BastaBugie n�867 del 03 aprile 2024

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1 LE TRE INCROLLABILI VERITA' DELL'UOMO FEMMINISTA
Siamo proprio sicuri che siano le donne a volere nuovi ''diritti'' o sono forse imposizioni di uomini che non le rispettano?
Autore: Loredana Basili - Fonte: Redazione di BastaBugie
2 IL CENTENARIO DELLA MORTE DI LENIN, UNO DEI PEGGIORI CRIMINALI DELLA STORIA
Combatté la religione, la proprietà privata e la famiglia, approvò leggi sul divorzio e sull'aborto, creò i Gulag e fece fucilare 28 vescovi e 1215 preti... ma ancor oggi la salma è meta di pellegrinaggi (VIDEO: Intervista a Lenin)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
3 BIDEN, CATTOLICO SOLO DI NOME, A PASQUA FESTEGGIA I TRANS
Il presidente ''cattolico'' a Pasqua celebra la Giornata della visibilità transgender e inoltre spinge la politica delle auto elettriche... che rovinerà l'America (e gli farà perdere le elezioni)
Autore: Luca Volontè - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 MEGLIO LA SEPOLTURA CHE LA CREMAZIONE, RETAGGIO DEL PAGANESIMO
Per i cristiani resta preferibile la sepoltura che esprime la fede nella risurrezione grazie al segno della morte come dormizione (ben espresso nell'Eterno riposo)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Bussola Mensile
5 UN SACERDOTE DICE CHE L'OMOSESSUALITA' E' PECCATO E IL GOVERNO FRANCESE LO DENUNCIA
Guai a ricordare gli insegnamenti della Chiesa in tema di moralità perché si viene accusati di discriminazione e incitamento all'odio
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone
6 PAPI E ANTIPAPI, SEDE VACANTE E PAPA LEGITTIMO (2° parte)
Lo Scisma d'Occidente per secoli ha causato dubbi sulla legittimità di alcuni papi, o presunti tali, come il famoso caso di Giovanni XXIII
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA II DOMENICA PASQUA - ANNO B (Gv 20,19-31)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LE TRE INCROLLABILI VERITA' DELL'UOMO FEMMINISTA
Siamo proprio sicuri che siano le donne a volere nuovi ''diritti'' o sono forse imposizioni di uomini che non le rispettano?
Autore: Loredana Basili - Fonte: Redazione di BastaBugie, 3 aprile 2024

Sono stufa e arcistufa degli uomini che io definisco "femministi", quelli cioè che si vantano di combattere e alzare la voce per i sacrosanti e inviolabili diritti, a loro dire, di noi donne.
Mi trovavo qualche giorno fa in treno, in viaggio di ritorno con mio figlio "grande" di 6 anni e mio marito, reduce da un intervento alla spalla in Romagna.
Come sempre accade, vado a cercare il controllore, onde sincerarmi di aver preso il treno corretto con i giusti biglietti e, quando faccio ritorno al mio posto, trovo mio marito che condivide due chiacchiere col vicino.
Saluto cortesemente e mi dedico a mio figlio, a cui nel frattempo, onde ovviare all' utilizzo del telefono "baby sitter", propongo di disegnare. Mentre lo aiuto con i suoi trenini, seguo la conversazione. Il buon uomo, adocchiando il tutore di mio marito, chiede che intervento abbia avuto, dove, perché e ci confessa di tornare anche lui reduce da alcune visite di controllo, a seguito di un trapianto di rene avuto un paio di anni fa, intervento per il quale si era rivolto, giustamente, ai centri e medici migliori in Italia, prendendo anche in considerazione la possibilità di curarsi in America.
Fin qui niente di male, poi la discussione (o meglio il suo pontificare) spazia dal giudizio sulla sanità, sui medici variamente incontrati, e degenera verso l'incompetenza tipica della gente della nostra epoca, l'incapacità di letto-scrittura delle giovani generazioni e così via verso le solite chiacchiere da bar.
Io ascolto, quando chiamata a dire la mia, rispondo con modo garbato, possibilmente assentendo, presa dal disegnare trenini con mio figlio. Di fatto, si tratta di buona educazione, la conversazione del nostro interlocutore ha preso i tratti di un bieco cinismo, pieno di insoddisfazione verso tutto e tutti, incapaci di comprendere quello che invece a lui appare chiaro, se non addirittura scontato.
La chiacchierata da bar però ad una certa subisce un grosso scossone, perché, tra un volo pindarico e l'altro, non so neppure io come, il nostro vicino finisce per buttarla sulla politica o meglio sull'etica. Il suo più grave disappunto, è stato vedere che qualche anno fa, nella sua bella regione, abbiano trionfato politici conservatori, macchiatisi del grave reato - nientepopodimeno che - di non essere pienamente d'accordo con l'inviolabile diritto di aborto della donna.

PRIMA VERITÀ: TU DONNA NON HAI DIRITTO DI PENSARE DIVERSO DA ME
Alzo gli occhi dai fogli di mio figlio e guardo mio marito, seduto davanti a me, leggendo nei suoi occhi l'accorato appello: "Oh no, eccola, adesso parte! Ma dai lascia perdere, siamo quasi arrivati!". Ormai però il vaso di Pandora è stato aperto e, come ben sa, difficilmente starò zitta. Sa che sono una moglie devota e sottomessa, nella misura in cui sono devota e sottomessa al Signore della Vita.
Premetto che ho avuto sei figli, con sei gravidanze impegnative e con particolari problemi in sei anni: sono grata a Dio, so che mi ha dato davvero tanto, perché sono viva io e vivi i miei bimbi, quindi, non fosse altro che per debito di riconoscenza, non posso e non voglio tacere la Verità, che penso il Signore voglia sia proclamata.
Lascio da parte mio marito, inizia la guerra e alla veneranda età di quarant'anni scopro le "verità" di quelli che io chiamo: "uomini femministi".
Faccio notare al mio interlocutore che sono molto vicina a queste idee cattoliche e conservatrici, ree - a suo dire - di non condividere l'aborto. La risposta è: "Ma scherziamo? Una donna che non condivide l'aborto? Ma quelle povere violentate! Cosa dovrebbero fare?!".Osservo che non tutti gli aborti sono frutti di violenza, anzi, e che comunque non può essere quella la soluzione: l'uccisione di un essere senza colpe, che lascerà ferite fisiche e psicologiche enormi nella donna.
La risposta del mio interlocutore è: "Ma che dici? Non è assolutamente così. Ma quali ferite? Che ne vuoi sapere?". Certo, io da donna non lo posso sapere, sicuramente di aborti ci capirà di più lui che è un uomo.
E qui si ha la prima grande "verità" dei "femministi": tu donna, libera, indipendente ed emancipata devi pensare esattamente quello che io, essere di sesso maschile che lotta per i tuoi "diritti", ti invito a pensare e sei padrona della tua testa e del tuo corpo, solo se inneggi a quel diritto di aborto, che io ti suggerisco.
Benissimo, la faccenda prosegue: "Tanto prima, quando non era legale, se ne facevano altrettanti se non di più e le donne morivano, ora almeno si fa in sicurezza!". Rispondo che non so se prima erano di più o di meno di oggi gli aborti, ma che ad ogni modo l'aborto non è una pratica così sicura ed esente da rischi e spesso per la donna è possibile riportare conseguenze fisiche e psichiche anche molto pesanti. Infine, sottolineo, come negli ultimi tempi, all'aborto chirurgico, si stia sostituendo la pratica dell' "aborto comodamente a casa tua" con la somministrazione di semplici compresse: pratica che, mi sento di evidenziare, non è poi tanto sicura, né tanto diversa dagli aborti in casa del passato. Il povero, malcapitato, viaggiatore è fuori di sé: "Ma tu non capisci?", poi rivolto a mio marito: "Ma si rende conto? Ma anche lei la pensa così? A lei sta bene che sua moglie ragioni in questo modo?".

SECONDA VERITÀ: L'UOMO DEVE IMPORSI SULLE DONNE CON LA FORZA
E qui si ha la seconda "verità" dell'uomo "femminista": tu donna che devi essere libera, emancipata, indipendente, se non pensi quello che ti dico io, essere di sesso maschile, che mi dico combattere per i tuoi "diritti", allora devi essere richiamata alla ragione da chi detiene la patria potestas. Padre, fratello, marito, non importa chi sia, un uomo dovrà contenerti e rispiegarti come ragionare, pena la reclusione nel gineceo per tanta vergogna. Mio marito però (e menomale) non ci sta e risponde, un po' imbarazzato per la piega della situazione, con un sorriso. Per il povero viaggiatore, maschio che vuole combattere (a suo dire) per i diritti delle donne, non poter contare sulla proverbiale solidarietà maschile è troppo: alzatosi dal posto, comincia ad infilarsi lo zainetto, ben prima che il treno rallenti. "Sa che le dico? Hanno fatto bene i francesi a metterlo in Costituzione, così nessuno potrà negarlo e anche qui andrebbe fatto, radiando i medici obiettori di coscienza, che se son tali non devono fare i medici". Dico che non si può costringere nessuno ad uccidere un altro, soprattutto un bambino, ma lui non ci sta: "In Costituzione, va messo in Costituzione! Pensa alle donne in Africa violentate nelle guerre!". Ora, mentre tra me e me cerco di capire il nesso tra Costituzione italiana e problematiche africane (avrà mica ragione, servirà un uomo a spiegarmelo?), che probabilmente mi sfugge, la lingua, va avanti da sé, senza, tenere presente le vicende della malattia e del conseguente trapianto del nostro interlocutore! "Certo, poi il prossimo passo sarà l'eutanasia del malato!" rispondo io, risistemando fogli e colori di mio figlio, e avviandoci verso le porte, per prepararci a scendere, insieme al nostro compagno di viaggio. "Non ci pensare! Non ci pensare nemmeno!" risponde lui, senza più altro da dire. "Basterà essere malati fisici o psichici che si finirà per essere eliminati in nome del "best interest"! Il malato non potrà scegliere niente!"

TERZA VERITÀ: LE DONNE E I BAMBINI NON HANNO DIRITTI
Nei suoi occhi leggo un improvviso smarrimento, un tarlo che comincia a rodere, mentre frenetico il viaggiatore, ormai avviatosi all'uscita, cerca di premere, col treno non ancora arrestato, il pulsante delle porte. Qui mi si mostra la terza grande "verità": lottare per vivere, anche cercando le cure, i centri, i medici migliori, e gli organi di qualche donatore, spetta solo a me, "uomo femminista" che combatte per i "diritti" delle donne, essere che si erge al di sopra della plebaglia e che quindi non può e non deve estinguersi. Al bambino nel grembo della donna libera, emancipata, indipendente non spetta neppure lottare per vivere, ma solo farsi eliminare facilmente e senza proteste, con buona pace degli eventuali e mai da poco danni per la nuovamente libera, emancipata, indipendente, donna. Quindi aborto del bimbo sì, ma assolutamente no alla eutanasia... mia.
Il treno si ferma e il nostro si eclissa davvero alla velocità della luce.
Mentre noi ci avviamo fuori dalla stazione con i bagagli, mio figlio mi chiede: "Mamma cos'è un aborto?". Ha sentito e seguito tutto. "È quando un bambino viene eliminato nella pancia della mamma" rispondo io. "Perché? La mamma non gli vuole bene?". Adesso annaspo. Per fortuna, interviene mio marito: "No tesoro, la mamma semplicemente NON SA ancora di volergliene tanto".

Fonte: Redazione di BastaBugie, 3 aprile 2024

2 - IL CENTENARIO DELLA MORTE DI LENIN, UNO DEI PEGGIORI CRIMINALI DELLA STORIA
Combatté la religione, la proprietà privata e la famiglia, approvò leggi sul divorzio e sull'aborto, creò i Gulag e fece fucilare 28 vescovi e 1215 preti... ma ancor oggi la salma è meta di pellegrinaggi (VIDEO: Intervista a Lenin)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 20 marzo 2024

Un'atmosfera di penombra ha avvolto il centenario della morte di Vladimir Ilich Ul′janov, noto con lo pseudonimo di Lenin, una delle figure più criminali della storia. Morto il 21 gennaio 1924 a Mosca, a causa di una paresi, era nato 54 anni prima a Simbirsk, sulla sponda occidentale del Volga. Figlio di un ispettore scolastico, Vladimir Ul′janov fu un tipico prodotto di quella Russia fine secolo, nella quale, come scrisse Curzio Malaparte, «il fanatismo piccolo borghese andava dal liberalismo marxista al cristianesimo marcio di Tolstoi» (Il buonuomo Lenin, Adelphi, 2018, pp. 22-23). La sua giovinezza fu segnata dalla vicenda del fratello maggiore Aleksandr, impiccato nel maggio 1887 per aver complottato contro la vita dello zar Alessandro III. Vladimir Ul′janov, che già cominciava a leggere le opere rivoluzionarie, si convinse dell'errore dei populisti che intendevano sollevare i contadini compiendo atti terroristici esemplari. Fondamentale fu poi l'incontro con il padre del marxismo russo Georgji Plechanov (1856-1918), esule in Svizzera. Discepolo di Marx, ma anche dello stratega prussiano Carl von Clausewitz (1780-1831), Lenin sviluppò una teoria che faceva della Rivoluzione una scienza. Nell'autunno 1895 fondò a Pietroburgo il circolo Osvoboždenie truda ("Emancipazione del lavoro"), per l'unificazione dei gruppi rivoluzionari, ma nel dicembre venne arrestato e scontò quattordici mesi di carcere e tre anni in Siberia. Esiliato nel 1900, si trasferì a Monaco di Baviera e infine a Zurigo, dove con Plechanov e Julji Martov (1873-1923), fondò il periodico Iskra ("Scintilla") allo scopo di diffondere l'ideologia comunista in Russia. Nel libro Che fare? (1902), progettò un partito comunista fortemente centralizzato guidato da «uomini la cui professione è l'azione rivoluzionaria» (Opere scelte, Progress, 947, vol. I, p. 331).
Scoppiò la Prima guerra mondiale e Lenin viveva in una modesta camera della Spiegalgasse, a Zurigo, quando, nel febbraio 1917, la rivoluzione di Aleksander Kerensky (1881-1970) rovesciò il regime zarista. Lo Stato maggiore tedesco decise di inviare in Russia «i batteri della peste rossa», per fare crollare il fronte interno dell'esercito nemico. Il 17 aprile 1917, trentadue esponenti rivoluzionari, tra cui Vladimir Ul′janov, lasciarono Zurigo su un "treno piombato" alla volta di Pietrogrado.

LA VIOLENZA PER CONQUISTARE IL POTERE
Giunto in Russia, Lenin esortò il partito bolscevico ad assumere il potere, teorizzando in Stato e rivoluzione (1917) la conquista violenta del potere e la dittatura del proletariato, alla quale sarebbe seguito, il "deperimento" dello Stato, cioè lo spontaneo passaggio dalla fase inferiore alla fase superiore della società comunista senza classi.
Quando, nell'ottobre del 1917, il partito bolscevico, guidato da Lenin riuscì con un colpo di Stato a conquistare il potere, la "undicesima tesi" di Marx su Feuerbach (1845), secondo la quale, il compito dei filosofi non è quello di conoscere il mondo, ma di trasformarlo, sembrò essersi storicamente realizzata nella sua persona. La violenza fu il metodo per conquistare il potere e per mantenerlo. Il 20 dicembre 1917 Lenin creò la Čeka, la polizia politica a cui affidò il compito di annientare la classe borghese. George Leggett calcola in 140.000 le sole esecuzioni compiute dalla Čeka tra il 1917 e il 1922 (The Cheka: Lenin's political Police, Clarendon Press, 1981, p. 467). La Čeka è stata la prima di una serie di organizzazioni, il GPU, il NKVD, il KGB, fino all'attuale FSB, che hanno raffinato, ma sostanzialmente non mutato i propri metodi. Un altro strumento di repressione creato da Lenin furono i campi di concentramento per gli oppositori, i famigerati Gulag. Nell'ottobre del 1923 erano già 315 con 70.000 prigionieri, mentre si succedevano spettacolari processi politici che portarono all'eliminazione della classe dirigente russa, degli ufficiali, degli aristocratici, dei borghesi, dei sacerdoti. Circa 100 vescovi e 10.000 preti ortodossi furono imprigionati, 28 vescovi e 1215 preti fucilati (Marco Messeri, Utopia e terrore. La storia non raccontata del comunismo, Piemme, 2003). Nella prospettiva leninista la religione, la proprietà privata e la famiglia dovevano essere estirpate alle radici. Il 17 dicembre 1917, poche settimane dopo la conquista del potere, venne introdotto il divorzio; l'aborto fu legalizzato nel 1920; era la prima volta nel mondo che ciò avveniva senza alcuna restrizione.
La proclamazione dell'Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche, il 30 dicembre 1922, fu il trionfo di Lenin. Quando il fondatore dell'Urss morì due anni dopo, divorato dal suo odio, tutto il potere venne accentrato nelle mani di Stalin, che, richiamandosi al suo compagno e maestro, condusse una feroce lotta contro due fronti: la "deviazione di destra" di Bucharin e la "deviazione di sinistra" di Trotzkj. Entrambi finirono assassinati da Stalin assieme a molti loro seguaci.

MICHAIL GORBAČËV E VLADIMIR PUTIN
Il marx-leninismo è stato la dottrina dell'Unione Sovietica fino alla sua dissoluzione nel 1991. Anche nell'ultima fase del regime, Michail Gorbačëv (1931-2022) dichiarò che la fonte ideologica della perestrojka era Lenin, insistendo sulla necessità di ritornare allo «spirito creativo del leninismo» e «di rileggere» le opere di Lenin per comprendere in profondità il metodo leninista (La casa comune europea, Mondadori, 1989, p. 267).
In quegli anni, i "teologi della liberazione" si recavano in pellegrinaggio in Unione Sovietica per venerare la mummia di "san" Lenin, esposta per volontà di Stalin nel mausoleo della Piazza Rossa. Nel 1987, descrivendo la lunga fila che attendeva per vedere «il corpo imbalsamato del grande rivoluzionario», padre Clodovis Boff lo definiva «un atto di vera devozione, di autentica venerazione, che un teologo non ha difficoltà a spiegare». Dopo aver contemplato la mummia, «tutti nella processione, con gli occhi fissi sull'eroe, si sentono obbligati ad avanzare con la testa voltata indietro per non perdere nemmeno una goccia di quell'istante di grazia» (Fede e perestroika. Teologi della liberazione in Urss, Cittadella, 1988, p. 39).
Dopo l'auto-dissoluzione dell'Unione Sovietica, il mito di Lenin si è oscurato e le migliaia di statue del fondatore dell'Urss sono state demolite in tutto lo spazio post-sovietico. In Ucraina il fenomeno ha assunto contorni talmente grandi da essere indicato con il termine Leninopad, forse il maggior movimento d'iconoclastia politica del Novecento. Antonella Salomoni, storica dell'Università di Bologna, ha raccontato l'ascesa e il declino del culto di Lenin attraverso la storia del suo corpo e delle sue immagini (Lenin a pezzi. Distruggere e trasformare il passato, Il Mulino, 2024).
Il nuovo zar, Vladimir Putin, considera Stalin, e non Lenin il suo campione, ma non ha espulso Vladimir Ul′janov dal Pantheon russo. La mummia imbalsamata di Lenin continua ad essere mèta di pellegrinaggio nel cuore della piazza Rossa, mentre un museo storico di Stato è dedicato al fondatore dell'Urss a 35 chilometri da Mosca. Che cosa si sarebbe detto se, dopo il 1945, fosse stato riservato uno spazio pubblico a Mussolini o a Hitler nel centro di Roma o di Berlino? Ma oggi l'anticomunismo si è dissolto e gli stessi critici di Putin, in Occidente, lo definiscono "fascista" e non "comunista". Il comunismo continua così a diffondere i suoi errori nel mondo. [...]

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 10 minuti) si ricorda la Rivoluzione comunista del 1917. Il video commemora questo funesto evento intervistando la mummia di Lenin.


https://www.youtube.com/watch?v=OBvlp4ih4Oo

Fonte: Corrispondenza Romana, 20 marzo 2024

3 - BIDEN, CATTOLICO SOLO DI NOME, A PASQUA FESTEGGIA I TRANS
Il presidente ''cattolico'' a Pasqua celebra la Giornata della visibilità transgender e inoltre spinge la politica delle auto elettriche... che rovinerà l'America (e gli farà perdere le elezioni)
Autore: Luca Volontè - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 2 aprile 2024

Joe Biden è accusato di blasfemia per la sua decisione di celebrare nella domenica di Pasqua dello scorso 31 marzo, la "Giornata della visibilità Transgender". Star dello sport, evangelici e politici repubblicani sulle barricate, mentre il Cardinale Wilton Gregory di Washington ha definito Biden una «cattolico da mensa» che sceglie solo «ciò che è attraente» e respinge il resto. Sia chiaro che il resto è, in questo caso, la sacralità e memoria della Resurrezione di Gesù Cristo.
La tracotanza del "cattolico devoto" così amato da alcuni ascari papalini è arrivata a sostenere che chiunque critichi la sua decisione, in realtà, stia sostenendo una pericolosa campagna di «odio». Non è un caso la campagna di distrazione globale promossa dai mass media liberal di tutto il mondo contro l'odiatore Trump per il post sull'immagine che raffigurava un Joe Biden legato mani e piedi.
L'odiatore sarebbe Trump ma anche chiunque voglia difendere la fede e tradizioni cattoliche e cristiane, come i tantissimi attentati, i vandalismi e i controlli dell'FBI contro i cattolici dimostrano in questi anni. «In occasione del Transgender Day of Visibility, onoriamo lo straordinario coraggio e i contributi dei transgender americani e riaffermiamo l'impegno della nostra nazione a formare un'Unione più perfetta, in cui tutte le persone siano create uguali e trattate allo stesso modo per tutta la vita", si legge in una dichiarazione della Casa Bianca che ha riconosciuto il "Transgender Day of Visibility" nella domenica di Pasqua, la festa più sacra per i cristiani.
«Oggi inviamo un messaggio a tutti i transgender americani: siete amati. Siete ascoltati. Tu sei capito. Tu appartieni. Voi siete l'America, e io e tutta la mia amministrazione vi copriamo le spalle», si prosegue nella dichiarazione. In molti hanno criticato la decisione di riconoscere il "Transgender Day of Visibility" a Pasqua, definendolo un attacco al cristianesimo, difficile dire il contrario. E' ben vero che la "Giornata Internazionale della Visibilità Transgender" è stata creata dagli attivisti più di 10 anni fa e si celebra ogni anno il 31 marzo ma la data della Domenica di Pasqua cambia di anno in anno da millenni e quest'anno Joe Biden aveva tempo dal 6 gennaio scorso per riflettere sulla coincidenza e posticipare eccezionalmente le celebrazioni transgenders.
Joe Biden vuole così promuovere nei cittadini americani l'equivalenza tra il cattolicesimo e il transgenderismo. Oltre alle critiche ricevute dai sostenitori di Trump e politici Repubblicani, molti sono stati i commenti di coloro che hanno sottolineato come moltissimi siano gli eventi simili durante tutto l'anno. Secondo Fox News Digital, il calendario delle celebrazioni della ideologia LGBTI si compone di almeno 28 festività locali, statali e federali, tra cui la "Giornata internazionale dell'asessualità", la "Giornata della consapevolezza pansessuale e pan-romantica" e la "Giornata internazionale delle drag queen" e i mesi interi, tra cui il "Pride Month" a giugno, il "LGBT History Month" a ottobre e il "Transgender Awareness Month" a novembre.
La Casa Bianca di Biden ha indetto, dall'inizio del proprio mandato, almeno altre sette festività pro-LGBT, tra cui il "National Coming Out Day" a ottobre; "Giornata lesbica della visibilità" ad aprile; "Giornata internazionale contro l'omofobia, la transfobia e la bifobia" a maggio; "Mese dell'orgoglio LGBT" a giugno; "Giornata dello Spirito" in ottobre; "Giornata di sensibilizzazione sull'intersessualità" in ottobre; il "Transgender Day of Remembrance" a novembre oltre, evidentemente, la giornata celebratasi il 31 marzo sulla "visibilità transgender".
Oltre al leader evangelico Franklin Graham, i primi a reagire contro la sfacciata blasfemia di Joe Biden sono stati, per ora, i leader cristiani evangelici del Massachusetts, successivamente lo hanno fatto altri leaders evangelici in diversi programmi televisivi nazionali ed anche, seppur indirettamente, il Cardinale Wilton Gregory.
A difesa di Biden è intervenuto il portavoce della Casa Bianca Andrew Bates ma nulla ha potuto per giustificare l'ennesimo divieto anticristiano emesso dalla Casa Bianca, stavolta si proibisce ai bambini di raffigurare temi religiosi, quando inviano le uova di Pasqua per il concorso artistico "Celebrating National Guard Families": i lavoretti non devono «includere alcun contenuto discutibile, simboli religiosi, temi apertamente religiosi». Tutti indizi univoci, l'unica devozione pubblica di Biden è verso abortisti e lobbies Lgbt, l'anticristianesimo è sempre più la sua trama politico-elettorale.

Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Biden sogna le auto elettriche. Ma così perde le elezioni" spiega perché Biden vuole che il 56% delle nuove auto immatricolate siano elettriche entro il 2032. Ma agli americani costerebbe troppo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 marzo 2024:

In tempi elettorali si cerca di portare a termine, entro il giorno del voto, tutti i programmi. L'amministrazione Biden non fa eccezione. Considerando che la sua priorità è sempre stata l'agenda verde, ora promette un piano per trasformare completamente il parco macchine degli americani, da benzina a elettrico.
L'obiettivo, molto ambizioso, è quello di arrivare al 56% di nuove auto immatricolate elettriche entro il 2032. Entro quella data, dunque, le aziende automobilistiche devono convertire le loro linee di produzione per rispettare la quota. Le aziende potranno ancora produrre veicoli a benzina, a patto che siano una percentuale ridotta della loro linea di prodotti totale.
Secondo l'Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA), il regolamento promulgato mercoledì risparmierà 7 miliardi di tonnellate di emissioni di anidride carbonica nei prossimi 30 anni.
Ma da che quantità di auto elettriche si parte? L'anno scorso i veicoli elettrici hanno rappresentato meno dell'8% di tutte le vendite di auto nuove. Più della metà erano Tesla. Hanno rappresentato meno del 4% delle vendite di General Motors e Ford, pilastri dell'industria automobilistica americana. Le case di lusso europee, come BMW (12,5%), Mercedes (11,4%) e Porsche (10%) avranno più facilità a rispettare gli obiettivi di Biden, perché i loro clienti più abbienti possono permettersi più facilmente veicoli elettrici.
E sì che gli Stati Uniti stanno adottando un approccio già più moderato rispetto all'Unione Europea e al Regno Unito, che vieteranno tutte le vendite di auto a benzina a partire dal 2035, salvo rinvii. Le case automobilistiche americane hanno quindi ringraziato l'amministrazione democratica per aver «moderato il ritmo di adozione dei veicoli elettrici» nei «prossimi anni (molto critici) della transizione verso i veicoli elettrici», pur definendo i suoi obiettivi «ancora un'esagerazione».
Da un punto di vista elettorale, un provvedimento del genere, potrebbe rivelarsi un boomerang per Biden. In una nazione di dimensioni continentali, con una mobilità altissima della popolazione, praticamente senza più ferrovie, chiunque verrebbe danneggiato da una legge che impone di cambiare auto per acquistarne una ancora fuori dalla portata dei ceti medi. Il prezzo medio di vendita di un veicolo elettrico è stato di circa 53.500 dollari l'anno scorso. Il salario medio annuo negli Stati Uniti è di circa 59mila dollari. Come constata un editoriale del Wall Street Journal: «Le aziende sovvenzionano pesantemente i veicoli elettrici con i profitti delle auto a benzina. Ciò significa che gli americani della classe media di Fargo pagano di più per le auto a benzina, mentre i ricchi della Napa Valley possono acquistare veicoli elettrici più economici».
Trump coglie l'occasione per arricchire la sua campagna elettorale di nuovi argomenti e si è impegnato, in caso di vittoria a novembre, a smantellare le norme ambientali varate da Biden. Una portavoce della campagna di Trump, Karoline Leavitt, ha dichiarato che le regole «costringeranno gli americani ad acquistare auto ultra costose che non vogliono e non possono permettersi, distruggendo nel contempo l'industria automobilistica statunitense».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 2 aprile 2024

4 - MEGLIO LA SEPOLTURA CHE LA CREMAZIONE, RETAGGIO DEL PAGANESIMO
Per i cristiani resta preferibile la sepoltura che esprime la fede nella risurrezione grazie al segno della morte come dormizione (ben espresso nell'Eterno riposo)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Bussola Mensile, febbraio 2024

Cremazione: sì o no? Ormai tutti i cattolici sanno che la cremazione, quando non è motivata da ragioni contrarie alla fede, viene ammessa e, di conseguenza, non vengono più negate le esequie. L'Istruzione Ad resurgendum cum Christo, della Congregazione per la Dottrina della Fede (15 agosto 2016) spiega che l'atto di cremare le spoglie mortali non comporta di per sé nulla di contrario né all'immortalità dell'anima né alla risurrezione della carne alla fine della storia.
Tuttavia, a più riprese, l'Istruzione insiste sul fatto che «la Chiesa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro». La cremazione non è dunque considerata come equivalente all'inumazione o alla deposizione, nonostante ormai tra noi cattolici sembra che la cremazione sia divenuta una pratica diffusa. Potremmo dire che per la cremazione è avvenuto qualcosa di analogo alla Comunione sulla mano: due pratiche per secoli sostanzialmente proibite sono state di recente ammesse (entrambe durante il pontificato di Paolo VI, rispettivamente nel 1963 e nel 1969), finendo per diventare addirittura preferenziali. E ciò, nonostante la Chiesa mantenga fermo che le due modalità non si collochino sullo stesso piano, ma l'una sia raccomandata, l'altra semplicemente permessa.

I CRISTIANI RIFIUTARONO LA CREMAZIONE
Come spiegare questa stranezza? Diamo prima una rapida occhiata a come, storicamente, i cristiani si siano posti di fronte alla cremazione. È fuori discussione che, fin dai primi secoli, i cristiani rifiutarono la pratica della cremazione in uso tra i pagani. Minucio Felice, autore cristiano del II-III secolo, scriveva nell'Octavius che i pagani si prendevano gioco della credenza della risurrezione dei morti, che essi consideravano alla stregua di aniles fabulas, favole da vecchiette; è a causa di questa credenza che i cristiani «esecrano i roghi e condannano le cremazioni». Dunque, anche ai pagani era chiaro che il rifiuto delle cremazioni era legato alla fede nella risurrezione della carne. Non dobbiamo pensare che i cristiani dei primissimi secoli fossero così sempliciotti da ritenere che questa pratica avrebbe impedito la risurrezione di corpi ridotti in ceneri: lo spettacolo dei corpi dei martiri smembrati, mangiati dalle fiere, scorticati, era più che sufficiente per metterli al sicuro dalla tentazione di pensare che Dio non avrebbe potuto resuscitare se non un corpo integro.
Qual è dunque questo legame tra il rifiuto della cremazione e la risurrezione della carne, che anche i pagani constatavano, pur senza capirne il senso?
L'inumazione è il segno più chiaro ed esplicito della dinamica insegnata da San Paolo: «Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Così (...) la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale» (1Cor, 15, 36. 42-44). "Seminare" il corpo mortale è il grande segno con cui i cristiani esprimono che quel corpo risorgerà glorioso; la Chiesa ha sviluppato i suoi riti funebri proprio su questo gesto così semplice e così importante, che apre il tempo dell'attesa. Come ogni buon contadino, anche la Chiesa semina e attende: semina corpi corruttibili e attende che, per la potenza divina, germoglino incorruttibili. Questo segno viene meno con la cremazione, che è appunto il contrario della semina e dell'attesa paziente, realizzando l'annientamento violento e repentino del corpo: le carni vengono bruciate a quasi mille gradi, provocando un movimento della salma per effetto della contrazione muscolare provocata dal calore; le ossa e i denti, che non bruciano, vengono frantumate e polverizzate a parte.

L'ETERNO RIPOSO
La cremazione è anche la distruzione del grande segno della morte come sonno-riposo, meravigliosamente espresso dalla preghiera del Requiem æternam, che si sposa perfettamente con l'atto di calare nella terra o nel sepolcro, in posizione orizzontale, il corpo del defunto, in continuità con l'insegnamento profetico: «Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno» (Dn 12,2). L'idea della morte-sonno è ripresa anche dal Signore Gesù, che così annunciava ai discepoli la morte dell'amico Lazzaro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo» (Gv 11,11). Nell'atto della sepoltura si esprime dunque questo segno della morte come sonno e riposo, ma che attende quel "risveglio", che Cristo opererà sui nostri corpi, alla fine del mondo.
Né si può trascurare il fatto che i cristiani vogliono conformare a Cristo la propria vita e la propria morte. E se non spetta a loro decidere come e quando morire, essi però possono disporre dei riti di sepoltura.
C'è poi anche un'importante questione: la cremazione distrugge alla radice la possibilità delle reliquie, la possibilità che le spoglie dei santi operino miracoli, perché lo Spirito Santo continua ad agire tramite questi resti benedetti, che sono stati il suo tempio.
Queste riflessioni a noi, figli di una mentalità razionalista e utilitarista, possono sembrare al massimo un po' romantiche.  Quel che conta è l'utilità di un atto, oppure, in un'ipotesi migliore, se vi siano idee contrarie alla dottrina. Ma per secoli non è stato così. Forti non solo della fede, ma dell'espressione di questa fede nei segni, i cristiani hanno portato di fatto all'estinzione di questa pratica, che consideravano, a ragione, come ripugnante. Non è una questione di stomaco, ma di coerenza appunto nel segno. E la storia insegna che i segni sono fondamentali nella trasmissione della fede.

Fonte: La Bussola Mensile, febbraio 2024

5 - UN SACERDOTE DICE CHE L'OMOSESSUALITA' E' PECCATO E IL GOVERNO FRANCESE LO DENUNCIA
Guai a ricordare gli insegnamenti della Chiesa in tema di moralità perché si viene accusati di discriminazione e incitamento all'odio
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone, 25 marzo 2024

L'Abate Matthiey Raffray è un sacerdote cattolico francese membro dell'Istituto del Buon Pastore, società di vita apostolica di diritto pontificio, istituita nel 2006 dalla Congregazione per il Clero, i cui sacerdoti celebrano la Santa messa secondo il messale del 1962. Dal 2021 è Assistente del Superiore Generale. Teologo, filosofo e professore presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, ha pubblicato diversi libri ed ha una significativa presenza sui social media.
Ciò che però lo ha condotto agli onori della cronaca non è questo curriculum di tutto rispetto, bensì l'azione legale che il governo francese ha intrapreso nei suoi confronti per aver dichiarato che l'omosessualità, non la tendenza in sé ma gli atti (ovvero ciò che la Chiesa insegna nel suo magistero) è peccato. Ne ha parlato in un video pubblicato qualche giorno fa sul suo profilo Instagram, seguito da 60000 utenti. La caption che accompagna il video spiega chiaramente il senso del contenuto che si può fruire e che si immagina rivolto principalmente ai fedeli cattolici:
«Gesù Cristo è il nostro Salvatore: viene a salvarci dai nostri vizi, dai nostri peccati, prendendosi cura delle nostre ferite interiori e fortificandoci per mezzo della sua grazia. Ma c'è bisogno innanzitutto che riconosciamo i nostri errori e le nostre debolezze: sì, siamo tutti peccatori!» Potrebbe essere l'apertura di qualsiasi catechesi o meditazione quaresimale nella quale potremmo imbatterci andando in parrocchia, ora non più con la stessa certezza statistica, a essere onesti. Peccato per gli hashtag, un po' più espliciti nell'indicare tra i molti vizi e peccati che possono ferirci e ostacolarci interiormente anche l'omosessualità. Ed è proprio questo riferimento che la sempre zelante sedicente comunità LGBTetc non ha lasciato passare senza appiccare i soliti roghi di commenti feroci, vittimistici, accusatori. Efficaci, purtroppo, al punto da ottenere l'avvio di un'azione legale a carico del sacerdote.

DIRE PUBBLICAMENTE QUELLO CHE LA FEDE CATTOLICA INSEGNA
La dichiarazione più pesante in risposta alla breve catechesi del noto Abate sono quelle niente meno del Ministro per l'uguaglianza di genere, la diversità e le pari opportunità, Aurore Bergé, che ha bollato le parole del presbitero cattolico come "inaccettabili" e, sempre via social, ha dato seguito a tanto sdegno istituzionale: «In un messaggio pubblicato su X, ha detto di aver "chiesto alla delegazione interministeriale per la lotta al razzismo, all'antisemitismo e all'odio anti-LGBT (DILCRAH) di segnalare la questione al pubblico ministero sulla base dell'articolo 40" del codice di procedura penale. Il DILCRAH ha preso atto del messaggio del ministro e ha confermato di aver "notificato il pubblico ministero dei commenti omofobi fatti dal signor Raffray sui suoi social network". Nel suo messaggio, la delegazione ha aggiunto: "Parlare di omosessualità come debolezza è vergognoso"».
Ciò che viene contestato al sacerdote è di dire pubblicamente quello che la fede cattolica insegna e non può smettere di fare perché farebbe un torto a sé stessa e al bene più grande che è in gioco (e non è un gioco!): la verità sull'uomo e la salvezza delle anime. Sì, siamo peccatori, capaci di peccare in molti modi; in nostro soccorso  viene la Grazia del Signore. Guai però ricordare come le pratiche omosessuali siano parte dell'elenco dei possibili peccati, perché in questo modo si osa sfidare un dogma laicista ormai ritenuto indiscutibile: non l'accettazione delle tendenze omosessuali, ma la promozione, addirittura la nobilitazione dell'omosessualità vissuta e praticata.

OMOFOBIA
Fa sorridere il capo d'accusa perché l'inesistente, ma obbligatorio, termine pseudoscientifico di "omofobia" parla di paura; che paura può mai avere la Chiesa di Cristo di fronte al male se è l'unica a poter vantare a capo del proprio esercito il vincitore contro il principio di ogni male? Tant'è. In Francia e non solo lì ciò che è chiaramente sotto attacco è la morale cattolica e più a monte ancora la visione dell'uomo come creatura indebolita dal peccato e bisognosa di una salvezza che è entrata nella storia. Non si può dire, o meglio non si può dire "gratis".
In un'intervista al settimanale Famille Chrétienne lo stesso sacerdote sotto accusa ha dichiarato come questo ultimo attacco sia l'ennesimo tentativo di «intimidire l'insegnamento morale tradizionale della Chiesa cattolica: "È la moralità cristiana che è sotto attacco", ha spiegato, aggiungendo che non stava facendo altro che citare il Catechismo della Chiesa cattolica, e in particolare §2357: L'omosessualità si riferisce alle relazioni tra uomini o donne che sperimentano un'attrazione sessuale esclusiva o predominante per persone dello stesso sesso. Ha assunto forme molto diverse nel corso dei secoli e in culture diverse. Le sue origini psicologiche rimangono in gran parte inspiegabili. Sulla base della Sacra Scrittura, che la presenta come una grave depravazione, la Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati"».
Nonostante altri procedimenti a carico di esponenti della chiesa cattolica in Francia siano finiti con un nulla di fatto, dal momento che non può essere considerato discriminatorio o incitante all'odio proporre gli insegnamenti della Chiesa in tema di moralità, questi episodi e i toni sempre più violenti addirittura assunti da cariche istituzionali confermano il clima di aperta ostilità nei confronti dei cristiani e di ciò che portano nel mondo. Ci si può chiedere, ancora una volta senza paura, chi spinge a odiare chi? Ma siamo cristiani, a certe cose siamo stati istruiti dal più Alto in carica.

Fonte: Sito del Timone, 25 marzo 2024

6 - PAPI E ANTIPAPI, SEDE VACANTE E PAPA LEGITTIMO (2° parte)
Lo Scisma d'Occidente per secoli ha causato dubbi sulla legittimità di alcuni papi, o presunti tali, come il famoso caso di Giovanni XXIII
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25 febbraio 2024

La lunga crisi del Grande Scisma d'Occidente aveva messo a dura prova l'unità della Chiesa. Non solo durante i quarant'anni dello Scisma ma anche successivamente non fu facile dipanare il groviglio della legittimità dei tre pontefici. In particolare, quella del cardinale Baldassarre Cossa, che prese il nome di Giovanni XXIII (ca 1370-1419), quando venne eletto al Concilio di Pisa del 1410. Basti pensare che papa Martino V (1369-1431), eletto l'11 novembre 1417 durante il Concilio di Costanza, ossia il papa del (provvisorio) ritorno all'unità, si riteneva successore non di colui che oggi consideriamo il papa legittimo, ossia Gregorio XII (ca 1335-1417), ma appunto di Giovanni XXIII. Dunque un papa legittimo, riteneva di succedere ad un papa in realtà illegittimo...
Ad essere ancora più sorprendente è invece il fatto che Cossa/Giovanni XXIII risultava nella lista dei papi legittimi ancora nell'Annuario Pontificio del 1946! Una prova indiretta della convinzione della sua legittimità la troviamo anche nel famoso romanzo di Robert H. Benson, Il Padrone del Mondo, pubblicato nel 1907; Benson immaginava che tra gli ultimi due papi della storia della Chiesa ci sarebbe stato un "Giovanni XXIV", proprio perché agli inizi del Novecento, cinque secoli dopo il Grande Scisma, Cossa era ancora considerato papa legittimo. Mentre l'ultimo papa immaginato da Benson prende il nome di Silvestro III, perché Giovanni de' Crescenzi Ottaviani (ca 1000 - ca 1062), che prese proprio il nome di Silvestro III e il cui pontificato durò poco meno di due mesi, è stato considerato antipapa fino a tempi recenti.
Insomma un antipapa considerato papa per secoli e un papa legittimo ritenuto antipapa. Altri casi analoghi si sono verificati nella storia della Chiesa, come, per esempio, quello di Pietro Filargis/Alessandro V (ca 1339-1410), altro "papa" eletto al Concilio di Pisa, così che nei tondi della Basilica di San Paolo fuori le Mura vi sono raffigurati antipapi come fossero sommi pontefici, mentre non compaiono le immagini dei papi legittimi.

GIOVANNI XXIII
Torniamo a Cossa/Giovanni XXIII. Il 27 ottobre 2018, il pronipote di Angelo Roncalli, Marco Roncalli, saggista e biografo del "papa buono", scrisse un interessante articolo per La Stampa, nel quale rivelava alcuni fatti inediti che portarono il Patriarca di Venezia a scegliere il nome di Giovanni XXIII e non quello di Giovanni XXIV.
Roncalli desiderava assumere il nome di Giovanni, perché era quello del padre e della chiesa nella quale era stato battezzato, oltre che, ovviamente, dell'Apostolo diletto, del Battista e primo nome di Marco, l'evangelista. Ma c'era la questione di Cossa/Giovanni XXIII: se questi veniva considerato papa, allora Roncalli avrebbe dovuto seguire la numerazione successiva; in caso contrario, assumere la stessa del Cossa.
All'"appuntamento" del 28 ottobre 1958, giorno della sua elezione al Soglio di Pietro, il cardinale Roncalli arrivò comunque ben preparato. Nel settembre del 1958, dunque un mese prima della sua elezione, Roncalli era stato chiamato a Lodi da monsignor Tarcisio Benedetti. Roncalli si trovava, insieme ad altri invitati, in una sala del Palazzo episcopale, la "Sala gialla", dove vi era una grande raffigurazione di Baldassarre Cossa/Giovanni XXIII. Il dipinto ricordava l'evento dell'incontro tra il cardinale napoletano e l'imperatore Sigismondo, uniti nell'intento di porre fine alla divisione e che determinò l'indizione del Concilio di Costanza. Una frizzante disputa tra due storici si accese sul personaggio rappresentato nel dipinto, alla presenza del Patriarca: uno storico riteneva che Cossa fosse papa legittimo, un altro che invece fosse antipapa. Sembra che Roncalli abbia cercato di conciliare gli animi, affermando che un futuro papa Giovanni avrebbe risolto la questione: se si fosse chiamato Giovanni XXIII, significava che Cossa era stato un antipapa; se XXIV, Cossa doveva essere considerato papa legittimo.

DURANTE IL CONCLAVE
Un'altra testimonianza riportata nell'articolo, di molto precedente a quella appena menzionata, proviene dalla rivista Sursum corda (1974) del Seminario Romano. In un ricordo di Raffaele Boyer, compagno di Roncalli, è emerso che, dopo la morte di Leone XIII (20 luglio 1903), il futuro papa era piuttosto contrariato dal fatto che Baldassarre Cossa fosse considerato papa legittimo nei diversi libri di storia della Chiesa da lui consultati, così come pure sull'Annuario Pontificio. È più che probabile che Roncalli ritenesse vera la "leggenda nera" su Cossa, ma, a parte questo, il Concilio di Costanza lo aveva comunque dichiarato non legittimo, ed egli propendeva perciò per la sua illegittimità.
Il segretario particolare di Giovanni XXIII, mons. Loris Capovilla, ha testimoniato che, durante il conclave, Roncalli gli avrebbe chiesto di procurargli l'Annuario Pontificio. È possibile che egli avesse percezione, da come stavano andando le votazioni e i confronti tra i cardinali, che lo Spirito Santo stesse soffiando su Venezia, come poi di fatto avvenne; e pertanto il Patriarca voleva essere certo di non compiere un errore nella scelta del nome, assicurandosi che l'Annuario portasse il nome di ventidue papa "Giovanni" e non ventitré.
Aneddoti giovannei a parte, la storia mostra come la questione della legittimità di un papa non sia sempre pacifica. Occorre però fare una precisazione molto importante: i dubbi riguardo ad un pontefice sono legittimi nella misura in cui la sua accettazione non è stata pacifica e universale da parte della Chiesa. E in effetti, il conclave che portò all'elezione di Urbano VI avvenne sotto la minaccia del popolo romano, elemento che fin da subito creò dubbi sulla validità di quella elezione, dubbi sostenuti da una parte degli stessi cardinali che a quel conclave parteciparono. È solo in queste situazioni che vale il principio papa dubius, papa nullus, secondo la breve spiegazione che avevamo dato nello scorso articolo. Quando invece un papa viene accettato pacificamente e universalmente dalla Chiesa, il discorso cambia radicalmente. Ne parleremo in dettaglio nei prossimi articoli.

Nota di BastaBugie:
l'autrice del precedente articolo, Luisella Scrosati, nell'articolo seguente dal titolo "Martino V e la questione del Papa legittimo" prosegue con il racconto di quel travagliato periodo di storia della Chiesa.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 3 marzo 2024:

Martino V (1369-1431) fu il papa finalmente unico, dopo quarant'anni di scisma. Eletto durante il Concilio di Costanza, l'11 novembre 1417, riuscì a governare la Chiesa per un tempo relativamente lungo (13 anni). Oddone Colonna, questo il suo nome di battesimo, aveva erroneamente sostenuto la legittimità di Giovanni XXIII, del quale si considerava successore.
C'è un aspetto di questo pontificato, che merita di essere portato alla luce. Martino dovette porre mano alle agitazioni alimentate da John Wyclif († 1384) e Jan Hus (ca 1371-1415). Il primo, originario dello Yorkshire, insegnante all'Università di Oxford, si fece alfiere di un movimento antipapale inglese, tanto più che si era nell'epoca dei papi avignonesi, papi cioè provenienti da e residenti nella nemica Francia. Scrisse numerosi testi teologici e raccolse attorno a sé un nutrito gruppo di predicatori popolari, i famosi lollardi. Il secondo, boemo, subì l'influenza di Wyclif e in sostanza ne abbracciò le posizioni ereticali. Sia i lollardi che gli ussiti ebbero grande diffusione nei paesi di origine dei due "fondatori".
Più nello specifico, entrambi erravano soprattutto riguardo alla natura della Chiesa e ai diritti e alle prerogative del papa. La loro sottolineatura sull'importanza della pietà personale dei ministri di Dio si spinse fino ad identificare la Chiesa con la comunità di coloro che vivevano ispirati a questa pietà. Essi sostenevano pertanto che la Chiesa non fosse quella visibile, che appariva corrotta e divisa, ma quella invisibile; e che pertanto, a dover essere riconosciuti come membri della Chiesa, non erano quanti erano annoverati tra il clero, e nemmeno quanti vi appartenevano giuridicamente e formalmente, ma esclusivamente i "veri fedeli", conosciuti solo da Dio. Mettevano in discussione la validità delle scomuniche comminate dai pontefici, la loro autorità, l'estensione del potere di legare e sciogliere, così come il fatto che il papa era il successore dell'apostolo Pietro. Per questa insufficiente comprensione della natura della Chiesa, essi ritenevano che fosse sufficiente la sola ordinazione per poter amministrare i sacramenti, inclusa la facoltà di assolvere: non era necessario alcun mandato o giurisdizione e, pertanto, nessuno poteva impedire lo svolgimento del ministero, nemmeno con sanzioni. Altri errori riguardavano le indulgenze, l'Eucaristia e il Purgatorio, e vennero tutti condannati al Concilio di Costanza.
Quando Oddone divenne papa, sia Wyclif che Hus erano già morti, ma il loro movimento imperversava in Europa. Martino V decise allora di emanare una bolla, la Inter cunctas (22 febbraio 1418), indirizzata ai vescovi e agli inquisitori, con una lista di domande da porre ai sospetti seguaci dei due contestatori, per verificare se credessero rettamente, secondo la fede cattolica. Tra le quasi 40 domande, troviamo anche la seguente: «se crede che il papa canonicamente eletto, per tutto il tempo in cui è in carica, una volta scelto il proprio nome, è il successore del beato Pietro e possiede la suprema autorità nella chiesa di Dio» (Denz. 1264). Qualche precisazione alla traduzione italiana. L'espressione pro tempo fuerit sottolinea proprio quel papa che, eletto legittimamente, è in carica - potremmo tradurre: il papa del momento - e che ha espresso il proprio nome (eius nomine proprio expresso). Dunque, il papa la cui legittima elezione è stata riconosciuta, che ha accettato l'incarico, esprimendo questa accettazione con l'autoimposizione del nome.
Perché Martino V aveva inserito questa domanda nella bolla? Perché lollardi e ussiti sostenevano che un papa era legittimo alla condizione che sarebbe stato accettato anche da loro. Martino V invece esigeva che essi riconoscessero come papa colui che era stato legittimamente eletto e riconosciuto come tale dalla Chiesa. Dunque, il rifiuto di tale papa riconosciuto dalla Chiesa universale costituisce, per Martino V, non solo un problema disciplinare, ma dottrinale.
Avremo modo di vedere più da vicino quella che viene chiamata la dottrina dell'accettazione pacifica e universale del papa. Per ora, soffermiamoci ancora un attimo sul contesto storico. Abbiamo detto che Martino V emergeva da un contesto pluridecennale di incertezza su chi fosse realmente il papa legittimo. A questo occorre aggiungere che non erano stati pochi i pontefici indegni o comunque assai problematici, sia in un arco temprale prossimo a quello del Grande Scisma come anche quello più remoto (vi abbiamo dedicato numerosi capitoli in questa rubrica domenicale). Si potrebbe dunque comprensibilmente ritenere che il buon senso avrebbe voluto che, alla luce dei precedenti storici, Martino V lasciasse con indulgenza qualche margine di dubbio in più sulla legittimità di un pontefice; e invece accadde il contrario, tra l'altro proprio da parte di quel pontefice che si considerava successore di quello che in realtà risulterà essere un antipapa.
Secondo aspetto importante che emerge dal contesto storico: l'elezione di Martino V, a differenza di quella dei papi e degli antipapi dei quarant'anni precedenti, era stata riconosciuta da tutta la Chiesa. Tuttavia, permanevano dei gruppi, come appunto quelli dei lollardi e degli ussiti, che invece continuavano a contestare non solo la dottrina sul papato, ma anche che Martino V fosse effettivamente il papa. Il punto colto dalla Inter cunctas è di estrema importanza: per l'integrità della fede cattolica non è sufficiente, sebbene sia necessario, credere che il vescovo di Roma è il successore dell'apostolo Pietro e ne eredita le prerogative di legare e sciogliere, di essere il fondamento della Chiesa, di possedere l'autorità suprema, eccetera. Occorre anche riconoscere che quel papa legittimamente eletto, che porta quel preciso nome che lo identifica, è concretamente e attualmente il successore di Pietro. Se questo secondo aspetto non fosse necessario, si potrebbero verificare due situazioni molto gravi: che l'assenso ad una dottrina corretta non abbia però alcuna conseguenza reale (il papa è realmente come lo definisce la Chiesa, ma non è possibile sapere chi sia e se ci sia); che si confessi l'apostolicità della Chiesa, principalmente nella successione ininterrotta della Sede Romana, mentre si afferma però che la Sede è vacante, fino a quando il proprio giudizio personale o di un gruppo, anche vasto, di persone non stabilisca diversamente.
Martino V, di fronte ai wycliffiti e agli ussiti, intendeva blindare la fede cattolica su entrambi i versanti: la dottrina relativa al successore di Pietro si deve tradurre nella concreta accettazione del papa legittimamente eletto, così come il giudizio su chi sia o non sia il papa non può essere determinato da un gruppo di fedeli e/o sacerdoti, ma dall'accettazione universale della Chiesa nella sua totalità morale (non numerica, che non esisteva nemmeno ai tempi di Martino V). Se così non fosse, si aprirebbero degli scenari per cui la Chiesa universale potrebbe cadere in errore su un aspetto fondamentale per la fede. Ma di questo parleremo la prossima volta.

DOSSIER "PAPI E ANTIPAPI"
Sede vacante e Papa legittimo

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25 febbraio 2024

7 - OMELIA II DOMENICA PASQUA - ANNO B (Gv 20,19-31)
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati
Fonte Il settimanale di Padre Pio

La seconda domenica di Pasqua è la cosiddetta "Domenica della Divina Misericordia". È chiamata così in seguito alle richieste che Gesù rivolse a santa Faustina, di celebrare la domenica successiva a quella di Pasqua in onore dell'infinita misericordia con cui Egli ci ha amati e redenti.
Il Vangelo di oggi si armonizza molto bene con il tema della Misericordia. Il brano dell'evangelista Giovanni riporta infatti l'apparizione di Gesù agli Apostoli avvenuta «la sera di quel giorno» (Gv 20,19), il giorno della Risurrezione. In quell'apparizione, Gesù istituì il sacramento della Riconciliazione.
Apparendo agli Apostoli, Gesù, dopo aver alitato su di loro, disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22-23). Con queste parole, Gesù ha dato alla Chiesa il potere di rimettere i peccati.
A santa Faustina, Gesù fece una meravigliosa promessa. Egli volle che in questa domenica si parlasse della Divina Misericordia e disse: «Chi si accosterà alla sorgente della vita – ovvero alla Confessione e alla Comunione – questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene». Poi continuò dicendo: «L'umanità non troverà pace, finché non si rivolgerà con fiducia alla Mia Misericordia. Oh quanto mi ferisce la diffidenza di un'anima! Tale anima riconosce che sono santo e giusto, e non crede che Io sono misericordioso, non ha fiducia nella Mia bontà».
In questa domenica siamo chiamati anche noi a glorificare l'infinita misericordia di Dio. Accostiamoci con fiducia al Sacramento del suo perdono, fondando il nostro proposito di non peccare più non sulle nostre forze, che sono molto piccole, ma sul suo santo aiuto, come recitiamo nell'"Atto di dolore".
Per fare una buona Confessione c'è bisogno di cinque cose: un buon esame di coscienza dall'ultima Confessione ben fatta; un'accusa sincera dei peccati, senza tacere volutamente nulla; un vivo dolore per le colpe commesse; un fermo proposito di non commetterle più; l'adempimento della penitenza imposta dal sacerdote. Chiediamo la grazia di pentirci con tutto il nostro cuore e di confessarci sempre bene. È questa la grazia più grande che è come la base per un cammino spirituale che ci porterà molto in alto.
Nella vita della beata Angela da Foligno si racconta un particolare molto importante. La Beata, quando era giovane, ebbe la sventura di confessarsi male per diversi anni, tacendo volutamente per vergogna alcuni peccati. A distanza di tempo, ella trovò la forza di "vuotare il sacco" e di dire tutto al sacerdote. Fu quello il tempo di un "nuovo inizio" che la portò ai vertici dell'esperienza mistica. Tutto iniziò con una Confessione ben fatta. Glorifichiamo anche noi l'infinita misericordia di Dio confessandoci sempre bene e sinceramente.
Nel Vangelo di oggi c'è un altro particolare che è di grande insegnamento: l'atto di fede dell'apostolo san Tommaso. Inizialmente, egli non volle credere alla testimonianza dei Discepoli che avevano incontrato Gesù Risorto; ma, in seguito, vide l'umanità gloriosa di Cristo Risorto e credette nella sua divinità, esclamando: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20,28).
Un atto di fede simile lo facciamo anche noi ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia. Ogni volta che vediamo l'Ostia consacrata, noi non vediamo l'umanità di Gesù e neppure la sua divinità, eppure noi riconosciamo in quell'Ostia Gesù, vero Dio e vero uomo. Quando, durante la Messa, il sacerdote eleva l'Ostia Santa, e quando preghiamo davanti al Tabernacolo, è una cosa molto bella ripetere l'atto di fede di Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Ripetiamolo spesso e crediamo senza esitare che quello che vediamo non è pane e vino, ma è Gesù vivo e vero.
A san Tommaso apostolo ravveduto, Gesù poi disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20,29). Tommaso vide l'umanità di Gesù e credette alla sua divinità; noi non vediamo nulla e, perciò, siamo beati, come ha affermato il Signore.
Volendo ora sintetizzare il contenuto del Vangelo di oggi, possiamo adoperare due parole: Confessione e Comunione. Esse costituiscono la «fonte della vita» di cui parlava Gesù a santa Faustina. Accostiamoci con fiducia a questa fonte per attingervi la vita in abbondanza. La Madonna, Madre dell'Eucaristia, ci ispiri sempre una grande fiducia nell'infinita misericordia di Dio.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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