BastaBugie n�755 del 09 febbraio 2022

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1 COSA ACCADE SE L'OBBLIGO VACCINALE GENERA LA RIVOLTA NELLE PIAZZE?
Nel 1904 a Rio de Janeiro il governo decise di imporre il vaccino, ma scoppiò una feroce rivolta... e il governo dovette fare marcia indietro
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Blog di Nicola Porro
2 COME VIENE INSEGNATO DANTE NELLE SCUOLE?
L'unica cosa che resta in testa agli adolescenti è l'episodio di Paolo e Francesca... per il resto ci si affida a Benigni
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 BENEDETTA, UN ALTRO FILM BLASFEMO... CON SESSO E SATANISMO
La vera suor Benedetta Carlini, accusata di false visioni e rapporti lesbici, morì di vecchiaia nel suo letto, invece il regista inventa torture sexy, roghi e peste
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 NOTRE DAME DIVENTERA' UN TEMPIO MULTIMEDIALE DELLA RELIGIONE UNICA
Continuando la distruzione iniziata con la Rivoluzione Francese, gli attuali fondi della ricostruzione dopo l'incendio saranno sfruttati per trasformare la cattedrale secondo le mode del politically correct
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Blog di Nicola Porro
5 IL BALLO DELLE PAZZE E I DUBBI SULLA SCIENZA
Il film ricostruisce il clima di un manicomio parigino di fine '800, il secolo dello spiritismo, dei tavolini ballanti e dei medium spacciati come ''scienziati''... e guai a chi non è d'accordo con la ''scienza'' (vedete analogie con l'oggi?)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 PREMIO NOBEL A DESMOND TUTU, VESCOVO ANGLICANO SOCIALISTA E ANTISEMITA
Esaltato come il Martin Luther King africano, giustificava le azioni terroristiche contro i bianchi e diceva: ''Quando noi neri prenderemo il potere, faremo soffrire gli ebrei''
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 MADRES, IL FILM HORROR CHE SVELA L'EUGENETICA
Nelle campagne californiane anni '70, fra messicani e figli dei fiori, una giovane donna incinta indaga sulla mancanza di bambini nella Contea di Los Angeles
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 OMELIA VI DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 6,17.20-26)
Rallegratevi in quel giorno ed esultate
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - COSA ACCADE SE L'OBBLIGO VACCINALE GENERA LA RIVOLTA NELLE PIAZZE?
Nel 1904 a Rio de Janeiro il governo decise di imporre il vaccino, ma scoppiò una feroce rivolta... e il governo dovette fare marcia indietro
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Blog di Nicola Porro, 22 dicembre 2021

Nel sito Renovatio21.com un articolo del 1° ottobre mi ha incuriosito. Racconta che c'è stata, in passato, una vaccinazione obbligatoria che ha provocato una vera e propria rivolta. Nel 1904, in un tempo in cui i «media» erano solo i giornali e molti non sapevano neppure leggerli. A Rio de Janeiro, Brasile, un governo composto in larga parte di massoni, à la française, aveva deciso, in nome della Scienza, di vaccinare il popolo. Contro il vaiolo, cosa buona e giusta. Ma era un obbligo di legge e gli inoculati dovevano certificarlo tramite notaio, pena non poter lavorare, viaggiare, trovare alloggio, frequentare la scuola e perfino sposarsi. Multe ai trasgressori.
E il 10 novembre la grande capitale brasiliana eresse barricate, attaccò la polizia, distrusse tutto il distruggibile in stile Black Lives Matter. E continuò fino al 16. Una settimana di fuoco scontri, morti e feriti. Devastazioni. In Brasile la si ricorda come a Revolta da Vacina e, presumibilmente, di questi tempi non viene evocata più di tanto. Il governo dovette far intervenire l'esercito e perfino la marina militare, le cui navi ebbero ordine di puntare i cannoni sulla città. Nello stesso giorno in cui fu decretato lo stato d'assedio, però, il vaccino cessò di essere obbligatorio. E la rivolta rientrò pacificamente. Bilancio, un migliaio di arresti, trenta morti, centodieci feriti, qualche centinaio di deportati. Condanne, solo a quelli con precedenti penali.
C'è anche da dire che, com'era costume in Sudamerica, il governo aveva scoperto che qualcuno aveva pensato, nel frattempo, a un golpe militare, ma aveva dovuto rimandare tutto proprio a causa della rivolta. Dunque, paradossalmente la rivolta salvò l'assetto di potere. Il quale, però, fece tesoro: non fosse mai che, approfittando del disordine, a qualcun altro venisse in mente qualche scherzo. La rivolta, in effetti, fu proprio spontanea e popolare, anche perché la vaccinazione veniva effettuata in modo coatto: gli inoculatori, scortati dalla polizia, entravano nelle case e costringevano tutti i presenti, donne comprese, a porgere il braccio nudo. Il che, dato l'abbigliamento femminile di quei tempi, abbottonato fino al mento, costringeva le donne a una mezza svestizione davanti a sconosciuti. I rivoltosi si erano costituiti in «Lega contro il vaccino obbligatorio» e sfilavano inneggiando all'unico giornale che li appoggiasse, o Correio da Manhã, essendo gli altri tutti filo-governativi (e non solo per ideologia).
Tutto quello che apparteneva o faceva capo in qualche modo al governo veniva attaccato e possibilmente distrutto. Nessun esponente politico poteva mettere il naso fuori, pena sassaiole. Anche la Guardia Civil si schierò col popolo, e finì in scontri a fuoco coi soldati. Questi ultimi rastrellarono le favelas e, per sicurezza, le spianarono. Quando arrivarono le cannoniere, le famiglie sfollarono fuori città per timore delle cannonate. Ma non ci fu bisogno di arrivare a tanto. Il governo, giudiziosamente, ritirò l'obbligo vaccinale e tornò la calma. [...]

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: Blog di Nicola Porro, 22 dicembre 2021

2 - COME VIENE INSEGNATO DANTE NELLE SCUOLE?
L'unica cosa che resta in testa agli adolescenti è l'episodio di Paolo e Francesca... per il resto ci si affida a Benigni
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-09-2021

«...non so se Dante era un uomo libero, un fallito o un servo di partito». Così cantava il cantore del Sessantotto scolastico, Venditti, e il verso la dice lunga sulla profondità dei sinistri di allora. «Tutto è politica. Il privato è politico» (Gramsci). Cioè, l'unica cosa che esiste è la politica. Infatti, a quelli non interessa altro. No, mi correggo. Il rigo seguente di Venditti recita: «Ma Paolo e Francesca, quelli me li ricordo bene».
Eggià, la sola cosa che in tutto il triennio liceale passato a studiare (?) Dante rimane in testa a un adolescente politicamente orientato sono i due adulteri che non a caso Dante mostra in balìa dei venti della passione. Senza l'ancoraggio della ragione si finisce preda del ventre più o meno basso. Come un adolescente politicizzato: non ha cultura né esperienza, basta un pifferaio per plagiarlo. Dice un vecchio adagio: se a sedici anni non sei comunista non hai cuore, se a quaranta lo sei ancora non hai cervello. Va pur detto, a discolpa di Venditti, che l'insegnamento di Dante nei licei era, come tutte le cose obbligatorie, semplicemente insulso. Almeno a mia memoria (ma anch'io appartengo alla generazione di Venditti). L'insegnante leggeva i versi della Commedia e li traduceva in italiano corrente. Che il libro che Paolo e Francesca leggevano insieme fosse «galeotto» probabilmente non lo sapeva nemmeno lui, perciò appresi che si trattava di un cavaliere della Tavola Rotonda - Galeotto, signore delle Terre Lontane - solo da adulto e per conto mio.
È vero, Umberto Eco diceva che la scuola non serve tanto a insegnarti cose, quanto a metterti in grado di trovare in tre minuti l'informazione che ti serve, quando ti serve. Ma è anche vero che l'interrogazione su Dante consisteva, pur'essa, nella traduzione in italiano corrente dei versi. Certo, pretendere che un insegnante laureato sia anche bravo è troppo. Anche i preti, non si può pretendere che siano degli oratori avvincenti. Però l'omelia devono farla lo stesso. Anche se il pubblico sbadiglia. O si distrae, come a scuola, e Dante rimane per sempre un ricordo fastidioso o distorto (se il pomeriggio qualcun altro me lo spiega in sezione).
Mi si permetta un aneddoto personale (anche perché in questo settecentenario legioni più competenti di me si sono cimentate, perciò ci sarebbe poco da aggiungere). Per un breve periodo fui assistente agli esami di Storia degli Stati Uniti, materia appena introdotta in Facoltà. A una sessione si presentò una candidata che, invitata a un argomento a piacere, partì con una velocissima cantilena ovviamente memorizzata a pappagallo. A un tratto una parola fuori posto mi mise in allarme e interruppi: «Ma signorina, lei lo sa che cosa è il Congresso?». Silenzio attonito e sudato. Il titolare allora le fece cenno di continuare, e lei riprese con la stessa parola su cui era stata fermata. Ta-ta-ta-ta... All'ora del voto, il titolare scrisse 27. E io: «Ma come? Quella passerebbe a Storia degli Stati Uniti senza sapere che cosa è il Congresso? Si rende conto che sicuramente andrà a fare l'insegnante?». Risposta: «Se comincio a bocciare, gli studenti disertano il corso e me lo aboliscono per mancanza di utenza».
Insomma, qualcuno inventi un modo nuovo per insegnare Dante nelle scuole, altrimenti dovremo adattarci ai comici come Benigni. Ma guardate i film americani e inglesi, se proprio non siete mai stati nei Paesi anglofoni. Il loro poeta nazionale è Shakespeare e lo citano continuamente, lo rappresentano, organizzano teatri nelle scuole, lo sanno a memoria, perfino nei saloon del west c'è chi lo recita. Moltissimi, se non tutti, attori inglesi sono «shakespeariani», nel senso che è sui testi del Bardo che si sono formati e hanno fatto carriera. Tanti sono diventati «sir» e parecchi sono Oscar. Non ce n'è uno che, cimentatosi alla regia, non abbia messo in scena un'opera di Shakespeare. Il nostro Zeffirelli, conoscendo bene il mercato internazionale, vi ha attinto più volte. Perfino il Capitano Picard di Star Trek viene da quelle esperienze. In Italia abbiamo Dante. E lo lasciamo a Benigni.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-09-2021

3 - BENEDETTA, UN ALTRO FILM BLASFEMO... CON SESSO E SATANISMO
La vera suor Benedetta Carlini, accusata di false visioni e rapporti lesbici, morì di vecchiaia nel suo letto, invece il regista inventa torture sexy, roghi e peste
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-11-2021

Come ho già scritto su questo giornale, la ricetta più sicura per far subissare di premi un film inutile è il mix sesso+religione ovviamente cattolica, così che la pubblicità gratuita sia garantita dalle sicure proteste. Opera coraggiosa e trasgressiva. Opera d'arte. Ma ci faccia il piacere. Così, sulla scia di Diderot, di Garibaldi e perfino di Mussolini (e sai l'audacia, e sai la novità), pigli un convento femminile d'epoca, ci piazzi una storia di lesbiche così fai contenti gli Lgbt, aggiungi un cicinino di satanismo e sforni Benedetta di Paul Verhoeven, regista olandese che, vista la sorte dei suoi colleghi che hanno osato toccare l'islam, ha ripiegato sull'usato sicuro.
Dopo la fantascienza dei pur pregevoli Robocop, Atto di forza e Fanteria dello spazio, ecco il famoso e torbido Basic Instinct, che lanciò Sharon Stone e le fruttò il prestigioso Nastro Verde della Cultura, consegnatole con tutti gli onori dal ministro francese titolare del dicastero omonimo. Niente di nuovo: anche i Rolling Stones avevano ricevuto in pompa magna le chiavi della città di Torino. Solo che l'attempata band dovette agitarsi sul palco per due ore, mica si limitò ad accavallare le gambe in favor di cinepresa. Verhoeven aveva esordito nel lontano 1971 con Gli strani amori di quelle signore, il cui titolo la dice lunga sui filoni preferiti dal maestro. Poi aveva azzardato un sesso+violenza+religione (sempre cattolica) con il film storico L'amore e il sangue, per poi approdare su sesso+nazismo+Shoah con Black book, in cui un'ebrea accetta di andare a letto con un gerarca nazista per conto della Resistenza. Infine, Elle, strapremiato.
Visto che Basic Instinct ed Elle sono stati subissati di premi, il regista deve aver finalmente mangiato la foglia. Ed eccoci a Benedetta, film che, dopo averlo visto, capisci (se ancora non l'hai capito) perché in altri tempi i teatranti, alla morte, venivano sepolti in terra sconsacrata. Pare che la pratica sia andata avanti fino a Molière, che morì nel 1673 (solo dieci anni dopo la nostra suor Benedetta) per un collasso sulla scena del Malato immaginario (però furono due suore a sorreggerlo e portarlo a casa). Vi basti una scena tra le tante: per trasmetterle le (false) stimmate Gesù in croce le chiede di mettersi nuda. L'arte sta nel fatto che 'sta roba non è accennata o adombrata o affidata a resoconti verbali. No, è spiattellata papale papale (è il caso di dirlo, tanto siamo in tema) sullo schermo.
La vera suor Benedetta Carlini, toscana, fu accusata di false visioni mistiche e di rapporti lesbici. Ma le autorità ecclesiastiche si preoccuparono più delle prime che dei secondi. Le prime sono eresie, le secondo sono debolezze umane. E la Chiesa è sempre stata intransigente dal pulpito e compassionevole nel confessionale. Specialmente durante la Controriforma. La Carlini fu destituita dalla carica di badessa (e volevo vede'...) e alla mensa doveva sedere in terra per penitenza. Morì di vecchiaia nel suo letto. Però il film è una specie di Nome della Rosa anno 2021, con torture sexy, roghi e peste. E meno male che l'iniziale titolo è stato accantonato: Blessed Virgin, «Beata Vergine». La storia ha alle sue spalle, tutti di firma femminile, una commedia teatrale, un articolo su The journal of homosexuality e il saggio di Judith C. Brown Atti impuri. Vita di una monaca lesbica nell'Italia del Rinascimento. Ora, la Carlini morì nel 1661 e il Rinascimento era alle spalle da un pezzo.
Ho cercato vanamente nei titoli di coda, tra i ringraziamenti, quelli per la fornitura di aspirine, che le attrici avranno assunto, suppongo, in quantità industriale visto che sono quasi sempre nude anche all'aperto. Ora, dati i temi «religiosi», speriamo che a qualche cineforum parrocchiale non salti il ghiribizzo di aprire il dibattito su questo film. Certo, il dibattitore professionista ci troverà di che arrampicarsi sugli specchi sofistici. Ma dovrà fare una fatica boia, che manco l'Uomo Ragno. Il voyeur simple, invece, avrà di che pascersi.

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-11-2021

4 - NOTRE DAME DIVENTERA' UN TEMPIO MULTIMEDIALE DELLA RELIGIONE UNICA
Continuando la distruzione iniziata con la Rivoluzione Francese, gli attuali fondi della ricostruzione dopo l'incendio saranno sfruttati per trasformare la cattedrale secondo le mode del politically correct
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Blog di Nicola Porro, 26 dicembre 2021

I giacobini distrussero ogni chiesa, cappella e abbazia di Francia. A Parigi non scampò di certo Notre Dame, dove una ballerina vestita da Dea Ragione si esibì sull'altare semidemolito. In Notre Dame c'erano anche le statue degli antichi re di Francia. Ebbene, decapitarono pure quelle, non bastando ai sanculotti le teste vere. I diavoli si accanirono particolarmente sulla Primogenita della Chiesa, ben sapendo che, infettando questa, il morbo si sarebbe diffuso ovunque. E rimase pervicace.
Nel 1905 l'ex seminarista Émile Combes, divenuto capo del governo, con una furia degna di miglior causa riprovò a fare tabula rasa del cattolicesimo francese, questa volta per via amministrativa. Tutte le chiese, cappelle, abbazie ancora in piedi o restaurate dopo le follie rivoluzionarie, come Notre Dame, vennero espropriate dalla République. La quale, perciò, oggi è proprietaria di Notre Dame e la sua ricostruzione post-incendio è a carico non più della Chiesa ma del contribuente, anche quello ateo o musulmano. Bel boomerang. A proposito, a che punto sono le indagini sul rogo? Continuano o sono finite sotto al tappeto?
Infatti, nella Francia macroniana dove la laïcité viene insegnata obbligatoriamente a scuola, sotto al tappeto ci sono anche le centinaia di vandalismi a danno di chiese, cimiteri e simboli cristiani che ogni anno vengono colà perpetrati. E Notre Dame è l'edificio cristiano principale dell'ex Primogenita. A questo proposito, negli anni Novanta finì in mondovisione il rogo della torinese cappella del Guarini, e la Sindone fu salvata a stento da un eroico pompiere. Accidentale anche quell'incendio? O anch'esso sotto il tappeto? L'odio contro i maggiori simboli cristiani dell'Occidente ex cristiano (nelle élites, il popolo ancora regge) andrebbe forse spiegato non dai sociologi ma dagli esorcisti.
Ebbene, poiché Notre Dame deve risorgere a furor di popolo (ricordate le immagini della gente che pregava con le lacrime agli occhi vedendo ardere la guglia di Viollet le Duc?), come ai tempi di Combes magari bisogna ricorrere ad altri mezzi. Cioè: ricostruita, sì, però snaturata nel suo contenuto. E questa volta, duole dirlo, con la spensierata partecipazione del clero progressista. Cappelle a tema. Effetti sonori. Luci laser. Percorsi tematici. Temi ecologici e inclusivi. Insomma, il tempio multimediale della Religione Unica, quella del "volemose bene tutti quanti" attorno alla rousseauiana Natura. Non è l'Essere Supremo di Robespierre, né il Grande Architetto dei massoni, tranquilli. È il Pantheon del dio del XXI secolo: il kitsch. Ma il popolo di cui si diceva è insorto: no alla Disneyland politicamente corretta nel cuore (letterale, non geografico) della Francia.
Grazie al cielo c'è ancora una Francia vandeana che resiste. E c'è sempre stata. Quando, nella Grande Guerra, i soldati francesi si cucivano l'immagine del Sacro Cuore sulla giubba, il governo «laico» intervenne a vietarlo. Ma quando i tedeschi arrivarono quasi a Parigi il generalissimo Foche fece di testa sua e consacrò personalmente l'intera Armée al Sacro Cuore. E in breve tempo i tedeschi cominciarono a indietreggiare.

Fonte: Blog di Nicola Porro, 26 dicembre 2021

5 - IL BALLO DELLE PAZZE E I DUBBI SULLA SCIENZA
Il film ricostruisce il clima di un manicomio parigino di fine '800, il secolo dello spiritismo, dei tavolini ballanti e dei medium spacciati come ''scienziati''... e guai a chi non è d'accordo con la ''scienza'' (vedete analogie con l'oggi?)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22-09-2021

Qualcuno potrà chiedersi come mai il sottoscritto insista coi film. Il fatto è che la potenza di un racconto per immagini è tale da essere in grado di orientare, dài e dài, le teste. Gesù stesso usava le parabole, cioè racconti immaginari, e poco il discorso diretto. La saggistica erudita, anche se di fior di teologo, ormai non la legge nessuno. Ma tutti hanno ormai il cinema in casa.
Bene, il film di cui parlerò oggi è appena uscito e di sicuro lo troverete nei cineforum parrocchiali. Si tratta di Le bal des folles (il ballo delle pazze), della francese Mélanie Laurent, che ne è anche co-protagonista. La vicenda si svolge nel 1885 e comincia coi funerali-kolossal di Victor Hugo a Parigi (tre milioni di partecipanti). C'è anche Eugénie, figlia indisciplinata di un altoborghese retrivo e conservatore. Il quale non sa più come gestire la giovane, che a un certo punto afferma di parlare con gli spiriti dei defunti. E' troppo, e il genitore la fa rinchiudere alla Salpêtrière, il manicomio parigino che ospita cinquemila detenute ed è diretto dal famosissimo Jean-Martin Charcot.
Ora, qui c'è una piccola (piccola?) contraddizione nel film, forse una licenza poetica per stigmatizzare lo scientismo nascente giusto in quel secolo. Quel secolo, infatti, era anche il secolo dello spiritismo, degli ectoplasmi, dei tavolini ballanti e dei medium. Perciò non si capisce molto l'avversione di principio del padre di Eugénie per la possibilità che lei parlasse davvero coi defunti. Lo spiritismo era considerato, infatti, la via "scientifica" al soprannaturale, e per questo era molto praticato proprio da scienziati e scientisti.
Vabbè, torniamo a lei. Il film ricostruisce benissimo il clima alla Salpêtrière, con un attore somigliantissimo al vero Charcot. Questi, iniziatore della neurologia, era già un medico di fama internazionale, gloria di Francia (gli è stato dedicato anche un francobollo), con le sue lezioni-spettacolo sull'ipnosi seguite inevitabilmente da scrosci di applausi adoranti. Tuttavia, essendo la scienza neurologica ai primi passi, tutto intanto si risolveva in salassi, pazienti tenute per ore in vasche piene di ghiaccio, isolamento al buio per le più agitate, docce fredde con l'idrante, cinghie di contenzione e via "curando".
Su tutto aleggiava la parola magica della psichiatria del tempo: «isteria». Freud stesso fu allievo di Charcot prima di prenderne le distanze. Non ricordo chi disse che l'«isteria» fu a lungo il «cestino della carta straccia in cui si buttava tutto quel che non si sapeva spiegare».
Come oggi il «disturbo psicosomatico». A questo punto voi direte: ma che c'entra il titolo del film? La risposta è che effettivamente la Salpêtrière indiceva ogni anno un ballo di beneficenza cui partecipavano le pazienti ed era invitato le grand monde della capitale. Ma la riflessione è un'altra. Lo spettatore sa che quei metodi curativi erano semplicemente barbari, perché la scienza, per fortuna, li ha abbandonati quando ha scoperto di meglio.
Ma a quel tempo non c'era altro, non era colpa di nessuno. A quel tempo, erano, anzi, all'avanguardia. Ebbene, anche oggi dobbiamo sopportare un metodo sanitario d'avanguardia che nessuno sa se in futuro verrà definito barbaro. E anche oggi se qualcuno avanza dubbi viene lapidato come nemico della «scienza».
E se poi venisse fuori che forse avevano ragione i dubbiosi, i salassatori si giustificherebbero col dire che loro erano in buona fede. Come il Charcot del film, nel quale la co-protagonista - che con lui lavora - ben si accorge che i metodi del Luminare Semidio Intoccabile e Indiscutibile sono crudeli e servono a poco. Dunque - dice il film - anche a quel tempo si potevano avere dei dubbi, e anche a quel tempo si finiva, come la co-protagonista, in cella.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22-09-2021

6 - PREMIO NOBEL A DESMOND TUTU, VESCOVO ANGLICANO SOCIALISTA E ANTISEMITA
Esaltato come il Martin Luther King africano, giustificava le azioni terroristiche contro i bianchi e diceva: ''Quando noi neri prenderemo il potere, faremo soffrire gli ebrei''
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07-01-2022

Il corpo di Desmond Tutu verrà liquefatto, qualunque cosa ciò voglia dire. Bufala? Boh. Ormai non si capisce più niente e quello giornalistico è diventato un mestiere dinastico in via di patetica estinzione. Se è vero (e non è una errata traduzione dell'afrikaans «cremato», prima che qualche speaker francofilo dica «Tutù»), è quanto meno singolare per un arcivescovo (anche gli anglicani sono cristiani).
Premio Nobel per la Pace 1984, uno dei primi della svolta politicamente corretta di Oslo, fu fatto passare per il Martin Luther King degli africani. Il solito boomerang occidentale in piena Guerra Fredda, quando l'Urss cercava di «dialettizzare i contrasti» in Sudafrica, da cui, prima dell'allargamento del canale, passavano le grandi petroliere troppo larghe per Suez. La carriera di Tutu era stata stupefacente. Lasciati gli esami di medicina per il sacerdozio, dopo gli studi a Londra eccolo subito vescovo del Lesotho. Un anno, ed è segretario generale del Consiglio delle Chiese Sudafricane. E immediatamente comincia a viaggiare in tutto il mondo. Scopo di questi viaggi, propagandare il boicottaggio economico del Sudafrica reo di apartheid. E il tirannico governo di Pretoria che fa, gli revoca il passaporto? Per niente. E giù premi. Anche quello intitolato a Martin Luther King. Il Nobel, poi, gli vale anche l'arciepiscopato di Città del Capo. En plein.
La sua amicizia e collateralità con l'Anc (African National Congress) è nota e dichiarata. Anche se sui trenta membri del direttivo Anc una ventina erano membri del Partito comunista sudafricano. E mentre dal vicino Mozambico, in piena dittatura comunista, la gente scappava verso l'apartheid sudafricano, evidentemente considerato preferibile. L'Anc, per abbattere il regime, provocava disordini continui, conditi da distruzioni e saccheggi in stile Black Lives Matter ante litteram. I più anziani tra noi ricorderanno le foto dei famosi necklaces, le «collane» di pneumatici cosparsi di benzina e incendiati, messi al collo dei «collaborazionisti» neri con le mani legate dietro la schiena. Il primo presidente dell'Anc era l'altrettanto celebrato Mandela, premio Nobel pure lui e immortalato da Hollywood con un film agiografico. Aspettiamoci dunque un film su Tutu.
Scartabellando tra le notizie d'epoca ho trovato un bel florilegio di frasi storiche di quest'ultimo, compilato da Ettore Ribolzi per «Cristianità» nel 1987, dunque in corso d'opera. Mi permetto di riproporne alcune. Vancouver, 1983: «Trovo il capitalismo del tutto orrendo e inaccettabile. Io sono socialista». Zambia, 1985: «Se i russi venissero in Sudafrica oggi, allora la maggior parte dei neri che rifiutano il comunismo perché ateo e materialista li accoglierebbe come salvatori. Ogni cosa sarebbe migliore dell'apartheid». Stesso anno, alla rete televisiva Wnbc di New York: «Ma noi siamo i loro domestici, siamo noi che ci prendiamo cura delle case della gente bianca. Facciamo da mangiare e sorvegliamo i loro bambini. Alcuni domestici potrebbero essere reclutati e potrebbe essere loro fornita una fiala di arsenico» (l'intervistatore aveva fatto osservare che le armi le avevano i bianchi).
Uno dei pochissimi a non aver aderito alle sanzioni economiche contro il Sudafrica era stato Israele. E Tutu, nel 1984 invitato dal Gruppo dei deputati ebrei sudafricani, minacciava: «Secondo il Nuovo Testamento gli ebrei devono soffrire. Pertanto metteremo ciò in pratica, se prenderemo il potere». Infatti, «gli ebrei sono i maggiori sfruttatori dei neri, perciò devono soffrire». Concludendo, «non ci sarà simpatia per gli ebrei quando i neri prenderanno il posto dei bianchi». Plauso dell'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina, di Arafat, altro premio Nobel, anche lui per la Pace), il cui rappresentante nello Zimbabwe, Alì Halimeh, diceva: «Siamo convinti che il collasso del sistema del Sudafrica condurrà alla distruzione dello Stato sionista in Medio Oriente». Peccato che il Mossad sia sempre più furbo di loro.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07-01-2022

7 - MADRES, IL FILM HORROR CHE SVELA L'EUGENETICA
Nelle campagne californiane anni '70, fra messicani e figli dei fiori, una giovane donna incinta indaga sulla mancanza di bambini nella Contea di Los Angeles
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-11-2021

Il film Madres, a breve nelle sale, è stato classificato come «horror» da chi, in Italia, deve dare una qualche sigla ai prodotti cinematografici; magari, ha creduto, in questo caso, di allettare lo spettatore (chi bazzica internet sa che i film dell'orrore sono, chissà perché, in cima alle preferenze). Ma il regista Ryan Zaragoza, di evidenti ascendenze latinos, ha voluto fare, in realtà, un'opera di denuncia.
La storia si svolge nelle campagne della contea di Los Angeles negli anni Settanta, dove la bassa manodopera è interamente composta da immigrati messicani. Il protagonista è anch'egli messicano e ha sposato una americana, ma di origine messicana. Lei, pur diplomata in giornalismo investigativo (negli Usa la chiamano laurea), ha accettato di seguirlo in una vita che immagina bucolica in una grande catapecchia in mezzo al nulla. È incinta del primo figlio.
Cominciano ad accadere strane cose; lei, mentre il marito è lontano al lavoro, fa strane scoperte tra gli oggetti dei precedenti locatari. Poi si accorge che quasi tutti i lavoratori messicani hanno moglie, però in giro non vede bambini. Forte del suo diploma (o laurea) comincia a indagare. Va negli archivi, scopre che chi l'ha preceduta nella grande casa è morta di parto. Poi, bazzicando la clinica, si chiede perché alle partorienti venga fatto firmare un foglio mentre sono sul lettino ginecologico: molte giovani donne parlano solo spagnolo, non si fidano, vogliono la presenza del marito; ma se non firmano non avranno assistenza, così cedono.
Che cosa c'è in quel foglio? Non si sa, la nostra protagonista intanto ha altro per la testa. Una misteriosa eruzione cutanea comparsale su un braccio e tendente ad allargarsi. Da buona figlia dei fiori californiana pensa subito ai pesticidi che ha visto usare nei campi anche da suo marito e tira le conclusioni ecologiche: sono i pesticidi a causare la moria di neonati. Lei, che è appunto incinta, si allarma e cerca di convincere il marito a denunciare la cosa. Ma quello teme soprattutto di perdere il lavoro: non può mostrarsi piantagrane in base a un semplice sospetto della moglie.
Bene, a questo punto lo spettatore è chiamato a ricordare la frase di Joseph Conrad posta a esergo del film: «Non è necessario credere in una fonte sovrannaturale del male: gli uomini da soli sono perfettamente capaci di qualsiasi malvagità». Si potrebbe obiettare a Conrad (piuttosto portato al tema, è infatti l'autore del celebre Cuore di Tenebra) che la propensione al male degli uomini non è insita nella loro natura, dal momento che ce ne sono tanti altri che fanno il contrario. Ma noi cattolici crediamo nel Peccato Originale; chi non ci crede è condannato a non spiegare niente.
Detto, questo, sì, il film è davvero dell'orrore, ma non certo paranormale. La protagonista scopre, infatti, che non c'entrano i pesticidi e nemmeno i fantasmi. Si tratta, banalmente, di eugenetica. Il foglio che le partorienti devono firmare è un'autorizzazione alla sterilizzazione: anziché farle partorire le fanno abortire, poi legano loro le tube. Perché i messicani fanno troppi figli. I titoli di coda danno le cifre di quel che succedeva nella California degli hippies, lo Stato più liberal degli Usa, a questo proposito e fin quasi all'altr'ieri.
Solo di recente il Canada ha fatto pubblica ammenda di aver fatto le medesime cose coi nativi fin quasi alla stessa epoca. Anche la Svezia. Anche il Giappone, dove i malformati sono da sempre emarginati (v. le prime scene di Sol Levante, 1993, con Sean Connery e Welsey Snipes). Cinema per cinema, il celebre Vincitori e vinti del 1961 sul Processo di Norimberga ebbe il coraggio di far dire all'avvocato difensore dei gerarchi (impersonato da Maximilian Schell) che l'eugenetica, prove alla mano, l'avevano inventata gli anglosassoni, i nazisti non avevano fatto altro che applicarla su larga scala. Coraggio: infatti nel remake del 2000, Nuremberg, non c'è più. Nel 1961 l'eugenetica era ancora una brutta cosa, nel Terzo Millennio no.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-11-2021

8 - OMELIA VI DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 6,17.20-26)
Rallegratevi in quel giorno ed esultate
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Nella nostra vita cristiana ci dobbiamo su due fondamenti. Il primo è la consapevolezza della nostra miseria e nullità. Da soli siamo capaci solo di sbagliare, di peccare. Il secondo fondamento è la fiducia in Dio. "Tutto posso in colui che mi dà forza", affermava san Paolo apostolo. Anche se grande è la nostra miseria, con l'aiuto di Dio riusciremo a superare ogni ostacolo e a farci santi come Dio vuole. È quanto il profeta Geremia ci ricorda con queste parole: "Maledetto l'uomo che confido nell'uomo [...]. Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia". Non dobbiamo confidare in noi stessi, nelle nostre forze e capacità e nemmeno nell'aiuto degli altri. "Solo in Dio riposa l'anima mia, da Lui la mia salvezza", recita un Salmo. Solo nella preghiera umile e fiduciosa sta la forza dell'uomo. L'uomo deve impegnarsi a fondo nel fare il bene e deve essere consapevole che solo da Dio dipenderà il risultato dei suoi sforzi. Questo concetto è espresso molto bene da quel proverbio popolare: aiutati che Dio ti aiuta. Senza il nostro sforzo sarebbe una presunzione confidare nell'aiuto di Dio. La buona volontà da parte nostra è il punto di contatto tra la nostra miseria e l'Onnipotenza divina.
Nel Santo Vangelo, san Luca scrive una delle pagine più belle di tutto il Nuovo Testamento, cioè quella delle Beatitudini. Con le Beatitudini abbiamo un capovolgimento dei valori, del modo di ragionare. Il mondo esalta la ricchezza, il benessere, il quieto vivere; Gesù invece proclama beati i poveri, gli affamati, gli afflitti, i perseguitati. E quanto insegna san Paolo nelle sue lettere: "Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione". E questa gioia nella tribolazione è un dono, un frutto dello Spirito Santo. Ecco perché tante volte i Martiri andavano lieti e festanti incontro alle torture e alla morte. Si può dire che le Beatitudini sono il frutto più maturo della vita cristiana, non è più un ragionare secondo il mondo ma secondo Dio, è la Sapienza della Croce, che ci fa trovare dolce tutto ciò che è amaro. È beato colui che riproduce nella sua vita Gesù povero, afflitto e perseguitato. Chi più assomiglia a Gesù, più è felice.
Gesù stesso disse un giorno a santa Margherita Maria Alacoque che il Santo più vicino al Suo cuore è stato san Francesco d'Assisi ed è proprio per questo che il Santo d'Assisi è il santo della letizia, il santo che più ha esultato in mezzo alle più grandi sofferenze, fino a divenire una copia vivente del Crocifisso; il primo stigmatizzato, che ha sovrabbondato di gioia, nelle acerbe sofferenze della croce. Fin dopo la sua conversione imparò ad assaporare la dolcezza della croce, ma fu soprattutto sul monte della Verna che raggiunse il vertice delle Beatitudini. Beato perché crocifisso con Cristo.
Il giovane Francesco d'Assisi, da poco convertito da una vita spensierata, andando a cavallo, un giorno incontrò inaspettatamente un lebbroso. La sola vista dei lebbrosi era sufficiente a Francesco per provarne un orrore tale da volgersi alla fuga irresistibilmente. Quel giorno però, se istintivamente stava per turarsi il naso e spronare il cavallo alla fuga, interiormente una voce lo fermò: "Come si comporta un cavaliere di Cristo? ...". Francesco si buttò giù da cavallo con un balzo, corse al lebbroso, gli prese e gli baciò la mano cancrenosa, vi depose sopra una moneta e rimontò a cavallo. Si era vinto! Quasi non credeva a se stesso. Si girò attorno per guardare il lebbroso: ma non lo vide più. Dov'era? Era sparito. Da quel giorno seppe vincere così perfettamente se stesso che non solo non evitava i lebbrosi , ma andava lui stesso a curarli e servirli.
San Francesco stesso dirà prima di morire: "Ciò che prima mi sembrava amaro, mi si convertì in dolcezza di anima e di corpo". Gesù nel Vangelo dice a tutti quelli che sono nella sofferenza e nella persecuzione: "Rallegratevi [...] ed esultate, perché la vostra ricompensa è grande nel cielo". San Francesco diceva nella sofferenza: "Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto". Ci insegna in questo modo che nelle sofferenze dobbiamo innalzare lo sguardo alla ricompensa celeste. Di fronte alla gloria del Paradiso, ogni croce diventa dolce. Sulla terra, solo il possesso di Dio è sorgente di pace e di serenità, pur tra le lacrime e le angustie del mondo. Il patire è breve, la gioia è infinita. San Francesco amò la croce perché lo rendeva sempre più simile a Gesù Cristo.
Per salire il Monte delle Beatitudini, per raggiungere la piena somiglianza con Gesù Crocifisso e Risorto, dobbiamo amare, venerare, pregare e servire Maria, l'umile Serva del Signore. La devozione a Lei è un segreto di grazia che ci facilita in questa ardua ascesa. Un antico Autore così esclamava: "Beato colui che si consacra a Maria, il suo nome è scritto nel libro della vita".

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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