BastaBugie n�861 del 21 febbraio 2024

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1 IL MALE NON E' FRUTTO DELLA TROPPA LIBERTA'
Più la società sembra andare a rotoli (violenze, stupri, rapine, ecc.) più si vorrebbero leggi restrittive, severità nell'applicazione e più divieti... ma non è la soluzione
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: Provita & Famiglia
2 MEMENTO MORI, RICORDATI CHE DEVI MORIRE
Oggi pochi vivono pensando ai novissimi, ossia morte, giudizio, Inferno e Paradiso, perché per molti, anche tra i cristiani praticanti, l'esistenza terrena è l'unico orizzonte
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: Il Timone
3 MUORE VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA, ESCLUSO DALLA SUCCESSIONE PER IL SUO MATRIMONIO
Re Umberto II (che donò la Sindone alla Chiesa) ribadì la legge salica e le norme di casa Savoia stabilendo che la linea di successione sarebbe passata al cugino Amedeo e ora al figlio Aimone (secondo la profezia di padre Pio)
Autore: Stefano Chiappalone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 I CELLULARI FAVORISCONO IL RICORSO AL SEXTING
In aumento i ricatti e le minacce nei confronti di ragazzine di diffondere le loro foto senza vestiti, sia reali sia create tramite l'intelligenza artificiale
Autore: Alessia Battini - Fonte: Provita & Famiglia
5 CONCORDATO DEL 1984: QUARANT'ANNI DI SCRISTIANIZZAZIONE
Per i Patti Lateranensi del 1929 il cattolicesimo era la sola religione dello Stato, ma con Bettino Craxi arrivò l'uguaglianza delle religioni, l'ateismo di Stato e la più grande moschea d'Europa a Roma
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radio Roma Libera
6 LA MADONNA DEL CONFORTO: LUCE IN TEMPI DI ATTACCO ALLA FEDE
Un'immagine miracolosa di Maria rianima gli aretini durante l'occupazione francese e infonderà coraggio per liberare la Toscana al grido di ''Viva Maria'' (VIDEO: Premio Viva Maria alla Bussola Quotidiana)
Autore: Stefano Chiappalone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA II DOM. DI QUARESIMA - ANNO B (Mc 9,2-10)
Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL MALE NON E' FRUTTO DELLA TROPPA LIBERTA'
Più la società sembra andare a rotoli (violenze, stupri, rapine, ecc.) più si vorrebbero leggi restrittive, severità nell'applicazione e più divieti... ma non è la soluzione
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: Provita & Famiglia, gennaio 2024

C'è una tendenza chiara in questi ultimi anni: regole, divieti, sorveglianza scrupolosa anche grazie a volonterosi delatori. Togliamo la patente, vietiamo il barbecue, l'uso dell'automobile, censura contro le fake-news e i "discorsi di odio", denunciamo pubblicamente gli eserciti che non emettono lo scontrino, ci vogliono più leggi, regole più severe e applicazione più stringente.
Eppure, più leggi ci sono, più la società sembra andare a rotoli: violenze, stupri, aggressioni, rapine, città sporche e sempre meno sicure. La soluzione proposta è come omeopatica: più leggi, più severità, più divieti! Questo atteggiamento mette d'accordo tutti: destra e sinistra.
A tutti sarà capitato di sentire, a conclusione di un discorso sul degrado della società moderna, la frase: "C'è troppa libertà!". Sarà vero? Dubito fortemente e credo che questa tendenza indichi una progressiva "protestantizzazione" della nostra società tradizionalmente cattolica. Protestantizzazione che preluda alla sua dissoluzione, ovviamente. Mi spiego.
Il punto di divaricazione tra cattolicesimo e protestantesimo è teologico, ma anche antropologico. Il protestantesimo ritiene che, dopo il peccato originale, l'uomo sia irrimediabilmente corrotto; che non possa fare il bene, ma solo il male. L'unico modo per fargli fare il bene è costringerlo con una serie di regole a fare il bene; limitare quindi sua libertà (di fare il male).
Il cattolicesimo, invece, insegna che, l'uomo, dopo il peccato originale, è semplicemente inclinato al male. Cosa significa? Significa che "io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Rm 7,19). Compio il male, ma non voglio: io voglio il bene. Il problema è che (a causa del peccato originale) è più facile fare il male che il bene; non è però impossibile fare il bene e, soprattutto, io voglio il bene, tendo al bene, sono orientato al bene.
Cosa mi impedisce di fare il bene che voglio? Il peccato. Il peccato non è dunque, come ritengono i protestanti, il frutto della libertà; ma al contrario, di una libertà limitata dal peccato. Infatti "chi fa il peccato è schiavo", non libero. Se fossimo liberi dal peccato non faremmo tanto male, ma tanto bene; più libertà, meno male.
Quindi "c'è troppa libertà" lasciamolo ai protestanti; semmai, ce n'è troppo poca, di vera libertà.
Un'altra riflessione: senza libertà le nostre azioni non hanno un valore morale, sia nel male che nel bene.
Partiamo dal male. Perché sia un peccato grave, occorrono tre condizioni:
1) materia grave (violazione dei dieci comandamenti);
2) piena avvertenza (cioè devo sapere che sto per fare un azione moralmente malvagia);
3) deliberato consenso (cioè devo dare la mia libera adesione al male).
La gravità di un peccato mortale dipende dal grado di libertà: più sono libero, più sono responsabile, e, quindi, colpevole. Meno sono libero (a causa di vizi, compulsioni o altri problemi psicologici) e meno sono responsabile e, quindi, colpevole. Un po' come la differenza tra un omicidio colposo (non voluto) e doloroso (cioè liberamente voluto): la pena è molto diversa.
Questa cosa vale anche per il bene. Se io esco di casa e incontro una persona bisognosa, gli do qualche euro perché possa sostenersi; faccio, cioè, un'opera di misericordia corporale e ne guadagno un merito che spero di poter far valere nel giorno del giudizio particolare. Mettiamo invece il caso che quel bisognoso mi punti un coltello alla gola; io farei lo stesso gesto: aprirei il portafogli e gli darei qualche euro. Ma in quel caso non sarebbe un gesto di carità, perché io non sarei libero. Non avrei avuto la libertà di scegliere se compiere o meno quel gesto. Venendo meno la libertà, non avrei guadagnato alcun merito. La libertà, dunque, è necessaria per la vita morale. Infine: se Gesù stesso si è presentato come liberatore ("se il Figlio vi farà liberi, siete liberi davvero", Gv 8,36), può essere la libertà un male? Può il Figlio, il Logos incarnato, volere il nostro male?
Impariamo, quindi, ad apprezzare la libertà che, in fondo, è il fine della nostra vita; e cerchiamo di fare attenzione, che la superficialità dei discorsi non ci faccia perdere di vista i fondamenti della nostra esistenza. "libertà va cercando, chè si cara, come sa chi per lei la vita rifiuta", ha scritto Dante, non solo poeta, ma profondo teologo: cerchiamo di ricordarcene.

Fonte: Provita & Famiglia, gennaio 2024

2 - MEMENTO MORI, RICORDATI CHE DEVI MORIRE
Oggi pochi vivono pensando ai novissimi, ossia morte, giudizio, Inferno e Paradiso, perché per molti, anche tra i cristiani praticanti, l'esistenza terrena è l'unico orizzonte
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: Il Timone, novembre 2019

Nel terzo capitolo della Regola di San Benedetto, un lungo elenco di "strumenti delle buone opere", incappiamo in alcune raccomandazioni demodé: "temere il giorno del giudizio, provar terrore dell'Inferno, rivolgere ogni desiderio dello spirito alla vita Eterna, avere ogni giorno presente dinanzi agli occhi la morte"(RB,3,44-47). Morte, giudizio, Inferno, Paradiso: i novissimi devono essere una realtà viva, sempre presente alla memoria e all'attenzione del monaco. La nostra cultura è talmente decaduta da non saper far altro che scongiuri di fronte a un'affermazione del genere, o scuotere la testa per una concezione così "negativa" della vita. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: nessuno pensa alle conseguenze delle proprie azioni, tanto meno a quelle eterne. Si vive in una de-responsabilizzazione pressoché ordinaria, ritmata dai soliti ritornelli: "lo fanno tutti", "bisogna stare al mondo", "mi hanno detto di farlo", "ho obbedito".
E invece San Benedetto, raccogliendo l'insegnamento di Nostro Signore e la tradizione monastica a lui precedente, taglia corto: ricordati che dovrai rendere conto di ogni tua azione, di ogni tua parola, di ogni tuo pensiero volontario. Ricordati che l'inferno c'è, e non è così tanto scontato che tu non ci finisca dentro. Per l'eternità. Temilo e stanne lontano. Ricordati che questa vita passa e che, anche in ciò che essa ha di buono e bello, non è che un pallido riflesso instabile delle vita vera. Ricordati che la morta verrà di certo, molto prima di quanto tu pensi; non fare il fenomeno: per quanto tu sia in salute, abbia denaro conosca le persone che contano, abbia potere e intelligenza, potresti non arrivare a domani.
Queste verità non sono né dure, né tristi: sono verità. Riflettervi spesso e conformare la propria vita al vero è semplicemente saggezza; rimuoverle e deriderle, stoltezza. Quando queste verità penetrano nel cuore, dopo aver oltrepassato la spessa membrana di insipienza e inavvertenza, esse diventano anche grande fonte di consolazione. Perché questo giudice al quale dovremo rispondere di ogni cosa è lo stesso che si è immolato per noi; ed è veramente giusto: non lascerà che l'empietà trionfi, che l'iniquità possa perdurare, che colui che persevera nel male abbia un'eternità di gaudio. Perché quando si impara a temere l'inferno, viene meno la paura di tante altre cose di questa vita, che invece sono fonte di ansia per gli uomini. Perché quando si desidera la vita eterna, si apprezzano le cose di quaggiù per quelle che sono, e si acquista una grande libertà interiore.  Perché quando pensiamo che la morte è accanto a noi, le pene di questa vita ci appaiono momentanee le preoccupazioni ridicole, la scalea dei valori nel giusto ordine. Ricordati perciò di "vigilare in ogni momento" sulla tua "condotta di vita" (RB, 3,48): ogni attimo pesa quanto l'eternità. Vivi sempre consapevole "che Dio ci vede in ogni luogo" (RB, 3,48): se quello sguardo diviene inquietante o consolante, dipende da te.
Bisogna notare come San Benedetto esorti a temere il giudizio e l'inferno, non la morte; nel contempo, bisogna pensare anche alla morte. Perché? Ce lo spiega questo squisito racconto tratto da Vitae Patrum: "Raccontano di un anziano che morì a Scete, e i fratelli si radunarono attorno al suo letto, lo vestirono e cominciarono a piangere. Egli aprì gli occhi e rise, e così fece una seconda e una terza volta. I fratelli allora lo supplicarono: "Dicci, padre, perché noi piangiamo e tu ridi?". Rispose loro: "La prima volta ho riso, perché voi temete la morte; la seconda, perché non siete pronti; la terza, perché dalla fatica io vado alla quiete" (5, 11, 52).

SPIACE, MA... L'INFERNO ESISTE E NON E' VUOTO
Non è lecito pensare o sperare una realtà che non solo non è contenuta nella fede cattolica, ma la contraddice (VIDEO: L'inferno non è vuoto)
di Roberto De Mattei
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7684

Fonte: Il Timone, novembre 2019

3 - MUORE VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA, ESCLUSO DALLA SUCCESSIONE PER IL SUO MATRIMONIO
Re Umberto II (che donò la Sindone alla Chiesa) ribadì la legge salica e le norme di casa Savoia stabilendo che la linea di successione sarebbe passata al cugino Amedeo e ora al figlio Aimone (secondo la profezia di padre Pio)
Autore: Stefano Chiappalone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 9 febbraio 2024

Con la morte di Vittorio Emanuele di Savoia [...] torna sotto i riflettori il casato che ha cinto la corona d'Italia dal 1861 al 1946, ma - insieme alle non poche controversie che lo hanno coinvolto in vita - anche l'annosa questione di chi sia il “vero” capo di casa Savoia, dopo la morte di Umberto II, l'ultimo re d'Italia deceduto in esilio nel 1983. In sintesi: prosegue il ramo Savoia-Carignano, con Vittorio Emanuele e ora suo figlio Emanuele Filiberto? Oppure, come altri sostengono, sarebbero subentrati i cugini del ramo Savoia-Aosta, con Amedeo (morto nel 2021) e ora suo figlio Aimone? E perché? La questione è apparentemente “di nicchia”, ma tutt'altro che priva di interesse, essendo legata alla storia del nostro Paese e - perché no? - a un ipotetico futuro sovrano, in caso di improbabile ma non impossibile ritorno della monarchia, cui si intreccia anche una profezia attribuita a san Pio da Pietrelcina.
Il “nocciolo” della disputa risale al 1970 per via del matrimonio tra Vittorio Emanuele e Marina Ricolfi Doria: non essendo la sposa di famiglia reale, in mancanza di assenso di Umberto II, lo sposo sarebbe stato escluso dalla successione. Assenso necessario secondo le norme di casa Savoia per ogni matrimonio (diseguale o meno), ma se «contratto con persona di condizione e stato inferiore (...), tanto i contraenti, che i discendenti da tale matrimonio, si intenderanno senz'altro decaduti dal possesso dei beni e dei diritti provenienti dalla Corona e dalla ragione di succedere nei medesimi». Salvo «qualche singolare circostanza» che spingesse il sovrano a dare il beneplacito, come stabilito nel 1780 dalle Regie Patenti di Vittorio Amedeo III, re di Sardegna.

LA SOLENNE AMMONIZIONE
Norme che Umberto II, non più re ma pur sempre capo di casa Savoia, ribadiva in una lettera del 25 gennaio 1960 al figlio, all'epoca fidanzato con l'attrice Dominique Claudel, «in modo che tu sappia con esattezza in quale situazione verresti a trovarti», richiamandosi «alla legge della nostra Casa, vigente da ben 29 generazioni e rispettata dai 43 Capi Famiglia, miei predecessori, succedutisi secondo la legge Salica attraverso matrimoni contratti con famiglie di Sovrani. Tale legge, io 44mo Capo Famiglia, non intendo e non ho diritto di mutare, nonostante l'affetto per te». Umberto era netto sulle conseguenze: «la tua decadenza da qualsiasi diritto di successione come Capo della Casa di Savoia e di pretensione al trono d'Italia, perdendo i tuoi titoli e il tuo rango e riducendoti alla situazione di privato cittadino. Perciò tutti i diritti passerebbero immediatamente a mio nipote Amedeo, Duca d'Aosta». Vittorio Emanuele il 25 aprile 1960 riconosceva «la situazione nella quale verrei a trovarmi se decidessi di rinunciare alle mie prerogative e mi sposassi con una donna - qualunque essa fosse - non di sangue reale» e la relativa situazione anche «sotto l'aspetto strettamente dinastico».
L'ammonimento si ripeté il 18 luglio 1963, quando l'ex sovrano riprese carta e penna dopo aver letto un'intervista al figlio circa le possibili nozze (poi di fatto avvenute) con Marina Doria, vedendosi costretto a «ripeterti, parola per parola, quanto ebbi a scriverti il 23 [sic] gennaio 1960, in una simile circostanza». «L'intervista non rispecchia il mio pensiero», rispose Vittorio Emanuele il 25 agosto in calce alla lettera paterna. Fatto sta che qualche anno dopo quel matrimonio che “non s'aveva da fare” si fece nel 1970 a Las Vegas, con rito civile, all'insaputa del padre. Quello religioso seguì l'anno dopo a Teheran.

LA PROFEZIA DI PADRE PIO
A dirimere la questione nel frattempo insorta fra i due rami fu chiamata nel 2001 la Consulta dei Senatori del Regno, fondata nel 1955 da ex senatori attivi durante la monarchia e poi man mano rinnovatasi per le evidenti necessità anagrafiche. Il risultato, in breve, fu che invece di sciogliere il nodo si spaccò in due anche la Consulta. Da allora di Consulte ce ne sono due: una, presieduta dal medico Pier Luigi Duvina, che riconosce la successione di Vittorio Emanuele (e di Emanuele Filiberto), l'altra, presieduta dallo storico Aldo Alessandro Mola, che invece riconosce i Savoia-Aosta (Amedeo e Aimone) quali legittimi successori di Umberto II. Il picco di tensione tra i due rami si raggiunse però nel 2004 alle nozze reali di Felipe VI di Spagna quando lo scontro divenne anche fisico e Marina Doria dovette andare a scusarsi con Amedeo che aveva appena rimediato un pugno dal cugino Vittorio Emanuele.
Anche prescindendo dalla querelle matrimoniale relativa a Vittorio Emanuele, un altro elemento avrebbe nel tempo giocato a favore del ramo Savoia-Aosta: la legge salica - che attribuisce il trono solo agli eredi maschi - anch'essa richiamata nella lettera di Umberto II del 1960. Emanuele Filiberto non ha fratelli e ha due figlie femmine che pertanto non sarebbero entrate nella linea di successione se il nonno Vittorio Emanuele all'inizio del 2020 non avesse dichiarato abolita la legge salica, legiferando a tutti gli effetti come capo di Casa Savoia e pertanto considerandosi tale. Decisione che ha suscitato malumori tra i rami del casato, dichiarata da Amedeo «nulla, tanto più perché proveniente da persona esclusa dalla successione dinastica», attraverso un comunicato. [...]
Da capofamiglia si presenta Aimone, che invia le condoglianze ai parenti dal sito intitolato Casa Reale di Savoia. E c'è chi vede in Aimone l'uomo della profezia sul crollo della monarchia e sul suo ritorno per mano di un ramo collaterale, attribuita a san Pio da Pietrelcina, che negli anni '30 avrebbe predetto - il condizionale è d'obbligo - alla futura regina Maria José: «Un ramo della pianta seccherà, ma un altro ramo germoglierà portando copiosi frutti». [...]

Nota di BastaBugie: in merito alla profezia di padre Pio accennata alla fine dell'articolo ecco cosa si trova scritto su Wikipedia.
Secondo una profezia, padre Pio da Pietrelcina avrebbe previsto la fine del Regno d'Italia, l'estinzione del ramo principale dei Savoia discendenti da Umberto I e il successivo ritorno della monarchia in Italia con il ramo collaterale dei Savoia-Aosta. Nella cripta dove riposano i resti mortali del frate, a San Giovanni Rotondo, è presente un grande bassorilievo commissionato nel 1968 da Gian Paolo Quinto e modellato dallo scultore Cesarino Vincenti, intitolato Maestà e Bellezza ti stanno intorno. L'opera raffigura la Sacra Famiglia attorniata da un gruppo di persone raccolte in preghiera, fra le quali spicca un uomo che, nonostante l'opera sia stata realizzata quando Aimone aveva solo un anno, ha il viso di Aimone di Savoia-Aosta da adulto, con sulle spalle il collare dell'Ordine supremo della Santissima Annunziata.

DOSSIER "PERSONE FAMOSE"
Decedute dal 2020 in poi

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 9 febbraio 2024

4 - I CELLULARI FAVORISCONO IL RICORSO AL SEXTING
In aumento i ricatti e le minacce nei confronti di ragazzine di diffondere le loro foto senza vestiti, sia reali sia create tramite l'intelligenza artificiale
Autore: Alessia Battini - Fonte: Provita & Famiglia, 7 febbraio 2024

Sono sempre di più e sempre più sconvolgenti le minacce e le insidie del web, soprattutto per i ragazzi più giovani, che ormai lo vivono come qualcosa di completamente normale, senza riuscire a comprenderne i rischi e i pericoli. Un pericolo tanto più da denunciare in occasione del Safer Internet Day (SID), la giornata mondiale per la sicurezza in Rete, che si è celebrata ieri - 6 febbraio 2024 - in contemporanea in oltre 100 nazioni in tutto il mondo. Di recente sono aumentati i casi, riportati dai media, di ricatti e minacce compiuti per lo più nei confronti di ragazzine da parte dei loro coetanei, che hanno per oggetto la diffusione di foto senza vestiti, sia reali sia create tramite l'intelligenza artificiale.
I cellulari favoriscono il ricorso al sexting, ovvero lo scambio di immagini intime, in alcuni casi anche tra minorenni, e a causa di questo stanno aumentando anche i casi di ricatti agli stessi adolescenti che le inviano in momenti di debolezza. In Canada la polizia ha dichiarato che le immagini vengono inviate anche da ragazzini di soli undici anni, il che significa che si tratta a tutti gli effetti di pornografia minorile.
Si cominciano già a contare le vittime di questa terribile pratica. Proprio pochi anni fa, nel marzo del 2021, Mia, una ragazzina inglese di soli quattordici anni, si è suicidata nella sua abitazione situata nella zona nord-est di Londra. All'udienza tenutasi lo scorso gennaio, si è poi scoperto che nella scuola di Mia erano diversi i bambini che subivano bullismo sui social media come Tik Tok e Snapchat, e che alcuni ragazzi avevano creato una chat di gruppo per condividere scatti intimi delle compagne, in alcuni casi incollando i loro volti sui corpi delle pornostar per infastidirle.
Sebbene non ci fossero prove che questa esperienza fosse stata vissuta anche da Mia, sicuramente l'atmosfera iper-sessualizzata e l'ossessione per l'aspetto fisico che pervadevano l'ambiente scolastico che lei stessa frequentava l'avrebbe immersa in un profondo disprezzo di sé. Lo dimostra anche una nota, scritta da Mia, letta in aula durante l'udienza: "Mi guardo. Sono così brutta. Non mi merito di vivere."
Pare che situazioni di questo tipo siano più comuni di quanto pensiamo, infatti, secondo la giornalista di Vanity Fair Jo Sales, autrice del libro American Girls: Social Media and the Secret Lives of Teenagers, gruppi di questo tipo, dove si condividono scatti intimi, reali o creati tramite l'intelligenza artificiale, esistono in quasi tutte le scuole americane. Ovviamente questo causa un tormento non indifferente nelle vittime, che vivono questa vergogna nello stesso momento in cui sono costrette ad affrontare tutte le altre difficoltà tipiche della pubertà e dell'adolescenza.
Il mondo in cui stanno crescendo questi ragazzi però, è stato creato dagli adulti, che quindi hanno la responsabilità di affrontarlo. I genitori di oggi non riescono a comprendere che i loro figli abitano in un mondo completamente digitalizzato, e quindi le difficoltà che incontrano sono molto diverse da quelle che ricordano della loro stessa infanzia. È necessario intervenire, impedendo ai bambini e agli adolescenti di utilizzare i cellulari ed educandoli all'utilizzo della tecnologia e ai pericoli della pornografia. Il sexting, che oggi viene vissuto come qualcosa di assolutamente normale, dovrebbe essere combattuto, così come le applicazioni che lo agevolano che andrebbero eliminate quando possibile. [...]

SEXTING, UN FENOMENO TRISTE E PERVERSO
Eppure è diffuso tra gli adolescenti (forse anche tuo figlio)
di Tonino Cantelmi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3933

SEXTING: COSA FARE COME GENITORI?
Tra gli adolescenti è di moda inviare foto di se stessi o di amici in pose erotiche attraverso cellulari e computer... ma quello che inizia come un gioco innocente ha conseguenze gravissime
di Roberta Sciamplicotti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3353

Fonte: Provita & Famiglia, 7 febbraio 2024

5 - CONCORDATO DEL 1984: QUARANT'ANNI DI SCRISTIANIZZAZIONE
Per i Patti Lateranensi del 1929 il cattolicesimo era la sola religione dello Stato, ma con Bettino Craxi arrivò l'uguaglianza delle religioni, l'ateismo di Stato e la più grande moschea d'Europa a Roma
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radio Roma Libera, 18 febbraio 2024

Quarant'anni fa, il 18 febbraio 1984, il presidente del Consiglio Bettino Craxi ed il cardinale
Segretario di Stato Agostino Casaroli firmarono solennemente a Villa Madama, il Nuovo Concordato tra la Santa Sede lo Stato italiano, che rivedeva profondamente i Patti Lateranensi dell'11 febbraio 1929.
I Patti Lateranensi del 1929, avevano sancito un nuovo rapporto di collaborazione tra Chiesa e Stato in Italia, la cosiddetta "Conciliazione", dopo il lungo dissidio seguito all'occupazione militare dello Stato pontificio e alla presa di Roma del 20 settembre 1870. Essi avevano il loro principio fondamentale nel riconoscimento della Religione cattolica, apostolica e romana, come la sola Religione dello Stato. Da questo principio scaturivano alcune importanti conseguenze, come l'insegnamento della dottrina cristiana nelle scuole, il riconoscimento giuridico del matrimonio sacramentale, la proclamazione del carattere sacro della città di Roma.
La Costituzione repubblicana del 1948, pur essendo animata da un profondo spirito laicista, nel suo articolo 7, recepì i Patti Lateranensi come fondamento dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia. La novità del "Nuovo Concordato", firmato nel 1984, come spiegò lo stesso Presidente del Consiglio Craxi, consisteva invece nel realizzare la «moderna separazione» tra Stato e Chiesa, affermando il principio della "neutralità" dello Stato in materia di religione. Lo stesso cardinale Casaroli precisò che il «fulcro» del Nuovo Concordato era costituito dall'abolizione del "principio originariamente richiamato dai Patti Lateranensi della religione cattolica come sola religione dello Stato». La segreteria di Stato vaticana e la Conferenza episcopale italiana, esprimevano pubblicamente il loro plauso per il nuovo traguardo raggiunto.

IL CENTRO CULTURALE LEPANTO
L'11 febbraio 1984, una settimana prima della firma del Nuovo Concordato, il Centro Culturale Lepanto, che avevo l'onore di presiedere, pubblicò, come inserto pubblicitario, su alcuni quotidiani nazionali un «manifesto» intitolato «Può un cattolico preferire lo Stato ateo?». Scrivevamo tra l'altro: "Non meraviglia che le forze rivoluzionarie e anticristiane, che professano l'ateismo e l'egualitarismo radicale, esprimano la loro sostanziale soddisfazione verso un progetto concordatario in cui vedono affermato il principio dell'uguaglianza delle religioni, e quindi un implicito ateismo di Stato, destinato ad avere enormi conseguenze in seno alla società civile. Ciò che invece è strabiliante è che la stessa intima soddisfazione per questo Concordato venga espressa pubblicamente dai vertici del mondo cattolico, sia laici che ecclesiastici, tanto da considerarlo molto migliore dell'antico e quindi a questo nettamente preferibile. Il Centro Culturale Lepanto - associazione civico-culturale che si ispira all'immutabile dottrina della Chiesa - rivolge a queste autorità del mondo cattolico italiano una domanda, rispettosa ma pressante: Può un cattolico preferire uno Stato "neutrale" in materia di religione, e quindi implicitamente ateo, ad uno Stato ufficialmente cattolico? Questa preferenza non contraddice la dottrina cattolica e lo stesso buon senso? Negli ultimi due secoli, il Magistero della Chiesa, soprattutto per bocca dei Sommi Pontefici, ha sempre condannato il principio anticristiano del laicismo e della neutralità religiosa, affermando per contro il dovere dello Stato di riconoscere pubblicamente e di sostenere efficacemente la vera Religione. Tra le innumerevoli citazioni, ci limitiamo a riportare questa di san Pio X: «È una tesi assolutamente falsa, un errore pericolosissimo, pensare che bisogna separare lo Stato dalla Chiesa. Questa posizione si basa infatti sul principio che lo Stato non debba riconoscere nessun culto religioso. Essa è assolutamente ingiuriosa verso Dio, poiché il Creatore dell'uomo è anche il fondatore della società umana, e mantiene in vita sia questa che noi singoli individui. Perciò gli dobbiamo non soltanto un culto privato, ma anche un culto sociale ed onori pubblici» (Enc. Vehementer dell' 11 febbraio 1906). Lo stesso buon senso impone del resto che un cattolico abbia il diritto di vivere in una società in cui costumi, leggi e istituzioni subiscano la più profonda influenza da parte della vera Religione. La stessa logica esige che il cattolico reclami l'irrinunziabile diritto di formare una famiglia cattolica, una civiltà cattolica, uno Stato di principio e di fatto cattolico. Assolutamente illogico è invece che un cattolico preferisca uno Stato "neutrale" ad uno Stato animato dallo spirito della Santa Chiesa. Come può infatti egli preferire uno Stato in cui la Religione cattolica perda il suo primato e il suo prestigio per essere trattata alla stregua di una setta qualsiasi? In cui l'insegnamento religioso non venga più impartito nelle scuole, se non su esplicita richiesta? In cui le preziose figure dei cappellani debbano abbandonare ospedali, carceri, caserme? In cui l'adorabile immagine del Crocefisso venga estromessa da ogni edificio pubblico? In cui la bestemmia non sia più perseguibile come reato, ma venga considerata una rispettabile opinione? Non sono forse queste le logiche conseguenze del Nuovo Concordato?".

CONCLUSIONI
Ciò che era scandaloso non era l'accordo, ma l'elogio che di esso facevano le autorità ecclesiastiche. Esse avrebbero potuto presentare il Nuovo Concordato come un compromesso doloroso, ma necessario, esprimendo il loro rammarico per una oggettiva menomazione dei diritti della Chiesa e ricordando l'ideale dello Stato cattolico, come modello a cui tendere. La CEI, in una dichiarazione ufficiale del 19 febbraio 1984, si vantava invece di aver "dato il deciso contributo di sua competenza nelle fasi dell'elaborazione del testo, lieta ora che il contributo sia stato accolto".
Il 12 dicembre 1984 venne posta a Roma la prima pietra della grande moschea islamica che fu ufficialmente inaugurata il 21 giugno 1995, Fu questa una delle prime conseguenze della scomparsa del carattere sacro della città di Roma, tutelato dai Patti Lateranensi.
Quarant'anni dopo possiamo confermare ciò che nel 1984, unica voce cattolica in Italia, affermavamo ad alta voce. Il Nuovo Concordato rappresentò una grave tappa nel processo di scristianizzazione del nostro paese.

Fonte: Radio Roma Libera, 18 febbraio 2024

6 - LA MADONNA DEL CONFORTO: LUCE IN TEMPI DI ATTACCO ALLA FEDE
Un'immagine miracolosa di Maria rianima gli aretini durante l'occupazione francese e infonderà coraggio per liberare la Toscana al grido di ''Viva Maria'' (VIDEO: Premio Viva Maria alla Bussola Quotidiana)
Autore: Stefano Chiappalone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15 febbraio 2024

Durante la preghiera del Rosario che unisce ogni giorno la redazione e i lettori della Bussola, viene inquadrata una particolare immagine mariana: è la Madonna del Conforto venerata nel duomo di Arezzo in seguito a un evento miracoloso accaduto il 15 febbraio 1796. Quella presente nella nostra cappella è, naturalmente, una fedele riproduzione, ricevuta dal Centro Culturale "Amici del Timone" di Staggia Senese, che nel 2014, in occasione del 6° Giorno del Timone della Toscana, volle conferire a La Nuova Bussola Quotidiana il premio "Viva Maria".
Torniamo al febbraio del 1796 ad Arezzo, nella cantina annessa all'Ospizio della Grancia, dove i camaldolesi vendevano il vino e mettevano a disposizione dei più poveri un fornello per cucinare e scaldarsi, accanto al quale si trovava proprio la nostra immagine, annerita e impolverata. Questa riproduceva a sua volta la Madonna di Provenzano, venerata a Siena (originariamente una Pietà di cui però era rimasto soltanto il busto della Vergine), accompagnata dalla scritta: «Sancta Maria ora pro nobis»). Quel mese di febbraio era iniziato male e il Carnevale era stato offuscato da decine di forti scosse di terremoto, accompagnate da bagliori e altri fenomeni inquietanti, che spinsero ben presto a volgere la baldoria carnevalesca in processioni penitenziali, anticipando la Quaresima che sarebbe iniziata ufficialmente il 10.

SI RINFRANCHI IL TUO CUORE: ECCO TUA MADRE
Il 15 febbraio nuova scossa e nuovi timori: nella notte si ritrovarono in cantina alcuni artigiani, Antonio Tanti, Giuseppe Brandini e Antonio Scarpini, confidandosi i rispettivi timori per il terremoto insieme alla cantiniera Domitilla Bianchini. Il pensiero andò ben presto ai castighi divini e alla protezione di Maria. Accesero un lume alla malconcia immagine mariana che vegliava su di loro e cominciarono a pregare, quando d'un tratto quel bassorilievo - ormai giallo e nero, che non c'era più verso di ripulire - si fece candido, emanando una luce ben diversa dagli inquietanti bagliori del terremoto, che da allora cessò. La paura del sisma lasciò spazio alla meraviglia per il prodigio in sé e anche per alcune grazie e guarigioni attribuite all'immagine mariana, che nel giro di pochi giorni fu portata in duomo, dove gli aretini realizzarono poi un'apposita cappella dedicata alla Madonna del Conforto, cui si accede attraverso una cancellata sovrastata dalla scritta: «Confortetur cor tuum: ecce Mater tua» («Si rinfranchi il tuo cuore: ecco tua Madre»).
Di lì a poco la Madonna del Conforto dovette prestare conforto agli aretini e a tutte le popolazioni toscane. In quello stesso 1796 Napoleone Bonaparte dava inizio alla Campagna d'Italia, volta ad esportare forzatamente i principi rivoluzionari nella penisola, laicizzandone le istituzioni: iniziava il cosiddetto "triennio giacobino" (1796-1799). L'invasione delle truppe napoleoniche fu accompagnata da una serie di prodigi ben ricostruiti da Vittorio Messori e Rino Cammilleri nel volume Gli occhi di Maria. Roma 1796: prodigi nell'Italia invasa da Napoleone (nuova ed. aggiornata, Edizioni Ares, Milano 2023). Da Ancona, dove si verificò il primo fenomeno il 25 giugno, a Todi, a Frosinone, passando per la Città Eterna, innumerevoli immagini mossero gli occhi o cambiarono espressione, quasi a lanciare un "allarme" celeste sulla persecuzione scatenata in nome dei "Lumi". Allarme di cui il fenomeno aretino costituisce non solo un preludio.

IL PREMIO VIVA MARIA
In Toscana i principi rivoluzionari erano già nell'aria sotto il granducato di Pietro Leopoldo (asceso poi al trono imperiale nel 1790) e il "conciliabolo" tenuto dal vescovo giansenista di Pistoia, Scipione de' Ricci. Inizialmente il Granducato si era salvato dai francesi, che nel 1796 avevano preso la sola Livorno. Nel resto della penisola avevano già avviato il forzato "cambio di paradigma": via la croce, su l'albero della libertà, proclamando repubbliche ispirate ai nuovi ideali, non senza scatenare l'insurrezione - o meglio, l'insorgenza - delle popolazioni legate alle tradizioni e alla fede dei padri. Come avvenne anche in Toscana, quando il 25 marzo 1799 Firenze fu occupata dai francesi, che il 6 aprile giunsero ad Arezzo. E la popolazione insorse, al grido di "Viva Maria!", liberando il Granducato dagli occcupanti con la guida del diplomatico inglese William Frederic Wyndham, dell'ufficiale dei dragoni Lorenzo Mari... e della Madonna del Conforto, effigiata sui loro stendardi.
Una storia e un'immagine che, pur nelle mutate circostanze, ci riguardano ancora da vicino: «Il premio», come scriveva nel 2014 don Stefano Bimbi, «è simbolicamente rappresentato da una perfetta riproduzione della Vergine del Conforto. Il motivo per cui è stato chiamato "Viva Maria!" questo premio è evidente: come ai tempi di Napoleone, è in atto un attacco alla fede cattolica. Ora come allora c'è bisogno che ci sia un forte movimento di popolo che difenda la Chiesa da questi attacchi». Quale che sia la buona battaglia (di ieri o di oggi), la Madonna del Conforto continua ad essere una luce per attraversare tempi oscuri.

Nota di BastaBugie: nel seguente video dal titolo "Cattolici e internet" (durata: 50 minuti) si può ascoltare l'intervento di Riccardo Cascioli al 6° Giorno del Timone della Toscana del 20 settembre 2014. Al termine è stato consegnato il premio Viva Maria al direttore de La nuova Bussola Quotidiana, il sito cattolico che ha raccolto la sfida di internet offrendo quotidianamente articoli controcorrente nel mondo giornalistico di oggi così uniformato alla cultura dominante. La Bussola ha il merito di combattere battaglie che nessuno ha il coraggio di combattere.


https://www.youtube.com/watch?v=zT2AyJ4aBnA

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15 febbraio 2024

7 - OMELIA II DOM. DI QUARESIMA - ANNO B (Mc 9,2-10)
Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!
Fonte Il settimanale di Padre Pio

La seconda domenica di Quaresima ci propone la meditazione del mistero della Trasfigurazione. Gesù conduce alcuni Discepoli sul monte Tabor e, davanti a loro, rivela lo splendore della sua gloria divina. Gli Apostoli vivevano accanto a Gesù, ne ascoltavano la parola, vedevano i miracoli da Lui operati, ma rimanevano ancora deboli ed incerti. Dopo poco tempo, avrebbero dovuto affrontare un'esperienza molto difficile, quella del Calvario, e avevano bisogno di una prova evidente che Gesù era il Figlio di Dio.
E questo avvenne proprio con la Trasfigurazione. La Trasfigurazione di Gesù è stata una manifestazione della sua divinità e una anticipazione della gloria futura. Si udì una voce dal cielo, la voce del Padre che disse: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!» (Mc 9,7). Quell'indimenticabile esperienza fece pregustare agli Apostoli la beatitudine eterna, tanto che Pietro, a nome di tutti, disse: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9,5). Non riuscivano più a staccarsi da quella visione e desideravano rimanere lì, su quel monte, per sempre. Ma ciò non era possibile. L'Evangelista dice chiaramente che Pietro «non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati» (Mc 9,6). Non si trattava di paura, ma del timore che prende la creatura di fronte alle manifestazioni divine. Quell'esperienza fu importante per fortificare gli Apostoli nell'imminenza della Passione di Gesù.
Il Signore opera con noi in modo simile. Per fortificare il nostro spirito, affinché sia in grado di affrontare le inevitabili prove della vita, Dio invita anche noi sul monte Tabor, il monte della preghiera. Ogni giorno dobbiamo salire questo monte per attingere luce e forza, per poi ridiscendere alle occupazioni di ogni giorno, familiari e lavorative. Senza questa salita al monte Tabor, la nostra vita diventerà molto più faticosa e noi non riusciremo a portare la croce quotidiana dietro al nostro Maestro Divino.
Gesù salì sul monte a pregare. Impariamo da questo quanto sia importante la preghiera. Non se ne può fare a meno. La preghiera è la cosa più necessaria, al punto che i monasteri possono essere considerati come le sorgenti nascoste che danno vita a tutta la Chiesa, mentre i contemplativi si possono definire come i più grandi benefattori dell'umanità.
Nella vita di san Francesco e di santa Chiara si legge un episodio molto bello, riguardante lo splendore delle anime pure che amano Dio con tutto il loro cuore, che già su questa terra sperimentano la trasfigurazione dell'Amore di Dio. Un giorno san Francesco, nei pressi della chiesetta di Santa Maria degli Angeli, parlò a santa Chiara, e ad altri figli spirituali, di Dio e delle realtà celesti. Parlò così devotamente che discese sopra di loro l'abbondanza della divina grazia e tutti furono rapiti in Dio. Gli abitanti di Assisi videro un chiarore e si precipitarono, pensando a un incendio. Quando giunsero, essi si accorsero che non c'era alcun incendio, ma che tutti erano immersi nella contemplazione (cf FF 1844). Gli abitanti di Assisi considerarono allora la presenza di quelle anime sante come una grazia molto grande concessa da Dio alla loro città e come la migliore garanzia di protezione divina.
Il Vangelo di oggi ci insegna inoltre che la Gloria passa per la Croce. Chi vuole entrarvi deve passare attraverso la Croce. Tutti vogliono andare in Paradiso, ma pochi sono quelli disposti a passare per il mistero della Passione.
Il mistero della Croce era già prefigurato nell'Antico Testamento, precisamente nella prima lettura che abbiamo ascoltato. Dio disse ad Abramo: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami [...] e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò» (Gen 22,2). Dal racconto biblico sappiamo che Abramo obbedì alla voce di Dio, che costruì l'altare, collocò la legna e che, con lo strazio nel cuore, stava per immolare il figlio Isacco. Ma l'angelo del Signore lo bloccò; e, al posto di Isacco, Abramo immolò un ariete.
Questo sacrificio preannunciava l'immolazione di Gesù sul Calvario. Egli, il Figlio unigenito del Padre, discendente da Abramo secondo la carne, venne realmente sacrificato sul legno della Croce. Ma da questa morte venne la salvezza per il mondo intero, secondo la promessa che Dio fece al santo Patriarca: «Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra» (Gen 22,18). Questo discendente è Gesù, il Figlio di Maria, il Redentore del mondo.
Il brano del Vangelo odierno si conclude con le parole del Padre Celeste che invita tutti ad ascoltare Gesù. È Lui il nostro Maestro, e noi tutti gli dobbiamo ubbidienza.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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