BastaBugie n�852 del 20 dicembre 2023

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1 L'ALBERO DI NATALE SOSTITUISCE LA QUERCIA DI THOR ABBATTUTA DA SAN BONIFACIO
La storia dell'Albero di Natale risale all'ottavo secolo in Germania e dal 1982 è iniziata la tradizione di avere un Albero di Natale in piazza San Pietro accanto al presepe
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone
2 IL DICASTERO PER LA DEMOLIZIONE DELLA FEDE APPROVA LA BENEDIZIONE DELLE COPPIE GAY
Con la dichiarazione ''Fiducia supplicans'' il card. Fernández sdogana le benedizioni per qualsiasi tipo di unione (ma molti sacerdoti e vescovi non la applicheranno)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 ANCHE LE DONNE SONO VIOLENTE (MA FANNO MENO NOTIZIA)
Chi ha ucciso Laura Ziliani? Se dessimo lo spazio in tv agli uomini vittime e alle donne carnefici, si capirebbe che non è una questione di genere, e nemmeno di patriarcato, ma solo di peccato
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Sito del Timone
4 INFERMIERA NON VACCINATA SOSPESA: SARA' RISARCITA DEL DANNO
Un giudice ha condannato l'Asl a un risarcimento di 200 euro per ogni giorno senza lavoro a un'infermiera di Poggibonsi (provincia di Siena) che riceverà anche un risarcimento di 70mila euro (a Viterbo risarciti anche tre insegnanti)
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 CONDANNATO A 4 ANNI PER AVER FERITO IL LADRO ALBANESE CHE VOLEVA ENTRARGLI IN CASA
Mattarella nega la grazia richiesta dalla moglie del macellaio di Padova (dovrebbe anche risarcire i danni per 24.500 euro all'albanese, se non fosse che è irreperibile... poverino!)
Autore: Matteo Milanesi - Fonte: Sito di Nicola Porro
6 ARRIVA LA BIBBIA QUEER... ED E' SUBITO INCLUSIONE
Le Edizioni Dehoniane Bologna (EDB) guidano il nuovo fronte dell'autodemolizione del cattolicesimo che riabilita l'omosessualità come naturale e buona
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone
7 OMELIA IV DOMENICA AVVENTO - ANNO B (Lc 1,26-38)
Avvenga per me secondo la tua parola
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
8 OMELIA DELLA MESSA DI NATALE DEL GIORNO
Venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14)
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Un Natale vero?

1 - L'ALBERO DI NATALE SOSTITUISCE LA QUERCIA DI THOR ABBATTUTA DA SAN BONIFACIO
La storia dell'Albero di Natale risale all'ottavo secolo in Germania e dal 1982 è iniziata la tradizione di avere un Albero di Natale in piazza San Pietro accanto al presepe
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone, 14 dicembre 2023

L'Avvento è un tempo di attesa e preparazione e si può spendere bene anche raccontando e ascoltando storie. Quella sulla vera origine dell'albero di Natale fa al caso nostro. Intanto non c'è vera opposizione tra presepe e albero, non siamo la versione cattolica e secolare di Coca Cola vs Pepsi. Nemmeno la velata (di zucchero) ostilità tra i supporter del Panettone e quelli del Pandoro. Siamo una civiltà piena di storie avvincenti, santi eroi, simboli potenti, i soli ancora a poter dire che Qualcosa da festeggiare c'è eccome. Il primo albero di Natale come lo intendiamo noi, prima ancora che le lucine le accendesse Alexa ad un nostro comando (al terzo, quarto tentativo di sicuro), lo ha inventato e realizzato un vescovo e martire nel 724: si tratta di San Bonifacio 680-754), inglese di nascita e ricordato con gratitudine dalla Chiesa universale come l'Apostolo della Germania.
La sua storia, la sua indole e l'opera di evangelizzazione che ha compiuto sono la cosa più lontana dalla svenevolezza che molti detrattori attribuiscono allo stereotipo del santo cattolico. (Ecco una battaglia contro gli stereotipi che ha senso fare, grazie San Bonifacio et alii). In un bel contributo riproposto su Churchpop, originale di Mountain Catholic, troviamo una gradevole e sintetica versione delle vicende che diedero origine all'abete addobbato che ora scalda tante case nel mondo. Nato intorno al 680 in Inghilterra, Bonifacio entrò in un monastero benedettino prima di essere incaricato dal papa di evangelizzare la Germania moderna, prima come sacerdote e infine come vescovo.
Sotto la protezione di Carlo Martello (quello che fermò i musulmani nella famosa battaglia di Poitiers del 732, per intendersi), Bonifacio viaggiò attraverso tutta la Germania, irrobustendo la fede di quelli che avevano già incontrato l'annuncio cristiano e annunciando la vera salvezza a quelli che ancora erano nell'oscurità della fede pagana, detta così papale papale, come si può fare almeno parlando di Medioevo, quando non si era obbligati a rispettare glossari di parole consentite e galatei impossibili per non rischiare di offendere qualcuno.

IL PRIMO ALBERO DI NATALE
Lo stesso Benedetto XVI, che era in debito con lui per aver incontrato la fede cattolica maturata per secoli nella sua terra, ci ricordava in un'udienza generale del 2009 i grandi risultati della sua opera di evangelizzazione, grazie alla «sua instancabile attività, il suo dono per l'organizzazione e il suo carattere adattabile, amichevole, ma fermo». Ecco come viene descritto in un racconto di fine ‘800, "Il primo albero di Natale" (1897) di Henry Van Dyke: «Che uomo era! Bello e leggero, ma dritto come una lancia e forte come un bastone di quercia. Il suo viso era ancora giovane; la pelle liscia era abbronzata dal vento e dal sole. I suoi occhi grigi, puliti e gentili, lampeggiavano come il fuoco quando parlava delle sue avventure e delle cattive azioni dei falsi sacerdoti con cui litigava».
Ora immaginiamoci un uomo giovane, bello, forte, incurante delle intemperie, virtuoso e tutto teso alla propagazione del Regno di Dio che attraversa foreste, accende fuochi, veglia in preghiera (e a noi invece è toccata l'epoca dei reels con l'hashtag #Jesus su TikTok): eccolo durante uno dei suoi viaggi insieme ad un piccolo gruppo; si trova nella regione della Bassa Assia e siamo intorno al 723. Sapeva di una comunità di pagani vicino a Geismar che, in pieno inverno, avrebbe fatto un sacrificio umano (un bambino, in genere) al dio del tuono Thor (quel Thor!) alla base della loro sacra quercia, la "quercia del tuono".
Un vescovo amico gli aveva consigliato di distruggere la quercia sia per salvare la vita al bambino, sia per mostrare che di Dio ce n'è uno solo: era certo che nessun fulmine lo avrebbe colpito e Thor se ne sarebbe andato con le ossa e il suo famoso martello rotti. Così avvenne: impugnando il pastorale Bonifacio si avvicinò alla folla pagana che aveva circondato la base della Quercia del Tuono, dicendo al suo gruppo: «Ecco la Quercia del Tuono, e qui la croce di Cristo spezzerà il martello del falso dio, Thor». Il carnefice era vicino al bambino destinato al sacrificio e stava alzando il martello per abbatterlo su di lui, ma mentre stava per sferrare il colpo mortale Bonifacio stese il suo pastorale, lo bloccò e miracolosamente ruppe il grande martello di pietra. Ciò che si narra disse dopo è una meravigliosa sintesi della novità di Cristo: il Figlio di Dio è venuto a salvare tutto, persino il sacrificio, cambiandolo definitivamente, rivelando l'inutilità di ogni sanguinoso sacrificio compiuto dagli uomini: «Hearken, figli della foresta! Nessun sangue scorrerà questa notte se non quello che la pietà ha tratto dal seno di una madre. Perché questa è la notte della nascita di Cristo, il figlio dell'Onnipotente, il Salvatore dell'umanità. Più bello è di Baldur il Bello, più grande di Odino il Saggio, più gentile di Freya il Buono. Da quando è venuto il sacrificio è finito. L'oscurità, Thor, che hai vanamente chiamato, è morto. Nell'orlo della Niffelheim si perde per sempre. E ora in questa notte di Cristo comincerai a vivere. Questo albero di sangue non scurirà più la tua terra. Nel nome del Signore, lo distruggerò.» Bonifacio prese un'ascia e non solo abbatté la quercia ma, secondo il racconto, con l'aiuto del vento la sradicò del tutto.

LA QUERCIA DI THOR ABBATTUTA DA SAN BONIFACIO
Senza perdere altro tempo, consapevole della vastità della messe da raccogliere, Bonifacio riprende il suo viaggio di apostolo e continua a portare l'annuncio di Cristo, unico salvatore, ai popoli germanici. Sui quali da quel momento poteva esercitare un ascendente più forte di prima: erano decisamente persuasi o almeno disposti a sentire cosa avesse da dire uno che, pur avendo abbattuto la quercia di Thor, non era stato annientato dalla rabbiosa potenza del suo tuono. E fu così che, al posto della quercia, Bonifacio scelse un albero che continua ad avere più fortuna di quella: Bonifacio guardò oltre dove si trovava la quercia, indicando un piccolo, modesto abete, dicendo:
«Questo piccolo albero, un giovane figlio della foresta, sarà il tuo albero santo stasera. È il legno della pace... È il segno di una vita infinita, perché le sue foglie sono sempre verdi. Guarda come punta verso l'alto verso il cielo. Che questo sia chiamato l'albero del Cristo-bambino; raccogliti, non nel bosco selvaggio, ma nelle tue case; lì non riparerà azioni di sangue, ma doni amorevoli e riti di gentilezza.» Abbiamo dunque un altro stereotipo da abbattere, magari chiedendo l'intercessione di quel gran santo di Bonifacio: è proprio ai nostri fratelli tedeschi, ingiustamente ritenuti tutto rigore e niente fantasia, che dobbiamo la bellezza e la dolcezza, la magia e il calore di uno dei simboli più belli del Natale. A loro dobbiamo gli addobbi, le lucine, i piccoli assembramenti di pacchi colorati, le caramelle e alcuni canti tra i più belli della tradizione. A Dio e alla sua infinita bontà l'impensabile trovata di regalarci Suo Figlio e in Lui la vita eterna.
Un'ultima nota storica, più recente ma altrettanto gradevole da ricordare intorno alla vasta fortuna dell'Albero di Natale. Fu San Giovanni Paolo II, nel 1982, a dare il via alla tradizione di collocare un abete addobbato in Piazza San Pietro, vicino al presepe.
Quell'abete era un dono di un contadino polacco, che lo trasportò fino a Roma sul suo camion. Da allora in poi, per espresso volere del Santo Padre, puntualmente si ripete la tradizione a ricordo della Natività di Gesù: un presepe viene allestito ai piedi dell'obelisco e alla sua destra viene eretto l'albero di Natale, donato ogni anno da una regione montana diversa dell'Europa.

SAN BONIFACIO, PADRE DEI POPOLI GERMANICI
Entrò a 7 anni in un monastero benedettino e qui scoprì il segreto per trionfare su se stesso, sulla barbarie e sull'inferno: diventò vescovo ed evangelizzò mezza Germania per poi coronare la sua vita con il martirio
di Suor M. Teresa Ribeiro
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7424

DOSSIER "NATALE"
Le verità dimenticate sulla nascita di Gesù

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Fonte: Sito del Timone, 14 dicembre 2023

2 - IL DICASTERO PER LA DEMOLIZIONE DELLA FEDE APPROVA LA BENEDIZIONE DELLE COPPIE GAY
Con la dichiarazione ''Fiducia supplicans'' il card. Fernández sdogana le benedizioni per qualsiasi tipo di unione (ma molti sacerdoti e vescovi non la applicheranno)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19 dicembre 2023

Si può benedire l'unione di persone dello stesso sesso, purché non si confonda con una benedizione nuziale. È la sostanza dei 44 paragrafi della Dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni del Dicastero per la Dottrina della Fede, pubblicata ieri, 18 dicembre 2023, e firmata dal Prefetto, il cardinale Victor M. Fernández, dal Segretario per la Sezione Dottrinale, mons. Armando Matteo, e da papa Francesco.
Così il paragrafo centrale della Dichiarazione: «Nell'orizzonte qui delineato [che presenteremo, n.d.a.] si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio».
Il documento si propone di offrire «nuovi chiarimenti (…) sul Responsum ad dubium formulato dall'allora Congregazione per la Dottrina della Fede e pubblicato il 22 febbraio 2021» (n. 2), per cercare di venire incontro a quanti «non hanno condiviso la risposta negativa al quesito o non l'hanno ritenuta sufficientemente chiara nella sua formulazione e nelle motivazioni» (n. 3). L'intento di Fernández è quello di mantenere «gli aspetti dottrinali» del Responsum, coniugandoli coerentemente con «quelli pastorali», che nel 2021 non sarebbero stati adeguatamente presi in considerazione, mentre invece sarebbero stati promossi dalle Risposte di papa Francesco ai dubia dei cinque cardinali.
La strada tracciata può essere sintetizzata in questo modo: coerentemente al Responsum, la Dichiarazione continua a respingere benedizioni o riti che possano apparire come approvazioni di unioni non coniugali o che in qualche modo presentino una somiglianza con i riti nuziali. Per avere sufficienti margini di chiarezza, la Dichiarazione intende collocare le benedizioni «al di fuori di un quadro liturgico» (n. 23), come «atti di devozione che "trovano il loro spazio al di fuori della celebrazione dell'Eucaristia e degli altri sacramenti"» (n. 24).

BENEDIZIONI A COPPIE IRREGOLARI E DELLO STESSO SESSO
Incalza Fernández: «La Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall'appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari (…). Perciò, quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta un'esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire» (n. 25). È dunque in questo contesto aliturgico e arituale che, secondo la Dichiarazione, possono essere date delle benedizioni anche a coppie irregolari e dello stesso sesso, chiedendo, mediante esse, a Dio le grazie loro necessarie.
Sarebbe dunque questo l'approfondimento (cf. n. 26) del Responsum del 2021. Ma, ancora una volta, dei documenti "scomodi" che lo precedono, Fernández seleziona solo quello che gli serve, distorcendolo nel significato, per la sua tesi precostituita. Perché per il Responsum la questione non è semplicemente quella di non confondere esternamente le benedizioni di queste coppie con il matrimonio – problema che potrebbe essere ovviato dalla proposta della Dichiarazione. Il punto è invece un altro, che Fernández nemmeno menziona: che cosa si benedice quando si benedice una coppia? Se si tratta appunto di una coppia significa che si benedice una relazione; altrimenti si benedirebbero le singole persone. Ma, spiegava il Responsum, «per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre (…) che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia»; e dunque «solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni [di Dio nella Creazione]» possono essere benedette.
Ora, proprio perché tali relazioni non sono ordinabili ai disegni divini, perché oggettivamente contrari ad essi, queste coppie non possono ricevere alcuna benedizione. Come coppie. La Chiesa può permettere la benedizione di un non cattolico, perché, in quanto persona umana, è ordinato alla chiamata alla vita della grazia, ma non può benedire una coppia omosessuale, perché quella relazione di coppia non è in alcun modo ordinata ai disegni di Dio.

TROPPI PREREQUISITI DI CARATTERE MORALE?
Non c'entra dunque nulla il fatto che la Chiesa non deve richiedere «troppi prerequisiti di carattere morale» (n. 12), perché si tratterebbe di benedizioni e non di sacramenti. Si tratta semplicemente di capire se l'oggetto della benedizione è ordinato o meno a servire ai disegni di Dio; non i disegni "occulti", ma quelli manifestati nella Creazione e nella Rivelazione.
È da notare che a questa conclusione il Responsum era giunto proprio «per essere coerenti con la natura dei sacramentali». Fernández ha pensato di uscire dalla strettoia, ripetendo continuamente nell'Istruzione che le benedizioni sono gesti semplici, amati dalla gente, che non devono sottostare alla «pretesa di un controllo» (n. 12) e dunque non devono essere in alcun modo ritualizzate (cf. n. 38). Ma per quanto queste benedizioni non siano inserite nei rituali, per quanto l'Istruzione intimi che mai dovranno essere date «contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi» (n. 39), restano pur sempre dei sacramentali e rispondono alla logica dei sacramentali. Il sacerdote, quando impartisce una benedizione, anche se non è solenne, anche se data nel retro della sacristia, agisce come ministro della Chiesa e impartisce un sacramentale, e il gesto dev'essere dunque coerente con la natura dei sacramentali.
Prendiamola da un altro punto di vista. La radice di ogni benedizione sta nella benedizione originaria, che troviamo nel libro della Genesi: «E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse» (Gn 1, 21-22). La benedizione di Dio è conseguente al suo sguardo che si posa su una "cosa buona". Dio posa lo sguardo sulla sua opera o sull'opera dell'uomo, vede che è buona e benedice, nel nostro caso, per mezzo del ministero della Chiesa. Ma quando posa lo sguardo su una coppia che vive la propria sessualità al di fuori del matrimonio legittimo che cosa vede? Vede qualcosa che contraddice oggettivamente il disegno della creazione e non la benedice. E nemmeno i ministri di Dio possono farlo.

LA BENEDIZIONE ACQUISTA UNA DIMENSIONE PUBBLICA
Ci si domanda poi che fine facciano tutte le raccomandazioni di non equiparare queste benedizioni al matrimonio, con la quali si pensa di risolvere la questione, quando, al n. 40, si dà questa indicazione: «Tale benedizione può invece trovare la sua collocazione in altri contesti, quali la visita a un santuario, l'incontro con un sacerdote, la preghiera recitata in un gruppo o durante un pellegrinaggio». La benedizione acquista di fatto una dimensione pubblica. E che senso ha una benedizione al cospetto di un'assemblea se non quello di dare un riconoscimento pubblico a queste convivenze? Se (a fatica) si concedesse che non è questo l'intento di questo passo dell'Istruzione, rimane il fatto che una benedizione ad una coppia data in un contesto pubblico non può non assumere questo significato.
Dunque, semplicemente, continua a non essere possibile benedire una coppia irregolare in quanto coppia, per la natura stessa dei sacramentali e per l'oggettivo disordine di quella relazione. Ogni ministro della Chiesa che faccia diversamente si prende la responsabilità di benedire quello che Dio non può benedire. Perché Dio, a differenza di quanto sta accadendo in questo pontificato, non contraddice se stesso.
La scure è ormai posta alla radice dell'albero (cf. Lc 3, 9) e si stanno svelando i pensieri di molti cuori (cf. Lc 2, 35). Che non capiti che chi alzerà la mano per benedire ciò che il Signore non ha ordinato di benedire si esponga alla sorte di quei profeti che il Signore non aveva inviato: «Allora il profeta Geremia disse al profeta Anania: "Ascolta, Anania! Il Signore non ti ha mandato (...) perciò dice il Signore: Ecco, ti mando via dal paese; quest'anno tu morirai, perché hai predicato la ribellione contro il Signore"» (Ger 28, 15-16).

Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "La Fiducia supplicans contraddice la Dottrina sociale della Chiesa" spiega perché il documento che permette la benedizione delle coppie omosessuali non si concilia con l'insegnamento di sempre della Chiesa sul matrimonio che è l'unione indissolubile tra un uomo e una donna.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 dicembre 2023:

Cosa c'entra la recente dichiarazione del Dicastero della Dottrina della Fede, Fiducia supplicans, nella quale si ammettono le "benedizioni" delle coppie omosessuali con la Dottrina sociale della Chiesa? Nulla apparentemente, molto in realtà. Non che questo collegamento sia il più importante della ferita che si è aperta con questo atto del cardinale Victor Manuel Fernández che sta dividendo la Chiesa. È comunque un aspetto non insignificante che merita di essere segnalato.
In concreto questo sarà il panorama nel prossimo futuro: da un lato la Chiesa, ai suoi vertici, permetterà la benedizione delle coppie omosessuali e dall'altro dirà che la società si fonda sul matrimonio tra un uomo e una donna, indissolubile e aperto alla vita. Tutti vedono che le due cose non possono stare insieme, anche se il Vaticano cerca di nascondere questo effetto distruttivo, sostenendo che il documento in questione non è dottrinale ma pastorale e che tali benedizioni dovranno essere impartite non in un contesto liturgico, ma in forma semplice e spontanea. Per la Dottrina sociale della Chiesa la società e la socialità si fondano sul matrimonio da cui nasce la coppia degli sposi, unica forma originaria e naturale di coppia, mentre due individui dello stesso sesso non generano né società, perché non possono procreare, né socialità, perché si usano violenza reciproca esercitando un rapporto contro natura.
Il documento vaticano sostiene che queste benedizioni non devono essere fatte in modo da sembrare una celebrazione del matrimonio. Però, allora, perché padre James Martin, il gesuita che lavora per il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, si è detto felice della "svolta" del magistero su questo punto? Martin vede bene, quindi, il nesso che esiste tra la Fiducia supplicans e le trasformazioni politiche di un punto fondamentale della Dottrina sociale, secondo la quale la società non sorge da due individui indifferentemente specificati quanto al sesso, ma solo tra un uomo e una donna. Egli vede bene che per la Chiesa non sarà più possibile sostenere queste idee fondamentali né farne oggetto di principi non negoziabili dopo l'approvazione delle benedizioni alle coppie omosessuali. E una volta approvate anche giuridicamente, ci sarà un bel dire che non sono matrimonio, ma la gente non distinguerà e la legge - vedi per esempio la Legge Cirinnà per quanto riguarda l'Italia - nemmeno.
La benedizione di una coppia omosessuale, nonostante i capziosi distinguo del testo della Fiducia supplicans, attesterà presso l'opinione pubblica ecclesiale e civile che in quella relazione c'è comunque qualcosa di buono da valorizzare, come l'aiuto reciproco, la cura, la solidarietà e perfino la fedeltà. La gente ha cominciato a pensarla così subito dopo che la notizia è apparsa sui giornali. Sarà impossibile separare queste impressioni presso l'opinione pubblica dall'esercizio di queste benedizioni. Il messaggio che passerà sarà che la Chiesa "ammette" le unioni omosessuali e quindi anche il loro riconoscimento giuridico non troverà più ostacoli. Se la coppia omosessuale viene benedetta perché mai non dovrebbe venire disciplinata giuridicamente e politicamente?
La dichiarazione Fiducia supplicans solleva quindi gravissimi problemi dottrinali perché contrasta con il deposito della Fede, con la Scrittura e con la Tradizione. Allo stesso tempo, pone seri ostacoli anche all'annuncio della Dottrina sociale della Chiesa, se non al prezzo di pesantissime contraddizioni.

DOSSIER "FIDUCIA SUPPLICANS"
Non si possono benedire le coppie gay

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19 dicembre 2023

3 - ANCHE LE DONNE SONO VIOLENTE (MA FANNO MENO NOTIZIA)
Chi ha ucciso Laura Ziliani? Se dessimo lo spazio in tv agli uomini vittime e alle donne carnefici, si capirebbe che non è una questione di genere, e nemmeno di patriarcato, ma solo di peccato
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Sito del Timone, 9 dicembre 2023

Il volto di Laura Ziliani ieri era soltanto sulla prima pagina del Messaggero. Anche lei è una donna a cui è stata tolta la vita, anche lei è stata uccisa, ma gli altri quotidiani non hanno dato spazio alla sua foto in prima, hanno trattato la sua vicenda semplicemente nelle pagine interne, dedicate alla cronaca. Come si è sempre fatto, va detto. Era un ex vigilessa, Laura, viveva nel bresciano, a Temù, dove cresceva le sue tre figlie da sola dopo la morte prematura del marito avvenuta nel 2012. Anche lei, come Giulia Cecchettin, è scomparsa da casa, era l'8 maggio del 2021, la festa della mamma. Due delle sue figlie, Silvia e Paola, la maggiore e la minore, allertano le forze dell'ordine, sostengono che la madre sia uscita per un'escursione e si dicono preoccupate. Si mette in moto la macchina delle ricerche mentre le due ragazze si prodigano in messaggi televisivi e interviste.
Anche lei, come Giulia, viene ritrovata cadavere, due mesi dopo. Anche lei è morta per mano di chi diceva di amarla: le sue figlie. Due giorni fa infatti la Corte d'Assise di Brescia ha condannato all'ergastolo Silvia e Paola Zani, così come anche Mirto Milani, fidanzato della prima e amante della seconda. I tre sono accusati di omicidio volontario. La vittima fu prima stordita con benzodiazepine e poi soffocata e il cadavere venne sepolto vicino al fiume Oglio nel paese dell'Alta Vallecamonica. I tre hanno confessato in carcere. Di donna le mani che hanno ucciso, due figlie hanno strappato la vita alla madre. Niente "patriarcato" da incolpare, e forse per questo questa vita interessa meno, questa morte interessa meno. Non rientra nello schema del momento, quella del maschio colpevole "in quanto uomo".
Sempre due giorni fa il tribunale di Monza ha condannato a sedici anni e cinque mesi Tiziana Morandi, in arte "la mantide della Brianza", colpevole di aver circuito e narcotizzato 9 uomini tra i 27 e gli 83 anni. Secondo l'accusa, la 48enne agganciava le sue vittime sui social media, li invitava a bere un drink poi versava loro gocce di benzodiazepine per narcotizzarle e derubarle. Sotto l'effetto delle droghe una delle vittime ha anche causato un incidente stradale. Tra i vari capi d'accusa dovrà rispondere di lesioni, rapina, indebito utilizzo di carte di credito, violazione della legge sugli stupefacenti.
In questi casi la violenza è donna. E guardacaso non si guadagna fiumi di colate di piombo nelle prime pagine, non ci sono trasmissioni televisive per queste vittime, non ci sono hashtag, piazze reali, piazze virtuali. Anzi. Tiene ancora banco il caso Cecchettin-Turetta. Sotto i riflettori ora c'è il fatto che Filippo Turetta "andava dallo psicologo", come se fosse un indizio di colpevolezza, e anche che si era espresso sulle bevande da preparare per festa di laurea - mai avvenuta - di Giulia. E poi ancora riflettori accesi su Gino Cecchettin, che anche grazie a questa attenzione ininterrotta ha deciso di prendere una pausa dal lavoro e pensare ad un impegno civico incentrato, ovviamente, sulla lotta ai femminicidi e alla rieducazione del maschio.
Forse se dessimo lo stesso spazio anche agli uomini vittime, e alle donne carnefici, lui stesso si renderebbe conto che non è una questione di genere, e nemmeno di patriarcato, ma solo di peccato.

DOSSIER "FEMMINICIDIO"
L'emergenza che non esiste

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Fonte: Sito del Timone, 9 dicembre 2023

4 - INFERMIERA NON VACCINATA SOSPESA: SARA' RISARCITA DEL DANNO
Un giudice ha condannato l'Asl a un risarcimento di 200 euro per ogni giorno senza lavoro a un'infermiera di Poggibonsi (provincia di Siena) che riceverà anche un risarcimento di 70mila euro (a Viterbo risarciti anche tre insegnanti)
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 novembre 2023

Un'altra clamorosa sentenza, anche se di primo grado, ristabilisce la giustizia per almeno uno dei tanti sanitari sospesi e rimasti senza stipendio durante la campagna vaccinale. Arriva da Firenze dove il 20 novembre il giudice della seconda sezione civile Susanna Zanda ha dato ragione ad un'infermiera di Poggibonsi che non solo si è vista riconoscere tutti gli arretrati di stipendio che l'Asl presso la quale lavora da 40 anni le aveva tolto in quanto non vaccinata, ma riceverà anche un risarcimento significativo di almeno 70mila euro per il danno biologico, psichico e morale subito con quel provvedimento.
L'ordinanza si basa sul principio della discriminazione subìto dalla donna ed è stato argomentato dai suoi legali, l'avvocato Tiziana Vigni e Gianmaria Olav Taraldsen dello studio di Mauro Sandri.
La dipendente era stata sospesa dal 2 settembre 2021 fino al 31 dicembre di quello stesso anno e poi dal 15 giugno 2022 fino a 31 dicembre da una Asl toscana. Più di un anno senza stipendio per lei, che lavorava in ospedale dal 1985, improvvisamente privata dell'unica fonte di reddito che le consentiva di vivere.
Il giudice, nel dispositivo riconosce che la legge dello Stato con la quale l'Asl ha fatto scattare il provvedimento di sospensione era discriminatoria e fonte di danno risarcibile. È questo il giudizio che la toga fiorentina ha emesso sui DL dei governi Conte II e poi Draghi, che hanno lasciato a piedi migliaia di sanitari, medici, infermieri e operatori perché non si erano piegati al ricatto vaccinale.

I LAVORATORI DEL COMPARTO SANITÀ
Alla base della decisione, Zanda riconosce che quei decreti-legge, poi trasformati in legge dello Stato, hanno violato la Carta di Nizza sulla violazione della dignità umana (art 1) e l'articolo 19 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea che prevede persino la possibilità di un intervento nei confronti degli stati che attuino una discriminazione.
«Occorre domandarsi - scrive il giudice - se la richiesta di vaccino anti covid per poter lavorare presso l'azienda, quale nuovo requisito introdotto dal DL 44/2021 fosse inquadrabile come misura di "protezione sociale e tutela della salute"».
Per smontare il DL, Zanda ha rilevato che le uniche fonti da cui l'Asl, citata anch'essa in giudizio, ha giustificato il suo provvedimento, erano le attestazioni dell'Istituto Superiore di Sanità  sull'efficacia dei vaccini anti covid. Ma «tali elementi - ha proseguito - sono autoreferenziali e non assurgono evidentemente a prove circa la sussistenza di valide ragioni del trattamento sperequato attuato dalla convenuta (l'infermiera ndr.) e non resistono all'efficacia probatoria dei corposi elementi forniti a supporto della condotta discriminatoria subita».
Quali?
È interessante notare che uno degli elementi su cui si basa il giudizio fossero i report dell'Inail sulle infezioni sul luogo di lavoro nel 2022. Proprio i lavoratori del comparto sanità, infatti, tutti vaccinati, hanno avuto la percentuale più alta di denunce per Covid 19 tra tutti i lavoratori, il 63,2% del totale.
Ne consegue, secondo il ragionamento del giudice, che il fatto che una percentuale così elevata di sanitari contagiati, pur in presenza di vaccino, smentisse l'affermazione contenuta nel DL 44/2021 e le attestazioni ISS ossia che i vaccini servono per proteggere dal contagio Sars Cov 2.
«Dunque - prosegue - i vaccini non solo non sono anti Sars Cov 2 e cioè non impediscono la catena del contagio, ma non impediscono nemmeno la malattia severa da Covid, le ospedalizzazioni e i ricoveri».

IL VACCINO NON AVEVA LA CAPACITÀ IMMUNIZZANTE
A questo si aggiunge anche una corposa letteratura scientifica citata in sentenza come gli studi sul Bmj del 2 agosto 2021, Lancet del 28 ottobre 2021 e Lancet Regional Healt del dicembre '21. Tutti studi che «dimostrano la crescente rilevanza della popolazione vaccinata come fonte di trasmissione».
In conclusione: «Poiché il vaccino non aveva la capacità immunizzante attestata in modo non veridico nel decreto legge 22/2021 per giustificare le sospensioni dal lavoro di certe categorie di cittadini, non appare giustificato il trattamento sperequato che consente ai vaccinati di lavorare e che vieta invece di lavorare ai non vaccinati, che sono stati emarginati dalla società, privati della dignità del lavoro e della libertà dal bisogno»
Una discriminazione attuata dalla legge prima che dall'Azienda che ha eseguito la legge discriminatoria «privandola di un diritto naturale per un lasso temporale eccezionalmente lungo e senza valide ragioni gettandola nell'emarginazione e nel bisogno».
Così alla donna verrà riconosciuto come risarcimento del danno la somma di 200 euro a titolo di danno morale e psichico per ogni giorno di sospensione discriminatoria» oltre ai mancati stipendi con contributi e interessi.
Sodisfatto l'avvocato Mauro Sandri, che ora dovrà attendere le mosse dell'Asl per un eventuale ricorso e che alla Bussola dice: «La rilevanza di quella sentenza sta nell'articolo 28 del decreto legislativo 150 che chiarisce la discriminazione, ma l'elemento forte è sicuramente il report Inail che smonta le finalità del decreto legge 44/2021 poi convertito nella legge 76/2021 per i sanitari e 72/2021 per gli insegnanti».

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Andrea Zambrano, nell'articolo seguente dal titolo "Giudice ordina al Miur: pagate gli arretrati ai prof non vaccinati" parla del giudice di Viterbo che ha condannato il Ministero dell'Istruzione a versare gli stipendi arretrati a tre docenti che furono sospesi dal lavoro perché senza vaccino. Riconosciuta la retroattività del reintegro. Colpa anche della legge scritta male. E ora la sentenza può fare scuola per tutte le altre cause in tribunale.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 1° dicembre 2023:

Il ministero dell'Istruzione (Miur) dovrà riconoscere a tre insegnanti della provincia di Viterbo tutti gli stipendi arretrati, con relativi contributi previdenziali, che non sono stati corrisposti durante la campagna vaccinale. I tre docenti, infatti non si erano vaccinati e come tanti loro colleghi hanno pagato con l'ostracismo dalle aule la loro decisione di non farsi iniettare un farmaco sperimentale contro la loro volontà.
La sentenza pronunciata dal giudice del Tribunale di Viterbo Mauro Ianigro il 17 maggio scorso, è destinata a fare scuola. In questi giorni, infatti, sono scaduti i sei mesi entro cui il Miur avrebbe potuto fare ricorso per opporsi alla sentenza. Ne risulta che il dispositivo è passato in giudicato e pertanto non potrà essere appellato.
È una vittoria dello studio legale SanTaLex dell'avvocato Mauro Sandri, che porta a casa una sentenza molto tecnica, ma di importanza capitale e che dice sostanzialmente che quando uscì il decreto del governo Draghi 172/2021 che proibiva di lavorare ai docenti non vaccinati, la scuola era obbligata a trovare per loro un ricollocamento, il cosiddetto repêchage.
Cosicché, quando a partire dal 1° aprile 2022, con il decreto 24/2022 è stata modificata la legge e i docenti sono stati reintegrati, il valore di quel reintegro andava letto in maniera retroattiva; pertanto, quegli stipendi di cui sono stati privati gli insegnanti dovranno essere ora interamente corrisposti.
Una legge scritta male, quella del Governo di allora, che adesso comporterà un esborso non previsto per le casse dello Stato, ma più che giusto. È proprio il caso di dire che la gatta frettolosa ha partorito i gattini ciechi e il fatto che questa sentenza stabilisca il pagamento degli arretrati fa il paio con un'altra sentenza simile pronunciata a Treviso, nella quale però il giudice si è fermato appena prima: ha riconosciuto il valore retroattivo del pagamento degli stipendi, ma ha anche decretato che era venuto meno il motivo del contendere.
In ogni caso, con questa sentenza in mano, tantissimi docenti rimasti senza lavoro per molti mesi durante il 2021 e il 2022 potranno così affilare le loro armi e imbastire cause simili con il Miur, sperando che il giudice confermi questo impianto, che intanto però ha valore di sentenza.
L'avvocato Sandri ha così commentato sul suo canale Telegram: «Si tratta di una argomentazione in diritto che deriva dall'interpretazione letterale e sistematica della successione delle leggi che compulsivamente e con l'intento di scoraggiare dal fare ricorso, il folle legislatore ha varato negli anni passati. Il diavolo fa le pentole, e pensa di avere fatto bene anche i coperchi, ma noi glieli facciamo saltare. Tutti i dipendenti della Scuola sospesi hanno, pertanto, diritto di ottenere sia gli arretrati, sia gli emolumenti non percepiti, sia il trattamento pensionistico, integralmente».
Anche l'avvocato del pool di Sandri, Olav Gianmaria Taraldsen, che ha seguito il caso in tribunale è soddisfatto e alla Bussola spiega: «Il Miur avrebbe dovuto fare un ricollocamento obbligatorio per tutti questi docenti - ha spiegato -. È come se la norma retroattiva abbia fatto venire meno la sospensione, garantendo il diritto al ricollocamento».
La sentenza acquisisce maggior valore se si pensa che in essa il giudice non ha contestato affatto le finalità della campagna vaccinale, anzi, in alcuni punti del dispositivo appare persino convinto della bontà dei vaccini sia in efficacia che in sicurezza. Il punto, infatti, affrontato da questa nuova via è prettamente di tipo giuslavoristico e dimostra come il decreto di sospensione degli insegnati fosse stato scritto male dal punto di vista giuridico e quindi facilmente smontabile da un giudice, anzi, con quello di Treviso, da due.
Che succederà ora? «In Italia - prosegue Taraldsen - non vige il precedente vincolante, però sicuramente questa sentenza può diventare un orientamento a cui un altro giudice può guardare per decidere su casi simili».
Imprimendo così una svolta nelle tante cause ancora ferme di insegnanti privati di un diritto inalienabile, quello al lavoro.

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 novembre 2023

5 - CONDANNATO A 4 ANNI PER AVER FERITO IL LADRO ALBANESE CHE VOLEVA ENTRARGLI IN CASA
Mattarella nega la grazia richiesta dalla moglie del macellaio di Padova (dovrebbe anche risarcire i danni per 24.500 euro all'albanese, se non fosse che è irreperibile... poverino!)
Autore: Matteo Milanesi - Fonte: Sito di Nicola Porro, 17 settembre 2023

Era il 22 luglio 2013, quando un macellaio di Padova, Walter Onichini, imbracciò il proprio fucile e ferì uno dei tre ladri che aveva cercato di entrare nella sua abitazione. Otto anni dopo, nel 2021, è stato condannato per tentato omicidio e condannato in definitiva a quattro anni di reclusione, contro i 3 anni e 8 mesi del ladro di origini albanesi, Elson Ndreca, che però non ha mai scontato in quanto irreperibile.
Ebbene, dopo 19 mesi di detenzioni, ad Onichini è stato concesso l'affidamento in prova ai servizi sociali, senza poter uscire da casa dalle 22 alle 6 del mattino e rimanendo sempre all'interno dei confini del Veneto. Poco dopo la sua condanna a quattro anni, fu l'allora moglie del macellaio, attraverso l'avvocato Ernesto De Toni, a presentare domanda di grazia dal Presidente della Repubblica al magistrato di sorveglianza.
Da qui, inizia un secondo calvario per Onichini. La richiesta venne inviata al Ministero della Giustizia solo il 24 agosto 2022 e, dopo quasi due anni, è arrivato il rigetto da parte di Sergio Mattarella. Insomma, il macellaio ha dovuto sopportare un altro libro di 24 mesi a causa dei ritardi della giustizia, come affermato dal legale De Toni. La richiesta di grazia, infatti, è rimasta ferma presso la procedura di Padova per ben 9 mesi, prima di essere trasmessa al Ministero della Giustizia a Roma.
L'avvocato di Onichini continua a sottolineare la "palese disuguaglianza di trattamento per due persone che avevano entrambe commesso dei reati per i quali sono stati condannati", ma una dopo 9 anni dai fatti è finita in carcere solo per 16 mesi. L'altro ladro, pregiudicato ed immigrato irregolare, è stato espulso dall'Italia e condannato a 3 anni e 8 mesi di reclusione, senza però aver mai fatto un giorno in carcere.
Da qui, un'ulteriore beffa. Elson Ndreca si era costituito parte civile nel processo a Onichini, ottenendo un risarcimento danni di 24.500 euro, a cui si affiancano i 20.000 euro (15.000 di risarcimento danni e 5.000 per le spese processuali) che l'albanese - se sarà rintracciato - dovrà destinare al macellaio condannato.

Fonte: Sito di Nicola Porro, 17 settembre 2023

6 - ARRIVA LA BIBBIA QUEER... ED E' SUBITO INCLUSIONE
Le Edizioni Dehoniane Bologna (EDB) guidano il nuovo fronte dell'autodemolizione del cattolicesimo che riabilita l'omosessualità come naturale e buona
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone, 2 dicembre 2023

Se è vero che la Chiesa richiama da sempre a osservare i «segni dei tempi», una casa editrice cattolica che vanta nello stesso catalogo - insieme all'Enchiridion Vaticanum e alla pregiata Bibbia di Gerusalemme - anche un Commentario biblico ad usum LGBTQ+, qualche interrogativo è destinato a sollevarlo. Parliamo della Bibbia Queer, tradotta e pubblicata in questi giorni da EDB, Edizioni Dehoniane Bologna. Il Commentario (1136 pagine di taglio ermeneutico a cura della «pastora» Mona West e dell'ex gesuita Robert E. Shore-Goss) raccoglie testi di studiosi, rabbini e pastori che attingono alle «teorie femministe, queer, decostruzioniste, decoloniali e utopiche» al fine offrire al mondo arcobaleno una lettura radicalmente inedita della Sacra Scrittura.
Già dall'introduzione all'imponente opera, la teologo Selene Zorzi e il professore Martin M. Linter scoprono le carte: «Una lettura queer vuole rompere schemi familiari e offrire nuovi modi di riflettere sul divino [...] e ricordare a noi stessi e agli altri che la Bibbia è tutt'altro che un manuale di codificazioni rigide, ma il luogo in cui ritrovare la chiave della complessità e della porosità delle vite». L'ex monaca benedettina Zorzi e il prof. Linter continuano gagliardi: «Il termine queer intende riferirsi a tutto ciò che di strambo, storto nel senso di non allineato possa presentarsi in una identità personale. Il Dio biblico è un Dio queer: è eccessivo nel suo amore per gli esseri umani [...] e perciò fuoriesce da sé»

Il TRADUTTORE RAIMO, DECOSTRUZIONISTA DOC
I colpi del Commentario queer targato EDB vengono sparati ad intra e ad extra: a una nuova interpretazione dei testi biblici si somma, in un circolo ermeneutico sempre in progress, l'impatto che eserciterà sulla fluida comunità LGBTQ+. Nelle note di pubblicazione la Bibbia Queer non viene solo descritta come «un testo rivoluzionario, rigoroso, che dà un nuovo volto della Sacra Scrittura», ma anche il primo di una lunga serie di passi volti a scardinare la teologia esistente. «Presentare questo testo al pubblico italiano significa lanciare in qualche modo una prima opera», afferma il curatore Gianluca Montaldi nella nota all'edizione italiana. Montaldi si rammarica che il «confronto della riflessione teologica e spirituale italiana con le tematiche queer [...] rimane ancora relegato a gruppi considerati marginali», mentre invece dovrebbe riguardare «un'opzione dell'intera società», quella «alla quale Michela Murgia - cui viene dedicata questa edizione italiana - ha dato molti apporti». Oltre alla speciale dedica, tra i traduttori dell'opera va segnalato quel Christian Raimo che del decostruzionismo ha fatto un dogma di fede, tanto da definire «violento» il logo di ProVita: la figura stilizzata di padre, madre e figli che si prendono per mano. Il raptus non particolarmente inclusivo è andato in diretta tv, davanti a una sbigottita Maria Rachele Ruiu (portavoce della Onlus) e a un imbarazzato Parenzo.
Lo sbarco in Italia della Bibbia Queer suona come un'operazione editoriale ben ponderata, con mandanti e scopi non lasciati al caso. Quanto ai primi, l'eminenza grigia va individuata nella figura di Alberto Melloni, storico delle religioni e indomabile alfiere della dossettiana e poi alberighiana "Scuola di Bologna", che nel giugno 2022 guidò una cordata di imprenditori per salvare EDB e Marietti da un fallimento già conclamato. Quanto agli scopi della pubblicazione del rivoluzionario Commentario, il fatto che nelle chiese della galassia progressista il Gesù queering sia diventato mainstream da tempo lascia intravvedere una forte voglia di emulazione: lavorare sodo per assottigliare il gap con quelle chiese d'oltreoceano e del nord Europa in cui la teologia queer è già ampiamente deflagrata.

L'AUTODEMOLIZIONE DEL CATTOLICESIMO
Il 31 marzo scorso, durante la "Giornata delle visibilità Transgender", una chiesa presbiteriana è diventa virale sul web per aver celebrato la data con una preghiera al "Dio dei pronomi". Eccone un passaggio: «Allattando dai tanti seni, tu, Dio, distruggi tutti gli stereotipi, rendendo ogni singola persona maschio e femmina. Maschio e femmina, intersessuale, non binario a tua immagine. Esattamente a tua immagine. Dio dello spettro dell'arcobaleno, che hai messo la tua promessa di non violenza nel simbolo dell'amore strano prima che l'umanità lo sapesse, perché tu lo sapevi».
Il Commentario EDB dovrebbe ridurre il gap anche con la Chiesa Metodista Unita, quella che vanta la prima drag queen al mondo ad essere stata ordinata. Si chiama Isaac Simmons, si fa chiamare Penny Cost, e descrive il "ministero drag" come un improrogabile «dovere divino». In chiesa, rigorosamente in paillettes, dopo aver tenuto un sermone ai bambini denunciando il privilegio di essere bianchi e etero, il pastore ospitante l'ha lodata così: «Ms. Penny Cost è un angelo con i tacchi, che appare di notte ai pastori annunciando che la Buona Novella è arrivata».
La chiesa Presbiteriana non è da meno. Negli ultimi due anni, durante il sacro mese del Pride il Presbyterian News Service ha offerto ai fedeli serie educative online come "Queering the Bible" (giugno 2022) e "Queering the Prophets" (giugno 2023).
Pochi esempi, tra i tanti possibili, che raccontano bene una precisa direzione di marcia, quella per cui chiese di stampo liberal, avventurandosi nei sentieri pericolosi e incerti della teologia queer, stiano andando ben oltre l'anelito ad ogni forma di inclusione. Bandendo il matrimonio, la monogamia e ogni struttura sociale consolidata, la teologia queer di fatto incoraggia a sconvolgere e destabilizzare i presupposti di ogni convivenza sociale, che improvvisamente diventano oppressivi e antibiblici. È nella queerness che va cercato il vero messaggio del cristianesimo, non altrove. Non è un caso che Gianluca Montaldi, direttore editoriale delle EDB nonché docente di Teologia presso la sede di Brescia dell'Università Cattolica, scrive senza esitazione alcuna: «Il pensiero binario è letteralmente velenoso».
Sulla Bibbia Queer fresca di stampa coglie il punto Marco Respinti su Libero: «Un commentario non è che uno dei molti titoli in catalogo. Con più di 1000 pagine a 79 euro, lo compereranno in pochi e ancora meno lo leggeranno (e il dirlo non è gufare l'editore). Però c'è, resta, segna un confine e subito lo attraversa, presidiando una nuova trincea. È un'operazione culturale, quindi politica, seria, studiata, acuminata, con gli LGBT+ come strumento. Epocale. Il nuovo fronte dell'autodemolizione del cattolicesimo».

Fonte: Sito del Timone, 2 dicembre 2023

7 - OMELIA IV DOMENICA AVVENTO - ANNO B (Lc 1,26-38)
Avvenga per me secondo la tua parola
Fonte Il settimanale di Padre Pio

"Venne ad abitare in mezzo a noi". Non è, credo, possibile - per descrivere un evento inaudito ed esporre un concetto sovrastante ogni umana comprensione e ogni attesa - trovare una frase più semplice e feriale di questa: è il linguaggio dei nostri traslochi e dei nostri trasferimenti.
Già nella sua forma espressiva evoca l'indole propria della realtà centrale del cosmo e della storia; cioè, la verità dell'Incarnazione. "Il Verbo si fece carne", ci ha detto l'evangelista: vale a dire, è la divina ricchezza che, per così dire, si immiserisce; è l'infinità che assume l'esiguità di un neonato; è l'onnipotenza che accetta di farsi bisognosa di tutto come la più piccola della creature. "Umiliò (quasi 'annientò') se stesso", ha detto sinteticamente san Paolo (cfr. Fil 2,8).
E' la realtà - sublime e dimessa al tempo stesso - dell'Unigenito del Padre che diventa uno di noi. E' il prodigio grandioso e povero del Natale, che una volta ancora quest'anno ritorna, sempre eloquente e sempre efficace, e con dolcezza si impone all'attenzione anche dei più superficiali e dei distratti.

DIO SI È FATTO NOSTRO PROSSIMO
Dio - che è il "lontanissimo" e il "diversissimo" da noi - si è fatto nostro "prossimo", nostro vicino di casa, nostro compagno di viaggio: un evento, questo, che l'uomo, con tutto il suo egocentrismo e la sua autoesaltazione, non poteva arrivare neppure a immaginare.
E' vero che gli uomini - nei momenti in cui si sentono oppressi dalla crudeltà delle circostanze, dalla tirannìa impietosa dei prepotenti, dalle molteplici forme del male - invocano come d'istinto la presenza risolutiva di colui che è il Creatore di ogni essere e il Giudice di ogni comportamento. "Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi!" (cfr. Is 63,19), leggiamo nelle profezie di Isaia. Ma era come il sospiro di un auspicio irreale e senza speranza.
Invece, ciò che sembrava un desiderio folle è stato questa notte esaudito. A Betlemme i cieli si sono sul serio "squarciati" e il "Figlio unigenito che è nel seno del Padre" (cfr. Gv 1,18) è davvero disceso.
E tutto è cambiato per la sventurata stirpe di Adamo: la nostra miseria più sostanziale è finita, perché "dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia su grazia" (cfr. Gv 1,16), come abbiamo ascoltato.
Perciò le genti cristiane non si stancano mai di celebrare con entusiasmo il Natale, moltiplicando anche nelle case e nelle strade le manifestazioni di festa e di splendore (pur se poi in molti sembrano colpiti da una curiosa amnesia e non ricordano più la causa e la ragione di tanto tripudio)

VENNE FRA LA SUA GENTE, MA I SUOI NON L'HANNO ACCOLTO
C'è però qualcosa che è ancora più strano e inspiegabile, cui allude discretamente anche il prologo del quarto vangelo con le parole: "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (Gv 1,11).
Dio si è fatto "nostro prossimo", ma poi càpita che a noi non piace troppo essere "prossimi" a lui. E' un "vicino di casa" che sembra infastidire. Si direbbe che alla sua compagnìa si preferisca essere soli e desolati lungo il cammino della vita.
Vedete, non sono molti a negare esplicitamente Dio perché, se è difficile dimostrarne l'esistenza, è ancora più difficile ipotizzare ragionevolmente che non ci sia nessuno all'origine delle cose. Ma sono molti che sembrano preferire la sua latitanza. Un Dio remoto, che non interferisca nei nostri affari, ci disturba meno: forse si pensa che così noi possiamo essere più autonomi, più "adulti", più padroni di noi stessi e del nostro destino.
Perfino i credenti talvolta sono un po' contagiati da questa mentalità, e magari tentano di giustificarla chiamandola "sana laicità"; ed è invece soltanto incomprensione della bellezza e della verità del Natale.
"Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe" (Gv 1,16), ci ha detto malinconicamente l'evangelista.

DIO NON È UN INTRUSO
Sarà bene che ci convinciamo che Dio non è un intruso nella creazione che è originata da lui. A estrometterlo si rischia di estromettere con lui il significato stesso del nostro esistere.
In questo concreto ordine di cose che di fatto è stato realizzato, l'Emmanuele, il "Dio con noi", l'Unigenito del Padre nato a Betlemme secondo la natura umana, è il necessario fondamento di tutto: "in lui sono state create tutte le cose" - ci dice san Paolo - "e tutte sussistono in lui" (cfr. Col 1,16.17). Se lo si rimuove, si pongono le premesse perché tutto il nostro edificio rovini.
Non a caso il profeta nella prima lettura ci ha parlato delle "rovine di Gerusalemme", come figura dello sfacelo dell'umanità intera.
L'immagine di una costruzione rovinata dall'estromissione di Dio e del suo Cristo si affaccia alla mente di chi contempla con occhi disincantati la società in cui viviamo: una società che non insegna più a distinguere adeguatamente il bene dal male e perciò non riesce più a educare i suoi figli, che esalta più la "notizia" della "verità", che è comprensiva con i prepotenti ed è impietosa con chi non sa gridare e difendersi. E l'elenco delle "macerie" della città terrena potrebbe ancora allungarsi.
Ma il profeta ha parlato di "rovine" non per avvilirci e deprimerci, ma per risuscitare la nostra fiducia nell'amore sapiente di Dio, che è più potente dei nostri egoismi e delle nostre stoltezze ed è capace di risanare e ricostruire: "Prorompete in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme" (Is 52, 9).
Il Natale è appunto la festa della speranza cristiana, che non è il fatuo ottimismo di chi non si rende conto del malessere e dei guai che affliggono il nostro tempo, ma è la certezza che a Betlemme è nato - e, dopo la sua crocifissione e la sua gloria, continua a essere il Signore della storia - colui che ci ha detto: "Avrete tribolazione, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!" (cfr. Gv 16,32).

ANNUNCIAZIONE: DUE DONNE A CONFRONTO
Da una parte l'umiltà di Maria con l'angelo Gabriele, dall'altra l'imprudenza di Eva con l'angelo decaduto
di don Stefano Bimbi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6071

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

8 - OMELIA DELLA MESSA DI NATALE DEL GIORNO
Venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14)
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Un Natale vero?

"Venne ad abitare in mezzo a noi". Non è, credo, possibile - per descrivere un evento inaudito ed esporre un concetto sovrastante ogni umana comprensione e ogni attesa - trovare una frase più semplice e feriale di questa: è il linguaggio dei nostri traslochi e dei nostri trasferimenti.
Già nella sua forma espressiva evoca l'indole propria della realtà centrale del cosmo e della storia; cioè, la verità dell'Incarnazione. "Il Verbo si fece carne", ci ha detto l'evangelista: vale a dire, è la divina ricchezza che, per così dire, si immiserisce; è l'infinità che assume l'esiguità di un neonato; è l'onnipotenza che accetta di farsi bisognosa di tutto come la più piccola della creature. "Umiliò (quasi 'annientò') se stesso", ha detto sinteticamente san Paolo (cfr. Fil 2,8).
E' la realtà - sublime e dimessa al tempo stesso - dell'Unigenito del Padre che diventa uno di noi. E' il prodigio grandioso e povero del Natale, che una volta ancora quest'anno ritorna, sempre eloquente e sempre efficace, e con dolcezza si impone all'attenzione anche dei più superficiali e dei distratti.

DIO SI È FATTO NOSTRO PROSSIMO
Dio - che è il "lontanissimo" e il "diversissimo" da noi - si è fatto nostro "prossimo", nostro vicino di casa, nostro compagno di viaggio: un evento, questo, che l'uomo, con tutto il suo egocentrismo e la sua autoesaltazione, non poteva arrivare neppure a immaginare.
E' vero che gli uomini - nei momenti in cui si sentono oppressi dalla crudeltà delle circostanze, dalla tirannìa impietosa dei prepotenti, dalle molteplici forme del male - invocano come d'istinto la presenza risolutiva di colui che è il Creatore di ogni essere e il Giudice di ogni comportamento. "Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi!" (cfr. Is 63,19), leggiamo nelle profezie di Isaia. Ma era come il sospiro di un auspicio irreale e senza speranza.
Invece, ciò che sembrava un desiderio folle è stato questa notte esaudito. A Betlemme i cieli si sono sul serio "squarciati" e il "Figlio unigenito che è nel seno del Padre" (cfr. Gv 1,18) è davvero disceso.
E tutto è cambiato per la sventurata stirpe di Adamo: la nostra miseria più sostanziale è finita, perché "dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, e grazia su grazia" (cfr. Gv 1,16), come abbiamo ascoltato.
Perciò le genti cristiane non si stancano mai di celebrare con entusiasmo il Natale, moltiplicando anche nelle case e nelle strade le manifestazioni di festa e di splendore (pur se poi in molti sembrano colpiti da una curiosa amnesia e non ricordano più la causa e la ragione di tanto tripudio)

VENNE FRA LA SUA GENTE, MA I SUOI NON L'HANNO ACCOLTO
C'è però qualcosa che è ancora più strano e inspiegabile, cui allude discretamente anche il prologo del quarto vangelo con le parole: "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto" (Gv 1,11).
Dio si è fatto "nostro prossimo", ma poi càpita che a noi non piace troppo essere "prossimi" a lui. E' un "vicino di casa" che sembra infastidire. Si direbbe che alla sua compagnìa si preferisca essere soli e desolati lungo il cammino della vita.
Vedete, non sono molti a negare esplicitamente Dio perché, se è difficile dimostrarne l'esistenza, è ancora più difficile ipotizzare ragionevolmente che non ci sia nessuno all'origine delle cose. Ma sono molti che sembrano preferire la sua latitanza. Un Dio remoto, che non interferisca nei nostri affari, ci disturba meno: forse si pensa che così noi possiamo essere più autonomi, più "adulti", più padroni di noi stessi e del nostro destino.
Perfino i credenti talvolta sono un po' contagiati da questa mentalità, e magari tentano di giustificarla chiamandola "sana laicità"; ed è invece soltanto incomprensione della bellezza e della verità del Natale.
"Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe" (Gv 1,16), ci ha detto malinconicamente l'evangelista.

DIO NON È UN INTRUSO
Sarà bene che ci convinciamo che Dio non è un intruso nella creazione che è originata da lui. A estrometterlo si rischia di estromettere con lui il significato stesso del nostro esistere.
In questo concreto ordine di cose che di fatto è stato realizzato, l'Emmanuele, il "Dio con noi", l'Unigenito del Padre nato a Betlemme secondo la natura umana, è il necessario fondamento di tutto: "in lui sono state create tutte le cose" - ci dice san Paolo - "e tutte sussistono in lui" (cfr. Col 1,16.17). Se lo si rimuove, si pongono le premesse perché tutto il nostro edificio rovini.
Non a caso il profeta nella prima lettura ci ha parlato delle "rovine di Gerusalemme", come figura dello sfacelo dell'umanità intera.
L'immagine di una costruzione rovinata dall'estromissione di Dio e del suo Cristo si affaccia alla mente di chi contempla con occhi disincantati la società in cui viviamo: una società che non insegna più a distinguere adeguatamente il bene dal male e perciò non riesce più a educare i suoi figli, che esalta più la "notizia" della "verità", che è comprensiva con i prepotenti ed è impietosa con chi non sa gridare e difendersi. E l'elenco delle "macerie" della città terrena potrebbe ancora allungarsi.
Ma il profeta ha parlato di "rovine" non per avvilirci e deprimerci, ma per risuscitare la nostra fiducia nell'amore sapiente di Dio, che è più potente dei nostri egoismi e delle nostre stoltezze ed è capace di risanare e ricostruire: "Prorompete in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme" (Is 52, 9).
Il Natale è appunto la festa della speranza cristiana, che non è il fatuo ottimismo di chi non si rende conto del malessere e dei guai che affliggono il nostro tempo, ma è la certezza che a Betlemme è nato - e, dopo la sua crocifissione e la sua gloria, continua a essere il Signore della storia - colui che ci ha detto: "Avrete tribolazione, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!" (cfr. Gv 16,32).

Fonte: Un Natale vero?

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