRONTO
Asia ha accettato la prigione, le sofferenze, la solitudine ed è riuscita a restare cattolica, conservare la sua anima e la sua dignità di donna, mentre Aisha per salvarsi dalla morte ha scelto la sottomissione all'islam (VIDEO: C'è poco da esultare per Silvia Romano)
Autore: Lorenza Formicola - Fonte: Radio Roma Libera
3 IL FILM SULLA STORIA VERA DI UN BAMBINO MALATO DI CANCRO CHE SCRIVE LETTERE A DIO
Dal co-produttore di Fireproof e Facing the Giants una storia vera per capire il significato della sofferenza e il valore della preghiera (VIDEO: Tutto il film ''Letters to God'' doppiato in italiano in HD sul sito della Rai)
Autore: Franco Olearo - Fonte: Family Cinema Tv
4 CONTE E MATTARELLA SPINGONO PER L'APPROVAZIONE DELLA LEGGE ZAN SULL'OMOFOBIA
Con l'opinione pubblica distratta dal Coronavirus diventa più facile l'approvazione della legge Zan per mandare in carcere chi non la pensa come i gay
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 QUANDO VA FATTO IL SEGNO DELLA CROCE
Il segno della Croce è bene farlo prima e dopo ogni atto di religione, prima e dopo il cibo e il riposo, nei pericoli dell'anima e del corpo... in pratica va fatto sempre (VIDEO: Il segno della croce)
Autore: Piefrancesco Nardini - Fonte: I Tre Sentieri
6 IL CORONAVIRUS IMPEDIRA' A TRUMP DI ESSERE RIELETTO?
Intervista a Marco Respinti su quali temi saranno decisivi nella corsa alla Casa Bianca (anche stavolta il voto dei pro life farà vincere Donald Trump?)
Autore: Luca Marcolivio - Fonte: Provita e Famiglia
7 SE IL GOVERNO NON AVESSE VIETATO LE AUTOPSIE CI SAREBBERO STATI MENO MORTI DI CORONAVIRUS
Le autopsie rivelano che la ventilazione meccanica nelle terapie intensive non è risolutiva, basta l'eparina... ma il governo voleva aumentare la paura per dichiarare lo stato di emergenza e poter sopravvivere un altro anno
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 LA COMUNIONE DISTRIBUITA CON I GUANTI? NICCOLO' STENONE NON SI SAREBBE CONVERTITO
Molti sacerdoti faranno obiezione di coscienza e non useranno i guanti perché l'eucaristia è il Corpo di Cristo, non un pane qualsiasi
Fonte: I Tre Sentieri
9 OMELIA ASCENSIONE - ANNO A (Mt 28,16-20)
Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA STORIA DI DON MINUTELLA, IL SACERDOTE SCOMUNICATO NEL 2018 PER SCISMA ED ERESIA
Per Don Minutella i sacramenti dati in comunione con Papa Francesco sono invalidi, ma così cade nell'eresia donatista confutata da Sant'Agostino e dal Concilio di Trento (validità dei sacramenti ex opere operato)
Autore: Simone Ortolani - Fonte: Corrispondenza Romana, 11 Maggio 2020

Il «piccolo resto cattolico» guidato da don Alessandro Maria Minutella è realmente cattolico o è semplicemente diventato, in breve tempo, una delle tante sette di ispirazione cristiana? Cosa sta accedendo al movimento di fedelissimi del prete siciliano, che assicura i suoi oltre 43 mila follower della pagina Facebook Radio Domina Nostra di essere spronato da battagliere locuzioni interiori nell'opporsi alla «falsa Chiesa bergogliana», giudicata «eretica ed apostata»?
Il protagonista della vicenda è nato a Palermo il 13 settembre 1973 ed è entrato nel seminario del capoluogo dell'isola nell'ottobre del 1992. Dopo essere stato ordinato sacerdote il 27 dicembre 1999 dal cardinale Salvatore De Giorgi, è stato nominato parroco di San Giovanni Bosco nella zona di Romagnolo nella stessa città. Si è laureato in Teologia sistematica presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia con una tesi sulla mistica del Purgatorio in Santa Caterina da Genova nel 2002 e ha conseguito il dottorato in Storia del dogma cristiano presso la Pontificia Università Gregoriana nel 2007 con una tesi sull'Escatologia cristologico-trinitaria di Hans Urs von Balthasar, diventata un corposo volume presentato a Roma e a Palermo nel marzo 2014. Oratore brillante e facondo, autore di alcune pubblicazioni - fra cui una su San Gregorio Magno -, uomo di forte temperamento, appassionato ed ironico, don Minutella afferma di avere avuto come guide spirituali don Pino Puglisi e don Gabriele Amorth. Grazie ai social network assurge ad ampia notorietà con infuocate catechesi trasmesse online: parla con trasporto di spiritualità, devozioni e mariofanie sia riconosciute sia non riconosciute; si presenta come paladino della sana Dottrina cristiana, si richiama incessantemente al Catechismo e, facendo leva sulle sue qualifiche accademiche, combatte eresie e polemizza con i «modernisti».
I Sinodi sulla Famiglia del 2014-2015 e, nel 2016, la promulgazione dell'esortazione apostolica Amoris Laetitia sono lo spartiacque nei rapporti fra don Minutella e la gerarchia: papa Francesco è accusato pubblicamente ed esplicitamente da lui di avere autorizzato la Comunione ai divorziati risposati, di avere profanato sia il sacramento del Matrimonio che quello dell'Eucaristia e di avere tradito il Magistero. Nel 2017, il sacerdote inizia un tour per l'Italia per la presentazione del libro I tempi di Maria. [...]
Pur avendo celebrato l'Eucaristia per alcuni anni in comunione con papa Francesco seguendo le rubriche del Messale di Paolo VI, don Minutella arriva gradualmente a sostenere che il pontefice «venuto dalla fine del mondo» non è mai stato nemmeno legittimamente eletto, a causa del complotto della «mafia di San Gallo» e della rinuncia di Benedetto XVI, pretesa come del tutto invalida. In seguito, opta per l'uso esclusivo della liturgia ante-conciliare trasmettendo da Radio Domina Nostra le funzioni da lui stesso officiate secondo il Rito romano antico.

PRESUNTO MEDIUM PER CONTO DELLA SANTA VERGINE
L'esibizione costante delle pretese comunicazioni celesti lo aiuta ad accreditarsi presso piccole fasce di sacerdoti e gruppi di laici maggiormente propensi a lasciarsi suggestionare dal racconto di apparizioni, rivelazioni private e profezie.
«Eravamo in parte delusi e scandalizzati da una certa deriva modernista e il passo successivo è stato quello di vedere in don Minutella un profeta dei nostri giorni. Ci diceva di essere stato scelto dalla Madonna come Suo inviato dal Cielo e di riceverne locuzioni», spiega un ex attivista del «piccolo resto». «Molti di noi eravamo realmente ispirati dal desiderio di servire il Vangelo, ma altri erano soltanto anticlericali guidati dall'odio verso la gerarchia, pontefice compreso, e vedevano in don Minutella un "liberatore dai cattivi", il capo di una rivoluzione per liberare Roma dagli apostati».
Il parroco assicura di ricevere queste locuzioni interiori da parte del Cielo e ne fa uno dei suoi principali argomenti di persuasione. In un'occasione, documentata, egli cerca grottescamente, di fronte ad alcuni fedelissimi, di imitare la voce di Padre Pio - che ne starebbe possedendo il corpo - intimando agli stessi la più stretta fedeltà alla sua persona. In un'altra, egli parla in falsetto, cercando di presentare se stesso come medium per conto della «Santa Vergine».
Era stato proprio il ricorso al presunto elemento soprannaturale che aveva contribuito a turbare i rapporti fra questo vivace quanto indocile curato, in precedenza stimato come brillante studioso, e l'arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo. Il porporato, ricevendolo nel settembre del 2015 in episcopio gli aveva ordinato il silenzio sulle propagandate rivelazioni a causa del turbamento dei fedeli. Questo precetto era coerente con le disposizioni dell'arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, nell'ambito della cui giurisdizione territoriale, a Carini, sorge, su un terreno di proprietà privata, il centro Piccola Nazareth, gestito da don Minutella: «Le locuzioni sono ingannevoli». Commentando anche la distribuzione a Piccola Nazareth di acqua nemmeno potabile ma spacciata come «prodigiosa», il presule protestava che era «quanto meno strumentale l'invenzione dell'acqua miracolosa, che avrebbe poteri soprannaturali e terapeutici, perché gioca con la sacra sensibilità dei semplici che vivono seri momenti di prova. Corre l'obbligo di avvertire tutti i fedeli che tali pratiche oltre ad essere contrarie al volere della Chiesa, sono fortemente sospette di manipolazione delle coscienze». L'arcivescovo di Monreale si diceva certo della «sicura falsità delle sue affermazioni quando si dichiara "profeta" di messaggi soprannaturali, la cui diffusione mette seriamente a rischio la genuina devozione popolare verso la Madonna, gli Angeli e i Santi».

SACRE DEVOZIONI E PROFANO MARKETING ONLINE
Questo esibizionismo che mescola con disinvoltura sacre devozioni e profano marketing online irrita alcuni fra i simpatizzanti della prima ora. Per i meno ingenui, sono le stesse catechesi di don Minutella ad apparire ambigue e confuse: egli inizia a citare, senza un vero e proprio criterio, come maestri di ortodossia autori del tutto diversi fra di loro, da Hans Urs von Balthasar a monsignor Marcel Lefebvre, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, fino ad esprimere apprezzamento per i sedevacantisti di varie correnti, ricercando recentemente contatti con i loro rappresentanti, forse per ottenere una certa legittimazione dal confronto pubblico con i sacerdoti di questo ambiente. Ed è proprio dalle pubblicazioni dell'Istituto Mater Boni Consilii di Verrua Savoia, appartenente a questa costellazione, che don Minutella ricava l'espressione «Una cum», tanto da farne una propria bandiera. L'espressione latina è parte del Canone della Messa in cui è commemorato il nome del Papa regnante: «Una cum famulo tuo Papa nostro Francisco», cioè, «Insieme col Tuo servo nostro Papa Francesco». Per i sedevacantisti non è lecito celebrare i sacramenti in comunione con gli occupanti della Sede apostolica dai tempi di Giovanni XXIII; don Minutella sceglie invece di celebrare «una cum Papa Benedicto».
«Don Minutella ha iniziato a celebrare in comunione con papa Benedetto XVI dichiarando che fosse ancora lui in carica. Ci disse che fu la Madonna a rivelargli che Francesco non fosse il vero papa e che non bisognava assolutamente menzionarlo perché, partecipando alle celebrazioni eucaristiche in unione con Francesco, si rischiava la dannazione eterna delle nostre anime, di tradire Gesù Cristo, di contaminarsi con le eresie», sostiene un gregario ormai deluso. Ma nemmeno la fiducia nei confronti di Joseph Ratzinger è piena. Quando il vescovo bavarese sceso dalla Cattedra di San Pietro ribadisce «ancora una volta», nel contesto dell'intervista contenuta nel libro di Peter Seewald Benedetto XVI. Una vita, la sua «amicizia» con il suo successore, don Minutella appare smarrito ed esclama incredulo che «è in gioco la fede stessa», come in occasione nella catechesi trasmessa da Radio Domina Nostra la sera del 5 maggio 2020. «Dov'è Pietro, chi è Pietro, che fine ha fatto Pietro?», si chiede in diretta su Facebook. Ormai è innegabile una «crepa profonda nei confronti del Romano Pontefice che rimane Benedetto XVI ma che però ci disorienta, ci smarrisce e ci mette alla dura prova. Quest'uomo - denuncia don Minutella - che ha continuato a vestirsi di bianco dopo aver detto che non sarebbe più intervenuto, lì, a 93 anni, scrive questi libri dove dice e non dice, parla e non parla, rendendoci ancora più confusi di quanto fa Bergoglio».

SCOMUNICA PER ERESIA E SCISMA
Il preteso campione della «Resistenza cattolica» - affermano alcuni testimoni - «avalla le sue dottrine con autori come San Tommaso d'Aquino stravolgendone i contenuti. Ha esortato tutti a non confessarsi più con altri sacerdoti che non appartengano al suo "piccolo resto". Ha chiesto di non ricevere la santa Eucaristia da costoro, che se celebrata in comunione con papa Francesco non sarebbe il Corpo del Signore, ma quello di satana; ha ordinato di non far battezzare i propri bambini da costoro, a non farsi nemmeno benedire dai pastori della Chiesa "ufficiale" per non riceverne maledizioni».
Sono diverse le registrazioni audio e video che confermano queste parole, diffuse fra i seguaci su WhatsApp e su Telegram.
«Ha detto in modo imperativo di non entrare nemmeno nei Santuari. Molte persone, credendo alle sue tesi, hanno iniziato a nutrire dubbi sulla validità dei propri matrimoni, dei battesimi, delle comunioni ricevute, precipitando nella desolazione più nera. Ma don Minutella si è spinto molto oltre. Ha detto che se fosse morto un nostro caro, non avremmo dovuto accettare funerali da parte di sacerdoti una cum Francisco, ma al più seppellirlo con una semplice benedizione altrimenti avremmo danneggiato l'anima del defunto».
Sollevato agli inizi dell'aprile 2017 dalla guida della parrocchia di San Giovanni Bosco da monsignor Corrado Lorefice, succeduto al cardinale Romeo come arcivescovo del capoluogo siciliano, il 13 novembre 2018 don Minutella è stato raggiunto dal decreto in cui veniva dichiarata la scomunica latae santentiae nella quale era incorso per eresia e scisma, firmato dallo stesso prelato il 15 agosto 2018, «con tutte le conseguenze derivanti dallo stesso provvedimento».
Affermare che i sacramenti amministrati in comunione con il Papa regnante sono invalidi, sacrileghi e addirittura satanici costituisce senza dubbio un'eresia, e contrasta chiaramente con l'insegnamento dello stesso Concilio di Trento sulla validità degli stessi ex opere operato. Queste spericolate asserzioni sono inoltre espressioni strane e pericolose che richiamano l'antica eresia donatista sull'invalidità dei sacramenti amministrati da sacerdoti reputati indegni, combattuta e confutata da Sant'Agostino. La predicazione costante contro il Romano Pontefice e il vescovo del luogo e la formazione di una congregazione di persone che non ne riconosce l'autorità, costituisce uno scisma nel senso proprio del termine. [...]

Nota di BastaBugie
: Michelangelo Nasca nell'articolo seguente dal titolo "Don Minutella scomunicato per eresia e scisma" racconta come si è arrivati al comunicato ufficiale dell'arcidiocesi di Palermo dove si rende nota la scomunica a don Alessandro Minutella.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Stampa il 13 Novembre 2018:
Un comunicato ufficiale redatto dall'arcidiocesi di Palermo rende note le notifiche di scomunica "latae sententiae" nei confronti del sacerdote palermitano don Alessandro Maria Minutella, in cui lo stesso sacerdote è incorso - si legge nel testo - «per il delitto di eresia e per il delitto di scisma, come previsto dalla Legge canonica (cfr. can.1364 §1 CIC), con tutte le conseguenze derivanti dallo stesso provvedimento». Una notifica pesante che da diversi giorni era ormai nell'aria, e che probabilmente lo stesso Minutella aveva da tempo subodorato.
A nulla sono valsi i tentativi di confronto e di dialogo portati avanti dall'arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, da sacerdoti e amici del prete palermitano, nella speranza di smorzare i toni e le reiterate accuse contro Papa Francesco e lo stesso arcivescovo che don Minutella pronunciava pubblicamente durante le omelie e attraverso i canali del web, parlando dell'«impostura della falsa Chiesa», di una Chiesa «multinazionale della menzogna e della falsità. Prostituta indegna, venduta ai poteri del mondo».
Anche per tali ragioni don Minutella era stato inizialmente rimosso dall'incarico di parroco nella comunità parrocchiale che gli era stata affidata. Inoltre le presunte locuzioni interiori e soprannaturali che don Alessandro diceva di percepire, entrando in contatto con la Vergine Maria, gli angeli e alcuni santi, non apparivano molto convincenti, meno che mai l'acqua miracolosa che sarebbe sgorgata in un terreno non molto distante dalla città di Palermo. Un ulteriore strappo alle regole era stato determinato dalla costituzione di una comunità religiosa femminile seguita spiritualmente da Minutella, ma non riconosciuta dalla Chiesa.
All'inizio di questa vicenda - poiché i primi raduni avvenivano in territorio extradiocesano - anche l'arcidiocesi di Monreale aveva preso immediatamente posizione. «Poiché "le divine locuzioni" di cui don Minutella è artefice vengono ampiamente diffuse online, e rappresentano un serio rischio per il profondo turbamento di molte coscienze, si precisa che sono ingannevoli e forvianti le sue "profezie" e che la loro diffusione mette seriamente a rischio la genuina devozione popolare verso la Madonna, gli angeli e i santi. È quanto meno strumentale l'invenzione dell'acqua miracolosa, che avrebbe poteri soprannaturali e terapeutici, perché gioca con la sacra sensibilità dei semplici che vivono seri momenti di prova. Corre l'obbligo di avvertire tutti i fedeli che tali pratiche oltre ad essere contrarie al volere della Chiesa, sono fortemente sospette di manipolazione delle coscienze».
Nel giugno del 2018 don Minutella prende parte e guida un raduno di fedeli provenienti da alcune regioni italiane, circa un migliaio, ma l'ipotesi che da quel raduno potesse nascere qualcos'altro naufraga dopo non molto tempo. Nel mese scorso, don Alessandro ha comunicato, attraverso il web, la sua amarezza per essersi ritrovato solo, dichiarando anche il progetto di non intervenire più attraverso il web; adesso - dice - «ho deciso di fermarmi per un po' di tempo» . «La vera Chiesa - prosegue don Minutella - ha deciso di non dovere intervenire con me. Ho mandato due lettere a Benedetto XVI e non mi hanno risposto. Ho mandato la richiesta d'incontrare - come succedeva in passato - il cardinale Burke - e non mi ha risposto. I mezzi di comunicazione della vera Chiesa mi boicottano. [...] Allora se tacciono anche da "questa parte" il rischio è che si pensi che io sto portando avanti una mia chiesa, che io stia creando una setta. Ma io non sto facendo nulla di tutto questo. Io sto difendendo la Santa Madre Chiesa». Ora, a Palermo, giunge la notifica della scomunica.


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DOSSIER "FRANCESCO E' IL PAPA"
Chi lo nega non è cattolico

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Fonte: Corrispondenza Romana, 11 Maggio 2020

2 - AISHA SILVIA ROMANO E ASIA BIBI A CONFRONTO
Asia ha accettato la prigione, le sofferenze, la solitudine ed è riuscita a restare cattolica, conservare la sua anima e la sua dignità di donna, mentre Aisha per salvarsi dalla morte ha scelto la sottomissione all'islam (VIDEO: C'è poco da esultare per Silvia Romano)
Autore: Lorenza Formicola - Fonte: Radio Roma Libera, 15 Maggio 2020

Esistono due mondi che non si incontreranno mai, neanche come imputati del tribunale del politicamente corretto perché non si tratta di questi argomenti e resteranno per sempre uno di fronte all'altro alla corte dell'onestà intellettuale. Perché uno di questi mondi si porta tantissimo sui media, l'altro non avrà mai un ruolo da protagonista sul proscenio della cattiva coscienza occidentale.
Da una parte di questi due mondi c'è Asia Bibi dall'altra che Aisha Silvia Romano. Quando Asia Bibi viene arrestata è il 19 giugno del 2009; è una giovane donna cristiana madre di cinque figli, che mentre andava a prendere un po' d'acqua con un secchio in un pozzo del suo villaggio le altre donne presenti le dicono che "Haram" vietato all'islam! Non può bere, non può toccare quell'acqua e nasce una discussione e a quel punto le intimano una repentina conversione all'islam, perché Asia è cattolica. Ma Asia si rifiuta, "Credo in Gesù" è la sua prima risposta. Le donne la circondano, esigono un giuramento ad Allah. Allora Asia replica "Gesù Cristo è morto sulla croce per i peccati dell'umanità. Che cosa ha fatto il vostro profeta Maometto per salvare gli uomini?". Una domanda retorica che fai in primis a se stessa "Perché dovrei convertirmi ad Allah?". Ma questa domanda rivolta alle compagne di lavoro costa ad Asia Bibi la condanna a morte. Viene accusata di blasfemia, resta in carcere per 9 anni. Verrà anche la magistratura a trovarla dietro quelle sbarre; le chiederanno ancora di convertirsi all'islam, una scelta che la libera e le salverà la vita le promettono. Ma Asia non crede né cede a quella ipocrita libertà. "Io ho ringraziato di cuore per la proposta ma ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cattolica che uscire dal carcere da musulmana. Sono stata condannata perché cristiana. Credo in Dio e nel Suo grande amore. Sì, mi avete condannata a morte perché amo Dio. Sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui". Sarà questa la risposta della cattolica Asia Bibi a chi le aveva ancora, dietro le sbarre, promesso la salvezza in cambio di un giuramento ad Allah.
Passeranno gli anni e con essi le sentenze seguiranno senza sosta. Asia Bibi sarà sottoposta a tutti i gradi di giudizio: nove anni lontana dai figli e dal marito nel braccio della morte pakistana in una lurida cella, mentre per il popolo pakistano, per gran parte della politica e per gli imam di tutto il mondo, ma soprattutto per quelli locali, Asia Bibi deve morire. Già troppa accondiscendenza nelle aule di tribunale: va impiccata! Già troppe sentenze, troppo tempo! Era una decisione per il mondo islamico pakistano, ma anche per quello mondiale, che andava presa subito. Non doveva neanche finire in tribunale. La legge nera sulla blasfemia parla chiaro infatti c'è la pena capitale per chiunque sia reo di bestemmia contro il profeta, il Corano e i suoi contenuti. La bestemmia di Asia Bibi è stata quella di non riconoscere Allah come il suo dio.

ASIA BIBI DEVE MORIRE!
Le proteste nel paese, ogni anno di più, si moltiplicano e raggiungono anche le piazze animate da imam locali di Francia, Inghilterra, Germania. Ci saranno manifestazioni nel centro delle capitali europee con cartelli che recitano "Asia Bibi deve morire!". L'assoluzione e l'eventuale liberazione dal carcere di Asia vengono definiti come il risultato di un accordo con l'occidente e che sia anatema quest'accordo, dicono i musulmani. Ma quando, ad ottobre del 2018, finalmente viene assolta dalla corte suprema il Pakistan è in fiamme. Il palazzo della Corte Suprema quel giorno ad Islamabad viene circondato da 300 poliziotti; le proteste mettono a ferro e fuoco il paese. La Corte cede alle proteste del partito islamico sunnita e, non solo la giovane donna non viene subito liberata e continuerà a restare in carcere per molti mesi, ma su Asia pende anche il divieto di lasciare il Pakistan. Questo vuol dire una condanna a morte, non più per mano del governo, ma dei cittadini islamici. Questo "accordo", con molte virgolette, mette fine alle sommosse che hanno bloccato le principali città come se il popolo islamico in quel momento con quel divieto di lasciare il Pakistan che pende sulla testa di Asia Bibi trova conforto: in qualche modo la faremo fuori. Eppure il Pakistan continua un pochino a lamentarsi, il mondo islamico continua a lamentarsi in ogni angolo del pianeta. È così che soprattutto nella capitale e nelle principali città pakistane i cristiani sono costretti a restare a casa in quei giorni. Le forze di sicurezza presidiano chiese e altri edifici religiosi. I dimostranti per giorni, prima di quell'accordo, avevano sfilato bruciando fotografie di Asia Bibi. La avevano disegnata con un cappio alla testa e la scritta "Impiccatela".
Solo il 29 maggio 2019 la corte suprema del Pakistan respinge sia il ricorso contro l'assoluzione di Asia Bibi che il divieto di lasciare il paese. Grazie anche all'egregio lavoro del suo avvocato e ad alcuni aiuti della comunità internazionale, ma soprattutto accidentale, grazie a un accordo internazionale l'8 maggio del 2019 l'avvocato ottiene di far ricongiungere la giovane donna con la sua famiglia, nel frattempo costretta a vivere nascosta in Canada e oggi Asia è in Canada. Quegli anni di prigionia significano una tensione tale che Asia inizia a soffrire di disturbi cardiaci. Significheranno violenze e sevizie, maltrattamenti e umiliazioni. Racconterà di quando le fu messo un collare al collo talmente stretto da farle mancare il respiro, era attaccato a una lunga catena alle manette della guardia che la tirava, come fosse un cane. Racconterà cosa significa essere donna e cattolica in un paese islamico. E dirà siamo chiamati sciuri, che sta per colui che pulisce i bagni; quando facciamo i documenti identità siamo obbligati a dichiarare la nostra religione. Il nostro passaporto ha un colore particolare, è nero. Prima ancora di aprire sanno che siamo cristiani; il che vuol dire una sola cosa: discriminazione.

SILVIA ROMANO
Mentre Asia vive la sua lunga agonia, in quelli stessi mesi del 2018, una ragazza italiana, partita per l'Africa per fare la cooperante con una ONLUS, viene rapita. Anche se la ricostruzione dei fatti che oggi tutti conosciamo più che di rapimento lascerà intendere che è stata tradita, da chi si trovava con lei nella Onlus in Kenya e quindi venduta ai terroristi islamici e trasportata, portata in Somalia. Dopo circa un anno e mezzo di silenzio di prigionia il governo italiano paga il riscatto ai terroristi islamici di Al-Shabaab. La ragazzina che era partita come Silvia Romano ritorna come Aisha.
Aisha in arabo è la madre dei credenti, la più importante delle spose di Maometto. Aveva 6 anni Aisha quando viene perfezionato il contratto di matrimonio con il profeta di Allah che nel frattempo ne aveva 50; è così che Silvia vuole conservare la memoria di una delle spose maomettane e iniziare la sua nuova vita. Lo ha reso noto, l'abbiamo visto tutti, a tutto il mondo appena è atterrata a Ciampino. Ci hanno ripetuto in questi giorni di non poter giudicare la conversione di una giovane donna, che la fede è un fatto personalissimo nel quale nessuno può entrare. È bellissimo, se non fosse che l'Islam non è un fatto puramente personale, non lo è mai. Il velo, la cui invenzione è politica e non vi è traccia nel Corano, è il modo con cui l'Islam ha deciso di coprire le sue donne. È una specie di elmo, simbolo di una guerra culturale che la religione di Maometto combatte contro l'occidente, è simbolo di una separazione. La funzione è quella di protezione dall'esterno e questo significa che ciò che le donne islamiche hanno intorno, a ovest del mondo, in Occidente, la terra che abitano i crociati, i cattolici, i cristiani è un pericolo, qualcosa da cui ci si deve guardare perché impuro come impure sono le parti del corpo femminile (capelli, collo, a volte mani e spalle per gli abiti islamici più rigidi) della donna che dai 9 anni deve iniziare a coprire per non disturbare o distrarre l'uomo che le considera concupiscibili.
E allora come si può non giudicare offensivo quel velo o come qualcosa di privato di personale. Silvia avrà sicuramente subito pressioni e violenze anche psicologiche, nonostante ad oggi però non ha fatto che negarle aggiungendo di non essere mai stata carcerata e sempre trattata bene. Probabilmente quel velo, con cui è atterrata in Italia e che non ha voluto togliersi neanche nei giorni successivi e che non è un abito somalo ma solo islamista era una tattica di sopravvivenza. Non lo sappiamo. Quell'abito è quello a cui Asia Bibi non ha voluto cedere e di cui Silvia, Aisha, si è comunque rifiutata di liberarsi una volta riconsegnata alla sua famiglia; anzi ha rivendicato quel velo e quel nome.

UNA VACANZA STILE AVVENTURA
Giustamente, fa notare però Fausto Biloslavo, tutto ciò lascia immaginare che abbia trascorso più una vacanza stile avventura nel mondo piuttosto che un sequestro a questo punto. Perché per un ospite più che un ostaggio non si paga un consistente riscatto per vederla fuori dall'inferno jihadista somalo e soprattutto ci si chiede se la ragazzina sia disposta a condannare prima o poi il rapitore del gruppo armato islamico Al-Shabaab, quelli che utilizzano la bandiera nera dello Stato islamico anche se sono in gran parte affiliati ad Al Qaida. Giustamente la vaghezza delle deposizioni che Silvia Romano ha fatto agli inquirenti dopo quasi due anni di silenzio lasciano domande irrisolte: perché non fornire tanti dettagli? Per reticenza? Un modo per impedire di arrivare ai sequestratori? Incapacità di intendere e di volere? Ci racconterà la storia o forse no. Per adesso la vicenda della nuova Aisha e della sua conversione ha lasciato un segno che non è scenografico ma talmente reale che passerà ancora molto tempo prima che si smetta di parlarne. Ma resterà nella mente e nei cuori soprattutto delle nuove generazioni. Qualcuno specula come qualche imam italiano, ma non solo, e parla d'islamofobia del Bel Paese perché le reazioni non sono state troppo positive a quelle immagini. La verità è che l'Islam nostrano festeggia perché la conversione è definita al ritorno all'Islam.
Ma se Silvia si è convertita perché cercare il suo riscatto? Come musulmana Aisha non aveva bisogno di essere riscattata, era titolare di diritti sanciti dalla sharia. Cosa è successo allora? La verità è che non c'è niente di nuovo sotto il sole e dall'ottavo secolo, da quando il dominio islamico ha iniziato la sua espansione nel mondo che i cristiani vengono rapiti in cerca di riscatto dagli islamici. Un fenomeno talmente connaturato al momento storico che già nell'oscuro Medioevo nascono due ordini religiosi, i Trinitari e Mercedari, che si prodigano esclusivamente alla liberazione degli ostaggi dell'Islam. Ma soprattutto questa vicenda ci racconta che ogni tempo ha i suoi eroi e le sue vittime. Silvia è stata la protagonista di un pericoloso show mediatico, che ha funto da sponsor per i jihadisti somali e che ha regalato immagini per loro propaganda. Silvia il nuovo simbolo tra gli applausi e gli inchini della più grande delle umiliazioni per la libertà e la dignità di una donna, della violenza e della discriminazione, che vengono oggi celebrate.
Aisha sarà pure stata incoronata dai media e dalla politica, ma è una vittima. Asia Bibi, che sarebbe dovuta stare sotto i riflettori per 9 anni, ha invece avuto solo silenzio, quello che spetta di solito agli eroi per un destino che avrebbe dovuto riguardare la dignità e la libertà di ognuno di noi, che è sotto silenzio. Forse Asia è stata colpevole di essere rimasta cristiana, di non aver abiurato la propria fede in carcere e ha vinto grazie alla propria volontà e all'aiuto di pochissimi. Sta di fatto che per Asia hanno taciuto tutti gli organismi internazionali, quasi tutti i capi di Stato, il mondo cattolico, a cui è rimasta fedele. Naturalmente hanno taciuto le femministe e le ONG che non potevano proprio correre in suo aiuto a scomodare i ministri degli Interni.
Per Asia, la cattolica, andava bene una lurida prigione, le sofferenze, la solitudine, la morte, ma Asia è riuscita a conservare la sua anima, il suo ruolo di donna che per i cattolici ha pari dignità con quello dell'uomo, per gli islamici è di sottomissione basta. Aisha purtroppo ha venduto la sua anima, Aisha Silvia Romano tra la morte e la sottomissione ha scelto l'ultima e non ci interessa giudicare o dire con presunzione noi cosa avremmo fatto a loro posto. È certo però lo dicono i fatti, lo dice la storia ancora una volta, che tra le due donne simbolo di questi anni una è rimasta libera l'altra no.

Nota di BastaBugie: nel seguente video di Matteo Montevecchi (durata: 4 minuti) dal titolo "Rispondo a chi esulta per la conversione all'Islam di Silvia Romano" si spiega perché c'è davvero poco da esultare per la conversione all'islam di Silvia Romano.


https://www.youtube.com/watch?v=_mlZO4w4a-k

DOSSIER "CRISTIANI IN PAKISTAN"
Asia Bibi, Shahbaz Bhatti, ecc.

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Fonte: Radio Roma Libera, 15 Maggio 2020

3 - IL FILM SULLA STORIA VERA DI UN BAMBINO MALATO DI CANCRO CHE SCRIVE LETTERE A DIO
Dal co-produttore di Fireproof e Facing the Giants una storia vera per capire il significato della sofferenza e il valore della preghiera (VIDEO: Tutto il film ''Letters to God'' doppiato in italiano in HD sul sito della Rai)
Autore: Franco Olearo - Fonte: Family Cinema Tv

Tyler, il protagonista del film, è un ragazzo di 8 anni affetto da tumore al cervello e si deve continuamente sottoporre a fastidiose chemioterapie. Il padre è morto da tempo ma ha una madre affettuosa (Maddy) che si dedica quasi interamente a lui anche se non può trascurare il figlio più grande di 16. La nonna materna viene spesso a trovarli portando ottimi dolci e dando continuamente iniezioni di serenità a tutti, grazie alla sua solida fede.
Tyler non si occupa di se stesso ma quando scrive le sue lettere a Dio (è il suo modo di pregare) chiede soprattutto che sua madre possa tornare a sorridere, che il postino, con il quale ha fatto amicizia, ritrovi il coraggio di ritornare dal figlio e dalla moglie dalla quale si è separato a causa del suo alcolismo e infine dichiara di perdonare Alex, il compagno di scuola che lo ha preso in giro per la sua testa rasata.
Il film è notevole in due aspetti: nel valorizzare la forza della preghiera e nel riconoscere un senso soprannaturale alla sofferenza causata dalla malattia. Lo è anche in altri aspetti: nel valorizzare la funzione dei nonni in seno alla famiglia, nell'amicizia sul lavoro, quando è proprio il lavoro lo strumento chiave per riprendere le fila della propria vita e iniziare da capo, come succede al postino Brady.
Il momento tornante della storia avviene a casa del nonno di Samantha, un ex trasformista e illusionista. "I compagni di scuola ti prendono in giro perché sono gelosi - spiega il nonno a Tyler, dopo che si è camuffato da cosacco - perché sei stato scelto da Dio. Perché quando gli altri ti vedono così forte e coraggioso, sono costretti a rivedere la propria vita. Ed è per questo forse che si prendono gioco di te. Tu sei un guerriero di Dio ed è tuo compito spingerli verso di Lui".
Non capita tutti i giorni di trovare un film che si appelli in modo esplicito a dei significati soprannaturali per dare un senso a ciò che ci accade nella vita, ma "letters to God" ha un grande punto di forza che evita di scivolare nella retorica: la storia è vera e alla sceneggiatura ha contribuito lo stesso padre di Tyler, Patrick Doughtie. È stato David Nixon già co-produttore di Fireproof a convincersi della qualità della storia e prendere il coraggio di dirigerla e produrla. Nonostante Tyler sia vissuto a Nashville, Tennessee, le riprese sono state fatte in Georgia, dove ha sede la casa di produzione Sherwood Pictures, come era già accaduto per Fireproof ed ora anche per Courageous.
Il film non riesce interamente a evitare i toni patetici che sono inevitabili quando il protagonista è un bambino malato terminale ma a suo favore, proprio perché vi è il sostegno di una storia vera, ci sono altri momenti forti come quando Maddy non riesce più a riconoscersi nelle parole piene di fede della madre e si dispera, non riuscendo più ad accogliere la volontà del Signore di far morire suo figlio.
Allo stesso modo il film mette in evidenza come la storia non si sviluppa nella forma del gesto isolato, quasi miracolistico, di un singolo eroe (in questo caso Tyler) ma è frutto la fecondità di una rete di parentele e amicizie solidali: non c'è solo la nonna, ma c'è anche il capo ufficio di Brady che si prende cura del suo reinserimento nel lavoro e c'è infine la piccola Samantha, che riesce sempre a far ridere Tyler, facendogli passare qualche minuto di serenità.

Nota di BastaBugie: per vedere il film in HD sul sito della Rai, clicca qui!
Oppure guardalo su YouTube qui sotto.
Per altre informazioni sul film "Letters to God" clicca qui!


https://www.youtube.com/watch?v=LT3GvF2QlyY

Fonte: Family Cinema Tv

4 - CONTE E MATTARELLA SPINGONO PER L'APPROVAZIONE DELLA LEGGE ZAN SULL'OMOFOBIA
Con l'opinione pubblica distratta dal Coronavirus diventa più facile l'approvazione della legge Zan per mandare in carcere chi non la pensa come i gay
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19-05-2020

Una legge contro l'omofobia sarebbe distruttiva della convivenza sociale e porterebbe con sé forme politiche di totalitarismo. Tutto il contrario, in altre parole, di quanto detto dal presidente Mattarella e dal premier Conte in occasione della "Giornata mondiale contro l'omofobia e la transfobia" del 17 maggio con i quali siamo in totale e pieno disaccordo.
In Parlamento giace una proposta di legge - la famosa o famigerata legge Zan - che renderebbe perseguibile qualsiasi opinione o considerazione sull'omosessualità o su altri cosiddetti orientamenti sessuali non allineata a quanto stabilito dallo Stato-etico.
In altre parole, sarebbe obbligatorio aderire alla visione morale dello Stato che da un lato si proclama laico e neutro e dall'altro pretende di insegnare ai cittadini cosa sia la sessualità, l'identità di maschio e di femmina, la procreazione, la famiglia, la cura dei figli. Oltre ad insegnare la morale, però, come fanno gli Stati totalitari, punisce chi dissente sentendo esso il dovere, come tutti gli Stati totalitari, di rieducare i cittadini e di cambiare la loro natura, come prevedeva Rousseau, grande antesignano di queste cose.

OGNI LIBERTÀ SESSUALE È BUONA?
Gli interventi di Mattarella e di Conte nella Giornata del 17 maggio sono stati due forti spinte all'approvazione di questa legge riprovevole, una specie di richiamo all'ordine per un Parlamento - poveretto! - già ridotto a bivacco di mascherine e al fantasma di se stesso dai DPCM per il coronavirus.
Si dirà che proprio perché lo Stato è neutro e laico deve tutelare la dimensione pubblica della libertà sessuale in tutte le sue versioni. Qui però subentrano due grosse difficoltà.
Dire che ogni libertà sessuale è buona significa non avere criteri per valutare il valore o il disvalore pubblici della libertà sessuale. Se tutti hanno il diritto non solo di fare (in privato) tutto quello che vogliono (il che cade sotto la morale ma non sotto il diritto o la politica) ma anche il diritto che a ciò sia riconosciuto uno statuto pubblico (il che cade sotto il diritto e la politica), allora qualsiasi tipo - diciamo così - di performance dovrebbe essere giuridicamente e politicamente riconosciuto e contemplato. A questo punto però Mattarella e Conte dovrebbero rispondere a questa domanda: davanti a quale atteggiamento sessuale lo Stato deve fermarsi e dire di no, non avendo esso nessun criterio per fermarsi e dire di no? Perché non disciplinare giuridicamente e politicamente la pedofilia? Perché dire no al matrimonio combinato tra un anziano e una bambina? Perché non contemplare anche in Italia l'incesto? Perché non tutelare le relazioni sessuali con un animale o un albero? Perché non permettere la masturbazione o anche l'attività sessuale in pubblico?
Se la laicità consiste nel proteggere da discriminazioni la libertà sessuale, qualsiasi espressione di libertà sessuale dovrebbe essere tutelata. Uno Stato che non conosce il limite fa paura. Uno Stato che sa dire tanti no, ma non quelli giusti, fa paura.

LA TOLLERANZA INTOLLERANTE
La seconda difficoltà è ancora più stringente. Se lo Stato assume in assoluto il principio della lotta all'intolleranza, è destinato a diventare intollerante. Questa è la malattia delle democrazie senza valori - come diceva Giovanni Paolo II - che sono destinate a trasformarsi necessariamente in totalitarismo. Gli interventi di Mattarella e Conte dicono che in campo sessuale non c'è nessun valore che non sia la completa libertà sessuale. Dicono anche che ammettere questo principio è tolleranza, mentre ritenere che nella vita sessuale ci siano dei valori da rispettare come condizione per assegnare a quella vita sessuale una dignità pubblica sia intolleranza. Quindi essi devono impedire a chiunque di dire che ci sono dei disvalori che non si possono tollerare, e impedendo di dire questo in pubblico diventano intolleranti. Conte e Mattarella devono essere intolleranti se conseguenti con quanto dicono, devono cioè impedire per legge a chi sostiene che ci siano dei disvalori da non tollerare di dirlo e di impegnarvisi. Ed ecco la legge Zan, che serve proprio a questo, a tappare le bocche.
Ma la loro contraddizione è anche più profonda. Ammettendo nella pubblica piazza tutte le performance sessuali e negando in questo campo l'esistenza di disvalori che non possano essere tollerati, loro malgrado (e a loro modo) enunciano un valore: quello della libertà senza criteri, quello dell'equivalenza di tutte le performance sessuali. In questo modo prima di tutto si contraddicono, dato che una volta affermano che non esistono valori e un'altra dicono che esiste un valore, quello secondo cui non esistono valori, ma anche si condannano da soli, perché questo valore essi lo pongono come un valore assoluto, ossia intollerante, non ammettono deroghe nei suoi confronti. La tolleranza viene quindi imposta in modo intollerante il che - almeno fino a che rimane ancora in vigore il principio omonimo - è una contraddizione. La tolleranza assoluta è intollerante perché deve vietare di pensare che non tutto si debba tollerare.
Chiedo la libertà vera di tollerare il tollerabile e di non tollerare l'intollerabile. E sono sicuro che a determinare ciò che è tollerabile o intollerabile non possono essere né Conte né Mattarella, né lo Stato che essi rappresentano. Quando lo fanno - e lo hanno fatto il 17 maggio - sono intollerabili.

DOSSIER "SERGIO MATTARELLA"
Il presidente catto-comunista

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19-05-2020

5 - QUANDO VA FATTO IL SEGNO DELLA CROCE
Il segno della Croce è bene farlo prima e dopo ogni atto di religione, prima e dopo il cibo e il riposo, nei pericoli dell'anima e del corpo... in pratica va fatto sempre (VIDEO: Il segno della croce)
Autore: Piefrancesco Nardini - Fonte: I Tre Sentieri, 12 maggio 2020

Nel suo catechismo San Pio X, dopo averci parlato di come fare il Segno di Croce, di quali verità esprima e della sua utilità, ci insegna anche quando è bene farlo.
A dire il vero, la risposta a questo numero sarebbe stata semplicissima: bastava scrivere "sempre".
È, infatti, sempre buona cosa fare il Segno di Croce, in ogni momento non si sbaglia mai a farlo. L'unico modo in cui non è bene è quando lo si fa come fosse un gesto scaramantico, slegato dal suo reale significato. Ciò perché «con questo semplice atto di religione professiamo la nostra fede nei misteri più necessari a credersi, diamo gloria a Dio e procuriamo a noi e agli altri molti vantaggi spirituali e anche corporali» (Dragone, n. 36).
Ovviamente il Santo Papa di Riese ci dice che è "sempre bene" farlo, ma non si limita a insegnarci questo e si premura di indicarci anche alcuni esempi di situazioni in cui è massimamente bene.
I momenti in cui "specialmente" è indicato fare il Segno di Croce sono quelli precedenti e successivi ad un atto di religione, ossia alla Messa, ad una preghiera, al Rosario, ecc...
Questo perché, dato che ogni atto di religione è qualcosa che professa la nostra fede e rende gloria a Dio, farlo iniziare con un Segno di Croce aiuta a partecipare con fede a quell'atto e a rendercelo propizio, oltre che a renderlo gradito al Signore. Il ripeterlo alla fine è un modo per confermare quanto fatto e per ringraziare Dio.
È un po' come bussare alla porta del nostro cuore per essere sicuri di aprirlo tutto al Signore mentre preghiamo e come sottoscrivere alla fine tutto quanto professato, promesso e richiesto.

PRIMA E DOPO I PASTI E IL RIPOSO
Altri momenti indicati da San Pio X (ma è la ragione stessa a confermarcelo) come massimamente buoni per fare il Segno di Croce sono quelli prima e dopo i pasti e il riposo.
Si deve infatti ringraziare sempre Dio per quanto di buono, bello e santo c'è nella nostra vita. Una delle cose più importanti (proprio a livello corporeo) è il mangiare e bere e il poter riposare e, soprattutto, svegliarsi.
Diamo tutto per scontato, infatti. Soprattutto la vita. Sappiamo tutti però che purtroppo nessuno di noi può avere certezza della durata della sua vita. Dobbiamo sempre vivere pronti per il nostro giudizio particolare. Questo non è un pensiero lugubre, ma la semplice ed incontestabile verità.
È quindi giustissimo fare il Segno di Croce appena svegli e prima di dormire per affidare la nostra giornata al Signore e per ringraziarLo alla fine della stessa per quanto di buono ci ha dato, a partire dalla salute.
Stesso discorso vale per i momenti dei pasti. È naturale, anche se oramai non per tutti, ringraziare Dio per il cibo che abbiamo, per aver potuto dar da mangiare ai nostri figli.
Questo è uno dei momenti in cui maggiormente si incide nell'insegnamento in famiglia. Se si pensa che i bambini guardano con attenzione i genitori e si accorgono delle cose che fanno, anche delle contraddizioni, immaginiamo quanto sia importante il Segno di Croce fatto a tavola, quando tutta la famiglia è riunita e di certo non può sfuggire all'attenzione questo gesto.
San Paolo consigliava «o mangiate adunque, o beviate, o facciate altra cosa: tutto fate a gloria di Dio» (1Cor 10, 31). Così ci dava una regola generale da seguire sempre in tutto ciò che si fa: lo scopo finale di ogni nostra azione deve essere la gloria di Dio.

NEI PERICOLI DELL'ANIMA E DEL CORPO
Anche l'altra situazione in cui è "specialmente" utile fare il Segno di Croce è intuibile con il solo buon senso. È piuttosto la disabitudine ad affidarsi a Dio o peggio l'abitudine sempre più diffusa di attribuirGli le cose brutte della vita, a non farne più capire l'importanza.
Si parla dei momenti di pericolo, sia per l'anima che per il corpo.
L'anima è molto più tutelata se si fanno spesso Segni di Croce. Come detto nel numero precedente, è un'arma fortissima contro le tentazioni ed aiuta anche a pentirsi, se si è in peccato grave, e quindi ad avvicinarsi alla Confessione.
Anche in caso di pericoli per il corpo, che sia un motivo di salute, un incidente o altro, fare il Segno di Croce è un grande aiuto.
Questo perché in quei momenti fare questo segno significa affidarsi completamente a Dio, sapendo che solo Lui può salvarci e risolvere in bene anche il male (fisico) che ci sta colpendo.
Si torna perciò ad insistere, a costo di essere noiosi, di fare quanto più spesso il Segno di Croce, in qualsiasi occasione, in qualsiasi contesto, senza paura e vergogna di mostrare la propria fede e con la consapevolezza che, solo affidandosi e confidando in Dio, la nostra vita prenderà la piega più buona per noi.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 2 minuti e mezzo) dal titolo "Tre cose da sapere riguardo al segno della croce" Padre Mike ci invita a riscoprire un segno fondamentale per la nostra vita di cattolici. A volte lo sottovalutiamo come fosse un segno di formalità o di scaramanzia, ma invece è un segno di appartenenza e di invocazione.


https://www.youtube.com/watch?v=AKSvWIc17rE

Fonte: I Tre Sentieri, 12 maggio 2020

6 - IL CORONAVIRUS IMPEDIRA' A TRUMP DI ESSERE RIELETTO?
Intervista a Marco Respinti su quali temi saranno decisivi nella corsa alla Casa Bianca (anche stavolta il voto dei pro life farà vincere Donald Trump?)
Autore: Luca Marcolivio - Fonte: Provita e Famiglia, 12/05/2020

La pandemia da coronavirus e la conseguente recessione economica sono temi decisivi nella campagna elettorale per le presidenziali del prossimo 3 novembre negli USA. Nel dibattito non va comunque sottovalutato il ruolo dell'elettorato pro life, rivelatosi determinante nel 2016 e destinato probabilmente ad esserlo anche nel 2020. Pro Vita & Famiglia ne ha parlato con Marco Respinti, giornalista e saggista, direttore di International Family News e direttore responsabile di Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights in China, studioso del mondo conservatore anglo-americano.
Da un po' di settimane ormai, gli USA hanno strappato all'Italia il primato dei contagi, che ora, oltreoceano, continuano ad aumentare vertiginosamente. In che misura questa pandemia sta cambiando la vita quotidiana e l'opinione pubblica americane?
«Come in Europa, la vita quotidiana negli Stati Uniti d'America è profondamente cambiata. Anche oltreoceano le libertà sono state ristrette e questo, per gli americani, è stato molto più difficile da digerire rispetto agli europei. Per loro la libertà è un principio non negoziabile e, in particolare nell'"America profonda" e nella provincia americana, che coprono forse il 70-80% del Paese, farsi dettare restrizioni alla libertà da parte dei governi è qualcosa che non viene accettato molto facilmente. Diverso è il discorso per città come New York e per tutte i centri più grandi, dove gli spazi sono molto più limitati ed "europei" e dove, quindi, il contagio si è diffuso in maniera più massiccia e violenta, con un maggior numero di morti. C'è quindi un senso di forte stridore tra le direttive dei governi (anche dei singoli Stati) e lo spirito di libertà che anima i cittadini. Negli Stati Uniti un governo che va a intromettersi nelle questioni dei cittadini viene percepito in modo molto negativo, a prescindere se si tratti di un governo di destra o di sinistra. Il senso della libertà personale, in quel Paese, è molto più spiccato».
Quanto inciderà la pandemia sull'economia e, quindi, sulla campagna elettorale che - ormai è ufficiale - vedrà a confronto Donald Trump e Joe Biden?
«Ovviamente inciderà tantissimo. La pandemia è un fenomeno globale, pertanto avrà forti ripercussioni sull'economia globale, in particolare sulle economie nazionali più forti e più importanti. Quali effetti questa crisi produrrà negli USA però è ancora prematuro dirlo. Prima della pandemia, l'economia americana stava andando piuttosto bene e Donald J. Trump avrebbe potuto certamente fregiarsi di questi successi. Ora bisognerà vedere come andranno la "fase due" e le fasi successive, in particolare a ridosso delle elezioni presidenziali del 3 novembre. Indubbiamente un tracollo economico c'è stato, però molto dipenderà da come l'Amministrazione Trump gestirà l'emergenza da qui a novembre e che prospettive riuscirà a dare. Da parte sua, il candidato democratico Joe Biden punterà ad accusare Trump di cattiva gestione. Non credo potrà certo arrivare ad accusare il presidente di aver favorito la pandemia, ma potrà dire che le misure messe in campo – tra cui massicci sussidi a fondo perduto per chi ha perso il lavoro – non sono state sufficienti. Siccome il destino della tenuta economica del Paese è molto difficilmente decifrabile, entrambi i candidati potranno giocare la propria campagna soprattutto sul piano psicologico e propagandistico. Proprio perché venivano da una riduzione delle tasse e da un'ondata economica favorevole, non è escluso che gli Stati Uniti possano trovarsi protagonisti di una ripresa economica più rapida rispetto all'Europa e, magari, in particolare, all'Italia. Bisognerà vedere, quindi, quale sarà l'andamento da qui a novembre: qualunque segnale positivo, reale o percepito, avvantaggerebbe Trump. Se succedesse il contrario, sarebbe invece Biden a guadagnarne».
Come conseguenza della pandemia, il modello sanitario americano potrebbe essere messo in discussione?
«In realtà il modello sanitario statunitense è sempre in discussione, basti pensare che, negli Stati Uniti, il rinnovo del Congresso federale avviene ogni due anni da più di duecento anni, e quindi ogni legislazione può essere sottoposta a revisione costante. Contrariamente a quanto si crede, non si tratta di un sistema monolitico e sempre uguale a sé stesso da decenni. Non è nemmeno corrispondente al vero la caricatura secondo la quale, nel Paese, se non sia paga non si viene curati, e si è destinati a "morire per strada": sono questi, piuttosto, scenari da Terzo mondo, dove non esiste una vera economia libera, dove i governi decidono tutto e il contrario di tutto, e dove i cittadini sono alla mercé di consorterie, oligopoli, legami nefasti fra Big Business e Big State. Negli Stati Uniti questo non succede o succede molto meno. In caso di urgenza, si viene curati e "rimessi in piedi", mentre per cure meno prioritarie, allora sì, si paga. Ma si paga anche in altri Paesi, Italia inclusa. La Sanità, come ogni servizio, non è mai gratis. Il trucco sta nel camuffare i costi che i cittadini pagano, per esempio con tasse, imposte e gabelle di vario tipo. Del resto anche in Italia, dove apparentemente la Sanità è "gratuita" e "per tutti", se si vogliono cure particolari e in tempi normali, prima ancora che rapidi, ci si rivolge al settore privato nonostante si paghi già la Sanità di Stato. Chi ha bisogno del dentista, preferirà pagare di più per servirsi da un dentista di fiducia piuttosto che spendere meno per gente di cui non si fida. Tornando agli Stati Uniti, mi pare che il Sistema sanitario abbia comunque retto egregiamente, nonostante l'alto numero di morti per coronavirus. Il Sistema sanitario statunitense, peraltro, più che privato, è un sistema che si articola su polizze assicurative: sicuramente andrà aggiornato per essere reso ancora più libero, fruibile ed efficiente. Non credo, però, ne sarà modificato l'impianto di fondo, forse mai».
Trova significativo che, dopo lo scoppio della pandemia, stati come l'Ohio, il Texas e il Tennessee abbiano congelato gli aborti "non essenziali" mentre qui in Italia si sia disposto l'esatto contrario?
«Certo, mi sembra un dato assolutamente più che significativo. Troppe voci in Italia hanno usato il coronavirus come una scusa ideologica, ipocrita e brutale per definire l'aborto una questione di prima necessità e invocare una diffusione sempre più massiva dell'aborto chimico a domicilio, prescrivibile telefonicamente o via chat da un medico autorizzato che autorizza l'uso di pillole che producono la morte del nascituro. Lo trovo aberrante e assurdo. Gli Stati nordamericani che lei ha citato hanno invece fatto l'esatto contrario. In primo luogo, hanno affermato che l'aborto è sbagliato sempre e che non andrebbe mai praticato; poi hanno spiegato che, anche se la legge lo permette, l'aborto non sarà mai inteso come un servizio di prima necessità, dando priorità, in questo momento, ai malati di coronavirus. Mi sembra una scelta di assoluto buonsenso e da applaudire. Al contrario, mi vergogno per quei sistemi sanitari che, in altri Paesi, hanno fatto il contrario».
Per quale motivo, di elezione in elezione e a tutti i livelli, i candidati Dem continuano a proporre politiche sempre più pro-choice (si pensi all'aborto fino al nono mese nello stato di New York)?
«Ci vorrebbe un libro per spiegarlo. In estrema sintesi: nel Partito Democratico americano, da decenni, è in corso un'involuzione di carattere culturale verso sinistra che riguarda in particolare i princìpi non negoziabili. È un itinerario a tappe, lungo e complesso, ma qui basta ricordare la stagione delle presidenze di John F. Kennedy e di Lyndon B. Johnson, e la stagione delle presidenze di Bill Clinton e di Barack Obama. Il mondo Democratico ha scelto da tempo di identificarsi come il partito delle "minoranze": una categoria con cui vengono identificati anche le femministe, i militanti LGBT+ e la galassia filoabortista, falsamente definiti come "perseguitati" e quindi bisognosi di protezione politica. Ora, i partiti statunitensi non sono nati, di per sé, come sistemi ideologici, ma lo sono diventati strada facendo, soprattutto in tempi relativamente recenti. Il Partito Democratico è un grande contenitore in cui albergano realtà che possono essere (o che sono state) anche molto diverse: tra queste vi sono quelle legate a gruppi molto ideologizzati, che rispondono a lobby molto potenti sul piano economico. Ecco, i Dem hanno voluto diventare il punto di riferimento di quel mondo. Sull'altro versante, il Partito Repubblicano ha conosciuto un processo simile, ma di segno opposto, diventando sempre più pro life e pro family. Poiché, tra i Repubblicani, spazio politico per l'aborto non ce n'è praticamente più, i Democratici si sono accaparrati la fazione pro choice. Ciò non vuol dire che i Democratici siano tutti graniticamente filoabortisti: ve n'è qualcuno, per esempio i deputati Dan Lipinski e Rober Casey Jr., come pure Robert Casey Sr. prima di loro, che non sono schierati su queste posizioni, ma si tratta di persone che nel partito vengono sempre più emarginate. Il Partito Democratico ha scelto di diventare paladino politico dell'ideologia pro choice e lo fa in maniera convinta: e, dal suo punto vista, egregia».
Alle presidenziali del 2016, il voto dei pro life risultò decisivo per l'elezione di Trump: lo sarà anche nel 2020?
«Da questo punto di vista la storia di Trump è molto particolare. Lui stesso scelse di candidarsi nel 2015-2016 come il "picconatore" del Partito Repubblicano, dileggiando anche il movimento conservatore. Poi è avvenuto qualcosa di importante, che ne ha fatto maturare la coscienza, facendogli mutare opinione. Trump si è del resto reso conto che quel mondo conservatore da lui inizialmente irriso era un movimento radicato tra la gente e non così facile da abbattere. E quindi molto utile sul piano elettorale. Ha quindi scelto, in un secondo tempo, di appoggiarsi a quel mondo. Una parte cospicua di quel mondo (anche se non tutta) ha accettato il patto e lo ha appoggiato, dapprima come "male minore" poi sempre più convintamente. Nel frattempo qualcosa è mutato anche in Trump stesso, specie su alcuni aspetti della difesa della vita e della famiglia. Una volta alla Casa Bianca il nuovo presidente si è comportato da galantuomo, mantenendo la sostanza delle promesse fatte al mondo conservatore. Trump ha cioè lavorato legislativamente in senso pro life e pro family, tagliando, per esempio, i fondi federali a Planned Parenthood e in molti altri modi ancora. Tutto questo è stato particolarmente apprezzato dalla base antiabortista, che quindi tornerà certamente a votarlo in novembre: mentre nel 2016 molti diedero a Trump un voto sulla fiducia, fra qualche mese gli daranno un voto suffragato da fatti e da promesse mantenute. È quindi ragionevole pensare che Trump, affidandosi nuovamente al mondo conservatore, pro life e pro family, possa sperare concretamente in un secondo mandato».

Fonte: Provita e Famiglia, 12/05/2020

7 - SE IL GOVERNO NON AVESSE VIETATO LE AUTOPSIE CI SAREBBERO STATI MENO MORTI DI CORONAVIRUS
Le autopsie rivelano che la ventilazione meccanica nelle terapie intensive non è risolutiva, basta l'eparina... ma il governo voleva aumentare la paura per dichiarare lo stato di emergenza e poter sopravvivere un altro anno
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18-05-2020

Adriano Trevisan, di Vo, provincia di Padova, aveva un triste record: essere il primo morto italiano di Covid-19. Era deceduto agli inizi dell'epidemia, il 21 febbraio scorso, a 78 anni. Ma dall'autopsia richiesta dalla Procura di Padova ed eseguita negli scorsi giorni uscirebbe un'altra verità: Trevisan presentava gravi patologie cronico-degenerative pregresse e il suo decesso, quindi, non sarebbe direttamente riconducibile al virus.
Una conclusione che in realtà non ha niente di sorprendente: fin dall'inizio si è cercato di spiegare che il Coronavirus stava facendo quello che normalmente fanno nelle persone defedate, fragili, con gravi patologie, altri microrganismi, come i virus influenzali o le polmoniti batteriche. All'inizio dell'epidemia, l'Istituto Superiore di Sanità aveva provato a sottolineare che occorreva distinguere tra morti di Coronavirus e morti con Coronavirus, una distinzione fondamentale. Ma il premier Conte aveva messo immediatamente a tacere i vertici dell'Istituto: questa distinzione non andava fatta. I numeri dei morti dovevano levitare, per aumentare la paura.

I MORTI NON MENTONO
Oggi, grazie all'esito di questa autopsia, forse l'opinione pubblica potrà capire di essere stata ingannata. L'autopsia è da sempre una soluzione risolutiva di molti dilemmi. C'è un modo di dire tra i medici legali che è il seguente: i morti non mentono. Le autopsie, se eseguite fin dall'inizio dell'epidemia, avrebbero immediatamente portato alla luce quello che era il modo con cui il virus agisce e danneggia l'organismo. Quando finalmente sono state eseguite un numero sufficiente di indagini autoptiche, è emerso un dato eclatante: il primo effetto del Covid 19 è la CID, Coagulazione Intravascolare Disseminata. Cioè la formazione di "grumi" nel sangue e di trombosi. Solo in seguito si verifica la polmonite interstiziale doppia.
Abbiamo così capito che i trattamenti fino ad allora eseguiti negli ospedali, basati sulla ventilazione meccanica nelle terapie intensive, non erano risolutivi. Anzi: come ha spiegato il  professor Valerio De Stefano, Professore Ordinario di Ematologia all'Università Cattolica l'infiammazione in generale, le infezioni dell'albero respiratorio, l'ospedalizzazione e il ricovero in terapia intensiva sono tutti fattori di rischio per trombosi. Preso atto di tutto ciò, si è cominciato ad utilizzare l'eparina, un vecchio farmaco anticoagulante che si è rivelato assai efficace. La diminuzione della mortalità da Covid la si deve anche a questo aggiustamento di terapia  che è stato possibile da un'evidenza elementare: se so quali danni provoca il virus, posso agire impedendoglielo.

IL GOVERNO PENSA PIÙ A SÉ STESSO CHE AI CITTADINI
Ma perché in Italia non sono state fatte sin dall'inizio le autopsie? Perché i cadaveri venivano immediatamente inviati alle cremazioni?  La risposta è: perché le aveva vietate il Governo. Il tutto è nero su bianco nella circolare "Indicazioni emergenziali connesse ad epidemia Covid-19 riguardanti il settore funebre, cimiteriale e di cremazione" della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria, firmata dal segretario generale Giuseppe Ruocco e inviata a tutti i destinatari competenti, dalla Protezione civile, all'associazione dei Comuni, dagli ordini dei medici e delle professioni infermieristiche e dei farmacisti alle Regioni. È un aggiornamento di inizio maggio di norme varate dallo stesso ufficio sin dal 22 febbraio e ribadite il 17 e il 29 marzo. Al punto C, intitolato Esami autoptici e riscontri diagnostici, si legge al paragrafo 1: "Per l'intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all'esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati Covid 19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio".
Per quale motivo "non si dovrebbe procedere" a tali importantissimi riscontri? Occorre sottolineare che con il decesso cessano le funzioni vitali e si riduce nettamente il pericolo di contagio (infatti la trasmissione del virus è prevalentemente per droplets e per contatto) e che il paziente deceduto, a respirazione e motilità cessate, non è fonte di dispersione del virus nell'ambiente. Quindi quali eventuali motivi precauzionali potevano avere indotto a dare il divieto per le autopsie? Nessuna. Inoltre la circolare arrivava addirittura a limitare l'intervento della legge. Al punto 2, infatti, con riferimento a un eventuale interesse e intervento della magistratura si prescrive che "L'autorità giudiziaria potrà valutare, nella propria autonomia, la possibilità di limitare l'accertamento alla sola ispezione esterna del cadavere in tutti i casi in cui l'autopsia non sia strettamente necessaria". La sola ispezione esterna evidentemente non può fornire indicazioni precise sulla causa del decesso.
Bastava dunque fare da subito l'autopsia ai primi deceduti da Covid per individuare subito i migliori percorsi clinici e terapeutici, ma non è stato fatto. Un errore che ha pesato enormemente sul bilancio di questa epidemia.

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18-05-2020

8 - LA COMUNIONE DISTRIBUITA CON I GUANTI? NICCOLO' STENONE NON SI SAREBBE CONVERTITO
Molti sacerdoti faranno obiezione di coscienza e non useranno i guanti perché l'eucaristia è il Corpo di Cristo, non un pane qualsiasi
Fonte I Tre Sentieri, 17 maggio 2020

Forse non conoscete chi sia san Nicolò Stenone. Ve lo diciamo subito. Nacque a Copenaghen, in Danimarca, nel 1636. Crebbe ovviamente protestante. Il suo nome in danese era Niels Steinsen, italianizzato Nicolò Stenone.
Fu un grande e al suo tempo già famosissimo scienziato. Soprattutto un anatomista. Molti altolocati ambienti europei ricercavano la sua sapienza medica.
Ebbene questo illustre protestante, oggi lo definiremmo "intellettuale protestante", decise di convertirsi al Cattolicesimo. Non solo, studiò per farsi ordinare sacerdote e divenne perfino vescovo.
Fin qui qualcuno potrebbe dire: di storie come queste, seppur edificanti, ce ne sono tante. È vero. Il Cattolicesimo, grazie a Dio, ne annovera molte. Ma è l'occasione che suscitò la conversione dello scienziato danese che è interessante ricordarla in questi giorni.
Stenone si trovava a Livorno, in quanto, insieme ad altri illustri scienziati, frequentava in quel periodo la corte del Granduca di Toscana, Ferdinando II de' Medici. Correva l'anno 1666, il giorno era il 24 giugno. Egli si trovò ad osservare la processione del Corpus Domini. Processione come quelle di un tempo, dove l'estremo fasto rispondeva alla grande fede di allora.
Ebbene, una tale scena portò l'illustre scienziato a porsi un interrogativo: "O quell'Ostia è un semplice pezzo di pane, e pazzi sono coloro che le fanno tanti ossequi; o in essa vi è il vero Corpo di Cristo, e allora perché non l'onoro anch'io?"
Dunque, lo scienziato fu colpito da un paradosso che gli sembrava folle: come è possibile che un misero pezzo di pane (acqua e farina) possa essere così solennizzato? O sono in un manicomio - pensò - e mi trovo in mezzo ai pazzi, o sono io che sto su una cattiva strada, e non riesco a capire.
Fu questo paradosso, fu questa stranezza che gli si palesava come assurdità, a richiamarlo a confrontarsi con una verità in cui quei presenti credevano.
Fu quella manifestazione sacrale, non terrena, misteriosissima e sublime, ad inserirgli un dubbio, in questo caso un "santo dubbio".
Se Stenone vivesse oggi e vedesse quanto è banalizzato il Santissimo Sacramento, che direbbe? E soprattutto che risoluzione avrebbe? Si farebbe cattolico? O rimarrebbe convinto del suo protestantesimo?
Già in tempi di non-coronavirus il Santissimo lo si riceveva come facendo la fila alla posta o come per andare a timbrare il cartellino; oggi - ci dicono - andrebbe distribuito con guanti asettici da sala chirurgica e nosocomio.
Altro che paradosso! Altro che mistero! Altro che sublime!
E chissà quanti "Stenone" di oggi rimangono tali senza cambiare la loro vita.
L'uomo per credere ha bisogno anche di vedere, perché l'uomo è anche carne! E pertanto deve anche vedere quanta riverenza, quanto sacro si offre a ciò che per cui vale la pena vivere e morire.
Ma se ci di dimentica di questa riverenza e di questo sacro, allora nessun uomo davvero intelligente (perché si tratta d'intelligenza!) può capire davvero.
Quella processione del Corpus Domini del lontano 1666, con quella riverenza, e con quella sublime sacralità, fecero sì che la Chiesa e il mondo potessero annoverare un santo in più ed un eretico in meno.
Oggi, invece, con la banalizzazione in atto nelle cose sacre, purtroppo ci ritroviamo tanti santi in meno... e tanti eretici in più!

Fonte: I Tre Sentieri, 17 maggio 2020

9 - OMELIA ASCENSIONE - ANNO A (Mt 28,16-20)
Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Quaranta giorni dopo la Risurrezione, Gesù ascende al Cielo davanti agli sguardi stupiti degli Apostoli. Prima di lasciare la terra, Gesù parla per l'ultima volta, affidando ai suoi Discepoli l'incarico di evangelizzare tutte le genti, dicendo: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). È questo il mandato missionario che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa e che fedelmente dobbiamo eseguire, affinché tutti conoscano il Vangelo e abbiano la Vita eterna.
Da una parte, l'Ascensione del Signore ci invita a innalzare il nostro pensiero alle realtà celesti, distaccandolo dalla terra, secondo le parole che abbiamo sentito nella seconda lettura, ove l'apostolo san Paolo ci esorta a comprendere sempre di più «a quale speranza [Dio ci ha chiamati], quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi» (Ef 1,18-19); dall'altra parte siamo invece chiamati a non rimanere inerti, in una passiva attesa del ritorno del Signore, ma a edificare il regno di Dio su questa terra.
Dunque, se in poche parole vogliamo sintetizzare il messaggio di questa solennità, possiamo dire che, alla luce dell'Ascensione del Signore, siamo esortati a innalzare i nostri cuori al Cielo e appoggiare bene i nostri piedi a terra, adoperandoci per la diffusione del Vangelo nel mondo intero. Ci vuole la contemplazione e ci vuole l'azione. Questi due elementi vanno sempre insieme. Le sorti di questo mondo non si migliorano nelle discussioni, nelle riunioni, nelle pianificazioni, ma innalzando il cuore al Signore e attingendo da Lui la luce e la forza per operare e per diffondere il bene nel mondo. I più grandi realizzatori sono stati quelli che meno ne avevano le apparenze, sono stati quelli che hanno derivato dalla contemplazione l'efficacia della loro azione.
Il mondo è pieno di iniziative: i progetti si moltiplicano, le forze si debilitano, ma le cose non migliorano. C'è bisogno di un'unica cosa: tornare al Signore, rivolgere a Lui i nostri cuori, pensando che, nella nostra opera di bene, saremo efficaci nella misura dell'unione con Dio.
L'Ascensione non ha separato Gesù dalla sua Chiesa. Anche se è salito al Cielo, Egli continua ad essere sempre con noi. Ce lo ha promesso con queste consolanti parole: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). In modo particolare, Egli continua ad essere con noi nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, e non ci lascia mai soli.
«Egli non si è separato da noi, ma ci ha preceduti nella dimora eterna; per darci la serena fiducia che dove è Lui saremo anche noi, uniti nella stessa gloria» (dal Prefazio). Fin da adesso, pensiamo spesso a questa gloria che ci attende nei Cieli. In Gesù Risorto e asceso al Cielo, noi contempliamo quella che sarà anche la nostra meta finale. La festa di oggi ci insegna che non siamo stati creati per questa terra, ma per il Paradiso. Solo lì i nostri cuori troveranno la vera pace. Qui giù ci sarà sempre qualcosa per cui penare, e questo Dio lo permette per farci desiderare ancora più ardentemente il Cielo.
Tante volte viviamo come se dovessimo rimanere qui tutta l'eternità. Non pensiamo a sufficienza alla Vita eterna e rischiamo di farci trovare impreparati all'incontro eterno con Gesù. San Paolo, nella seconda lettura, pregava il Signore di illuminare gli occhi del cuore (cf Ef 1,18) per contemplare la gloria alla quale siamo chiamati. Chiediamo che il Signore illumini anche i nostri occhi, affinché, fin da adesso, possiamo fissare il nostro sguardo alla meta.
Il nostro pellegrinaggio terreno si potrebbe paragonare a una lunga ascensione: dobbiamo raggiungere la vetta, e ciò richiede tutto il nostro impegno. Più facile sarà scendere, ma noi siamo chiamati a raggiungere le vette dell'amore di Dio. Più il nostro bagaglio sarà leggero, tanto più agevolmente riusciremo a salire e a raggiungere la cima. Per questo motivo, san Francesco d'Assisi volle vivere nella povertà, per non essere ostacolato da nulla nel suo slancio verso l'alto.
In questa ascensione non dobbiamo perdere di vista la vetta da raggiungere. All'inizio il cammino è agevole, ma, quanto più ci si avvicina alla vetta, tanto più l'ascesa si fa ripida e il respiro affannoso. Se prima si ammirava la bellezza del panorama, quando si è ormai vicini alla meta non si guarda che la cima, ogni altra cosa sembra scomparire. La fatica aumenta sempre di più, ma il desiderio di giungere in vetta si fa più grande e, quando finalmente vi si giunge, si è al colmo della gioia. Sembra quasi che quanto più abbiamo fatto fatica, tanto più siamo felici. Ai nostri occhi estasiati si aprono orizzonti meravigliosi e il mondo sotto di noi sembra ormai tanto piccolo. Si vorrebbe rimanere lì a lungo e si intuisce che il mondo non potrà mai appagare pienamente il nostro cuore.
Chiamati a guardare in alto, tante volte noi non riusciamo a staccare lo sguardo da terra. Impariamo dai Santi, i quali, passando per molte prove e tentazioni, sono saliti molto in alto e hanno raggiunto la cima immacolata dell'amore di Dio. Si racconta che, quando era ancora bambino, san Francesco di Sales spesso era assorto, tutto preso dai suoi pensieri e, quando il padre gli domandava a cosa stesse pensando, egli rispondeva: «Penso a Dio e a farmi santo».
Pensiamo anche noi a Dio. La preghiera è stata giustamente definita come l'«elevazione della mente a Dio». Ogni volta che pregheremo in modo autentico, eleveremo la nostra mente e il nostro cuore, staccandoli dai lacci di questa terra.
Pensiamo a Dio e fissiamo il nostro sguardo alla vetta!

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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