BastaBugie n�802 del 04 gennaio 2023

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1 LA MORTE DI BENEDETTO XVI: CARI PROGRESSISTI BASTA IPOCRISIE, VOI NON LO AVETE MAI AMATO
Tutto si cita in questi giorni eccetto ciò che era importante per il cardinale Ratzinger, poi Papa: la difesa dei principi non negoziabili e la lotta alla dittatura del relativismo
Autore: Giuseppe De Lorenzo - Fonte: Blog di Nicola Porro
2 NATALE: GIORNO DI GIOIA, DI LOTTA E DI VITTORIA
Nei giorni del Santo Natale rivolgiamo il nostro pensiero a tre luoghi: Betlemme, Roma e... il nostro cuore (come fecero i martiri di Nicomedia e papa San Silvestro)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radio Roma Libera
3 RAPPORTO DEL CENSIS: POST COVID, GLI ITALIANI SONO TRISTI E RASSEGNATI
Gli italiani al 90% si dicono tristi per la pandemia, la guerra e la crisi ambientale: infatti bevono passivamente tutte le narrazioni della propaganda e sono incapaci di reagire (VIDEO: L'insostenibile desiderio di cambiare)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 IL COMMOVENTE FILM SULLA STORIA VERA DEI 33 MINATORI INTRAPPOLATI IN UNA MINIERA DEL CILE
La preoccupazione dei familiari e la tensione del mondo intero sono alla base del dramma, ma di fronte allo sconforto è la fede che garantisce ai minatori la speranza e la forza per resistere (VIDEO: Trailer del film)
Autore: Francesco Marini - Fonte: Family Cinema Tv
5 SPERANZA ATTACCA LA MELONI SUL COVID
Sia Speranza che Conte fanno di tutto perché non venga costituita una commissione per esaminare il loro operato durante la pandemia... ed è ovvio il perché (VIDEO: Gli inganni di Speranza)
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 NEL 2022 SONO STATI COMPIUTI NEL MONDO OLTRE 42 MILIONI DI ABORTI
Nella festa del 28 dicembre si ricordano i Santi innocenti Martiri uccisi dalla follia omicida di Erode... ma oggi la strage continua in tutto il mondo con un ritmo di due bambini uccisi ogni secondo
Autore: Fabio Fuiano - Fonte: Corrispondenza Romana
7 LETTERE ALLA REDAZIONE: L'ABBANDONO DEL FIGLIO NATO FUORI DAL MATRIMONIO
Siamo proprio sicuri che fuori del matrimonio sia giusto imporre al padre obblighi nei confronti del figlio e della sua madre come ad es. pagargli gli alimenti?
Autore: Pietro Guidi - Fonte: Redazione di BastaBugie
8 OMELIA BATTESIMO DI GESU' - ANNO A (Mt 3,13-17)
Questi è il Figlio mio, l'amato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA MORTE DI BENEDETTO XVI: CARI PROGRESSISTI BASTA IPOCRISIE, VOI NON LO AVETE MAI AMATO
Tutto si cita in questi giorni eccetto ciò che era importante per il cardinale Ratzinger, poi Papa: la difesa dei principi non negoziabili e la lotta alla dittatura del relativismo
Autore: Giuseppe De Lorenzo - Fonte: Blog di Nicola Porro, 1 gennaio 2023

Le prime pagine dei siti di tutto il mondo sono dedicate alla morte di Benedetto XVI. L'Italia non fa eccezione. Racconti accorati. Foto emozionali. Il ricordo di un papa conservatore "che ha rivoluzionato la Chiesa". Per lui, molti elogi e dichiarazioni di ringraziamento. Balle. Non nel senso che Joseph Ratzinger non sia stato davvero un gigante nella storia della Chiesa. Ma perché sono riti di circostanza, spesso e volentieri ipocriti.
Diciamolo: Papa Ratzinger non lo avete mai amato. Non trasmetteva l'empatia che vi sareste aspettati. Era molto teologo e poco star. Portava le scarpe rosse e la catena d'oro al collo. Viveva in Vaticano. Ha delineato una Chiesa ancorata ai principi che non piacevano a un certo cattolicesimo "adulto", "progressista", aperto al mondo e alla modernità.
Non lo avete mai amato. E forse non lo avete mai capito. Lo dimostrano le dichiarazioni che si leggono nei lanci di agenzia, più concentrate sulla scelta di dimettersi che su quanto fatto in otto anni di pontificato. Nei messaggi dedicati a Benedetto, nessuno - se non poche eccezioni - tra alti prelati, vescovi, presidenti della Cei, teologi e via dicendo ha mai citato la difesa dei "principi non negoziabili" e la lotta alla dittatura del "relativismo", quel cancro sociale che "non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie". Nessuno lo ha enfatizzato. Eppure era questo il fondamento del suo ministero.

IL DIRITTO A NON EMIGRARE
Nessuno ha sottolineato la forza con cui difese "la tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale" (no all'aborto e all'eutanasia). Nessuno ha ricordato il suo sforzo per promuovere la "struttura naturale della famiglia", senza tentennamenti, "quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio" (no alle unioni gay). Nessuno ha citato la frase di Ratzinger in cui sosteneva "il diritto dei genitori di educare i propri figli", contro qualsiasi forma di indottrinamento statale, parastatale, gender e fluidità affini. Nessuno, infine, ha enfatizzato la lotta in difesa della famiglia "dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione" (no alle unioni civili). La Chiesa la modernità deve cercare di guidarla, non subirla. "Le varie forme odierne di dissoluzione del matrimonio, come le unioni libere e il matrimonio di prova, fino allo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso, sono espressioni di una libertà anarchica, che si fa passare a torto per vera liberazione dell'uomo".
Sarà un caso. Ma nel messaggio diffuso da Monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, tutto si cita tranne che l'invito di Ratzinger a riaffermare "il diritto a non emigrare", cioè "a essere in condizione di rimanere nella propria terra". "Il cammino di integrazione - diceva Benedetto XVI - comprende diritti e doveri, attenzione e cura verso i migranti perché abbiano una vita decorosa, ma anche attenzione da parte dei migranti verso i valori che offre la società in cui si inseriscono". Era così difficile includere questa parte?

LE DIMISSIONI
Sarebbe bastato un poco di coraggio per dire che quando nel 2013 Benedetto XVI rassegnò le dimissioni, molti dei commentatori tirarono un mezzo sospiro di sollievo. Lo dimostrano i fatti. Quando pronunciò la storica lectio magistralis di Ratisbona sul rapporto tra fede e ragione, su religione e violenza, in pochi si presero la briga di difenderlo (salvo dargli ragione in seguito con la nascita dell'Isis). Nello scandalo pedofilia non ebbe la stessa benevolenza della stampa, e della curia, oggi assicurata a Bergoglio. La sua scelta di reintrodurre la Messa in latino venne vista come una mossa reazionaria. Lo stesso dicasi per il tentativo di giungere ad una riconciliazione con i Lefebvriani. In Germania lo chiamarono "il Grande Inquisitore". In Italia aprirono i quotidiani col titolo "il Pastore tedesco". Nel 2008 Ratzinger, già Papa, venne invitato dalla Sapienza di Roma per l'inaugurazione dell'anno accademico: 67 tra professori e docenti diedero vita ad una protesta contro la "sconcertante iniziativa" di far parlare un pontefice all'Università. Alla fine Benedetto XVI annullò la visita, in quello che è uno dei più grandi atti censori mai avvenuti in un Ateneo.
Tutto sommato, alla fine, a tanta ipocrisia è preferibile l'onestà intellettuale di Vladimir Luxuria. L'attivista, dispiaciuto per "la perdita della persona", ha deciso di non "tacere i grandi contrasti" che "Benedetto ha avuto con la comunità Lgbtq+" e che "si sono affievoliti" solo "con Papa Francesco". [...]

Nota di BastaBugie: Raffaella Frullone nell'articolo seguente dal titolo "Benedetto XVI, quello che i media non dicono. O certamente non celebrano" spiega cinque punti chiave del pontificato di Benedetto XVI.
Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 4 gennaio 2023:

«Sono sempre i più buoni quelli che se ne vanno». Si sa, il morto è sempre «una persona eccezionale», anzi «era una persona solare e amava la vita». Ovviamente tutti gli vogliono bene, anche chi fino al giorno prima non lo poteva vedere. Fatte le dovute tare, per Benedetto XVI è successa la stessa cosa. Ratzinger in questi giorni è stato celebrato dai grandi media con fiumi parole petalose «era una persona gentile» dicono gli inviati dei Tg da piazza San Pietro, «era molto amato», «un uomo mite e discreto» e altre amenità. Peccato che fino al febbraio 2013 il coro di questi stessi media fosse di segno opposto. Quel titolo del Manifesto dopo il conclave del 2005, Il pastore tedesco, è stato solo l'inizio, Ratzinger è stato avversato e detestato da molti dei pulpiti che in questi giorni effondono elogi a destra e a manca. Noi ricordiamo cinque suoi scritti che oggi non vengono citati,  meno che meno celebrati, e che sono costate dure accuse a Benedetto XVI, anche prima che salisse al soglio pontificio.
1) LETTERA SULLA CURA PASTORALE DELLE PERSONE OMOSESSUALI (1986)
L'ultimo testo magisteriale su questo tema porta la firma dell'allora prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, Joseph Ratzinger, in cui si legge: «La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, non può essere definita in modo adeguato con un riduttivo riferimento solo al suo orientamento sessuale. Qualsiasi persona che vive sulla faccia della terra ha problemi e difficoltà personali, ma anche opportunità di crescita, risorse, talenti e doni propri. La Chiesa offre quel contesto del quale oggi si sente una estrema esigenza per la cura della persona umana, proprio quando rifiuta di considerare la persona puramente come un « eterosessuale » o un « omosessuale » e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna».
2) LA DOMINUS IESU (2000)
La Dominus Iesu sull'unicità e l'universalità di Gesù Cristo e della Chiesa. Il testo non è certo incentrato sul "dialogo" che va tanto di moda oggi. Si legge: «Non rare volte si propone di evitare in teologia termini come "unicità", "universalità", "assolutezza", il cui uso darebbe l'impressione di enfasi eccessiva circa il significato e il valore dell'evento salvifico di Gesù Cristo nei confronti delle altre religioni. In realtà, questo linguaggio esprime semplicemente la fedeltà al dato rivelato, dal momento che costituisce uno sviluppo delle fonti stesse della fede. Fin dall'inizio, infatti, la comunità dei credenti ha riconosciuto a Gesù una valenza salvifica tale, che Lui solo, quale Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, per missione ricevuta dal Padre e nella potenza dello Spirito Santo, ha lo scopo di donare la rivelazione e la vita divina all'umanità intera e a ciascun uomo».
3) I PRINCIPI NON NEGOZIABILI (2006)
I principi non negoziabili, di cui è stato strenuo sostenitore prima che difensore. Riportiamo un estratto del discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo: «Per quanto riguarda la Chiesa l'interesse principale dei suoi interventi nella vita pubblica si centra sulla protezione e sulla promozione della dignità della persona e per questo presta particolare attenzione ai principi che non sono negoziabili. Tra questi, oggi emergono chiaramente i seguenti:
a) protezione della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale;
b) riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e la sua difesa di fronte ai tentativi di far sì che sia giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo ruolo sociale insostituibile
c) tutela del diritto dei genitori di educare i propri figli.
Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità.».
4) IL MOTU PROPRIO SUMMORUM PONTIFICUM (2007)
Summorum Pontificum il motu proprio con cui Ratzinger ha "liberalizzato" la liturgia tradizionale, definendola forma straordinaria del rito romano.
Un testo che gli è valso le solite accuse di un "ritorno al passato" e non poche critiche all'interno della Chiesa stessa. Scriveva Ratzinger nella lettera di presentazione ai vescovi: «Non c'è nessuna contraddizione tra l'una e l'altra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c'è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto»
5) GLI "APPUNTI" SULLA PEDOFILIA (2019)
18 pagine di analisi limpida sulla piaga degli abusi nella Chiesa. Benedetto XVI mette nero su bianco che «della fisionomia della Rivoluzione del Sessantotto  rientra anche il fatto che la pedofilia sia stata diagnosticata come permessa e conveniente». E' il dilagare del relativismo che concima il terreno in cui si annida la pedofilia, dunque. Ma a questo si aggiunge «un collasso della teologia morale cattolica che ha reso inerme la Chiesa di fronte a quei processi nella società». E poi scriveva ancora «Ci sono beni che sono indisponibili. Ci sono valori che non è mai lecito sacrificare in nome di un valore ancora più alto e che stanno al di sopra anche della conservazione della vita fisica. Dio è di più anche della sopravvivenza fisica. Una vita che fosse acquistata a prezzo del rinnegamento di Dio, una vita basata su un'ultima menzogna, è una non-vita. Il martirio è una categoria fondamentale dell'esistenza cristiana»
Applaudita o meno, questa è parte della sua eredità.

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Fonte: Blog di Nicola Porro, 1 gennaio 2023

2 - NATALE: GIORNO DI GIOIA, DI LOTTA E DI VITTORIA
Nei giorni del Santo Natale rivolgiamo il nostro pensiero a tre luoghi: Betlemme, Roma e... il nostro cuore (come fecero i martiri di Nicomedia e papa San Silvestro)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radio Roma Libera, 24 dicembre 2022

Dom Prosper Guéranger, il grande abate di Solesmes e autore del celebre Anno Liturgico è l'autore a cui attingiamo per meditare nei giorni del Santo Natale. E dom Guéranger ci invita a cercare in questi giorni con il nostro pensiero soprattutto tre luoghi.
Il primo è Betlemme, la grotta della Natività, l'umile asilo che il figlio dell'Eterno, disceso dal Cielo, ha scelto per la sua prima residenza. Tuttavia cercheremmo invano oggi a Betlemme la beata mangiatoia che accolse il Bambino Gesù. Da tredici secoli essa ha lasciato quei luoghi ed ha trovato accoglienza nel centro della Cattolicità, a Roma. La città sacra di Roma è dunque il secondo luogo del mondo che il nostro cuore deve cercare, e in questa città, il luogo che in questi giorni chiede tutta la nostra venerazione e tutto il nostro amore è la basilica di Santa Maria Maggiore che ospita la mangiatoia del Divino Infante, una delle più preziose reliquie della Cristianità.

IL NOSTRO CUORE
Ma c'è un terzo luogo, un terzo santuario, che a Natale deve ospitare il divino figlio di Maria. Questo terzo santuario è in noi: è il nostro cuore. E questa la Betlemme che Gesù vuole visitare, nella quale vuole nascere e stabilirsi. Noi veneriamo Gesù nel santo presepio, ma egli viene a noi in quella mangiatoia che deve diventare il nostro cuore. Però, avverte dom Guéranger, "O soldato di Cristo, impara che bisogna combattere per meritare di avvicinarsi al divino bambino: combattere per conservare in sé la sua presenza piena di amore; combattere per arrivare al giorno beato che ti farà tutt'uno con lui nell'eternità".
Combattere significa ricordare, anche nel giorno di Natale e in quelli successivi, che la vita cristiana è milizia sulla terra e che non c'è gioia, neppure quella sublime del Santo Natale, che sia inseparabile dalla sofferenza. Per questo Maria, che fu inondata di gioia nel dare alla luce il Redentore, fu anche inondata dal dolore, conoscendo le sofferenze che avrebbero accompagnato il suo Divin Figlio da Betlemme al Calvario, come prezzo da pagare per la salvezza degli uomini.

I MARTIRI DI NICOMEDIA
È per questo che ogni cristiano deve essere pronto a dare la vita per Nostro Signore, come fecero quei cristiani di Nicomedia che il giorno di Natale dell'anno 303, sotto l'Imperatore Diocleziano, subirono il martirio ed ascesero al Cielo, mentre Gesù scendeva sulla terra.
Diocleziano e i suoi colleghi nell'impero avevano appena pubblicato il famoso editto di persecuzione che dichiarava alla Chiesa la più sanguinosa guerra che essa abbia mai subita. L'editto affisso a Nicomedia, residenza dell'imperatore, era stato strappato da un cristiano che pagò tale atto di santa audacia con un glorioso martirio. I fedeli pronti alla lotta osarono sfidare la potenza imperiale, continuando a frequentare la loro chiesa condannata alla demolizione. Si era giunti al giorno di Natale. Essi si raccolsero in numero di parecchie migliaia nel sacro tempio per celebrarvi un'ultima volta la Nascita del Redentore. A quella notizia, Diocleziano inviò uno dei suoi ufficiali con l'ordine di chiudere le porte della chiesa, e di appiccare ai quattro angoli dell'edificio il fuoco che doveva distruggerla. Quando tutto fu disposto, squilli di tromba si udirono sotto le finestre della basilica, e i fedeli intesero la voce del banditore che annunciava, da parte dell'imperatore, che quelli i quali volevano aver salva la vita potevano uscire, a condizione di offrire l'incenso sull'altare di Giove eretto davanti alla porta della chiesa; diversamente, sarebbero stati tutti preda delle fiamme.
Un cristiano rispose a nome della pia assemblea: "Siamo tutti cristiani; onoriamo Cristo come unico Dio e unico Re, e siamo pronti a sacrificargli la nostra vita in questo giorno". A tale risposta i soldati ricevettero l'ordine di appiccare il fuoco. In pochi istanti la chiesa fu un immenso rogo, le cui fiamme salivano verso il cielo, inviando in olocausto al Figlio di Dio, che si era degnato in quel giorno di iniziare una vita umana, l'offerta generosa di quelle migliaia di vite che rendevano testimonianza alla sua venuta in questo mondo.
Dom Guéranger conclude: "Così fu glorificato, nell'anno 303, a Nicomedia, l'Emmanuele disceso dal cielo per abitare fra gli uomini. Uniamo, con la santa Chiesa l'omaggio dei nostri voti a quello di questi coraggiosi cristiani la cui memoria si conserverà, attraverso la sacra Liturgia, sino alla fine dei secoli".
Facciamo nostre le parole di dom Guéranger, aggiungendo alla memoria che ci trasmette un'altra da conservare nel nostro cuore. Erano passati 10 anni esatti dalla terribile persecuzione di Diocleziano, che sembrava dover estirpare il Cristianesimo dalla faccia della terra, quando, nell'anno 313 dopo Cristo, l'Imperatore d'Occidente Costantino da Milano e quello di Oriente Licinio da Nicomedia proclamavano l'Editto che concedeva ai Cristiani la piena libertà di professare la loro religione. Una nuova Civiltà, la Civiltà cristiana nasceva.
Di questa Civiltà siamo eredi e nel giorno di Natale alziamo le sue bandiere, pronti alla lotta.

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Roberto de Mattei, nell'articolo seguente dal titolo "La nostra preghiera nella notte di San Silvestro" parla si san Silvestro I che fu papa al tempo della conversione di Costantino.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il giugno luglio 2022:

Il 31 dicembre la Chiesa iscrive nella sua liturgia il nome di un santo che non è un martire, ma un Confessore, il primo confessore della Chiesa: san Silvestro I, Papa per 22 anni dal 314 al 336.
Il suo regno iniziò all'indomani della grande vittoria di Costantino a Saxa Rubra e dell'Editto di Milano del 313, con cui il nuovo sovrano, dopo aver pacificato l'Impero, concedeva libertà alla Chiesa. Scrive Louis Veuillot: "La storia dei successori di Pietro, per duecentocinquant'anni, è terminata sempre con le stesse parole: "Coronato dal martirio". Dove si arriva così? A Costantino. San Marcello da poco era morto, schiavo, condannato ad bestias; le acclamazioni del circo avevano da poco salutato Massenzio; la croce appare nel cielo, Costantino la pianta sul Laterano: ab aevo vinces!. Cesare battezzato affida il governo di Roma al Papa Silvestro e ai suoi successori, non ritenendo che l'imperatore della terra debba serbare il potere, là dove l'Imperatore del cielo ha posto il principato del sacerdozio e la capitale della religione"
Ma il pontificato di Silvestro conobbe una tempesta più terribile delle persecuzioni di Diocleziano: la nascita e la diffusione, ad opera del prete Ario, di un'eresia che negava la divinità di Gesù Cristo. Papa Silvestro, d'accordo con l'imperatore Costantino, nella primavera dell'anno 325 convocò un Concilio a Nicea. In questo Concilio, il primo Concilio ecumenico della Chiesa, l'eresia ariana fu condannata e fu formulato il famoso simbolo niceno, che trasmise ai secoli la prima grande formula di fede cattolica i canoni del Concilio. Le sue reliquie riposano nella Chiesa di San Silvestro, detta in Capite, perché conserva anche il capo di san Giovanni Battista.
A Roma, accanto alla Basilica di san Giovanni in Laterano, si conserva un mosaico, detto del Triclinio Leoniano, in cui a sinistra è raffigurato Gesù Cristo che consegna le chiavi pontificie a papa san Silvestro e il vessillo della Chiesa all'imperatore Costantino; a destra san Pietro che conferisce il pallio a papa Leone III e il vessillo a Carlo Magno. Il vessillo di Costantino e di Carlo Magno è quello che sventolò sui campi delle crociate e nelle acque di Lepanto. È la bandiera della Chiesa, mai ammainata. [...]
Nella notte di San Silvestro un anno scompare nel vortice del passato e un altro anno si apre in un abisso di incertezza. Ma per noi quello che conta è solo il tempo presente, l'unico momento in cui incontriamo l'eternità. E in questo momento, chiediamo a Dio che sia fatta, ora e sempre, in noi la Sua volontà.

Fonte: Radio Roma Libera, 24 dicembre 2022

3 - RAPPORTO DEL CENSIS: POST COVID, GLI ITALIANI SONO TRISTI E RASSEGNATI
Gli italiani al 90% si dicono tristi per la pandemia, la guerra e la crisi ambientale: infatti bevono passivamente tutte le narrazioni della propaganda e sono incapaci di reagire (VIDEO: L'insostenibile desiderio di cambiare)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 6 dicembre 2022

È uscito il 56° Rapporto Censis. In un comunicato stampa dell'istituto possiamo leggere che gli italiani hanno patito le "quattro crisi sovrapposte dell'ultimo triennio: la pandemia perdurante, la guerra cruenta alle porte dell'Europa, l'alta inflazione, la morsa energetica". Da queste crisi è germinata poi e soprattutto la paura di una terza guerra mondiale, di una crisi economica e di nuovi virus.
E come rispondono i nostri compatrioti? Rimboccandosi le maniche? Marciando verso il nemico? Lanciando il cuore oltre l'ostacolo? No. Raggomitolandosi su sé stessi. Scrive il Censis: "Non si registrano fiammate conflittuali, intense mobilitazioni collettive attraverso scioperi, manifestazioni di piazza o cortei. [...] Quella del 2022 non sembra però una Italia sull'orlo di una crisi di nervi, segnata da diffuse espressioni di rabbia e da gravi tensioni sociali. [...] Si manifesta invece una ritrazione silenziosa dei cittadini perduti della Repubblica". E più avanti con toni ancor più incisivi: "8 italiani su 10 affermano di non avere voglia di fare sacrifici per cambiare, diventare altro da sé. È l'astuzia operativa della soggettività che, nel flusso degli eventi inattesi degli ultimi anni, adesso esprime una inedita impermeabilità ai miti proiettivi, che può tracimare nell'esplicita rinuncia all'autopromozione individuale. Il bilancio? L'89,7% degli italiani dichiara che, pensando alla sequenza di pandemia, guerra e crisi ambientale, prova tristezza, e il 54,1% ha la forte tentazione di restare passivo. È la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi, corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente dell'«io» sugli eventi e sul mondo, un «io» che malinconicamente è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando si tratta di governare il destino".
L'homo italicus 2020-2022 è stato travolto da crisi mondiali e nazionali perché la sua casa non è stata fondata sulla roccia della fede. Il fragilismo imperante aspettava solo un refolo di vento per far crollare a terra il sig. Rossi e, addirittura, sono arrivati dei tornado.

UN UOMO MALINCONICO
Il Censis ci dice che l'italiano del 2022 è un uomo malinconico. E chi indugia nella malinconia - eccetto quella per Dio - è facile preda dei poteri forti, perché uomo passivo, ma ancor prima è facile preda di Satana, perché laddove si insinua la tristezza si fanno breccia contemporaneamente la sfiducia in primis verso la grazia di Dio e la ricerca di succedanei alla felicità che, spesso, presentano inevitabili aderenze con il peccato: lo stordimento tramite la droga, l'alcol e il sesso, i soldi facili, l'adeguamento alla legge della giungla.
Il Censis ci dice che queste quattro sberle che il sig. Rossi ha ricevuto negli ultimi anni gli hanno fatto aprire gli occhi sulla sua condizione di uomo pieno di limiti verso la storia e i suoi dolorosi spasmi. Il Censis lo afferma con certezza, noi solo lo speriamo, perché potrebbe essere l'occasione per volgere gli occhi al Cielo per chiedere aiuto, consci che è un inganno credersi padroni del mondo, del proprio destino, avendo rubato l'onnipotenza a Dio. E invece, così ci racconta il Rapporto Censis, eccolo lì l'italiano medio chiuso solipsisticamente al mondo, imbucato nella sua tana per scampare ad ansie senza volto però dalla pungente e affilata presenza, ansie che in quella stessa tana crescono a dismisura perché si nutrono del buio in cui si è ficcato. L'italiano post Covid e pre conflitto nucleare è dunque curvo sul suo ombelico perché centro di quel microcosmo in cui si è barricato per paura dei virus, della guerra, dei soldi e del lavoro che manca. Un italiano inerte, che procede nella vita per inerzia, forse a forza di nervi, perché la fede è morta, i grandi ideali pure e anche le ideologie. Di nichilismo parla apertamente il Censis: l'italiano come un tronco cavo e con le radici (culturali) tagliate il quale, essendo morto, non ha più sete, non ha più linfa, non ha più foglie.
Un uomo svuotato di sé e, ci informa sempre il Censis, asfissiato e sfiancato da paradigmi che ormai gli paiono estranei, lontani, lontanissimi dal suo vissuto che ormai striscia facendo lo slalom tra le esigenze primarie dell'esistenza, tutto concentrato ad accaparrarsi la nuda sopravvivenza biologica tra agenti patogeni e conti in banca in rosso: "Gli italiani non sono più disposti a fare sacrifici: l'83,2% per mettere in pratica le indicazioni di qualche influencer, l'81,5% per vestirsi secondo i canoni della moda, il 70,5% per acquistare prodotti di prestigio, il 63,5% per sembrare più giovani, il 58,7% per sentirsi più belli. E il 36,4% non è disposto a sacrificarsi per fare carriera nel lavoro e guadagnare di più".

UN UOMO STANCO
È un uomo rinsavito questo, ridestatosi dai miasmi mefitici delle vanità del mondo? Può essere, ma può essere anche il ritratto di un uomo stanco perché tutto ormai è fatica inutile, deluso e deludente, ripiegato in sé stesso, stufo di tutto e di tutti, che ha tirato i remi in barca, che non vuole spendersi perché non c'è più nulla per cui valga la pena soffrire, che, come scrisse una volta Thomas Wolfe, è stato battuto senza aver combattuto, stremato da slogan come "L'impossibile è niente", "Volere è potere" e "Basta crederci". Gli avete detto di non credere a Dio ma a sé stesso ed ora non crede a nulla. Parabola inevitabile dell'individualismo ateo. Ecco l'italiano modello 2022 ha detto solo "basta" e non "basta crederci". Il Rapporto usa l'aggettivo "perduto": non poteva che smarrirsi l'uomo contemporaneo, lontano dalla luce della verità di Cristo; non poteva che perdersi dietro ai diritti civili, al politicamente corretto, ai labirinti della teoria del gender, ai "Vaffa" dei politici, alle vite dorate e spesso drogate degli influencer, ai social che lo hanno sprofondato nella solitudine dei like.
Si sente sconfitto perché, diciamocelo, si è battuto per valori inesistenti, si è forse accorto di essere stato Don Chisciotte che combatteva contro i mulini a vento ed ora batte in ritirata con ritmo lento e misurato, in silenzio - "ritrazione silenziosa" scrive il Censis - senza fretta perché non più inseguito da nessuno. Il mondo lo ha masticato per bene e infine l'ha sputato. Ora chiede solo di rimanere al calduccio, nella sua comfort zone, lontano da guerre e da ospedali. Di essere lasciato in pace davanti a Netflix.

Nota di BastaBugie: nel seguente video dal titolo "L'insostenibile desiderio di cambiare" (durata: 18 minuti) Giacomo Poretti, comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, ci fa riflettere, con un sorriso, su quanto sia difficile cambiare davvero e quali sono i modelli da imitare per fare cambiamenti davvero decisivi nella nostra vita.


https://www.youtube.com/watch?v=fP01rFw6Hlk

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 6 dicembre 2022

4 - IL COMMOVENTE FILM SULLA STORIA VERA DEI 33 MINATORI INTRAPPOLATI IN UNA MINIERA DEL CILE
La preoccupazione dei familiari e la tensione del mondo intero sono alla base del dramma, ma di fronte allo sconforto è la fede che garantisce ai minatori la speranza e la forza per resistere (VIDEO: Trailer del film)
Autore: Francesco Marini - Fonte: Family Cinema Tv

Un gruppo di minatori, salutati i familiari, sale sul pulmino che li porterà in fondo alla miniera. La luce del sole scompare ben presto. Il pulmino scende lungo uno stretto sentiero che si avvita a spirale e sembra non terminare mai. Ogni tanto, ai bordi, si vedono degli altarini improvvisati che ricordano, con una fotografia, coloro che non sono più tornati a casa. Uno dei minatori sul pulmino, alla sua prima esperienza, ha il respiro affannoso, si sente soffocare. Con questa sequenza, molto coinvolgente, inizia la storia dei 33 minatori di San Josè e del loro incidente. Nel 2015 il premio Pulitzer Hector Tobar l'aveva raccontata nel suo libro Deep Down Dark (tradotto nella versione italiana: La montagna del tuono e del dolore). Nello stesso anno il libro viene sceneggiato e diventa questo film diretto dalla regista messicana Patricia Riggen.

L'IMPORTANZA DEL LEADER
Il racconto è fedele alle testimonianze dei superstiti. Il montaggio, alternando quanto sta succedendo sottoterra a quanto accade in superficie, riesce a far percepire al pubblico i risvolti e le dinamiche di quella vicenda: da una parte i lavoratori che si trovano sepolti vivi a 700 metri di profondità con circa 40°C di temperatura e cibo sufficiente solo per alcuni giorni; sulla superficie le donne dei minatori che tentano di discutere con i gestori della miniera per tentare di salvare i loro mariti, figli, padri. Di fronte a una vicenda così dolorosa che cresce giorno per giorno nell'evidenza dell'opinione pubblica e all'incapacità della società mineraria di affrontare la situazione, è il governo che si trova a dover decidere il da farsi: che soluzione tecnica adottare, di quali collaborazioni internazionali avvalersi per tentare l'impossibile e quale immagine del Cile proporre sulla scena internazionale.
Su entrambi i livelli nei quali si svolge la storia, c'è un protagonista a fungere da leader: Mario Sepulveda (interpretato da Antonio Banderas) che mantiene viva la speranza lì dove non sembra esserci nessuna possibilità di sopravvivenza e Maria Segovia (interpretata da Juliette Binoche) che "guida" le mogli dei lavoratori nel richiedere all'azienda di tentare il salvataggio. Determinante è anche il giovane Ministro delle Miniere Laurence Golborne (interpretato da Rodrigo Santoro) che si prende a cuore il dramma di questi minatori che non conosce, ma che fa tutto quello che è in suo potere per estrarli vivi dal sottosuolo. [...]

VALORI UMANI E CRISTIANI
La pellicola riesce ad esprimere importanti valori umani e religiosi. La povertà esteriore dei minatori, che contrasta con la loro ricchezza interiore; la capacità di condividere e di sacrificarsi per il benessere di tutto il gruppo. Il battersi per la giustizia, incarnato dalle mogli dei minatori. Ma forse, la grande verità che, da un punto di vista umano, il film riesce a esprimere, è la dimostrazione che si ottengono veramente dei risultati solo quando si mette in gioco tutto se stessi: il team di superficie, capeggiato dal texano Greg Hall, titolare della Drillers Supply Internazional e dal giovane ministro delle Miniere, riesce con tenacia e intelligenza nell'intento prodigioso di individuare il punto dove si erano rifugiati i minatori, anche se le trivelle si rompono continuamente e le mappe a disposizione sono imprecise.
La fede cristiana che ha sempre alimentato la speranza dei minatori e ha dato loro la forza di resistere per due lunghissimi mesi viene sottolineata nel film: si veda come all'interno dei tunnel i lavoratori abbiano sempre pregato insieme. Ma quello che accadde in realtà fu ancora più intenso. Greg Hall, diacono della comunità cattolica di Cypress (Houston), ha sempre pregato per l'esito dell'operazione e tutti i minatori, di fede cattolica, ricevettero, attraverso quella fessura nella roccia che ha costituito per lungo tempo l'unica via di comunicazione con la superfice, trentatré rosari inviati personalmente dal Papa.
L'esito finale della vicenda non fu dei migliori: i titoli di coda rivelano come l'azienda sia stata assolta dall'accusa di negligenza colpevole e agli operai e alle loro famiglie non venne riconosciuto alcun indennizzo.

Nota di BastaBugie: nel seguente video si può vedere il trailer del film.
Guarda il film su Prime Video (clicca qui) o su YouTube (clicca qui).


https://www.youtube.com/watch?v=XFVjpa6AF2g

Fonte: Family Cinema Tv

5 - SPERANZA ATTACCA LA MELONI SUL COVID
Sia Speranza che Conte fanno di tutto perché non venga costituita una commissione per esaminare il loro operato durante la pandemia... ed è ovvio il perché (VIDEO: Gli inganni di Speranza)
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 2 gennaio 2023

Tra gli auspici più ragionevoli e condivisi per il 2023 c'è senz'altro quello di non dover affrontare un'altra ondata letale di Covid. Ma c'è anche un auspicio nell'auspicio, e cioè che non si ripetano gli errori del passato nella gestione della pandemia. A prescindere da quella che sarà l'evoluzione dei nuovi casi di contagio, è davvero opportuno che le strumentalizzazioni politiche vengano messe da parte e che si aiutino le istituzioni a compiere le scelte migliori per il bene dei cittadini.
Ecco perché suonano come particolarmente stonate le dichiarazioni di qualche giorno fa dell'ex ministro della salute, Roberto Speranza, che ha attaccato il governo in carica sentenziando che «la strategia di Meloni sul Covid è fallita». Per fortuna degli italiani in questo momento Speranza rappresenta solo se stesso, visto che il suo partito, Articolo Uno, è ridotto a percentuali da prefisso telefonico e non gode di buona fama (l'ex europarlamentare europeo Panzeri, coinvolto nel Qatargate, milita proprio in quel partito).
Detto ciò, bisogna però stroncare sul nascere questi tentativi di manipolazione che esponenti dei precedenti governi stanno portando avanti (anche il leader dei 5 Stelle, Giuseppe Conte ci sta provando) per impedire che si costituisca una Commissione d'inchiesta sulle responsabilità di chi ha gestito l'emergenza Covid per oltre due anni. Buttarla in caciara è evidentemente un tentativo disperato che Conte, Speranza e i loro accoliti stanno portando avanti per evitare che si faccia luce sul boicottaggio delle cure domiciliari, sullo spreco di denaro pubblico, sulla sottovalutazione iniziale dei pericoli per la salute pubblica, sulla disorganizzazione gestionale in ogni ambito, da quello delle mascherine a quello dei banchi a rotelle, solo per citare alcune delle criticità più disarmanti.
Ma Speranza ha la necessità di far dimenticare anche qualcosa che riguarda lui in prima persona. In piena prima ondata, nella primavera 2020, l'ex ministro della salute aveva trovato il tempo di scrivere e pubblicare un libro intitolato Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute, poi repentinamente ritirato dagli scaffali delle librerie e mandato al macero dallo stesso autore, con una figuraccia internazionale che non ha precedenti nella storia dei governi di qualsiasi angolo della terra. Il diretto interessato, incalzato da un servizio de Le Iene, si era difeso dicendo che non aveva tempo di presentarlo. Diciamo invece che avrebbe fatto decisamente meglio a non scriverlo.

L'OCCASIONE PER UNA NUOVA EGEMONIA CULTURALE DELLA SINISTRA
Lumi in proposito li offre Alfonso Guizzardi, che quel libro è riuscito a procurarselo e a leggerlo prima che venisse distrutto. «Tutti si sono chiesti - scrive Guizzardi, autore del volume Roberto Speranza disse - perché Speranza abbia ritirato il libro e l'abbia addirittura mandato al macero; leggendo questa nostra "critica al testo" vi chiederete invece: "Ma come diavolo gli è saltato in testa di scriverlo?" Bugie, omissioni, previsioni completamente sbagliate, retorica da comiziante, linguaggio ipocritamente vetero-marxista: tutto quel che serve per disegnare un personaggio che tutto avrebbe dovuto fare nella sua vita, tranne che occuparsi della nostra salute». Per Speranza la tragedia della pandemia sarebbe dovuta diventare l'«occasione per una nuova egemonia culturale della sinistra» (parole testuali presenti nello sfortunato volume).
Anche Alvise Pedrotti, su Leoniblog, smonta le argomentazioni dell'ex ministro, che attaccava nel suo libro un non ben identificato "neoliberismo" e che nelle considerazioni successive dimostra di non conoscere a fondo neppure la struttura dello Stato che avrebbe dovuto contribuire a ben governare. Va ricordato che il 6 agosto 2020 la Fondazione Luigi Einaudi ha ottenuto la pubblicazione dei verbali secretati del Comitato tecnico-scientifico (Cts), da cui emerge come la politica abbia preso decisioni diverse rispetto a quelle suggerite dai tecnici, ma senza mai motivarle pubblicamente.
Le palesi contraddizioni di Speranza sono anche altre. Mentre il suo saggio veniva dato alle stampe, nell'estate del 2020, l'ex ministro assicurava che «il potere di questo maledetto virus ha i mesi contati». Evidentemente non era così, visto che subito dopo ferragosto arrivò la seconda ondata con le chiusure e le restrizioni di libertà. Che cosa c'è di più dilettantesco per un politico se non lanciare proclami decisamente sganciati dalla realtà effettuale? Come se non bastasse, nei mesi scorsi Speranza ha insistito sulla necessità che non si faccia politica sul Coronavirus, dimenticando che lui in quel libro e nei tanti atti pubblici da ministro ha proprio fatto politica sul Coronavirus, dimostrandosi prigioniero di una ideologia vetero-marxista e statalista che tanti danni ha provocato nella storia dell'uomo.

UNA CIRCOLARE PREVENTIVA
Veniamo a oggi. Il ministero della salute ha diramato una circolare "preventiva", che intende dare indicazioni alla popolazione in caso di peggioramento della situazione epidemiologica: mascherine al chiuso, smart working e riduzione degli assembramenti. E poi, intensificazione delle quarte dosi di vaccino anti-Covid e di una dose aggiuntiva per alcune categorie a rischio.
Il documento, intitolato Interventi in atto per la gestione della circolazione del SarsCoV2 nella stagione invernale 2022-23, contiene diverse indicazioni per «predisporre a livello regionale un rapido adattamento di azioni e servizi nel caso di aumentata richiesta assistenziale». Sebbene l'evoluzione della pandemia sia "imprevedibile", si legge nel testo del ministero, «il nostro Paese deve prepararsi ad affrontare un inverno in cui si potrebbe osservare un aumentato impatto assistenziale attribuibile a diverse malattie respiratorie acute», dall'influenza alle nuove varianti di SarsCoV2.
Una circolare per certi aspetti inopportuna, perché genera panico e diffonde quel terrorismo che per anni ha contribuito ad avvelenare la società e a frenare l'economia. Tuttavia, le reazioni di Speranza sono davvero imbarazzanti. Ha detto che «la strategia di Meloni sul Covid è fallita». Ma quale strategia? E perché sarebbe eventualmente fallita? Il nuovo governo ha correttamente voltato pagina, puntando sugli elementi in grado di favorire la ripresa socio-economica, vista anche la crisi energetica, e dunque ha fatto benissimo a risparmiare all'opinione pubblica lo stillicidio quotidiano degli (inutili) dati su contagi e ricoveri, trattandosi di cifre del tutto irrilevanti e fisiologiche in una stagione invernale da sempre caratterizzata da una recrudescenza dei virus respiratori.
L'ammissione dei propri errori dovrebbe essere il primo atto di onestà intellettuale di un politico. Dagli esponenti dei governi della scorsa legislatura non è arrivata neppure una parola di pentimento per tutte le cose sbagliate fatte per frenare la pandemia. Invece l'idea di bene comune non dovrebbe mai essere sganciata dal senso di responsabilità di chi gestisce o ha gestito la cosa pubblica.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 8 minuti) dal titolo "Detto fra noi col senno di poi" Silver Nervuti spiega le dinamiche dei mille giorni dopo lo scoppio della pandemia da Covid. Speranza ha ingannato milioni di persone. Molte di loro ancora non se ne sono accorte. Inviagli il link del video e guarda di nascosto l'effetto che fa.


https://www.youtube.com/watch?v=MtGFPoEYNq8

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 2 gennaio 2023

6 - NEL 2022 SONO STATI COMPIUTI NEL MONDO OLTRE 42 MILIONI DI ABORTI
Nella festa del 28 dicembre si ricordano i Santi innocenti Martiri uccisi dalla follia omicida di Erode... ma oggi la strage continua in tutto il mondo con un ritmo di due bambini uccisi ogni secondo
Autore: Fabio Fuiano - Fonte: Corrispondenza Romana, 28 dicembre 2022

Il 28 dicembre, la Chiesa Cattolica ricorda i Santi Martiri innocenti, i primogeniti uccisi, in odium fidei, dalla follia omicida di Erode che non poteva accettare la legittima regalità di Nostro Signore. Alla luce di questa ricorrenza, una riflessione su quanto accade oggi sembra necessaria: ci apprestiamo a chiudere l'anno 2022 e il sito Worldometers riporta più di 42 milioni di aborti compiuti, accingendosi a ri-azzerare il macabro conto degli innocenti distrutti, per poi ri-avviarlo dalla mezzanotte del 1° Gennaio con il solito ritmo di circa 2 innocenti al secondo uccisi nel mondo.
Oggigiorno, Erode non è più un caso eccezionale di malvagità, ma la regola per molti paesi sedicenti "civili" e "al passo coi tempi", tristemente inclusa l'Italia, dove da ormai quasi 45 anni la famigerata 194 continua a causare una inconcepibile strage di innocenti (il prossimo tremendo anniversario, 22 maggio 2023, sarà proprio il 45° della promulgazione). Non bisogna però illudersi che tutto sia cominciato con la 194/78: il processo messo in atto dalle lobby abortiste per ribaltare il giudizio dell'opinione pubblica sull'aborto procurato era già in atto da tempo e, prima ancora della 194, esso aveva già raggiunto un traguardo fondamentale: si tratta della sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975 con cui, per la prima volta, si introduceva nel nostro ordinamento giuridico la possibilità di abortire anche per semplici motivi di "salute" della donna. Questa sentenza è l'antesignano dell'iniqua legge 194, nonché spartiacque decisivo per la legalizzazione dell'aborto nel nostro paese.

UNA SENTENZA MALEDETTA
La Corte sfruttò a proprio vantaggio il caso di una donna milanese, Minella Carmosina, che nel 1972 fu penalmente perseguita in base all'art. 546 del Codice Penale (abrogato successivamente dalla 194 assieme a tutto il Titolo X - Dei delitti contro l'integrità e la sanità della stirpe) che vietava l'aborto di donna consenziente con la reclusione da due a cinque anni. Il giudice del Tribunale di Milano sollevò questione incidentale di legittimità costituzionale di tale articolo in quanto puniva l'aborto di donna consenziente anche laddove fosse stata "accertata" la pericolosità della gravidanza per il benessere fisico o per l'equilibrio psichico della gestante. Infatti, all'epoca, l'aborto poteva essere eccezionalmente esente da provvedimenti penali solo per un pericolo grave, assolutamente inevitabile e, soprattutto, attuale di danno per la madre (secondo il dettame dell'art. 54 c.p. sullo stato di necessità) e non a scopo medico per evitare che la donna incinta subisse aggravamenti di preesistenti alterazioni fisiche. L'atteggiamento del legislatore era tutt'altro che favorevole all'aborto, ma semplicemente egli, pur preservando lo sfavore per la pratica, non riteneva opportuno punire una donna già fortemente provata per la propria condizione e spinta ad abortire probabilmente più per disperazione che per convinzione. A differenza della legislazione successiva, l'impunibilità non implicava l'approvazione (né in quel caso specifico, né tantomeno tout court).

UN TOTALE ROVESCIAMENTO
La sentenza del '75 costituì un totale rovesciamento di paradigma, in quanto riuscì a dire che il concepito partecipa dei princìpi contenuti nella nostra Costituzione: «Ritiene la Corte che la tutela del concepito [...] abbia fondamento costituzionale. L'art. 31, secondo comma, della Costituzione impone espressamente la "protezione della maternità" e, più in generale, l'art. 2 Cost. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, fra i quali non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito», salvo poi affermare: «E, tuttavia, questa premessa - che di per sé giustifica l'intervento del legislatore volto a prevedere sanzioni penali - va accompagnata dall'ulteriore considerazione che l'interesse costituzionalmente protetto relativo al concepito può venire in collisione con altri beni che godano pur essi di tutela costituzionale e che, di conseguenza, la legge non può dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai secondi adeguata protezione. Ed è proprio in questo il vizio di legittimità costituzionale, che, ad avviso della Corte, inficia l'attuale disciplina penale dell'aborto». Concludendo: «La scriminante dell'art. 54 c.p. si fonda sul presupposto d'una equivalenza del bene offeso dal fatto dell'autore rispetto all'altro bene che col fatto stesso si vuole salvare. Ora non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare».
La Corte si avvalse di un ipocrita escamotage, impiegando un termine, quello di "persona", assolutamente estraneo alla giurisprudenza - giacché la legge non ha mai parlato di uomini persone e uomini non persone - e di tenore filosofico, per giustificare la pratica dell'aborto non tanto per stato di necessità, ma per tutelare il bene della "salute psico-fisica" della donna (cosa che sarà poi ripresa a piè pari nella 194). A rigore, dunque, bisognerebbe datare la legalizzazione dell'aborto in Italia non al 1978, ma al 1975, analogamente a quanto avvenne negli Stati Uniti, dove l'aborto fu reso lecito, appena due anni prima, dalla famosa sentenza Roe v. Wade, ribaltata il 24 giugno scorso dalla maggioranza pro-life della Corte Suprema americana. Far memoria delle tattiche della Corte è necessario, dal momento che, indipendentemente dal Parlamento, essa può ancora riservare delle (brutte) sorprese sul tema della vita umana innocente.

Fonte: Corrispondenza Romana, 28 dicembre 2022

7 - LETTERE ALLA REDAZIONE: L'ABBANDONO DEL FIGLIO NATO FUORI DAL MATRIMONIO
Siamo proprio sicuri che fuori del matrimonio sia giusto imporre al padre obblighi nei confronti del figlio e della sua madre come ad es. pagargli gli alimenti?
Autore: Pietro Guidi - Fonte: Redazione di BastaBugie, 28 dicembre 2022

Gentile redazione di BastaBugie,
ho letto con attenzione l'articolo da voi pubblicato che difende il cognome paterno dato al figlio ed mi trovo particolarmente d'accordo anche quando Pietro Guidi scrive che anche le mogli dovrebbero avere il cognome del marito.
Tutto questo è vero, ma secondo me non basta. Infatti se è vero che il padre ha diritto di imporre il cognome al figlio, però non sempre ne ha il dovere, ma soltanto quando il figlio è stato generato all'interno del matrimonio. In questa società assistiamo a moltissime rivendicazioni femministe che lamentano il fatto che l'uomo può scappare dopo avere messo incinta una donna, lasciando a lei la difficoltà di badare al figlio e di mantenerlo. Da questo punto di vista sono state fatte numerose leggi che impongono all'uomo di pagare gli alimenti ai figli anche se sono nati fuori dal matrimonio. Appartengono alla stessa corrente ideologica gli assegni di mantenimento dati alla moglie divorziata o separata.
Voi potreste sussultare sulla sedia per quello che sto per dirvi: secondo me, e anche secondo le leggi fino all'avvento della rivoluzione sessuale e dell'ideologia della parità di genere, l'uomo che abbandona la sua donna incinta può farlo, perché non è tenuto a mantenere quel figlio. Sarebbe tenuto a farlo solo se i due fossero sposati, altrimenti no. Non sto dicendo che è bello abbandonare il proprio figlio solo perché nato fuori dal matrimonio, ma affermo che l'uomo che lo facesse secondo me non sarebbe da biasimare.
È infatti il legame del matrimonio che obbliga a riconoscere i figli che nascono all'interno di esso. Quindi la donna che si concede sessualmente ad un uomo con cui non è sposata deve sapere che lei non può pretendere niente da lui. Deve conoscere i rischi che corre. Quindi, in una società normale, dovrebbe pretendere dal suo uomo che la sposi prima di concedersi a letto. Non solo per motivi religiosi, ma anche per i seguenti motivi naturali. Il legame matrimoniale è fatto apposta a difesa dell'uomo e della donna. In quel legame l'uomo sapeva che sua moglie si era impegnata a restargli sempre fedele e quindi non doveva temere nessun concorrente in amore. La donna invece viene difesa dal matrimonio visto che il marito si è impegnato a sostentare la famiglia. Ma se non si è sposati nessuno dei due ha queste protezioni: entrambi possono essere traditi e la donna rischia di essere abbandonata con il figlio che porta in grembo senza poter rivendicare nulla, visto che l'uomo a cui si è concessa non aveva assunto con lei nessun impegno.
Giovanni

RISPOSTA DELLA REDAZIONE

Caro Giovanni,
la tua mail forse non è del tutto condivisibile, ma non possiamo certo negare che gli obblighi sia per il marito che per la moglie nascono dallo stringere il patto matrimoniale.
Detto questo però riteniamo che un uomo che mette incinta una donna fuori del matrimonio sia colpevole di immoralità al pari di lei. Infatti la legge di Dio chiama fornicazione tali rapporti, quando sono praticati da persone non sposate, e chiama adulterio i rapporti sessuali tra persone sposate, ma non tra di loro (adulterio semplice quando è sposato uno dei due, adulterio doppio quando sono entrambi coniugati). Entrambi quindi sono peccato grave.
Per quanto riguarda la questione del cognome o degli alimenti purtroppo questa materia è trattata dalle leggi civili senza più distinguere tra figli legittimi, cioè nati all'interno del matrimonio, e figli illegittimi. La confusione regna dunque sovrana ed è aggravata dalle complesse questioni dell'utero in affitto che per ora è illegale in Italia, ma che in realtà viene praticato all'estero e poi si pretendono riconoscimenti anche qui da noi.
Insomma a noi premeva ricordare che quella del cognome non è una questione secondaria, ma che fa parte di un più ampio progetto di distruzione della famiglia che è praticamente ormai completato nei nostri ordinamenti statuali.
Noi crediamo che sia importante ripartire dalla Legge di Dio scritta nel cuore di ogni uomo per ripristinare la realtà naturale sul matrimonio.

Per leggere il precedente articolo pubblicato sul tema, clicca nel link sottostante.

E' BELLO AVERE IL COGNOME DEL PADRE... E DEL MARITO
Quest'anno la Corte Costituzionale ha abolito il cognome del padre attribuito in modo automatico, ma è peggio... persino la moglie dovrebbe avere il cognome del marito (come la Thatcher, Hilary Clinton e Ursula von der Leyen)
di Pietro Guidi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7247

DOSSIER "IL COGNOME DEL PADRE"
Solido fondamento della famiglia

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DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 28 dicembre 2022

8 - OMELIA BATTESIMO DI GESU' - ANNO A (Mt 3,13-17)
Questi è il Figlio mio, l'amato
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Oggi celebriamo il Battesimo del Signore. In questa giornata ricordiamo questo avvenimento della vita di Gesù, un avvenimento carico di mistero e di preziosi insegnamenti per la nostra vita di cristiani.
San Giovanni Battista stava predicando sulle rive del Giordano e amministrava un battesimo di penitenza. Prima di tutto bisogna capire la differenza tra il battesimo di Giovanni e il Sacramento istituito da Gesù. Quello di Giovanni era solo un simbolo, un segno della conversione interiore. I pii israeliti accorrevano da Giovanni e ricevevano quel battesimo riconoscendo di aver bisogno di una profonda purificazione, di cui quel battesimo era solo un simbolo. Con quel battesimo si chiedeva perdono a Dio per i propri peccati; esso era solo una preparazione al Battesimo istituito da Gesù, il quale, invece, è un Sacramento, ovvero un segno esteriore che opera realmente questa santificazione.
Sorprende il fatto che Gesù, pur essendo il Figlio di Dio e quindi infinitamente santo, si sia sottoposto al battesimo di Giovanni. Non ne aveva evidentemente bisogno. Per quale motivo ha voluto riceverlo? Una prima risposta è che Gesù ha voluto caricare sulle sue spalle tutti i nostri peccati. Non erano certamente suoi, ma nostri, i peccati da eliminare nel battesimo. Gesù, inoltre, ha voluto darci un esempio di umiltà: se Egli, l'Innocente, ha voluto sottoporsi a quel gesto di umiltà, quanto più noi che siamo carichi di peccati?
Ai giorni d'oggi, uno dei mali più grandi è la perdita del senso del peccato. L'uomo della nostra epoca troppo spesso si sente a posto, senza peccato. Così facendo, egli commette il più grande peccato: quello di superbia e di presunzione. Dio perdona, ma, come minimo, ci deve essere il nostro pentimento. Il superbo, al contrario, si ostina sulle sue vie non buone, senza chiedere perdono e senza nemmeno rendersi conto – accecato com'è – di essere pieno di peccati.
Un primo insegnamento che possiamo trarre dalla celebrazione di oggi potrebbe essere proprio questo: avere l'umiltà di riconoscere i propri peccati e chiedere perdono a Dio. Assoggettandosi al battesimo di Giovanni, Gesù ci dà proprio questa lezione.
Un giorno, ad un santo, dissero: «Beati gli occhi che vedono il Signore!», volendo con questo lodarlo per i doni molto grandi di cui era arricchito. Egli, invece, rispose: «Beati piuttosto gli occhi che vedono i propri peccati!». Con questa risposta, il santo voleva far capire che la grazia più importante è quella di riconoscere i propri peccati e di chiederne umilmente perdono. Se mancasse questa grazia, a nulla varrebbe vedere il Signore su questa terra. Dobbiamo dunque mettere sotto i tacchi il nostro orgoglio, la nostra presunzione, la nostra superbia.
Il brano del Vangelo di oggi ci invita a riflettere sul Battesimo che noi abbiamo ricevuto. Il Battesimo ci ha cancellato il peccato originale, anche se rimane l'inclinazione al male, ci ha resi figli adottivi di Dio e ci ha conferito la grazia santificante. È il primo e il più importante dei Sacramenti: senza di esso non vi è salvezza. Quando abbiamo ricevuto il Battesimo, per bocca dei nostri genitori e dei nostri padrini, abbiamo rinunciato a satana e al peccato e abbiamo professato la Fede. Una volta diventati grandi, dobbiamo personalmente rinnovare queste promesse.
È necessario, però, che il battezzato verifichi ogni giorno il suo comportamento di nato alla grazia, di figlio di Dio. Per questo motivo, noi tutti dobbiamo ricorrere frequentemente anche al sacramento della Confessione. Il Battesimo si riceve una volta nella vita, la Confessione molte volte, ogni volta che andremo da un sacerdote e chiederemo sinceramente perdono.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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