BastaBugie n�713 del 21 aprile 2021

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1 FUNERALI AL MARITO DELLA REGINA ELISABETTA... CHE VOLEVA REINCARNARSI IN UN VIRUS PER UCCIDERE GLI UOMINI E PRESERVARE L'AMBIENTE
Fondò il WWF e promosse in tutti i modi la cultura eugenetica (che Hitler applicò in Germania)
Autore: Patricia Gooding-Williams - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 IL SACERDOTE CHE MOLLA NON E' UN EROE
Ospitato da Canale 5, Don Riccardo afferma di essersi innamorato della catechista e che al cuor non si comanda... ma non è vero perché nelle difficoltà Cristo aiuta a vivere la fedeltà a una dedizione totale
Fonte: Sito del Timone
3 LA SPERANZA E' L'ULTIMA A MORIRE... MA SOLO I CATTOLICI CI CREDONO VERAMENTE
La disperazione è infatti uno dei 6 peccati contro lo Spirito Santo (che Gesù ha detto non saranno perdonati)
Autore: Pierfrancesco Nardini - Fonte: I Tre Sentieri
4 SI DIMETTE IL FRATELLO DI FIDEL CASTRO, MA A CUBA LA DITTATURA COMUNISTA CONTINUA
A Cuba il comunismo continua a regnare indisturbato (come nel resto del mondo, ad es. in Spagna e Cina)
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera
5 MALIKA: L'OMOFOBIA NON C'ENTRA, IL VERO PROBLEMA E' L'ISLAM
Giornali e televisione usano questo caso per promuovere il ddl Zan, ma così si discriminano le altre donne islamiche vittime in Italia di violenze in famiglia
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 EUTANASIA: OLANDA COME LA GERMANIA NAZISTA
Una prestigiosa rivista di medicina accusa l'Olanda di eliminare gli anziani perché li ritiene non degni di vivere (VIDEO: Aktion T4, l'eutanasia del regime nazista)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
7 LA RISURREZIONE DI UN RAGAZZO GRAZIE ALL'INTERCESSIONE DI SAN FRANCESCO DI SALES
Due fratelli di 14 e 15 anni stavano correndo, ma uno fu colto da vertigini, cadde in un torrente in piena e morì... ma invocando San Francesco di Sales il morto risuscitò
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Radici Cristiane
8 OMELIA IV DOM. DI PASQUA - ANNO B (Gv 10,11-18)
Il buon pastore dà la propria vita per le pecore
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - FUNERALI AL MARITO DELLA REGINA ELISABETTA... CHE VOLEVA REINCARNARSI IN UN VIRUS PER UCCIDERE GLI UOMINI E PRESERVARE L'AMBIENTE
Fondò il WWF e promosse in tutti i modi la cultura eugenetica (che Hitler applicò in Germania)
Autore: Patricia Gooding-Williams - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17-04-2021

"Se mi potessi reincarnare, vorrei tornare come un virus mortale, per contribuire a risolvere il problema della sovrappopolazione". Questa frase del principe Filippo, il cui funerale viene celebrato oggi al Castello di Windsor, nel sud dell'Inghilterra, mette in luce un aspetto importante della sua vita che è stato ampiamente trascurato nelle commemorazioni dopo la sua morte avvenuta lo scorso 9 aprile.
A differenza di alcune delle sue gaffe, questo non era uno di quei commenti improvvisati che hanno formato la sua reputazione. Al contrario, con questo egli esprimeva una profonda convinzione che ha determinato tutta la sua azione. La citazione, tratta da un'intervista del 1988 affidata a Deutsche Press-Agentur, si aggiunge ad altre numerose interviste e conferenze da lui tenute sul tema della conservazione. La salvaguardia dell'ambiente era un compito che aveva assunto con dedizione e invitava a fare altrettanto a tutti gli uomini di potere perché, per definizione, questi hanno un impatto diretto sul comportamento di chi è al di sotto di loro.
Ma la frase sull'ipotetica reincarnazione, il fatto che il Duca di Edimburgo volesse tornare come virus mortale per "curare" il mondo dalla sua presunta malattia, la sovrappopolazione, uccidendo milioni di persone, creò un certo sbalordimento. Peraltro non ha mai chiarito se provasse qualcosa per l'immensa sofferenza che avrebbe inflitto a coloro che infettava.
Tuttavia, il controllo della popolazione, come suggerisce il suo commento, non era l'obiettivo principale del principe Filippo, piuttosto era il mezzo per raggiungere un fine. La sua preoccupazione era preservare un ambiente sostenibile e, a suo avviso, la crescita incontrollata della popolazione era il cancro che, se non curato, alla fine avrebbe portato alla sua scomparsa. Vedeva la questione della crescita incontrollata della popolazione allo stesso modo impassibile con cui vedeva la necessità di abbattere gli animali per mantenere il delicato equilibrio della sostenibilità naturale. Il principe Filippo ha ben chiarito questa sua convinzione usando l'esempio del successo di un progetto delle Nazioni Unite negli anni '40 che ha eradicato la malaria in Sri Lanka. "Quello di cui le persone non si sono rese conto è che la malaria stava effettivamente controllando la crescita della popolazione. La conseguenza è stata che in circa 20 anni la popolazione è raddoppiata. Ora devono trovare qualcosa da far fare a tutte quelle persone e un modo per nutrirle".
Filippo diceva sempre quello che aveva in mente e una volta che aveva preso una decisione, la portava fino in fondo. La sua posizione di consorte della regina del Regno Unito ha ovviamente moltiplicato le occasioni a sua disposizione per raggiungere un vasto pubblico; e il messaggio ambientalista che ha diffuso nel mondo è rimasto scolpito nella pietra. Fred Hauptfuhrer lo intervistò per People nel 1981, per un articolo intitolato "Le razze scomparse preoccupano il principe Filippo, ma non tanto quanto la sovrappopolazione".
Alla domanda "quale considera la principale minaccia per l'ambiente?", il principe Filippo ha risposto: "La crescita della popolazione umana è probabilmente la più grave minaccia alla sopravvivenza a lungo termine. Sarebbe un grave disastro se non venisse frenata, non solo per il mondo naturale, ma per il mondo umano. Più persone ci sono, più risorse consumeranno, più inquinamento creeranno, più combatteranno. Non abbiamo alternative. Se il numero non è controllato volontariamente, sarà controllato involontariamente da un aumento delle malattie, della fame e della guerra ".
Alla domanda: "Il controllo delle nascite fa parte della soluzione?" Il Duca ha risposto: "Sì, ma non puoi legiferare su questi problemi. Devi convincere le persone a capirne la necessità: le persone più importanti, quelle che hanno responsabilità e possono effettivamente fare qualcosa per risolvere il problema. Chi non ha responsabilità deve farlo perché è il destinatario. Devono accettare le misure".
Fin dall'inizio, il principe Filippo era intenzionato a lasciare un segno. Ha fondato il World Wildlife Fund (WWF) nel 1961 e ne è stato presidente del Regno Unito dal 1961 al 1982, presidente internazionale dal 1981 e presidente emerito dal 1996. Ha contribuito a fondare l'Australian Conservation Foundation e nel 1963 è stato anche presidente della Zoological Society of London per due decenni, ed è stato nominato membro onorario nel 1977. [...]
Chi poi dovesse disinnescare la bomba e prendere le decisioni concrete per garantire la sopravvivenza della specie, era una questione successiva. Subito dopo venne chi doveva disinnescare questa bomba e prendere le decisioni esecutive per garantire la sopravvivenza delle specie. Questa fu la sua risposta: "Non ho dubbi che l'UNFPA sia preoccupata per la conservazione della natura, e il WWF promuove la pianificazione familiare nei suoi progetti di conservazione. (...) Spero di aver chiarito che sia il controllo del numero della popolazione umana che la conservazione della natura si occupano a modo loro della salute e del benessere futuri del pianeta terra e di tutti i suoi abitanti viventi... I leader nel pensiero, nella politica e nell'amministrazione, [dovrebbero] iniziare ad affrontare i fatti e compiere seri sforzi per trovare i modi per risolvere la crisi".
La bizzarra dichiarazione del principe Filippo, che è tornata di attualità dopo che Buckingham Palace ha annunciato la sua morte, ha ovviamente provocato nuovo stupore in questo tempo di pandemia e le sue osservazioni sono state collegate alle morti provocate dal COVID-19. Ma quello che molti non comprendono è che le politiche di controllo della popolazione praticate dalle agenzie delle Nazioni Unite, trovano le loro radici nel movimento eugenetico - diffuso nel Regno Unito e negli Stati Uniti - che era già una forza al momento della nascita del principe Filippo nel 1921. Si spera, una volta che sia venuta meno la narrazione politicamente corretta sull'eredità di Filippo, che qualcuno potrà ricostruire le verità omesse sulla sua figura.
Fino ad allora, gli entusiasti del controllo della popolazione probabilmente incroceranno le dita nella speranza che il principe Filippo torni davvero come un virus orribile e li aiuti a finire il lavoro! Ma se dovesse deluderli, suo figlio Carlo e suo nipote William, futuro erede al trono, hanno ripreso il suo testimone e lo stanno già rendendo orgoglioso.

Nota di BastaBugie: l'autrice del precedente articolo, Patricia Gooding-Williams, nell'articolo seguente dal titolo "Cliniche per il controllo delle nascite, 100 anni di eugenetica e razzismo" ricorda che cento anni fa Marie Stopes apriva a Londra la prima clinica per il controllo delle nascite, un'opera della Società Eugenetica. E l'influenza eugenetica a danno delle donne dura tuttora sotto gli slogan di "scelta" e "libertà".
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 marzo 2021:

Esattamente cento anni fa, il 17 marzo 1921, fu inaugurata la prima clinica di pianificazione familiare della Gran Bretagna al 61 di Marlborough Road, Holloway, Londra. Le celebrazioni ufficiali del centenario indicano l'evento come uno dei più grandi successi umanitari del secolo scorso. Ma in realtà il valore di questo evento può essere compreso soltanto se si riconosce e si fanno i conti con il movimento eugenetico, che è stato la chiave per l'apertura della prima Mother's Clinic (questo era il nome ufficiale). Aprire un capitolo della storia britannica tanto vergognoso quanto doloroso potrebbe rovinare le celebrazioni, ma aprirebbe un dibattito oggi più che mai necessario su quale influenza ha avuto l'eugenetica sulle attuali pratiche di controllo della popolazione.
Il movimento eugenetico è diventato potente in Gran Bretagna all'inizio del XX secolo. La sua missione era prendere il controllo della natalità e creare una razza superiore attraverso la procreazione selettiva. Il tasso di natalità complessivo della Gran Bretagna era in calo dal 1876, il problema per gli eugenisti era che la riduzione non era uniformemente distribuita tra tutte le classi sociali. Le persone più povere in Gran Bretagna erano le più prolifiche e questo implicava un "deterioramento nazionale" della razza, un disastro per le generazioni future e per l'impero britannico. La loro soluzione è stata quella di correggere lo squilibrio eliminando poveri, malati e disabili. L'introduzione della pianificazione familiare nel 1921 serviva a questo scopo.
L'eugenetica, che significa "nascere bene", era considerata una scienza rispettabile dall'élite. Il movimento contava alcuni dei britannici più importanti e influenti di quell'epoca. Includevano: John Maynard Keynes, Bertrand Russell, [...] nonché membri senior dell'establishment politico come Winston Churchill [...] che divenne Primo Ministro del Regno Unito dal 1940 al 1945 (durante la Seconda guerra mondiale) e di nuovo dal 1951 al 1955.
Una lettera scritta da Winston Churchill nel 1910 al primo ministro Henry Asquith, fa capire come lui e molti membri del movimento eugenetico valutassero lo squilibrio della popolazione in quel momento. "La crescita innaturale e sempre più rapida delle classi di deboli di mente e di pazzi, unita com'è a una costante restrizione delle fasce di popolazione giudiziose, energiche e superiori, costituisce un pericolo nazionale e razziale che è impossibile esagerare".
Nel 1921 la Società Eugenetica aveva già consolidato un impatto sulla società. Il manifesto della CBC prendeva di mira coloro che erano considerati non idonei alla genitorialità. Affermava: "PER QUANTO RIGUARDA LA POPOLAZIONE ATTUALE. Diciamo che purtroppo ci sono molti uomini e donne a cui dovrebbe essere impedito del tutto di procreare figli, a causa della loro cattiva salute individuale o della natura malata e degenerata della prole che ci si può aspettare che producano. Queste considerazioni non si applicherebbero a un mondo migliore e più sano".
Non è un caso, quindi, che la prima clinica per il controllo delle nascite e quelle aperte successivamente, fossero concentrate in zone povere e disagiate di Londra. La Mother's Clinic, aperta e finanziata dalla dottoressa Marie Stopes e dal suo secondo marito, Humphrey Roe - entrambi membri attivi della Società Eugenetica - mirava a ridurre il tasso di natalità delle classi inferiori. Ironia della sorte, la clinica era arredata in "(colori) blu e bianco accoglienti, con un vaso di fiori freschi alla reception e carta da parati che mostrava bambini sorridenti" per rassicurare le donne [non avevano nulla contro le famiglie] che cercavano il suo consiglio e i suoi servizi. Uno staff di sole donne forniva istruzioni sul controllo delle nascite e offriva dispositivi contraccettivi gratuitamente alle donne povere e della classe operaia. Per coloro che non si avvalevano del servizio, Stopes promosse una campagna a favore di leggi per costringerle obbligatoriamente a sterilizzarsi e nel frattempo spingeva perché alle donne fosse applicata la Gold Pin (un meccanismo intrauterino in oro) che induce l'aborto.
Nonostante ciò, il primo tentativo della Gran Bretagna di imporre la procreazione selettiva è passato con successo con il pretesto dei diritti delle donne e della libertà riproduttiva. Marie Stopes ha così guadagnato meriti e le è stato riconosciuto un ruolo importante nella storia femminista per aver liberato le donne dalla schiavitù sessuale per godersi una vita di uguaglianza sessuale.
Anche dopo la sua morte, nel 1958, l'eugenetica di Marie Stopes ha continuato ad avere un impatto sulla società. A suo nome, sono state aperte oltre 600 cliniche Marie Stopes International in tutto il mondo e il suo sito web vanta fino ad oggi 31 milioni di aborti. Ma, quando le visioni eugenetiche estreme della Stopes alla fine sono emerse e il suo nome è diventato più di imbarazzo che di aiuto, l'organizzazione nel novembre 2020 ha abbandonato il suo nome rinominandosi MSI Reproductive Choices. Ma le organizzazioni pro-life affermano che MSI Reproductive Choices continua a seguire gli stessi princìpi eugenetici voluti da Marie Stopes, qualunque sia il nome con cui decidono di chiamarsi. Quello che è iniziato come un esperimento per controllare la popolazione più povera della Gran Bretagna - dicono - si è diffuso e si è sviluppato in un controllo autoritario sui più poveri in tutto il mondo.
Fin dalle sue origini, il movimento eugenetico ha suscitato diverse critiche, le più feroci da parte della Chiesa cattolica. Tuttavia, è stato solo quando è stato associato alla Germania nazista e all'Olocausto dopo la Seconda guerra mondiale, che ha perso la maggior parte della sua influenza. Gli avvocati ai processi di Norimberga dal 1945 al 1946 hanno legittimamente sottolineato che c'era poca differenza tra i programmi di eugenetica nazista e i programmi in essere nei paesi europei e in America durante lo stesso periodo. E anche se le politiche eugenetiche furono in gran parte abbandonate nei decenni successivi, il pensiero eugenetico sopravvisse rendendosi appetibile per un pubblico moderno. Gli eugenisti post-1945 scoprirono che adattando alla nuova realtà obiettivi e messaggi, i metodi sostenuti potevano rimanere gli stessi. Hanno iniziato rimuovendo la parola eugenetica dall'uso comune e sostituita con la terminologia medica o con slogan popolari come "scelta" e "libertà".
Un ottimo esempio di questa strategia è ancora in Gran Bretagna. Nel 1989, visti i vantaggi di presentarsi con una veste nuova, la Società Eugenetica si è rinominata The Galton Institute. Tuttavia Francis Galton, così come successivamente Marie Stopes, ha svolto un ruolo chiave nel lancio del movimento eugenetico in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Ha anche coniato il termine eugenetica. Però l'uso del suo nome ha permesso all'istituto di continuare il suo lavoro e di esercitare la sua influenza nel mondo accademico.
È un grave errore del pensiero contemporaneo, dicono i critici, relegare l'eugenetica al passato, quando invece i valori che ne sono alla base sono ben vivi. Almeno, la discriminazione razziale di cui le donne sono state e sono ancora vittime a causa dei programmi di controllo della popolazione, merita più di un timido cenno. E ci sono altre domande scomode che richiedono risposte, come ad esempio quale influenza abbiano avuto l'eugenetica e le tecnologie per il controllo delle nascite sulle dimensioni, la composizione e il benessere della società, anche se questo significa approfondire un capitolo controverso della storia britannica. Ma sono queste le questioni spinose che queste celebrazioni del centenario dovrebbero affrontare, se vogliono essere considerate con rispetto.

DOSSIER "LA MONARCHIA INGLESE"
Da Enrico VIII ad Elisabetta II

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17-04-2021

2 - IL SACERDOTE CHE MOLLA NON E' UN EROE
Ospitato da Canale 5, Don Riccardo afferma di essersi innamorato della catechista e che al cuor non si comanda... ma non è vero perché nelle difficoltà Cristo aiuta a vivere la fedeltà a una dedizione totale
Fonte Sito del Timone, 15 aprile 2021

Il caso di don Riccardo Ceccobelli, sacerdote parroco di Massa Martana, diocesi di Orvieto-Todi, è diventato un caso mediatico nazional popolare, e non poteva essere altrimenti quando un prete dice di voler lasciare la tonaca per amore di una donna.
Senza scomodare Uccelli di rovo, la miniserie Tv degli anni Ottanta, la storia di don Riccardo e di Laura, giovane catechista di cui il parroco ha dichiarato di essersi innamorato, è stata svelata domenica scorsa ai parrocchiani. Il sacerdote ha chiesto al vescovo, monsignor Gualtiero Sigismondi, la grazia della dispensa dall'obbligo del celibato e la dimissione allo stato laicale.
La migliore risposta alle tante chiacchiere e il miglior modo per inquadrare questa situazione sono espressi nel comunicato stampa diffuso ieri dalla diocesi, lo riportiamo di seguito integralmente:
«Domenica 11 aprile, il Vescovo Gualtiero Sigismondi, nella chiesa parrocchiale di Massa Martana, ha annunciato la sospensione di don Riccardo Ceccobelli dal servizio sacerdotale, a seguito della sua decisione di domandare al Santo Padre la grazia della dispensa dagli obblighi del celibato, chiedendo quindi di essere dimesso dallo stato clericale e dispensato dagli oneri connessi alla Sacra Ordinazione. Mons. Sigismondi - come riportato nel precedente Comunicato - ha chiesto di non commentare quanto don Riccardo ha deciso e di pregare per lui. Tuttavia, a seguito della rilevanza mediatica che l'annuncio ha suscitato, tale Ufficio interviene con alcune precisazioni.
La Chiesa chiede ai preti di vivere il celibato con maturità, letizia e dedizione, quale testimonianza del primato del Regno di Dio e, soprattutto, come segno e condizione di una vita pienamente donata: senza misura. Si diventa preti dopo almeno sette anni di discernimento e, attualmente, sempre più in età adulta, quando si ha maggiore coscienza e capacità di fare scelte definitive. Così è stato anche per don Riccardo, il quale, dopo un itinerario formativo durato almeno sette anni, ne aveva 33 quando è stato ordinato presbitero.
Una delle affermazioni che, in questa circostanza, va per la maggiore è la seguente: "Al cuore non si comanda". Tale opinione è indice di quanto, in un tempo segnato dal relativismo, la ragione sia sottoposta al dominio del sentimento.
Si è parlato di eroismo davanti ad un prete che decide di mollare tutto perché si è innamorato di una ragazza; certamente occorre rispetto per la libertà di chi, pur avendo promesso solennemente di consacrare tutto se stesso a Cristo Gesù per il servizio alla Chiesa, non ce la fa, ma parlare di eroismo risulta davvero fuori luogo. Gli eroi sono quelli che rimangono in trincea anche quando infuria la battaglia, come, ad esempio, i mariti e le mogli o i padri e le madri che non mollano nei momenti di difficoltà, perché si sono presi un impegno e l'amore li inchioda anche nel tempo in cui i sentimenti sembrano vacillare; come i sacerdoti che, senza limiti di disponibilità e con cuore libero e ardente, vivono la fedeltà di una dedizione totale.
In questo momento di sofferenza, la Chiesa di Orvieto-Todi è chiamata a vivere con serena fiducia e a fare tesoro di quanto il Santo Padre ha ricordato proprio oggi, durante l'Udienza Generale: "Senza la fede, tutto crolla; senza la preghiera, la fede si spegne"».
Orvieto, 14 aprile 2021

Nota di BastaBugie: per approfondire il tema del celibato sacerdotale si possono leggere due interessanti articoli da noi pubblicati cliccando sul loro link.

IL MONDO NON PUO' CAPIRE LA BELLEZZA DEL CELIBATO DEI SACERDOTI
Accettando di vivere celibi come Gesù i sacerdoti si consacrano con cuore indiviso al Signore e possono così dedicarsi più liberamente al servizio dei loro fratelli
da Luce di Maria
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5284

LA SOLITUDINE DEL SACERDOTE NON HA NULLA A CHE VEDERE CON IL CELIBATO
La solitudine del sacerdote è non poter fare a meno di predicare Cristo, ma doverlo predicare come è, crocifisso (in un mondo che, da sempre, fugge le croci)
di don Luca Peyron
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2601

Fonte: Sito del Timone, 15 aprile 2021

3 - LA SPERANZA E' L'ULTIMA A MORIRE... MA SOLO I CATTOLICI CI CREDONO VERAMENTE
La disperazione è infatti uno dei 6 peccati contro lo Spirito Santo (che Gesù ha detto non saranno perdonati)
Autore: Pierfrancesco Nardini - Fonte: I Tre Sentieri, 17 gennaio 2021

Un cattolico non deve mai cadere nella disperazione. Questa è la perdita della speranza, il non credere più di potersi salvare. Nell'accezione terrena anche un generico senso di mancanza di vie d'uscita.
La disperazione della salvezza è uno dei sei peccati contro lo Spirito Santo e consiste in pratica nel non credere alla Misericordia divina o non lasciarsi abbracciare da questa Misericordia per orgoglio. Cade in questo peccato chi non crede che Dio possa perdonare un determinato peccato.
Che sia un peccato gravissimo lo ha detto lo stesso Gesù a Santa Caterina: "Questo è il peccato che non può essere perdonato, né in vita né dopo la morte, perché con esso l'uomo ha rifiutato, spregiandola, la mia misericordia. Perciò ai miei occhi è più grave questo che tutti gli altri peccati che egli possa aver commesso" (Dialogo della Divina Provvidenza, n. 37). È chiaro che quando Nostro Signore dice "non può essere perdonato" intende dare idea della gravità del peccato, non l'inefficacia del Sacramento della Confessione per questo.
Chi si dispera quindi "si oppone ai doni spirituali della verità e della grazia, e perciò, anche potendolo, difficilmente si converte" (Catechismo di San Pio X, n. 153).
La mancanza di fede o una fede debole può portare a questo, a credere che Dio non sia onnipotente.
La mancanza di formazione, ossia di conoscenza della propria fede, poi porta anche a non sapere che "dove il peccato abbondava, sovrabbondò la grazia" (Rom 5, 20).
Dio è talmente Buono che aumenta, se possibile, il Suo aiuto a chi si allontana da Lui, a partire dalla possibilità continua che il peccatore ha di confessarsi.
La crisi della fede ha portato poi ad un ulteriore stadio: quello che dà oramai alla parola "disperazione" un significato solamente umano.
Si sarebbe disperati sempre e solo per qualcosa di materiale, di terreno, di immanente, mai per qualcosa di spirituale.

Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Quali sono i 6 peccati contro lo Spirito Santo?" si spiegano i peccati a cui si riferisce Gesù nel Vangelo di Matteo quando dice "Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro" (Mt 12,31-32).
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Luce di Maria il 27/04/2015:

1) DISPERAZIONE DELLA SALVEZZA
Disperare di salvarsi l'anima: la disperazione deriva da sfiducia nella divina misericordia o da sfiducia in sé stessi, nella propria capacità di mantenere il proponimento di non ricadere nel peccato; nella propria capacità di rinnegare sé stesso, di prendere la propria croce e di seguire Cristo anche sulla strada che porta al calvario. Chi dispera, ragiona più o meno così: Cristo richiede una tempra eroica, io non sono un eroe, dunque la sua morale non è per me. In ultima analisi, chi dispera, come chi presume, confida solo in sé stesso. Però, mentre il primo conclude di non potercela fare, il presuntuoso ritiene di potercela fare senza la necessaria arma della grazia divina.
2) PRESUNZIONE DI SALVARSI SENZA MERITO
Chi dispera, si configura un Dio giusto, ma non anche misericordioso. Chi presume, si configura un Dio misericordioso, ma non anche giusto. Pecca chi si espone alle occasioni di peccato, presumendo di avere la forza morale sufficiente per superare la tentazione. La presunzione si allea alla superbia e alla mancanza del timor di Dio. Il presuntuoso infatti, crede di poter fare a meno di Dio.
3) IMPUGNARE LA VERITÀ CONOSCIUTA
Rifiutare la verità, pur riconoscendola come tale. Chi è disponibile alla fede, accetta anche quello che non riesce a comprendere in virtù di quello che comprende. Chi non è disponibile alla fede respinge anche quello che capisce a causa di quello che non riesce a capire. Rifiutare la verità morale e religiosa non è la stessa cosa che ignorare o rifiutare la verità scientifica o filosofica, perché queste ultime non incidono, in linea di massima, sulla nostra vita quotidiana come fanno o dovrebbero fare le verità morali e religiose. Ma soprattutto per un cristiano la verità è lo stesso Cristo. Rifiutare la verità è rifiutare Cristo.
4) INVIDIA DELLA GRAZIA ALTRUI
Invidiare il cristiano che compie il proprio dovere. L'invidia diviene peccato contro lo Spirito Santo quando raggiunge livelli diabolici, quando cioè l'invidioso non solo desidera il male fisico ma anche il male morale dell'altro, non solo spera che l'altro cada in peccato, ma addirittura cerca di pervertirlo.
5) OSTINAZIONE NEI PECCATI
Scrive Marlowe: "Sebbene tu abbia peccato come un uomo, non perseverare nel male come un demonio" (Faust). Nei primi secoli del Cristianesimo era diffusa la consuetudine di fare quasi coincidere il battesimo con l'unzione degl'infermi per essere liberati non solo dal peccato originale, ma anche da tutti i peccati attuali commessi nel corso della vita. Ma questo significa abusare della paziente misericordia di Dio.
6) IMPENITENZA FINALE
Finché c'è vita, c'è speranza di salvarsi l'anima. Dio ci attende sino all'ultimo istante. Dio ci parla sempre, l'impenitente non ascolta mai la sua parola. Dio ci tende sempre una mano. L'impenitente la respinge sempre. Non può incolpare altri che sé stesso del suo destino di perdizione. Il cristiano, invece, ogni giorno chiede a Dio la grazia di morire in grazia.

Fonte: I Tre Sentieri, 17 gennaio 2021

4 - SI DIMETTE IL FRATELLO DI FIDEL CASTRO, MA A CUBA LA DITTATURA COMUNISTA CONTINUA
A Cuba il comunismo continua a regnare indisturbato (come nel resto del mondo, ad es. in Spagna e Cina)
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera, 19 Aprile 2021

Ma chi l'ha detto che il comunismo è finito? I fatti provano l'esatto contrario.
A Cuba, durante l'VIII Congresso, le dimissioni date da Raúl Castro dal ruolo di primo segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista non corrispondono alla fine della dittatura. In campo politico il potere resta saldamente nelle mani della famiglia Castro, della leadership militare e degli organi della Sicurezza dello Stato; in campo economico, il modello socialista di produzione resterà lo stesso e così pure il carattere centralizzato della pianificazione. Nessuna libertà di mercato, nonostante la forte crisi, aggravata dalle sanzioni e dal crollo del turismo, l'inflazione, la povertà e le disuguaglianze sociali; a ciò si aggiunga la crisi sanitaria, altrettanto pesante per l'imperversare nell'isola del Covid-19 con un aumento incontrollato di morti e contagi. In campo militare, Raúl Castro manterrà il grado di generale dell'esercito, quindi il potere nelle proprie mani.
Non a caso la propaganda di regime ha subito definito quello terminato lunedì scorso come il «Congresso della continuità», tanto per mettere le cose in chiaro. Castro stesso ha pronunciato un discorso guerrafondaio ed antimperialista, che non lascia spazio a dubbi, dichiarando anzi, pur lasciando il comando, di voler continuare a militare «come un combattente rivoluzionario in più. Finché vivrò - ha aggiunto - sarò pronto a difendere la patria, la rivoluzione e il socialismo».
Solo il malcontento cresce. E, con esso, il numero dei dissidenti. Per l'intera durata del Congresso, attivisti dei diritti umani e giornalisti indipendenti sono stati interrogati, minacciati oppure assediati e costretti a restare nelle loro case, secondo quanto rivelato dall'autorevole quotidiano spagnolo Abc. Non solo. Un rapporto diffuso dall'Osservatorio cubano per i Diritti Umani ha denunciato nelle scorse settimane i 1.798 arresti arbitrari - col ricorso alla violenza in almeno 216 casi - e le 1.647 detenzioni forzate, tutti atti voluti e compiuti nel 2020 dal regime con un aumento dei divieti e delle restrizioni all'esercizio delle libertà individuali e con un aggravarsi della repressione in ogni campo, compresi cultura e spettacolo. Il tutto in un silenzio complice da parte dell'Occidente, Usa ed Unione europea in particolare, sinora limitatisi a bearsi della liberazione di qualche detenuto, anziché sradicare davvero il problema alla radice, chiedendo l'abrogazione delle leggi, che consentono alla leadership comunista cubana d'incarcerare in modo assolutamente arbitrario.

LA EX CATTOLICISSIMA SPAGNA... OGGI SOVIETIZZATA
A proposito di Europa, anche qui il comunismo gode purtroppo di ottima salute.
Nella Spagna un tempo cattolicissima, ma oggi sovietizzata, impossibile non dar conto del tentativo di condizionare lo svolgimento delle elezioni di Madrid, in agenda per il prossimo 4 maggio, tentativo posto in essere da molti gruppi di estrema sinistra con manifestazioni e disordini, verificatisi nei giorni scorsi tra Plaza de la Constitución e l'Assemblea. Solo l'intervento della Polizia ha impedito che nella capitale circa duemila facinorosi ricorressero alla violenza esplicita e brutale. Venerdì scorso, con un editoriale, il quotidiano Abc ha commentato in merito: «Né Madrid né la Spagna possono inserirsi in uno schema ideologico in grado di mortificare a tal punto la libertà».
Eppure c'è chi non capisce o finge di non capire. Al corteo, ancora una volta inscenato tra la Gran Via ed il centro di Madrid dal Partito comunista, da Izquierda Unida, da Juventud Comunista e da altri movimenti di Sinistra come il Fronte operaio spagnolo ed il Partito marxista-leninista, per celebrare i novant'anni dalla proclamazione della seconda repubblica spagnola, sono rispuntati in foto i volti di Lenin e di Stalin e, tra le bandiere, falce e martello e la stella rossa a cinque punte, di triste memoria. Tra gli slogan scanditi da centinaia di partecipanti, alcuni, tra cui «Per una Repubblica federale popolare! Per una Spagna sovrana!», hanno evidenziato la politica destabilizzante ed antimonarchica, da tempo perseguita in modo più o meno esplicito dalle sigle appartenenti allo stesso governo Sánchez, ponendo problemi seri di lealtà allo Stato ed alla Corona.
Del resto, a guidare le Sinistre in Spagna sono proprio i gruppi più estremi, come dimostrano Pablo Iglesias, secondo vicepresidente del governo nazionale, e sua moglie, il ministro per l'Uguaglianza Irene Montero, entrambi leader di Unidos Podemos, che hanno tirato per la giacca il Psoe-Partito socialista operaio spagnolo, "reo", a loro dire, di eccessive reticenze nel sostegno al progetto di «Legge Trans» e Lgbt, di cui viceversa vorrebbero l'approvazione ed in tempi rapidi. Prontissimi, per ottenere l'obiettivo, ad accusare di «transfobia» anche quanti, come il primo vicepresidente del governo Carmen Calvo (Psoe), abbiano "osato" definire la normativa proposta priva di garanzie giuridiche e pertanto da rivedere.
Contemporaneamente, Sara Hernández Barroso, sindaco progressista di Getafe, sorta di città-dormitorio a sud di Madrid, ha cercato di "sdoganare" la pedofilia, sostenendo che bambini ed adolescenti debbano avere, a dispetto dell'età, esperienze sessuali «ovviamente e chiaramente soddisfacenti ed ovviamente e chiaramente egualitarie», ciò che l'agenzia d'informazione InfoCatólica non ha mancato di stigmatizzare giustamente come una «politica di depravazione morale ed esistenziale». La giunta municipale guidata dal sindaco Barroso ha diffuso nelle scuole e presso gli istituti, tanto pubblici quanto privati, un'apposita guida in sei volumetti, pagata con soldi pubblici quindi di tutti, contenente slogan, testi ed immagini sin troppo espliciti (tra cui «Spegni la tv, accendi il tuo clitoride» ed un convinto invito alla masturbazione, ma l'elenco potrebbe drammaticamente continuare), al fine di spezzare, si legge, «stereotipi sessisti e creare un nuovo futuro, scoprire il sesso alla grande e viverlo senza limiti». Affermazioni che si commentano da sole a triste supporto di azioni, in realtà, con effetti devastanti sui minori, perché profondamente diseducative, gravemente immorali ed irrispettose nei confronti delle famiglie, cui sole spetta - ed a nessun altro - la responsabilità e l'autorità educativa primaria ed a cui non è stata viceversa chiesta alcuna autorizzazione, prima di diffondere la scandalosa pubblicazione.

LA CINA CONTINUA A FARE QUEL CHE VUOLE
Intanto, dalla parte opposta del globo terrestre, un altro colosso del comunismo mondiale, la Cina, continua a far quel che vuole, senza che nessuno gliene chieda conto oppure lo fa ma con voce sin troppo debole e smorzata, tanto da risultare assolutamente insignificante. Capitò già quando si trattò d'accogliere Pechino nei salotti buoni del commercio internazionale, senza nulla eccepire sulla questione dei diritti umani, letteralmente calpestati in casa propria dal gigante asiatico, come ormai arcinoto a tutti. Ed è capitato anche in occasione della pandemia da Covid-19, nonostante i ritardi colpevoli, i rifiuti e gli ostacoli sempre opposti dalla Cina a chiunque volesse inviare tecnici ed esperti, per individuarne le cause ed accertarne le responsabilità (come già avvenne per aviaria e Sars, sempre made in China). Oltre al danno, le beffe: grazie al mercato subito sviluppatosi proprio attorno al virus, la Cina nel primo trimestre 2021 ha registrato - caso unico al mondo - una crescita record del Pil pari al 18.3% ed una crescita complessiva del + 2,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, quando viceversa si ebbe un crollo del 6,8%, il peggiore degli ultimi 44 anni, ora già archiviato e dimenticato; a marzo, anche la produzione industriale ha avuto un incremento del 14,1%, mentre gli investimenti in capitale fisso sono aumentati del 25,6% e le vendite al dettaglio sono cresciute del 34,2% su base annua. Certo, la ripresa appare incerta, irregolare, la disoccupazione al 5,3% resta un problema e le previsioni si sono rivelate più ottimistiche della realtà, il che ha costretto ad abbassare anche gli obiettivi futuri, ma Pechino è decisa a recuperare terreno al più presto, puntando sulle esportazioni e sui consumi interni, consolidando la sua potenza e conservando intatta la dittatura comunista in casa propria, dittatura fatta degli ingredienti ad essa tipici ovvero laogai, arresti, detenzioni, violenze e prevaricazioni sulle minoranze, compresa quella cattolica, diritti umani negati e libertà recise. Nel silenzio generale.
L'elenco dei popoli oppressi dalla tirannide comunista potrebbe purtroppo continuare ed estendersi anche a quei Paesi formalmente "democratici", tuttavia vittime di quel radicalismo di massa, ch'è poi la propaggine involutiva del verbo marxista, "esportabile" laddove al potere non si possa giungere direttamente, tuttavia si possa incidere in modo significativo quanto meno a livello di mentalità, di usi e di costumi.
Il quadro complessivo non è per nulla rassicurante, anzi è tale da impedire all'Occidente di sentirsi al sicuro. Benché l'Occidente pare proprio non rendersene conto...

Fonte: Radio Roma Libera, 19 Aprile 2021

5 - MALIKA: L'OMOFOBIA NON C'ENTRA, IL VERO PROBLEMA E' L'ISLAM
Giornali e televisione usano questo caso per promuovere il ddl Zan, ma così si discriminano le altre donne islamiche vittime in Italia di violenze in famiglia
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17-04-2021

Da diversi giorni si parla molto di Malika Chalhy, la 22enne di Castelfiorentino (comune nelle vicinanze di Firenze) cacciata di casa dopo aver rivelato di avere una relazione omosessuale. Un caso che capita a proposito per spingere la causa del ddl Zan sull'omofobia, che dovrebbe essere discusso in Senato dopo essere già stato approvato alla Camera. Il caso, all'apparenza, è perfetto: una giovane che confessa un amore lesbico, discriminata e ripudiata dalla propria famiglia, minacciata di violenza, cacciata in strada. Ecco dimostrato che ci vuole la legge Zan. Uno schema classico: il caso pietoso che assurge a emergenza nazionale, la legge già pronta per mettere fine all'ingiustizia.
Senonché per far funzionare lo schema bisogna nascondere una parte della realtà. Non solo riguardo al ddl Zan che, come abbiamo detto molte volte, non c'entra affatto con la tutela delle persone omosessuali da atti di violenza e ingiusta discriminazione: per questo c'è già la legge italiana attualmente in vigore che, punendo i vari atti di violenza contro ogni persona, prevede l'aggravante per motivi futili e abietti, usata anche nel caso di motivi legati alle preferenze sessuali. Il ddl Zan invece ha lo scopo di punire chiunque non approvi l'ideologia Lgbtq... (e chi più ne ha, più ne metta).
No, la parte di realtà nascosta riguarda proprio il cuore del caso Malika, un fatto che da solo smonta tutto il castello che intorno alla vicenda è stato costruito per promuovere il ddl Zan. Lasciamo stare anche il fatto che il fratello di Malika racconti tutt'altra versione dei fatti, e diamo pure per buona la versione della ragazza.
Il fatto è che la famiglia di Malika è islamica: papà marocchino e mamma italiana convertita all'islam. Per poter montare il caso, utile alla causa Zan, si è omesso questo particolare, che a fatica, dopo giorni, è emerso da qualche organo di informazione minore. Già, perché questo piccolo particolare cambia completamente la storia, che dovrebbe invece accendere i riflettori su cosa accade nelle comunità islamiche in Italia, riguardo alle donne, e anche nei paesi islamici riguardo agli atti omosessuali. A questo proposito, basti ricordare che se Malika avesse confessato la sua omosessualità nel paese di origine di suo padre, il Marocco, avrebbe rischiato una pena di tre anni di carcere. E molto peggio le sarebbe andata in qualsiasi altro paesi islamico. Altro che la solidarietà subito scattata in Italia con una colletta pubblica che le ha già fruttato oltre 100mila euro.
Più che alle discriminazioni contro gli omosessuali, il caso Malika andrebbe casomai accostato a precedenti ben più gravi avvenuti in Italia contro giovani donne islamiche: ricordate Hina, la ragazza pachistana che viveva nel bresciano, uccisa dai suoi familiari perché si stava occidentalizzando troppo? E Rachida, la giovane donna madre di due figli, uccisa a martellate dal marito perché si stava accostando alla fede cristiana, e la cui vicenda è stata raccontata in un libro scritto da Souad Sbai?
Questi casi sono solo la punta dell'iceberg: in Italia c'è addirittura un Numero verde (800682718) dedicato alle donne arabe vittime di violenza, all'interno del progetto "Mai più sola" dell'associazione Acmid-Donna onlus a cui nel periodo settembre 2019-settembre 2020 sono arrivate bel 6.210 richieste di aiuto: il 51,5% per violenze e maltrattamenti, il 12% per casi di poligamia, lo 0,7% per matrimoni forzati (anche Hina fu vittima di questa pratica), l'8,6% per problemi legati all'affido dei figli minori, inclusi casi di rapimento che qualche volta affiorano anche sulle pagine di cronaca dei nostri giornali. In questo prolungato periodo di lockdown i casi, dice Acmid, sono aumentati del 67%. E questo è soltanto quello che viene denunciato, ma molti di più sono i casi che restano nascosti all'interno di comunità chiuse e spesso "religiosamente" controllate in modo ferreo (vogliamo parlare delle violenze contro coloro che si convertono, in Italia, al cristianesimo?). A questo poi vanno collegati altri fenomeni inquietanti, come la "scomparsa" di ragazze islamiche dalla scuola (il 60% non termina il ciclo di studi).
Questa è la vera emergenza che abbiamo in Italia, ma nessuno ovviamente se ne occupa, né ci sono vip che lanciano collette per aiutare le vittime delle tradizioni islamiche, che non hanno il privilegio di essere omosessuali.
Già, perché se c'è una cosa che il caso Malika insegna è che le persone con tendenze omosessuali, vittime di violenze, sono privilegiate rispetto alle altre vittime. Altro che necessità del ddl Zan. Una volta ancora si dimostra che solo la menzogna, sostenuta dai principali organi di informazione, può spacciare per emergenza quella che a tutti gli effetti si sta dimostrando una situazione di privilegio. Se il ddl Zan fosse approvato, questa palese ingiustizia si aggraverebbe ancora di più.

Nota di BastaBugie: Souad Sbai nell'articolo seguente dal titolo "Rachida, il coraggio di una convertita dimenticata" ricorda che il 19 novembre di nove anni fa veniva uccisa a colpi di martellate la marocchina Rachida Radi, "colpevole" per il marito Mohamed di voler essere libera e di essersi avvicinata al cristianesimo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21-11-2020:

Sono trascorsi nove lunghissimi anni da quel terribile 19 novembre del 2011, in cui un vile "marito", se così può dirsi, ha posto fine alle sofferenze di sua moglie, privando della madre le sue due bambine di 4 e 11 anni. Dopo anni di torture fisiche e mentali, la giovane marocchina Rachida Radi veniva uccisa dal suo vile carnefice a colpi di martellate nella loro casa a Sorbolo Levante, la frazione di Brescello in cui i due vivevano.
Oggi Mohamed El Ayani sta giustamente scontando la sua pena, ma è qui che la giustizia finisce, perché quella di Rachida è una ferita ancora aperta che fatica a rimarginarsi. Negli anni ho tentato di omaggiarne la memoria ogni volta ne avessi l'opportunità, affinché altre donne non subissero le stesse violenze che ha patito lei. La storia, purtroppo, ci ha insegnato ben altro, e Rachida è solo una delle tante vittime di un estremismo islamista fomentato, come sempre, dall'ignoranza.
Nove anni fa Rachida di anni ne aveva solo 35. Era stata considerata colpevole da suo marito per essersi ribellata ai maltrattamenti che subiva quasi quotidianamente e aver avviato le pratiche per la separazione. Colpevole di voler finalmente condurre una vita normale. Colpevole di voler essere libera. E colpevole, neanche a dirlo, di essersi avvicinata al cristianesimo, nel quale aveva sempre trovato un rifugio sicuro alle sue continue umiliazioni.
Chi l'ha conosciuta la descrive come una persona gentile, dal sorriso grande e buono, che aveva fatto della dignità la migliore arma per educare le sue bambine. Da qualche tempo Rachida aveva smesso di portare il velo, si sforzava di parlare in italiano, aveva iniziato a frequentare la parrocchia del paese e faceva le pulizie in chiesa per poter essere libera di pregare. Una conversione al cristianesimo che non poteva andare giù a un uomo accecato dall'odiosa ortodossia radicalista, che si sentiva minacciato da un eventuale allontanamento della moglie, un fardello impossibile da sopportare. Per non parlare del giudizio a cui sarebbe stato sottoposto dalla comunità del paese per cui mariti, padri e fratelli debbono trasformarsi in inquisitori algidi nell'eseguire la propria sentenza. Che in questi casi, si sa, punisce con la morte.
Rachida è morta per condurre un'esistenza migliore, per dare un futuro migliore alle sue figlie e per salvaguardare il suo credo, i cui membri, al contrario, non hanno tutelato lei. Oltre al danno la beffa. Non bastava vedersi spezzati i propri sogni, Rachida ha dovuto impiegare ben 50 giorni per trovare una degna sepoltura perché il suo corpo non lo voleva nessuno, nemmeno la comunità cristiana.
Rachida, che considero alla stregua di una martire, merita quantomeno di essere rievocata per il suo coraggio e la sua forza di volontà nel voler combattere per la libertà. [...]

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17-04-2021

6 - EUTANASIA: OLANDA COME LA GERMANIA NAZISTA
Una prestigiosa rivista di medicina accusa l'Olanda di eliminare gli anziani perché li ritiene non degni di vivere (VIDEO: Aktion T4, l'eutanasia del regime nazista)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 30 marzo 2021

Anche le riviste internazionali di medicina iniziano ad accorgersi che il "piano inclinato" è reale quando si parla di eutanasia. Il 7 dicembre la geriatra Diane Meier ha pubblicato sul prestigioso Jama Internal Medicine un articolo per sottolineare i pericoli dell'eutanasia in Olanda. La docente presso la Icahn School of Medicine di New York ha notato infatti quante persone chiedono e ottengono di morire nella terra dei tulipani solo perché affette da comuni malattie legate all'invecchiamento.
Il commento nasce da uno studio pubblicato sulla stessa rivista da un team guidato dalla ricercatrice Vera van de Berg. Dopo un'attenta analisi del rapporto periodico dei comitati di revisione dell'eutanasia olandese, hanno infatti scoperto che sintomi quali perdita parziale dell'udito e della vista, stanchezza cronica e generici dolori, sono sufficienti per ottenere l'eutanasia sotto la dicitura «sofferenza insopportabile». Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2019 ben 6.361 persone sono morte con l'eutanasia, cioè il 4% di tutti i decessi. Se nel 2002 la legge permetteva di essere uccisi solo in pochi casi, oggi persino chi non è più in grado di intendere e di volere viene soppresso.
Alla docente americana, hanno risposto due squadre di medici olandesi, spiegando che anche in casi simili di eutanasia si tratta di «richieste volontarie, ben considerate e che rientrano nei limiti di legge», senza che i pazienti abbiano subito pressioni di tipo «finanziario, sociale o familiare».
Queste rassicurazioni, secondo Meier, che ha replicato ai medici olandesi, «sono basate su una generica speranza e non sulla ricerca scientifica. Tutti speriamo siano vere, ma ci sono sempre più prove che dimostrano il contrario». Il primo, insiste, è rappresentato dalle maglie sempre più larghe della legge in Olanda:
«Sono stati rimossi requisiti di prognosi, eliminata l'esclusione per i casi psichiatrici, la sofferenza insopportabile definita in modo amplissimo e ridotti i requisiti per compilare i rapporti».
L'impressione, continua Meier, è che l'eutanasia sia divenuta un modo «rapido, facile ed economico per trattare i bisogni di una popolazione sempre più vecchia. Un accesso sempre più permissivo all'eutanasia in questo contesto sociale assomiglia molto alla ratifica del pensiero da parte della società, sostenuta dalle leggi, secondo il quale alcune vite non valgono la spesa necessaria a preservarle. Il pensiero implicito è che sia l'individuo sia la società starebbero meglio se il paziente fosse morto».
E questo, prosegue la geriatra, «è esattamente il modo di pensare che portò i medici tedeschi ad appoggiare e a partecipare alla campagna di sterilizzazioni eugenetiche nei primi anni Trenta e infine alla campagna di eutanasia per coloro che "non sono degni di vivere" - ovvero bambini con disabilità nel 1939, anziani e adulti con disabilità nel 1940».
Quello di cui avrebbero bisogno i pazienti più anziani spaventati dalla solitudine e dalla malattia sono «rapporti umani sinceri e significativi, non 2 grammi di secobarbital», conclude Meier.

Nota di BastaBugie:
oggi in Olanda (e purtroppo non solo lì) le leggi sull'eutanasia sono peggiori dell'Aktion T4, "nome convenzionale con cui viene designato il Programma nazista di eutanasia che sotto responsabilità medica prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali, [...] cioè delle cosiddette vite indegne di essere vissute. Si stima che l'attuazione del programma T4 abbia portato all'uccisione di un totale di persone compreso tra le 60.000 e le 100.000. A ogni modo l'uccisione di tali individui proseguì anche oltre la fine ufficiale dell'operazione, portando quindi il totale delle vittime a una cifra che si stima intorno ai 200.000 individui" (fonte: Wikipedia).
Ecco un video di circa 9 minuti che racconta cosa avvenne sotto Hitler con il programma Aktion T4.


https://www.youtube.com/watch?v=J9Nwu1P8vGg

Fonte: Tempi, 30 marzo 2021

7 - LA RISURREZIONE DI UN RAGAZZO GRAZIE ALL'INTERCESSIONE DI SAN FRANCESCO DI SALES
Due fratelli di 14 e 15 anni stavano correndo, ma uno fu colto da vertigini, cadde in un torrente in piena e morì... ma invocando San Francesco di Sales il morto risuscitò
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Radici Cristiane, 18 Febbraio 2021

Vi è una differenza tra miracolo e prodigio. Entrambi sono eventi straordinari (cioè al di fuori dell'ordinario) e sensibili; ma mentre il prodigio non supera totalmente le leggi della natura, il miracolo invece sì. Pertanto, quest'ultimo - il miracolo - può essere compiuto solamente da Dio, che è sovrano delle leggi della natura, mentre il prodigio può avere come autore anche un essere preternaturale, cioè un angelo, e quindi anche un angelo cattivo quale il demonio.
Il prodigio si può trovare in tutte le religioni (anche se non è facile), il miracolo invece lo si ritrova solo nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana. O, per lo meno, potrebbe anche verificarsi nelle altre religioni, ma solo privatamente. Facciamo un esempio: una povera mamma si trova per ignoranza involontaria in un altro contesto religioso, chiede una grazia per un suo figliuolo; ebbene, Dio potrebbe per compassione accordargliela, ma certamente non per metterebbe che quel miracolo venisse reso pubblico per non creare confusione. Altro è invece il cosiddetto miracolo apologetico, cioè il miracolo per confermare la dottrina. Questo avviene solo nel Cattolicesimo.
La resurrezione di un morto è certamente un miracolo, in quanto è un evento che supera totalmente le leggi della natura. La religione cattolica annovera diversi miracoli di questo tipo. Uno risulta particolarmente importante, poiché il diretto interessato con la sua vita successiva ha ulteriormente confermato la veridicità dell'accaduto. Alta Savoia, 1623, un anno dopo la morte di san Francesco di Sales: due fratelli di 14 e 15 anni avevano deciso di fuggire dalla casa di un sacerdote, dove si recavano per imparare la grammatica latina. Avevano fatto arrabbiare il loro maestro e avevano deciso di ritornarsene a casa.
Camminando velocemente, raggiunsero un torrente, il Fier, e dovettero attraversarlo. Il torrente era in piena e c'erano solo tre assi per passare dall'altra parte. Il primo dei due ragazzi, Girolamo, si avviò, ma fu colto da vertigini e cadde in acqua. Il fratello, gridando, si mise a correre lungo il torrente, ma vide sparire tra i flutti il corpo del malcapitato. Il povero ragazzo, preso sempre più dalla disperazione, corse al paese più vicino, Ornay, per cercare soccorsi e andò anche dal parroco, da cui erano scappati. Al torrente si radunò una gran folla, ma nessuno riuscì a trovare il corpo dello sventurato Girolamo.
Dopo un po' di tempo sopraggiunse un certo Alessandro Raphin, accompagnato da suo figlio e da altra gente, ancora di Ornay. Raphin era il miglior nuotatore del paese e già aveva recuperato molti corpi di annegati. Dopo numerosi tentativi, che durarono diverse ore, Raphin riuscì a trovare il corpo del povero Girolamo.
Nessuno poteva dubitare che fosse morto. Fu trasportato dal parroco di Ville e fu fatta scavare una tomba, ma si decise di non seppellirlo subito, per attendere l'arrivo del sacerdote, dalla cui casa il giovane era scappato. Giunse in serata: era molto addolorato, in un certo qual modo si sentiva responsabile di quella morte. Forse, se fosse stato meno duro... Decise di pregare a lungo vicino alla salma. Si fece poi raccontare dall'altro giovane come fosse avvenuta la disgrazia e quel giovane gli disse che, prima di attraversare il torrente in piena, i due avevano fatto un voto a san Francesco di Sales (ancora non santo, ma la cui devozione già era molto sentita in quelle terre), promettendo di andare in pellegrinaggio alla sua tomba se fossero riusciti a passare all'altra riva. A queste parole, il parroco, che si chiamava don Puthod, rimase molto meravigliato, perché, vicino alla salma, anche lui si era sentito particolarmente spinto ad invocare l'aiuto di san Francesco di Sales affinché il povero Girolamo potesse ritornare in vita.
Andarono a fare la veglia funebre. Il parroco incaricò un uomo di andare ad Annency per depositare sulla tomba di san Francesco di Sales un foglio sul quale era scritto che, se il Santo avesse esaudito la sua preghiera, lui, don Puthod, avrebbe celebrato per nove giorni consecutivi la Santa Messa nella chiesa in cui riposava il Santo.
Intanto la salma del povero Girolamo si era fatta sempre più brutta. Erano trascorse, infatti, molte ore. Ma, proprio quando si stava per deporlo nella tomba, Girolamo alzò un braccio. Lo si sentì lamentare e pronunziare con voce flebile: «O beato Francesco di Sales!». Come si può immaginare, ci furono scene di panico, alcuni fuggirono, altri svennero, i più coraggiosi gridarono: «Un miracolo, è un miracolo!». Erano presenti due sacerdoti, don Puthod e un altro. Entrambi presero Girolamo e lo sollevarono. Adesso non appariva più brutto e sfigurato. Don Puthod gli chiese: «Cosa ricordi?». Girolamo rispose: «Ho visto il beato Francesco di Sales e mi ha dato la sua benedizione».

Nota di BastaBugie: per approfondire il tema dei miracoli, si può leggere il seguente articolo.

I MIRACOLI CI SONO SOLO NELLA CHIESA CATTOLICA
Nelle altre religioni e spiritualità al massimo ci possono essere dei prodigi (spesso causati dal diavolo)
da I Tre Sentieri
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5818


DOSSIER "SAN FRANCESCO DI SALES"
Vescovo e Dottore della Chiesa

Per vedere articoli e video, clicca qui!

Fonte: Radici Cristiane, 18 Febbraio 2021

8 - OMELIA IV DOM. DI PASQUA - ANNO B (Gv 10,11-18)
Il buon pastore dà la propria vita per le pecore
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Il Messia era stato caratterizzato dai profeti come il Pastore del suo popolo (Is 40,11; Ez 34,23; 37,24; Zc 13,17, ecc.), ed Israele era stato chiamato gregge del Signore (Ez 34,5; Mic 7,14; Zc 10,3, ecc.). Gesù Cristo affermò solennemente che questi vaticini si erano avverati in Lui, proclamandosi pastore, anzi buon pastore non solo del popolo ebreo ma di tutti gli altri che Egli avrebbe uniti al primo suo gregge, formandone un solo ovile sotto un solo pastore. Dal modo com'Egli parlò traspare tutta la sua tenerezza verso le anime e, dal contrapposto che fece tra il buon pastore e il mercenario, tutto il dolore che provava non solo per i falsi pastori del popolo ebreo, ma per i pastori falsi e mercenari di tutti i secoli. Io sono il buon pastore, esclamò; era venuto per dare la vita e per darla abbondantemente, e la dava alle sue pecorelle non solo pascolandole, ma immolandosi per loro; perciò soggiunse: Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle e, secondo l'espressione del testo greco, dà la vita in prezzo di redenzione.
Egli era l'unico pastore che pascolando si offriva, e salvando dalla morte le sue pecorelle s'immolava per esse. Nell'Eucaristia donò se stesso offrendosi al Padre ed immolandosi incruentemente, e sulla croce s'immolò cruentemente. Per confermare e rendere vivo questo grande pensiero, Gesù Cristo ritornò alla similitudine dell'ovile e delle pecorelle, e disse: Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle, il mercenario invece è chi non è pastore, ed al quale non appartengono le pecorelle; quando vede venire il lupo abbandona le pecore e fugge, il lupo rapisce e disperde le pecorelle. Il mercenario poi scappa perché è mercenario e non gl'importa delle pecorelle.
I pastori di pecore menano una vita solitaria nei campi e l'unica loro compagnia sono quei placidi animali che conducono al pascolo. Essi li amano come loro proprietà, e quasi come parte della loro vita; la docilità che esse hanno ad ogni loro cenno ispira ad essi una grande tenerezza, e la loro debolezza di fronte ai pericoli li rende solleciti nel difenderle. Un gregge è come una famiglia di cui il pastore si sente il capo, e perché le pecorelle lo riconoscono e ne ascoltano la voce, egli se ne sente quasi padre, e non esita ad affrontare dei gravi pericoli per difenderle, soprattutto contro le insidie dei lupi. Nelle solenni solitudini dei campi non c'è forse una scena più soave e commovente come quella di un gregge che pascola, e del pastore che lo vigila. Raccolte a gruppi, brucano le erbe, corrono di qua e di là, si riposano, e il loro belare è come un'armonia serena che si disperde lontano nelle ampie solitudini verdi e tranquille.
Gesù Cristo non poteva scegliere una similitudine più bella per significare l'unione delle anime a Lui, e la sua infinita tenerezza nel pascolarle.
L'arte ha raccolto in mille modi questa soave parabola, e ne ha formato innumerevoli quadri, dai quali traspare sempre la tranquilla pace delle anime che sono condotte ai pascoli da Gesù, e il suo infinito amore nel pascolarle. Egli è il buon pastore, e le anime per essere guidate da Lui debbono essere docili, semplici, silenziose ed affettuose come pecorelle. Egli le ama, le guida, le difende, le nutre e dà la vita per loro, vittima perenne di redenzione e di amore sugli altari. È questa la sua sublime regalità, tanto diversa: da quella dei reggitori di popoli, solleciti della loro gloria e del loro tornaconto. È questa la sua amorosa paternità per le anime, tanto diversa da quella di coloro che la reggono come mercenari, e che al primo pericolo che le minaccia fuggono e le lasciano in balia di quelli che le uccidono. Un pastore mercenario non ama le pecorelle, ma la paga che guadagna per il servizio che presta; il gregge anzi gli è di fastidio, perché rappresenta il peso della sua giornata e, quando si trova di fronte ai lupi che lo assalgono, fugge per mettersi in salvo, non avendo nessun interesse a salvare le pecorelle. Tali erano i pastori d'Israele, e tali sono i pastori degeneri, che riguardano il ministero come un'occupazione qualunque e una fonte di guadagno. Non parliamo poi dei così detti protestanti e di quelli di altre sette, i quali non solo sono mercenari, pagati per strappare le anime alla Chiesa, ma sono falsi pastori, ladri ed assassini che non entrano nell'ovile per la porta, non hanno alcun mandato di reggere le anime e rappresentano essi medesimi i lupi rapaci che le uccidono e le disperdono.
Dopo aver detto che Egli è il buon pastore perché dà la vita per le pecorelle, Gesù Cristo soggiunge che Egli ha tanta premura per le sue pecorelle che le conosce ad una ad una, si comunica loro ed esse lo conoscono. Come il Padre conoscendo se stesso genera il Figlio e gli comunica la vita infinita, e come il Figlio conosce il Padre dandogli una lode infinita, così Gesù Cristo conosce le sue pecorelle, vivificandole ad una ad una, come se fosse tutto e solo per ciascuna, e dà la vita per loro, ad una ad una, di modo che ogni sua pecorella ottiene in pieno il frutto e i benefici della redenzione. Le pecorelle, poi, vivificate da Lui, lo amano perché lo conoscono e lo glorificano. C'è dunque tra Gesù buon pastore e le sue pecorelle un'unione di amore, che Gesù stesso paragona all'unione del Padre con Lui Verbo eterno. Egli dona loro la vita, ed esse lo glorificano e lo amano, Egli le cura singolarmente, una ad una, ed esse lo amano di amore singolare.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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