BastaBugie n�698 del 06 gennaio 2021

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1 LA FOLLE PSICOLOGIA DELLE FOLLE
In tempi di crisi le masse tendono a illudersi, sperando in un ''salvatore della patria'' che risolva i guai che le affliggono
Autore: Luca Della Torre - Fonte: Corrispondenza Romana
2 TRUMP OMAGGIA IL MARTIRE SAN TOMMASO BECKET
San Tommaso Becket difese la Chiesa Cattolica dai capricci di re Enrico II Plantageneto: Trump lo ricorda come origine della libertà
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 TRE PROBLEMI PER IL VACCINO ANTI-COVID
Il problema per la salute, il problema etico, il problema per la libertà
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Panorama
4 IL SIGNORE DEGLI ANELLI, OPERA RELIGIOSA E CATTOLICA
Dalle risposte di Tolkien ai lettori che gli scrivevano si può capire davvero il pensiero dell'autore più letto ed amato del XX secolo (VIDEO: Trailer del Signore degli Anelli in HD)
Autore: Lorenzo Artusi - Fonte: Feeria
5 LO SAPEVI CHE ADAMO ED EVA SONO IN PARADISO?
Dopo il peccato originale e la cacciata dal Paradiso terrestre, ebbero tanti figli, vissero una vita di preghiera e penitenza, morendo riconciliati con Dio (ecco perché offendere Eva è una bestemmia, perché offendere un santo è una bestemmia)
Autore: Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 MILLE RAGAZZE OGNI ANNO RAPITE E CONVERTITE ALL'ISLAM CON LA FORZA
In Pakistan se così tante giovani sotto i 16 anni vengono sequestrate è grazie alla complicità di imam, magistrati, poliziotti corrotti e uno Stato debole
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
7 ENNESIMO CASO DI FINTA OMOFOBIA
L'aggressione omofoba nel padovano... in realtà fu un pestaggio reciproco (altre notizie dal mondo gay: dirsi trans per finire nelle carceri femminili, quando l'ideologia gay copre gli abusi sui minori, Pillon gli immigrati e il Ddl Zan)
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Provita & Famiglia
8 SARA' BEATO IL GIUDICE LIVATINO, UCCISO DALLA MAFIA 30 ANNI FA
Dopo padre Pino Puglisi, la Chiesa riconosce il martirio in odio alla fede di Rosario Livatino (visse la professione di giudice come una vocazione, difese l'obiezione di coscienza contro aborto ed eutanasia)
Autore: Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA BATTESIMO DEL SIGNORE - ANNO B (Mc 1,7-11)
Tu sei il Figlio mio, l'amato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA FOLLE PSICOLOGIA DELLE FOLLE
In tempi di crisi le masse tendono a illudersi, sperando in un ''salvatore della patria'' che risolva i guai che le affliggono
Autore: Luca Della Torre - Fonte: Corrispondenza Romana, 23 dicembre 2020

In tempi di crisi le masse nella società civile tendono inevitabilmente a far convergere illusoriamente in politica le proprie speranze di salvezza in un demiurgo, un taumaturgo, un "salvatore della patria", che risolva provvidenzialmente, con granitica certezza, la matassa inestricabile dei funesti guai che le affliggono.
Sono trascorsi più di centovent'anni dalla pubblicazione di un fondamentale saggio per la storia politica mondiale del XX secolo, Psicologia delle folle, del celebre sociologo e storico francese Gustave le Bon. L'autore rappresentava acutamente l'inconscia responsabilità criminale delle masse, che, caratterizzate da emotività, ed irrazionale forza distruttiva, rinunziano all'esercizio della propria autonomia di giudizio e di discernimento, divenendo facile preda di ideologie-feticci in grado di suggestionarle verso idee-immagini, e slogan suggestivi, che in realtà tradiscono una volontà di sopraffazione politica della dignità della persona umana. È cosa ben nota alla storiografia che i grandi dittatori ispiratori delle criminali ideologie totalitarie del XX secolo, Stalin in URSS, Hitler in Germania, applicarono con meticolosa attenzione le riflessioni dell'opera dello studioso francese alle proprie prassi politiche. Nel quadro odierno delle relazioni internazionali in ambito geopolitico e giuridico, è molto preoccupante, agli occhi degli analisti, l'approccio disinvolto, irresponsabile di un eterogeneo milieu intellettuale che guarda al pensiero politico comunista ed alla sua applicazione nella prassi, come ad un fenomeno meritevole di apprezzamento per il futuro politico del terzo millennio. I fatti sono noti: la Repubblica Popolare cinese, retta dal primato del regime totalitario del Partito Comunista cinese è oggi il problema nodale per l'immediato futuro degli assetti politici di pace e sicurezza internazionale. Lo è per gli USA, per la UE, per la Russia, per l'India, per i principali modelli politici sociali ed economici liberali del pianeta. Impossessatosi delle tecniche economico finanziarie dell'economia di mercato capitalista, il Partito Comunista cinese ha da tempo sfidato concettualmente il sistema dei trattati giuridici che sono alla base della comunità internazionale e che garantiscono i diritti e le libertà civili e politici della persona umana secondo la piattaforma culturale di impronta occidentale, in nome del primato virtuoso della dittatura del partito unico di ispirazione marxista. L'Italia in particolare, brilla in questa sciagurata opera di "revisionismo" storico politico a favore di una delle ideologie più criminali e anticristiane che la Storia abbia mai subito, come dimostra un'intervista di Antonio Polito all'ex leader comunista, poi del PD, Massimo D'Alema, apparsa di recente sulle pagine del Corriere della Sera.

D'ALEMA, IL LEADER CHE NON HA MAI PERSO OCCASIONE DI PERDERE
Polito è notoriamente un giornalista garbato e moderato, pur nella palude del mainstream postmarxista e globalista che guida quello che un tempo era il giornale più autorevole d'Italia. Di D'Alema, in verità con ironico sfottò, la stampa italiana coniò un celebre motto, ovvero che è il leader che "non ha mai perso occasione di perdere", alla luce di tutti i fallimenti dei suoi autoreferenziali progetti di leadership come Primo Ministro, Presidente della Repubblica, leader della sinistra europea.
Purtuttavia l'ex leader comunista è ad oggi membro di un noto think tank politico-economici proglobal, consulente del governo cinese a livello internazionale nello sviluppo del faraonico programma di dominio economico politico mondiale noto come il trattato Silk Belt Road, la "nuova via della seta cinese", che mira a creare una rete di Paesi strettamente dipendenti dal Dragone di Pechino nel quadro della cooperazione economica, militare, politica.
Ebbene, alla domanda del giornalista Polito sulla crisi strutturale dell'Europa e della sinistra italiana, D'Alema racconta che un nuovo partito di sinistra «in più dovrebbe avere una ideologia», «Una visione del mondo, un insieme di valori e un'idea del futuro». E che tale impronta ideologica si può trovare nell'esempio del defunto Partito comunista italiano (sic!). Dice infatti D'Alema che: «La serietà, il metodo, la responsabilità dei dirigenti, la qualità della loro formazione. Fu questo a trasformare un partito (il PCI, ndr) che era nato per fare la rivoluzione in un pilastro del sistema democratico». Questa è la lungimiranza strategica, il grado di discutibile maturità politica, il livello di pochezza culturale che traspare da una delle presunte "teste pensanti" del pensiero postmarxista in Italia nel nuovo millennio.
Polito, con sorniona abilità polemica fa presente nel corso dell'intervista che D'Alema tiene ancora nel suo ufficio, seppur pudicamente poggiato per terra, un ritratto del criminale dittatore sovietico, Iosif Stalin. Ora, al netto dell'aneddoto, è altrettanto comprovato che a livello di analisi accademica, diplomatica e istituzionale, presso i centri di ricerca politologica e giuridica, sia riconosciuto che il sistema della democrazia occidentale liberale, liberista, laicista, perda sempre più fascino. In questo frangente più importante di tutte è la questione della identità: culturale, politica, religiosa, storica. La crisi politica internazionale, un vero e proprio conflitto "freddo" che purtroppo volge sempre più, giorno dopo giorno - come ben si legge nelle veline riservate delle diplomazie occidentali, da Washington a Bruxelles, in India come in Giappone, in Australia - verso un confronto in chiave militare con regimi aggressivi e criminali come quello di Pechino è infatti in primo luogo una crisi occidentale: come osserva il celebre politologo USA Samuel Huntington mentre la Cina ha continuato a crescere in modo impetuoso, proprio perché unificata dal granitico suggestivo diktat politico comunista e dal collante religioso del confucianesimo, l'Europa ha abbandonato la coscienza della propria identità.

EVVIVA IL COMUNISMO E CHI LO VOTERÀ
In verità nessuno ha voglia di abbandonare la propria identità in modo semplice, poiché l'elemento identitario è il collante che da senso al vivere comune di una società: di fronte al nihilista dramma della rinunzia in ambito giuridico istituzionale al patrimonio delle radici culturali, politiche, sociali cristiane, il risultato è l'approdo disperato di masse e di intellettuali alla D'Alema alle sirene distopiche di modelli liberticidi come il comunismo cinese in salsa capitalista.
Altre prove di questo preoccupante processo di de-formazione e dis-informazione delle masse? La redazione di Rai News, l'organo di informazione pubblica dello Stato italiano proprio martedì 22 scorso se ne è uscito con questo degradante inno al criminale regime comunista cinese: «La Cina, già con la Nuova Via della Seta, con questa "globalizzazione con caratteristiche cinesi", propone una visione inclusiva, in un certo senso di integrazione per il futuro del pianeta, pur tutelando beninteso, le sue ambizioni di grande potenza in grado di competere con gli USA. Laddove l'Occidente continua a rivolgere lo sguardo verso se stesso e a chiudersi per certi versi nella cultura dell'individualismo, di contro  l'Oriente, l'Estremo Oriente, privilegia la collettività, quel senso del bene comune di origine confuciana per cui l'individuo mette da parte se stesso per migliorare la società».
Se rileggiamo le altrettanto irresponsabili, grossolane dichiarazioni pubbliche di mons. Marcelo Sanchez Sorondo, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, secondo cui «in questo momento quelli che realizzano meglio la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi», ci si rende conto senza difficoltà come la drammatica crisi etico-culturale strutturale del pensiero politico europeo [...] possa far scivolare le masse verso il piano inclinato delle sirene del comunismo del terzo millennio, nonostante la certificazione storica del fallimento dei sistemi sociali d'impronta comunista.

Fonte: Corrispondenza Romana, 23 dicembre 2020

2 - TRUMP OMAGGIA IL MARTIRE SAN TOMMASO BECKET
San Tommaso Becket difese la Chiesa Cattolica dai capricci di re Enrico II Plantageneto: Trump lo ricorda come origine della libertà
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-01-2021

Il 29 dicembre è caduto l'850° anniversario del martirio del primate cattolico d'Inghilterra san Tommaso Becket (1118-1170), ucciso per essersi opposto al tentativo di re Enrico II Plantageneto (1133-1189) di piegare la Chiesa allo Stato. Un evento importantissimo, ma che d'acchito ha ben poco a che fare con un Paese "protestante" come gli Stati Uniti d'America e soprattutto con la Casa Bianca.
Apparentemente. Di quell'anniversario, infatti, il presidente protestante Donald J. Trump ha fatto un proclama al Paese e al mondo. Perché, san Becket, ha scritto Trump ufficialmente il 28 dalla Casa Bianca, ha anticipato la madre di tutte le libertà politiche, ovvero la Magna Carta Libertatum del 1215 (che anche per gli Stati Uniti resta un "vincolo" culturale fortissimo), tanto quanto la libertà religiosa come primo diritto politico dei cittadini statunitensi, sancita dal Primo emendamento (1791) alla Costituzione federale del 1789.
Già questo incipit, in cui brillano per assenza i richiami a illuminismi e dichiarazioni universali, è spumeggiante. Il presidente del Paese più importante e influente del mondo in sostanza dice che tutto il costituzionalismo anglo-americano, faro di democrazia autentica (perché alternativa al modello illuministico-giacobino), trova ratio in quella libertà religiosa la cui fonte è il martirio di un santo cattolico.
E se spumeggiante è l'abbrivio, il prosieguo è stupefacente. Trump narra infatti la vita di san Becket come critica all'arroganza con cui il potere cerca di azzannare la no-flight zone garantita all'uomo e alla società dalla Chiesa. Con parole non troppo sorprendenti se venissero da un Pontefice, ma clamorose dalla bocca di un capo di Stato, persino protestante, Trump s'identifica nel pensiero di Tommaso: «Dio è il governante supremo, superiore ai re», «si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini».
Fu così, rievoca Trump, che «i cavalieri del re risposero, cavalcando fino alla cattedrale di Canterbury per consegnare a Tommaso Becket l'ultimatum: cedi alle richieste del sovrano oppure morirai». E, solenne, quasi scandendo le parole con la penna, continua il presidente degli Stati Uniti: «La replica di Tommaso riecheggia in tutto il mondo e lungo tutte le epoche. Le sue ultime parole su questa Terra furono: "Per il nome di Gesù e a protezione della Chiesa sono pronto ad abbracciare la morte". Avvolto nei paramenti sacri, Tommaso venne abbattuto là dove ancora si trovava, dentro le mura della sua stessa chiesa». T.S. Eliot (1888-1965) ha cristallizzato queste scene nel meraviglioso Assassinio nella cattedrale (1935).

TOMMASO BECKET HA MUTATO IL CORSO DELLA STORIA
Secondo Trump «il martirio di Tommaso Becket ha mutato il corso della storia». È da lì che nascono il governo temperato e i ceppi allo Stato che le costituzioni sono scritte per attuare. Di più. Il superamento delle "guerre di religione" e dei "nazionalismi religiosi" con cui gli Stati-nazione hanno inaugurato la modernità politica (e fatto guerra al Sacro Romano Impero) è già tutto inscritto nel martiro di un arcivescovo medioevale. Come se il conflitto centrale nella modernità fosse già risolto all'origine, come se non nella fuga secolarista in avanti, bensì nella vera fede di sempre fosse la chiave anche dell'oggi.
Il presidente Trump si assume evidentemente la responsabilità, culturale e politica, di affermare che lo strumento sia la libertà religiosa garantita nel Nuovo Mondo attraverso la Costituzione statunitense, ma l'affermazione del presidente del Paese più importante e influente del mondo secondo cui la soluzione del conflitto Stato-Chiesa è il ritorno alla "sovranità medioevale" di Dio è una notizia che in un mondo minimamente normale avrebbe bucato i teleschermi. Del resto così Trump si accoda a quella ricca schiera di ermeneuti conservatori delle istituzioni statunitensi che non hanno mai inteso la libertà religiosa come il diritto relativistico all'errore, bensì come il diritto cristiano alla verità per tutti.
La morte di san Becket, sentenzia ancora Trump, ricorda a tutti i cittadini americani come la loro libertà religiosa non sia «né un mero lusso né un accidente storico, bensì un elemento essenziale della nostra libertà» stessa, «il nostro tesoro inestimabile e il nostro retaggio», una libertà «acquistata a prezzo del sangue di martiri». Gli americani, spiega la Casa Bianca, hanno cioè la propria ragion d'essere nella massima «ribellarsi ai tiranni è obbedire a Dio», e questo è lo stesso principio evocato il 6 giugno 2017 in piazza Krasiński a Varsavia, allorché Trump ricordò che «la gente negli Stati Uniti e la gente nel mondo ancora grida: "Noi vogliamo Dio"».

TRUMP HA SCRITTO LA STORIA
È questa, glossa il presidente, la spiegazione del perché gli Stati Uniti si oppongano ai meccanismi sovranazionali che «attaccano la sovranità di quei Paesi che vogliono proteggere la vita innocente in base a quel medesimo credo nutrito dagli Stati Uniti e da altri secondo cui ogni bambino - nato o non ancora nato - è dono sacro di Dio», e pongano la libertà religiosa come «[...] pilastro centrale della [propria] diplomazia».
Dopo avere ricordato nella preghiera le testimonianze del cardinal Joseph Zen di Hong Kong e del pastore Wang Yi di Chengdu, Trump sottolinea infine che «il dispotismo e l'omicidio che sconvolsero la coscienza del Medioevo non dovranno essere mai più consentiti», giacché «una società senza religione non può prosperare» e «un Paese senza fede non può durare». Infatti «giustizia, bontà e pace non possono prevalere senza la grazia di Dio».
Per tutto questo Trump ha ordinato che la memoria di san Tommaso Becket fosse, il 29, osservata pubblicamente nei modi appropriati. Ma che senso ha questo, con le mille cose di cui il presidente uscente si deve occupare, con tutti i problemi cui deve badare, con una transizione ancora in alto mare e con elezioni (al Senato) ancora aperte?
Mentre il mondo nemmeno se ne accorgeva, mentre le tivù ne ritrasmettevano ancora gaffe e smorfie, mentre di lui ci si ostina a voler conoscere sempre e solo il volto carnevalesco, Trump ha scritto la storia. Ci vorranno libri interi per spiegare adeguatamente il senso di tutto questo, tanto è ricca l'iniziativa di tornare a collegare l'altra faccia non ideocratica del moderno nientemeno che alla fede cattolica del Medioevo. Per oggi ci resta un Trump stupor mundi che fa quello che nessun altro ha il coraggio di fare, men che meno chi gli succederà, il "cattolico" Joe Biden.

Nota di BastaBugie: per approfondire la storia di San Tommaso Becket puoi leggerla nell'articolo seguente dal titolo "San Tommaso Becket" dove si racconta la vita fino al momento culminante del martirio per difendere la libertà della Chiesa, senza cedere a compromessi con il potere.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 dicembre 2020:

Per buona parte della sua vita era stato un uomo di mondo. Ma quando Dio lo chiamò a essere pastore di anime, san Tommaso Becket (c. 1119-1170) si batté fino al martirio per difendere la libertà della Chiesa, senza cedere a compromessi con il potere.
Nacque a Londra da genitori originari della Normandia. Si formò studiando le discipline del trivio e del quadrivio. L'arcivescovo di Canterbury Teobaldo di Bec gli affidò importanti missioni a Roma, gli fece studiare diritto canonico a Bologna e Auxerre e alcuni anni dopo, nel 1154, lo nominò arcidiacono di Canterbury. Vista l'efficienza del suo collaboratore, Teobaldo lo consigliò a Enrico II per il posto vacante di lord cancelliere, incarico che Tommaso ottenne nel gennaio 1155.
Da cancelliere assecondò l'opera di riforma del sovrano, che era volta a ristabilire l'autorità monarchica (indebolita dal predecessore di Enrico II) limitando l'indipendenza dei proprietari terrieri. Da braccio destro del re, Tommaso si attirò anche le critiche di religiosi e fu accusato di trascurare i suoi doveri di arcidiacono. Alla morte di Teobaldo, per Enrico II fu naturale proporre Tommaso come nuovo arcivescovo di Canterbury, nella convinzione di continuare ad avere un sostegno alla propria politica. Ma il futuro santo stava già cambiando e avvertì il sovrano: «Se Dio mi permettesse di essere arcivescovo di Canterbury, perderei la benevolenza di vostra maestà e l'affetto di cui mi onorate si trasformerebbe in odio, giacché diverse vostre azioni volte a pregiudicare i diritti della Chiesa mi fanno temere che un giorno potreste chiedermi qualcosa che non potrei accettare». Alla fine, solo l'intervento del nunzio apostolico convinse Tommaso a divenire arcivescovo. Fu consacrato il 3 giugno 1162.
Il cambiamento fu totale. La frugalità nei pasti, la preghiera, la lettura della Bibbia, la carità a poveri e ammalati accompagnarono le sue giornate. Presto emerse lo scontro che aveva predetto. Enrico II cercò di influenzare altri vescovi inglesi e propose l'approvazione di alcuni diritti reali che avrebbero limitato la libertà della Chiesa, i cui membri furono invitati a giurare di obbedire ai «costumi del reame». Dopo un tira e molla che si protrasse per mesi si arrivò alle Costituzioni di Clarendon, con le quali il re estendeva la sua giurisdizione all'ambito ecclesiastico e pretendeva di dover dare la sua approvazione alle nomine più importanti nella Chiesa. Tommaso, riflettendo sulle conseguenze di quelle norme, fu di fatto il solo a opporre una ferma resistenza. Venne quindi processato per oltraggio al re. Riuscì a fuggire in Francia, dove visse in esilio per sei anni. Mentre Enrico emanava editti contro di lui, Becket ottenne il sostegno di papa Alessandro III.
I delegati papali riuscirono a trovare un accordo con il re per il ritorno di Tommaso dall'esilio, ma quest'ultimo già immaginava quale sarebbe stata la sua sorte: «Sono tornato per morire in mezzo a voi», disse ai fedeli. Il contrasto con la corte si riacuì nel giro di poche settimane. Sebbene permanga il dubbio sulle parole esatte pronunciate da Enrico II («Chi mi libererà da questo prete turbolento?», è la versione più comune), quattro cavalieri le interpretarono come un invito all'eliminazione fisica dell'arcivescovo. Perciò lo raggiunsero nella cattedrale e lo uccisero di spada (il fatto ha ispirato il dramma Assassinio nella cattedrale di Eliot) all'ora dei Vespri del 29 dicembre 1170: «Per il nome di Gesù e la protezione della Chiesa, sono pronto ad abbracciare la morte», furono le ultime parole di Tommaso. La sua tomba divenne in breve uno dei maggiori luoghi di pellegrinaggio dell'Inghilterra e pure Enrico II vi si recò, umiliandosi con una pubblica penitenza. I quattro cavalieri furono presto scomunicati da Alessandro III. Ma mostrarono segni di pentimento e si recarono dal papa, che ordinò loro di servire per 14 anni in Terrasanta.

DOSSIER "DONALD TRUMP"
Il presidente nemico del politicamente corretto

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-01-2021

3 - TRE PROBLEMI PER IL VACCINO ANTI-COVID
Il problema per la salute, il problema etico, il problema per la libertà
Autore: Francesca Romana Poleggi - Fonte: Panorama, 02/12/2020

L'argomento "vaccini sì - vaccini no" è divenuto un terreno di scontro ideologico. Lo dimostra la vicenda del dottor Grisanti finito dalle stelle alle stalle per aver pubblicamente espresso serie riserve sui vaccini anti coronavirus che sembra siano di imminente commercializzazione (anche se un giorno sì e uno no, si succedono smentite e contro-smentite; e, intanto, la mia vecchia madre - che vive a Roma, in zona centrale - ancora non riesce a fare il normale vaccino antinfluenzale, tanto raccomandato da tutti, perché "non è arrivato").
Lungi da noi il voler assumere una posizione ideologica in materia (ci sembrano irragionevoli sia i "no vax" senza se e senza ma, sia quelli che vorrebbero obbligare tutti a fare tutti i vaccini che sono in circolazione), riteniamo necessario:
- in primis, conoscere le argomentazioni di chi non ritiene che i vaccini - e in particolare il prossimo eventuale vaccino anti Covid - siano efficaci e salutari per tutti e in tutti i casi;
- in secundis, riteniamo opportuno conoscere le argomentazioni di chi solleva rispetto a determinati vaccini - anche anti Covid - un problema etico (non necessariamente "religioso");
- e infine merita una riflessione la questione dell'obbligatorietà vaccinale in tempi in cui non si fa altro che osannare l'autodeterminazione.
 
1) IL PROBLEMA PER LA SALUTE: IL DNA FETALE NEI VACCINI
Quanto al primo punto, dovrebbe essere il medico curante a dire se il tal vaccino è efficace e salutare per il tal paziente, al netto del rischio ineliminabile di effetti collaterali (andrebbe anche approfondita la questione sollevata recentemente da Lyons et al. sull' International Journal of Environmental Research and Public Health secondo cui i bambini non vaccinati sono sorprendentemente più sani di quelli vaccinati). C'è poi una importante questione da chiarire. Molti vaccini sono derivati da cellule fetali: quindi, il Dna del feto entra inevitabilmente in circolo nell'organismo del ricevente. Ciò comporta seri rischi per la sua salute, perché potrebbe innescare un processo noto come "ricombinazione omologa" cui consegue la modifica del patrimonio genetico del ricevente il vaccino. Si formano cioè delle mutazioni e delle nuove cellule che il soggetto vaccinato non riconosce come proprie e scatenano una risposta cosiddetta "autoimmune", con le conseguenti malattie e disturbi dello spettro autistico.
La Food & Drug Administration statunitense (l'agenzia federale di controllo sui farmaci) e l'Oms, nel 2005, riconoscendo la sussistenza di rischi oncogeni associati alla presenza di DNA umano nei vaccini, avevano stabilito che doveva essercene meno di 10 ng (nanogrammi). Con il tempo vari ricercatori hanno dimostrato che il limite suddetto non viene quasi mai rispettato. Un esempio fra tanti, denunciato dall'associazione Corvelva: nel Priorix Tetra, usato nei bambini dagli 11 mesi fino ai 12 anni di età per morbillo, parotite, rosolia e varicella, sono state state riscontrate inizialmente quantità di DNA da 1 a 2,7 e poi fino a 3,7 microgrammi per fiala (1 microgrammo è uguale a 1000 nanogrammi). Questo viola anche la convenzione di Oviedo e altre norme internazionali che vietano la modificazione del patrimonio genetico degli esseri umani.
Quanto ai futuri vaccini anti Covid, quindi, riteniamo che per il rispetto del principio del consenso informato, sia necessario pretendere che ci sia la massima trasparenza sull'entità del Dna umano presente in essi.
Ma quale autorità si prenderà davvero a cuore la nostra salute su questo punto? L'Oms e gli altri enti di sorveglianza che finora hanno concesso ai produttori di vaccini di ignorare e di violare i suddetti limiti?
Il Charlotte Lozier Institute pubblica e aggiorna costantemente l'elenco dei vaccini etici e non etici che sono in circolazione. Nella tabella aggiornata al 10 novembre 2020 sono elencati i possibili vaccini SARS-CoV-2 (COVID-19) che utilizzano linee cellulari derivate dall'aborto (per la produzione e/o per il test del siero), e quelli che invece sono ricavati da cellule animali (scimmie, criceti, invertebrati), da vegetali, o che sono sequenze disegnate al computer, oppure che sono ricavati da cellule umane prelevate eticamente (per esempio dal cordone ombelicale). È indicato altresì il Paese di produzione, e a che punto è la ricerca (se è nella fase di sperimentazione o no).
Per esempio, si sente molto parlare del vaccino della Johnson & Johnson (coltivato sulla linea cellulare PER.C6, derivata dalla retina di un bambino di 18 settimane abortito nel 1985) o di quelli della Pfizer e di Moderna (testati sulle cellule HEK293, ricavate dai reni di una bambina sana abortita in Olanda nel 1973). Anche l'Istituto Europeo di Bioetica ha confermato l'uso di linee cellulari di feti abortiti in molti dei vaccini elencati dal Lozier Institute, come per esempio Astrazeneca dell'università di Oxford, Medicago (canadese), Altimmune (USA) e CanSino Biologics, Sinovac Biotech Co e Anhui Zhifei Longcom (cinesi).
Di contro, sono in preparazione anche tanti vaccini etici, in diverse parti del mondo, come per esempio quello della Sinopharm, in Cina, quello dell'Istituto di ricerca Giovanni Paolo II, in Usa, quello dell'istituto Pasteur e Themis and Merck o quello della Sanofi e GSK (franco-americani), uno sviluppato dall'Università del Queensland, in Australia, il CureVac tedesco, il Genexine coreano.
 
2) IL PROBLEMA ETICO
Quanto al secondo punto, invece, il problema etico relativo ai vaccini che all'origine hanno cellule tratte da bambini abortiti, non è trascurabile. Non si tratta, infatti, solo di feti abortiti nei lontani anni Sessanta, come si dicono alcuni: il Comitato cittadini per l'obiezione etico-religiosa, ha pubblicato diversi documenti che dimostrano il contrario. Per esempio gli autori di una ricerca cinese del 2015, Bo Ma et al., hanno indotto l'aborto in nove donne (e dato che siamo in Cina non è neanche detto che fossero consenzienti...).
E non si tratta del semplice uso (o abuso) di piccoli cadaveri, perché ci sono diversi studi e diverse testimonianze concordi nell'asserire che si cerca di far sopravvivere i bambini all'aborto per poter prelevare organi freschi: già nel 1987 ne parlava Peter McCullagh; più recentemente, nel 2016, la cosa è di nuovo emersa negli Usa, quando il Center for Medical Progress ha pubblicato una serie di video in cui David Daleiden, con telecamera nascosta, ha dimostrato i traffici di organi di bambini abortiti intercorsi tra la Planned Parenthood e le industrie farmaceutiche o le università.
Anche i ricercatori cinesi, che hanno indotto l'aborto alle nove donne citate poc'anzi, hanno fatto nascere vivi i bambini i cui organi intatti sono stati inviati ai laboratori per preparare le cellule di coltura dei vaccini.
In questo contesto non è rilevante l'essere o non essere favorevoli all'aborto. Il dilemma è di livello superiore e consiste nel decidere se sia lecito o no usare un essere umano. Anche per uno scopo in sé buono. Perché un "laico" come Kant diceva che l'uomo non può mai essere un mezzo ma è sempre un fine?
Chi ammette la liceità di usare qualcuno per il bene di qualcun altro assume che l'uno sia una persona di rango e dignità inferiore all'altro. A chi vogliamo dare il potere di stabilire quali sono gli individui di serie A e quelli di serie B? Chi ipoteticamente discriminasse gli esseri umani in base alla razza, al sesso, o alle opinioni politiche, sarebbe condannato senza appello dall'universo mondo per la violazione del principio di uguaglianza che è a fondamento delle Carte costituzionali di tutti i Paesi civili.
Le discriminazioni in base alla religione e all'età invece, sono tollerate: si vuole abolire l'obiezione di coscienza e i bambini nel grembo materno sono tanto piccoli da poter essere manipolati (e soppressi) senza remore.
Fin qui le questioni etiche, che però non importano a molti in una società materialista e utilitarista come la nostra.
 
3) IL PROBLEMA DELLA LIBERTÀ E DELL'AUTODETERMINAZIONE
Sul terzo punto, invece, tutti dovrebbero essere interessati, in quanto tutti siamo promotori dei diritti umani e in specie del diritto alla libertà.
Infatti, se il vaccino anti Covid, quale che sia, dovesse essere obbligatorio - come si sente dire in giro - e addirittura condicio-sine-qua-non per poter esercitare le libertà civili democraticamente garantite dalla Costituzione, saremmo davvero nel pieno di una dittatura, in un incubo distopico da far impallidire Huxley e Orwell.
Viceversa, in nome del principio dell'autodeterminazione che tanto è cara di questi tempi, chiediamo a gran voce la massima trasparenza sui vaccini che già sono in circolazione e su quelli anti Covid che saranno messi sul mercato: sia in relazione alla loro origine, sia in relazione agli effetti collaterali. Chiediamo la libertà di scegliere se vaccinarsi o meno. Perciò chiediamo che le autorità preposte alla vigilanza sui farmaci e alla tutela della nostra salute, a cominciare dall'Oms, siano libere da condizionamenti da parte delle industrie farmaceutiche che producono i suddetti vaccini e che perseguono l'ovvio e legittimo scopo di massimizzare il profitto.
Sappiamo che i principali finanziatori dell'Oms sono proprio le industrie farmaceutiche e la fondazione Bill e Melinda Gates, che partecipa sostanziosamente alla Gavi ("alleanza globale per i vaccini e l'immunizzazione"): è verosimile dunque che sia compromesso, per questa ragione, il primo dei "diritti umani", cioè il diritto alla verità, senza la quale è impossibile operare scelte davvero libere e responsabili.

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Fonte: Panorama, 02/12/2020

4 - IL SIGNORE DEGLI ANELLI, OPERA RELIGIOSA E CATTOLICA
Dalle risposte di Tolkien ai lettori che gli scrivevano si può capire davvero il pensiero dell'autore più letto ed amato del XX secolo (VIDEO: Trailer del Signore degli Anelli in HD)
Autore: Lorenzo Artusi - Fonte: Feeria, dicembre 2002

"Credo che le storie fantastiche abbiano un loro modo di rispecchiare la verità, diverso dall'allegoria o dalla satira o dal realismo, e per alcuni versi più potente", scrive John Ronald Reuel Tolkien in una lettera del 1956 indirizzata a Michael Straight, recensore del Il Signore degli Anelli (J.R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza. Lettere, Bompiani 2001, p.263). In effetti, tutto l'interesse dello scrittore Tolkien sembra come rivolto a un centro attorno al quale ruotano i suoi racconti. Il fascino quasi irresistibile che le sue storie esercitano su milioni di lettori deriva forse dalla bellezza alla quale egli, in qualche modo, si ispira. Quella di Tolkien, però, non è la bellezza degli elfi o della natura, e nemmeno quella della magia fatata e degli incantesimi; non è il fascino della fiaba o del poema mitologico ed eroico o del racconto di viaggio. La verità che raccontano o rispecchiano le storie fantastiche di Tolkien è, in un certo senso, quella della natura umana più profonda: è l'immagine che determina l'essere umano come persona, è la sua somiglianza, in un certo senso, alla verità dell'uomo. Tolkien descrive nei suoi libri, per così dire, la "vita spirituale" dei personaggi, il loro cammino di perfezione o, come dice lui stesso, il loro cammino di santità (lettera del 1956, p.264; anche la lettera del 1954, p.230), in altre parole, la nobilitazione, la santificazione degli umili (p.268). "Questa storia - spiega Tolkien - deve chiarire del tutto un tema ricorrente: il posto che nelle "politiche mondiali" occupano gli atti di volontà imprevisti e imprevedibili, e le buone azioni di chi apparentemente è piccolo, poco eroico e dimenticato invece dai saggi e dai grandi (sia buoni che malvagi)" (lettera del 1951, p.182). Insomma, la rilevanza delle buone azioni di chi è piccolo. Che cosa, infatti, è realmente importante per l'essere umano se non la sua identità, la sua capacità di vivere, di amare, di andare oltre se stesso e di aprirsi alla vita? "Penso che la storia fantastica - scriverà altrove - sia una delle più alte forme di letteratura, e che sia del tutto sbagliato associarla ai bambini" (p.249), proprio perché essa, più fortemente, rispecchia la verità.

UNA SPIRITUALITÀ MOLTO BELLA (CIOÈ CATTOLICA)
Questo cammino dei personaggi di Tolkien si svolge alla luce di una spiritualità che milioni di lettori, anche lontani dal cattolicesimo, hanno riconosciuto come molto bella perché molto aderente alla verità dell'uomo. Essa si presenta a noi in una forma nuova, libera dai pregiudizi che spesso accompagnano, purtroppo, ciò che è dichiaratamente "cattolico". Ma essa è, nei fondamenti, coerente nella dottrina cattolica, come ammette anche lo stesso Tolkien. Non è un caso che, più volte, egli affermi come la storia da lui descritta si ambientata nella Terra di Mezzo (Middenerd) che è la traduzione in inglese arcaico di oikoumene, il mondo abitato dagli uomini, ovvero il nostro mondo (lettera del 1954, p.211). "La-Terra-di-Mezzo - scrive (in una lettera del 1956, p.270) - non è un mondo immaginario (come il paese delle fate) o con mondi invisibili (come il paradiso o l'inferno). Il teatro della mia storia è su questa terra, quella su cui noi ora viviamo, solo il periodo storico è immaginario". Insomma, nei racconti di Tolkien, è di noi che si tratta. "Io pretenderei, se non sapessi che fosse presuntuoso da parte mia, di avere come obbiettivo quello di dimostrare la verità e di incoraggiare i buoni principi morali in questo nostro mondo, attraverso l'antico espediente di esemplificarli attraverso personificazioni diverse, che alla fine tendono a farsi capire" (lettera del 1954, p.220).

IL "FALLIMENTO" DI FRODO
C'è un passo ne Il Signore degli Anelli che mi ha sempre colpito in modo particolare ed è il momento i cui i personaggi, gli hobbit, alla fine della storia, tornano nel loro paese, la Contea, e scoprono che lo stregone malvagio Saruman ha devastato ogni cosa. Infuriati, gli hobbit vogliono ucciderlo, se non fosse per l'intervento di Frodo, il quale ha compiuto un lungo cammino di crescita umana e spirituale, che lo lascia andare via libero. E Saruman, improvvisamente, lo guarda con "uno strano sguardo, misto di meraviglia, di rispetto e di odio", e riconosce quanto è cresciuto questo personaggio capace ora di perdonare e di rispondere al male con il bene (Il Signore degli Anelli, Rusconi 1980, p.1212). È, infatti, per la pietà e la capacità di perdonare le offese che Frodo è riuscito a distruggere l'anello del potere e a salvare la Terra di Mezzo. Non è la logica umana, né la forza del più forte a vincere: è piuttosto la logica del Vangelo che ispira Tolkien profondamente e che anima i suoi personaggi. È questa la "verità" che le sue storie fantastiche cercano di "rispecchiare", quella visione della persona che è, in definitiva, la più aderente e vera dell'essere umano. Anzi, Tolkien non si "ispira" ad essa, non più di quanto un Santo si "ispiri" al Vangelo per vivere la propria vita. Così, ad esempio, Tolkien valuta il "fallimento" di Frodo quando deve distruggere l'anello del potere de nemico: "Frodo in realtà fallisce come "eroe". Eroe così come lo concepiscono le menti più semplici: non arriva fino alla fine; rinuncia, tradisce. Non dico "menti semplici" con disprezzo: esse vedono spesso con chiarezza la pura verità e l'ideale assoluto verso il quale devono dirigersi i nostri sforzi, anche se questo ideale è irraggiungibile. La loro debolezza, tuttavia è duplice.
Non percepiscono la complessità di qualsiasi data situazione nel tempo, in cui un ideale assoluto è calato. Tendono a dimenticare quello strano elemento del mondo che noi chiamiamo pietà o compassione, che è un requisito indispensabile nel giudizio morale (dato che è presente nella natura divina). È tipico di Dio, nel suo aspetto più elevato. Per i giudici finiti, con una conoscenza imperfetta, deve portare all'uso di due diversi metri di moralità. A noi stessi, dobbiamo proporre l'ideale assoluto senza compromessi, dato che noi non conosciamo i limiti della nostra forza naturale (più la grazia), e se non tendiamo all'obiettivo massimo, cadremo senz'altro più in basso del limite che riusciremmo a raggiungere. Per quanto riguarda gli altri, nei casi in cui sappiamo abbastanza per dare un giudizio, dobbiamo applicare un metodo di giudizio mitigato alla compassione... (È frequente questo doppio metro di giudizio nei santi, quando valutano le sofferenze e le tentazioni che stanno patendo e quando invece valutano gli altri)" (lettera del 1963, p.367; anche in: lettera del 1956, p.265; lettera del 1956, p.285; lettera del 1956, p.286).

"SONO UN CRISTIANO CATTOLICO ROMANO"
Frodo, afferma altrove Tolkien, non è un pacifista, ma ha "raggiunto la conclusione che il combattimento fisico ha in realtà meno conseguenze di quello che la maggior parte di uomini (buoni) pensa!", rivelando così, in qualche modo, la grande fede del nostro autore nella preghiera e nell'efficacia della vita contemplativa. Rivolgendosi al figlio Christopher, in una lettera del 1944, lo esorta alla preghiera: "Se già non lo fai, prendi l'abitudine di pregare. Io prego molto..." (p.77). La vita interiore dello scrittore Tolkien pervade, quindi, tutta la sua opera. E, in effetti, in un'altra lettera del 1958, scrive: "Ho intenzionalmente scritto un racconto costruito su certe idee "religiose", ma che non è un'allegoria di queste e non le cita apertamente" (p.320). E ancora, in una lettera successiva: "Sono un cristiano (cosa che può anche essere dedotta dalle mie storie), anzi un cattolico romano" (p.326).
La ricerca di questa radice religiosa di Tolkien non vuole essere una rivendicazione sciocca, né il tentativo di annettere questo scrittore al "mondo" cattolico: no. È più semplicemente la constatazione della fecondità del Vangelo e della vita cristiana e di come esso porta sempre frutti nuovi e impensati. Tolkien era un uomo di fede, animato dalla fede, come emerge dai suoi scritti e soprattutto dalle sue lettere, e questo, tra l'altro, lo ha reso fecondo anche come scrittore. Egli sapeva bene il "prezzo" della fede e della sua Bellezza, della Bellezza della Vita. A cominciare dalle sofferenze vissute per la conversione della madre al cattolicesimo, e poi l'emarginazione vissuta all'università perché professore cattolico.

SEME E GIARDINIERE
Ecco che Tolkien si trasforma in un vero e proprio direttore spirituale per il figlio, mostrando i valori che danno la concretezza alla vita interiore dell'essere umano. Così, nell'ottica della Croce, Tolkien può affermare: "Io sono cristiano, e cattolico romano, e quindi non mi aspetto che la "storia" sia qualcosa di diverso da una "lunga sconfitta", benché contenga alcuni esempi e intuizioni della vittoria finale" (lettera del 1956, p. 289). Allo stesso modo può scrivere, a proposito della natura umana: "Un uomo non è soltanto un seme che si sviluppa secondo uno schema definito, bene o male in base alla sua situazione o ai suoi difetti in quanto esemplare della sua specie; un uomo è allo stesso tempo un seme e per certi versi anche un giardiniere, nel bene o nel male. Io sono colpito da come lo sviluppo del carattere possa essere il prodotto di un'intenzione consapevole, della volontà di modificare tendenze innate nella direzione desiderata; in alcuni casi il cambiamento può essere grande e definitivo", e in questa linea sviluppa anche il carattere dei suoi personaggi (lettera del 1956, p.271).
Nei momenti di difficoltà, esorta anche il figlio Michael alla Comunione frequente: "L'unico rimedio contro il vacillare e l'indebolirsi della fede è la Comunione. Benché sia sempre lo stesso, perfetto e incompleto e inviolato, il Santo Sacramento non agisce completamente e una volta per tutte in ognuno di noi. Come l'atto di fede deve essere ripetuto e così accresce la sua efficacia. La frequenza garantisce il massimo effetto" (p. 381). Indubbiamente, Tolkien padre aveva una profonda e vivace vita interiore! Tanto da desiderare che i figli la potessero, in qualche modo, condividere per il bene che ne sentiva.
L'opera dello scrittore Tolkien non ha però un intento strettamente educativo: essa è nata da un atto gratuito, da un desiderio di bellezza, che tendenzialmente poi vuole essere condiviso. È impressionante come Tolkien ripeta continuamente, nella sua corrispondenza, di aver scritto per se stesso, "per soddisfazione personale, spinto dalla scarsità della letteratura del genere che a me sarebbe piacito leggere" (p. 239); "arrivai alla fine e per gradi a scrivere Il Signore degli Anelli per me stesso" (p. 250); "non è stato scritto per i bambini, né per alcun tipo di persona in particolare, ma per me stesso" (p.349); "va sottolineato che questo procedimento di invenzione era ed è un'impresa personale, intrapresa per mia soddisfazione, per esprimere la mia personale estetica linguistica" (p. 427). Se l'intento di Tolkien non è educativo, scrivere è però anche per lui una missione evangelica, intesa come un "dare da bere agli assetati" (lettera al figlio Christopher del 1944, p. 114), a cominciare da lui stesso.

IL SIGNORE DEGLI ANELLI, OPERA RELIGIOSA E CATTOLICA
E, in effetti, le opere di Tolkien si rivolgono a quella sete particolare e profonda dell'uomo che è la sete della grazia: "Caro Rob [...] mi ha specialmente rallegrato quello che tu hai detto [...]. Penso di sapere esattamente che cosa intendi con dottrina della Grazia; e naturalmente con il tuo riferimento a Nostra Signora, su cui si basa tutta la mia piccola percezione di bellezza sia come maestà sia come semplicità. Il Signore degli Anelli è fondamentalmente un'opera religiosa e cattolica [...]. Questo spiega perché non ho inserito, anzi ho tagliato, praticamente qualsiasi allusione a cose tipo la "religione", oppure culti o pratiche, nel mio mondo immaginario. Perché l'elemento religioso è radicato nella storia e nel simbolismo. Tuttavia detto così suona molto grossolano e più presuntuoso di quanto non sia in realtà. Perché, a dire la verità, io consciamente ho programmato molto poco; e dovrei essere sommamente grato per essere stato allevato (da quando avevo otto anni) in una fede che mi ha nutrito e mi ha insegnato tutto quel poco che so; e questo lo debbo a mia madre, che ha tenuto duro dopo essersi convertita ed è morta giovane, a causa delle ristrettezze e della povertà che dalla conversione erano derivate" (lettera del 1953, pp. 195-196).
Forse potremmo dire che è proprio quella particolarissima e sottile azione della grazia che dona bellezza alle storie di Tolkien: l'intervento, a un certo punto, "dello Scrittore della Storia (e non alludo a me stesso) - commenta Tolkien -, l'unica Persona che è sempre presente che non è mai assente e mai viene nominata" (cfr. pp. 230,235,286,368). Sì, Tolkien ha creato un mondo pervaso da una fede che non proviene da alcuna fonte visibile, come se una luce splendesse ma senza che se ne veda la sorgente, e che permette di guardare la realtà come in trasparenza.

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https://www.youtube.com/watch?v=ZfuGsaFAXos

Fonte: Feeria, dicembre 2002

5 - LO SAPEVI CHE ADAMO ED EVA SONO IN PARADISO?
Dopo il peccato originale e la cacciata dal Paradiso terrestre, ebbero tanti figli, vissero una vita di preghiera e penitenza, morendo riconciliati con Dio (ecco perché offendere Eva è una bestemmia, perché offendere un santo è una bestemmia)
Autore: Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24-12-2020

Il 24 dicembre ricorre la memoria liturgica dei santi antenati di Gesù, tra i quali la Chiesa venera Adamo ed Eva. Dopo il libero compimento del peccato originale e la cacciata dall'Eden, i nostri progenitori vissero una vita di preghiera e penitenza - come i Padri della Chiesa hanno insegnato e in accordo alle tracce contenute nell'Antico Testamento - morendo riconciliati con Dio e in attesa della salvezza promessa per i giusti che si sarebbe compiuta con il nuovo Adamo, Cristo, incarnatosi grazie al fiat della nuova Eva, Maria, inizio di una nuova creazione che supera in gloria l'originaria perché redenta dai meriti di Nostro Signore, obbediente fino alla Croce. In questo senso la liturgia pasquale recita: O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore.
Adamo ed Eva vissero e morirono perciò nella speranza della redenzione, che era stata misteriosamente predetta da Dio proprio dopo la loro disobbedienza, nel mentre di quel primordiale dramma in cui pensarono di non poter recuperare l'amicizia con Lui (ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto), che invece non li abbandonò, annunciando nelle parole rivolte al serpente tentatore ciò che la Tradizione ha chiamato «protovangelo» della salvezza, poiché, spiega il Catechismo, «è il primo annunzio del Messia Redentore, di una lotta tra il serpente e la Donna e della vittoria finale di un discendente di Lei». Si tratta del celebre versetto della Genesi: Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno (Gn 3,15). È l'inizio del combattimento spirituale che da allora accompagnerà la vita terrena di ogni uomo, chiamato a combattere, con l'aiuto della grazia di Dio, per restare unito al bene.
L'esperienza di Adamo ed Eva - creati in uno stato di santità e giustizia originali, partecipi della vita divina, in perfetta armonia tra loro e con tutta la creazione, dove non esistevano né morte né sofferenze - mostra già all'inizio della storia dell'uomo l'infinita misericordia di Dio, che cerca fino all'ultimo di attrarre a Sé la sua creatura, amata al di sopra di tutto il creato: ne ha compassione nonostante il tradimento della Sua amicizia (il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì) e arriva a donarle le grazie necessarie per la santificazione. I progenitori, dopo aver abusato della loro libertà, cadendo nell'inganno di Satana di poter diventare «come Dio» ma «senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio» (san Massimo il Confessore), sperimentarono tutto l'orrore del peccato; e nel loro stato di pellegrini sulla terra ebbero il merito di riconoscere la loro colpa e di vivere per espiarla, stavolta assecondando la grazia.
Si ha un segno di questo riconoscimento di Dio nelle parole che Eva pronuncia dopo aver partorito Caino: Ho acquistato un uomo dal Signore (Gn 4,1). Sono parole di lode all'Onnipotente. I progenitori comprendono cioè di essere stati resi partecipi, in «una sola carne», della Sua opera di creazione più alta. Pochi versetti più avanti l'autore sacro, spesso scarno, riferisce un ringraziamento in tutto simile per la nascita del terzo figlio, chiamato Set: Perché - disse - Dio mi ha concesso un'altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l'ha ucciso. Le discordie tra gli uomini, che sono sempre liberi ma feriti nella loro natura in conseguenza del peccato originale, li precipitano in un abisso senza fine, eppure Dio continua a non abbandonarli propiziando una nuova discendenza. Set diventa padre di Enos e il capitolo 4 della Genesi si chiude con una notizia significativa: Allora si cominciò a invocare il nome del Signore. Un Signore che perdona chi ha contrizione per i propri peccati e lo riconosce come Padre e fine ultimo.
La santità raggiunta, o si potrebbe dire recuperata, da Adamo ed Eva ci ricorda che, finché si è nello stato della prova (il nostro stato qui sulla terra, prima del Giudizio), Dio non fa mancare il suo aiuto all'uomo disposto ad accoglierlo. Ricorda anche tutte le conseguenze concrete del peccato originale, che il mondo oggi preferisce ignorare e deridere mentre crede ciecamente a una pseudo-teoria secondo cui l'uomo, l'unica creatura dotata di intelletto e chiamata a conoscere e amare Dio, avrebbe un antenato in comune con la scimmia [per un approfondimento sul tema, vedi Evoluzionismo. Dubbi e obiezioni, di Marco Respinti; Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, del fisico Antonino Zichichi].
Non è questo il luogo per esporre la dottrina sul peccato originale, basti ricordare che la Chiesa insegna con chiarezza che «il racconto della caduta (Gn 3) utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all'inizio della storia dell'uomo» (CCC 390). È alla luce di quel fatto che si riempie di senso il mistero di Cristo incarnato e morto in croce, secondo quell'intima connessione che san Paolo sintetizzò così: «Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia». I progenitori caduti, e ravvedutisi, a questa grazia hanno saputo credere.

Nota di BastaBugie
: per approfondire il tema della creazione clicca sul link dei seguenti articoli.

PIO XII AVEVA RAGIONE: SIAMO FIGLI DI ADAMO ED EVA
Il monogenismo, in accordo con la scienza, afferma che tutto il genere umano discende da un'unica coppia
di Tommaso Scandroglio
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3035

PERCHE' I BAMBINI CREDONO IN DIO SENZA PROBLEMI?
I bambini sapendo poco, osservano tanto: tornando bambini potremo liberarci dalla presunzione e cogliere meglio la realtà (VIDEO: la creazione)
di Francesco Agnoli
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4698

LA SCIENZA NON PUO' NEGARE CHE LA TERRA SIA GIOVANE E LA CREAZIONE DELL'UNIVERSO SIA AVVENUTA DAVVERO IN SEI GIORNI
Pio XII ribadì che i primi 11 capitoli della Genesi sono storici in un senso vero (del resto fino al 1800 nessuno metteva in dubbio che la creazione fosse avvenuta in sei giorni e che la terra avesse solo qualche migliaio di anni)
di Padre Angelo Bellon
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5450

I DISASTRI DEL PECCATO ORIGINALE
Fu un atto così violento che scosse la natura umana fino ai suoi fondamenti: indebolì l'intelletto e la volontà e distolse al loro dominio le facoltà inferiori dell'anima
da Radio Roma Libera
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5732

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24-12-2020

6 - MILLE RAGAZZE OGNI ANNO RAPITE E CONVERTITE ALL'ISLAM CON LA FORZA
In Pakistan se così tante giovani sotto i 16 anni vengono sequestrate è grazie alla complicità di imam, magistrati, poliziotti corrotti e uno Stato debole
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 29 dicembre 2020

Almeno 1.000 ragazze appartenenti a minoranze religiose, circa 700 cristiane e 300 indù, vengono rapite ogni anno in Pakistan, sposate sotto minaccia e convertite a forza all'islam. Il famoso studio del 2014 del Movimento per la solidarietà e la pace è ancora valido secondo la commissione americana sulla libertà religiosa internazionale.
Quest'anno hanno avuto particolare risalto mediatico i casi di Maira Shahbaz - 14enne cattolica rapita da un musulmano a Madina Town, vicino a Faisalabad, violentata, costretta ad abiurare con l'inganno, scappata e ora nascosta in un luogo segreto insieme alla famiglia mentre prosegue il processo -, Huma Younus - cristiana rapita il 10 ottobre a 14 anni a Karachi da tre uomini, sposata a forza a uno di loro e convertita all'islam - e Arzoo Raja - cristiana di 13 anni rapito il 13 ottobre a Karachi.
Meno conosciuto è il caso di Sadaf Masih, cristiana protestante di 13 anni rapita in un villaggio remoto della provincia del Punjab e costretta a sposare un uomo che da allora l'ha indotta ad abortire tre volte, segregandola in casa e usandola come schiava nei campi: a nulla è servito ai suoi genitori rivolgersi all'autorità giudiziaria per ottenere il suo rilascio.
Poco conosciuto anche il caso di Neha, raccontato dall'Associated Press: la giovane 14enne con la complicità della propria famiglia di provenienza è stata rapita e costretta a sposare un musulmano di 45 anni, che l'ha obbligata ad abbracciare l'islam e a cambiare nome in Fatima. Scappata, ma rinnegata dalla famiglia, è stata accolta da una chiesa di Karachi. Ma per ogni caso che viene raccontato dalla stampa, ce ne sono altri cento che restano nascosti.
Le conversioni forzate sono vietate in Pakistan. La legge proibisce anche di sposare ragazzine sotto i 16 anni, classificando come stupro ogni rapporto al di sotto di questa età. Ma la legge islamica permette di prendere in moglie bambine anche molto piccole dal momento che la sharia richiede per le nozze soltanto il raggiungimento della «maturità sessuale», normalmente intesa con il sopraggiungere della «pubertà».
Secondo quanto spiegato all'Ap dall'attivista Jibran Nasir, il business dei matrimoni con giovani sequestrate appartenenti ad altre religioni è una vera e propria «mafia» che coinvolge tutti: «Le giovani spesso sono rapite da conoscenti o parenti conniventi oppure da uomini alla ricerca di mogli. Spesso vengono accettate da ricchi possidenti come pagamento da parte di famiglie indebitate, mentre la polizia guarda dall'altra parte. Una volta convertite, le ragazzine vengono rapidamente sposate, spesso a uomini più anziani o ai loro rapitori. Le conversioni forzate prosperano in modo incontrollato grazie a una rete che frutta molto composta da chierici islamici che celebrano i matrimoni, magistrati che legalizzano le unioni, poliziotti locali corrotti che aiutano i colpevoli rifiutandosi di investigare e sabotando le indagini».
A rimetterci sono le minoranze religiose, ovviamente, ma anche il Pakistan stesso, perché dà di sé all'esterno l'immagine di un paese corrotto dove a farla da padrone sono ricchi possidenti musulmani e imam estremisti, e non la legge della Repubblica.

DOSSIER "CRISTIANI IN PAKISTAN"
Asia Bibi, Shahbaz Bhatti, ecc.

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Fonte: Tempi, 29 dicembre 2020

7 - ENNESIMO CASO DI FINTA OMOFOBIA
L'aggressione omofoba nel padovano... in realtà fu un pestaggio reciproco (altre notizie dal mondo gay: dirsi trans per finire nelle carceri femminili, quando l'ideologia gay copre gli abusi sui minori, Pillon gli immigrati e il Ddl Zan)
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Provita & Famiglia, 30 dicembre 2020

Un ennesimo caso di finta omofobia, è quello che si è verificato a Padova, nel contesto di un'aggressione notturna, avvenuta lo scorso settembre, apparentemente ai danni di due giovani omosessuali. Durante il pestaggio che, invece, vede ora tutti condannati per rissa. Inizialmente però la coppia gay, coinvolta, aveva gridato subito al movente omofobo.
In realtà, per gli inquirenti e il giudice si è trattato di un pestaggio reciproco, senza alcuna motivazione legata all'orientamento sessuale dei due giovani. Insomma, una rissa senza vittime ma solo con partecipanti attivi, tutti colpevoli in concorso e tutti destinatari, adesso, di un decreto penale di condanna
Durante la zuffa erano volate imprecazioni e insulti, ma all'interno di un contesto di violenza che aveva visto tutti protagonisti, nella stessa maniera. La sera del 18 settembre, infatti, i due gruppi di ragazzi, si erano lanciati, dapprima insulti reciproci, in seguito ad una battuta di troppo su una felpa, per poi passare immediatamente alle mani e addirittura a colpi di bottiglie.
Non contenti, i ragazzi che inizialmente avevano denunciato l'aggressione omofoba – successivamente indagati - avevano pensato bene di postare e diffondere un video su Facebook, divenuto quasi virale, in cui avevano raccontato di essere stati aggrediti per ragioni legate al loro orientamento sessuale. Immediatamente, come avviene spesso in questi casi, era scesa in campo certa rappresentanza politica che in quattro e quattr'otto aveva messo in piedi addirittura una manifestazione di piazza, a cui avevano partecipato più di 500 persone. Ma ciò non ha impedito ai carabinieri del comando provinciale di Padova di fare il loro lavoro. Infatti guardando le telecamere di videosorveglianza e ascoltando le diverse testimonianze, sono riusciti a identificare tutti gli attori del pestaggio (i due omosessuali compresi).
Inoltre, dopo qualche giorno, il Corriere del Veneto aveva contattato due dei cinque accusati di omofobia, riportando, per par condicio, anche la loro versione: «Stavamo festeggiando il compleanno di un'amica, avevamo bevuto, camminando abbiamo incontrato questi ragazzi che non sapevamo essere omosessuali e uno di loro ha fatto una battuta per una felpa. Da lì sono iniziate alcune schermaglie verbali, ma nessuno ha fatto allusioni sui gay. Anzi, dal nulla uno di loro ci ha urlato "omofobi". Per altro noi non abbiamo visto i due baciarsi, quindi come potevamo sapere che fossero omosessuali».
Un caso indicativo, in quanto ci porta ad interrogarci su ciò che, invece, potrebbe accadere se passasse il ddl Zan. Una simile verifica dei fatti sarebbe ancora possibile? O basterebbe, come avviene già in diversi paesi europei in cui leggi simili sono state approvate, la testimonianza della vittima e la sua "sensazione" di essere stata insultata e aggredita per motivi legati al suo orientamento sessuale? E a che derive di ingiustizia porterebbe tutto ciò se consideriamo che l'orientamento sessuale non è certo un dato evidente e palpabile e in alcuni casi (come in questo) soprattutto quando ci si imbatte in estranei, si può benissimo non sapere se l'altro sia etero o gay?

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.

DIRSI TRANS PER FINIRE NELLE CARCERI FEMMINILI
Secondo un report del Ministero della giustizia britannico nel 2016 erano 70 i detenuti che si dichiaravano transessuali, nel 2019 salirono a 1.500. Il motivo? In tal modo il detenuto spera di essere trasferito in un penitenziario femminile.
Un bel guaio pensando anche che secondo il Fair Play for Women (FPFW) il 41% dei detenuti transgender sono stati condannati per reati a sfondo sessuale.
Il politicamente corretto può provocare seri danni.
(Gender Watch News, 27 dicembre 2020)

QUANDO L'IDEOLOGIA GAY COPRE GLI ABUSI SUI MINORI
Ciò che spiega Life News è assolutamente raccapricciante. Secondo quanto esso afferma, l'ideologia Lgbt verrebbe usata per coprire abusi e per dimostrare il "consenso" delle vittime agli abusi, sulla base del fatto che non vi sarebbe alcun comportamento sessiale sbagliato, purché vi si acconsenta. Il che sarebbe tremendo e metterebbe in serio pericolo tantissime persone, specialmente minorenni. «Alle ragazze vulnerabili, spesso affidate alle cure dello Stato, gli insegnanti e gli assistenti sociali dicevano incessantemente che nulla nel campo sessuale può essere descritto come sbagliato o cattivo, a condizione che vi acconsentano. Gli aggressori erano completamente d'accordo e hanno proceduto a manipolare il necessario "consenso" da loro. Questo non era un consenso legale: le vittime minorenni non sono in grado di darlo. Ma è bastato agli assistenti sociali e, del resto, alla polizia, che hanno considerato le vittime come persone autonome che avevano scelto una strada forse sfortunata, e si sono rifiutate di far rispettare la legge». Non si può pensare che bambini o adolescenti possano acconsentire con piena coscienza a pratiche erotiche, ciò è nettamente contro la loro tutela.
(Provita & Famiglia, 29 dicembre 2020)

PILLON, GLI IMMIGRATI E IL DDL ZAN
Il senatore Simone Pillon scrive sulla sua pagina Facebook: «Un funzionario di una prefettura del Sud mi ha raccontato che nonostante il pdl Zan non sia ancora passato al Senato, già è arrivato l'ordine di scuderia ai richiedenti asilo: per facilitare la regolarizzazione basta dichiararsi gay e lamentare presunte persecuzioni. Ovvio no?
Qualche considerazione:
1. Servono prove? Assolutamente no ovviamente, perché la Cassazione ha stabilito che la propria autodichiarazione in materia di orientamento sessuale non è soggetta a verifiche.
2. È possibile che un cittadino italiano per spostare la residenza debba compilare qualche chilogrammo di moduli e allegare mille documenti, e invece qui basti un foglietto in cui si "dichiara di aver lasciato il suo paese per motivi: sessuale"?
3. Se chiedono asilo qui in Italia, e ancora l'omofobia non è legge, vuol dire che l'Italia è un paese sicuro, e dunque non serve nessuna legge sull'omofobia...».
(Gender Watch News, 11 novembre 2020)

Fonte: Provita & Famiglia, 30 dicembre 2020

8 - SARA' BEATO IL GIUDICE LIVATINO, UCCISO DALLA MAFIA 30 ANNI FA
Dopo padre Pino Puglisi, la Chiesa riconosce il martirio in odio alla fede di Rosario Livatino (visse la professione di giudice come una vocazione, difese l'obiezione di coscienza contro aborto ed eutanasia)
Autore: Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-12-2020

S.T.D., cioè sub tutela Dei (sotto la tutela di Dio), è la sigla che il giudice Rosario Livatino annotava a margine di diversi suoi appunti. Ora, a 30 anni di distanza dalla sua uccisione, sappiamo che il Servo di Dio nativo di Canicattì potrà presto, forse già nel 2021, essere proclamato beato. Lunedì 21 dicembre, infatti, papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto che riconosce il martirio «in odio alla Fede» di Livatino, ucciso la mattina del 21 settembre 1990 in un agguato tesogli da quattro sicari della Stidda sulla strada statale da Canicattì ad Agrigento, sede del tribunale in cui lavorava.
Partiamo proprio da qui, dal riconoscimento del martirio per mano di un'organizzazione a stampo mafioso, che si aggiunge all'odium fidei già riconosciuto dalla Chiesa nel 2012 nel caso di padre Pino Puglisi (1937-1993). Molti conoscono il fermo ammonimento che san Giovanni Paolo II pronunciò nella Valle dei Templi il 9 maggio 1993 - al termine della Santa Messa, dopo la Benedizione finale -, ammonimento che culminò nelle parole: «Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!». Ma pochi sanno che il grande papa polacco, parlando a braccio, pronunciò quel discorso dopo che la mattina di quello stesso giorno aveva incontrato i genitori del giudice assassinato tre anni prima (nonché i familiari del giudice Antonino Saetta, ucciso con il figlio Stefano nel 1988). Quell'incontro commosse profondamente Wojtyla, che nella circostanza definì Livatino «un martire della giustizia e indirettamente della fede».

LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE
Ebbene, la successiva causa di beatificazione, aperta ufficialmente dalla Diocesi di Agrigento il 21 settembre 2011, ha consentito di approfondire i fatti della vita e morte di Livatino, arrivando appunto al riconoscimento formale del martirio. Questo è stato possibile «dopo l'ascolto di numerosi testimoni e aver ripercorso tutta l'esistenza terrena e gli scritti di Livatino, come gli appunti che tracciava a matita giornalmente nelle sue agende e la trascrizione delle conferenze su Fede e diritto e Il ruolo del giudice nella società che cambia. Non è solo il fatto di essere stato ucciso, ma i 38 anni di vita condotti sotto lo sguardo di Dio da un uomo che diceva che rendere giustizia è preghiera», spiega alla Nuova Bussola don Giuseppe Livatino, postulatore della causa a livello diocesano. Riguardo ai suoi assassini, «da qualche intercettazione ambientale è venuto fuori che i mandanti dell'omicidio, appartenenti alle cosche locali, si riferivano a Livatino chiamandolo in maniera dispregiativa 'u parrineddu ["piccolo prete", dal dialettale parrinu], per dire che andava sempre in chiesa e non faceva mistero della sua fede», aggiunge don Giuseppe, parente «molto alla lontana» dello stesso giudice e che prima di essere ordinato sacerdote aveva mostrato il suo interesse per l'opera dei magistrati vittime della mafia, fondando con alcuni amici nel 1990 (giusto pochi mesi prima dell'omicidio di Livatino) un'associazione per ricordare il giudice Saetta.
Le parole di don Giuseppe sono sulla stessa lunghezza d'onda di quelle del postulatore generale, monsignor Vincenzo Bertolone, vescovo di Catanzaro, nonché del decreto promulgato dalla competente Congregazione. «La motivazione che spinse i gruppi mafiosi di Palma di Montechiaro e Canicattì a colpire il Servo di Dio fu la sua nota dirittura morale per quanto riguarda l'esercizio della giustizia, radicata nella fede. Durante il processo penale emerse che il capo provinciale di Cosa Nostra Giuseppe Di Caro, che abitava nello stesso stabile del Servo di Dio, lo definiva con spregio santocchio per la sua frequentazione della Chiesa», si legge nel decreto, che prosegue così: «Dai persecutori, il Servo di Dio era ritenuto inavvicinabile, irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante. Dalle testimonianze, anche del mandante dell'omicidio, e dai documenti processuali, emerge che l'avversione nei suoi confronti era inequivocabilmente riconducibile all'odium fidei. Inizialmente, i mandanti avevano pianificato l'agguato dinanzi alla chiesa in cui quotidianamente il Magistrato faceva la visita al Santissimo Sacramento».

UNA VITA DI FEDE
Rosario Livatino era nato il 3 ottobre 1952. Fin dalla prima giovinezza si era impegnato nell'Azione Cattolica. Il 9 luglio 1975 si laureò in Giurisprudenza a Palermo con il massimo dei voti e quattro anni più tardi, dopo le prime esperienze lavorative, iniziò a svolgere le funzioni di sostituto procuratore presso il Tribunale di Agrigento (1979-1988). Dal 1984 al 1988, Livatino, che non si associò mai a nessuna corrente, risultò essere, per riconoscimento del Consiglio Superiore della Magistratura, il magistrato più produttivo della Procura di Agrigento. Sempre nel 1988 ricevette la Cresima. Nell'agosto dell'anno seguente divenne giudice della sezione penale. Si preoccupò di praticare la giustizia con carità cristiana, condannando gli autori di reati ma avendo bene a mente che anche dietro il più grande criminale c'è una persona, bisognosa di compassione e, certamente, conversione. Spiegava: «Decidere è scegliere [...]; e scegliere è una delle cose più difficili che l'uomo sia chiamato a fare. [...] Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto, per il tramite dell'amore verso la persona giudicata».
Questa sua missione terrena finì appunto il 21 settembre 1990. La fase storica era di quelle caldissime per il territorio agrigentino, segnato dalla contrapposizione tra alcuni clan emergenti della Stidda e Cosa Nostra. Livatino, a bordo della sua Ford Fiesta, fu prima speronato, ferito alla spalla e infine, mentre tentava di fuggire a piedi in una scarpata, raggiunto da diversi colpi di arma da fuoco, compreso uno in pieno volto.
Umile e riservato, sapendo i rischi che correva, non aveva voluto creare troppi legami: «La sua principale preoccupazione era quella di dare un dispiacere ai suoi genitori, perché lui presagiva in qualche modo la fine cruenta a cui andava incontro», dice alla Bussola il magistrato Domenico Airoma, autore di un libro sul "giudice santo" e vicepresidente del Centro Studi Livatino, gruppo di giuristi che ha espresso la propria gratitudine a papa Francesco per il decreto sul martirio. Quel che colpisce nel futuro beato «è la sua costante ricerca della giustizia al di là della legalità, cioè del fondamento del diritto naturale che preesiste al diritto positivo. Fu controcorrente, penso a quello che ha scritto contro l'eutanasia e per il diritto alla vita, l'obiezione di coscienza. Se si censura il suo modo di intendere la vocazione di giudice e la sua dimensione spirituale non si può comprendere Rosario Livatino». Il giudice siciliano, conclude Airoma, «dimostra proprio che si può essere un fedele laico impegnato nelle istituzioni, senza nascondere la propria fede e vivendola nella propria professione».

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-12-2020

9 - OMELIA BATTESIMO DEL SIGNORE - ANNO B (Mc 1,7-11)
Tu sei il Figlio mio, l'amato
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Oggi celebriamo la festa del Battesimo del Signore. Questa festa è stata collocata dopo quella dell'Epifania perché è sempre stata considerata come la manifestazione di Gesù, Figlio prediletto del Padre. Dopo aver ricevuto il Battesimo, Gesù «vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba» (Mc 1,10). Inoltre venne una voce dal cielo, la voce del Padre, che disse: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,11).
Ciò che sorprende è come mai il Figlio di Dio abbia voluto ricevere il Battesimo da Giovanni. Non furono certamente le acque a santificare Gesù, ma, al contrario, fu Lui a santificarle e a renderle poi materia del Sacramento del Battesimo. Gesù si assoggettò al Battesimo di Giovanni per dare a noi un esempio di umiltà e per farci comprendere che siamo noi ad aver estremo bisogno di purificazione. Egli è stato come un genitore che, per invogliare il figlio a prendere una medicina amara, per primo l'ha assunta.
Vi è inoltre una grande differenza tra il Battesimo di Giovanni e il Sacramento istituito da Gesù. Il primo fu solamente un segno di penitenza che richiamava il fedele all'impegno nel mutare condotta di vita. Esso era una gesto simbolico di umiltà da parte dell'uomo che si riconosceva peccatore e prova di un grande desiderio di purificazione e di rinnovamento. Il Battesimo di Gesù, invece, è il Sacramento che ci toglie il peccato originale, il peccato di Adamo ed Eva che abbiamo ereditato dai nostri Progenitori, ed è il Sacramento che ci rende figli adottivi di Dio.
Quando abbiamo ricevuto il Battesimo si sono realizzate anche per noi quelle parole che abbiamo ascoltato all'inizio: siamo divenuti figli di Dio - figli adottivi, mentre Gesù è della stessa natura del Padre - e su di noi è sceso lo Spirito Santo.
Per istituire questo Sacramento, Gesù si è servito del segno dell'acqua. Come l'acqua lava esteriormente il nostro corpo, così la grazia di Dio, per mezzo di quel segno sensibile, lava interiormente la nostra anima. Dio si serve sempre di segni perché noi abbiamo bisogno di cose sensibili per comprendere le realtà spirituali.
Nel giorno del nostro Battesimo, per bocca dei nostri genitori e dei nostri padrini e madrine, noi abbiamo preso degli impegni molto importanti davanti a Dio. Abbiamo infatti promesso solennemente di rinunciare al peccato e di credere fermamente a tutto quello che la Chiesa ci propone a credere.
Di tanto in tanto è cosa molto buona rinnovare queste promesse battesimali, con convinzione sempre maggiore. Alcuni non comprendono l'importanza di far battezzare i bambini, dicendo che noi non possiamo decidere per loro e che bisogna aspettare che siano loro stessi a scegliere. A questa obiezione si risponde abbastanza facilmente, facendo comprendere che sarebbe veramente stolto quel genitore che non chiamasse il medico quando il figlio ancora piccolo è malato, dicendo che bisogna aspettare che il figlio cresca in modo che possa decidere da solo. Se non chiama il medico, il figlio muore. Orbene, il peccato originale è ben più grave di una semplice malattia, ed è pertanto molto importante far battezzare al più presto i bambini. La Chiesa, nella sua saggezza, raccomanda che siano battezzati nelle prime settimane di vita, perché troppo grande è il dono che ricevono, un dono che li trasforma interiormente rendendoli figli di Dio.
Si racconta che quando san Leonida, che fu un Martire dei primi secoli, fece battezzare il suo primogenito, subito dopo il rito prese il bambino tra le braccia e lo baciò sul cuore, dicendo che Dio, grazie al Battesimo, abitava ora in quel piccolo bambino. Ed è vero. Quando, dopo il Battesimo, i genitori stringono tra le braccia il loro bambino, essi possono essere certi che Dio abita in lui come in un tempio.
Ogni battezzato è tempio di Dio. Questa presenza è una delle più belle realtà della vita umana qui su questa terra. Il pensiero che Dio è dentro di noi deve rafforzarci nel momento della prova e consolarci nell'ora del dolore. Questa presenza silenziosa ma reale è stabile e solo il peccato la può purtroppo distruggere. Infatti, come sappiamo dal Catechismo, il peccato mortale allontana Dio dal nostro cuore e noi diventiamo preda del demonio.
Questa festa del Battesimo ci ricorda pertanto la necessità di vivere sempre come figli di Dio, di custodire gelosamente questa dolce presenza di Dio in noi, e di ricorrere al più presto alla Confessione se ci cogliesse la sventura di perdere il Signore con il peccato mortale.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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