BastaBugie n�7 del 14 dicembre 2007
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SENATO: IN PRIGIONE CHI CRITICA I GAY?
Al potere un’incontenibile leggerezza
Fonte: Avvenire
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INTERVISTA A MANTOVANO: OMOFOBIA, INTENTI IDEOLOGICI
Autore: Danilo Paolini - Fonte: Avvenire
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SCIOPERO CAMION: CHI CI HA GUADAGNATO VERAMENTE?
Incentivi e sconti, così è cresciuta la lobby
Autore: Antonio Maria Mira - Fonte: Avvenire
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BENIGNI: BRAVO, MA SU S.AGOSTINO...
Col Dante di Benigni alle 23 la Rai taglia 6 milioni di italiani
Fonte: Avvenire
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RITO ANTICO: NON È SOLO IL LATINO
Il latino non c’entra, celebrare la Messa secondo il rito di san Pio V non è una questione linguistica
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Foglio
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TROPPA SCUOLA FA MALE
Il mito del ''tempo pieno'' lavora contro la famiglia: oggi i nostri bambini trascorrono a scuola più tempo di quello che noi genitori trascorriamo in ufficio
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Il Timone
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TROPPO PICCOLO PER AVER DIRITTO ALLA VITA
Autore: Carlo Bellieni - Fonte: l'Occidentale
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LA BUSSOLA D'ORO: FILM FANTASY, MA SATANISTA E CONTRO LA CHIESA
Eppure nel film (apparentemente) non vi è traccia di offesa al cristianesimo
Autore: Alessandra De Luca - Fonte: Avvenire
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LIBRO DA CUI È TRATTO LA BUSSOLA D’ORO
Autore: Marzia Platania - Fonte: Cultura Cattolica
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SENATO: IN PRIGIONE CHI CRITICA I GAY?
Al potere un’incontenibile leggerezza
Fonte Avvenire, 8 dicembre 2007
Tre allarmi. Sono quelli che risuonano con forza dopo la votazione con cui giovedì sera il Senato ha varato, con risicata e avventurosa maggioranza, un’ambigua norma definita «anti-omofobia» e che è, invece, potenzialmente orientata ad avviare la manomissione di principi cardine dell’ordinamento italiano. Su questi rischi è opportuno fissare un attimo l’attenzione. Il primo allarme scaturisce dal tentativo pervicacemente condotto di equiparare le tendenze sessuali alle differenze naturali, ad esempio di sesso e di etnia, elevando le prime ad una 'qualità' antropologica che non hanno e non possono avere, e ciò nell’interesse di tutti, in primo luogo delle persone omosessuali. C’è qui una sorta di 'fissazione' in base alla quale la personalità di ciascuno sarebbe determinata non solo e non tanto da quello che egli «è», ma piuttosto dalle pulsioni sessuali che eventualmente decide di assecondare. S’insiste sulla presunta necessità di porre un freno all’«omofobia », ma si arriva a sospettare persino della difesa del matrimonio monogamico quasi che fosse in se stesso un delitto di lesa maestà. Il secondo allarme è di natura politico- giuridica. Attraverso un provvedimento di carattere straordinario e orientato a fronteggiare una precisa e contingente emergenza (il decreto espulsioni), si è scelto di introdurre un dispositivo di portata generale e di carattere permanente. Le conseguenze di questa mossa, che è difficile non considerare temeraria, sono purtroppo prevedibili: da un lato si apre la via per interventi normativi nei contesti più disparati, dall’altro si spalancano spazi enormi alle interpretazioni giurisprudenziali volte a realizzare analoghi effetti. Una scelta doppiamente pesante. Pesante in sé, e pesante per l’intento surrettizio che sta animando il legislatore. Il terzo allarme viene fatto scattare dal solito, incongruo, 'richiamo all’Europa'. Un rito mediocre e fastidioso al quale ricorrono quanti ritengono di poter usare previsioni e regole elaborate dalla Ue come una leva per rivoltare a proprio piacimento l’Italia sul piano legislativo. Nel caso specifico, ci si è richiamati a una possibilità evocata dal Trattato di Amsterdam, che però fa riferimento agli organi dell’Unione, e prevede precisi limiti di competenza. Insomma, un trucco mortificante, che prima o poi finirà per ritorcersi contro chi lo tenta a ripetizione. Il danno è, dunque, grave. E la promessa governativa di porvi rimedio non riesce a rassicurare chi sa come vanno le cose nelle aule parlamentari. Soprattutto in fasi, come l’attuale, di febbrile riassestamento del quadro politico. Ma ci sarà poco da attendere: i non molti giorni che ci separano dalla fine dell’anno testimonieranno se, e come, avrà seguito concreto quell’impegno formale. Per intanto, ci misuriamo coi fatti. E i fatti hanno un’indubbia eloquenza. Il governo di centrosinistra - già perché la paternità del provvedimento è precisamente sua ha messo sul tavolo il varo di una brutta e rischiosa norma. Lo ha fatto dopo aver dato «parere favorevole» all’emendamento che inopinatamente la introduceva in un dispositivo nato con ben altre motivazioni. Quindi ha opzionato il ricorso al più potente dei mezzi di cui un governo dispone: la questione di fiducia. Una sequenza mozzafiato di decisioni. Accompagnata da un evento di cui è necessario tener memoria: i parlamentari di ispirazione cattolica eletti nel centrosinistra, con l’eccezione della senatrice Binetti, hanno in partenza rinunciato a combattere la battaglia per evitare quell’esito infausto, benché ci fossero le condizioni per far prevalere una posizione più ragionevole. Dispiace dirlo, ma per il Partito Democratico non è una bella partenza.
Fonte: Avvenire, 8 dicembre 2007
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INTERVISTA A MANTOVANO: OMOFOBIA, INTENTI IDEOLOGICI
Autore: Danilo Paolini - Fonte: Avvenire, 8 dicembre 2007
La chiama «cosiddetta norma contro l’omofobia», perché la ritiene dettata da intenti ideologici , e sottolinea il pericolo di introdurre nel nostro ordinamento «un reato d’opinione». Il giorno dopo il travagliato voto del Senato, Alfredo Mantovano (Alleanza nazionale), non ha smarrito la vis polemica che ne ha contraddistinto l’intervento in aula. Una domanda tecnica: da giurista pensa che una norma del genere sia giustificata in un 'pacchetto sicurezza'? È una domanda che andrebbe rivolta al governo e al presidente del Senato. Il primo si è espresso favorevolmente sull’emendamento presentato dai gruppi più a sinistra, mentre io avevo sollevato in commissione Affari costituzionali il problema dell’inammissibilità per estraneità della materia. Un’estraneità che però il presidente Marini non ha visto. E il ministro Mastella, che oggi minaccia di far cadere il governo se non ci sarà lo stralcio di questa parte, ha presieduto la riunione del Consiglio dei ministri che ha varato il maxi-emendamento. Gli sarebbe bastato non firmarlo o dire allora quello che dice oggi... Alla fine, comunque, il Senato ha votato 'sì'. Se il testo uscirà confermato dalla Camera sarà legge. Non c’è il rischio di introdurre un reato d’opinione? Il rischio c’è tutto, perché già le disposizioni originarie della legge Mancino, su cui la nuova norma s’innesta, lasciano spazio a una certa discrezionalità. Ma nel caso specifico, il rinvio al Trattato di Amsterdam moltiplica le preoccupazioni: quando si stabilisce la punibilità delle discriminazioni «per sesso, etnia, razza» eccetera e poi si aggiunge «la tendenza sessuale» il discorso non quadra. Se infatti è già menzionato il «sesso», perché citare anche la «tendenza»? Evidentemente si vuol far passare qualcosa di più: dire, per esempio, che gli omosessuali non possono adottare bambini potrebbe essere considerato discriminatorio. Un reato d’opinione, appunto. Perdoni la provocazione: voi che avete votato contro professate il diritto di perseguitare gli omosessuali? Ci mancherebbe altro! Poniamo per assurdo che uno Stato arrivi a vietare agli omosessuali di salire sugli autobus: è chiaro che questa è una discriminazione odiosa. Ma qui parliamo di qualcosa di diverso. La Chiesa per esempio parla sempre di «persone omosessuali », espressione che da sola dice il profondo rispetto per la dignità di ciascuno. Detto questo, ripeto: domani potrebbe essere considerato un reato affermare – come scriveva il cardinale Ratzinger nel ’92 – che non sia ingiusta discriminazione «tener conto della tendenza sessuale, per esempio, nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica e nel servizio militare».
Fonte: Avvenire, 8 dicembre 2007
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SCIOPERO CAMION: CHI CI HA GUADAGNATO VERAMENTE?
Incentivi e sconti, così è cresciuta la lobby
Autore: Antonio Maria Mira - Fonte: Avvenire, 13 dicembre 2007
Cambiano i governi, cambiano i ministri ma i provvedimenti a favore degli autotrasportatori, soprattutto le grandi imprese, non cambiano. Magari camuffati a favore dell’ambiente. Lo aveva fatto il governo Berlusconi col ministro Lunardi. È tornato a farlo il governo Prodi coi ministri Bianchi e Di Pietro. Tutto nasce col decreto legge n.451 del 28 dicembre 1998 che assegna al Comitato centrale per l’albo degli autotrasportatori risorse per la protezione ambientale e per la sicurezza della circolazione. Sembrerebbe una buona intenzione visto il fortissimo impatto (sia ambientale che di sicurezza) del trasporto su gomma sul quale viaggia gran parte delle merci. In realtà il decreto serve solo per la riduzione dei pedaggi autostradali. In pratica si dà agli autotrasportatori una bella quantità di euro per pagare parte dei pedaggi. Nel 2004 erano 77,5 milioni di euro. Quest’anno sono saliti a 108,5 milioni. Un aumento del 40%. La giustificazione è sempre la stessa: incentivare l’uso delle autostrade abbandonando le altre strade, più pericolose e vicino ai centri abitati. Buona intenzione se non fosse che gran parte del trasporto su gomma già viaggia sulle autostrade. Quale autotrasportatore, di fronte all’alternativa, preferisce una statale o una provinciale? Basta vedere le migliaia di tir che tutti i giorni si incolonnano lungo la A1 nel tratto appenninico. Un incentivo inutile. Anzi utile solo alle ditte di autotrasporto che si vedono scontato un pedaggio che comunque avrebbero pagato. C’è un’ulteriore conferma. Infatti, proprio come due anni fa, vengono premiate le ditte che fanno più chilometri in autostrada, quelle più grandi e già ricche. Sconti tre volte superiori: per i 'piccoli' il 4,33%, per i 'grandi' fino al 13%. Insomma si sostiene chi non avrebbe bisogno. Il risultato è che invece di aiutare ambiente e circolazione si incentiva ancora una volta il trasporto su gomma. Ma questa volta si è aggiunto un alibi 'verde'. Infatti dai benefici vengono esclusi i camion euro 0 e euro 1. Ma chi li usa più? Chi si metterebbe in viaggio su un autostrada con questi 'vecchietti'? Ma il provvedimento si fa bello di tale scelta e parla di una 'rimodulazione che favorisca l’utilizzo delle categorie di veicoli più rispettosi dell’ambiente' e di 'veicoli sempre più ecologici'. I tir, appunto. C’è infine un ulteriore aiuto a chi usa le autostrade nelle ore notturne, tra le 22 e le 6. Bene, visto che sono le ore meno trafficate. Peccato che i camionisti lo facciano già. Insomma si incentiva quello che è già pratica comune. La conferma di un provvedimento che appare il classico sussidio a pioggia per favorire una categoria molto forte. E che poco ha a che vedere con la tutela dell’ambiente e della sicurezza. Dalla riduzione dei pedaggi autostradali agli alibi «verdi», in molti casi la politica ha fatto il gioco dei «bisonti» della strada.
Fonte: Avvenire, 13 dicembre 2007
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BENIGNI: BRAVO, MA SU S.AGOSTINO...
Col Dante di Benigni alle 23 la Rai taglia 6 milioni di italiani
Fonte Avvenire, 8 dicembre 2007
La serata è stata vista da oltre 3 milioni di persone ma i più l’hanno persa ... Possibile che nessuna rete Rai potesse ospitare tutto il ciclo alle 21? Quali spettatori si augura la Rai, servizio pubblico pagato con il canone degli Italiani? Quello della pubblicità, sulla quale fa presa l’Auditel e che deve esser ossequiata ad ogni costo? O quello della civiltà e dell’interesse per ciò che è bello e prezioso, e fa parte della tradizione di tutti?
CANTALAMESSA LODA E CORREGGE L’ATTORE TOSCANO Lo spettacolo di Roberto Benigni sul V Canto dell’Inferno, trasmesso la settimana scorsa da Raiuno, è stato «a momenti una lezione di altissima comunicazione religiosa, oltre che artistica e letteraria». Lo ha affermato padre Raniero Cantalamessa nella prima predica d’Avvento, ieri mattina, davanti a Papa Benedetto XVI e ai cardinali e prelati della Curia Romana. Secondo il predicatore della Casa Pontificia, «tuttavia, su un punto, forse non premeditato, Benigni ha lanciato un messaggio che potrebbe risultare micidiale per i giovani e che va rettificato». L’attore ha citato la frase di Agostino che dice: «Dammi la castità e la continenza, ma non ora», come se prima, ha spiegato, bisognasse «provare tutto» e poi, da vecchi, «praticare la castità». Ma, ha chiarito Cantalamessa, «l’attore ha attribuito erroneamente la frase a sant’Agostino, in quanto essa è invece di Agostino ancora peccatore, di prima della conversione. Non ha detto quanto era costato al santo strapparsi alla schiavitù della passione a cui si era dato in braccio. E non ha ricordato la preghiera che egli sostituirà più tardi a quella incauta giovanile: 'Tu mi comandi di essere casto; ebbene, concedimi quello che mi chiedi e poi chiedimi quello che vuoi'».
Fonte: Avvenire, 8 dicembre 2007
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RITO ANTICO: NON È SOLO IL LATINO
Il latino non c’entra, celebrare la Messa secondo il rito di san Pio V non è una questione linguistica
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Foglio, 15 novembre 2007
Ci sono sacerdoti, vescovi e fedeli, per i quali la chiesa cattolica è un giovane virgulto di una quarantina d’anni. Daterebbe, la sua nascita, all’incirca 1960 anni dopo Cristo, e coinciderebbe con il Concilio Vaticano II e poi, ancor più, con la riforma liturgica del 1970. Un po’ come i testimoni di Geova, o i mormoni, il cui fondatore vantava di aver ritrovato in una vecchia cassa il vero Vangelo smarrito per secoli, anche certi cattolici ritengono che il verbo di Cristo abbia risuonato inutilmente, incompreso, per interminabili anni, sino a una leggendaria "primavera conciliare". Costoro, quando si parla della liturgia di sempre, descrivono, con un velato "razzismo", scenari lugubri, tenebre di ignoranza, miserie intellettuali indicibili: prima della liturgia in volgare, le "donnine biascicavano preghiere che non comprendevano", gli uomini uscivano dalla chiesa durante la predica, i preti tuonavano e imprecavano dai pulpiti… roba, insomma, da preistoria, da gente delle caverne, da fede infantile e superstiziosa, sorta per sbaglio insieme a cattedrali e opere d’arte meravigliose. Potrei crederci, se non avessi mai assistito a una Messa antica e non avessi mai sentito cantare il "Pange lingua", lo "Jesus dulcis memoria", o la "Missa de angelis"; oppure se non dovessi sorbirmi, talora, i tamburi, le schitarrate, le prediche insulse, e il disprezzo, involontario, dell’Eucarestia, protagonisti di tante messe odierne in cui si è smarrito il senso del sacro e del mistero. Certo, vi saranno stati anche dei piccoli ritocchi, giustamente auspicabili anche per il vecchio rito, per adeguare ai tempi, non la sostanza, ma il linguaggio, e del resto anche i padri conciliari più tradizionalisti non lo negarono affatto. Ma nella sua essenza la Messa di un tempo continua oggi ad affascinare uomini e donne che desiderano ancora credere nella continuità della storia della Chiesa, che si sentono in comunione con duemila anni di storia, perlomeno per il debito di gratitudine che occorre avere verso chi la fede ce la ha tramandata. "Vi ho tramandato, affermava san Paolo, ciò che anch’io ho ricevuto". Per questo vi sono fedeli in tutta Italia che richiedono sempre di più di poter conoscere il vecchio rito, benché tra i "sapienti" del tempio vi sia talora indignazione e perfino disprezzo. Lo capisco leggendo un piccolo librino appena scritto da Manlio Sodi, noto direttore nientemeno che della Rivista Liturgica, intitolato: "Il messale di san Pio V. Perché la Messa in latino nel III millennio". Si tratta di una critica al motu proprio,fatta con apparente garbo, ma dimostrando in realtà immenso fastidio per chi non capisce, e cioè, tra gli altri, per lo stesso Benedetto XVI. Sodi inizia la sua denigrazione mettendo subito in confusione il povero lettore. Parlando del messale di Pio V dice a pag. 3 che è stato "abrogato" e poi "abolito", mentre a pagina 5 scrive: "ma la Messa in latino è sempre stato possibile celebrarla! Dunque il problema è altrove". Poi a pagina 26 afferma: "Anche il messale del Vaticano II (sic) è pubblicato in latino… un ulteriore segno che mai è stata abolita la Messa in latino". Si mena il can per l’aia, dicendo e contraddicendo, e infine riducendo il problema liturgico a una questione essenzialmente linguistica. Una lezione di storia in abiti eccentrici I concetti ribaditi di continuo da Sodi sono i soliti: il nuovo messale è più ricco, ha più letture, ha tante preghiere eucaristiche, mentre il messale di Pio V è povero, quasi rudimentale… Sempre, il discorso cade sulle letture, sull’ascolto della parola: la centralità dell’Eucarestia, l’incontro con Cristo fattosi carne, è assolutamente secondario, assente. La Messa, per Sodi, è "un’esperienza viva di comunità celebrante", mentre il vecchio rito "non ha contribuito a sottolineare che Cristo è presente nella sua Parola quando questa si proclama nell’assemblea". Si tratta a ben vedere, di una definizione della Messa non cattolica, assai simile, se non identica, a quella protestante, che propone l’idea del sacerdozio universale e riduce la Messa a un puro memoriale, in cui l’incontro con Cristo non è reale, fisico, in "corpo, sangue, anima e divinità", ma passa dall’ascolto della sua parola e dalla presenza di persone disposte, bontà loro, a ricordarlo e a rileggerne gli insegnamenti che furono. La Messa come una lezione di storia, insomma, con abiti un po’ eccentrici. In quest’ottica Cristo sarebbe l’Emmanuele, il "Dio con noi", principalmente, se non esclusivamente, con la sua Parola, alla condizione, per di più, che questa si proclami alla presenza dei fedeli, e, come scrive a pagina 30, dei "loro educatori, i presidenti dell’assemblea". Non servono discorsi per commentare una visione così razionalista, estranea alla retta dottrina sulla Messa: basti pensare alla figura di padre Pio, che rappresenta nella storia del cristianesimo uno dei santi che più ha saputo incarnare l’idea di sacerdote come ponte tra Dio e gli uomini. Padre Pio non si è mai considerato un "presidente di assemblea", un semplice "educatore", non solo perché celebrò innumerevoli volte da solo, senza fedeli, ma soprattutto perché viveva nella sua carne l’incontro con Gesù crocifisso,viveva, cioè, ogni momento, la sua Messa. Le folle non accorrevano a lui per come leggeva le Sacre Scritture: rimanevano affascinati dal modo in cui pronunciava le parole della consacrazione, da come si inginocchiava davanti al corpo di Cristo, dalla tenerezza con cui lo teneva tra le mani, dalle gocce di sangue che sgorgavano dalle sue palme, dalla consapevolezza che aveva di essere, nonostante tutta l’umana abiezione, un altro Cristo.
Fonte: Il Foglio, 15 novembre 2007
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TROPPA SCUOLA FA MALE
Il mito del ''tempo pieno'' lavora contro la famiglia: oggi i nostri bambini trascorrono a scuola più tempo di quello che noi genitori trascorriamo in ufficio
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Il Timone, novembre 2007
Si, avete letto bene: troppa scuola può far male ai nostri ragazzi, ed è pura illusione pensare che più ore trascorse dentro l'edificio scolastico siano sempre un bene. Non è così e, in un certo senso, non è mai stato così nemmeno in passato.
PRIMI IN EUROPA Ma andiamo con ordine e partiamo dai fatti. Oggi l'Italia si ritrova in testa a una classifica molto particolare: le scuole Primarie del Bel Paese - quelle che i comuni mortali e le persone di buon senso continuano a chiamare "elementari" - impegnano i bambini in una maratona di 980 ore per anno scolastico. è il dato più alto di tutta Europa. In Germania - dove la gente è notoriamente tutt'altro che pigra e men che meno ignorante - i kinder stanno in classe 698 ore. Qualche cosa come 300 ore in meno dei coscritti italiani, circa 60 giorni di differenza. La media europea per le scuole Primarie è di 755 ore all'anno, nettamente al di sotto della prassi italica. L'unico Paese con un monteore molto simile al nostro è la Francia (958), ma è notizia di queste settimane - invero clamorosa - che oltralpe si prepara una controrivoluzione dell'orario: il governo Sarkozy ha deciso di ridurre i giorni di scuola da 5 a 4, lasciando i fanciulli a casa il mercoledì, oltre che il sabato. Fra l'altro, è curioso notare che la "vacanza centrale" fu inventata proprio in Francia da Jules Ferry (1832-1893), il padre dell'insegnamento pubblico e gratuito, che volle la chiusura delle scuole il giovedì con lo scopo di "permettere ai genitori di dare ai figli un'istruzione religiosa fuori dagli edifici scolastici". Insomma: un curioso "giorno del catechismo" che nasceva dal giacobinismo francese, ma che alla fine conteneva anche aspetti positivi per la Chiesa e i cattolici.
IL CASO ITALIANO Intendiamoci: non è detto che l'Europa sia sempre un modello, e nessuno ci obbliga ad allinearci con le abitudini del vecchio continente, che spesso sono lontane anni luce dal buon senso e dalla tradizione cristiana. Ma, in questo caso, è l'Italia a essere in errore. E a pagare un prezzo altissimo al peso enorme che la cultura marxista ha giocato - e continua a giocare - nella nostra società. [...]
TUTTO NELLA SCUOLA, NIENTE AL DI FUORI DELLA SCUOLA Il tutto avviene sotto l'abile regia del Partito comunista italiano e nella sostanziale indifferenza del partito dei cattolici, la Democrazia cristiana. Anzi, il modello pedagogico marxista viene progressivamente assunto come valido anche in larghe fette del mondo cattolico. I "miti" della scuola progressista conquistano il cuore e la mente di politici, intellettuali, presidi di formazione cattolica. E fra questi miti, su tutti trionfa il "tempo pieno". Esso si fonda sull'idea - di impronta tipicamente hegeliana - che l'intera crescita umana e culturale del bambino debba essere guidata e gestita dallo Stato attraverso la scuola, e che il resto - a cominciare dalla famiglia - abbia un ruolo residuale, accidentale, sostanzialmente inadeguato, insufficiente. Come disse il filosofo Umberto Galimberti, columnist di Repubblica, «i genitori non sono in grado di educare i propri figli». È il capovolgimento della dottrina cattolica della "sussidiarietà", in base alla quale l'uomo, la famiglia e la società debbono essere liberi dì fare da sé tutto ciò che è buono e lecito, lasciando allo Stato il compito di intervenire solo dove il cittadino non ce la fa da solo. In questa visione la scuola non è il fulcro della crescila del bambino, ma un supporto al padre e alla madre, che non possono delegare. Per ragioni evidenti, il pensiero comunista e, in seguito, progressista e liberal-radicale, ha attaccato frontalmente questa idea, per strappare alla famiglia il timone dell'educazione dei figli. Non è un caso che la pur discutibile "Riforma Moratti" avesse introdotto la "straordinarietà" della scuola al pomeriggio, e che invece l'attuale Governo di sinistra abbia reintrodotto trionfalmente il "tempo pieno".
PIÙ SCUOLA, MENO FAMIGLIA: IN FUGA DALLA FEDE In questo processo di tragica spoliazione, la cultura di sinistra è stata supportata da fette importanti del mondo cattolico, che ha creduto di aiutare la famiglia e soprattutto le fasce meno abbienti della società con un sistema scolastico ispirato all'idea del "parcheggio prolungato": più tempo i figli stanno in classe, e meno sono esposti ai pericoli del mondo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: i famosi "pencoli" - che prima attendevano i nostri figli per le strade, come la droga o la devianza o il bullismo - adesso sono entrati trionfalmente nella scuola, che non sa come (e talvolta nemmeno vuole) reagire. Parole come ordine e disciplina, concetti come fede e pudore, sono stati defenestrati dai contenuti educativi, per essere rimpiazzati dall'ambientalismo e dal pacifismo. Un tempo il bambino imparava dal maestro laico dello Stato sabaudo il valore del sacrificio e il saluto alla bandiera del re; oggi il pupo si erudisce sulla raccolta differenziata e si inchina davanti alla bandiera arcobaleno. Non solo: imbottendo le liste dei docenti di Stato di uomini e donne di sinistra - oggi traghettati sulle sponde di uno squallido nichilismo gaio pansessualista - si è giunti a capovolgere la positività originaria del tempo trascorso in aula. Per cui oggi - salvo lodevoli eccezioni - più tempo il figlio trascorre in aula, più ideologia conformista assorbe. Meno resta in famiglia, meno educazione riceve, meno è introdotto in un cammino di fede cattolica.
UNA SCUOLA A MISURA DI ADULTO A dar manforte all'idea totalizzante di scuola ha contribuito il modello di sviluppo capitalistico, esploso in Italia con il boom economico degli anni Sessanta. Occorreva spingere le donne fuori dalla casa, e convincerle non solo della legittima opportunità, ma addirittura della doverosa necessità di lavorare in fabbrica o in ufficio, abbandonando le tradizionali incombenze femminili, soprattutto educative e assistenziali. Questa strada ha prodotto spesso nelle madri lavoratrici dolorose lacerazioni - in realtà il lavoro va ad aggiungersi agli impegni domestici - e ha incentivato ancor di più l'idea di una scuola per tutto il giorno, tutti i giorni. Affiancata dal mito che "più asili nido aiutano la famiglia", cavalcato ancora una volta dai governi progressisti, con il beneplacito di cattolici un po' ingenui. Il risultato è che oggi noi abbiamo a che fare con modelli scolastici che non sono pensati per il bene dei nostri figli, ma - riconosciamolo - per i comodi degli adulti: da un lato, l'interesse della corporazione sindacale degli insegnanti, che ottenne ad esempio l'assurda riforma dei tre maestri per classe, al solo scopo di salvare posti di lavoro; dall'altro, i bisogni dei genitori, effettivamente costretti non di rado a lavorare entrambi. Certo, uscire da questa situazione non è facile. Ma, almeno, riconosciamo qual è il vero bene per i nostri bambini. Che cosa c'entra tutto questo discorso con l'apologetica e con la fede cattolica? Beh, un giorno fu proprio Gesù a dire: «Lasciate che i bambini vengano a me». Se la scuola li allontana sempre più dal Maestro buono e dai genitori, c'è davvero qualche cosa che non funziona.
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Fonte: Il Timone, novembre 2007
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TROPPO PICCOLO PER AVER DIRITTO ALLA VITA
Autore: Carlo Bellieni - Fonte: l'Occidentale, 5 Dicembre 2007
E’ tornata in questi giorni a farsi viva sui giornali una proposta che circola ormai da tempo, nonostante abbia avuto secche reazioni negative: l’idea che si possa non curare chi nasce estremamente piccolo. Abbiamo già spiegato come questa posizione sia molto carente e non voluta dai neonatologi italiani. Ma di fronte agli inascoltati appelli che abbiamo fatto in nome di una laica aderenza ai dati scientifici, cosa resta? Cosa resta quando non si riconosce che nessuno - uomo o donna - può giurare sull’esatta età di un feto (e si propone invece di stabilire un’età sotto cui non rianimare)? Quando non si accetta che alla nascita non ci sono strumenti certi per fare una prognosi sui neonati, ma solo strumenti approssimativi (e si propone invece di rianimare sulla base di certi segni vitali)? Quando il fatto che sopravviva "solo" un paziente su dieci fa proporre di non curarne nessuno? Cosa resta, infine, quando non ci si arrende di fronte all’evidenza che la disabilità non è la parola finale sulla vita? Invece di chiedere più spazi e fondi per le famiglie con disabilità, ci si incammina per una scorciatoia che non si prenderebbe per un paziente adulto. Invece di trovare nelle Finanziarie fondi per la riabilitazione, per le famiglie, per le terapie dei soggetti bisognosi, invece di combattere le barriere architettoniche, creare libri in braille per non vedenti e strumenti per chi è colpito nel corpo e nella mente dalla malattia… cosa si fa? Già: invece di costruire strade di solidarietà ci si arrende alla solitudine. Insomma: cosa resta quando si chiede di non rianimare un bambino? Quando si dice che è accanimento terapeutico rianimarli dato che solo in pochi sopravvivranno, e si sa che negli anni ’60 solo il 10% dei nati di peso sotto il chilo viveva… ma si rianimavano, e la medicina è andata avanti… e oggi ne sopravvive il 90%! E’ stato forse accanimento terapeutico quello? Cosa resta? Non so cosa resta in chi legge. A noi neonatologi resta solo la possibilità di obiettare, di fare obiezione di coscienza, pur sapendo che non si tratta di un problema di "coscienza" (cioè di morale), ma di ragione, di clinica, di scienza. Ci resta la protesta che non sarà silenziosa, ma farà sapere a tutte le mamme cosa accade. Ci resta l’obiezione di coscienza, perché dare una chance a tutti è il nostro dovere come medici, che non possiamo strapparci di dosso, che faremo con tutti i nostri limiti, ma che è la nostra professione, quella grazie a cui tante delle persone che leggono queste righe oggi hanno tra le braccia un bambino o una bambina, magari nata gravissima e tolta alla morte. Dunque ci siamo arrivati. Ci diranno a cosa andremo incontro quando rianimeremo un piccolissimo, quando faremo di tutto per darlo alla sua mamma? Cosa ci attenderà se stimoleremo un bambino a reagire o se tenteremo di salvare con un po’ di ossigeno un prematuro? Aspettiamo notizie.
Fonte: l'Occidentale, 5 Dicembre 2007
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LA BUSSOLA D'ORO: FILM FANTASY, MA SATANISTA E CONTRO LA CHIESA
Eppure nel film (apparentemente) non vi è traccia di offesa al cristianesimo
Autore: Alessandra De Luca - Fonte: Avvenire,11 dicembre 2007
A gli spettatori italiani che nei prossimi giorni faranno la fila per vedere il kolossal fantasy La bussola d’oro – nei 450 cinema dove sarà proiettato – senza aver letto il primo capitolo della trilogia di Phillip Pullman dal quale il film è tratto, sembrerà insensato che le avventure di una ragazzina in viaggio in un universo parallelo abbiano suscitato tanto sdegno e polemiche tra i cattolici e gli evangelisti americani. Accusata di fomentare l’ateismo tra i più giovani, la pellicola è oggetto negli Usa di boicottaggio da parte di numerosi gruppi di attivisti. Eppure nel film (apparentemente) non vi è traccia di offesa al cristianesimo. La storia è infatti quella della piccola Lyra Belacqua che, entrata in possesso di una bussola creata per indicare sempre la verità, si mette in cerca del suo migliore amico rapito per conto di un’organizzazione chiamata Magisterium. Ad aiutare la bambina ci saranno lo zio, che ha scoperto l’origine di una misteriosa polvere, una strega buona, un avventuriero texano e un orso polare armato di corazza. Che siano allora i cristiani d’oltreoceano ad aver perso la bussola ? Niente affatto. E chi si accosterà al film avendo letto il libro di Pullman se ne accorgerà. Perché la saga dello scrittore britannico è profondamente antireligiosa, cosa che deve aver creato non poco imbarazzo a Hollywood se fin dall’inizio tutti, ma proprio tutti, dai produttori, al regista e agli attori – Nicole Kidman in prima fila – hanno negato qualunque attacco al cattolicesimo nel film. Il temibile Magisterium, ad esempio, che nella pellicola consiste in una non meglio definita organizzazione tirannica tesa a sottrarre agli uomini il libero arbitrio, nel romanzo si identifica con la chiesa cattolica. E se nella pellicola prevale il tema della cara, vecchia lotta tra bene e male (come sottolineato anche dalla conferenza episcopale americana, la quale non ha appoggiato apertamente il boicottaggio), il messaggio della saga letteraria sostiene invece ciò che viene difeso da gruppi ateisti americani come Freedom from Religion, e cioè: la religione esercita una vera e propria tirannia sugli uomini e bisogna liberarsene. Ma perché allora scegliere di tradurre per il grande schermo e per un pubblico di giovanissimi una storia così apertamente anticristiana per poi ripulirla cancellando un po’ ipocritamente qualunque riferimento troppo scomodo? Forse perché la cattolica Kidman non avrebbe mai accettato di interpretare un film anticattolico. O forse perché il regista Chris Weitz, autore anche della sceneggiatura, non aveva le spalle abbastanza larghe per affrontare un tale sfida. Ma la ragione più evidente è che la New Line (la casa di produzione della trilogia de Il signore degli anelli) ha investito una tale quantità di denaro in questo progetto (oltre 210 milioni di dollari) da non potersi certo permettere il lusso di perdere quella larga fetta di pubblico inevitabilmente offesa dal film. Meglio lanciare il sasso, nascondere la mano, negare tutto e sperare che una bella polemica contro il film lo aiuti al botteghino. D’altra parte qualcosa dell’ateismo di Pullman è necessariamente trasudato anche nella pellicola: l’anima dei personaggi, ad esempio, vive all’esterno dei loro corpi sotto forma di animale, idea che contrasta con ciò che dice la Bibbia. E cosa ne sarà poi di quel personaggio chiamato Dio e ucciso dalla piccola protagonista nel terzo libro? Ma c’è ancora un altro aspetto da considerare. In un circo mediatico dove le strategie di promozione si fanno sempre meno trasparenti, l’arrivo del film nelle sale funzionerà certamente da traino per il libri di Pullman, soprattutto in paesi, come l’Italia, dove la saga non è ancora così popolare. Vale a dire che regista e produttori avranno pure filtrato il film trasformandola in una favola per tutti, ma se La bussola d’oro spingerà il giovane pubblico all’acquisto dei romanzi per sapere in anticipo come andrà a finire il viaggio di Lyra, ecco che le preoccupazioni dei cattolici risultano tutt’altro che insensate.
Fonte: Avvenire,11 dicembre 2007
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LIBRO DA CUI È TRATTO LA BUSSOLA D’ORO
Autore: Marzia Platania - Fonte: Cultura Cattolica
Sta per uscire nei cinema il film tratto dal primo libro della trilogia di Philip Pullman, "La bussola d’oro". È sicuramente un romanzo che ben si presta ad una riduzione cinematografica ricca di azione e di effetti speciali, di sicuro successo presso un pubblico che mostra di gradire il fantasy. Occorrerà poi vedere se il cinema si dimostrerà interessato anche al seguito, poiché il primo romanzo lascia nella suspence tutta l’impostazione "cosmologica" e ben poco spiega dell’universo immaginato dall’autore, privilegiando l’impostazione della "mission": tutti i personaggi hanno uno scopo, spesso contrastante, e tutto l’interesse è volto a capire da che parte stanno i "buoni" e chi vincerà alla fine, muovendo dal punto di vista di una bambina, Lyra, che ben poco può capire dei grandi interessi che le ruotano intorno, ma che ha come destino di decidere le sorti dello scontro. Certamente la chiesa, nel libro, è nettamente dalla parte dei cattivi: si dovrà vedere se il regista ha voluto calcare la mano o alleggerire i toni. Alla trilogia è stata mossa l’accusa di avere un impianto "satanico": andiamo ad analizzare l’impianto cosmologico dell’autore, quale si delinea nell’intera trilogia, per verificare quanto sia condivisibile questa accusa. L’autore presuppone una serie infinita di mondi, più o meno diversi tra loro. L’azione prende inizio da un mondo che è la copia del nostro, vi sono addirittura i medesimi edifici nelle medesime posizioni, salvo alcuni macroscopici particolari. Il primo è che i suoi abitanti hanno il daimon. Il daimon ha forma di animale, ma può mutarla a proprio piacimento finché il suo essere umano è bambino; con la pubertà prende forma definitiva. È in grado di parlare, è di sesso opposto al suo umano, non può allontanarsi eccessivamente da esso pena la sofferenza di entrambi e al limite la morte, ne condivide i sentimenti ed i pensieri. È come una parte dell’anima fatta percepibile e alla morte del suo umano svanisce nel nulla. È vietato toccare il daimon di un’altra persona (è una intimità inconcepibile), ma i daimon possono parlarsi tra loro comunicando poi ai rispettivi proprietari. Se due persone litigano i loro daimon si ringhiano, se un daimon si sottomette ad un altro anche il suo proprietario l’abbozza, se due si amano i loro daimon si accarezzano e si rotolano affettuosamente. La forma del daimon dice anche qualcosa del carattere del proprietario: i servitori hanno spesso come daimon un cane; il papà della protagonista, che è un lord, ha un aristocratico leopardo, i soldati hanno un lupo, un tale ha un serpente ed immaginate voi che tipo è… (ci si chiede cosa accadrebbe ad un poveraccio che come daimon abbia un elefante e debba prendere un autobus nell’ora di punta: ma l’autore purtroppo non ce lo spiega…). Nel seguito risulta che anche noi umani di questo mondo abbiamo il daimon, ma l’abbiamo dentro, invisibile: Will, il coprotagonista a partire dal secondo romanzo, si divide dal suo per entrare nel mondo dei morti a cercare l’amico di Lyra, la protagonista; una ex suora, loro amica, che dovrebbe svolgere la parte del serpente dell’Eden, impara a vedere il suo guardando di sguincio in un certo modo (vi consiglio di provarci, dopo aver fatto il test nel sito del film per sapere qual è il vostro daimon, ma solo in assenza di testimoni, altrimenti sembrereste afflitti da tic nervosi); il daimon prende forma definitiva quando i ragazzi innamorati toccano ciascuno il daimon dell’altro (e qui si apre un doveroso interrogativo: quel marinaio di cui ci viene narrato, che aveva come daimon un delfino e pertanto non poteva scendere mai a terra, dove aveva portato la sua bella per il primo appuntamento? In ammollo?). Nella storia di questo mondo parallelo è poi intervenuta una (abbastanza comicamente improbabile) variazione: è diventato Papa un certo Giovanni Calvino, che ha portato la sede pontificia a Ginevra, e dopo la propria morte ha disposto l’abolizione del papato. La chiesa, mai divisasi tra cattolica e protestante, è divisa però tra diversi organi di governo che si contendono il potere; esercita un potere puntuale sulla società civile (non esiste praticamente lo Stato), tanto che la scienza si chiama teologia sperimentale. Dio è chiamato l’Autorità, e benché si faccia riferimento al cristianesimo, la figura di Cristo è praticamente ignorata. La chiesa appare dominata da un pesante moralismo unito ad una totale mancanza di scrupoli, che si nutre della convinzione di agire al servizio del bene qualunque cosa si faccia, perché il bene non è altro che ottenere rispetto per il potere dell’Autorità, che è poi anche il loro stesso potere. Approssimative ma incrollabili convinzioni accecano i fanatici ecclesiastici, tutti tesi a garantire l’ordine esistente, e ad impedire il peccato non con la virtù ma con il potere. La tecnologia è grosso modo al livello di fine Ottocento/ inizi Novecento, con applicazioni pratiche come l’illuminazione elettrica (lì chiamata ambarica) e i motori, ma senza telefono e computer. Esiste però la magia, praticata (con risultati non entusiasmanti, comunque) dalle streghe, dagli sciamani e da sapienti di vario genere. Le streghe hanno daimon che si possono allontanare da loro stesse, cosa molto angosciante per gli umani normali, che quando vedono un essere umano senza daimon reagiscono come noi a vedere un fantasma. Volano su rami di uno speciale albero e tirano frecce. Hanno anche vita lunghissima, adorano la natura e uccidono gli uomini (rari) che resistono al loro fascino (questo lo dico come avvertimento, casomai ne incontraste una). Non viene data spiegazione dei poteri magici, se non ovviamente un vago rimando alla Natura e al fatto che ci sono più cose in cielo ed in terra di quante noi possiamo immaginare.
LA BUSSOLA D'ORO
Nel primo libro tutto si aggira intorno ad una misteriosa "polvere" che i teologi sperimentali hanno scoperto: invisibile senza appositi strumenti, essa si posa solo sugli adulti e non sui bambini; quindi, secondo la chiesa, è collegata al peccato, di cui i bambini essendo innocenti, sono privi, e per questo temuta. La polvere, il peccato e la facoltà dei daimon dei bambini di cambiare forma si intrecciano negli interessi speculativi e nelle paure degli ecclesiastici, spingendoli a compiere esperimenti in cui dividono i bambini dai loro daimon, rendendoli quindi persone a metà, quasi lobotomizzate, prive di emozioni e anche facilmente dominabili, giustificandosi con l’intenzione buona di impedire ai bambini di diventare adulti peccatori. La madre di Lyra, la bambina protagonista, lavora per la chiesa e adesca i bambini a questo scopo, li rapisce alle loro famiglie e li trasporta in una specie di lager vicino al Polo. La polvere è infatti misteriosamente legata al Polo Nord, dove l’aurora boreale a tratti lascia intravedere un altro mondo, da cui essa sembra provenire. Anche il padre della protagonista, aristocratico intellettuale di Oxford, si interessa alla Polvere, ma non a causa del peccato, bensì perché la collega a quel secondo mondo che al Polo a tratti diventa visibile. Egli ha un suo progetto segreto (ecco affiorare il satanismo razionalista: secondo la distinzione di Introvigne: quello che attribuisce a Dio il polo negativo (negatore della libertà e della intelligenza per asservire l'uomo), e al suo avversario quindi il polo positivo (colui che è condannato perché perdente, ma che combatte una causa giusta): vuole sfidare, combattere ed eliminare non solo la chiesa, ma addirittura l’Autorità. Per fare questo vuole raccogliere in un unico esercito tutti i dissenzienti di tutti i mondi paralleli; perciò deve aprire un varco tra i mondi. Ha bisogno però di una enorme energia e ha scoperto, dagli esperimenti crudelissimi della cattivissima chiesa, che è possibile liberarla separando con una lama speciale un umano dal suo daimon. La figlia scopre tutto questo nelle sue avventure, mossa dalla ricerca del suo migliore amico, rapito dalla mamma insieme ad altri ed inviato al Polo. La bambina possiede uno strumento, la bussola d’oro del titolo, che dice la verità a chi sa leggerlo. Prima la ricerca dell’amico e poi la ricerca del padre, a cui vuole consegnare lo strumento per aiutarlo nella sua battaglia, conducono i due al Polo. Il padre possiede una magia per cui quando ha bisogno di una cosa, essa arriva, portata dal destino, e adesso ha bisogno di un bambino per ottenere energia; ha un attimo di sgomento quando scopre che il bambino destinato sembrerebbe essere la sua propria figlia, ma appurato che c’è anche il suo miglior amico, senza un attimo di esitazione lo sacrifica ai propri scopi. Proprio a causa del tentativo della protagonista di salvare l’amico, questi invece muore, perché si trova ad essere allontanato troppo dal suo daimon prigioniero del padre. La protagonista decide allora di seguire il padre nel mondo cui ha aperto l’accesso, perché con ragionamento molto logico ha deciso che se i suoi abbastanza perfidi genitori sono, per un motivo o per l’altro, contro la polvere, la polvere deve essere una cosa buona e quindi desidera saperne di più: la polvere viene dal mondo parallelo e quindi lei ci si avventura.
LA LAMA SOTTILE
Nel seguito Lyra incontrerà Will, un ragazzino del nostro mondo, il quale viene in possesso di una lama capace di aprire passaggi tra i mondi. Will cerca il padre, Lyra deve scappare da sua madre; il padre di Lyra li cerca perché vuole il potere del coltello di Will (che può uccidere anche Dio); la chiesa li cerca perché una profezia identifica Lyra con la Nuova Eva, e vogliono impedirle di peccare di nuovo, con il metodo molto razionale di ammazzarla prima che possa farlo. La ex suora, originaria del nostro mondo, è destinata a essere il serpente della nuova Eva, ma a dire il vero non ho capito cosa faccia di tanto decisivo. Diversi personaggi positivi aiutano i due nelle varie vicende, e diversi "cattivi" si aggirano facendo danni, come è normale in romanzi del genere. I due si innamorano (sono ragazzi precoci), ma, con l’aiuto della ex suora e della polvere, scoprono che: a) ogni volta che usano la lama, nasce uno Spettro, creatura orribile (benché invisibile ai bambini) che divora l’anima riducendo le persone come idioti. Solo gli adulti vedono gli Spettri e solo gli adulti sono attaccati dagli Spettri: il mondo infestato dagli Spettri è diventato perciò un mondo abitato da soli bambini che si autogestiscono. Molto male. Quello che attira gli Spettri è però, viene detto ad un certo punto, l’attenzione cosciente al mondo, che i bambini non hanno; b) la polvere coincide con la consapevolezza, ma vagando da mondo a mondo si sperde e tutti i mondi muoiono, perciò si devono chiudere tutti i passaggi; c) nessuno può vivere a lungo fuori del proprio mondo, perciò il loro amore deve essere sacrificato: non è possibile per uno di loro vivere nel mondo dell’altro; non è possibile aprire un passaggio per vedersi ogni tanto (per via degli Spettri); si potrebbe correre il rischio di lasciare aperta una finestrella, ma decidono di lasciare aperta quella che hanno fatto nel mondo dei morti, per permettere loro di uscirsene, e pertanto non possono averne una per i loro scopi personali. Perciò si separano con grande coraggio e abnegazione.
Fonte: Cultura Cattolica
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