BastaBugie n�795 del 16 novembre 2022

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1 IL VERO VINCITORE DELLE ELEZIONI USA DI MIDTERM E' RON DESANTIS, GOVERNATORE DELLA FLORIDA
Cattolico, 44 anni, sposato, tre figli, antiabortista, avversario della Disney, no gender nelle scuole, niente lockdown e mascherine durante il covid... potrebbe sostituire Trump nella corsa alla Casa Bianca
Autore: Federica Di Vito - Fonte: Sito del Timone
2 IL PIEMONTE VUOLE EVITARE GLI AFFIDI ILLECITI TIPO BIBBIANO
La legge appena approvata dal Consiglio regionale del Piemonte offrirà supporto alle famiglie d'origine per evitare nell'80% dei casi di affidare il minore a estranei
Autore: Anna Bono - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 NELL'ULTIMO ANNO SONO AUMENTATI DEL 260% I CRIMINI D'ODIO CONTRO LA CHIESA CATTOLICA
Si moltiplicano in tutto il mondo vandalismi, profanazioni, minacce ai sacerdoti, incendi di chiese e parrocchie (oltre ai 71 cattolici in Nigeria massacrati da gruppi armati musulmani un mese fa)
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera
4 LA FRANCIA ATTACCA L'ITALIA SULL'IMMIGRAZIONE CON L'AIUTO DELLA SINISTRA
Non c'è solo la Francia, ma anche la sinistra italiana che, divisa e boccheggiante dopo la sconfitta, fa sponda per cercare di spaccare il governo Meloni (con Berlusconi che sembra prestarsi al gioco... un film già visto)
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone
5 BOLSONARO COME TRUMP: LE ELEZIONI BRASILIANE SONO STATE TRUCCATE
Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per incoraggiare il Presidente e per protestare contro il comunismo di Lula, eletto con evidenti brogli nelle urne elettroniche
Autore: Julio Loredo - Fonte: Associazione TFP
6 FLAT TAX E QUOZIENTE FAMILIARE: LA MELONI RIUSCIRA' DOVE HA FALLITO BERLUSCONI?
Si finirebbe di punire chi guadagna di più (come se produrre reddito e occupazione fosse una colpa come dice l'ideologia comunista) e le famiglie numerose (unica risposta all'inverno demografico alle porte)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 GRASSO E' BELLO, MA SOLO PER LA DISNEY
Arriva Bianca, la ballerina in sovrappeso di Reflect con cui si esalta, a danno delle adolescenti, il rapporto disordinato con il cibo (nonostante le gravi conseguenze)
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Sito del Timone
8 OMELIA SOLENNITA' CRISTO RE - ANNO C (Lc 23,35-43)
Oggi con me sarai nel paradiso
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL VERO VINCITORE DELLE ELEZIONI USA DI MIDTERM E' RON DESANTIS, GOVERNATORE DELLA FLORIDA
Cattolico, 44 anni, sposato, tre figli, antiabortista, avversario della Disney, no gender nelle scuole, niente lockdown e mascherine durante il covid... potrebbe sostituire Trump nella corsa alla Casa Bianca
Autore: Federica Di Vito - Fonte: Sito del Timone, 9 novembre 2022

Il governatore repubblicano Ron DeSantis ha battuto il democratico Charlie Crist per un milione e mezzo di voti, quindici punti di distacco, 57 a 42 per cento, vincendo così un secondo mandato in Florida. Il margine di vittoria di DeSantis è il più grande nella corsa al governatore della Florida dal 1982. «Grazie al sostegno schiacciante del popolo della Florida, non solo abbiamo vinto le elezioni, ma abbiamo riscritto la mappa politica», ha dichiarato. E scopriremo presto se si candiderà alle presidenziali del 2024. Che sia un segnale di allarme per i democratici? Sembrerebbe che lo spostamento dei voti ispanici verso i conservatori, come avevamo raccontato tramite alcuni sondaggi, sia un dato reale.
«44 anni, sposato, tre figli, laurea a Yale e Harvard, antiabortista, omofobo, promotore della legge "Don't Say Gay" con cui si vieta nelle scuole pubbliche, dall'asilo all'elementare, di affrontare il tema sull'identità sessuale. Tra i suoi grandi avversari c'è la Disney, che aveva preso le distanze dalla sua politica di discriminazione verso gay e lesbiche», così viene descritto da Repubblica. Noi ne avevamo già parlato e siamo di tutt'altro avviso, ovviamente. E sembra valere lo stesso anche per i suoi elettori, che lo hanno elogiato inoltre per la sua gestione della pandemia, durante la quale le imprese hanno riaperto e i bambini sono tornati nelle aule prima che in altri Stati.
«Ha tenuto aperto il nostro Stato. Ha riportato i bambini a scuola», queste le parole di un elettore sul New York Times. «Abbiamo scelto i fatti rispetto alla paura, abbiamo scelto l'istruzione rispetto all'indottrinamento», ha dichiarato DeSantis promuovendo la sua gestione del Covid e l'incessante difesa dei diritti dei genitori, «dopo quattro anni, il popolo ha emesso il suo verdetto: la libertà è qui per rimanere».
Ha tutelato i diritti dei genitori e dei bambini, opponendosi all'ideologia woke, la sua amministrazione è stata l'unica a rifiutare la sperimentazione dei vaccini sui bambini al di sotto dei 5 anni, ha firmato a marzo un disegno di legge che vieta le discussioni sulla sessualità e sull'identità di genere nelle scuole della Florida, e quando la Walt Disney si è opposta alla legge, DeSantis ha revocato lo status di «distretto speciale indipendente» del gigante Disney che gli concedeva un'autonomia legale unica sulla terra contenente il suo parco a tema Walt Disney World nello Stato del Sunshine.
Si è battuto per vietare la confusione di genere negli sport femminili e maschili, ha represso gli spettacoli drag queen per bambini e, notizia fresca del 4 novembre, il Florida Board of Medicine e lo State Board of Osteopathic Medicine hanno votato 6-3 per vietare ai medici di prescrivere bloccanti e ormoni della pubertà o di eseguire interventi chirurgici fino a quando un paziente non abbia compiuto 18 anni. Ad eccezione dei bambini che stanno già ricevendo il trattamento. La seconda vittoria di DeSantis poi fa ben sperare anche il mondo pro life, visto il divieto della maggior parte degli aborti dopo le 15 settimane di gravidanza. Così lo descriviamo noi e così ha meritato la vittoria

Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Usa: i Repubblicani non stravincono, ma i Democratici non capiscono di aver perso" spiega nel dettaglio perché i Democratici non possono cantar vittoria.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'11 novembre 2022:

Per Joe Biden, i Democratici hanno passato una "buona nottata". In una conferenza stampa, con lo spoglio ancora in corso, ieri sera ha dichiarato una "vittoria morale" del suo partito, pur ammettendo la sconfitta di "alcuni" candidati. Si tratta di un classico esempio di rimozione della realtà, perché la "vittoria morale" di ieri non c'è stata, si tratta a tutti gli effetti di una sconfitta, anche se non clamorosa come molti sondaggi prevedevano. Al momento in cui questo pezzo va online lo spoglio non è finito, né per la Camera né per il Senato, ma i Repubblicani sono quasi certi di conquistare la maggioranza alla Camera e hanno almeno un pareggio al Senato. [...]
Ma i Democratici, invece di cantare una "vittoria morale", tirando un respiro di sollievo perché si attendevano una sconfitta peggiore, farebbero meglio a riflettere su alcuni aspetti.
Il primo è quello della perdita di consensi nei loro classici bacini elettorali: donne, giovani, afro-americani e latino-americani votano ancora a maggioranza per il Partito Democratico, ma sempre più trasmigrano verso il Partito Repubblicano, come mostrano gli exit poll effettuati anche dalla Cnn. In generale, tutte le categorie che solitamente sono associate alla sinistra americana, oggi sono più equamente divise e nel caso dei latino-americani, degli uomini in particolare, il passaggio da un partito all'altro è clamoroso: erano il 29% in più quelli che votavano per i Democratici nel 2018 (alle scorse elezioni di metà mandato), oggi sono appena l'8% in più. Un crollo di consensi del 21% è notevole e avviene proprio nella popolazione che può rappresentare il futuro demografico del Paese, se si mantengono gli attuali ritmi di immigrazione.
Proprio il cambiamento politico in corso fra i latino-americani è una delle cause principali della vittoria più spettacolare di queste elezioni: la rielezione di Ron DeSantis a governatore della Florida e la contemporanea rielezione in Senato di Marco Rubio (ex candidato presidenziale nelle primarie del 2020). La Florida non è mai stata una roccaforte repubblicana, è uno Stato perennemente in bilico. Ed anche nelle ultime elezioni per il governatore, nel 2018 DeSantis aveva strappato una vittoria di strettissima misura (0,4 punti percentuali in più) su Andrew Gillum. Adesso invece si afferma con un netto 59,4% contro Charlie Crist.
Il modello di governo di DeSantis spiega molte cose del successo repubblicano di ieri e di quello che potrebbe ripetersi ancora con più evidenza alle prossime presidenziali. Durante la pandemia, il governatore repubblicano ha chiesto la minima prudenza indispensabile ai suoi cittadini, con un lockdown molto parziale e molto breve: dopo due settimane i floridiani potevano tornare già sulle loro spiagge tropicali. Si è sempre opposto alla chiusura delle scuole. Quando è arrivato il vaccino, pur incoraggiando la vaccinazione, DeSantis si è sempre opposto all'obbligo. I risultati ottenuti sono ottimi: il tasso di mortalità in Florida è sempre stato nella media nazionale e molto inferiore a quello di Stati che hanno imposto misure molto più draconiane, come New York. In compenso, la crescita economica nella ripresa post-pandemica è stata molto più rapida che nel resto del Paese. Alla vigilia delle elezioni, la disoccupazione in Florida era ridotta al 2,5% (contro il 3,7% nazionale). I risultati della mancata chiusura delle scuole si vedranno nei prossimi anni, ma di sicuro gli studenti floridiani hanno accumulato due anni di vantaggio rispetto ai loro coetanei di New York che hanno perso due anni di scuola in Dad.
Anche sul fronte della guerra culturale, il governatore repubblicano è stato in prima linea contro la cancel culture e contro l'introduzione dei programmi scolastici gender nelle scuole primarie (fino alla terza elementare). Cosa per cui è stato accusato di discriminazione: "non dire gay" è il nomignolo affibbiato alla sua legge statale, che in realtà si limita a chiedere un linguaggio dell'educazione sessuale appropriato ai bambini e ridà voce in capitolo ai genitori. La Disney, patria dell'infanzia per eccellenza, ha protestato (segno dei tempi che cambiano) e per tutta risposta DeSantis ha firmato la legge, approvata a maggioranza dal Congresso locale, per abolire lo statuto speciale di cui godeva il suo territorio.
Un misto di liberalismo economico e conservatorismo culturale è la ricetta che ha sempre caratterizzato i periodi di maggiore successo dei Repubblicani, ma era considerata una formula adatta solo a "maschi, bianchi, anglosassoni". Con queste elezioni di metà mandato, invece, dimostra di sfondare anche fra altre popolazioni, se produce buoni risultati: anche roccaforti democratiche come il collegio Miami-Dade ha votato ad ampia maggioranza sia per il governatore repubblicano che per il candidato del Gop al Senato.
I Democratici hanno sempre rifiutato di sottoporsi ad autocritica sulla loro politica economica. Eppure, alla vigilia delle elezioni, in tutti i sondaggi gli americani dimostravano di essere preoccupati soprattutto dall'inflazione, che sta erodendo il loro potere d'acquisto. Si sta raggiungendo di nuovo la piena occupazione, ma con l'inflazione, i salari vengono rapidamente consumati. La risposta dell'amministrazione Biden è sempre quella di aumentare la spesa pubblica per programmi ecologisti e di imporre il calmiere su beni essenziali, come i prodotti farmacologici. Ma questi rimedi potrebbero risultare ancora peggiori del male, creando una bolla della green economy da un lato e dall'altra provocando una penuria di beni calmierati.
La sinistra americana, per altro, è sempre più vicina a quella che la sinistra tradizionale avrebbe chiamato "il partito del grande capitale". Basti vedere i finanziamenti che hanno ricevuto. George Soros, il finanziere filantropo più famoso del mondo, ha donato ai comitati elettorali democratici 129 milioni di dollari. Da solo ha sborsato una cifra che è quasi pari a circa la metà di tutte le donazioni ricevute dal Partito Repubblicano. Se guardiamo alle grandi aziende del mondo delle Big Tech, vediamo che i loro dipendenti hanno donato quasi esclusivamente al Partito Democratico. La più bipartisan risulta essere Oracle dove "solo" il 66% ha donato alla sinistra, mentre la più partigiana è (ovviamente) Netflix dove il sostegno monetario al partito dell'asinello viene dal 99,6% dei dipendenti, a tutti i livelli (che fine ha fatto il restante 0,4%?). In mezzo, tutte le Big Tech (Amazon, Microsoft, Meta, Google/Alphabet, PayPal, Apple, AirBnb, ecc...) hanno al loro interno una percentuale di donatori di sinistra pari o superiore al 90% dei loro dipendenti.
Tutti gli americani, a prescindere da sesso, etnia ed età, sono preoccupati per l'impennata dell'immigrazione illegale, dal record di 2,8 milioni di attraversamenti illeciti del confine meridionale e dal triste record di 853 emigranti morti nel tentativo di varcarla. Eppure i Democratici, nonostante la marcia indietro dell'amministrazione Biden, ha sempre puntato alla massima tolleranza del fenomeno. Gli americani sono anche preoccupati dall'impennata di criminalità in tutte le grandi città, soprattutto quelle amministrate dai Democratici, come New York, Chicago, Washington, Baltimora, Portland. E non è un caso che il crimine imperversi soprattutto sotto le amministrazioni di sinistra, perché sono quelle che hanno tollerato per motivi politici la violenza di Black Lives Matter e degli Antifa. Ed hanno un approccio "socio-politico" alla criminalità comune, ritenendola un prodotto dell'ingiustizia sociale più che una violenza da combattere.
Le elezioni di ieri, soprattutto il caso della Florida, hanno lanciato diversi segnali. Non sono segnali eclatanti, non si avvicinano neppure a quell'onda "rossa" che molti prevedevano, ma non devono essere trascurati. Gli Usa hanno voglia di cambiare, economicamente e culturalmente. Se queste cause troveranno i giusti rappresentanti, nelle prossime presidenziali l'ondata potrebbe arrivare realmente.

Fonte: Sito del Timone, 9 novembre 2022

2 - IL PIEMONTE VUOLE EVITARE GLI AFFIDI ILLECITI TIPO BIBBIANO
La legge appena approvata dal Consiglio regionale del Piemonte offrirà supporto alle famiglie d'origine per evitare nell'80% dei casi di affidare il minore a estranei
Autore: Anna Bono - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 7 novembre 2022

La giunta regionale del Piemonte, composta da una coalizione di centrodestra in carica dal 2019, ha un assessorato che si occupa specificamente di infanzia, genitorialità e ruolo della famiglia nelle politiche del bambino. Chiara Caucino, che ne ha le deleghe, fin dall'inizio del suo mandato si è occupata assiduamente del problema dei minori allontanati dai genitori per offrire loro cure, educazione e condizioni di vita adeguate qualora la famiglia d'origine non sia in grado di farlo. A richiamare la sua attenzione e ad allarmarla è stato l'elevato numero in Piemonte, superiore alla media nazionale, dei bambini dati in affidamento familiare e accolti in strutture residenziali. I dati più recenti disponibili indicano infatti in Italia una media di 2,7 minori per mille allontanati dalle famiglie contro il 3,5 per mille del Piemonte.
Ad accrescere interesse e preoccupazione verso il fenomeno sono state nel frattempo le notizie di cattiva gestione dell'istituto dell'affidamento: il caso più clamoroso è quello di Bibbiano, emerso nel 2019 nell'ambito dell'inchiesta "Angeli e demoni" sugli affidi illeciti. L'assessore Caucino si è quindi impegnata nella formulazione di una nuova legge regionale che preveda maggiore supporto alle famiglie di origine nell'obiettivo di mettere al centro il sostegno della genitorialità in funzione del "diritto naturale" dei minori, del loro primario interesse a crescere nelle rispettive famiglie.

AFFIDAMENTO AI FAMIGLIARI FINO AL QUARTO GRADO
In sostanza la nuova normativa prevede innanzitutto che l'indigenza non possa mai essere causa di allontanamento e quindi privilegia l'aiuto economico alle famiglie, in termini di sussidi, contributi al pagamento di affitti di locazione e ad altre spese, assegnazione di abitazioni idonee alle necessità familiari.
La legge intende in secondo luogo attuare politiche che, nel rispetto e nella tutela dei minori, riducano per quanto possibile i tempi della separazione dei bambini dai famigliari, ove questa si renda necessaria, per evitare quanto più possibile di sradicare il minore e affidarlo ad estranei, per quanto professionalmente preparati e affidabili. A tal fine impegna l'amministrazione a potenziare l'affido flessibile e modulabile sulle necessità della famiglia, a sostenere le reti famigliari concentrando su di esse il sostegno economico, culturale e sociale e privilegiando l'affidamento ai famigliari fino al quarto grado di parentela. Un'attenzione speciale è prevista a non dividere i fratelli e quindi a inserirli in un'unica casa-famiglia o struttura.
Tra gli organi introdotti dalla legge figurano un Progetto educativo familiare (Pef), della durata minima di sei mesi e con il coinvolgimento dei servizi sociali, prima di procedere all'allontanamento di un minore, e un Osservatorio, che raccolga dati ed esegua un monitoraggio costante della situazione dei minori in affido e di quelli rimasti nelle famiglie di origine. "Quella di oggi - ha commentato l'assessore il giorno del voto - è una data storica. In questi anni, visitando le comunità e le case-famiglia mi sono sentita chiedere dai bambini, ai quali parlavo e stringevo le manine, di poter tornare dalla mamma e dal papà, dalla zia o dal nonno e ho assicurato loro che avrei fatto di tutto perché questo si potesse realizzare: oggi mi sento di dire che la promessa è stata mantenuta". La legge, spiega Caucino, che è una esponente della Lega, non ha un colore politico: "Sono certa che vada esclusivamente nell'interesse dei minori e che anche chi oggi si oppone la apprezzerà vedendola applicata. L'ambizione è che la legge possa diventare un modello virtuoso applicabile in tutta l'Italia".

I FIGLI APPARTENGONO AI GENITORI
Però le critiche ci sono state e continuano, espresse dagli esponenti della minoranza nel Consiglio regionale del Piemonte e da operatori delle strutture assistenziali e dei servizi sociali. Per questo l'iter della legge è stato così lungo. Ci sono voluti tre anni per arrivare, il 25 ottobre scorso, alla sua approvazione. L'accusa fondamentale è che l'interesse dei bambini, per quanto affermato, sia invece sacrificato a quello degli adulti e questo perché il presupposto della legge - si sostiene - è che "i figli appartengano ai genitori". Di certo non appartengono allo Stato, replicano i sostenitori della norma consapevoli che, sottinteso, ma chiaro, è l'attacco alla famiglia di chi ne sottovaluta, quando non la nega, l'importanza cruciale per l'equilibrio psicofisico dei bambini. In linea con questa posizione, come si ricorderà, è stata la proposta di rendere obbligatorio l'asilo nido (da 0 a 3 anni), sostenuta lo scorso agosto dal piddino Stefano Bonaccini, governatore della regione Emilia-Romagna.
La legge è stata chiamata "Allontanamento zero". Ne ha approfittato chi si opponeva alla norma per denunciare l'intenzione dell'assessore Caucino e della giunta regionale piemontese di abolire l'istituzione dell'affido. Non è questo l'obiettivo, è ovvio, se non idealmente, in un mondo in cui nessun bambino nasca in famiglie fragili e incapaci di garantire ai figli sicurezza e serenità. Durante la discussione della legge tuttavia sono stati citati dati che fanno ipotizzare una riduzione dell'allontanamento fino all'80%.

DOSSIER "SCANDALO BIBBIANO"
Bambini tolti illegalmente alla famiglia

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 7 novembre 2022

3 - NELL'ULTIMO ANNO SONO AUMENTATI DEL 260% I CRIMINI D'ODIO CONTRO LA CHIESA CATTOLICA
Si moltiplicano in tutto il mondo vandalismi, profanazioni, minacce ai sacerdoti, incendi di chiese e parrocchie (oltre ai 71 cattolici in Nigeria massacrati da gruppi armati musulmani un mese fa)
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera, 31 ottobre 2022

Dopo gli Stati Uniti, anche in Canada si moltiplicano i cosiddetti «crimini d'odio» contro la Chiesa cattolica, aumentati del 260% in un solo anno, dai 43 del 2020 ai 155 del 2021. A rivelarlo, è il recente rapporto pubblicato dall'agenzia statistica del governo.
Per lo più si tratta di vandalismi, di profanazioni, di minacce ai sacerdoti, di incendi ai danni di parrocchie, cappelle e oratori. Molte comunità di fedeli lamentano l'assenza di risposta a tali esecrabili azioni: le istituzioni preposte brillano per latitanza, indifferenza, trascuratezza, governo e media non ne parlano e, di conseguenza, non affrontano il problema.
L'allarme non sarebbe solo locale: secondo quanto dichiarato dalla direttrice dell'Osservatorio sull'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, Madeleine Enzbelger, la tendenza del fenomeno sarebbe ormai globale. Infatti, anche oltre i confini del Vecchio Continente non poca inquietudine suscitano casi di intolleranza sempre più numerosi.

INDIA E AUSTRALIA
In India, ad esempio, nello Stato nordorientale dell'Assam, per la precisione, tre cittadini svedesi con visto turistico - Annah Mikaela Bloom, Marcus Arne Henrik Bloom e Susanna Elisabeth Hakannson - sono stati arrestati e poi espulsi solo per essersi impegnati nell'organizzazione di incontri di preghiera. Ciascuno di loro è stato colpito comunque da una sanzione di 500 euro per aver violato le norme sui visti, prima della partenza. Ed, oltre tutto, ora il governo sta indagando contro di loro, per capire se siano imputabili anche del "reato" di «conversioni religiose», «un'accusa infondata», come ha osservato in un'intervista rilasciata a UCA News Allen Brooks, portavoce dell'Assam Christian Forum. Non dello stesso avviso Swetank Mishra, Sovrintendente della Polizia del Distretto di Dibrugarh, convinto di avere prove in tal senso, soprattutto foto e video. In particolare, sarebbe stata violata la Sezione 14 modificata della legge sugli stranieri del 1946.
Anche in Australia Andrew Thorburn, direttore generale di una squadra di calcio, l'Essendon Football Club, facente parte dell'Australian Football League, è stato costretto a dimettersi dall'incarico soltanto un giorno dopo esser entrato in carica, per il fatto di ritenere l'omosessualità un peccato e l'aborto un omicidio, coerentemente con la propria fede cristiana. Nessuna solidarietà, del resto, gli è giunta dai vertici del club: secondo quanto riportato da The Age, il suo presidente, David Barham, lo avrebbe subito posto di fronte alla scelta tra le sue convinzioni e la squadra. Sofferta, ma inevitabile la decisione, che è stato costretto ad assumere.

LA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI
Ha scritto Joel Agius sullo Spectator Australia che Thorburn è stato letteralmente «assalito da un'incessante retorica d'odio da parte di fanatici anticristiani, radunatisi contro di lui. Non si tratta di vittimismo. Si tratta della persecuzione di un cristiano in Occidente da parte di coloro che spesso predicano la tolleranza. Sembra che la persecuzione dei cristiani stia tornando di moda».
L'indice è puntato, in modo particolare - come rilevato dall'agenzia InfoCatòlica - contro il
movimento woke e l'ideologia cancel culture, strettamente legata ai circoli di Sinistra ed anarchici. «Sono profondamente turbato - ha dichiarato in merito l'arcivescovo cattolico di Melbourne, Peter Comensoli, nel corso di un'intervista all'emittente radiofonica Talk 3AW - È un dato di fatto piuttosto strano che si giudichino le persone indegne di giungere ai vertici, a causa delle proprie convinzioni cristiane».
Ora, certo, Thorburn potrebbe fare causa per discriminazione religiosa. Il «pensiero unico»
imperante, però, non gli è certo favorevole: egli stesso ha anzi sottolineato, in una dichiarazione rilasciata dopo le dimissioni, come l'accaduto costituisca indubbiamente un pericolo, che minaccia tutti i fedeli: «Mentre i cristiani continueranno senza dubbio ad essere perseguitati nella società in molti modi, non dobbiamo permettere che questo ci scoraggi dal proseguire nel vivere e condividere la nostra fede con altri - ha scritto ancora Joel Agius su Spectator Australia - Il Cristianesimo ha plasmato il mondo occidentale. Ha contribuito a fissare una morale. Ma ora ci sono persone, che cercano di cambiare completamente la nostra cultura, privandola proprio della moralità. Il che consente agli aspetti deteriori della nostra umanità di venire a galla e prendere il sopravvento a livello sociale. Il che porta solo sofferenza. I cristiani devono continuare ad essere coraggiosi ed a difendere ciò in cui credono, a prescindere da tutto». Senza sconti, senza se e senza ma. In una parola, non è tempo d'ignavi...

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Mauro Faverzani, nell'articolo seguente dal titolo "Il prezzo della fede" parla della persecuzione dei cattolici in Nigeria.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Radio Roma Libera il 7 novembre 2022:

Se, come già denunciato la scorsa settimana, il Canada è scosso da una grave ondata di violenza anti-cattolica, che ha fatto tristemente registrare un incremento del 260% in atti vandalici, profanazioni, minacce a sacerdoti, incendi ai danni di parrocchie, cappelle e oratori, tutti verificatisi tra il 2020 ed il 2021, è anche vero che forse gli interrogativi più seri sorgono all'interno delle comunità cattoliche: negli ultimi dieci anni, infatti, nel Paese la Chiesa ha "perso" qualcosa come due milioni di fedeli, passando dai 12,8 milioni del 2011 ai 10,9 milioni del 2021 pari al 29,9% soltanto della popolazione totale. Il Cattolicesimo resta la religione maggioritaria in quasi tutte le province canadesi, compreso il Québec, dove tuttavia il calo è stato particolarmente pesante, dal 74,7% del 2011 al 53,8% del 2021. [...]
Un'ignavia spirituale, un'abiura silenziosa ma concreta, che fa a pugni con coloro che invece ogni giorno sono pronti a morire per la propria fede, pronti ad offrire la propria vita a Cristo, come accade in Nigeria, nello Stato di Benue, dove lo scorso 19 ottobre 71 residenti del villaggio cattolico di Gbjeji sono stati letteralmente massacrati dai pastori fulani musulmani. 35 corpi sono stati trovati subito dopo il raid, altri 36 sono stati recuperati in seguito, nei campi adiacenti. Tra le vittime, vi sono anche donne e bambini, oltre a due agenti di Polizia. Erano tutti fedeli della locale parrocchia intitolata a San Michele.
I terroristi islamici, circa 200, sono giunti di buon mattino, alle sei, ed hanno iniziato a sparare all'impazzata, come raccontato da Padre Samuel Fila, che, al momento dell'attacco, non si trovava nel villaggio, era lontano, per partecipare ad un incontro tra sacerdoti. Le case sono state bruciate. I caduti venivano finiti a colpi di machete.
Lo Stato del Benue non è purtroppo nuovo a questo tipo di blitz, divenuti sempre più frequenti, crudeli e sanguinosi a partire dal 2019. Benché il clan dei Fulani rappresenti il 10% circa della popolazione nigeriana, cerca di dettar legge nel modo più cruento e vigliacco possibile. I funzionari del governo statale hanno visitato il villaggio di Gbjeji dopo l'ultima strage, ma hanno alzato le braccia in segno di resa: non ritenendosi in grado di fermare questa escalation di violenza, stanno valutando se aderire alle richieste giunte dalla popolazione e fornire di armi i gruppi di difesa locale, costituiti da semplici cittadini, affinché si tutelino da sé.
La situazione di un Occidente ormai vuoto, privo di spirito, privo di ideali, privo di fede e di fedeli, costituito in gran parte da ignavi senza meta e senza colonna vertebrale stride tremendamente con quella di Paesi, in cui essere cattolici significa essere pronti, in qualsiasi istante, a testimoniare ciò col sangue, senza tuttavia che nessuno si spaventi per questo, indietreggi per questo, si arrenda per questo o abiuri per questo, forte di una fiducia piena e totale in Dio. E questo solo basta.

Fonte: Radio Roma Libera, 31 ottobre 2022

4 - LA FRANCIA ATTACCA L'ITALIA SULL'IMMIGRAZIONE CON L'AIUTO DELLA SINISTRA
Non c'è solo la Francia, ma anche la sinistra italiana che, divisa e boccheggiante dopo la sconfitta, fa sponda per cercare di spaccare il governo Meloni (con Berlusconi che sembra prestarsi al gioco... un film già visto)
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone, 12 novembre 2022

Dopo Attila, Napoleone, Churchill, l'Italia sembra aver trovato un nuovo fustigatore, il ministro dell'interno francese Gérald Darmanin. Sulla vicenda dell'Ocean Viking - nave ONG con 234 migranti accolta «a titolo eccezionale» nel porto di Tolone - i colpi di Darmanin si abbattono come una furia. Prima deplorando l'«inaccettabile» comportamento italiano (sul rifiuto di attracco a Catania), poi passando alle minacce: «La Francia tirerà le conseguenze dell'atteggiamento italiano» che si ripercuoterà «su tutti gli altri aspetti della sua relazione bilaterale». Infine pronosticando che «sarà il governo italiano a perderci», perché «se accogliamo questi 234 migranti, non ricollocheremo nessuna delle persone che ci eravamo impegnati a ricollocare per le settimane, i mesi a venire, fintanto che l'Italia continuerà questo comportamento contrario al diritto internazionale, alla solidarietà e agli impegni del governo prima dell'arrivo di nuove autorità italiane».
Al netto del profluvio di parole del ministro francese, è impossibile ignorare un fatto: su 44.000 migranti arrivati negli ultimi 3 mesi in Italia, in Europa ne sono stati redistribuiti 112, di cui, in Francia, appena 38. E ancora: dal 2011 - anno in cui la Francia di Sarkozy iniziò la guerra contro il leader libico Gheddafi destabilizzando di fatto l'intera Africa settentrionale - sono arrivati in Italia 819.330 migranti (negli undici anni precedenti, dal 2010 al 2020, gli sbarchi erano stati 214.975). Questi numeri dovrebbero bastare, da soli, a chiudere ogni possibile discussione (e a mostrare quanto il Trattato del Quirinale firmato da Macron e Draghi, «pietra miliare dei nuovi rapporti fra la Francia e il nostro Paese», fosse l'ennesimo bluff).

UN DOSSIER DA BRIVIDO
In questa nuova guerra diplomatica tra cugini c'è però anche dell'altro: l'atteggiamento delle forze di polizia francesi nei confronti dei migranti. Se cioè in Italia i «fragili» sbarcano immediatamente e vengono accuditi, al confine di Ventimiglia la gendarmeria francese si rende protagonista da anni di violazioni così gravi da costringere due organizzazioni umanitarie di ispirazione cristiana (Oxfam e Diaconia Valdese) in collaborazione con ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione) a pubblicare uno scottante dossier dal titolo paradigmatico: «Se questa è Europa...». L'indagine raccoglie testimonianze di migranti minorenni, compresi dodicenni, vittime di abusi, detenzioni e respingimenti illegali verso l'Italia una volta superata la frontiera di Ventimiglia.
Nel dossier, spiega Avvenire, l'intervento di prassi della polizia francese comporta «il fermo dei minori, spesso la loro registrazione come maggiorenni, la falsificazione delle dichiarazioni sulla loro volontà di tornare indietro, la loro detenzione senza acqua, cibo o coperte, senza la possibilità di poter parlare con un tutore legale». Il giornale della Cei, raccontando il dossier, aggiunge: «I ragazzi raccontano anche di essere stati vittime di riprovevoli abusi verbali o fisici: il taglio delle suole delle scarpe, il furto di carte Sim. In molti vengono costretti a tornare fino a Ventimiglia a piedi, lungo una strada priva di marciapiede».

BOLDRINATE ANTI-ITALIANE
Ora. Di fronte ai ridicoli numeri sulla redistribuzione (38 migranti accolti in Francia su 44.000 rimasti in Italia); a fronte di dossier senza colore politico che raccontano di una violenza transalpina da far impallidire; a fronte del documento con cui Frontex (cioè l'agenzia europea per il controllo delle frontiere) parla delle navi ONG come «fattore di attrazione» per l'aumento degli sbarchi; [...] a fronte di tutto questo, cosa fa la sinistra italiana? In una spirale di puro e finissimo autolesionismo, tifa contro l'Italia.
Ebbene sì. Qualche perla? Piero Fassino scrive: «Le prove muscolari sui migranti non solo non pagano ma provocano isolamento internazionale e crollo della credibilità. Litigare con i partner, come la Francia, è il modo più sbagliato, specie quando serviranno alleati per la riforma del Patto di stabilità». La piddina Alessia Morani continua: «Fare un disastro diplomatico di questa portata in soli 20 giorni non era facile ma il presidente Meloni ce l'ha fatta». Sulla stessa scia cinicamente anti-italiana (oltre all'amor di patria manca anche l'originalità) c'è Laura Boldrini: «È bastato neanche un mese al governo Meloni per compromettere i rapporti di collaborazione Italia-Francia. Un bel capolavoro».
Nessuno stupore in realtà: nelle stesse ore, e per un analogo tic, le sinistre attaccavano la lettera a presidi e studenti con cui il ministro dell'Istruzione Valditara osava ricordare l'anniversario della caduta del Muro, accusandolo di "leso comunismo".
Peccato però che ad ammettere che la reazione della Francia è stata talmente eccessiva da risultare pretestuosa (di «reazione incomprensibile» e di «reazione sproporzionata» avevano parlato, rispettivamente, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il ministro degli Esteri Antonio Tajani) ci hanno pensato addirittura i giornali francesi. Di fronte alla minaccia - poi diventata ufficiale - di sospendere i ricollocamenti di richiedenti asilo, di fatto mai iniziati, Le Figaro ha parlato della linea francese sull'immigrazione come di una «politica pasticciata». Nonché di un Macron stretto in un sandwich: non può accogliere migranti per non dare spago alla destra di Marine Le Pen (a Parigi una bambina è stata sgozzata da una donna algerina con permesso di soggiorno scaduto), né può esagerare con la rigidità per non essere (ancora) accusato di razzismo dalla sua parte politica e dal resto dalla Ue. Ecco allora che l'Italia diventa il punching ball preferito dal presidente francese, che nel dare pugni al Belpaese deve però alternarsi con l'esterofila sinistra italiana. Un cazzotto ciascuno.

Nota di BastaBugie: Ruben Razzante nell'articolo seguente dal titolo "Contro la Meloni, il solito asse Ue-Pd" spiega perché la sinistra italiana fa sponda con la Francia.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 15 novembre 2022:

Il terreno di scontro tra Italia e Francia è ufficialmente la gestione dei flussi migratori, il che non è casuale. Si tratta, infatti, del tema ideale per ingaggiare una battaglia diplomatica e tentare di destabilizzare il quadro politico italiano. La nascita del Governo Meloni, al di là delle formali congratulazioni da parte delle cancellerie europee, è stata vissuta con fastidio da chi puntava su un pareggio tra destra e sinistra e su un altro governo di larghe intese sul modello Draghi. La schiacciante vittoria del centrodestra ha scombussolato i piani di quanti, a Bruxelles, speravano nella prosecuzione dello schema ibrido dell'ammucchiata, che anestetizza l'opposizione parlamentare e rende più agevoli i giochi di palazzo e le grandi manovre speculative internazionali.
All'indomani della costituzione e dell'insediamento del nuovo esecutivo italiano, sono partite le consuete e ben note manovre europee, che hanno come obiettivo la stabilità politica del nostro Paese. Spaccare il centrodestra e fomentare le divisioni sui migranti significa rendere più vulnerabile e precaria la struttura del governo Meloni, che ieri ha ricevuto l'approvazione di Marine Le Pen, convinta come il premier italiano della necessità di rimandare nei porti d'origine le navi con gli immigrati.
La tensione tra Francia e Italia è scoppiata ufficialmente perché il nostro Paese si è rifiutato di dare accoglienza alla nave Ocean Viking che portava a bordo 230 migranti. Per il governo italiano quelle persone erano migranti economici e non naufraghi, per questo ha rifiutato loro accoglienza. Così la Francia, dopo essere stata contattata dall'ong Sos Mediterranée che gestisce l'imbarcazione, ha accettato di accogliere la nave nel porto di Tolone. Macron è in difficoltà al suo interno e dunque cerca di non farsi mettere nell'angolo dalle opposizioni, ma il movente del suo astio contro l'Italia è, come detto, anche di natura politica.
La sinistra in Italia è a pezzi, divisa in tre tronconi (Pd, Terzo Polo e Movimento 5s) e quindi non è in grado di fare opposizione al governo Meloni. Tanto più che su molti temi, dalla guerra all'economia, passando per l'energia e i migranti, quei tre tronconi sono sempre molto divisi. E litigano anche sulle poltrone, in questo caso le briciole che spettano alle opposizioni, ad esempio le commissioni di garanzia come Copasir e Vigilanza Rai.
Pertanto, per provare a dividere Meloni da Salvini e Berlusconi occorre usare altre leve, in primis quella dell'accoglienza degli immigrati. In Europa si vuole costringere il premier italiano a prendere posizione tra la linea più dialogante, quella del Ministro agli affari europei, Raffaele Fitto, e quella più barricadera, quella del Ministro delle Infrastrutture (che ha la delega ai porti), Matteo Salvini. In verità non esiste nessuna spaccatura su questo. Il governo è unito e compatto. Semmai le difficoltà le ha il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, pienamente allineato sulle posizioni di fermezza della Meloni e del resto dell'esecutivo, ma in difficoltà con il proprio partito, Forza Italia che, per pure ragioni di faide interne, tenta di far pesare la sua presenza in maggioranza alzando il prezzo su certi temi, come l'immigrazione. Sospetta in questo senso la recente esternazione di Silvio Berlusconi, che aveva confidato ai suoi di non condividere la scelta del governo italiano perché lui i migranti nel porto di Catania li avrebbe fatti sbarcare tutti.
Probabilmente gli attriti tra Italia e Francia, soprattutto dopo la telefonata tra Mattarella e Macron, si smorzeranno, perché entrambi sono convinti della necessità di far prevalere, nell'immediato, uno spirito collaborativo. Tuttavia, il fuoco cova sotto la cenere e non sono affatto da escludere, anzi potremmo darle per assai probabili, nuove entrate a gamba tesa di francesi e tedeschi nella vita politica nazionale italiana, nel tentativo di agitare le acque nella maggioranza di centrodestra. Dopo tutto, che l'andazzo potesse essere questo lo si era capito già nelle ultime settimane di campagna elettorale quando il leader del Pd, Enrico Letta, dopo aver visto gli ultimi disastrosi sondaggi, poi rivelatisi veritieri, aveva deciso di fare campagna elettorale più all'estero che in Italia, più a Parigi e Berlino che a Roma. Meglio ingraziarsi gli alleati europei e provare a screditare i probabili vincitori del 25 settembre anziché ammettere le proprie palesi contraddizioni, come quella di rivendicare i meriti dell'Agenda Draghi ma poi allearsi con i verdi e i comunisti italiani che l'avevano picconata fin dall'inizio. Il tentativo di Letta si è rivelato fallimentare, i consensi della Meloni sono cresciuti negli ultimi giorni di campagna elettorale e al leader del Pd, sconfessato perfino dai suoi, altro non è rimasto se non accelerare i tempi della resa dei conti interna, con la convocazione del congresso. Nel frattempo, però, occorre battere un colpo ogni tanto per non farsi fagocitare da Conte e allora ecco che l'azione delle cancellerie europee, ancora vicine alla sinistra, può regalare una boccata d'ossigeno alle moribonde sinistre e dare l'impressione che il governo Meloni sia in difficoltà. E' un film già visto che potremmo intitolare "Attentato alla sovranità italiana". Sono cambiati solo gli attori, ma si tratta dell'ennesima replica.

Fonte: Sito del Timone, 12 novembre 2022

5 - BOLSONARO COME TRUMP: LE ELEZIONI BRASILIANE SONO STATE TRUCCATE
Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per incoraggiare il Presidente e per protestare contro il comunismo di Lula, eletto con evidenti brogli nelle urne elettroniche
Autore: Julio Loredo - Fonte: Associazione TFP, 14 novembre 2022

Gli occhi del mondo erano puntati sul ballottaggio in Brasile. Domenica 30 ottobre, il Paese doveva decidere tra il consegnarsi al comunismo, portando alla presidenza il marxista Luis Inácio "Lula" da Silva, oppure continuare a reagire in senso conservatore, riconfermando per un secondo mandato il presidente uscente Jair Messias Bolsonaro. Dall'esito delle urne dipendeva anche l'indirizzo che avrebbe preso il continente latinoamericano. Si sarebbe rafforzata ulteriormente la marea rossa che lo sta inghiottendo? O sarebbe invece iniziata una riscossa anticomunista? Da ogni punto di vista, erano elezioni storiche.
Il risultato ormai lo conosciamo tutti: il candidato del Partito dei Lavoratori (PT) ha vinto di misura, con uno scarto di meno del 2%.
C'era da aspettarsi che, indossando magliette rosse (il colore di Lula), una folla festosa invadesse le strade e le piazze del Brasile per celebrare la vittoria. E, infatti, la folla c'è stata, ma indossava magliette gialloverdi, il colore di Bolsonaro. Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per incoraggiare il Presidente e per protestare contro il comunismo. I video mostrano le oceaniche manifestazioni che, un po' ovunque e in modo del tutto spontaneo, sono esplose al grido "Il colore del Brasile non sarà mai il rosso!". Lunghe colonne di camion hanno bloccato le principali strade del Paese, mentre madri di famiglia spingendo passeggini inneggiavano alle Forze Armate di fronte alle caserme.
Qualcosa non quadra. Ciò che si vede per strada non riflette per nulla il risultato delle urne. Lula non riesce nemmeno a mettere il naso fuori dalla sua finestra senza essere seppellito da una tempesta di fischi e di gridi "Lula ladrone!". Infatti, egli è scomparso per più di dieci giorni, alimentando anche voci di un possibile malore. I pochi comizi della vittoria che il PT é riuscito a organizzare sono rimasti ridicolamente vuoti. In contrasto, Bolsonaro passa da un bagno di folla all'altro. È quindi lecito chiedersi: ma questi risultati riflettono la realtà?
 
IL RAPPORTO DEL MINISTERO DELLA DIFESA
Si fa strada l'ipotesi che le urne elettroniche usate per le votazioni non siano del tutto affidabili, soprattutto se adoperate da personale schierato col PT.
Per esempio, in un collegio elettorale dello stato di Rio Grande do Sul tutte le macchine hanno dato 129 voti per Bolsonaro. Centoventinove: non uno in più, non uno in meno. Si paventa la possibilità che qualche hacker sia riuscito a manomettere il sistema. Proprio lo scorso 17 luglio Bolsonaro aveva riunito circa quaranta ambasciatori al Palazzo presidenziale per presentare prove dell'inefficacia del sistema di sicurezza delle urne elettroniche. Le prove erano contenute in un'indagine della Polizia Federale che riguardava una denuncia secondo cui un hacker era riuscito ad accedere ai sistemi virtuali del Tribunal Superior Eleitoral (TSE).
Sotto pressione pubblica per la sua ormai nota parzialità in favore di Lula, il TSE ha deciso di costituire una Commissione della trasparenza per assisterlo durante il processo elettorale. Ha invitato quindi il Ministero della Difesa a farne parte. Dopo un accurato esame, fatto con i propri tecnici informatici, il Ministero ha presentato un corposo Rapporto (286 pagine) che segnalava "aree di preoccupazione". Queste preoccupazioni, teneva a rilevare il Rapporto, "sono tecniche e per niente politiche".
Tanto per cominciare, il 39% delle urne elettroniche non aveva superato il test di operabilità, secondo quanto informa da Brasilia JP News. Non avevano quindi il certificato di omologazione. Ciò invalida a priori qualsiasi risultato ottenuto tramite il loro utilizzo. In Italia, per esempio, la regolarità di una multa per eccesso di velocità rilevata con mezzi elettronici (autovelox o tutor) dipende dal fatto che l'apparecchiatura sia stata correttamente tarata nei sei mesi precedenti. In assenza del certificato di omologazione, una multa può essere legittimamente contestata. Ora, la maggior parte delle urne brasiliane non era stata toccata dalle ultime elezioni nel 2018. Avevano perciò superato largamente la scadenza di omologazione. Altri fonte dicono che tali urne avrebbero superato il test successivamente. Resta comunque un punto di interrogazione.
Il Rapporto della Difesa sollevava poi il problema della sicurezza interna. Mentre i firewall installati dal TSE fornivano un accettabile grado di protezione contro attacchi di hacker esterni, erano invece inefficaci nel bloccare manipolazioni interne. In pratica, chiunque poteva manomettere dall'interno il sistema. Se prendiamo in considerazione che, a cominciare dal Presidente, molti membri e tecnici del TSE parteggiano per il socialismo, le "preoccupazioni" del Ministero della Difesa appaiono del tutto comprensibili.
Il Rapporto raccomandava quindi che il conteggio dei voti fosse fatto pubblicamente e con la partecipazione di tecnici super partes. Cosa che, ovviamente, non è stata fatta. Fonti militari hanno parlato di "atteggiamento di sdegno" del TSE nei loro confronti.
In una conferenza stampa nei giorni seguenti alle elezioni, il generale Paulo Sérgio Nogueira, ministro della Difesa, ha dichiarato: "Abbiamo rilevato irregolarità già nel primo turno, e abbiamo consigliato il Presidente di adottare misure per proteggersi. Egli, però, ha voluto affrontare il ballottaggio comunque, pensando forse che sarebbe riuscito a monitorare il sistema [di voto elettronico]. L'analisi dei risultati permette di sollevare sospetti di frode. C'è un'evidente parzialità del TSE a favore della sinistra, a cominciare dal presidente Alexandre de Moraes, che era stato capo del dipartimento giuridico del PT".
Sta circolando pure un altro Rapporto, scritto da "un gruppo di esperti tecnici nei campi della matematica, delle scienze politiche e dell'analisi forense": Relatório preliminar de análise das urnas eletrônicas usadas na eleição presidencial do Brasil. Usando la Legge di Benford sulla distribuzione di probabilità, il Rapporto conclude: "Ci sono molteplici indicazioni cruciali che rendono improbabile la completa imparzialità del processo elettorale del 2022. Di queste, almeno due (02) sono indicazioni difficili da confutare scientificamente".
Il Rapporto - settanta pagine di dati, grafici e statistiche - è stato ripreso da fonti autorevoli, come il New York Times e Fox News. Tuttavia, il suo carattere anonimo e l'assenza di un ente accademico che lo possa avvalorare, lo rende poco fruibile.
 Per evitare questo tipo di brogli, il Governo Bolsonaro aveva chiesto che, dopo aver votato in modo elettronico, l'elettore potesse avere uno scontrino, o comunque un documento cartaceo, che comprovasse il suo voto. Il TSE si negò perentoriamente di concedere questa garanzia.

MAGGIORANZE BULGARE
In epoca sovietica, l'Albania era diventata lo zimbello del mondo, tra l'altro perché il dittatore Enver Hoxha vinceva regolarmente le elezioni presidenziali col 100% dei suffragi. Quel ruolo lo ricopre adesso la Corea del Nord, dove pure Kim Jong-un ottiene senza sforzo il pieno dei voti. Si tratta di un vizietto molto diffuso tra i dittatori di sinistra: da Fidel Castro, che otteneva il 99,4% dei voti, fino a Saddam Hussein, che se la cavava con un 97,6%. Per descrivere una tale situazione, il gergo giornalistico italiano ha coniato l'espressione "maggioranza bulgara".
Sembra che Lula voglia entrare a far parte di questo esclusivo club.
Stando ai dati ufficiali divulgati dal TSE, sono migliaia i distretti in cui il candidato marxista ha superato largamente il 90%, lasciando a Bolsonaro le briciole. Non poche urne hanno attribuito addirittura il 100% dei voti a Lula. Un Rapporto, pubblicato lo scorso martedì 8 novembre, mostra le urne che attribuiscono il 100% al candidato della sinistra. Ogni risultato è accompagnato dal rispettivo link al sito ufficiale del TSE. Per aggiungere la beffa al danno, alcune di queste urne attribuiscono un solo voto a Bolsonaro. Qualcuno si è perfino divertito a fare un Google Maps con i paesi dove Lula ha ottenuto il 100%. Ciò è alquanto strano e puzza di brogli. Eppure guai a dirlo! Si rischia perfino il carcere.
Vediamo il caso del noto commentatore politico Marcos Cintra, già Segretario della Receita Federal (Agenzie delle entrate). Egli si è permesso di dichiarare: "Ho verificato i dati diffusi dal TSE, e non vedo una spiegazione perché Jair Bolsonaro non abbia nemmeno un voto in centinaia di urne". Questa anomalia, secondo Cintra, "solleva legittimi sospetti sull'affidabilità delle urne elettroniche, che meritano un'indagine". Tanto è bastato perché la dittatura giustizialista si abbattesse su di lui con inaudita ferocia. Cintra ha avuto tutti i suoi account social sequestrati per ordine diretto del presidente del TSE Alexandre de Moraes, che sta assumendo sempre di più le fattezze di un Führer tropicale.
È andata peggio alla deputata bolsonarista Carla Zambelli, la più votata a San Paolo. De Moraes no solo ha sequestrato tutti i suoi account, ma le ha anche proibito di crearne nuovi, pena una multa di 100.000 reais (circa ventimila euro). Temendo un colpo di mano che la facesse finire in carcere, Zambelli è scappata via dal Brasile, rifugiandosi negli Stati Uniti. In Brasile, infatti, l'immunità parlamentare non è rispettata. Diversi deputati sono stati imprigionati per ordine del Supremo Tribunal Federal (STF) per aver criticato la faziosità della Giustizia.
Un altro caso inquietante è quello di Nikolas Ferreira de Oliveira, il più giovane deputato (26 anni) e il più votato del Paese, ovviamente col centro-destra. Egli ha avuto i suoi account sequestrati dal TSE per aver osato sollevare dubbi sull'imparzialità del Tribunale. Il suo caso è particolarmente irritante. Ferreira, infatti, è nato in una favela da genitori poveri, e si è fatto strada da solo. È un tipico rappresentante di quel "popolo" che il socialismo dice di difendere e che, invece, liquida quando non concorda con i suoi postulati.
Questo parti pris della Giustizia per Lula non è nemmeno più nascosto dietro un velo di ipocresia. Ieri, mercoledì 9, il Presidente eletto è stato ricevuto con una standing ovation dai membri del Supremo Tribunal Federal, la Corte di Cassazione.
 
ATTENZIONE AI PACATI!
Tutto ciò traccia un panorama assai inquietante. Facendo leva sul Potere giudiziario, nella stragrande maggioranza nominato dai Governi di sinistra, e del tutto indifferente all'autentica volontà del popolo, le ombre di una cupa dittatura socialista si stanno stendendo sul Brasile.
La settimana scorsa, per esempio, il vicepresidente del Supremo Tribunal Federal (STF, Corte di Cassazione), Luís Roberto Barroso, ha emesso una sentenza che limita fino a quasi cancellare in alcuni casi il diritto di proprietà, incurante del fatto che esso sia protetto dalla Costituzione. Solo nell'ultima settimana, il TSE ha chiuso gli account social di tredici persone, tutte legate al campo conservatore. Qualcuno ha perfino proposto di imitare Nicaragua, che ha appena approvato una legge per cui diffondere fake news è diventato un reato punibile col carcere. E chi decide quale news è fake e quale, invece, true? Ovviamente il TSE e il STF...
Nonostante l'esiguità della sua vittoria, l'estrema sinistra sembra decisa a trasformare il Brasile in una dittatura socialista. Non è un caso che i primi a congratularsi col neo-eletto Presidente siano stati Nicolás Maduro, dittatore del Venezuela, Daniel Ortega, dittatore del Nicaragua, Kim Jong-un, dittatore della Corea del Nord e... il portavoce del gruppo terrorista Hamas, che ha definito Lula "un lottatore per la libertà" (sic).
La sinistra, però, farà bene a stare molto attenta. In apparenza quieta e remissiva, la psicologia dei brasiliani è capace di feroci reazioni quando la si vuole portare verso indirizzi che rigetta. Saprà il Partito dei Lavoratori interpretare correttamente l'indole nazionale?
A tal proposito, diversi organi conservatori hanno riproposto un articolo di Plinio Corrêa de Oliveira dal titolo "Attenzione ai pacati!". Siamo nel dicembre 1982. Nei tre più importanti Stati della Federazione - San Paolo, Rio de Janeiro e Minas Gerais - la sinistra aveva ottenuto importanti vittorie elettorali. Queste vittorie infiammarono l'estrema sinistra, che iniziò a parlare di rivoluzione.
Dopo aver analizzato la psicologia del brasiliano, tendente alla tranquillità, il pensatore brasiliano avvertiva: "Se la sinistra vorrà mettere in atto subito le cosiddette 'rivendicazioni popolari' di stampo socialista, se si mostrerà permalosa di fronte alle critiche dell'opposizione, se diventerà persecutoria (...) il Brasile si sentirà frustrato nel suo desiderio di pacatezza. Prima si allontanerà dalla sinistra, poi si mostrerà offeso e, infine, furioso. Allora la sinistra avrà perso la partita di popolarità. (...) Attenzione ai pacati che si indignano, signori della sinistra! Non è il tempo di mostrare sdegno. (...) I pacati tollerano tutto, tranne che la loro pace sia disturbata. Allora diventano facilmente feroci...".
Sembra proprio ciò che sta accadendo oggi in Brasile.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 1 minuti) si possono vedere le immagini riprese dai manifestazioni pro Bolsonaro che invocano l'intervento delle forze armate per annullare il risultato evidentemente viziato delle ultime elezioni presidenziali.


https://www.youtube.com/watch?v=5tteMSn1QZw

DOSSIER "IL BRASILE DI BOLSONARO"
Il presidente odiato dalla sinistra

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Fonte: Associazione TFP, 14 novembre 2022

6 - FLAT TAX E QUOZIENTE FAMILIARE: LA MELONI RIUSCIRA' DOVE HA FALLITO BERLUSCONI?
Si finirebbe di punire chi guadagna di più (come se produrre reddito e occupazione fosse una colpa come dice l'ideologia comunista) e le famiglie numerose (unica risposta all'inverno demografico alle porte)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14 novembre 2022

Flat Tax e quoziente familiare sono le due novità promesse dalla riforma fiscale del governo Meloni. Le implicazioni, anche morali, sono importanti e si tratterebbe del primo cambio di paradigma nel sistema fiscale italiano.
La flat tax non è una novità, era stata proposta da Berlusconi già nel suo primo governo (1994): un'aliquota unica del 33%. Poi è stata rilanciata da Armando Siri quando era alla testa del suo piccolo partito Pin e proposta dallo stesso Siri una volta che confluì nella Lega: un'unica aliquota del 15%. La flat tax è sempre stata considerata un'utopia, perché la Costituzione stessa prevede che le tasse debbano rispettare un criterio di progressività: chi guadagna di più deve pagare anche proporzionalmente più tasse, con aliquote più alte man mano che cresce il reddito o l'utile. La flat tax non rispetta questo principio, perché prevede un'aliquota unica per qualsiasi fascia di reddito: a prescindere da quel che guadagni paghi sempre il 15% di tasse. Il centrodestra l'ha comunque adottata di nuovo, sempre con l'aliquota unica del 15%. Questa volta si tradurrà in realtà?

UN'IPOTESI FATTIBILE
Il piano su cui lavora il governo Meloni è molto prudente. Prevede l'estensione della flat tax a categorie sempre più ampie di lavoratori, ma mai a tutti i contribuenti in un solo colpo. I primi a beneficiarne sono già i lavoratori autonomi con partita Iva a regime forfetario che fatturano meno di 65mila euro all'anno. La prima parte della riforma che verrà introdotta dal ministro Giorgetti dovrebbe prevedere (salvo cambiamenti) l'estensione della tassa piatta a tutte le partite Iva che fatturano fino a 85mila euro all'anno. Secondo altre anticipazioni, il limite potrebbe essere addirittura portato a 100mila euro. La seconda parte della riforma riguarda anche i lavoratori dipendenti, finora soggetti unicamente a imposta progressiva (Irpef). La tassa piatta, almeno inizialmente, verrebbe applicata all'incremento marginale del reddito. Quindi ad essere tassato al 15% non sarebbe il reddito da lavoro nel suo insieme, ma la differenza fra il reddito dichiarato quest'anno e il reddito più alto fra quelli dichiarati negli ultimi tre anni. In ogni caso, è un risparmio, per il contribuente, rispetto all'attuale tassazione progressiva.
La flat tax ha subito una serie di critiche morali ed economiche negli ultimi trent'anni di dibattito politico in Italia. Prima di tutto è considerata una forma di tassazione che "favorisce i ricchi" e da un punto di vista economico si teme che riduca fortemente il gettito. Il secondo punto è indimostrabile, non essendo mai stata testata in Italia, anche se negli altri Paesi in cui esiste già da decenni, soprattutto nell'Est europeo, si è rivelata un volano della crescita. È invece bene soffermarsi sulla critica morale alla flat tax: veramente favorisce i ricchi? La tassa ad aliquota unica permette di guadagnare di più. Sottrarre il 15% da 20mila euro all'anno non è come sottrarre il 15% da 100mila. Ma da un punto di vista morale rispetta il principio della proporzionalità: ciascuno contribuisce secondo quel che guadagna.

LA PROGRESSIVITÀ PUNISCE CHI PRODUCE REDDITO E OCCUPAZIONE
Il principio opposto, quello della progressività, invece, implica un volere punitivo nei confronti di chi guadagna di più. Non solo deve contribuire di più in senso assoluto, ma anche in proporzione: se il mio reddito è di 15mila euro, pago il 23%, ma se supero i 50mila pago il 43% (quasi la metà).
È quindi difficile sostenere che il secondo principio, quello della progressività, sia moralmente più equo rispetto a quello della proporzionalità. A meno che la ricchezza non venga considerata una colpa.
Per quanto riguarda la seconda riforma, il quoziente familiare, si sa ancora poco. Ma si conosce il principio: "più numerosa è la famiglia, meno tasse paghi". Ed è un criterio che, anche in questo caso, rispetta la proporzionalità, perché i figli, finché non sono maggiorenni, non hanno un reddito da lavoro. L'attuazione del quoziente familiare dovrebbe (è solo un'ipotesi) consistere nello spalmare il reddito imponibile sul numero dei componenti del nucleo familiare.
Le due novità, se attuate bene, cambierebbero paradigma. Finora infatti il sistema fiscale italiano punisce chi guadagna di più e chi ha la famiglia più numerosa, scoraggiando crescita economica e demografica. Con la nuova tassazione (sempre che vengano mantenute le promesse) si dovrebbero rimuovere, almeno in parte, queste due grandi barriere alla crescita.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14 novembre 2022

7 - GRASSO E' BELLO, MA SOLO PER LA DISNEY
Arriva Bianca, la ballerina in sovrappeso di Reflect con cui si esalta, a danno delle adolescenti, il rapporto disordinato con il cibo (nonostante le gravi conseguenze)
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Sito del Timone, 4 novembre 2022

Non bastavano gli inchini alle "famiglie arcobaleno", per omaggiare le quali, la Disney, ha ormai da tempo cominciato ad inserire nei suoi cartoni sempre più scene e personaggi Lgbtqia+, che secondo il presidente della Disney General Entertainment Content Karey Burke dovrebbero essere almeno il 50% del totale; ora la casa cinematografica americana sposa anche la battaglia, tanto alla moda, del "body positive". Eh già perché, dopo aver passato in rassegna quasi tutte le minoranze etniche, attraverso le varie Pocahontas, Mulan, Tiana, Elsa e Vaiana, per dire che le principesse Disney non sono solo bionde con gli occhi azzurri, adesso è la volta del "grasso è bello".

REFLECT
Stiamo parlando del nuovo corto Disney "Reflect", protagonista Bianca, una ballerina in sovrappeso che, almeno all'inizio del cartone sembra avere un buon rapporto col proprio corpo: nella prima scena la si vede in uno studio di ballo vuoto che si allena con sicurezza. Risolutezza che scompare quando entrano le altre compagne e Bianca va in crisi di fronte alla sua immagine riflessa nello specchio. Ed ecco che la non accettazione di sé si materializza nella scena successiva, in cui la ballerina si trova da sola di fronte a centinaia di immagini di sé stessa riflesse in uno specchio rotto. Dopodiché le schegge cominciano a muoversi con lei creando forme e cambiando colore. Bianca capisce che sono le sue movenze a farle muovere: con un salto entra nello specchio, rientra in classe e si unisce alle compagne con una nuova fiducia in sé stessa.
Insomma, tanto per non farci mancare niente, ritorna il tema della percezione del sé, alla base, come ben sappiamo, anche dell'ideologia gender ed è tutto un "se mi sento così, va bene così" anche se è sbagliato e con l'aggravante, per di più come in questo caso... anche se fa male alla salute. Ma nell'epoca del "Così è se mi pare" (parafrasando Pirandello) la realtà deve piegarsi alla mia percezione e non viceversa e costi quel che costi. Una visione univoca che non tiene conto di un aspetto della questione molto importante: che sul cibo e sul rapporto disordinato con esso, si proiettano problematiche individuali, psicologiche, spesso distruttive che portano non solo ad una magrezza estrema ma anche, di contro, all'obesità.

NON È SOLO UN PROBLEMA ESTETICO
E col sovrappeso eccessivo, così come con l'anoressia, non si scherza, perché l'obesità non è un mero problema estetico: l'obeso, infatti, come è noto è un soggetto a rischio di patologie cardiovascolari diabete, ipertensione e persino alcune forme di tumore e va spinto a curarsi prima che queste insorgano. Per questo, l'acriticità del messaggio del corto in questione si configura come un vero e proprio culto dell'individualità a qualunque costo. Una forma di edonismo che non fa nemmeno rima, in questo caso col piacere, ma può assumere persino una funzione antisociale, proprio perché porta l'uomo ad agire senza pensare razionalmente alle conseguenze che un'azione può avere (su sé stesso e sugli altri).
Un canto di libertà dunque? No, si è sdoganato - o si rischia di sdoganare - un problema e anche serio, per dare, ancora una volta spazio al politicamente corretto e per demonizzare la chiara, vecchia "normalità", fatta ormai passare oggi, in qualunque forma si presenti, come uno stereotipo da combattere perché produrrebbe chissà quali mostruose forme di tolleranza. Ed ecco che "natura" è sempre più concepita non come in rapporto, ma come in contrapposizione con "cultura" e "diversità" come unica, possibile forma di modernissima, politically correct, "normalità".

Fonte: Sito del Timone, 4 novembre 2022

8 - OMELIA SOLENNITA' CRISTO RE - ANNO C (Lc 23,35-43)
Oggi con me sarai nel paradiso
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Con la solennità di Gesù Cristo Re dell'Universo, siamo ormai giunti al termine dell'Anno liturgico. Gesù è il nostro Re per due motivi: prima di tutto, perché Egli, insieme al Padre e allo Spirito Santo, è il nostro Creatore; e, secondo motivo, perché Egli è il nostro Redentore, Colui che ci ha salvati dal peccato con la sua Morte in croce. Per questi due motivi noi siamo totalmente suoi, a Lui apparteniamo.
Questa festa ci ricorda che l'essere umano non potrà mai essere emancipato, esso appartiene sempre a qualcuno: o riconosce la sua appartenenza a Gesù, oppure diventa schiavo del peccato. Non vi è altra soluzione. C'è però una grande differenza tra queste due appartenenze: il peccato ci rende schiavi nel senso più brutto del termine; invece, nell'appartenenza a Gesù, noi troviamo la vera libertà.
Non a caso, il brano del Vangelo di oggi riporta la scena di Gesù che muore in croce. E' dall'alto della croce che Gesù ci ha riscattati e ci ha donato la libertà dei figli di Dio. Accanto a Gesù morente in croce vi era anche il buon ladrone, il quale, pentitosi dei suoi numerosi peccati e illuminato da Dio, riconobbe la regalità di Gesù, chiese perdono e pregò: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23,42).
Il buon ladrone non si aspettava che da un momento all'altro Gesù si manifestasse nella sua regalità; egli pensava al mondo futuro, quando, secondo la fede e la speranza di Israele, il Messia avrebbe compiuto il Giudizio di Dio; l'avvento del suo regno coincideva con la trasfigurazione dell'Universo. La risposta di Gesù infrange questa prospettiva: «In verità io ti dico, oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43).
Gesù usa un linguaggio solenne, è un vero e proprio giuramento che sottolinea il certissimo e puntuale compimento. E l'unica volta che Gesù nel Vangelo fa a qualcuno una promessa del genere come ad indicare l'eccezionalità dell'ora che determina alla storia umana una svolta decisiva. La porta del Paradiso che era a noi chiusa per il peccato di Adamo ed Eva si riapre grazie alla Morte in croce di Gesù. E il buon ladrone è il primo che vi entra.
Nel buon ladrone dobbiamo vedere ciascuno di noi. Siamo carichi di peccati, è vero; ma, se ci pentiamo di vero cuore, Gesù ci perdonerà e ci condurrà con sé nel suo regno di luce infinita. Per giungere a tale pentimento, contempliamo con gli occhi del cuore Gesù che muore in croce per noi; consideriamo che siamo stati noi a metterlo su quella croce, con i nostri peccati. Se vogliamo che Gesù regni in noi, in nessun modo deve in noi regnare il peccato. Da parte nostra, inoltre, vi deve essere la più grande riconoscenza. Se Gesù non ci avesse redenti, noi saremmo stati per sempre schiavi del peccato, incatenati per l'eternità. Ringraziamo dunque Gesù per la sua infinita Bontà.
Vogliamo infine soffermare la nostra attenzione su due parole dette da Gesù al buon ladrone, due parole molto piccole ma molto importanti. Le parole sono le seguenti: «Con me». Queste parole nel testo originale greco esprimono una vita condivisa, un comune destino. Questa eterna e beata comunione di vita tra noi e Gesù è la grande novità del Vangelo. Insegnava sant'Ambrogio che «la vita è essere con Cristo, perché dov'è Gesù Cristo, là è la vita, là è il regno», cioè tutta intera la felicità.
Fin da adesso, proponiamoci di vivere sempre con Gesù. Vivere con Lui significherà fare dell'Eucaristia il centro della nostra vita. Vi è chi riceve la Comunione anche ogni giorno e non può farne a meno. Ma non basta solamente riceverlo materialmente, bisogna accoglierlo con tutto il cuore, parlare familiarmente con Lui ogni volta che lo riceviamo.
Per vivere sempre più uniti a Lui, ricordiamoci di nutrire una tenera devozione alla Madonna. è Lei che ci conduce a Gesù. Come Lui è venuto a noi per mezzo di Maria, così anche noi dobbiamo andare a Lui accompagnati per mano di Colei che è la nostra tenerissima Madre.

Nota di BastaBugie: per integrare l'omelia della solennità di Cristo Re va approfondito il tema della Regalità sociale di Cristo, principio cardine della Dottrina Sociale della Chiesa.
Molto utile al riguardo il seguente articolo da noi pubblicato in passato:

LA FESTA DI CRISTO RE RICORDA LA SUA REGALITA' SOCIALE (CONTRO LAICISMO E ATEISMO)
Papa Pio XI istituì la festa della regalità sociale di Cristo per rispondere al dilagante laicismo degli Stati occidentali, iniziato con il pensiero illuminista e messo in pratica con la Rivoluzione francese
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5417

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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