BastaBugie n�5 del 30 novembre 2007 | |||||||||||||
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LE DIMENTICANZE COLPEVOLI DEI GIORNALI ITALIANI
A chi non piacciono le staminali riprogrammate? Mentre il Times parla di scoperta rivoluzionaria, i nostri giornali preferiscono relegare la notizia in posizione defilata. Autore: Marina Corradi - Fonte: Avvenire, 22 novembre 2007 È strano. La notizia delle due ricerche che in Giappone e in America hanno prodotto cellule staminali pluripotenti, molto simili a quelle embrionali, senza distruggere embrioni ma partendo invece da tessuti adulti, per il Times di ieri valeva l’apertura della prima pagina: «Cellule staminali, un passo avanti», titola a tutta pagina. E i giornali italiani cosa hanno fatto? Repubblica, un titolino schiacciato in basso in prima, per il resto chi vuole vada a pagina 23, se gliene resta il tempo dopo tre pagine fitte di cronaca sull’arresto del quarto uomo di Perugia, cui va anche il titolone di prima. Il Corriere ha scritto di staminali domenica, e basta, abbiamo già dato. La Stampa infila la notizia nell’inserto di Scienze, cioè a dire dove si mettono in genere le comete, e le migrazioni dei pinguini, temi interessantissimi ma senza immediata ricaduta sulla nostra quotidianità. |
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L’OMOSESSUALITÀ? L’ORIGINE NON È GENETICA
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire, “è famiglia”, 09.03.2007 “L’omosessualità è genetica e ormonale”. Lo sostengono alcuni degli organizzatori della manifestazione romana di domani, basando su questa tesi una ragione per reclamare l’equiparazione (fino alla possibilità del matrimonio e quindi dell’adozione) dell’omosessualità all’eterosessualità. |
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PUTIN: LA DITTATURA DEMOCRATICA
“Rivoluzione colorata” in Russia ? La vigilia delle elezioni 2007 Autore: Piero Sinatti - Fonte: Sole 24ore, 26 novembre 2007 Decisi e massicci interventi di reparti antisommossa (OMON), accompagnati da fermi e arresti di centinaia di persone, compresi noti dirigenti politici (quasi tutti rilasciati immediatamente) le “marce dei non consenzienti” contro “il regime di Putin”, organizzate sabato a Mosca e domenica a San Pietroburgo dalla coalizione anti-putinista extraparlamentare ”Altra Russia”. La guida l’ex campione del mondo di scacchi Garri Kasparov, leader del “Fronte civico Unito”, liberale, condannato a 5 giorni di arresti, e dall’ambiguo leader dei nazionalbolscevichi Edvard Limonov, poeta e scrittore). “Altra Russia” (che ha influenti referenti all’estero, specie in USA) si propone di provocare in Russia, attraverso azioni di piazza, movimenti simili a quelli che in passato hanno dato origine alle vittoriose (quanto fallimentari) “rivoluzioni colorate” in Georgia, Ucraina e Kyrgyzstan. Per la prima volta si sono uniti ad “Altra Russia” due partiti ammessi al voto del 2 dicembre prossimo: la liberale “Unione delle Forze di Destra” – SPS, capeggiato da Nikita Belykh e dall’ex-vicepremier eltsiniano Boris Nemtsov e il partito liberaldemocratico “Jabloko” guidato dall’economista ed ex-deputato Grigorij Javlinskij. Se a Mosca i partecipanti sono tra le due e le tremila persone, a San Pietroburgo supervano di poco il migliaio. La protesta, a una settimana dal voto, era indirizzata contro le leggi restrittive che regolano le elezioni; la candidatura di una personalità “super partes” come il Presidente nelle liste del “partito del potere” “Russia Unita”; l’uso dei media e delle strutture pubbliche schiacciantemente a favore di Putin e di “Russia Unita”. Un autogol per Putin Motivo formale dell’intervento è stata la mancata accettazione da parte dei “non consenzienti” delle modalità e dei luoghi indicati dalle autorità, secondo le norme che disciplinano le manifestazioni pubbliche in periodo elettorale. Sostanzialmente, tuttavia, si tratta di un grave autogol di Putin. Un Presidente cui i sondaggi prevedono un consenso oltre il 60-70 % dei voti, quasi un referendum, a favore suo e del partito in cui si candida, non dovrebbe ricorrere alla forza per reprimere manifestazioni che coinvolgono esigue e isolate minoranze. Della cui esistenza, per giunta, si preoccupano molto più media e politici occidentale che non i russi. Putin ha voluto dare una dimostrazione di forza, seguendo un antico riflesso condizionato autoritario. E non ha giovato alla sua immagine di leader che ha decisamente concorso alla ripresa e alla stabilità del suo paese, un uso dei media pubblici – le TV soprattutto – che mentre dilatava a dismisura un’informazione favorevole a lui e a “Russia Unita”, denigrava e ridicolizzava quotidianamente gli avversari. Tensioni alla vigilia del voto Tuttavia, sono indubbi la tensione e il nervosismo con cui il Presidente sta affrontando la fase finale del voto, di cui drammatizza il significato e la portata. Nell’aggressivo discorso pronunciato giorni fa al Palazzo dello Sport di Luzhniki a Mosca, Putin ha accusato le opposizioni di essere state complici dei disastri eltsiniani e di essere in combutta con “ambasciate straniere”, che li foraggiano contro gli interessi della Russia. Inoltre, Putin sta rivolgendo al Paese pressanti appelli putiniani al voto massiccio per lui e per “Russia Unita”, quale unica condizione per il proseguimento della sua politica. Anche se in due occasioni ha affermato che quel partito (di cui non è membro) è “lontano dall’essere una struttura politica ideale”. Comunque la vigilia è segnata da altri fatti inquietanti. Alcuni sono di difficile decifrazione, anche se appaiono segni di contrasti interni alla leadership del Kremlino. Uno di questi è l’arresto clamoroso per corruzione e abuso di ufficio del viceministro delle finanze Storchak, fino a una decina giorni fa diretto e fidato collaboratore del ministro delle finanze e primo vicepremier Aleksej Kudrin, personalità di grande prestigio considerata vicino al Presidente. Proprio quest’ultimo è intervenuto pubblicamente nei giorni scorsi in difesa dell’arrestato. Altro oscuro episodio è stato, in ottobre, l’arresto per abuso di ufficio e corruzione di un ufficiale dell’FSB, braccio destro di un alto dirigente dei “servizi”, il generale Cherkesov, considerato anch’egli vicino a Putin. Infine, in novembre, agitazioni di lavoratori sono state segnalate nel Paese. Soprattutto a San Pietroburgo, la città di Putin, dove nei giorni scorsi hanno scioperato, chiedendo forti aumenti salariali, gli operai delle officine di assemblaggio della “Ford Motor Company” di Vsevolozhsok e i portuali di una società marittima. Per la fine di novembre hanno minacciato lo sciopero i macchinisti ferroviari. Queste agitazioni hanno per protagonisti sindacati di base, “alternativi” , sorti al di fuori della ufficiale Federazione dei Sindacati Indipendenti di Russia (FNPR). Sono il segno di un’ inquietudine sociale che segue i forti aumenti (fino al 20-30%) dei prezzi di beni di prima necessità registrati negli ultimi 2-3 mesi. |
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GLI OGM SONO UTILI E SICURI MA GLI ITALIANI NON LO DEVONO SAPERE
In Italia è impedita ogni ricerca in campo aperto, grazie a una accurata e capillare campagna di demonizzazione fatta propria da ministri di destra e sinistra Autore: Giancarlo Loquenzi - Fonte: L’Occidentale, 14 novembre 2007 La questione degli Ogm (organismi geneticamente modificati) in Italia sta in questo modo. Dal '97 è di fatto impedita ogni tipo di ricerca in campo aperto, grazie a una accurata e capillare campagna di demonizzazione fatta propria da ministri di destra e sinistra. |
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LE TOGHE ROSSE CI FANNO IMPORTARE PIÙ CRIMINALITÀ
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Giornale della Libertà anno I, numero 24, 16 novembre 2007 La sociologia dell’emigrazione ha fissato da decenni tre principi fondamentali. Primo: l’emigrazione per povertà va dove pensa di trovare migliori possibilità di lavoro. Secondo: l’emigrazione per povertà è sempre seguita da un’emigrazione criminale, perché la criminalità organizzata sa che potrà reclutare “soldati” fra gli emigrati poveri che “non ce la faranno”. Terzo: quando può scegliere, l’emigrazione criminale va dove pensa di correre meno rischi grazie a leggi e giudici più permissivi o meno efficienti. Questo modello è stato elaborato e testato anzitutto con riferimento all’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti. Fin dall’Ottocento la mafia scoprì, con entusiasmo, che molti giudici in America non erano nominati ma eletti, e cercò d’impiantarsi nelle città dove pensava di poterne manipolare le elezioni. Qualche volta andò male – come a New Orleans, dove il giudice fatto eleggere dalla mafia fu addirittura linciato –, altre volte benissimo. I risultati di quelle scelte della mafia di oltre cento anni fa condizionano la geografia criminale degli Stati Uniti ancora oggi. Le scene di abietta miseria che i telegiornali ci mostrano per spiegarci dove vivono i rom che hanno commesso gravi reati in Italia suscitano la domanda: perché tanti rom della Romania scelgono di venire a vivere in questo modo degradato da noi, mentre potrebbero o restare a casa loro (dove vivono male, ma – posso dirlo per testimonianza personale, fondata su numerosi viaggi in Romania – non peggio che nelle luride baraccopoli in Italia) oppure andare in Spagna, dove la numerosa comunità rom vive meglio? In proporzione al numero di rom con passaporto romeno presenti in ciascun Paese, la percentuale di rom accusati di reati in Italia è decisamente superiore rispetto alla Spagna e addirittura doppia se paragonata alla Romania. La conclusione è ovvia: mentre chi cerca un lavoro onesto segue le normali regole che governano il mercato dell’immigrazione, chi intende delinquere sceglie di preferenza l’Italia. Lo fa per tre ragioni. Perché – pur sottoposto ai vincoli dell’Unione Europea – Prodi non si è avvalso di tutte le possibili restrizioni all’immigrazione romena (e bulgara) cui invece ha fatto ricorso il suo amico Zapatero. Perché – come ha ricordato il presidente romeno Basescu a Veltroni – chi vuole delinquere lo fa più facilmente nelle grandi città, e in Romania è vietato installare campi nomadi nei pressi di Bucarest mentre in Italia li si lascia costruire a Roma. Ma soprattutto perché si è diffusa fra i rom l’idea che in Italia, benché la polizia sia efficiente, i giudici condannino a pene molto miti e applichino poi tutti i benefici possibili perché queste non siano scontate o lo siano in minima parte. Non è un’idea infondata, se si pensa all’atteggiamento permissivo sulle espulsioni di molti giudici – bacchettati dalla Cassazione sul punto in una sentenza del 2 novembre –, che si è tradotto in un autentico sabotaggio della legge Bossi-Fini. Non a caso la sinistra radicale ha imposto a Prodi di lasciare le competenza sulle espulsioni ai giudici ordinari, anziché trasferirla ai giudici di pace, non solo meno oberati di lavoro ma spesso anche meno ideologizzati. In epoca comunista qualche giudice romeno si rifiutava di punire i furti dei rom considerandoli manifestazione, sia pure primitiva, di una protesta di classe. Solzenycin ricordava del resto come nei GULag chi aveva rubato fosse trattato meglio dei dissidenti, in quanto Stalin insegnava che i ladri sono “socialmente vicini” ai comunisti: entrambi, sia pure con mezzi diversi, lottano contro la proprietà privata. Certo senza arrivare a questi eccessi, qualche “toga rossa” che l’ideologia rende buonista nei confronti dei rom che delinquono c’è anche da noi. Ed è perché pensano che il nostro è il paese dove le pene non s’infliggono e non si scontano che tanti aspiranti delinquenti vengono in Italia. |
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LA LEGGENDA DI BEOWULF: UN PESSIMO FILM!
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 20 Novembre 2007 Come fare un pessimo film nonostante che la storia da raccontare abbia tutti i numeri per appassionare. |
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