BastaBugie n�827 del 28 giugno 2023
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CI HANNO PRESO PER IL COVID, IL PRIMO LIBRO CHE RACCOGLIE GLI ARTICOLI DI BASTABUGIE 2020-2023
Per non dimenticare tre anni di lockdown, mascherine, vaccini e abusi di potere (prefazione del direttore della Bussola Quotidiana al corposo volume di 512 pagine)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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L'INUTILE INSTRUMENTUM LABORIS DEL SINODO SUL SINODO
Si prospetta un sinodo dal pensiero aperto, che non cerca conclusioni, perché in realtà la conclusione è già nel metodo (infatti il mezzo è già il messaggio come diceva Marshall McLuahn)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Blog di Nicola porro
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L'IDEOLOGIA LGBT TOGLIE DIRITTI ALLE DONNE, CHE IN QUESTO CASO NON INTERESSANO A NESSUNO
E intanto in Belgio si potrà cambiare sesso quando si vuole, a semplice richiesta, anche più volte all'anno
Autore: Helen Saxby - Fonte: Pro Vita & Famiglia
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IL MINISTRO DELLA FAMIGLIA ROCCELLA, OLTRE AD ESSERE ABORTISTA (PROCHOICE), SI DICHIARA ANCHE A FAVORE DELLA STEPCHILD ADOPTION
Ogni volta che si accetta un male minore si apre la porta al male maggiore che, in questo caso, è l'utero in affitto
Autore: Simone Pillon - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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SCANDALO NELLO SCANDALO: ASSOLTO IL RESPONSABILE DI BIBBIANO
Annullata in appello la condanna a 4 anni di reclusione per lo psicoterapeuta Claudio Foti (nonostante le inquietanti rivelazioni emerse durante il processo, ad es. la bambina affidata alla coppia lesbica veniva usata per la causa LGBT)
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Sito del Timone
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NETFLIX CHIAMA EMANUELA ORLANDI ''VATICAN GIRL'', MA E' SOLO PROPAGANDA CONTRO LA CHIESA
La cittadinanza vaticana non ha nessun legame con la scomparsa nel 1983 e tutte le piste non hanno portato a nulla nonostante la piena collaborazione del Vaticano
Autore: Nico Spuntoni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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DON CAMILLO DIFENDE LE CROCI IN CIMA ALLE MONTAGNE
Racconto guareschiano in risposta alla (vera) vicenda del Club Alpino Italiano che disapprova l'installazione di nuove croci, poi fa un parziale dietrofront
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Sito del Timone
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OMELIA XIII DOM. TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 10,37-42)
Chi accoglie voi accoglie me
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
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CI HANNO PRESO PER IL COVID, IL PRIMO LIBRO CHE RACCOGLIE GLI ARTICOLI DI BASTABUGIE 2020-2023
Per non dimenticare tre anni di lockdown, mascherine, vaccini e abusi di potere (prefazione del direttore della Bussola Quotidiana al corposo volume di 512 pagine)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23 giugno 2023
«Per non dimenticare». Perché è giusto non dimenticare e addirittura raccogliere gli articoli che hanno giudicato i tre anni di follia che vanno dallo scoppio della pandemia da Covid-19 alla fine della furia vaccinista? A cosa serve continuare a ricordare? Mantenere il ricordo delle ingiustizie subite, dei soprusi di Stato, delle menzogne dei nostri governanti, delle cure negate, dei ricatti che hanno messo in difficoltà lavoratori e famiglie, potrebbe certo favorire il permanere del risentimento, del rancore verso chi questo male ha provocato e verso chi ne è stato complice. Ma non è per questo che noi vogliamo "non dimenticare", coltivare il risentimento non ripara le ingiustizie e non costruisce nulla. "Non dimenticare" è invece e anzitutto uno stimolo a comprendere il senso di quanto è accaduto, è una spinta a capire come è stato possibile paralizzare un popolo con la paura di un virus, rendendolo inebetito e docile a qualsiasi comando dall'alto. E più irrazionale il comando era, più l'adesione si faceva cieca: a passeggio con il cane sì, col bambino no; puoi fare 5 chilometri per attraversare la città, ma non puoi attraversare la strada perché entri in un altro comune; al bar soltanto in piedi, poi soltanto seduti; chiusi a Pasqua per salvare l'estate, poi in casa in autunno per salvare il Natale, e ancora sacrificio a Natale per salvare la Pasqua; il vaccino che arriva in processione come il Sacro Graal con un frigorifero a -70°C e poi si può distribuire anche in spiaggia senza problemi; una puntura e tutto passa, poi cinque punture e la prospettiva di continuare ogni anno. Potremmo continuare a lungo, ma su ognuno di questi argomenti guai a porre domande o a mettere in rilievo le contraddizioni: tuttora sei coperto di improperi e di maledizioni. È importante capire perché quel che è accaduto non è un episodio estemporaneo, un incidente di percorso, ma è l'esito di un processo iniziato da molto tempo e preparazione di tempi ancora peggiori. "Non dimenticare" significa prendere consapevolezza che la questione sanitaria è stata il pretesto per un grande esperimento di controllo sociale fondato sulla paura. La paura è uno strumento fondamentale per acquisire il potere sugli altri, è un fantastico strumento di dominio. Diceva Edmund Burke: «Nessuna passione priva la mente così completamente delle sue capacità di agire e ragionare quanto la paura».
PICCOLE E GRANDI PAURE E si può dire che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale è stato un susseguirsi di piccole e grandi paure che hanno condizionato prima il nostro pensiero e poi il nostro comportamento. Si è cominciato con la paura della sovrappopolazione, "la bomba demografica" come è stata definita con una immagine molto efficace visto che è stata coniata pochi anni dopo l'esplosione di Hiroshima e Nagasaki (1945) e il rischio di guerra nucleare nel conflitto di Corea (1950-1953). Paura che si è poi coniugata con quella della catastrofe climatica, oggi più attuale che mai. Basta vedere le dichiarazioni dei ragazzi che vandalizzano le città per lottare contro i cambiamenti climatici: sono veramente terrorizzati dall'idea che il mondo possa finire a causa delle emissioni di CO2. E nel frattempo abbiamo vissuto paure più limitate nel tempo come quella per il famoso bug del 2000 che avrebbe dovuto bloccare tutti i computer paralizzando di fatto tutta la nostra società. E poi la famosa fine del mondo nel 2012, basata su una "profezia" Maya. E infine eccoci alla pandemia, realizzazione di quella paura di una "Nuova Spagnola" (riferimento a quell'influenza che tra il 1918 e il 1919 colpì un miliardo di persone, metà della popolazione mondiale di allora, con un bilancio tra i 20 e i 40 milioni di morti) che da allora ha accompagnato ogni accenno di virus influenzale più pesante della media. Ebbene questa è stata la grande occasione per instillare nella popolazione mondiale un vero e proprio clima di terrore che ha portato all'accettazione della rinuncia a ogni libertà personale, ivi compresa quella di recarsi in chiesa. Intere popolazioni completamente paralizzate dalla paura, con una disponibilità via via crescente ad accettare misure tanto restrittive quanto irrazionali: uno spettacolo impressionante.
È NECESSARIO UN RISVEGLIO DELLA RAGIONE È chiaro che se non ci sarà un risveglio della ragione, per il futuro si prepara un mondo in cui le decisioni della nostra vita saranno sempre più accentrate nelle mani di una ristretta élite. Ne sono un esempio i processi di concentrazione del potere in alcune grandi agenzie internazionali dell'ONU, come l'Organizzazione Mondiale della Sanità per il governo delle pandemie e il Programma ambientale dell'ONU (UNEP) per la lotta ai cambiamenti climatici. Ma come si risveglia la ragione? E qui bisogna fare un passo indietro, perché la paralisi della ragione si è accompagnata alla secolarizzazione del mondo cristiano. Non sorprendentemente, perché è davvero la fede cattolica ad esaltare la ragione; quando la fede va in crisi si perde anche la ragione. Se si perde il timor di Dio si comincia ad avere paura di tutto. È quello che è successo anche nella Chiesa cattolica: impauriti al punto di chiudere le chiese e cancellare le messe, che dovrebbero essere invece la fonte di speranza anche e soprattutto nelle situazioni più difficili. I preti erano così impauriti che hanno disertato in massa lasciando il popolo senza sacramenti, lasciando morire migliaia di persone in ospedale da sole e senza neanche il conforto religioso, per mesi hanno evitato di celebrare funerali. Una opera massiccia di desertificazione delle anime. Per difendere la vita si è rinunciato a vivere e soprattutto ad annunciare il Signore della vita, contribuendo così a questo smarrimento della ragione. "Non dimenticare" allora deve stimolarci anzitutto a ritornare alla vera fede, tornare a desiderare e perseguire la verità prima di ogni altro interesse, a giudicare la vita terrena alla luce della vita eterna. Solo questo rimette in moto la ragione e ci libera dalla paura, rendendoci capaci di resistere al Potere. E gli articoli raccolti in questo volume - scelti proprio perché nel riportare le notizie esprimono su tutti gli aspetti della pandemia un giudizio che nasce da uno sguardo di fede - sono allora un valido strumento in questo cammino che abbiamo davanti, un compito che riguarda ciascuno di noi.
Nota di BastaBugie: "Ci hanno preso per il Covid. Per non dimenticare tre anni di lockdown, mascherine, vaccini e abusi di potere" è il volume appena pubblicato dal sito BastaBugie che raccoglie una rassegna di oltre 130 articoli che ripercorrono i tre anni dell'emergenza da pandemia. Per acquistare il libro, di 512 pagine, al costo di 16 euro, clicca qui!
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23 giugno 2023
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L'INUTILE INSTRUMENTUM LABORIS DEL SINODO SUL SINODO
Si prospetta un sinodo dal pensiero aperto, che non cerca conclusioni, perché in realtà la conclusione è già nel metodo (infatti il mezzo è già il messaggio come diceva Marshall McLuahn)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Blog di Nicola porro, 22 Giugno 2023
Se si vanno a vedere tutti i grandi convertiti della storia (san Paolo, sant'Agostino...) ci si accorge che si tratta di personaggi che stavano bene dov'erano ma che poi hanno dovuto arrendersi a qualcosa di più forte di loro e dei loro costrutti: l'evidenza. O la Verità, come la chiamavano loro. E da quel momento hanno preferito farsi ammazzare pur di proclamarla. Anch'io sono un convertito. Non grande, certo, ma anch'io stavo bene dov'ero prima di dover affrontare torme di trolls, di detrattori, di haters e di insultatori (alcuni dei quali li troverete qui sotto, tra i commenti). Andavo appresso a Pannella prima di incespicare sulla Via di Damasco. E, come san Paolo e come sant'Agostino, nulla sapendo di quel che mi aveva folgorato avevo bisogno di qualcuno che mi spiegasse, che mi dicesse che cosa fare adesso, come comportarmi, come vivere (il perché ormai lo sapevo). A questo, scopersi, serviva la Chiesa. Cristo, se vogliamo metterlo tra i grandi fondatori di religioni, non aveva lasciato scritto niente. Aveva solo formato un suo staff che aveva istruito per tre anni prima di andarsene. Cioè, aveva creato una Chiesa. A cui aveva affidato ogni compito. Con l'assistenza dello Spirito. Infatti, nell'istruzione triennale molte cose erano state tralasciate. E subito gli Apostoli si ritrovarono a decidere su qualcosa su cui Cristo non aveva lasciato direttive: i pagani che diventavano cristiani, occorreva circonciderli o no? Gli Apostoli, consultato lo Spirito, decisero di no. E noi maschietti siamo loro grati. Ebbene, io ho avuto la fortuna di diventare un convertito quando la Chiesa era ancora quella del Concilio di Trento, il quale aveva il dono del parlar poco e chiaro: «Si quis dixerit... anathema sit». «Se qualcuno dirà così e cosà, sia anatema». La vita del cristiano che voglia comportarsi da tale, infatti, è già difficile di suo senza che gliela si complichi con la vaghezza e l'indefinito. Sì, no, boh, fate voi: pare questo lo stile attuale. L'importante è non fare proselitismo (ecchevvordi' ?) e andare d'accordo con tutti. L'ultimo Concilio era solo «pastorale», cercando di venire incontro all'uomo moderno di settant'anni fa. E dal linguaggio stringato si passò ai Catechismi di ottocento pagine, laddove quello precedente ne aveva dieci. Si passò anche alla messa che tutti possono capire, così che se uno attraversa, che so, la Spagna, la sente in catalano, in castigliano, in basco. Io la sento in italiano e, siccome quel che sento è sempre uguale, penso alla canzoni dei Beatles, che proprio il non conoscere l'inglese riempiva di fascino (sennò erano testi insulsi). Ma sia. Eccoci al famoso Sinodo, che durerà - pensate - due anni. Aprirà alle nozze gay? Aprirà alle donne il sacerdozio? Aprirà a pincopallino purché ecologico? E non è che con tutte queste aperture i padri - e le madri - sinodali si buscheranno un accidente? Bah, l'importante è sinodare. Anche il famoso Instrumentum laboris (e chissà perché qui hanno usato il latino anziché le tonnellate di lingue nazionali; si vuol discriminare?) par concepito apposta perché se lo leggano solo loro. Ce lo vedete un fedele comune seduto con le mani in mano sopra una panchina fredda del metrò intento a compulsarne una copia? E ammesso che lo faccia, che cosa potrebbe rispondere alla domanda: e mò? Linguaggio clericale, sfumato, smussato, l'importante è volersi bene, avviare processi, due passi avanti e uno indietro, e poi si vedrà, male che vada tra tre anni ne facciamo un altro di Sinodo. Ma poi, che vuol dire «sinodalità»? Che dovranno estenuarsi in convegni più o meno permanenti? Sarà, questo, il Sinodo arcobaleno (si chiedono i giornalisti)? Personalmente non credo, lasceranno al solito tutte le vie aperte. Già perché se fai entrare gli uni è sicuro che se ne vanno gli altri. Rimane, in Bertoldo, la domanda: perché i gay ci tengono tanto a sposarsi? Perché i preti pure? Perché le donne non vedono l'ora di fare i preti? Oh, ce ne fosse uno contento di stare al suo posto. Concludo. Ho tenuto per trent'anni la rubrica del «Santo del Giorno» sul Giornale e so che i grandi riformatori degli ordini religiosi hanno fatto fiorire piante secche potandole e riportandole all'austerità iniziale. Quelli che seguivano san Francesco e il suo rigore estremo erano attratti dagli animali e dall'ambiente? Padre Pio attirava folle per il suo approccio sinodale? Mah.
Nota di BastaBugie: Lorenzo Bertocchi nell'articolo seguente dal titolo "Sinodo ad alto rischio confusione" spiega cosa sta succedendo in merito al sinodo sulla sinodalità. Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 21 giugno 2023: Il Sinodo sulla sinodalità, avviato da Papa Francesco nell'ottobre 2021, scalda i motori presentando ieri in Vaticano il documento di lavoro che servirà da base per le discussioni della 16a Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi in programma per l'ottobre prossimo. Il Sinodo sulla sinodalità, pluriennale percorso «in ascolto dello Spirito» di tutta la Chiesa universale, attingerà a un documento che raccoglie le sessioni di ascolto già condotte in tutto il mondo a livello diocesano, nazionale e continentale. Il testo presentato ieri, di oltre 50 pagine, copre anche temi scottanti come le diaconesse, il celibato sacerdotale, la sensibilizzazione LGBTQ+ e sottolinea il desiderio di nuovi organi istituzionali per consentire una maggiore partecipazione al processo decisionale dal "Popolo di Dio". Tutto il documento è attraversato da un vero e proprio leitmotive, quello del dialogo, dell'apertura. «Il testo», ha detto ieri il cardinale Jean-Claude Hollerich, Relatore generale del Sinodo, «non ha la pretesa di essere un trattato teologico sulla sinodalità. Il testo non dà risposte, ma pone solo domande». Si prospetta così un sinodo dal «pensiero aperto», un'assemblea che non cerca conclusioni, ma la conclusione è già nel metodo, anzi il mezzo, per dirla con Marshall McLuahn, è già il messaggio. Il sinodo sul sinodo, in un certo senso, è già il risultato. Le 50 pagine dell'instrumentum laboris non sono di immediata lettura per il Popolo di Dio, scritte con linguaggio articolato che peraltro evita anche di definire cosa si intende quando si parla di «sinodalità». Arrivando, non facilmente, in fondo al testo si resta con la sensazione che il Popolo Santo di Dio sia un po' alieno a questo fiume di parole. Chiesa e persone LGBTQI+, sacerdozio per diaconi sposati, più apertura a donne e laici, diaconesse, presbiterato, clericalismo, pedofilia, formazione del clero, celibato opzionale e via domandando, sono tutti temi che sembrano anche un po' datati, ripetuti. Un «voler ma non posso». L'assemblea di ottobre dovrà pur dare qualche risposta. Dal documento di lavoro potrebbero emergere le risposte del cammino sinodale tedesco aperturista, ma anche gli statunitensi o gli africani potrebbero dare le loro ricette. Il cardinale segretario generale del Sinodo, il maltese Mario Grech, ha specificato che si tratta di un «processo di circolarità profonda tra profezia e discernimento», che aggiunge a suo modo pathos e mistero, per non dire confusione. Il sinodo sul sinodo apre processi, questa, al momento, è l'unica certezza.
Fonte: Blog di Nicola porro, 22 Giugno 2023
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L'IDEOLOGIA LGBT TOGLIE DIRITTI ALLE DONNE, CHE IN QUESTO CASO NON INTERESSANO A NESSUNO
E intanto in Belgio si potrà cambiare sesso quando si vuole, a semplice richiesta, anche più volte all'anno
Autore: Helen Saxby - Fonte: Pro Vita & Famiglia, 19/06/2023
Il Servizio Sanitario Nazionale inglese ha pubblicato una nuova guida "trans e non binaria" per il personale sanitario, secondo la quale nessun paziente ha il diritto di conoscere lo stato trans dell'operatore sanitario che lo assiste: se si percepisce donna, anche se sembra un maschio, la paziente non può eccepire alcunché. Neanche se è una paziente - per es. - affetta da demenza che ha qualche difficoltà a recepire le teorie gender: le loro eventuali obiezioni sarebbero considerate "opinioni discriminatorie". Così come alle ragazzine i regolamenti scolastici insegnano che i maschi che si trovano nei loro spogliatoi sono vere femmine, se lo vogliono. Una donna potrebbe iniziare una carriera sportiva o aver lavorato duramente per diventare un atleta d'élite, solo per scoprire che c'è un uomo accanto a lei sulla linea di partenza e le verrà detto di adattare il tuo senso della realtà. Di modificare le sue percezioni per vedere quell'uomo, con il suo vantaggio che gli dà la biologia, come se fosse davvero una donna. E così in politica, nell'editoria, nel mondo accademico, nelle arti, nella scienza: carriere professionali con premi e incentivi per donne e ragazze saranno condivise con uomini e le donne dovranno adeguarsi. Bisogna imparare a vedere questi uomini come donne, o far finta di non notare le differenze. Una vittima di stupro o di violenza maschile dovrà adattarsi ad avere un uomo nel rifugio per sole donne. Dovrà far finta che non sia così, o lavorare di più per "rielaborare il suo trauma". In prigione, senza via di fuga e potrebbe esserci un maschio rinchiuso con una donna e dovrà adattarsi, chiamarlo donna e far finta che non ci sia differenza tra lui e le altre detenute. Ci sono sanzioni per chi non si adegua e non c'è niente da fare. In ospedale, negli studi medici, anche dal ginecologo la parola "donna" non viene più utilizzata e un uomo può essere messo nel letto accanto. Chi preferisce un'infermiera per eseguire la mammografia, o vorrebbe assistenti donne per cure intime deve fingere che non importi se si trova davanti un uomo: se no viene bollata come bigotta transfobica. I bagni pubblici e gli spogliatoi nei negozi e nei centri ricreativi ora saranno "unisessuali" in un modo "per entrambi i sessi": l' istinto naturale a diffidare di qualsiasi uomo che entra in uno spazio femminile deve essere represso. La conoscenza e l'esperienza femminile del comportamento predatorio maschile devono essere disimparate. Chi rifiuta di adattarsi, o non può adattarsi a causa di demenza, neurodivergenza, un forte senso della realtà materiale, credenze religiose o femminismo radicale, perderà amici, lavoro, finanziamenti, reputazione, opportunità, premi, record, borse di studio, carriere e infine le parole per dire tutto questo. Probabilmente perderà la tranquillità e, in casi estremi, la sanità mentale. È in atto di discriminazione totale contro le donne. La metà dell'umanità va sempre più lontano dall'uguaglianza, più lontano dalla sicurezza, più lontano dall'equità, dalla dignità, e dalla privacy, per accontentare un piccolo sottogruppo di uomini che desiderano essere visti come donne. Il grande adattamento è richiesto alle donne, non agli uomini. Gli uomini che beneficiano della promozione dei valori 'progressisti' sanno che non saranno loro a pagarne il prezzo: le conseguenze ricadranno sempre in modo netto e sproporzionato sulle donne.
Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio, nell'articolo seguente dal titolo "Nessun sesso, siamo belgi. Ecco il nichilismo all'anagrafe" parla del Parlamento belga che sta approvando una legge che renderà possibile a una persona cambiare legalmente di sesso ogni volta che vuole, a semplice richiesta. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 19 giugno 2023: In Belgio, dove il vice premier è un transessuale (Petra De Sutter, all'anagrafe), era in vigore dal 2017 una legge sul "cambio di sesso" che pareva all'avanguardia. Infatti per la rettificazione sessuale bastava un'autodichiarazione presso l'ufficiale di stato civile senza passare né dal chirurgo, né dall'endocrinologo per gli ormoni, né dallo psicologo. Però occorreva il benestare del Tribunale di Famiglia. Al contrario, questa norma è sembrata alla Corte costituzionale un po' vetusta e così ha chiesto al Parlamento di cambiarla. Allora Vincent Van Quickenborne, Ministro della Giustizia, e Marie-Colline Leroy, segretario di Stato per l'uguaglianza di genere, hanno proposto un disegno di legge che pare scritto da un autore fantasy. Le modifiche alla legge del 2017, approvate il 14 giugno dalla Commissione giustizia della Camera e che aspettano il placet dell'Assemblea plenaria, prevedono che il "cambio di sesso", a differenza della precedente disciplina normativa, possa avvenire un numero indefinito di volte. In buona sostanza Mauro può diventare Maura e viceversa tutte le volte che vuole e solo recandosi all'ufficio di stato civile, nemmeno più dovendo chiedere l'autorizzazione del Tribunale di Famiglia. Dunque, per ipotesi, una persona da gennaio a giugno potrebbe essere maschio e da luglio a dicembre femmina e così ogni anno. La donna è mobil e pure l'uomo, viene da concludere. Il sesso di appartenenza diventerebbe allora come la cravatta, un accessorio che cambi a seconda dell'umore o dell'abito che indossi. Il sesso come accessorio, appunto. La Corte costituzionale ha chiesto questa modifica in quanto l'irrevocabilità della prima scelta del "cambio di sesso" era parsa ai giudici - indovinate un po'? - discriminatoria verso quelle persone che si sentono "gender fluid" ossia ondivaghe nel tempo in merito all'autopercezione sessuale. Bloccarli nella loro prima opzione era parso un po' troppo rigido. D'altronde se si può cambiare coniuge ipoteticamente enne volte, non si capisce perché non si possa fare lo stesso anche con il sesso. In tal modo il cambiamento di nome potrà avvenire moltissime volte ed ogni volta si potrà usare un nome nuovo di zecca. La babele dell'onomastica. La prossima modifica già approvata dalla Corte costituzionale prevede poi il riconoscimento anagrafico delle persone non binarie, ossia di quelle persone che non si riconoscono né appartenenti al sesso maschile né a quello femminile. Pensano di essere neutre, come un foglio bianco che non è né azzurro né rosa, oppure immaginano di appartenere ad un sesso terzo, però di difficile rappresentazione. Va da sé che questa modifica risponde all'esigenza, secondo i giudici, di applicare il principio di uguaglianza anche a questi soggetti che vivono nel limbo sessuale. All'orizzonte però c'è dell'altro. Quest'ultima riforma permetterebbe ai soggetti che si percepiscono non binari e dunque, come spiegato, terziari di apporre sui propri documenti di identità una bella X, a posto dei castranti M e F. Apriamo una breve parentesi di carattere filosofico: tutti sanno che in matematica la X indica un'incognita e dunque è parsa ai belgi, e non solo a loro, che tale lettera facesse proprio al caso di coloro i quali non sanno chi sono dal punto di vista sessuale (una X così simile all'asterisco grammaticalmente ambiguo). Un'incognita che non deve essere risolta, perché viviamo nel tempo delle domande, delle incertezze e non certo nel tempo delle risposte e della verità. Chiusa la parentesi, torniamo agli aspetti giuridici di tale riforma: una ricaduta negativa che potrebbe nascere dall'apporre questa X su passaporto e carta d'identità (una identità mancante dell'identità sessuale, notiamo a margine) sarebbe che qualcuno potrebbe sorprendersi di quello strano simbolo e inarcare un sopracciglio. Simile eventualità è apparsa subito ai giudici come - indovinate nuovamente? - discriminatoria verso i terziari del sesso anagrafico. Allora si vocifera sempre più - udite udite - di cancellare qualsiasi riferimento al sesso, vero o percepito che sia, sui documenti ufficiali. Il sesso scomparirebbe e, prima o poi, diventerebbe irrilevante anche dal punto di vista sociale, quasi fosse accessorio alla persona, né più né meno come la misura del piede. Un mondo dove solo a presentarsi come maschio, femmina o transessuale apparirebbe vetusto, superato o addirittura politicamente scorretto perché discriminatorio verso chi è più avanti nella consapevolezza del mondo e sa che il sesso è irrilevante per la felicità della persona. L'anticultura woke griderebbe allo scandalo della supremazia sessuale. Ecco allora che approderemmo finalmente a ciò che vogliono le lobby LGBT e, più in alto di loro, a ciò che vuole il pensiero rivoluzionario: il nichilismo sessuale. Il "cambiamento di sesso" è solo una tappa intermedia perché la meta è il nulla sessuale, ossia la cancellazione dell'identità sessuale, parte della cancellazione dell'identità personale, dell'uomo in quanto uomo. Questa dinamica sexoclastica appartiene perfettamente al processo del post umano il quale predica una fusione - e ciò che è fluido è adatto ad essere fuso - tra l'uomo e i vegetali e gli animali e le cose per finire in un uno indistinto dove ci disperderemo come ceneri al vento (e la pratica della cremazione risente di queste suggestioni). Per farlo occorre eliminare la natura umana, cioè l'identità personale, partendo ad esempio dalle categorie maschio e femmina. Il transessualismo è una fase iniziale di questa fusione indistinta, perché vorrebbe eliminare quel confine esistente tra maschio e femmina, però è una fase imperfetta. Infatti anche la stesse categorie sessuali devono essere abbandonate perché ogni confine è un limite che opprime l'uomo. Ogni elemento identitario deve essere combattuto: meglio l'appartenenza ad una religione universale che alla religione cattolica; meglio la cittadinanza universale che l'amore per la patria; meglio il multiculturalismo che la difesa della cultura cattolica o italiana; meglio la globalizzazione che la nazione; meglio il poliamore che il vecchio e sano monoamore; meglio la promiscuità che la fedeltà; meglio le famiglie che la famiglia; meglio le provette omologhe ed eterologhe e gli uteri in affitto che l'ordinaria procreazione naturale nascente da quel monotipo che è il rapporto sessuale inventato dal poco fantasioso Dio dei cristiani. Via quindi ogni confine, ogni barriera, ogni muro, ogni perimetro, ogni contorno, ogni limite, ogni forma. Dobbiamo essere illimitati, infiniti, indistinti, indefiniti, ambigui, confusi e informali. Dobbiamo infine liberarci da tutto ciò che è, al fine di dissolverci in ciò che non è. Dobbiamo scomparire nel nulla.
Fonte: Pro Vita & Famiglia, 19/06/2023
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IL MINISTRO DELLA FAMIGLIA ROCCELLA, OLTRE AD ESSERE ABORTISTA (PROCHOICE), SI DICHIARA ANCHE A FAVORE DELLA STEPCHILD ADOPTION
Ogni volta che si accetta un male minore si apre la porta al male maggiore che, in questo caso, è l'utero in affitto
Autore: Simone Pillon - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26 giugno 2023
Uno dei più significativi risultati raggiunti nel 2016 con il grande Family Day del Circo Massimo fu quello di ottenere - se non altro - lo stralcio della norma sulla stepchild adoption dalla legge sulle unioni civili. Meglio sarebbe stato (probabilmente anche per la sua carriera politica) se Matteo Renzi avesse fermato l'intero disegno di legge, che non portò a nulla di buono per il nostro Paese, aprendo di fatto il supermarket delle famiglie in cui ciascuno può scegliere la famiglia su misura, dalla unione civile al patto di civile convivenza, dalla convivenza non registrata fino al matrimonio "vintage". Tutto è famiglia, e dunque nulla più è famiglia, e questo assunto ormai sdoganato porterà ad una frammentazione sempre più insanabile del tessuto sociale, sostituendo i nuclei familiari con individui isolati. A questo si aggiunga che la legge Cirinnà fu e resta un autentico cavallo di Troia utile a consentire alla giurisprudenza ideologica di scavalcare le norme. Come che sia, almeno in parte i bambini furono messi in salvo, stralciando tutta la parte sull'adozione da parte del partner che avrebbe legittimato le pratiche fecondative proprie delle coppie omosessuali, e cioè il traffico di gameti maschili per le donne, e l'utero in affitto per gli uomini. È bene sul punto sciogliere un dubbio: un conto è la stepchild adoption da parte del partner come prevista (e poi stralciata) dalla legge Cirinnà, un altro conto è l'adozione in casi particolari di cui all'art. 44 della legge 184/83; nel primo caso infatti si assisterebbe ad una sorta di automatismo, mentre nel secondo sarebbe necessario comunque un approfondito e accurato vaglio da parte dell'autorità giudiziaria per verificare, intanto, l'assenza di altri genitori naturali, e poi per valutare se tale adozione risponda o meno all'interesse del fanciullo. Il tema è tornato alla ribalta dopo la nota vicenda dell'impugnazione, da parte della procura di Padova, di 33 atti di nascita sui quali figuravano "due madri", e ci aiuta a ricordare il valore di quella conquista di civiltà che fu la mancata ammissione della stepchild adoption nel nostro ordinamento giuridico.
LA STEPCHILD ADOPTION NON È LA SOLUZIONE Se infatti nel 2016 la stepchild fosse stata approvata, si sarebbero già da allora aperte le porte alla legalizzazione dell'utero in affitto e del traffico di gameti, con conseguente automatica legittimazione dell'acquisto di bambini sul mercato internazionale. Altro che reato universale: con la stepchild in vigore si sarebbe di fatto riconosciuto il "diritto al figlio" e la Consulta avrebbe avuto un formidabile appiglio giuridico per finire di dichiarare incostituzionale la legge 40/2004 nella parte in cui vieta la maternità surrogata. Se infatti avere un figlio è un diritto di tutti, come potrebbero essere vietate le relative tecniche riproduttive? Ecco la ragione per cui, ora come allora, la stepchild adoption non può e non deve essere la soluzione, né la legge sull'utero in affitto reato universale può diventare la moneta di scambio da mettere sul tavolo del compromesso politico. Se infatti passasse una norma sulla stepchild adoption, diventerebbe di fatto impossibile applicare la norma penale universale sulla surrogata. Immaginate quanto sarebbe semplice per un uomo recarsi all'estero, ritirare il bambino appena partorito, farsi firmare una dichiarazione dalla madre surrogata in cui la stessa attesti che il figlio sia frutto di una relazione carnale e contestualmente rinunci al riconoscimento del figlio e alla responsabilità genitoriale e poi tornare in Italia per iniziare immediatamente l'iter della stepchild. Fatta la legge, trovato l'inganno. Possiamo anche prevedere l'ergastolo per l'utero in affitto, tanto con la stepchild in vigore nessuno verrà mai condannato. Le pronunce giurisprudenziali, qualche volta spinte ideologicamente, stanno tentando di aprire una breccia che favorisca la stepchild adoption e solo una posizione legislativa chiara e coraggiosa può fermare questa pericolosa deriva. Ecco perché non si possono condividere le aperture del ministro Roccella, sulla stepchild adoption.
CLAMOROSE RETROMARCE Per il vero non è la prima clamorosa retromarcia di Eugenia Roccella, che nel 2016 scendeva in piazza contro la legge Cirinnà, il 21 gennaio 2018 dichiarava ad Avvenire di voler "sostituire o trasformare radicalmente" la legge sulle unioni civili, salvo poi spiegare al Foglio nell'ottobre 2022 che "non è vero che siamo contro le unioni civili" dichiarandosi contraria alla sola stepchild adoption, salvo poi cambiare nuovamente idea indicando pochi giorni fa sul Corriere della Sera tale via come soluzione del problema di Padova. Secondo il ministro in versione 3.0, ora le le coppie omogenitoriali dovrebbero "seguire la procedura adottiva. Stiamo parlando della stepchild adoption, che qualche anno fa veniva richiesta a gran voce. Perché adesso non va bene più? Non è una procedura discriminatoria". Lo scivolamento valoriale del ministro non pare arrestarsi, posto che sempre la Roccella, intervistata il 22 giugno 2023 ha dichiarato all'ANSA che "dovremo pensare a una sorta di sanatoria" per le coppie omogenitoriali che abbiano violato la legge fino ad oggi. Una sorta di condono edilizio, da applicare a creature umane scientemente private di padre o di madre fin dalla nascita. In meno di cinque anni siamo passati dal "aboliremo le unioni civili" a "facciamo una sanatoria, seguano la procedura adottiva". Spiace dirlo, ma non possiamo essere d'accordo col ministro, o almeno con le sue ultime posizioni. Legittimare la stepchild sarebbe un disastro. L'unico modo efficace per intervenire è quello di affermare (anche in Costituzione se necessario) il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre e contestualmente vietare qualsiasi forma di riconoscimento della (pseudo)genitorialità ottenuta contro la legge. Chi ordina i bambini su internet non può essere il loro genitore, esattamente come chi li rapisce o li compra o li regala. Diversamente ogni norma sarà scavalcata dalla pressione ideologica e dalla giurisprudenza. Se poi si tratta, come nel caso di Padova, di figli di coppie lesbiche, va ricordato che non sono certo orfani, ma hanno una madre, e una sola, che è colei che li ha partoriti e dunque hanno già tutti i diritti del caso. A chi chiede il riconoscimento anche della "seconda mamma", vorrei sommessamente ricordare infatti che non esistono figli di due madri. Da qualche parte c'è anche un padre, che ha offerto il proprio decisivo contributo, e che è stato annullato, cancellato, eliso, obliterato e trasformato in una scatola di polistirolo contenente sperma e ghiaccio secco. Tutto questo resta ingiusto, grave e inaccettabile nei confronti di un essere umano che non solo non conoscerà mai il suo papà, ma che non potrà mai conoscere neppure lontanamente il significato della parola "padre". Di mamma ce n'è una sola. E anche di papà. Niente stepmamma e stepadre, grazie.
Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Aborto e omogenitorialità, irrazionale Roccella" commenta l'irrazionale e immorale proposta del ministro della famiglia di una sanatoria per i bambini irregolari di coppie gay. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 giugno 2023: Peter Gomez ieri a La Confessione, trasmissione che conduce sul Nove, ha intervistato il ministro per la Famiglia Eugenia Roccella. Prendiamo due temi tra quelli trattati. Il primo è l'aborto. Il conduttore fa giustamente osservare che, laddove c'è una legge che disciplina l'accesso all'aborto permettendolo, questo diventa un diritto. La Roccella si mostra imbarazzata e tenta una scappatoia dicendo che "il diritto, casomai se proprio vogliamo riconoscere un diritto, è il diritto di scegliere, cioè alla maternità come libera scelta". Dunque ha confermato che l'aborto è un diritto. Infatti, se ho diritto di scegliere in merito alle sorti del nascituro, vorrà dire che esisterà il diritto a diventare madre e il diritto a rinunciare ad esserlo, il diritto a farlo nascere e il diritto ad ucciderlo, ossia il diritto di abortire. Gomez fa il suo mestiere e incalza: "Se lei fosse il leader di un movimento che prendesse il 51% [dei voti] degli italiani, lei toglierebbe il diritto ad abortire". Risposta secca del ministro: "No, no!". Non serve commentare. Secondo tema: omogenitorialità. Proprio qualche giorno fa avevamo commentato l'intervista rilasciata dal ministro al Corriere dove si mostrava assolutamente favorevole alla stepchild adoption per le coppie omosessuali, sebbene solo nel 2016 dichiarasse tutta la sua contrarietà a tale pratica. La stepchild adoption prevede che il/la compagno/a che non è padre/madre del bambino, avuto con la fecondazione artificiale o con l'utero in affitto, può adottare lo stesso tramite un'interpretazione illegittima della sezione della legge sulle adozioni che riguarda le adozioni in casi particolari. La Roccella a La Confessione ribadisce la sua linea di favore verso la stepchild adoption. Anche in questo caso Gomez pone la domanda giusta: ma se diciamo sì alla stepchild adoption perché non possiamo dire sì anche al riconoscimento automatico dell'omogenitorialità realizzatasi all'estero? Se due ragazze sono state riconosciute in paese straniero come genitori del minore perché non riconoscerle automaticamente qui in Italia senza passare dal tribunale per avere la stepchild adoption? Il risultato non sarebbe lo stesso? Anche qui la Roccella si arrampica sui vetri e non risponde, rimettendo lo stesso disco ascoltato nei minuti precedenti: che quelle ragazze ricorrano alla stepchild adoption. Poi il ministro propone una sanatoria (sic) per tutti i bambini irregolari di coppie gay: "Dovremo pensare ad una sorta di sanatoria, una volta che ci sarà la nuova legge per la perseguibilità dell'utero in affitto anche per chi lo fa all'estero". Si tratterebbe quindi di "una soluzione legale che non sia un modo per aggirare le leggi per i bambini nati sin qui, io penso che sia utile farla". Entriamo nel merito della proposta. In primo luogo avremmo una disparità di trattamento ingiustificato: se il bambino è nato prima della legge sull'utero in affitto gli va bene perché verrà regolarizzato, dopo no. Il discrimen è quindi solo temporale. Inoltre una regolarizzazione su questo tipo di diritti che sono indisponibili non può che valere anche per il futuro. In secondo luogo la proposta di legge per sanzionare l'utero in affitto, anche praticato all'estero, nulla c'entra con la disciplina della filiazione. Infatti la proposta indica solo che il divieto di accedere alla maternità surrogata deve estendersi anche al di fuori dei confini nazionali, ma nulla dice sul riconoscimento dei bambini comunque avuti in tal modo. Nulla dice perché non serve dirlo, dato che già la normativa attuale stabilisce che quei bambini non possono essere registrati come figli del partner non padre biologico o adottivo del minore. Vogliamo dire che già ora il figlio avuto all'estero tramite maternità surrogata non può essere registrato presso l'anagrafe, senza aspettare la legge sull'utero in affitto. Dunque non si vede perché la Roccella si sia dovuta inventare una sanatoria a favore di questi bambini e solo di quelli avuti prima della legge sulla maternità surrogata. Appare come mera concessione - davvero un condono procreativo - alle realtà Lgbt. Tra l'altro questo condono riguarderà non solo le coppie gay maschili - le quali per avere un figlio non possono che ricorrere all'utero in affitto - ma anche quelle femminili - le quali per massima parte non ricorrono all'utero in affitto ma solo alla sua fase precedente, ossia alla fecondazione eterologa, dato che una delle due donne può diventare madre biologica del bambino (vedasi il recente caso patavino). Da ultimo cerchiamo di inquadrare la strategia del Ministro Roccella. Come facevamo già notare, nel 2016 il ministro si dichiarava contraria alla stepchild adoption, all'omogenitorialità in generale e alle unioni civili. Solo nel 2018 sulle colonne di Avvenire la Roccella scriveva: "La legge sulle unioni civili, per esempio, a mio avviso apre la via, in modo ipocrita (cioè senza affermarlo apertamente), all'adozione da parte delle coppie gay". La strategia della Roccella è la solita: accettare e anzi battersi per il male minore per evitare il male maggiore, ormai convinti che lo status quo può solo peggiorare. Il cambio di rotta del ministro si spiega rispondendo alla seguente domanda: quando si è costretti ad accettare il male minore? Quando è ormai diffuso e si pensa che non si possono mettere indietro le lancette della storia (tipico vizio mentale dei progressisti). Ad esempio: dopo un po' di anni le unioni civili si sono consolidate nell'immaginario collettivo - anche se il numero di uniti civilmente è scarso - allora è inutile battagliare contro di esse, ma anzi bisogna appoggiarle per evitare il "matrimonio egualitario", ossia le "nozze" gay. Molti sono i giudici che hanno dato via libera alla stepchild adoption, dunque è senza speranza tentare di invertire la rotta. L'aborto c'è da quasi mezzo secolo: follia pensare anche solo di intaccare la 194 in qualsiasi modo. Questo, in definitiva, è un orientamento politico crociano, dove la moralità è indicata dalla prassi, dalla storia. Da un punto di vista squisitamente morale non si può mai acconsentire al male (tollerare a volte invece è lecito e addirittura doveroso). Ma anche prendendo a prestito l'etica utilitarista della Roccella, la sua strategia è fallimentare e la storia lo dimostra. Difendere il divorzio "lungo" non ha impedito di arrivare al divorzio express. Difendere l'omologa non ci ha salvato dall'eterologa. Difendere l'aborto chirurgico non ci ha fatto scampare il fenomeno dell'aborto chimico. Difendere l'interruzione di terapie salvavita non ha bloccato la Consulta che ci ha regalato l'aiuto al suicidio. Questo avviene per necessità logica: se facciamo nostro il principio che è legittimo uccidere il nascituro, perché alcune modalità per applicare questo principio vanno bene e altre no? Se è giusto concepire in provetta una persona perché vietare ad esempio l'eterologa? Accettata la ratio di una legge non si può che rispettarne tutte le conseguenze e così, di necessità, tutti quei paletti messi intorno a tale ratio per non farla espandere, salteranno prima o poi perché la natura di una legge è chiamata ad attualizzarsi sempre più. La differenza tra Roccella - e molti altri che la pensano in modo uguale - e i pro choice così svanisce. L'unica differenza è la velocità per giungere alla meta: la direzione è la stessa - sì all'aborto, all'eutanasia, all'omogenitorialità - ma a velocità ridotta. I progressisti vorrebbero già ora l'utero in affitto, i pro-compromesso si attardano alla stepchild adoption, obiettivo già conquistato nel 2016. Vogliamo cambiare davvero le cose? Vogliamo impedire davvero il peggio, ossia il male maggiore? Dobbiamo marciare in direzione opposta al nemico. Vogliamo ad esempio impedire l'utero in affitto? Dobbiamo difendere la famiglia naturale e criticare in radice l'omosessualità e le relazioni omosessuali, nonché la pratica della fecondazione extracorporea. Altrimenti tra qualche anno o addirittura mese saremo qui nuovamente a commentare un'uscita della Roccella che si dichiara a favore dell'utero in affitto… a patto però che sia gratuita.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26 giugno 2023
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SCANDALO NELLO SCANDALO: ASSOLTO IL RESPONSABILE DI BIBBIANO
Annullata in appello la condanna a 4 anni di reclusione per lo psicoterapeuta Claudio Foti (nonostante le inquietanti rivelazioni emerse durante il processo, ad es. la bambina affidata alla coppia lesbica veniva usata per la causa LGBT)
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Sito del Timone, 8 giugno 2023
Chiuso il processo d'appello nei confronti dello psicoterapeuta Claudio Foti, titolare del centro studi torinese "Hansel&Gretel" di Moncalieri (Torino) a cui il comune di Bibbiano (Reggio Emilia) aveva affidato lo svolgimento di sedute di psicoterapia, convegni e corsi di formazione. Foti era stato coinvolto nell'inchiesta "Angeli e demoni" sullo scandalo degli affidi illeciti dei bambini di Bibbiano. Nel novembre 2021 lo psicoterapeuta era stato condannato a 4 anni di reclusione per abuso d'ufficio, lesioni dolose gravi e frode processuale. Per "lesioni gravi" si intendono quelle ingenerate nei confronti di una sua paziente minorenne (ansia e depressione) di cui Foti era stato accusato all'epoca dei fatti. Secondo l'accusa, lo psicoterapeuta piemontese avrebbe indotto la bambina a credere di aver subito abusi sessuali da parte del padre, dopo averla sottoposta alla tecnica della Emdr, la discussa 'macchina dei ricordi', «in totale violazione dei protocolli di riferimento». Per quanto riguarda, invece, l'accusa di abuso di ufficio, in concorso con il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, il riferimento è all'affidamento senza gara, alla sua associazione, del servizio di psicoterapia nell'Unione Val d'Enza. Tutte accuse da cui, lunedì scorso, i giudici della quarta sezione penale della Corte d'appello di Bologna lo hanno assolto, ribaltando la sentenza, perché le prove risulterebbero insufficienti. Quindi non con formula piena. Mentre è ancora in corso il processo per gli altri 17 imputati che a differenza di Foti, avrebbero scelto il rito ordinario, piuttosto che quello abbreviato. Tra questi la moglie dello psicoterapeuta, Nadia Bolognini e alcuni assistenti sociali, tra cui l'ex responsabile dei servizi sociali della Val d'Enza Federica Anghinolfi, il suo "braccio armato" Francesco Monopoli e il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti. Le accuse sono tante e in parte simili a quelle rivolte contro Toti: maltrattamenti dei minori, lesioni gravi, falsa testimonianza, peculato, frode processuale, depistaggio, frode aggravata, abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. Inoltre primo cittadino, sotto processo, era stato condannato, nell'estate 2019, agli arresti domiciliari, ma poi è stato scarcerato dalla Cassazione. In seguito è persino potuto tornare ad amministrare il comune di Bibbiano dove hanno sede i servizi sociali a cui la Procura di Reggio aveva contestato la falsificazione delle relazioni scritte sui bambini, denunciando finti abusi o maltrattamenti familiari, per poter sottrarre i minori alle loro famiglie d'origine e trasferirli, a scopo di lucro, a coppie affidatarie. Significativo il commento di Claudio Foti dopo la lettura della sentenza di assoluzione: «Rifarei tutto!»
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano, nell'articolo seguente dal titolo "Bibbiano, bimba strappata al papà usata per la causa Lgbt" parla di un dettaglio inquietante emerso al processo per i fatti di Bibbiano. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 maggio 2023: Al processo per i fatti di Bibbiano emerge un dettaglio inquietante: la bambina affidata alla coppia lesbica partecipò all'unione civile delle due donne e le venne fatta indossare una maglietta con su scritto: "Sono la figlia delle due spose". Un episodio di violenza che mostra come il sistema affidi in Val d'Enza fosse orientato a promuovere l'omogenitorialità senza curarsi dei traumi a cui andavano incontro i minori strappati ai genitori solo sulla base di sospetti. Bambini usati come bandiera per le battaglie Lgbt. Se le prove si costruiscono a processo, questo può essere un caso di scuola. È il drammatico particolare emerso nei giorni scorsi al processo Angeli & Demoni che si sta svolgendo in Tribunale a Reggio Emilia. Il 30 giugno 2018 ci fu la cerimonia di unione civile nella quale si "sposarono" Fadia Bassmaji e Daniela Bedogni. Le due donne erano destinatarie di un affidamento deciso dalla responsabile dei servizi sociali di Bibbiano, Federica Anghinolfi, oggi sotto processo assieme anche alle due lesbiche e altri imputati per svariati reati. A loro venne affidata una bambina strappata ai genitori per presunti abusi che si stanno rivelando, anche a processo, inesistenti. Ebbene. Durante l'udienza si è scoperto che quando le due donne convolarono in unione civile, alla piccola che in quel periodo viveva con loro, venne fatta indossare una maglietta con su scritto: "Sono la figlia delle due spose". Un'aberrazione vera e propria, anzi una doppia aberrazione: anzitutto perché le donne non erano sposate, ma solo unite civilmente e in secondo luogo perché la bambina non era loro figlia, ma solo data in affido, seppur discutibile, a loro. In una chat dei servizi sociali, di cui non faceva parte la Anghinolfi, qualcuno criticò la sua decisione di pubblicare il video del "matrimonio omo" nel quale compariva anche la bambina: «I confini di Federica, questi sconosciuti», disse una delle assistenti sociali con evidente intento di stigmatizzare l'esposizione di una minore in uno stato protetto ai social e per un evento dall'alto valore ideologico come quello. L'episodio mostra come l'affidamento della piccola alle due lesbiche da parte della Anghinolfi, che con una di loro era stata anche intima, fosse una sorta di manifesto ideologico per la causa Lgbt in un'ottica di affermazione dell'omogenitorialità, concetto condiviso dalle tre donne, evidentemente, ma foriero di molteplici problematiche psicologiche. Una sorta di manifesto omogenitoriale, che alla prova dei fatti ha mostrato tutte le sue carenze educative e psicologiche. Prova ne è che le stesse donne affidatarie fossero consapevoli della loro incapacità genitoriale tanto da chiedere aiuto: «La coppia di donne - riporta Alessandra Codeluppi sul Resto del Carlino - lamentò difficoltà e chiese supporto: "Noi ci amiamo molto, ma non basta... vogliamo una famiglia con cui condividere la bambina"». Dunque, le donne sapevano di non essere in grado di fare i genitori. Ciononostante, i servizi sociali di Bibbiano continuarono ad affidare proprio a loro la bambina, strappandola dall'affetto dei genitori, completamente nascosti a lei negli anni di permanenza presso la coppia, ben tre, nonostante il termine massimo di 24 mesi per un affido ordinario fosse stato ampiamente superato. Ma c'è di più: un disegno della bambina venne utilizzato per un convegno sul modello Bibbiano al quale parteciparono diversi amministratori locali e con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna che del sistema affidi della Val d'Enza è stata un'attiva sostenitrice, almeno fino a quando l'inchiesta della Procura di Reggio non ha svelato il perverso mondo di falsi abusi costruiti per giustificare gli allontanamenti dei bambini dai loro genitori. Infatti, durante le udienze stanno emergendo i tanti messaggi raccolti dagli inquirenti e portati agli atti nei quali si percepisce che la bambina avesse molta voglia di vedere il papà, il quale non era affatto un abusatore, ma si interessava a lei con messaggi, attenzioni e regali. Un affetto ricambiato dalla figlia. La stessa bimba confidava, fino a scriverlo su una lavagna di casa: "Mi manca mio padre, voglio tornare a casa". Ma per tutta risposta, le due donne e gli assistenti sociali impedirono a lei di sapere che il padre aveva delle attenzioni affettuose per lei. È una tecnica, quella dell'obnubilazione di una delle figure genitoriali, specie quella paterna, che abbiamo visto all'opera più volte nei casi del Sistema Bibbiano che la Procura di Reggio ha portato ora in giudizio. Una tecnica che ha fatto soffrire anche questa piccola, creandole dei traumi. Sarà il consulente del tribunale ad attestare che ci siano stati dei danni. Al di là dell'episodio della maglietta per la "causa gay", venne provocato un estraniamento totale della figura dei genitori e identitario: le due donne pretendevano che la bambina non si vestisse da femminuccia o dovesse legarsi i capelli per non apparire troppo "donna". Le donne manifestavano evidentemente un eccesso di protezione della minore dai maschi - probabilmente ossessivo - ma questi elementi hanno creato in lei notevoli traumi - stando alla parte civile - anche perché vanno a intaccare la percezione dell'identità. Insomma, anche dalle prove che stanno emergendo a processo, l'affidamento alla coppia Lgbt ha tutta l'aria di essere quello che è sembrato fin da subito: un gigantesco tentativo di rivendicare una funzione genitoriale da parte degli omosessuali, i quali, anche alla prova dei fatti, hanno dimostrato di non essere in grado di svolgere funzioni genitoriali adeguate al bene della bambina, ma solo rivendicazioni ideologiche per la loro causa omosessualista. «Figure che - complice anche l'attività della psicoterapeuta - avrebbero spinto a farle sorgere in testa delle rappresentazioni simboliche di eventuali abusi, inducendola a creare gli scatolini del "sesso" e del "papà" e che avrebbero dovuto essere la proiezione degli abusi subiti. Dei quali, però, non c'è alcuna traccia dalle risultanze investigative e che dunque si sono rivelati falsi», come spiega alla Bussola uno dei legali della giovane, l'avvocato Nicola Tria. Un vero e proprio choc, provato dal fatto che la bambina oggi adolescente non prova alcuna nostalgia verso le due donne né, ricordando la permanenza in casa loro, provi un moto di affetto verso di loro. Un comportamento che la dice lunga su che cosa sia stato l'unico affidamento di una minore a due lesbiche nel perverso Sistema Bibbiano.
DOSSIER "SCANDALO BIBBIANO" Bambini tolti illegalmente alla famiglia Per vedere articoli e video, clicca qui!
Fonte: Sito del Timone, 8 giugno 2023
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NETFLIX CHIAMA EMANUELA ORLANDI ''VATICAN GIRL'', MA E' SOLO PROPAGANDA CONTRO LA CHIESA
La cittadinanza vaticana non ha nessun legame con la scomparsa nel 1983 e tutte le piste non hanno portato a nulla nonostante la piena collaborazione del Vaticano
Autore: Nico Spuntoni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-06-2023
Nell'ormai nota serie di Neftlix, Vatican Girl, Andrea Purgatori afferma che "Emanuela non era una ragazza qualunque, era una cittadina vaticana che viveva in un edificio del Vaticano". Quella del giornalista è una frase chiave per chi vuole provare a raccapezzarsi in quarant'anni di coincidenze, indizi, rivelazioni e piste rivelatesi puntualmente inesatte. È una frase chiave perché va ribaltata: Emanuela era una ragazza qualunque. La cittadinanza vaticana e il fatto che vivesse in un edificio del Vaticano - tanto per citare le parole utilizzate con pathos da Purgatori - si sono rivelati elementi privi di qualsiasi collegamento concreto con la scomparsa da Corso Rinascimento, territorio italiano, in quel pomeriggio romano di quarant'anni fa. Al contrario, la sua residenza in quel piccolo e affascinante Stato, una volta fatta conoscere inevitabilmente dai giornali nei primi giorni dalla scomparsa, ha contribuito ad attirare mitomani e sciacalli su questa vicenda di cronaca nera.
INTRIGO INTERNAZIONALE E SCIACALLAGGIO MEDIATICO Lo sciacallaggio più eclatante iniziò proprio due giorni dopo l'appello di Giovanni Paolo II all'Angelus per il ritorno a casa della ragazza e vide protagonista il telefonista dall'accento maccheronicamente straniero, che sostenne di agire in nome di un gruppo che aveva preso in ostaggio Emanuela e che l'avrebbe liberata in cambio del rilascio di Ali Ağca, l'attentatore di Piazza San Pietro. Nel buio generale su quanto accaduto nel tardo pomeriggio del 22 giugno 1983, le telefonate anonime a famiglia e Santa Sede che si susseguirono in quell'estate romana sembrarono dare una speranza di risoluzione del caso e i comunicati di rivendicazione, gli ultimatum, le richieste su Ağca proiettarono la scomparsa nel filone del terrorismo internazionale. Ci cascò la Santa Sede, come dimostrano i messaggi del Papa che si appellarono alla "voce della coscienza" di "coloro che hanno nelle loro mani Emanuela Orlandi" e come ammesso nel 2012 da padre Federico Lombardi, ex direttore della Sala Stampa, nella completa nota sulla vicenda diffusa ai tempi del pontificato di Benedetto XVI. Ci cascò la Procura, che nel settembre del 1983 affidò l'indagine ad un pm specializzato sui dossier di terrorismo internazionale come Domenico Sica, che era stato anche il primo ad interrogare Ağca dopo l'attentato a Wojtyla. Ma i presunti rapitori, oltre a registrazioni con frasi fuori contesto e alla fotocopia della tessera d'iscrizione alla scuola di musica, non seppero produrre alcuna prova concreta di avere in ostaggio la ragazza. La residenza vaticana che inizialmente fece la sua comparsa come un dettaglio di poco significato - emblematico il "ma lei è un prete?" che uno dei due primissimi telefonisti, Pierluigi, pronuncia di fronte alla richiesta dello zio di Emanuela di vedersi in Vaticano in una fase precedente al primo appello del Papa - ha preso il sopravvento nell'indagine giudiziaria ma anche nel racconto giornalistico e saggistico di questa vicenda, nonostante il castello dell'intrigo internazionale sia presto crollato sotto il peso dell'assenza di prove certe. Questo dato di fatto, confermato dalle parole di Purgatori nella serie che ha ridato ribalta mondiale al caso, potrebbe essere stato un ostacolo nella ricerca della verità, portando ad escludere o a sottovalutare altri filoni. Dopo il capitolo del cosiddetto Amerikano, tutte le altre piste spuntate nel corso di quarant'anni si sono rivelate dei sequel più scadenti dell'originale, spesso pieni di errori grossolani o platealmente inverosimili o ancora smentiti prontamente dai fatti. La maggior parte delle suggestioni tirano in ballo la Santa Sede, cardinali e persino Papi tanto che è ormai vox populi che "il Vaticano" debba per forza avere qualche responsabilità in quella scomparsa.
L'ERRORE DELLA SANTA SEDE In effetti, la Santa Sede una responsabilità ce l'ha ed è da rintracciare nella gestione comunicativa: probabilmente a Palazzo Apostolico si comprese ad un certo punto che chi chiamava o scriveva non era il rapitore, se è vero, come rileva il giornalista Pino Nicotri, che nell'appello all'Angelus del 28 agosto 1983 Wojtyla parlò in forma dubitativa di "coloro che dicono di trattenere quegli esseri innocenti e indifesi" e poi da allora in poi smise di fare dichiarazioni pubbliche. Però si è sottovalutato il peso mediatico delle tesi colpevoliste contro la Santa Sede e si è preferito rispondere alle accuse fioccate periodicamente al massimo con deboli comunicati senza evidenziare le numerosissime contraddizioni su cui si fondavano. Il risultato di quest'atteggiamento, che non rende onore alla verità, è che oggi, se si chiede alla mitica casalinga di Voghera qual è la prima cosa che le viene in mente quando si parla di Vaticano, la risposta è proprio il caso Orlandi. Un esemplare di casalinga di Voghera è il senatore e leader politico Carlo Calenda, a cui è bastata la visione di Vatican Girl per dare come assodato il contenuto della lettera-patacca pubblicata da Emanuele Fittipaldi nel 2017, in cui un cardinale si sarebbe rivolto con un inesistente "Sua Riverita Eccellenza" a due vescovi curiali per inviare un inverosimile rendiconto spese sulla permanenza di Emanuela a Londra. Quest'anno, poi, l'apertura dell'inchiesta da parte del promotore di giustizia vaticano, nonostante le due archiviazioni degli inquirenti italiani nel 1997 e nel 2016. Chiaramente l'auspicio è che l'indagine della giustizia vaticana possa riuscire a far luce sul destino della figlia dell'ex dipendente della prefettura della casa pontificia, ma per avere qualche speranza che questo avvenga la base di partenza non può essere la montagna di mitomanie senza capo né coda che sono emerse in questi anni - puntualmente rilanciate con clamore ma senza approfondimento da giornali e trasmissioni televisive - e di cui la registrazione di un sodale di un gruppo criminale romano contenente gravi diffamazioni su san Giovanni Paolo II costituisce l'esempio più eclatante.
UNA NEVER ENDING STORY A proposito del caso Orlandi, Ennio Amodio, professore emerito di Procedura penale, ha detto al Foglio che "siamo di fronte a ciò che gli americani chiamerebbero una never ending story, una storia senza fine, cioè una storia che ogni tanto salta fuori, viene cavalcata dai media per l'interesse che ha, suscita sprazzi di speranza, ma è quasi sempre destinata a non vedere la fine". Un interesse scaturito da tutto ciò che ha comportato in quarant'anni il particolare della residenza della quindicenne. L'unico lato positivo di quest'interesse è che oggi, quarant'anni dopo quel pomeriggio romano e nonostante le migliaia di scomparse precedenti e successive, Emanuela è entrata nei cuori di tantissime persone in tutto il mondo che non la conoscevano o che non erano nate all'epoca. La ricordiamo non in quanto "cittadina vaticana" ma come simbolo di tutti coloro i quali sono stati inghiottiti nel nulla, lasciando i familiari nello strazio di una perenne, dolorosa, 'speranza'. I racconti della sua infanzia fatta di giochi nei giardini vaticani o dell'adolescenza con la comitiva di coetanei in Piazzetta Sant'Egidio ci restituiscono anche l'immagine di un Vaticano più familiare, in cui poteva vivere anche la figlia dell'"ultimo degli impiegati" (come il cardinale Silvio Oddi ebbe a definire, con eccessiva durezza, il padre Ercole per far capire che il movente del terrorismo internazionale non reggeva) e che non per forza doveva essere il teatro di chissà quale intrigo. Andrea Purgatori ha torto: Emanuela era una ragazza qualunque e merita di essere ricordata in quanto tale, ovvero in quanto Emanuela e non per la cittadinanza o per la proprietà dell'edificio in cui viveva.
Nota di BastaBugie: ecco il link all'articolo che abbiamo rilanciato nel 2019.
TUTTA LA VERITA' SU EMANUELA ORLANDI Per 40 anni la Santa Sede ha collaborato con le indagini nonostante si siano sempre rivelati buchi nell'acqua (utili solo a gonfiare menzogne contro la Chiesa) di Nico Spuntoni https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5729
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23-06-2023
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DON CAMILLO DIFENDE LE CROCI IN CIMA ALLE MONTAGNE
Racconto guareschiano in risposta alla (vera) vicenda del Club Alpino Italiano che disapprova l'installazione di nuove croci, poi fa un parziale dietrofront
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Sito del Timone, 6 giugno 2023
Dalle finestre del tinello don Camillo aveva un meraviglioso panorama sulle cime, ma quella mattina all'orizzonte mancava qualcosa. Non aveva ancora finito di raccapezzarsi sulla faccenda paesaggistica che arrivò come un fulmine lo Sparalesto, in compagnia del presidente della Pro Loco. In nome dell'ambiente, il gruppo "Spirito libero in libera natura" aveva ottenuto dal comune il permesso di abbattere la Croce di vetta che era lì da duecento anni. Don Camillo fece irruzione nell'ufficio della nota assessora alla cultura e, mani sui fianchi, la guardò come si guarda un abusivo che scaccia di casa il padrone. Ma l'assessora era un osso duro. «Si calmi e non ne faccia una questione integralista», disse, «noi pensiamo che i frequentatori della nostra vetta più alta debbano avere la possibilità di attribuire liberamente alle loro esperienze in montagna i valori che sentono più affini. Senza alcun inquinamento prevaricatore. Lo diciamo anche per una questione di libera lode alla natura, senza preconfezionamenti». Il povero parroco, di fronte a un tale sfoggio di cultura, rimase per un momento al tappeto. E pensò che l'assessora colpiva molto più duro del vecchio Peppone. Uscito dal palazzo comunale don Camillo ebbe un'altra notizia da knock-out, i talebani dell'ambiente libero non si erano limitati a togliere la vecchia Croce di vetta, ma al suo posto avevano posizionato un monumento al libero pensatore che, pensoso, avrebbe atteso lo scalatore per dargli un vago senso di conquista della cima. Il vaso era colmo e al nostro parroco di crinale non rimase che andare dal Crocifisso dell'altar maggiore. «Signore, qui la vogliono sfrattare da casa sua». «Non preoccuparti don Camillo, ci sono abituato, sono salito sulla Croce per questo. Tu continua a salire la tua strada e non perdere di vista la meta». E fu sera, e fu mattina. Il giorno dopo verso mezzogiorno in piazza non si parlava d'altro, tutti a guardare la vetta. Nottetempo qualcuno, di fianco al libero pensatore, aveva piantato tre metri di Croce con su scritto In hoc signo vinces. Qualcuno gridava al miracolo. Quelli dello "spirito libero" erano già pronti a salire in vetta con l'assessora che voleva vedere con i suoi occhi. Don Camillo si rese subito disponibile per accompagnarli. Durante la salita raggiunsero il vecchio Paolino, che ogni anno in quaresima saliva alla Croce di vetta per lasciare un fiore. Era solo da anni, aveva perso in un colpo la moglie e il giovane figliolo, assassinati all'epoca della linea gotica. «Buongiorno reverendo, venite anche voi alla Croce?», domandò Paolino. «Andiamo a vedere chi ha rimesso la Croce in vetta, visto che questi signori l'avevano tolta per far posto ai pensatori». «Ma la Croce è sempre rimasta al suo posto», rispose Paolino, «da casa mia non ho mai smesso di vederla». Tutti conoscevano il vecchio Paolino e a qualcuno la storia del miracolo cominciava a far sudare freddo. A togliere tutti dall'impaccio pensò don Camillo: «Cari liberi pensatori, spesso solo un cammino molto accidentato può condurre a Dio, un cammino che solo nella Croce trova significato. Allora si sale per la strada giusta. Chi nel proprio cammino non vede più la Croce, allora è segno che è fuori strada. Ma si può sempre tornare sulla retta via e vedere così riapparire all'orizzonte il Segno della vera libertà». La comitiva girò i tacchi e scese a valle. Dal tinello di don Camillo il panorama era tornato a posto.
Nota di BastaBugie: questo racconto è tratto dal libro E continuavano a chiamarlo don Camillo (Ed. Cantagalli), prima raccolta di brevi storie di fan fiction che riportano in vita i celebri personaggi guareschiani. In maggio è uscita la seconda raccolta con altri 35 racconti, Don Camillo e la bocciata finale (Ed. Il Timone). Ermes Dovico nell'articolo seguente dal titolo "Il Cai, le croci e le montagne (che ci parlano di Dio)" commenta la vicenda del portale il Club Alpino Italiano che prima disapprova l'installazione di nuove croci sulle vette, poi fa un parziale dietrofront, ma la toppa è peggiore del buco. All'origine, il mancato riconoscimento della meta eterna a cui la Croce e le stesse montagne ci richiamano. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 giugno 2023: «Prima che nascessero i monti / e la terra e il mondo fossero generati / da sempre e per sempre tu sei, Dio» (Sal 89,2). Le lodi mattutine di ieri, 26 giugno, ci ricordano che l'intera creazione - dai monti a tutta la realtà di cui noi stessi facciamo parte - è opera dell'Eterno, cioè di Dio. Esse ci parlano dello stesso Dio che si è incarnato nella pienezza dei tempi, condividendo tutto della condizione umana (tranne il peccato) fino a lasciarsi crocifiggere per la nostra salvezza. È quindi curioso, sebbene non originale, che oggi, A. D. 2023, si possa definire «anacronistico» quel simbolo, la croce, che ricorda l'evento centrale nella storia dell'uomo, richiamando evidentemente Colui - Gesù Cristo - che ha voluto amare i suoi figli fino al dono della sua stessa vita. Il caso è già ben noto alle cronache: tutto nasce dalla posizione espressa da esponenti di spicco del Cai, il Club Alpino Italiano, a proposito delle croci innalzate sulle cime delle montagne. Ricostruiamo i fatti. Giovedì 22 giugno, all'Università Cattolica di Milano, si è tenuto un convegno con relatori di diversa estrazione che si sono confrontati sui temi presenti nel libro Croci di vetta in Appennino, di Ines Millesimi. Il convegno era stato annunciato il 13 giugno attraverso un articolo sulla testata online del Cai, Lo Scarpone, in cui Pietro Lacasella, curatore del portale, a proposito delle croci di vetta, scriveva che è sbagliato rimuoverle ma è «anacronistico» innalzarne altre, perché «la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale», mentre le vette dovrebbero essere considerate «come un territorio neutro». La stessa posizione - né rimuovere le croci esistenti né innalzarne di nuove - veniva espressa al convegno alla Cattolica dal direttore editoriale e responsabile delle attività culturali del Cai, l'ateo dichiarato Marco Albino Ferrari. In un solco simile anche la linea dell'autrice del libro presentato all'evento, Ines Millesimi, secondo cui «la croce non può essere un segno divisivo». Lo Scarpone ritornava quindi sul tema con un articolo - Croci di vetta: qual è la posizione del CAI? - sempre a firma di Lacasella, per ribadire, a sintesi del convegno, il concetto che il Cai rispetta le croci esistenti e si occupa anche della loro manutenzione, ma il presente impone di «disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli», per via del «dialogo interculturale» e delle «nuove esigenze paesaggistico-ambientali». Anche questo è un paradossale segno dei tempi: accantonare Dio in nome dell'ambiente e delle religioni (e pazienza che quella rivelata sia una sola). La posizione del Cai ha suscitato malcontento tra diversi soci. E ha portato vari leader di centrodestra a intervenire, forse anche per un malinteso sulla rimozione: malinteso che comunque - stando a quanto riportava il sito del TgCom il 24 giugno - avrebbe coinvolto anche alcune guide di Alagna (provincia di Vercelli) che avevano già cominciato a rimuovere le croci «per ammassarle in un memoriale». A seguito dell'intervento della maggioranza al Governo - incluso il Ministero del Turismo, che vigila per competenza sul Club Alpino Italiano - il presidente dello stesso Cai, Antonio Montani, ha diffuso una nota per dire che non c'è «una posizione ufficiale» sulle croci di vetta e quanto pubblicato in precedenza «è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari […]. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce». La nota, a ben vedere, è solo un parziale dietrofront, perché toglie l'aura di ufficialità alla posizione espressa da Ferrari-Lacasella, ma nulla dice su eventuali nuove installazioni di croci. E questo non è un punto secondario. Le croci di vetta di cui si parla - come riporta il portale del Cai - risalgono per la maggior parte al periodo compreso tra la seconda metà del XIX e la prima metà del XX secolo. Dunque, innanzitutto, oggi non c'è questa presunta "emergenza" di evitare chissà quale proliferazione di nuove croci. D'altra parte, presentare la croce come anacronistica e divisiva pone come minimo un problema di prudenza, perché il discorso investe evidentemente non solo le croci sulle vette - il che è già problematico - ma tutte le croci e i simboli cristiani negli spazi e luoghi pubblici. Le assurdità da politicamente corretto della nostra epoca - quelle sì divisive, nel senso negativo del termine - stanno lì a ricordarcelo. E la storia ci dice che quando serpeggia un clima culturale così, basta nulla perché dalla persecuzione ai simboli si passi a quella alle persone che in quei simboli si riconoscono. Riguardo, poi, all'invocata neutralità o "laicità", c'è bisogno di ricordare - come faceva Stefano Fontana sulla Bussola - che uno Stato veramente laico non è né antireligioso né indifferentista, ma dovrebbe interessarsi, per il bene comune, alla verità delle religioni. Del resto, quando il Signore dice di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, è chiaro che i due termini non sono da intendere come uguali, perché l'autorità di uno (Cesare) discende ed è subordinata a quella dell'Altro (Dio), il quale ci chiama ad aderire alla verità, che non è un'ideologia bensì una persona: Suo Figlio, Gesù crocifisso e risorto. La croce non ammette neutralità. In questo senso, drammatico ma orientato al bene, divide, dovendo noi scegliere se stare con Chi vi è stato inchiodato o contro di Lui, se con la Sua stirpe o con quella del divisore per eccellenza (il diavolo). Nel primo caso si tratta di seguire questa parola di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Quali siano le conseguenze del mettere in pratica un simile insegnamento, o rigettarlo, è facilmente comprensibile. Peccato che personaggi di punta del Club Alpino Italiano, oggi, non lo riconoscano. Eppure, uno che fu socio del Cai, il beato Piergiorgio Frassati, aveva ben chiaro che i monti e le loro cime, oltre a essere un motivo di gioia per i sensi, ci chiamano a riconoscerci figli ed elevare la nostra anima a Dio: «Ogni giorno m'innamoro sempre più delle montagne e vorrei, se i miei studi me lo permettessero, passare intere giornate sui monti a contemplare in quell'aria pura la Grandezza del Creatore», scriveva il giovane Frassati, beatificato da un altro grande amante delle montagne, san Giovanni Paolo II. Anche lui carico di stupore di fronte alla bellezza delle vette e alla meta eterna di cui esse, in un'ottica autentica, sono metafora.
Fonte: Sito del Timone, 6 giugno 2023
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OMELIA XIII DOM. TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 10,37-42)
Chi accoglie voi accoglie me
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
Le parole del Signore, che qui sono state proclamate, ci invitano a riflettere su tre fondamentali argomenti: l'unità e l'indivisibilità del progetto con cui Dio ci salva, la centralità di Cristo per la nostra vita, la maniera migliore di affrontare il momento della prova e della pena.
NON SI DÀ DIO SENZA CRISTO, NÉ CRISTO SENZA CHIESA Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato (Mt 10,40). Con questa frase Gesù ci chiarisce la stretta connessione che c'è tra Dio, Padre e Creatore di tutti, e lui, il Figlio unigenito di Dio, mandato nel mondo per la nostra liberazione; e la stretta connessione che c'è tra lui, Redentore e Signore unico dell'Universo, e i suoi apostoli, da lui inviati in mezzo agli uomini a rendere in ogni tempo presente e operante la sua parola di verità e la sua grazia. Come si vede, la Chiesa, fondata sugli apostoli, non è separabile da Cristo, come Cristo non è separabile dal Padre. Nella concretezza dell'esistenza è difficile che uno possa credere sul serio in Dio - non in un Dio sbiadito e lontano, che non entra nella nostra vicenda, ma nel Dio vivo e vero, che non solo è all'origine delle cose, ma in ogni momento ci dà le regole giuste di vita e ci chiama a partecipare al suo destino - senza credere al tempo stesso in Gesù crocifisso e risorto, Figlio vero di Dio, unica fonte della nostra libertà e della nostra gioia. Ed è ancora più difficile che uno possa accettare Cristo - non il Cristo ridotto a essere soltanto un uomo buono, profeta di pacifismo e di umanitarismo, ma il Cristo vero, che è Dio, centro dei nostri cuori e giudice delle nostre azioni - senza riconoscere nella Chiesa la sua opera e la sua eredità, che in modo garantito ci dona e ci attualizza la sua luce, la sua forza, la sua speranza, la sua consolazione. La verità è indivisibile e, nella realtà delle cose, tutto si implica: rifiutare la Chiesa significa rifiutare il Salvatore del mondo; rifiutare Cristo significa rifiutare Dio; rifiutare Dio significa porre le premesse di una società assurda e disumana, come la storia di questo secolo si è incaricata di dimostrare all'evidenza.
SE SIAMO DI CRISTO, TUTTA LA NOSTRA VITA VA GIOCATA PER LUI Le altre espressioni del Vangelo, che oggi abbiamo ascoltato, sono come la spiegazione e il commento autentico all'invocazione che all'inizio della messa abbiamo rivolto a Gesù Cristo, forse senza pensare troppo alla serietà e all'importanza di ciò che dicevamo: "Tu solo il Signore". Gesù è il Signore, e noi siamo fatti per lui. La nostra esistenza è tutta un servizio reso alla sua regalità. Quando veniamo in chiesa la domenica per ricordarci di lui e del suo sacrificio, non gli facciamo un favore: gli diamo semplicemente quello che gli spetta. Pregarlo non vuol dire compiere un gesto gratuito di cortesia nei suoi confronti; vuol dire avere l'intelligenza di riconoscere le cose come stanno e di comportarci in un modo che è al tempo stesso doveroso e conveniente per noi. Osservare i suoi comandamenti - che tutti si riassumono nell'amore di Dio e del prossimo - non è un atto di generosità da parte nostra o la scelta di una linea facoltativa di comportamento; è fare quello che è necessario fare, se vogliamo non imbrogliare noi stessi e non tradire la nostra stessa natura. Gesù è il solo Signore: non abbiamo dunque e non vogliamo avere altri padroni, perché abbiamo già lui; non abbiamo e non vogliamo avere altre appartenenze, perché siamo già suoi; non abbiamo e non vogliamo avere alcuna ideologia che pretenda di spiegarci il senso ultimo delle cose, perché abbiamo già il suo Vangelo; non abbiamo e non vogliamo avere altri motivi di fiducia e altri appoggi, perché lui è la sola sorgente della speranza che non delude. Gesù è il destinatario di tutta la nostra capacità di donazione e di affetto. Nessuno, in tutta la storia umana (che pure ha visto sfilare molti prepotenti, esaltati, falsi messia, personalità che pretendevano di essere oggetto di culto), ha osato pronunciare le parole che abbiamo raccolto dalle labbra del nostro Maestro: Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me (Mt 10,37). Nessuno, in tutta la storia umana (che pure ha visto il succedersi di capi dalle mirabolanti promesse di giustizia, di pace, di avvenire illuminato dal sole del progresso), è arrivato a dichiarare quanto ci è stato detto da Cristo: Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà (Mt 10,39). Come si vede, Gesù è un unico caso, è un caso serio, è un caso che ci costringe drammaticamente a riflettere: stare dalla sua parte o non stare dalla sua parte comporta un mutamento radicale della nostra sorte. Davanti a Cristo non è possibile restare neutrali; e riconoscerlo per quello che è, non solo a parole ma con le opere e la vita intera, vuol dire assicurarsi la vera e definitiva salvezza.
CON CRISTO, LA CROCE È RICCA DI SENSO; SENZA CRISTO, È DISPERAZIONE Il terzo insegnamento che raccogliamo oggi dalla pagina di Vangelo riguarda la Croce: Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me (Mt 10,38). Anche su questo punto occorre essere molto chiari. La croce, cioè la sofferenza, non è una prerogativa dei cristiani: è un'esperienza che tocca tutti. Credenti o non credenti, presto o tardi tutti si imbattono nel dolore, nei disagi umilianti della vecchiaia, nella morte. La differenza è che chi non crede, davanti alla sua croce non può che disperarsi o abbandonarsi a un'orgogliosa amarezza. Chi crede invece può "prendere la sua croce" come un mezzo prezioso per purificarsi e affinarsi ulteriormente, per irrobustirsi nell'anima, per collaborare con Cristo alla redenzione del mondo, per disporre il suo cuore a una felicità futura più grande. Come si sarà notato, sono tutte lezioni forti e severe. Ma è così che il Signore ci aiuta a crescere e a rendere più ricchi di senso i nostri giorni.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire". Per acquistare il libro "Stilli come rugiada il mio dire" che raccoglie le omelie per le Domeniche del Tempo Ordinario Anno A (€ 12), clicca qui! Per acquistare i tre volumi (Anni A, B, C) a prezzo scontato (€ 29) con anche in omaggio due piccoli libri sempre del card. Biffi (La fortuna di appartenergli e L'ABC della fede), clicca qui!
Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
ALTRA OMELIA XIII DOM. TEMPO ORD. - ANNO A (Mt 10,37-42) da Il settimanale di Padre Pio Clicca qui!
Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
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