BastaBugie n�854 del 03 gennaio 2024

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1 UN PRESEPE VANDALIZZATO AL GIORNO... VI PARE NORMALE?
A distanza di 800 anni dal primo presepe inventato da San Francesco la cristianofobia è dilagante, ma si trova solo nei trafiletti dei giornali
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone
2 LA MASCHERINA PRESENTA IL CONTO AI BAMBINI
La mascherina non è stata solo inutile, ma dannosa alla salute per l'aumento delle infezioni... e intanto i titoli dei giornali sono rimasti al 2020 e si ripetono gli stessi errori (VIDEO: Il sacrificio degli innocenti)
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 LO SPORT FA BENE... BASTA CHE NON SIA FITNESS
Ben distinta dallo sport, antico e nobile, l'attività fisica finalizzata solo all'estetica è senz'anima (perché nasce negli Usa degli anni '70 con scopi commerciali)
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: Il Timone
4 THE FAMILY PLAN, UN AVVINCENTE MIX TRA AZIONE, COMMEDIA E DRAMMA FAMILIARE
Il film permette ai figli di pensare in quali occasioni il loro padre è un eroe e fa interrogare i genitori sul modo di rapportarsi con i figli (VIDEO: trailer del film)
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 COME SALVARE I FIGLI DALLO SMARTPHONE
Lo smartphone è una grave forma di ozio: si deve tornare a pensare alla salvezza dell'anima non abbandonando i figli in balia di uno strumento non neutro qual è il cellulare (e dando il buon esempio imponendoci ferree regole)
Autore: Cristina Siccardi - Fonte: Corrispondenza Romana
6 COME LA MOGLIE DI SCHUMACHER PROTEGGE IL MARITO DAL GOSSIP E DALL'EUTANASIA
Dall'incidente di 10 anni fa Corinna non va a feste o ritrovi perché chiunque la incontra vuole sapere delle condizioni del marito e perché rifiuta l'eutanasia (nella permissiva Svizzera dove abitano)
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone
7 OMELIA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO B (Mt 2,1-12)
Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
8 OMELIA BATTESIMO DEL SIGNORE - ANNO B (Mc 1,7-11)
Tu sei il Figlio mio, l'amato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - UN PRESEPE VANDALIZZATO AL GIORNO... VI PARE NORMALE?
A distanza di 800 anni dal primo presepe inventato da San Francesco la cristianofobia è dilagante, ma si trova solo nei trafiletti dei giornali
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone, 18 dicembre 2023

«Ci risiamo anche quest'anno, dopo sacrifici e voglia di fare, hanno danneggiato e rubato alcune statuine del nostro presepe. È una vergogna! Sta passando la voglia di fare le cose. Ovviamente procederemo con regolare denuncia». È quello che si legge in un post dell'Associazione Olona Viva, realtà del Comune di San Vittore Olona, parte della città metropolitana di Milano. Un presepe di un paese della provincia lombarda non è una notizia per la quale si rincorrano i lanci di agenzia, certo, ma se consideriamo questo episodio come la voce di un lungo elenco allora sì, si dovrebbe eccome darvi risalto ben al di là della stampa locale. Solo negli ultimi giorni casi simili si sono verificati a Saronno, Cornate d'Adda, Misinto - comune brianzolo.
Su Monza Today viene riferito che «il presepe allestito in piazza è stato preso di mira dai vandali. Uno dei pastorelli (a grandezza naturale) è stato decapitato e la testa del manichino è stata messa nel pozzo». Siamo a Cornate d'Adda, il 15 dicembre, e ad accorgersene è stata una cittadina. Lo ha denunciato amareggiata sui social insieme alla rassicurazione della riparazione messa a punto dal marito. Episodio simile anche a Misinto dove i vandali se la sono presa con le figure della Natività, alla statua della Madonna hanno divelto le braccia. Tra sabato e domenica trattamento simile riservato al presepe di Ubaldo. Atti vandalici alle rappresentazioni della Natività anche a Magenta e a Bareggio dove, dal presepe allestito in piazza, una statua è stata distrutta e una sottratta.

UN PRESEPE VANDALIZZATO AL GIORNO
L'operosa e per tradizione cattolica Brianza non è il solo territorio del nostro paese ad essere interessato da simili fatti che liquidare come semplici bravate aggiungerebbe danno al danno. E il 2023 non è nemmeno il primo anno che riempie le cronache locali di vicende del genere, purtroppo non esclusive del periodo natalizio. In Versilia, per esempio, era ancora novembre quando le statue della Natività del presepe locale sono state colpite e danneggiate (e rapidamente riparate dai responsabili dell'associazione, con un carico di amarezza che si sarebbero volentieri evitati); a maggio è invece successo a Cuggiono, in provincia di Milano, nei locali dell'associazione che raccoglie diversi esemplari realizzati negli anni dai suoi soci, quando ignoti sono entrati di notte nell'edificio e li hanno distrutti. Una prova di ardimento davvero notevole.
Prendendo in esame le cronache locali nel periodo dal 19 dicembre 2022 a fine gennaio del 2023 e mettendo in fila gli episodi denunciati scopriamo che i presepi colpiti, vandalizzati o distrutti sono ben 40, praticamente uno al giorno. Firenze, Pisa, Busto Arsizio, Foggia, Trapani e Verona dove il presepe colpito era allestito nel reparto di radiologia dell'ospedale Borgo Roma, meritandosi in quel caso lo sdegno dallo stesso presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. In piazza Duomo a Firenze, sempre nello stesso periodo, era stata trafugata la statua di Gesù Bambino, ma in quel caso i ladri si sono pentiti e l'hanno riportata al suo posto. Lo stesso è avvenuto anche in altre località, dimostrando in positivo che ciò che viene colpito e si vuole oltraggiare è proprio il significato che questo prezioso simbolo del Natale cattolico porta.

VERA E PROPRIA CRISTIANOFOBIA
Di questo, dunque, si tratta: ostilità dichiarata verso il cristianesimo, o come si dice ai nostri tempi, "cristianofobia". Forse c'è davvero una componente di paura verso Cristo e il Vangelo in questi gesti così odiosi e tristi. Dio si è fatto bambino e si propone nel modo più disarmato possibile eppure non può far altro che mettere l'uomo di fronte a sé stesso e al bisogno insopprimibile e sempre più censurato di essere guarito, salvato, alleggerito del male che egli stesso compie.
Ciò che stupisce e indigna è il colpevole silenzio intorno a questi fatti e al loro palese significato. Lasciarli alla ridotta gittata delle cronache locali, e continuare a declassarli come ragazzate più o meno innocenti, accusa le stesse istituzioni che in altri casi suonerebbero l'allarme e sfoggerebbero il corredo buono dell'indignazione civica: immaginiamo cosa succederebbe se fosse colpita una sede sindacale al giorno o un monumento alla Resistenza o - peggio - qualche installazione recente contro la violenza sulle donne.
Non si tratta di prendersela col Natale della bontà generalizzata, ma direttamente con il segno più importante dell'Incarnazione e quindi il cuore del messaggio cristiano. Quando i casi di vandalismo contro le renne di Babbo Natale o le fontane di luci nelle vie del centro diventeranno frequenti potremo rivedere la nostra posizione. Intanto pare che accanirsi contro Maria, Giuseppe, Gesù Bambino o un pastorello addormentato continui ad attirare di più gli autori di oltraggi e riesca a passare pressoché inosservato.

Fonte: Sito del Timone, 18 dicembre 2023

2 - LA MASCHERINA PRESENTA IL CONTO AI BAMBINI
La mascherina non è stata solo inutile, ma dannosa alla salute per l'aumento delle infezioni... e intanto i titoli dei giornali sono rimasti al 2020 e si ripetono gli stessi errori (VIDEO: Il sacrificio degli innocenti)
Autore: Paolo Gulisano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 novembre 2023

Infezioni pediatriche in aumento: è l'allarme che viene dall'Ospedale Santobono di Napoli dove i medici registrano da tempo una crescita di infezioni batteriche del cavo orale, delle vie aeree, con forme gravi di mastoiditi e meningiti. Tra i batteri responsabili streptococco e pneumococco. I numeri parlano di una anomalia epidemiologica rispetto alla norma.
"Continuiamo a vedere infezioni che un tempo si contavano sulle dita di una mano" dichiara Vincenzo Tipo, primario del pronto soccorso del Polo pediatrico dell'Arenella. Sulle cause circolano varie ipotesi tra cui, quella più accreditata, che si possa trattare di una conseguenza dell'uso generalizzato delle mascherine imposto a suo tempo dai Governi Conte e Draghi. Un obbligo durato due anni e del quale si possono ora riscontrare le conseguenze. Quando medici e scienziati coscienziosi avevano messo in guardia contro l'uso prolungato delle mascherine nei bambini, erano stati sommersi da insulti e accuse di irresponsabilità, più il consueto marchio di infamia di "complottista" messo su chiunque eccepisse sulle misure sanitarie. Eppure la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità a inizio epidemia, quando esistevano ancora dei margini di libertà di espressione nel pubblico dibattito scientifico, aveva rilasciato una comunicazione molto significativa.
Si trattava del documento Advice on the use of masks in the context of COVID-19: Interim guidance, 5 June 2020, in cui l'OMS affermava che era bene "prendere in considerazione alcuni dei potenziali rischi derivanti da un utilizzo prolungato della mascherina". Questi rischi venivano identificati come: possibile sviluppo di lesioni cutanee facciali, come la dermatite o il peggioramento dell'acne; la potenziale auto-contaminazione, causata principalmente dai germi - virus e batteri- trattenuti all'interno della mascherina stessa. Un altro rischio riportato era l'uso inappropriato, ovvero la possibile contaminazione che aumenta se le mascherine vengono tenute a lungo e frequentemente toccate, cosa che era la norma soprattutto nel caso di bambini.
A fronte delle evidenze epidemiologiche e cliniche che dimostravano una mortalità dello 0,00023 % nei soggetti sotto i 20 anni, per i quali il Covid era una malattia pressoché asintomatica o paucisintomatica, sovrapponibile ad una influenza, i bambini e gli adolescenti vennero costretti a portare il presidio di protezione continuativamente per ore. Gli effetti di questo uso prolungato, ovvero abuso, della mascherina, sono ora visibili. Non è escluso che una responsabilità possano averla avuta anche quei milioni di mascherine irregolari e pericolose per la salute acquistati dalla Cina nel corso della prima ondata della pandemia, un "affare" da 1,25 miliardi di euro che costò il posto all'ex commissario straordinario per l'emergenza Covid, Domenico Arcuri, una vicenda sulla quale è calato il silenzio.
Oggi, davanti all'aumento di infezioni batteriche nei bambini, sono finalmente professori e primari di pronto soccorso ad ammettere che l'uso generalizzato, prolungato e indiscriminato delle mascherine ha provocato il diffondersi di queste patologie. In forma epidemica.
In realtà, sarebbe dovuto bastare il buon senso per capire che mettersi una pezza per coprire le vie respiratorie avrebbe potuto portare a respirare (spingendoli sempre più in profondità) tutti i batteri, virus e funghi che si trovano nell'ambiente, molti dei quali sono normalmente eliminati da un sistema immunitario normalmente funzionante, e che finivano per trovare nella mascherina con la sua umidità determinata dall'espirazione un terreno ideale di sviluppo. Tuttavia la mascherina era diventata molto di più che un dispositivo individuale di protezione da indossare nei contatti stretti a rischio, da sempre utilizzato ad hoc, come dai chirurghi durante un intervento per evitare di contaminare il campo operatorio, o da persone in trattamento immunosoppressivo.
Divenne un oggetto simbolo del fatto che si viveva in stato di emergenza. Indossarla significava fare il proprio dovere di buon soldato, a cui non si doveva sottrarre nessuno, dai bambini agli anziani. Ai bambini venne inoltre imposto con la pseudomotivazione moralistica che dovevano evitare di contagiare i nonni. Nessuna deroga venne concessa, nemmeno ai bambini asmatici che soffocavano dietro il bavaglio. Una intransigenza mai vista in ambito scolastico, un rigore degno di miglior causa. E così oggi ci troviamo con più bambini malati, e più esposti a queste forme batteriche in espansione.

Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Covid, ancora infodemia e pronto soccorso pieni" parla dei titoli dei giornali sul Covid, dove si trova ancora enfasi sui contagi, ancora ci si chiede se possiamo abbracciarci a Natale. E la notizia grave è che i pronto soccorso sono già saturi. Perché il 2020 non ci ha insegnato nulla?
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 20 dicembre 2023:

Titolo del Corriere della Sera: Covid, come comportarsi a Natale: evitare gli abbracci? Stiamo parlando di un numero storico del Natale 2020? No, questo titolo era in primo piano nell'edizione online del 17 dicembre scorso (2023). In effetti cambia qualcosa: se si legge tutto l'articolo, organizzato in domande e risposte, come le Faq governative dei tempi pandemici, troviamo suggerimenti molto più rassicuranti. Sappiamo, ad esempio, da Francesco Vaia (direttore dell'ufficio Prevenzione del Ministero della Salute) che possiamo abbracciarci a Natale. Apprendiamo inoltre che il vaccino è consigliabile ai fragili e agli ultra-sessantenni e che è una scelta personale, comunque. E la mascherina non è più obbligatoria.
Un altro titolo che induce a fare un tuffo nel passato di tre anni fa è Covid e influenza, pronto soccorso lombardi da bollino nero. Lo citiamo sempre dal Corriere, che è il quotidiano più venduto, ma la notizia è ripresa da tutti i quotidiani, anche locali.
Insomma, le notizie sono diverse, l'umore del pubblico è cambiato drasticamente, gli articoli sono differenti e così anche i consigli degli esperti citati, ma i titoli narrano sempre la stessa paura. E anche l'importanza che viene data a Covid e all'influenza è sproporzionata rispetto all'entità del rischio. Un titolo è importante. Un posizionamento in pagina è importantissimo. È ciò che fa la narrazione. È una precisa scelta editoriale per dire ciò che è importante rispetto a ciò che non lo è.
Giunti al 2023, con un Covid sempre meno letale e preoccupante, non è normale continuare a chiederci cosa possiamo o non possiamo fare a Natale. Non è normale chiederci se possiamo tornare ad abbracciarci. Certo che lo possiamo fare: già dalla fine del 2021, almeno, con la diffusione di varianti molto meno letali del coronavirus. Non è normale continuare a leggere notizie sui contagi e sul loro aumento.
Questo allarmismo, indotto, è la prima dimostrazione che non abbiamo imparato la lezione del 2020. L'errore che è stato commesso è l'opposto rispetto a quello che si commise per l'influenza spagnola del 1918-20. In quel caso, di un secolo fa, durante la fase finale della Grande Guerra, la stampa provò a cancellare il problema, non parlandone, per evitare di demoralizzare la popolazione e le truppe al fronte. In questo caso, invece, la stampa ha suonato l'allarme ai quattro venti per indurre il governo a "fare qualcosa". Così è stato in Italia, con il governo Conte, poi in tutto il resto d'Europa, salvo la Svezia. Che infatti è stata continuamente accusata di irresponsabilità.
Il governo Conte, spinto dai media, ha "fatto qualcosa", l'unica cosa semplice, suggerita dalla Cina, che poteva fare a costo pressoché nullo per le istituzioni: obbligare i cittadini a stare a casa, a prescindere dal loro stato di salute e dal costo (umano, professionale, economico) che hanno dovuto affrontare. Non appena è stato brevettato un vaccino, gli Stati hanno fatto quel che sanno fare meglio: una campagna di vaccinazione di massa, senza badare ai casi singoli, non parlando di eventuali effetti avversi e ricorrendo all'obbligo contro minoranze recalcitranti.
Almeno questa lezione è stata appresa. Oggi i media possono suonare ancora l'allarme, ma il governo Meloni è meno recettivo. Sta affrontando il problema con più sangue freddo e meno decisioni irrazionali. Non si vedono all'orizzonte nuovi provvedimenti anti-pandemici straordinari, come divieti di assembramento, obbligo di mascherina, o limiti agli spostamenti dei cittadini, né la quinta dose del vaccino viene imposta ad alcuna categoria.
Entrambe le misure di massa adottate dal governo Conte, il lockdown prima e la campagna vaccinale di massa poi, sono state introdotte soprattutto per evitare di saturare un sistema sanitario già affollato, quindi insufficiente. La notizia dei pronto soccorso lombardi già saturi, anche se non siamo in un periodo di emergenza paragonabile al 2020, sono la dimostrazione che non si è appresa la seconda lezione della pandemia: ancora oggi non abbiamo medici di base a sufficienza. Se con l'influenza si finisce al pronto soccorso, vuol dire che manca un medico di base che prevenga il ricovero, con cure mirate, a domicilio.
Nel corso delle prime ondate di Covid questo problema era emerso in tutta la sua drammaticità e, forse per nascondere la carenza del sistema, parlare di "cure domiciliari", per chi contraeva la nuova malattia, era diventato un tabù. Si poteva essere accusati di parlare contro la scienza, di fare disinformazione, di essere dei ciarlatani. Ma il problema c'era allora con il Covid e si vede a maggior ragione in queste settimane: senza medici di base, il pronto soccorso si satura e anche i malati ammessi in ospedale rischiano la vita perché curati in ritardo. Ricorrere all'ospedalizzazione per tutti, nel 2020, non ha contribuito a salvare vite. Anzi, ha contribuito a rendere gli ospedali luoghi di contagio fra i peggiori.

VIDEO: IL SACRIFICIO DEGLI INNOCENTI di Silver Nervuti
Proponiamo ancora una volta il seguente video (durata: 4 minuti) dal titolo "Il sacrificio degli innocenti" dove Silver Nervuti spiega come mai, con la svolta totalitaria dell'Italia, lo Stato si è impossessato dei nostri figli e li immola al profitto delle multinazionali. Video utile per non dimenticare.


https://www.youtube.com/watch?v=Ft1OsSEppSs

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11 novembre 2023

3 - LO SPORT FA BENE... BASTA CHE NON SIA FITNESS
Ben distinta dallo sport, antico e nobile, l'attività fisica finalizzata solo all'estetica è senz'anima (perché nasce negli Usa degli anni '70 con scopi commerciali)
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2023

Ai miei pazienti maschi consiglio spesso di trovare del tempo, in settimana, per dedicarsi a uno sport; non importa quale, basta che non sia fitness. Perché? Qual è la differenza tra queste due attività, in apparenza così simili? Partiamo dall'etimologia. Sport è la parola inglese per l'italiano "diporto", cioè divertimento. E il divertimento, ci ricorda san Tommaso, è necessario all'anima come il riposo è necessario al corpo (summa theolologiae, II-II, q.168,a.2). Anche fitness è una parola inglese e ha, almeno per me, uno strano sapore. In italiano si può tradurre con "idoneità", che significa l'essere in possesso dei requisiti richiesti per una certa attività. Quale attività? L'attività fisica stessa? Ovviamente no. Sono i requisiti necessari per sopravvivere e riprodursi. In questo senso, infatti, Darwin usava questa parola: la lotta per la sopravvivenza porta alla sopravvivenza del più idoneo; a far che? A sopravvivere e riprodursi, appunto. In sostanza, chi pratica il fitness (cioè che è magro, muscoloso, allenato...) avrebbe i requisiti per lasciare un'impronta ecologica su questa terra e perpetuare il proprio patrimonio genetico. E gli altri? Eh...

ORIGINI NELL'ANTICA GRECIA
Quando e dove nasce lo sport? Beh, è facile. Nasce nella culla della nostra civiltà, in Grecia, con lo scopo di preservare e migliorare l'attitudine al combattimento degli uomini. Corsa, lancio del peso o del giavellotto... tutte queste cose che si mettevano in pratica, fuori dallo stadio, in guerra. Lo sport nasce quindi come preparazione a morire nel modo allora considerato più nobile: in guerra. La stessa cosa vale per gli sport medievali, che erano una riproposizione incruenta (e va bene meno cruenta) della guerra: il calcio fiorentino, il palio di Siena, la giostra del saracino, la quintana...
E gli sport moderni? Il rugby nacque nelle isole britanniche nel 1823; il calcio nello stesso luogo qualche anno più tardi, nel 1848; il polo idem, a cavallo tra Ottocento e Novecento, e via dicendo. Insomma gli sport inglesi nacquero nel periodo della cosiddetta pax britannica, quando cioè l'impero era stabilizzato e il problema era non far perdere ai giovani lo spirito guerresco che portato l'Inghilterra a dominare il mondo. Ecco, dunque, la nascita dello sport, un combattimento simulato che permette di tenere in allenamento il corpo e, soprattutto, le virtù guerresche.
Stessa cosa negli Usa: baseball 1846, football 1861, basket1891, pallavolo 1895.
Anche questi sport nacquero in un Paese guerriero in un periodo di pace.

IL FITNESS È UN'AMERICANATA
E il fitness? Quando nasce il fitness?
Gli storici della disciplina fanno risalire anche il fitness ai Greci, come per lo sport, ma credo non sia corretto: lo sport non aveva come scopo la "forma fisica", ma era funzionale ad altro (come abbiamo visto). Diciamo che il proto-fitness nasce durante l'epoca dei nazionalisti, quando la salute e l'aspetto estetico della popolazione era l'indice di superiorità raziale rispetto agli altri popoli.
Tuttavia, il fitness vero e proprio, che conosciamo noi, nasce negli Stati Uniti negli anni Settanta. Perché nasce, con quale scopo? Negli anni Settanta, in quella nazione, i medici cominciarono a riscontrare una serie di gravi problemi di salute legati al sovrappeso e all'obesità, in poche parole alla pessima alimentazione. Cosi, nel febbraio 1977, il governo pubblicò un documento intitolato Dietary goals for the United State (obbiettivi dietistici per gli Stati Uniti), nel quale i medici raccomandavano di mangiare meno e di ridurre le calorie individuando come responsabile del problema le soft drinks, le bevande zuccherate e gasate che gli americani consumavano in quantità spropositate.
Il documento suscitò aspre proteste da parte dell'industria alimentare nazionale e venne pubblicato nel dicembre dello stesso anno; tuttavia, la raccomandazione di rinunciare alle bevande zuccherate e gasate restò.
Quale fu la reazione delle industrie produttrici di fronte a queste accuse? Misero in etichetta immagini disgustose sulle conseguenze del consumo eccessivo di tali prodotti? Adottarono un codice di regolamentazione? Cambiarono ricetta? Nemmeno per idea. Idearono una strategia geniale: l'obesità non è causata dalle nostre bevande. Essa è data da un rapporto errato tra le calorie introdotte e quelle consumate. Gli americani non consumano troppe bevande gasate: sono pigri e si muovono poco. Vogliono dimagrire? Si muovano, consumino calorie, diventino fit, idonei.

IL CASO DEL DOTTOR COOPER
Ecco, quindi, nascere una nuova industria - quella del fitness - per riparare ai danni causati da un'altra industria - quella delle bevande gassate. Sarà un caso, ma è curioso che l'inventore dell'aerobica (cioè la forma più pura di fitness, movimento senza alcuno scopo se non bruciare calorie) sia il dottor Kenneth Cooper, collaboratore di pepsiCo. E come negare che la concorrente principale della pepsi sia lo sponsor principale delle olimpiadi moderne? In questo modo le  bevande zuccherate, da principale pericolo contro la salute e la forma fisica, hanno associato indelebilmente la loro immagine a corpi scolpiti a ragazzi giovani, sorridenti e attivi. Voilà.
Le conferme non mancano. Nel 2012 la Soda industry (il cartello delle aziende delle bevande gassate) ha pubblicato un documento sul New England journal of medicine, in risposta alla marea di ricerche che associavano questo prodotto a obesità e a problemi di salute, nel quale viene ripetuto il loro slogan preferito: l'obesità è un problema molto grave di salute pubblica; non c'è nessuna causa diretta tra il consumo di bevande zuccherate e l'obesità; è colpa degli americani perché non fanno attività fisica. Questa posizione è stata confermata da un'altra ricerca condotta nel 2018 in Spagna: i ricercatori hanno scoperto che la Coca Cola, nel paese iberico, tra il 2010 e il 2016 ha speso più di sei milioni di euro per finanziare direttamente o indirettamente (tramite fondazioni) medici e, in particolare, cardiologi. Lo scopo, ormai, lo abbiamo capito.

DIFFERENZE TRA SPORT E FITNESS
Un'ultima considerazione, di natura morale, sulle differenze tra sport e fitness.
Lo sport, lo abbiamo visto opera per migliorare la persona: accanto all'allenamento fisico propone una sfida, il rispetto delle regole e dell'avversario, la lealtà. Quello, cioè, che è stato chiamato  "spirito sportivo" o fair play. Oltre al corpo, allena lo spirito, stimolando lo sviluppo delle virtù cavalleresche: onore, lealtà cameratismo e coraggio in primis.
Il fitness, ha, invece, solo l'obbiettivo di produrre un corpo allenato ed esteticamente gradevole. Non ha alcun effetto sull'anima? Non è il suo obbiettivo, ma probabilmente qualche ricaduta morale ce l'ha. Ad esempio, identifica l'idoneità con l'estetica, tralasciando l'anima (la parte più importante dell'uomo); sviluppa il narcisismo, considerando che le palestre di fitness sono tappezzate di specchi.
Infine: chi pratica fitness vuole un corpo muscoloso, tonico e magari abbronzato... senza meritarselo. Cosa significa?
Guardiamo le fotografie del mare e confrontiamo le nostre con quelle dei nostri genitori e dei nostri nonni. Nelle nostre vediamo o persone obese o in sovrappeso; oppure (ben poche) fit, palestrate.
Nelle foto dei nostri nonni, invece, erano poche le persone in sovrappeso: la maggior parte erano in splendida forma, toniche, se non muscolose, abbronzate. Si allenavano in modo diverso? Non si allenavano: vivevano (e si nutrivano) in modo diverso. Senza schermi elettronici, con una vita sociale vivace, all'aria aperta, pieni di energia e di voglia di fare, avevano un corpo molto gradevole che era il risultato del loro stile di vita sano, gioioso, vivace. Non facevano attività fisica? Certo: giocavano a calcio, sciavano, camminavano in montagna; ma con lo scopo di divertirsi, di stare in compagnia con amici e familiari, non di bruciare calorie in eccesso e di dare una immagine fit di se stessi. Quello che vuole la maggior parte delle persone oggi è avere quel corpo senza una vita sana e attiva. Fare una cosa non per il suo fine naturale, ma per il vantaggio che essa porta: non è questa la radice del peccato? Mi spiego: come insegna san Tommaso, "la natura ha legato il piacere alle funzione necessarie per la vita dell'uomo"(II-II, q.142, a.1).
Pensiamo al cibo, il cui fine è il sostenimento; o al sesso, il cui fine è il bene del coniuge (significato unitivo) o della prole (significato procreativo). Quando l'uso del cibo e del sesso diventano peccato? Quando li cerchiamo non per il loro fine, ma per il piacere che danno in sovrappiù.
Non è così per il fitness? Ci dà un corpo tonico e allenato, ma non come conseguenza, giusto premio di una vita buone e sana, piuttosto come fine.

Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2023

4 - THE FAMILY PLAN, UN AVVINCENTE MIX TRA AZIONE, COMMEDIA E DRAMMA FAMILIARE
Il film permette ai figli di pensare in quali occasioni il loro padre è un eroe e fa interrogare i genitori sul modo di rapportarsi con i figli (VIDEO: trailer del film)
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 dicembre 2023

The Family Plan è un avvincente mix tra azione, commedia e dramma familiare che narra la vicenda del protagonista in bilico tra due mondi opposti. Il film, uscito il 15 dicembre in esclusiva su Apple TV+, riesce a divertire, ma anche a far riflettere sull'importanza della famiglia, quella naturale: marito, moglie, figli. Di questi tempi disastrati è un lusso che raramente ci possiamo permettere.
Il protagonista è interpretato magistralmente da Mark Wahlberg che ricordiamo in Father Stu, un bel film del 2022, basato sulla storia vera di un alcolista, famiglia sfasciata, niente studi, che si innamora di una ragazza messicana. Lei è cattolicissima e lui, ateo, per amor suo, accetta il battesimo nella Chiesa Cattolica. Poi si converte davvero al punto che sente la vocazione al sacerdozio. In Father Stu Mark Wahlberg aveva recitato con Mel Gibson e sempre con lui, che sarà regista e produttore, vestirà i panni di un pilota incaricato di trasportare un prigioniero in attesa del processo nel film tutta adrenalina di prossima uscita Flight Risk (sesto film diretto da Mel Gibson dopo i capolavori L'uomo senza volto, Braveheart, La passione di Cristo, Apocalypto e La battaglia di Hacksaw Ridge).
In The Family Plan Mark Wahlberg interpreta Dan Morgan, un uomo apparentemente normale con una famiglia amorevole, ma con un oscuro passato di assassino d'élite. La narrazione prende una svolta intensa quando i nemici del passato di Dan lo rintracciano, costringendolo a intraprendere un viaggio improvvisato attraverso gli Stati Uniti fino a Las Vegas con la sua ignara famiglia al seguito. La moglie, interpretata dalla splendida Michelle Monaghan, la figlia adolescente arrabbiata, il figlio gamer professionista - che, tale padre tale figlio, compie le sue mirabolanti imprese in segreto - e l'adorabile bambino di dieci mesi. Quest'ultimo è l'unico che vede subito chi è in realtà il padre e questo è all'origine delle scene più esilaranti come quando per respingere l'attacco di una moto che si è affiancata all'auto del protagonista, il bebè gli passa il biberon come fosse un'arma pericolosissima.
Mark Wahlberg offre una performance convincente, passando agilmente da momenti di intensità e azione a scene più intime con la sua famiglia. I due adolescenti con i loro problemi legati all'adolescenza mettono in luce le difficoltà dei genitori di oggi. Bellissima la scena di quando il padre butta dal finestrino tutti i cellulari per poter vivere la vacanza che è appena iniziata in santa pace con la famiglia. Quale genitore non si sente provocato da questa radicale soluzione? Oppure almeno da una forte restrizione per questi aggeggi tecnologici che anziché darci più amici e più socialità spesso sono di ostacolo alle famiglie e agli amici per vivere relazioni sane o almeno normali.
La sceneggiatura ben scritta di The Family Plan gioca con successo con la dualità del personaggio di Dan, svelando gradualmente il suo passato mentre cerca di proteggere il suo nucleo familiare. Il tema di sottofondo è la bellezza della famiglia e l'importanza dei legami familiari rendendo la storia avvincente. Interessante anche la sottolineatura nel finale che in ogni famiglia esiste una mela marcia da cui prendere le distanze per non farsi trascinare nella depravazione.
The Family Plan permette ai figli di pensare in quali occasioni il loro padre è, anche lui, un eroe. E fa interrogare i genitori sul corretto modo di rapportarsi con i figli. Insomma la visione del film garantisce una serata piacevole per tutta la famiglia appassionando gli spettatori dall'inizio alla fine.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 2 minuti) si può vedere il trailer di "The Family Plan".
Per vedere "The Family Plan" su Apple TV+, clicca qui!


https://www.youtube.com/watch?v=BUANdC8xRTA

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30 dicembre 2023

5 - COME SALVARE I FIGLI DALLO SMARTPHONE
Lo smartphone è una grave forma di ozio: si deve tornare a pensare alla salvezza dell'anima non abbandonando i figli in balia di uno strumento non neutro qual è il cellulare (e dando il buon esempio imponendoci ferree regole)
Autore: Cristina Siccardi - Fonte: Corrispondenza Romana, 13 dicembre 2023

Smartphone e social media, come ben sappiamo, hanno radicalmente cambiato la vita di tutte le persone, di qualsiasi età e di qualsiasi ceto sociale. Tutti gli strumenti, più o meno complessi, hanno mutato nel corso della storia la vita quotidiana delle persone e il loro impatto è stato positivo o negativo a seconda del loro utilizzo, ovvero dal criterio con cui ciascun individuo se ne serve. Ma quelli di cui stiamo parlando hanno un impatto massificante di straordinario potere persuasivo, plagiatorio, psicologico.
La commercializzazione degli smartphone è iniziata nel 1993 con IBM e, in breve tempo, essi hanno riempito i mercati mondiali con migliaia di modelli e centinaia di milioni di utenti. Il primo social network della storia corrisponde al sito americano SixDegrees, lanciato a New York nel 1997 dal suo fondatore Andrew Weinreich. I social media hanno rappresentato un cambiamento nel modo in cui le persone leggono, apprendono e condividono, senza sosta, informazioni e contenuti. Con i social media è mutato completamente il modello di comunicazione tipico dei media tradizionali (radio, stampa, televisione): il messaggio non è più "da uno a molti" (monodirezionale, dal broadcaster al suo pubblico), ma "da molti a uno", con elevato livello di interazione. L'informazione si è "democratizzata" in un liberalismo esasperato, trasformando i soggetti da meri fruitori a editori di se stessi, interconnettendosi con altri soggetti monitorati in tutto il mondo attraverso colossi mediatici come Facebook, LinkedIn, Instagram, TikTok.
Oggi esiste una vera e propria bulimia nell'uso degli smartphone e dei socialmedia. Attività e virtù come autodisciplina e temperanza, moderazione e sobrietà, equilibrio, stabilità, prudenza e armonia, concentrazione e silenzio sono andate smarrite nella civiltà edonistica, del "mordi e fuggi", dell'insaziabilità su più fronti, della frenesia, dell'ansia, del frastuono acustico e visivo, dove la massa di informazioni si schianta con la vuotezza di principi e valori giusti e sani.
Fatto incontestabile è che chat e videogiochi (solitari o in comunità web) creano enorme dipendenza: soggiogano, ingabbiano mente e spirito, sviluppando problemi e condizionamenti a dismisura. Essere interconnessi continuamente, da quando ci si sveglia a quando si va a dormire, significa avere l'attenzione degli innumerevoli "amici" sui propri pensieri, sentimenti, intenzioni.

UN BILANCIO ALLA LUCE DELLA FEDE CATTOLICA
Dopo più di vent'anni di uso incessante di questi dispositivi e di questo genere di comunicazione, quale bilancio si può dare? Il tema non può certo essere esaurito in questo contesto. Tuttavia, possiamo considerarne le conseguenze e, allo stesso tempo, alla luce della fede cattolica e quindi delle sane virtù, possiamo risparmiare figli e nipoti da squilibri, fobie e schizofrenie che provengono dall'uso paranoico e smodato di tali strumenti.
Tanto è forte il collegamento fra lo smartphone e i comportamenti adolescenziali che la professoressa Jean M. Twenge, docente di psicologia della San Diego State University, ha definito questa generazione «iGen», generazione «iphone». Da venticinque anni Twenge studia i trend generazionali. Ha lavorato sul senso di ribellione dei Baby boomer (i nati dal 1945 al 1965), sul desiderio di indipendenza della generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980), sull'individualismo dei Millennials (nati fra il 1980 e il 2000) e confrontando i dati comportamentali di queste ultime generazioni, con famiglie spesso dissestate, ha rilevato che gli adolescenti di oggi sono più depressi, passano il tempo con i coetanei soprattutto sui telefonini, sono soli, vulnerabili, con precaria salute mentale e a maggior rischio di suicidio. Essi sono molto fragili, benché spavaldi. I tassi della depressione e di suicidio sono aumentati dal 2011 ad oggi. Gran parte della crisi del deterioramento della salute mentale può essere ricondotto all'uso smodato dei telefonini. L'ascesa dello smartphone e dei social media hanno causato un terremoto di proporzioni mai viste. I dispositivi che si sono messi nelle mani dei giovanissimi stanno avendo profondi effetti sulla loro vita, rendendoli seriamente infelici. Ormai ci sono genitori che consegnano, senza alcuno scrupolo, gli smartphone a bimbi di 2/3 anni e tale deplorevole scelta avrà ripercussioni spaventose.
In media, la maggior parte degli adolescenti trascorre dalle 3 alle 6 ore al giorno con lo smartphone, utilizzato anche a scuola durante le lezioni. Tutto questo tempo passato sugli schermi interconnessi creano dipendenza, isolamento, insorgenza di malattie cardiovascolari, disfunzioni metaboliche e diabete, come ha evidenziato in rete l'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Inoltre, una scarsa qualità del sonno favorisce stanchezza, depressione, abuso di alcol, disturbi ossessivo-compulsivi, abuso di sostanze, atti di autolesionismo, risultati scolastici scadenti... considerando anche il fatto che l'uso eccessivo dello smartphone può determinare un approccio superficiale all'apprendimento e induce alla distrazione e ad un notevole abbassamento della concentrazione.

L'OZIOSITÀ INSEGNA OGNI SORTA DI VIZI
Ogni anno, quasi 46.000 bambini e adolescenti tra i 10 e i 19 anni si tolgono la vita in tutto il mondo, circa uno ogni undici minuti. Il suicidio è la quinta causa di morte più comune fra i giovanissimi e la quarta nella fascia d'età dai 15 ai 19 anni (la terza se si considerano solo le ragazze).
Sono tra 3.700 e 4.000 le persone che ogni anno si tolgono la vita in Italia (dati Istat relativi al periodo 2016-2020). Il dato riferito ai giovani fra i 15 e i 34 anni registrato nello stesso periodo è in media di circa 500 suicidi. Come è noto le varie forme di violenza psicologica e fisica fra i minori è cresciuta in modo esponenziale (baby gang) grazie anche all'imperversare sui dispostivi tecnologici delle infauste canzoni dei rapper, che mietono odio, ribellione, sesso, droga, alcol e violenza in genere.
Poiché le autorità non pongono freno ("per il bene" delle lobby economiche di potere e della "democrazia") a questo tsunami, che miete vittime e si beffa di tutti, di piccoli e grandi, è bene recuperare le medicine dell'educazione cattolica, così stanno facendo le famiglie rimaste fedeli al Vangelo. Esse fanno riferimento all'eccellente tradizione pedagogica della Chiesa e vanno a leggersi, grazie ai suggerimenti di sacerdoti e intellettuali, ciò che lasciano scritto i santi maestri educatori. Poiché il tempo è preziosissimo (è breve e non torna più), è fondamentale impiegarlo al meglio, non certo nell'ozio (lo smartphone non è forse una grave forma di ozio?). Scriveva san Giovanni Bosco: «Dalle letture [oggi si potrebbe anche aggiungere: dalle chat] dipende moltissime volte la scelta definitiva (per i giovanetti) che fanno del bene o del male» per sé e gli altri, quindi: «Fuggite l'ozio e gli oziosi, lavorate secondo il vostro stato; quando siete disoccupati siete in gravissimo pericolo di cadere in peccato. L'oziosità̀ insegna ogni sorta di vizi» e «Abborrite le malvagie letture più che la peste». Per conservare la purezza, la Chiesa preconciliare, che lottava contro liberalismo, socialismo e spirito rivoluzionario, esortava a tenere lontano le cattive letture e la cattiva cinematografia, veleno per le anime. Affermava ancora don Bosco: «La felicità non si trova in questo mondo, se non si ha la pace con Dio; se [la gente] è così malcontenta ed arrabbiata, è perché́ non pensa alla salute dell'anima sua». [...]

DOSSIER "CELLULARE? NO, GRAZIE!"
L'illusione di essere connessi

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Fonte: Corrispondenza Romana, 13 dicembre 2023

6 - COME LA MOGLIE DI SCHUMACHER PROTEGGE IL MARITO DAL GOSSIP E DALL'EUTANASIA
Dall'incidente di 10 anni fa Corinna non va a feste o ritrovi perché chiunque la incontra vuole sapere delle condizioni del marito e perché rifiuta l'eutanasia (nella permissiva Svizzera dove abitano)
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone, 30 dicembre 2023

Se nel mondo la Ferrari è il mito che è, lo si deve anche a Michael Schumacher, campionissimo avvolto da 10 anni - giorno in cui sfiorò la morte cadendo dagli sci - da due parole-chiave: riserbo e amore. Va detto che il rigoroso silenzio sul suo reale stato di salute si è imposto anche per combattere il triste sciacallaggio che lo ha toccato da vicino: dai paparazzi pizzicati a utilizzare droni pur di spiare dai vetri della sua villa il pilota in coma, al furto delle sue cartelle cliniche con annessa richiesta di denaro ai giornali (finì malissimo: nel 2014 il sospettato del furto si impiccherà in una cella del carcere di Zurigo). Quanto all'amore, non è difficile vedere quanto sia ancora vivo: dagli articoli che accompagnano ogni piccola novità sui suoi progressi, ai tanti tifosi (italiani in primis) che ricordano con somma riconoscenza le sue imprese (dei 7 titoli mondiali conquistati dal pilota tedesco, cinque sono stati vinti con la Ferrari).

NON É PRIVACY, É AMORE
Nella dolorosa vicenda, la figura più luminosa è senz'altro quella di Corinna, 54enne moglie di Michael, che da anni protegge e segue il marito in modo commovente. Solitamente parca di dichiarazioni, nel settembre scorso, in occasione dell'uscita su Netflix dell'unico documentario su Schumacher autorizzato dalla famiglia, ha rilasciato parole fortissime: «Ora seguiamo le cure, vogliamo che Michael senta che la famiglia è unita». Per poi aggiungere: «É evidente che mi manca, tutti sentiamo la sua mancanza, ma Michael c'è, è diverso ma c'è. E questo ci dà forza. Non avrei mai pensato che potesse succedergli qualcosa, ma è importante che lui continui ad assaporare la sua vita privata per come possibile. Lui ci ha sempre protetti, ora sta a noi farlo». Una manifestazione d'amore pregna di forza e di gratitudine.
Dietro i gesti di Corinna Betsch, spesso non compresi fino in fondo, non c'è dunque solo la fredda tutela della privacy ostentata dai giornali e dalle interviste degli addetti ai lavori («Da dieci anni Corinna non va a feste o occasioni pubbliche perché chiunque la incontri vuole sapere delle condizioni del marito e lei ha alzato una barriera a protezione della privacy», così Eddie Jordan, il team manager che lanciò Schumacher in Formula 1, in un'intervista del gennaio scorso). Parlare di privacy, come fa la quasi totalità dei commentatori, oltre che riduttivo è ingiusto e ingeneroso. La volontà di allestire a mo' di ospedale la villa di famiglia (a Gland, sul lago di Ginevra) al fine di permettere ad uno staff medico di fornire al marito cure quotidiane racconta molto dello smisurato e incrollabile affetto con cui la signora Schumacher circonda il marito, ma soprattutto dice della volontà di continuare a vivere ogni attimo insieme, nella buona come nella cattiva sorte. Poco importa che le cure per il marito costino 10 milioni di euro l'anno (così sono state quantificate le spese mediche): pur di farlo accedere alle terapie più avanzate, come una manager premurosa Corinna ha prima messo in vendita l'aereo privato del marito e poi la villa a Trusil, in Norvegia. In quella Svizzera che la martellante propaganda radicale impone di associare all'eutanasia e alla morte, nulla dev'essere lasciato intentato in termini di cura e di vita.

PIETRA D'INCIAMPO
L'unico che sembra aver compreso a fondo il nuovo contesto umano suscitato dall'incidente del pilota tedesco, calandosi nell'inedita realtà famigliare con assoluta normalità è Jean Todt, direttore generale della Scuderia Ferrari e amico fraterno di Schumi. «Non posso dire che Michael mi manca perché lui, alla fine, c'è», ha dichiarato Todt al quotidiano francese L'Equipe. Tra i pochissimi a entrare regolarmente a casa del sette volte campione del mondo, Todt ha aggiunto: «Oggi è uno Schumacher diverso ed è magnificamente sostenuto da moglie e figli che lo proteggono. La sua vita è cambiata e io ho il grande privilegio di poter condividere alcuni momenti insieme a lui. Questo è tutto quello che c'è da dire». A proposito di candidi momenti di condivisione, rumors parlano di gare di Formula 1 guardate alla tv dai due amici sul divano di casa Schumacher.
Ed è proprio in questo "esserci in modo diverso" che si gioca la comprensione che oggi il mondo ha del campione di automobilismo. Costringendo tutti a uno sforzo sul senso profondo della vita, Michael Schumacher, inutile negarlo, oggi è una pietra d'inciampo. Ma è proprio questo tipo di riflessione che non può più chiedersi al dibattito odierno, impoverito e umiliato da un relativismo dilagante. Ecco allora l'imbarazzo dei cronisti. Palpabile. Coglie il punto Mario Donnini con un editoriale su Autosprint. «C'è e non c'è, è vivo ma non interagisce», scrive lo scrittore e giornalista, «non interviene, non può farlo [...] se ne ragiona molto spesso a sproposito, giocando a indovinare invece di rispettare, a carpire al posto di capire». Ma è il passaggio successivo quello in cui Donnini tocca il nervo scoperto del nostro tempo: «E così nel mondo iperconnesso h24, in cui chiunque sa e si racconta come vuole, uno tra gli uomini più conosciuti del mondo diventa improvvisamente impercepibile. Svanisce, si decontestualizza, perde domicilio mediatico per scelta dei suoi cari, i quali ritengono di non dover far altro che curarlo, custodirlo e proteggerlo».
Si può rimanere vivi (continuando a stupire e a vincere) in molti modi. Oggi Michael, Corinna e i loro due figli sono protagonisti di un secondo tempo della gara che va raccontato, perché è una lezione di vita impagabile, quella della vittoria dell'amore sul dolore. «Forte come la morte è l'amore»: quanto si legge nel Cantico dei Cantici lo vivono ancora oggi due innamorati in una villa di Gland adattata a ospedale. Sempre e per sempre.

Fonte: Sito del Timone, 30 dicembre 2023

7 - OMELIA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO B (Mt 2,1-12)
Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Oggi è la solennità dell'Epifania del Signore. La parola "epifania" significa manifestazione. Con questa festa, infatti, vogliamo ricordare la manifestazione di Gesù a tutti gli uomini di ogni nazione, rappresentati dai Magi, giunti da lontani Paesi dell'Oriente, attratti da una misteriosa stella apparsa all'orizzonte.
Il tema dominante di questa celebrazione è quello della fede. La luce della fede è come la luce di quella stella che guida il nostro cammino incontro al Signore. Come i Magi, anche noi dobbiamo farci guidare da questa luce e dobbiamo superare tutti gli ostacoli che continuamente incontriamo. Manifestare la fede vuol dire essere disposti ad andare anche contro corrente, come hanno fatto i Magi. Essi intrapresero una avventura unica, forse esponendosi all'incomprensione e al sarcasmo dei loro concittadini. Essi però non si lasciarono condizionare da questa difficoltà e assecondarono il loro ardente desiderio.
La festa dell'Epifania ci deve spingere ad approfondire sempre di più la nostra fede e la nostra conoscenza di Dio. Non possiamo accontentarci della nostra mediocrità. Anche noi dobbiamo metterci alla ricerca del Signore, dobbiamo irrobustire la nostra fede. La fede è un dono di Dio, certamente, ma qualcosa dobbiamo e possiamo fare anche noi. Innanzitutto dobbiamo pregare di più. La fede è come una lucerna che dobbiamo costantemente alimentare con la nostra preghiera. Come questa si affievolisce, anche la fede si indebolisce.
In secondo luogo, dobbiamo approfondire la nostra fede studiando con diligenza il Catechismo. Il Catechismo – ricordiamocelo sempre – non va imparato solo da bambini, in preparazione della Prima Comunione, ma deve essere approfondito per tutta la vita. Riprendiamo in mano questo libro e riscopriremo tante verità forse dimenticate.
Se saremo saldi nella fede, anche noi potremo manifestare Cristo al mondo ed essere così come la stella che ha guidato i Magi a Betlemme. Non si tratta di portare il Vangelo solo ai pagani, ma di riportarlo anche a quelli – e oggi sono molti – che lo hanno dimenticato. Giustamente, il papa Giovanni Paolo II parlava di nuova evangelizzazione della nostra società, per farci comprendere che ai nostri giorni siamo tornati ad essere pagani.
Tutti i popoli sono chiamati a far parte della Chiesa. Nella prima lettura si leggono queste parole del profeta Isaia: «Cammineranno le genti alla tua luce» (Is 60,3). Il profeta si riferiva a Gerusalemme, ma, in senso pieno, queste parole si riferiscono alla Chiesa, chiamata a radunare tutti i popoli del mondo nell'unità di un'unica fede. Per questo motivo, Isaia dice: «Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te [...] portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore» (Is 60,4-6).
Queste parole si sono verificate pienamente proprio alla visita dei Magi. Essi rappresentavano come la primizia della Redenzione. Essi «aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,11). L'oro, l'incenso e la mirra furono doni profetici, con un profondo significato spirituale. L'oro simboleggiava la regalità di Gesù; l'incenso la sua divinità; mentre la mirra preannunciava la sua sofferenza e morte in croce. Anche noi vogliamo offrire a Gesù questi tre doni: l'oro della nostra carità, l'incenso della nostra preghiera, e la mirra dei nostri sacrifici quotidiani. Ecco i doni che Gesù ricerca da noi. Potremo dire di non aver fatto passare invano questo Natale se saremo riusciti ad offrire tutto questo.
«Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Anche noi, se ci faremo guidare da questa stella, proveremo una grandissima gioia, l'unica vera gioia. Come i Magi, anche noi troveremo Gesù «con Maria sua Madre» (Mt 2,11). Dove c'è Gesù vi è sempre la Madonna. Non possiamo dividere la Madre dal Figlio. È più facile – affermava un Santo – dividere la luce dal sole, che separare Gesù da Maria. La presenza della devozione mariana è la migliore garanzia di una fede viva in Gesù Salvatore del mondo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

8 - OMELIA BATTESIMO DEL SIGNORE - ANNO B (Mc 1,7-11)
Tu sei il Figlio mio, l'amato
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Oggi celebriamo la festa del Battesimo del Signore. Questa festa è stata collocata dopo quella dell'Epifania perché è sempre stata considerata come la manifestazione di Gesù, Figlio prediletto del Padre. Dopo aver ricevuto il Battesimo, Gesù «vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba» (Mc 1,10). Inoltre venne una voce dal cielo, la voce del Padre, che disse: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,11).
Ciò che sorprende è come mai il Figlio di Dio abbia voluto ricevere il Battesimo da Giovanni. Non furono certamente le acque a santificare Gesù, ma, al contrario, fu Lui a santificarle e a renderle poi materia del Sacramento del Battesimo. Gesù si assoggettò al Battesimo di Giovanni per dare a noi un esempio di umiltà e per farci comprendere che siamo noi ad aver estremo bisogno di purificazione. Egli è stato come un genitore che, per invogliare il figlio a prendere una medicina amara, per primo l'ha assunta.
Vi è inoltre una grande differenza tra il Battesimo di Giovanni e il Sacramento istituito da Gesù. Il primo fu solamente un segno di penitenza che richiamava il fedele all'impegno nel mutare condotta di vita. Esso era una gesto simbolico di umiltà da parte dell'uomo che si riconosceva peccatore e prova di un grande desiderio di purificazione e di rinnovamento. Il Battesimo di Gesù, invece, è il Sacramento che ci toglie il peccato originale, il peccato di Adamo ed Eva che abbiamo ereditato dai nostri Progenitori, ed è il Sacramento che ci rende figli adottivi di Dio.
Quando abbiamo ricevuto il Battesimo si sono realizzate anche per noi quelle parole che abbiamo ascoltato all'inizio: siamo divenuti figli di Dio - figli adottivi, mentre Gesù è della stessa natura del Padre - e su di noi è sceso lo Spirito Santo.
Per istituire questo Sacramento, Gesù si è servito del segno dell'acqua. Come l'acqua lava esteriormente il nostro corpo, così la grazia di Dio, per mezzo di quel segno sensibile, lava interiormente la nostra anima. Dio si serve sempre di segni perché noi abbiamo bisogno di cose sensibili per comprendere le realtà spirituali.
Nel giorno del nostro Battesimo, per bocca dei nostri genitori e dei nostri padrini e madrine, noi abbiamo preso degli impegni molto importanti davanti a Dio. Abbiamo infatti promesso solennemente di rinunciare al peccato e di credere fermamente a tutto quello che la Chiesa ci propone a credere.
Di tanto in tanto è cosa molto buona rinnovare queste promesse battesimali, con convinzione sempre maggiore. Alcuni non comprendono l'importanza di far battezzare i bambini, dicendo che noi non possiamo decidere per loro e che bisogna aspettare che siano loro stessi a scegliere. A questa obiezione si risponde abbastanza facilmente, facendo comprendere che sarebbe veramente stolto quel genitore che non chiamasse il medico quando il figlio ancora piccolo è malato, dicendo che bisogna aspettare che il figlio cresca in modo che possa decidere da solo. Se non chiama il medico, il figlio muore. Orbene, il peccato originale è ben più grave di una semplice malattia, ed è pertanto molto importante far battezzare al più presto i bambini. La Chiesa, nella sua saggezza, raccomanda che siano battezzati nelle prime settimane di vita, perché troppo grande è il dono che ricevono, un dono che li trasforma interiormente rendendoli figli di Dio.
Si racconta che quando san Leonida, che fu un Martire dei primi secoli, fece battezzare il suo primogenito, subito dopo il rito prese il bambino tra le braccia e lo baciò sul cuore, dicendo che Dio, grazie al Battesimo, abitava ora in quel piccolo bambino. Ed è vero. Quando, dopo il Battesimo, i genitori stringono tra le braccia il loro bambino, essi possono essere certi che Dio abita in lui come in un tempio.
Ogni battezzato è tempio di Dio. Questa presenza è una delle più belle realtà della vita umana qui su questa terra. Il pensiero che Dio è dentro di noi deve rafforzarci nel momento della prova e consolarci nell'ora del dolore. Questa presenza silenziosa ma reale è stabile e solo il peccato la può purtroppo distruggere. Infatti, come sappiamo dal Catechismo, il peccato mortale allontana Dio dal nostro cuore e noi diventiamo preda del demonio.
Questa festa del Battesimo ci ricorda pertanto la necessità di vivere sempre come figli di Dio, di custodire gelosamente questa dolce presenza di Dio in noi, e di ricorrere al più presto alla Confessione se ci cogliesse la sventura di perdere il Signore con il peccato mortale.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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