BastaBugie n�4 del 23 novembre 2007

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1 L'ULTIMA INTERVISTA A DON BENZI: ''IL MALE VA TOLTO NON REGOLATO''
Pochi giorni prima di morire don Oreste Benzi, scomparso il 2 novembre scorso, aveva rilasciato questa intervista a Sempre, il mensile della sua associazione
Autore: Alessio Zamboni - Fonte: Avvenire
2 TIFOSO UCCISO, E LA CHIESA?

Fonte: Newsletter del Timone
3 COLDIRETTI E LE ACLI IN CONTRASTO CON LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
La coalizione contro gli ogm in contrasto con la Dottrina Sociale della Chiesa
Autore: Cristiani per l'Ambiente - Fonte:
4 FINANZIARIA: FORUM FAMIGLIE NO, ARCIGAY SI
Finanziaria: il Forum Famiglie escluso dalle consultazioni
Autore: Sara De Carli - Fonte: Vita
5 OMOFOBIA: CITARE IL PAPA DIVENTA REATO

Autore: Massimo Introvigne - Fonte: 15 novembre 2007
6 IL SEGRETO DI PADRE PIO
Il nuovo libro di Antonio Socci: ne anticipiamo alcune pagine...
Autore: Antonio Socci - Fonte: Il segreto di Padre Pio
7 PER UNA RINASCITA DELLA POLITICA CRISTIANA IN ITALIA
Radici Cristiane si avvia a celebrare con il suo trentesimo numero, tre anni di vita e di crescente successo editoriale, di cui desideriamo ringraziare i lettori e gli abbonati, che sono la vera forza della nostra rivista.
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radici Cristiane
8 L’EVOLUZIONE? NON ESCLUDE IL DIO CREATORE

Autore: Benedetto XVI - Fonte: Avvenire

1 - L'ULTIMA INTERVISTA A DON BENZI: ''IL MALE VA TOLTO NON REGOLATO''
Pochi giorni prima di morire don Oreste Benzi, scomparso il 2 novembre scorso, aveva rilasciato questa intervista a Sempre, il mensile della sua associazione
Autore: Alessio Zamboni - Fonte: Avvenire, 10 novembre 2007

Un documento «da buttare e rifare completamente». Così don Oreste Benzi ha liquidato la relazione finale dell’'Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi' presentata a Roma il 2 ottobre. Ecco perché. Da sei mesi l’Osservatorio sulla prostituzione, voluto dal ministro dell’Interno Giuliano Amato, lavorava all’elaborazione di linee guida per contrastare questo fenomeno. Il risultato, secondo don Benzi, è un documento non solo «inutile» ma perfino «dannoso». «Il motivo per cui l’Osservatorio era stato costituito - spiega - è la liberazione delle donne schiavizzate dal racket. Fin dalla prima riunione ho richiamato questo scopo. Invece è emerso che l’intenzione reale era arrivare ad una legalizzazione strisciante della prostituzione. Ma così si va contro le stesse leggi italiane e internazionali».
Perché?
La prostituzione in Italia è tollerata, non è legalizzata. Inoltre la Convenzione Onu n. 317 del 1951, ratificata dall’Italia nel 1966, dice che 'la prostituzione e il male che l’ac- compagna sono incompatibili con la dignità ed il valore della persona umana e mettono in pericolo il benessere dell’individuo, della famiglia e della comunità'. Io ho richiamato con forza che il male non va regolato ma tolto! Invece tutte le proposte emerse sono per la regolamentazione della prostituzione. È una presa in giro.
Come Comunità Papa Giovanni XXIII cosa avevate proposto?
La prostituzione è un male, e come tale va proibita e non regolata. Se però in Parlamento non ci fossero i numeri per far passare questa linea risolutiva, in subordine abbiamo proposto di puntare sulla punizione del cliente. Vanno previste però sanzioni non ridicole ma effettive, che servano come dissuasione.
Dunque sradicare il fenomeno dal lato della 'domanda'.
Esattamente. La vittima diventa strumento per accontentare i clienti, che sono i primi responsabili, i finanziatori del racket, in quanto pagano per mantenere questo commercio di corpi umani.
Con il ministro Amato in passato avevi avuto una sintonia di vedute.
Sì. Aveva detto che dovevamo seguire l’esempio della Svezia, dove la prostituzione è proibita. Dalle ultime dichiarazioni sembra invece che abbia ceduto ad una visione materialistica della donna, che è trasversale alle forze politiche. Ma la donna non è mai riducibile a strumento da sfruttare, anche se fosse consenziente, come ci ricorda l’articolo 1 della Convenzione Onu che ho già citato.
Altre associazioni, anche cattoliche, hanno sottoscritto il documento...
Il Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, che è un dicastero della Chiesa, ha fatto una scelta netta a favore della linea adottata dalla Svezia. Non capisco perché non si è tenuto conto di questo orientamento. Questa è una vera disobbedienza alla Chiesa.
Operatori specializzati, unità di strada, progetti finanziati dalle Regioni... la prostituzione è diventata un settore occupazionale. Questo può influire sull’approccio al problema?
Certamente! E si capisce dall’orientamento emerso di voler lasciare sulla strada le ragazze per poterle contattare meglio, per andare a distribuire i preservativi. È l’orrore! Lo stesso ministro Livia Turco ha dichiarato in tivù che si tratta al 90% di schiave. Io aggiungo che al 100% sono sfruttate e lo sfruttamento è punito dalla legge.
Dunque la prostituzione non è un business solo per la malavita.
Ma scherzi? Se finissero i finanziamenti, quanti continuerebbero ad andare sulla strada? È un’azione di perversa assistenza per mantenere il fenomeno, non per toglierlo.
Anche la Comunità Papa Giovanni ha unità di strada e strutture di accoglienza per queste ragazze.
Noi ne abbiamo liberate ormai 6.000 e ne abbiamo attualmente 330 in programma di protezione. Ma la nostra linea è chiara: noi chiediamo la proibizione della prostituzione!.
Viste le conclusioni dell’Osservatorio come intendete procedere?
La lotta continua, con manifestazioni e azioni concrete. Nei prossimi giorni andremo a fare interposizione non-violenta in piccoli gruppi per impedire ai clienti di contattare le ragazze, visto che non lo fanno gli organismi preposti. Stiamo inoltre contattando le altre organizzazioni, in particolare quelle cattoliche, per cercare una convergenza sull’obiettivo vero: liberare le ragazze.
«La prostituzione? Incompatibile con la dignità. La donna non è mai riducibile a strumento da sfruttare, anche se consenziente»

Fonte: Avvenire, 10 novembre 2007

2 - TIFOSO UCCISO, E LA CHIESA?

Fonte Newsletter del Timone, 15 Novembre 2007

Da domenica scorsa, dall’uccisione di Gabriele Sandri nella stazione di servizio di Badia al Pino in poi, abbiamo assistito a una serie di eventi che ci hanno lasciati sgomenti. Su tante cose meriterebbe riflettere: su questo Paese – e non solo il calcio - ormai ostaggio di una minoranza violenta e cieca oltre che impunita; su uno Stato che assiste inerme a un atto di guerra (come giudicare altrimenti l’assalto a una caserma) e ad atti che abbiamo visto soltanto in tentativi di golpe; sui costi esorbitanti di distruzioni che ancora una volta saranno ripagati con le tasse di cittadini che, in cambio, non possono neanche più godere del diritto di assistere a una partita di calcio. Su tante altre cose si potrebbe riflettere, ma quello che vorremmo oggi porre all’attenzione – visto che nessuno se ne è accorto - è la profanazione persino della Chiesa, con la complicità degli stessi cattolici che sembrano aver smarrito qualsiasi criterio di giudizio.

E’ difficile infatti sottrarsi alla sensazione di disgusto nel rivedere le immagini dei funerali e dei commenti tv ad esse legate. La chiesa era chiaramente percepita come il prolungamento della curva: zona vietata agli agenti di polizia e cori da stadio all’esterno. Ma anche all’interno della chiesa la situazione non sembrava migliore. La liturgia si è aperta sulle note di una canzone di Gianna Nannini - “Meravigliosa creatura” –, la preferita dal ragazzo ucciso: si capisce la buona intenzione dell’omaggio a un ragazzo scomparso in circostanze tragiche, ma la chiesa non è un semplice luogo di ritrovo in cui far scorrere immagini nostalgiche, è il luogo dove siamo richiamati alla domanda sul senso della nostra vita, è il luogo dell’incontro con la misericordia di Cristo. Anche i canti liturgici servono a questo: non a ripiegarsi su se stessi e sul proprio dolore, ma ad aprirsi all’unico che ci può salvare dal male. Quello che si è visto è né più né meno il riproporsi di antiche usanze pagane, quando i morti venivano sepolti con i loro oggetti perché sarebbero serviti loro nell’altra vita.

Non entriamo nel merito dell’omelia, perché siamo certi che – come solito - i giornalisti hanno scelto solo brevi passaggi più facilmente “vendibili” all’opinione pubblica. Eppure quel chiedere giustizia umana – più che legittimo – forse andava spiegato esplicitamente visto che la folla che partecipava, in gran parte associa al termine giustizia l’idea della vendetta, come si è visto all’uscita del feretro. Sì, è vero, il parroco ha anche detto che la giustizia non deve essere vendetta, ma in fondo non sono le stesse cose che aveva già detto il presidente Napolitano? Siamo sicuri che alla voce “giustizia” noi cattolici non abbiamo nulla di originale da suggerire? Che senso ha il sacrificio in croce di Gesù se è soltanto per ripetere ciò che un laicissimo presidente della Repubblica ha già detto? E che enorme fastidio quegli applausi durante l’omelia: cinque volte, ci dicono i cronisti. L’omelia come un comizio, un discorso pubblico qualsiasi.

E se il parroco avesse detto qualcosa di sgradito, sarebbero stati legittimi anche i fischi, visto che la platea – data la situazione è giusto chiamarla così – ha diritto ad esprimere la sua opinione? E qui chiediamo ai nostri vescovi: visto che fedeli e parroci sembrano incapaci di capire la differenza tra la spiegazione della Parola di Dio e una qualsiasi conferenza, non sarà il caso di imporre la proibizione degli applausi durante le cerimonie liturgiche, inclusi battesimi e matrimoni? Almeno forse qualcuno si porrebbe qualche domanda e sarebbe aiutato a comprendere meglio il senso dell’evento che si sta celebrando.

Si potrebbe andare avanti, ma una cosa è importante cogliere: in questo sfacelo evidente della nostra società, in cui anche le massime istituzioni hanno alzato bandiera bianca e la gente è disorientata e avvilita, soltanto la Chiesa può indicare la strada e ricostruire un popolo. E’ deprimente lo spettacolo di cattolici – ordinati o meno - che si piegano alla cultura dominante, alla legge del più forte, magari gratificati da qualche applauso. Dobbiamo prendere coscienza del tesoro che ci è stato donato e dobbiamo fare in modo che fruttifichi, per amore di Gesù e della gente che egli ci ha messo intorno. Soltanto la ripresa di questa coscienza potrà evitare lutti peggiori a questo popolo.

Fonte: Newsletter del Timone, 15 Novembre 2007

3 - COLDIRETTI E LE ACLI IN CONTRASTO CON LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA
La coalizione contro gli ogm in contrasto con la Dottrina Sociale della Chiesa
Autore: Cristiani per l'Ambiente - Fonte:

Cristiani per l’Ambiente constata con disappunto e delusione che tra le associazioni che aderiscono alla coalizione "liberi da OGM" guidata da Mario Capanna, ci sono la Coldiretti e le Acli, la cui storia è stata contrassegnata da notevoli battaglie per lo sviluppo e per il progresso degli italiani.
Disappunto e delusione anche per le dichiarazioni rilasciate dalle due associazioni il 13 di novembre.
Secondo quanto riportato da Avvenire il 14 novembre, la Coldiretti avrebbe detto che il no agli OGM è quello di "valorizzare le produzioni del territorio (…) una agricoltura che guarda al mercato e risponde alle domande dei cittadini che chiedono di consumare alimenti di qualità".
Giusto! Ma la ricerca biotech e l’utilizzo delle piante GM vanno proprio nella direzione di migliorare la qualità di tutti i prodotti, con particolare attenzione alla salvaguardai dei prodotti tipici. 
La ricerca biotech e le piante GM sono la frontiera di un agricoltura che risponde alle sfide del mercato perché migliora la qualità, incrementa le rese per ettaro, riduce le spese e l’impatto ambientale, permettendo la riduzione dei trattamenti chimici.
I Cristiani per l’ambiente sono delusi dalle dichiarazioni del Presidente della Acli, Andrea Oliviero.
Ha ragione il presidente della ACLI quando dice che "non si può passare sopra la testa dei cittadini", ma proprio per questo non si capisce perché sostenere una posizione che nega agli scienziati di fare ricerca in campo, impedisce la semina e la coltivazione agli agricoltori italiani e non permette ai consumatori di scegliere liberamente.
Per quanto riguarda il principio di precauzione poi, non c’è rapporto scientifico al mondo che non abbia concluso con l’affermazione secondo cui i prodotti GM "sono pari se non migliori dei prodotti tradizionali".
Il presidente delle Acli ha sollevato il problema della biopolitica e della difesa della vita, a questo proposito alla voce Biotecnologie del Dizionario della Dottrina Sociale della Chiesa cattolica edito dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e pubblicato dalla Libreria Ateneo Salesiano è scritto: ci sono “gruppi di persone che, vedendo alcuni disastri ambientali e prevedendone altri
maggiori, si oppongono fortemente allo sviluppo e all’applicazione della biotecnologia; non di
rado tali gruppi sono mossi da una certa ideologia antiumanistica, quando propongono misure
restrittive per la manipolazione della specie vegetali animali, mentre favoriscono la
manipolazione della persona umana, a livello di embrioni , in nome di finalità terapeutiche, ma
anche con una permissività sempre più ampia nelle pratiche di aborto ecc.”
“Occorre pertanto superare i due estremi: la biotecnologia non deve essere divinizzata né
demonizzata. La tecnica e, di conseguenza, la biotecnologia è una cosa buona, ma può essere
usata male; è dunque necessario che, come ogni attività umana, l’economia, la politica e via
dicendo, essa sia guidata dalla morale. La biotecnologia ha prodotto concretamente un grande
sviluppo in molti settori, come la medicina, la farmacologia, la zootecnia ecc. che se
correttamente utilizzato, potrà risolvere molte delle questioni sociali del mondo odierno”.
I Cristiani per l’Ambiente non credono che Mario Capanna e la coalizione “liberi da OGM” condivida quanto chiaramente affermato dalla Dottrina Sociale della Chiesa ed è un peccato vedere importanti associazioni cattoliche appiattirsi  su posizioni che ledono all’innovazione ed allo sviluppo del popolo italiano.


4 - FINANZIARIA: FORUM FAMIGLIE NO, ARCIGAY SI
Finanziaria: il Forum Famiglie escluso dalle consultazioni
Autore: Sara De Carli - Fonte: Vita, 02/11/2007

Il Forum Famiglie organizza una raccolta di firme a sostegno di una
proposta fiscale che premia i contribuenti che hanno un figlio a
carico... E protesta per essere stata esclusa dalle parti sociali
consultate (tra le quali è invece inclusa l'Arcigay) su Dpef e
Finanziaria. E' la prima volta che dopo sette anni il Forum non
viene interpellato: speriamo che il Forum impari la lezione e si
apra alle realtà che fanno davvero lobbying etico.

Il Popolo del Family Day torna a mobilitarsi. Lo fa per chiedere un
fisco giusto, a misura di famiglia.
Lo fa per protestare contro questa finanziaria 2008, talmente chiusa
nei confronti della famiglia che è stato difficile anche trovare
appigli per fare emendamenti.
Lo fa per protestare contro il Governo Prodi che per la prima volta
dopo sette anni ha depennato il Forum Famiglie dalle parti sociali
interpellate nella stesura del Dpef e della Finanziaria, ricevendo
invece l'Arcigay.

Perchè l'Arcigay sì e il Forum Famiglie no?
Perché Padoa Schioppa ha ricevuto il Forum solo una volta, per il
Dpef dell'estate 2006, per poi chiudere tutte le porte dopo il
Family Day?
[Il perchè è ovvio: nonostante gli ingenui tentativi del Forum di
presentare il Family Day come aconfessionale e apartitico, sul piano
culturale esso è l'esatto contrario del progressismo, NdR]

Le famiglie non ci stanno più e hanno deciso di gridarlo dai tetti.
Lo faranno nei prossimi tre mesi con una imponente raccolta di
firme, che vuole rimettere insieme il milione di persone scese in
piazza il 12 maggio. E forse qualcuna in più, visto che la richiesta
è totalmente laica e interessa chiunque abbia un figlio a carico, a
prescindere dall'essere sposati o meno. [E' un'altra inutile
concessione fatta dal Forum al politicamente corretto: con tutto il
rispetto per le situazioni familiari difficili, è evidente che il
Forum non raccoglierà mai il consenso delle Unioni di Fatto, NdR].
Tant'è che alle associazione del cartello del Family Day si è
aggiunto anche l'Ugl - Unione Generale del Lavoro.

"Il Family dai ha lasciato alla famiglia la consapevolezza di essere
un soggetto sociale", dice Paola Soave, vicepresidente del Forum.
[Il Family Day è riuscito solo perché l'episcopato e il clero bene
orientati si sono mobilitati. E' un'iniziativa che vivrà solo per
l'impegno di questa parte della Chiesa, non certo grazie
all'intelligente Roccella e all'ambiguo Pezzotta, che rappresentano
solo se stessi, NdR]
"Non è solo questione di soldi, ma di cultura. Fare figli non è un
fatto privato, ma un elemento di bene comune". Non si tratta di
regali, ma di introdurre nel fisco l'equità orizzontale, per cui a
parità di reddito chi ha figli da mantenere non deve pagare le
stesse tasse di chi figli non ne ha.

La petizione chiede di calcolare il reddito non solo in base al
reddito percepito, ma anche in base al numero dei componenti il
nucleo familiare. In pratica si chiede di dedurre dal reddito medio
percepito il costo reale del mantenimento di ogni figlio, quello che
la Costituzione sancisce come obbligo, calcolabile intorno ai 6.000
euro: "Una cifra per nulla esagerata, molto vicina al reale, semmai
per difetto", commenta la Soave.
Sullo stesso reddito andrebbero calcolate anche tutte le addizioni
regionali e locali, con un notevole risparmio complessivo per le
famiglie.
La deduzione deve spettare a tutti, indipendentemente dal
reddito, "perché il principio non è quello dell'assistenza, ma della
sussidiarietà. Siamo stanchi di uno Stato che si sostituisce alla
famiglia, offre servizi, la priva di risorse e poi la assiste quando
è diventata povera: chiediamo che la famiglia sia lasciata nella
condizione di poter adempiere le sue funzioni".
Per questo per gli incapienti è prevista un'integrazione al reddito
pari alla deduzione non dovuta: non un assegno, ma una "tassa
negativa" che lo Stato deve al cittadino.

Fonte: Vita, 02/11/2007

5 - OMOFOBIA: CITARE IL PAPA DIVENTA REATO

Autore: Massimo Introvigne - Fonte: 15 novembre 2007

Il ministro per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini vuole assicurare un’opportunità pari a quella degli spacciatori di droga di finire in galera ai cattolici che spacciano quel pericoloso oppio del popolo costituito dal magistero di Benedetto XVI. L’articolo 3 del testo di legge contro le discriminazioni sessuali e l’omofobia approvato in Commissione Giustizia della Camera prevede infatti la reclusione fino a tre anni per chi “diffonde in qualsiasi modo” “idee fondate sulla superiorità” ovvero “incita a commettere e commette atti di discriminazione” per motivi “fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.

A prescindere dal carattere vago e ideologico di nozioni come “idee fondate sulla superiorità” (per esempio: del matrimonio eterosessuale sulle unioni omosessuali?) e “identità di genere”, la norma apre la strada alla persecuzione dei cattolici che vogliano fare il loro dovere, cioè diffondano “in qualsiasi modo” il magistero pontificio.

Si prenda, per esempio, un testo di questo genere: “La ‘tendenza sessuale’ non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc. rispetto alla non-discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo”. “Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare”. “Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone, incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale. Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all’abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato”. Non è in questione – ci mancherebbe – il diritto in uno Stato laico di dissentire da queste affermazioni. La domanda è se chi diffonde un testo di questo tipo, che certamente sostiene il fondamento giuridico – in alcuni ristretti ambiti – di una differenza di trattamento in relazione alla “tendenza omosessuale”, e la dichiara “un disordine oggettivo”, debba farsi tre anni di galera. Alla luce della semplice lettura della legge Pollastrini, la risposta è sì. Il problema è che i brani citati provengono da un testo ufficiale del magistero cattolico. Si tratta del documento Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali emanato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 23 luglio 1992 e firmato dall’allora cardinale Joseph Ratzinger.

Certo, il Papa è al di sopra e al di fuori delle leggi e anche delle sciocchezze della politica italiana. Ma la legge colpisce non solo l’autore ma anche chi “diffonda in qualunque modo” testi improntati a “idee di superiorità” della condizione eterosessuale o che rischino di “incitare alla discriminazione”. Come ricordava di recente il segretario della stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, monsignor Angelo Amato, diffondere i documenti del magistero – e in particolare della sua Congregazione – è un preciso dovere dei fedeli laici, e non solo dei vescovi o dei sacerdoti, che comunque cadono anche loro, a differenza del Papa, sotto la giurisdizione della legge italiana. Tutti in galera?

Il documento del 1992 vedeva già la bufera in arrivo, e anticipava anche i passi successivi: “Includere la ‘tendenza omosessuale’ fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta 'affirmative action' o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all’omosessualità che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità”. È questa la road map del centro-sinistra italiano?

Fonte: 15 novembre 2007

6 - IL SEGRETO DI PADRE PIO
Il nuovo libro di Antonio Socci: ne anticipiamo alcune pagine...
Autore: Antonio Socci - Fonte: Il segreto di Padre Pio

Un caso eclatante è quello del piccolo Matteo Pio Colella. Il fanciullo, che ha solo sette anni e vive a San Giovanni Rotondo con la famiglia, la mattina del 20 gennaio 2000 va tranquillamente a scuola come ogni giorno. Ma la maestra Concetta Centra si accorge dopo qualche ora che sta male (brividi, testa inclinata verso il banco, incapacità di parlare). Vengono chiamati subito i genitori. Sono le 10.30. Il bimbo ha la febbre a 40° e comincia a vomitare. Alle 20.30 della sera quando Matteo non riconosce più la madre tutto si fa più concitato. Si provvede al ricovero immediato alla Casa Sollievo della sofferenza, l'ospedale di padre Pio dove il padre di Matteo, Antonio lavora come medico. Le condizioni del bambino appaiono subito disperate. Viene fatta una diagnosi di meningite fulminante. Anzi, per la precisione, nel giro di qualche ora il quadro si fa devastante: meningite acuta con andamento rapidamente progressivo per il determinarsi di uno schock settico e profonda compromissione degli apparati cardiocircolatorio, renale, respiratorio, emocoagulativo, con acidosi metabolica. Il bimbo viene portato in rianimazione.

È UN CASO DISPERATO
In pratica fin dal primo giorno vari organi vitali sono risultati compromessi. Nel giro di poche ore, al mattino del 21 gennaio, la situazione precipita drammaticamente con "uno stato collassiale, ipertermia, difficoltà respiratoria per desaturazione di ossigeno". Si manifestano "segni quali cianosi intensa, edema polmonare, gravissima bradicardia per la grave ipossemia e acidosi metabolica".
I medici ormai disperati si affannano e si agitano attorno al bambino, aumentando al massimo i dosaggi farmaceutici, ma il grave collasso cardiocircolatorio, la difficoltà a ossigenarsi nonostante la ventilazione meccanica, la sofferenza renale e la grave alterazione del sangue, fanno ormai pensare al peggio. Appare tutto inutile. Uno dei dottori - dopo essersi prodigato in ogni modo - a un certo momento, desolato, si ferma e dice: "Ragazzi, non c'è più nulla da fare, il bambino non si riprende". Si toglie i guanti, va a lavarsi le mani e torna al fianco del fanciullo, con la dottoressa Salvatore, a guardare, ormai impotente, il piccolo Matteo. La dottoressa a questo punto incita a fare un ultimo, disperatissimo tentativo, come farebbe un padre di fronte al figlio. Fu così iniettata una forte dose di adrenalina che sortì qualche piccolo effetto, ma senza poter assolutamente cambiare la situazione ormai tragica del bambino. Il decesso era atteso da un momento all'altro. Si legge nella "Fattispecie cronologica" del caso (negli atti del processo di canonizzazione di padre Pio): "Il dottor Violi passando in rassegna la fisiopatologia di questa devastante sindrome, ha dimostrato come quando gli organi insufficienti sono in numero superiore a cinque, le varie terapie impiegate risultano inutili, o comunque non hanno mai risolto alcun caso. Non risulta che nella letteratura internazionale ci sia alcun sopravvissuto affetto da tale patologia come quella del piccolo Matteo Pio Colella. Insomma non viene descritta alcuna sopravvivenza, infatti in tal caso la mortalità è del 100 per cento". La madre, il padre, i familiari sono da anni devoti di padre Pio. Si mette in moto una grande catena umana di preghiere al padre perché interceda. La mamma del bambino, raggiunta al telefono dalla maestra che chiede di sapere, riesce solo a dire, con la voce strozzata dalle lacrime: "Preghiamo padre Pio, perché stiamo perdendo Matteo". Anche tutti i bambini della scuola iniziano a invocare il padre. Così i frati, i parenti, gli amici, gli stessi medici e gli infermieri della "Casa". Qualche parente addirittura si riavvicina a Dio per implorare il miracolo per il piccolo Matteo. Si susseguono in quelle ore concitate le visite alla tomba del padre, i rosari, le reliquie portate a contatto con il bambino, le lacrime e le invocazioni accorate.

ACCADE L'IMPOSSIBILE
E la mattina del 21 gennaio "improvvisamente accade qualcosa di straordinario e con l'incredulità di tutti", perché "gli organi del bambino riprendono a funzionare". C'è clamore, commozione, stupore. Il fenomeno è doppiamente sorprendente, perché già le speranze di sopravvivenza erano pari a zero, ma - nel caso remoto di sopravvivenza - certi erano i gravi danni cerebrali e renali che il bimbo avrebbe comunque riportato. Invece qua il bambino, dopo essere stato dieci giorni sedato e curarizzato, addirittura il 31 gennaio si sveglia, guarda medici e infermieri e dice: "voglio il gelato". Poi comincia a scherzare con loro. Domenica 6 febbraio il piccolo - ancora in rianimazione - guarda tranquillamente la televisione e gioca alla play-station (introdotta "per la prima volta nella storia della medicina" in rianimazione perché i medici sono interessati a vedere "la risposta intellettiva" del fanciullo). I medici - ovviamente felici - si trovano davanti a qualcosa di inaudito, sconcertante. I genitori e gli amici in una gioia travolgente.
Tutti i medici hanno dichiarato l'inspiegabilità scientifica della guarigione (e della mancanza di danni). Uno per tutti, il Dottor Alessandro Villella: "non sono in grado di spiegare scientificamente la completa guarigione del piccolo Matteo Colella, senza dover pensare che possa esservi stato un intervento soprannaturale".
Molto bella è la testimonianza data dalla madre al postulatore della causa di canonizzazione di padre Pio: "qualunque sarà la decisione degli uomini su questo caso, la mia convinzione profonda di mamma e di credente rimarrà che mio figlio è tornato a noi perché il Signore immeritatamente ce l'ha restituito, è intervenuto a consolarci nella sua immensa misericordia, con l'intercessione del nostro caro Padre Pio".
La signora riferisce di segni inequivocabili della vicinanza del padre (per esempio un intenso "dolcissimo e gioioso" profumo di rose e viole da lei avvertito) e aggiunge: "Solo il Signore sa il senso di tutto ciò che è accaduto alla nostra famiglia. La mia certezza è che Egli ci è stato vicino e ci ha benedetti, grazie anche alla intercessione e alla preghiera amorevole di Padre Pio che, della sua missione sulla terra, diceva: 'Come sacerdote la mia è una missione di propiziazione: propiziare Iddio nei confronti dell'umana famiglia'. E così è stato, caro Padre Pio, ci hai abbracciati nella prova e ci hai raccomandati a Dio".
E il piccolo Matteo? Ricorda nulla di quelle ore di incoscienza? Per la medicina egli non doveva sentire, né vedere nulla, tantomeno ricordare qualcosa. Ma interpellato subito dopo il suo risveglio, Matteo riferì invece un ricordo molto preciso e sconvolgente: "Durante il sonno io non ero solo. Ho visto un vecchio. Mi sono visto da lontano, in questo letto, attraverso un buco tondo. Io ero vicino ai macchinari e un vecchio con la barba bianca e vestito lungo e marrone, mi ha dato la mano destra e mi ha detto: 'Matteo, non ti preoccupare, tu presto guarirai', e mi sorrideva".

IL CIELO SPALANCATO
Per la verità il racconto del piccolo Matteo, nella sua interezza, è ancora più sconvolgente. Infatti prosegue così: "Dall'altro lato ho visto tre angeli (...) i loro visi perché erano luminosi. Un altro giorno ho raccontato poi allo zio Giovanni che sempre quella notte ho guarito un bimbo rigido con gli occhi celesti-verdi e i capelli neri e stava sul lettino di un ospedale a Roma. Poi ho ripetuto il sogno alla mia mamma, la mamma mi ha chiesto: come sei andato a Roma? E io ho risposto: ho fatto una specie di volo con Padre Pio che mi teneva la mano e mi ha parlato con la mente, e quando siamo arrivati mi ha chiesto: 'Vuoi guarirlo tu?'. E io ho detto: come si fa? Così, con la forza di volontà. La mamma mi ha chiesto: come hai capito che eri a Roma? Ho riconosciuto il Luna Park dove ero andato con zio Giovanni". Conclusione del bambino: "Mi ha guarito Padre Pio".
Naturalmente davanti a tutti questi resoconti certi laicisti saranno pronti a storcere il naso del pregiudizio, ma "contra factum, non valet argumentum". Il fatto di guarigioni inspiegabili è ben più forte delle opinioni e la scienza medica ha lealmente constatato l'inspiegabile. E l'ha fatto non affermando che si tratta di fenomeni non ancora compresi, ma che un giorno saranno spiegati (come se parlassimo di malattie che ancora non sappiamo come curare, ma un domani diventeranno guaribili), bensì riconoscendo che è accaduto qualcosa che va totalmente contro le leggi della natura. Questa è la razionalità, questo è il realismo. "Chi crede ai miracoli" scriveva Gilbert K. Chesterton "lo fa perché ha delle prove a loro favore. Chi li nega lo fa perché ha una teoria contraria ad essi".

DOSSIER "PADRE PIO"
Il primo sacerdote stigmatizzato

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Fonte: Il segreto di Padre Pio

7 - PER UNA RINASCITA DELLA POLITICA CRISTIANA IN ITALIA
Radici Cristiane si avvia a celebrare con il suo trentesimo numero, tre anni di vita e di crescente successo editoriale, di cui desideriamo ringraziare i lettori e gli abbonati, che sono la vera forza della nostra rivista.
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radici Cristiane, Novembre 2007

Noi vorremmo che ciascuno di essi si sentisse impegnato nella necessaria opera di rinascita e di restaurazione sociale del nostro Paese, che non va delegata ad una classe politica in disfacimento, ma va assunta, in prima persona, secondo le proprie possibilità, da ogni cittadino italiano. Ogni uomo e ogni famiglia, con la sua visione del mondo e con il suo esempio, può infatti influenzare e plasmare la società intera, in misura molto maggiore di quanto ci viene fatto credere.

Il fenomeno dell’“antipolitica”, che sempre più si impone nel nostro Paese, non è solo italiano, ma europeo. Esso esprime la crescente disaffezione e sfiducia dei cittadini nei confronti delle classi politiche oggi dominanti. I partiti, storicamente nati dai club della Rivoluzione Francese, hanno perduto il loro potere di rappresentanza. La gente si è resa conto che nel sistema politico la selezione avviene a rovescio.

L’astensione aumenta ovunque e chi si reca alle urne non premia, ma “punisce” i partiti che detengono il potere. Infatti, per questo nuovo fenomeno, al contrario di quanto accadeva un tempo, nelle competizioni elettorali i partiti di opposizione tendono a prevalere su quelli di governo. È accaduto in Spagna, in Germania, in Italia, accadrà forse in Gran Bretagna. In Francia, Sarkozy si è affermato soprattutto contro il Presidente Chirac, che però appartiene allo stesso schieramento politico. Quando poi i governi ricorrono a referendum, risultano sonoramente battuti, come è accaduto in Francia e in Olanda, nel 2005, per il Trattato costituzionale europeo.

Uno dei motivi per cui i Capi di Stato e di Governo, riuniti nel 2007 a Berlino e poi a Lisbona,
hanno accuratamente tolto dal Trattato europeo ogni riferimento alla parola “Costituzione”, è proprio l’esigenza di evitare quei referendum popolari che in alcuni Paesi si renderebbero necessari se il Trattato avesse una valenza costituzionale.

Ma in certi Paesi, come in Italia, le cose vanno oltre. Il fenomeno che prende nome dal comico Giuseppe (Beppe) Grillo – bene analizzato da Corrado Gnerre in questo numero della rivista – esprime in maniera lampante la protesta dell’opinione pubblica contro una politica considerata lontana dai valori e dagli interessi della gente. Questa crisi di fiducia si era già rivelata negli anni di “Tangentopoli”, ma da allora la speranza di un autentico cambiamento è miseramente naufragata.

La crisi dei partiti accompagna la storia italiana fin dall’Unità – basti pensare alla stagione del
“trasformismo” – ed è stata la causa di false soluzioni, come la dittatura fascista. Oggi Grillo è
portavoce di un malessere radicale, ma rischia di incanalare su un binario cieco una legittima indignazione sociale.

All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, Pio XII auspicava in Italia la formazione di una
nuova classe dirigente e affidava alle élites cattoliche, ossia ad uomini di forti principi, di elevata educazione e di autentica formazione religiosa e morale, il compito della ricostruzione cristiana dell’ordine sociale. Il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, nella sua opera Nobiltà ed élites tradizionali analoghe nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato e alla Nobiltà italiana (Marzorati, Milano 1993), ha magistralmente commentato i discorsi del Pontefice romano all’aristocrazia romana, mostrandone tutta l’attualità alla fine del XX secolo.

Le élites a cui si riferivano il Pontefice e il pensatore brasiliano non avevano nulla a che fare
con le attuali oligarchie o “poteri forti”: esse non si contrapponevano al popolo, ma ne interpretavano anzi le aspirazioni più profonde. Tra élite e popolo non c’è contraddizione, perché l’élite, al contrario dell’oligarchia, è una classe dirigente che subordina i propri interessi a quelli più generali del popolo, cioè al bene comune. Quando una classe dirigente si corrompe, da élite si trasforma in oligarchia, finanziaria, partitocratica, o di altro genere, ma sempre caratterizzata dal fatto di perseguire non gli interessi della nazione, ma quelli personali o di un gruppo.

Tutti i partiti e i movimenti rivoluzionari, nel corso della storia, usano richiamarsi al “popolo” o al “proletariato” contro le élites, salvo poi costituirsi in ferrea “nomenklatura” ovunque vadano al potere. Quando poi il “popolo” recalcitra e rifiuta di seguire la “avanguardia illuminata”, viene coperto di disprezzo e raffigurato come “plebe” credula e ignorante.

Il comico Grillo però è un “guru” che non viene screditato, ma anzi lusingato e rafforzato
dall’“establishment” politico e mediatico, che immagina di servirsene per portare avanti un progetto di trasformazione radicale della società che incontra resistenze sempre maggiori da parte dell’opinione pubblica.

Il compito di chi guida una nazione dovrebbe essere quello di richiamarsi ai grandi principi culturali e morali e di elevare, nel linguaggio e nei contenuti, le aspirazioni del popolo. Ciò che oggi accade è esattamente il contrario.

Personaggi come Grillo, fanno appello alle peggiori passioni del popolo, a cominciare dall’invidia, per spingerli ad una protesta caotica e priva di contenuti.

Qualcosa di analogo accadde durante la Rivoluzione Francese, quando gruppi di facinorosi,
mossi da agitatori occulti, emersero dai bassifondi per abbattere la Bastiglia. Ben diversa fu la reazione degli “insorgenti” contro la Rivoluzione Francese. Essi fecero appello alle tradizioni religiose e patriottiche del popolo italiano e proclamarono la loro fedeltà alla Chiesa e ai legittimi sovrani. Il cardinal Ruffo creò dal nulla un’armata cristiana, sconfisse il potente esercito di Napoleone, entrò vittorioso a Napoli, riconsegnò il potere al Re detronizzato, e si ritirò nell’ombra, dopo aver assolto il suo compito.

Il termine di “sanfedismo” bolla da allora ogni reazione del popolo cattolico in nome dei propri principi religiosi e morali. Oggi, lo scontro in atto non è armato, ma ideologico e culturale, eppure lo spirito del giacobinismo continua ad aleggiare in Italia e in Europa, sotto forma di una dittatura del relativismo che avanza.

Benedetto XVI, nel suo discorso del 5 ottobre ai membri della Commissione Teologica Internazionale, ha affidato ai cattolici il compito di difendere quella legge naturale che costituisce la base dell’ordine sociale. Occorre che i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà,
si rendano consapevoli di questa alta missione. Le epoche di grandi crisi esigono grandi impegni. Radici Cristiane vuole offrire uno strumento ai suoi lettori, e ad essi chiede aiuto per espandere la sua influenza nella società italiana.

Fonte: Radici Cristiane, Novembre 2007

8 - L’EVOLUZIONE? NON ESCLUDE IL DIO CREATORE

Autore: Benedetto XVI - Fonte: Avvenire, 13/11/07

Nelle quattro relazioni che abbiamo ascoltato, davanti a noi si apre un ampio spettro su cui potremmo discutere molto a lungo, ma per cui purtroppo abbiamo poco tempo a disposizione. Dopo la pausa possiamo ancora discutere alcune questioni. Penso che soprattutto gli stessi relatori vogliano dirsi qualcosa l’uno con l’altro, l’uno per l’altro, e l’uno contro l’altro, ma sempre in una contrapposizione produttiva che mira a far sì che conosciamo la verità e ce ne assumiamo la responsabilità.
  Dobbiamo pensare a quello che vogliamo fare con il tesoro delle quattro relazioni. Anch’esse forse hanno un telos. Ho l’impressione che sia stata la provvidenza che ha indotto il cardinale Schönborn a scrivere una glossa sul New York Times, a rendere di nuovo pubblico questo tema e a indicare dove stiano le questioni: che non si tratta di decidersi né per un creazionismo, che si chiude sostanzialmente alla scienza, né per una teoria dell’evoluzione che dissimula i propri vuoti o lacune e non vuole vedere le questioni che travalicano le possibilità del metodo delle scienze naturali. Si tratta piuttosto di questa interazione fra diverse dimensioni della ragione, in cui si schiude anche la via alla fede.
  Quando egli fra ratio e fides mette l’accento sulla scientia o philosophia,  allora in fondo si tratta di recuperare nuovamente una dimensione della ragione che avevamo perduta. Senza di essa la fede verrebbe esiliata in un ghetto e così si perderebbe il suo significato per la totalità della realtà e dell’essere umano.
  Quello che ora dico, in effetti, è già in certo qual modo superato dalle nuove relazioni, perché è derivato direttamente dall’ascolto della relazione del professor Schuster, ma lo vorrei dire comunque. Il professor Schuster ha da un lato indicato in modo sorprendente la logica della teoria dell’evoluzione che si è andata sviluppando, arrivando a poco a poco a una grande coesione, e anche le correzioni interne che nel contempo si sono trovate (soprattutto a Darwin); dall’altro, ha anche molto chiaramente messo in risalto le questioni che restano aperte.
  Non è che adesso io voglia stipare il buon Dio in questi vuoti: egli è troppo grande per trovare posto in quei vuoti. Ma a me pare importante sottolineare che la teoria dell’evoluzione implica delle domande che devono essere assegnate alla filosofia e che di per sé esulano dall’ambito proprio delle scienze naturali.
  A me pare importante, in particolare, come prima cosa, che la teoria dell’evoluzione in gran parte non sia dimostrabile sperimentalmente in modo tanto facile perché non possiamo introdurre in laboratorio 10.000 generazioni. Ciò significa che ci sono dei vuoti o lacune rilevanti di verificabilità-falsificabilità sperimentale a causa dell’enorme spazio temporale cui la teoria si riferisce.
  Come seconda cosa a me è parsa importante un’altra sua affermazione: la probabilità non equivale a zero ma neppure a uno. Per cui si pone la domanda: a quale altezza si situa la probabilità? Ciò è importante se vogliamo interpretare correttamente la frase di Papa Giovanni Paolo II: «La teoria dell’evoluzione è più di un’ipotesi». Quando il Papa disse questo, aveva i suoi buoni motivi. Ma nello stesso tempo è anche vero che la teoria dell’evoluzione non è ancora una teoria completa, scientificamente verificabile.
  Come terza cosa vorrei accennare ai salti di cui ha già parlato anche il cardinale Schönborn. Non basta la somma di piccoli passi. Ci sono dei «salti». La domanda sul loro significato va ulteriormente approfondita.
  Come quarta cosa è interessante che i mutanti positivi siano solo pochi e che il corridoio, in cui si poteva svolgere lo sviluppo, è stretto. Questo corridoio è stato aperto e attraversato. Le scienze naturali stesse e la teoria dell’evoluzione possono rispondere in modo sorprendente a molte cose, ma nei quattro punti menzionati rimangono ancora aperte questioni rilevanti.
  Prima che giunga alla mia conclusione, vorrei dire qualcosa, cui ha già accennato anche il cardinale Schönborn: non solo alcuni testi scientifico-popolari, ma anche scientifici sull’evoluzione affermano di frequente che la «natura» o l’«evoluzione » avrebbe fatto questo o quello. Qui ci si domanda: chi è propriamente la «natura» o l’«evoluzione » come soggetto? Infatti non esiste! Quando si dice che la natura fa questo o quello, ciò può essere solo un tentativo di raggruppare una serie di eventi in un soggetto che però non esiste come tale. A me pare evidente che questo espediente verbale – forse inevitabile – racchiuda in sé domande di un certo peso.

VERIFICABILITÀ PROBLEMATICA
 A me pare importante che la teoria dell’evoluzione in gran parte non sia dimostrabile sperimentalmente in modo tanto facile. Ciò significa che ci sono dei vuoti o lacune rilevanti di verificabilità-falsificabilità sperimentale a causa dell’enorme spazio temporale cui la teoria si riferisce.

Riassumendo potrei dire: le scienze naturali hanno schiuso grandi dimensioni della ragione che finora non erano state aperte, e ci hanno trasmesso così delle nuove conoscenze. Ma nella gioia per la grandezza della loro scoperta esse tendono a toglierci dimensioni della ragione di cui continuiamo ad avere bisogno. I loro risultati sollevano delle domande che vanno oltre la competenza del loro canone metodologico e alle quali in esso non è possibile dare una risposta.
 Tuttavia, sono domande che la ragione deve porre e che non possono essere lasciate solo al sentimento religioso. Bisogna considerarle come domande ragionevoli e trovare anche dei modi ragionevoli di trattarle.
  Sono le grandi domande fondamentali della filosofia che ci si presentano in forma nuova: la domanda sull’origine e sul futuro dell’uomo e del mondo. Inoltre, di recente, mi sono reso conto di due cose, che hanno illustrato anche le tre relazioni che si sono succedute: c’è da un lato una razionalità della stessa materia. Si può leggerla.
  Essa ha una matematica in sé, è essa stessa ragionevole, anche se nel lungo cammino dell’evoluzione c’è l’irrazionale, il caotico e il distruttivo; ma la materia come tale è leggibile.
  D’altro lato, a me pare che anche il processo come un tutto abbia una razionalità. Nonostante il suo errare e percorrere strade sbagliate lungo lo stretto corridoio, nella scelta delle poche mutazioni positive e nello sfruttamento della poca probabilità, il processo stesso è qualcosa di razionale. Questa doppia razionalità che si rende di nuovo accessibile corrispondendo alla nostra ragione porta inevitabilmente a una domanda che esorbita dalla scienza, ma che comunque è una domanda della ragione: da dove viene questa razionalità? C’è una razionalità originaria che si rispecchia in queste due zone e dimensioni della razionalità? Le scienze naturali non possono e non devono rispondere direttamente, ma noi dobbiamo riconoscere la domanda come ragionevole e osare credere alla ragione creatrice e affidarci a essa.
  Da una parte c’è la razionalità della materia, che apre una finestra sul Creator Spiritus. A questo non dobbiamo rinunciare. È la fede biblica nella creazione che ci ha indicato la via a una civiltà della ragione, nelle cui possibilità c’è anche naturalmente quella di annientarsi nuovamente. Questa è una dimensione che deve rimanere e che io definisco anche una dimensione di contatto fra il greco e il biblico, che dovettero ambedue fondersi in una interna ragione e in una interna necessità.
  D’altro lato, tuttavia, noi dobbiamo anche vedere i limiti.
  Naturalmente, nella natura c’è la razionalità, ma essa non ci permette di avere una visione totale del piano di Dio. Quindi nella natura permangono la contingenza e l’enigma dell’orribile, un po’ come lo descrive Reinhold Schneider dopo una visita al Museo di scienze naturali di Vienna. (Anch’io una volta ho visitato con mio fratello questo museo, ed eravamo sgomenti di fronte a tante cose orribili in natura.) Nonostante la razionalità, che c’è, noi possiamo constatare una componente di orrore, che non è più risolvibile filosoficamente. Qui la filosofia reclama qualcosa di ulteriore e la fede ci mostra il Logos, che è la ragione creatrice e che in modo incredibile poté farsi carne, morire e risuscitare. In questo modo ci si rivela un volto del Logos del tutto diverso da quello che noi possiamo presagire e cercare a tentoni partendo da una ricostruzione dei fondamenti della natura. Anche le due parti dell’anima greca vi alludono: da una parte la grande filosofia e dall’altra la tragedia, che in ultima analisi rimane senza risposta.


DOSSIER "BENEDETTO XVI"
Discorsi e omelie del Papa teologo

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Fonte: Avvenire, 13/11/07

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