BastaBugie n�875 del 29 maggio 2024

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1 DANTE HA I GIORNI CONTATI... AGLI ISLAMICI NON PIACE
A Treviso studenti islamici vengono esonerati dalle lezioni in cui si spiega la Divina Commedia, mentre nell'università di Torino l'imam inneggia alla guerra santa
Autore: Marco Lepore - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 ANNUNCIO UFFICIALE: CARLO ACUTIS SARA' SANTO
Una ragazza caduta dalla bicicletta a Firenze, con un trauma cranico grave e senza speranza di sopravvivere, per sua intercessione ottiene un'inspiegabile guarigione (DOPPIO VIDEO: Carlo Acutis e l'autostrada per il cielo)
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Sito del Timone
3 IN SCOZIA PUOI FINIRE IN PRIGIONE SE AFFERMI CHE I SESSI SONO SOLO DUE
Se è la presunta vittima, con criteri soggettivi, a decidere cosa sia un crimine d'odio significa incarcerare chi si azzarda a criticare l'omosessualità
Autore: Matteo Delre - Fonte: Provita & Famiglia
4 TUTTI HANNO BISOGNO DI UN PADRE SPIRITUALE
Camminare verso Dio è come andare in montagna: per salire occorre affidarsi a una guida esperta, poiché chi pensa di orientarsi da solo si perde
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Bussola Mensile
5 SCHIAVA DI BOKO HARAM, PREGAVA DIO E OGGI E' LIBERA
Boko Haram è un'organizzazione terroristica islamica che dal 2000 è responsabile in Nigeria di migliaia di morti, rapimenti di ragazze e conversioni forzate
Fonte: Sito del Timone
6 ASTENSIONISMO ALLE URNE, QUALCHE RAGIONE PER CAPIRE
Senso di tradimento, differenze minime tra i partiti, inutilità del voto hanno fatto crollare il numero di votanti alle elezioni (forse anche alle prossime europee)
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA CORPUS DOMINI - ANNO B (Mc 14,12-16.22-26)
Questo è il mio sangue dell'alleanza
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - DANTE HA I GIORNI CONTATI... AGLI ISLAMICI NON PIACE
A Treviso studenti islamici vengono esonerati dalle lezioni in cui si spiega la Divina Commedia, mentre nell'università di Torino l'imam inneggia alla guerra santa
Autore: Marco Lepore - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27 maggio 2024

Aveva ragione da vendere, il compianto cardinal Giacomo Biffi, quando, parlando della immigrazione, affermava che «un ecumenismo politico astratto e imprevidente», incapace di comprendere i criteri con cui accogliere gli immigrati, avrebbe preparato per il nostro popolo «un futuro di lacrime e di sangue». E quel futuro di lacrime e sangue è arrivato. Ma, occorre ribadirlo, il problema non sono innanzitutto loro, gli islamici, bensì noi, i cristiani (o, meglio, i post-cristiani), che stiamo segando con masochistico livore il ramo su cui la nostra civiltà sta appollaiata.
Il fatto: in una scuola media della provincia di Treviso, due studenti sono stati esonerati dallo studio della Divina Commedia di Dante Alighieri su richiesta dei genitori musulmani, che hanno ritenuto l'opera incompatibile con la propria religione, sostenendo che contenga offese all'islam. Ma c'è di più: l'insegnante di lettere della scuola di Treviso, infatti, ha avuto la "geniale" idea di chiedere agli alunni che non seguono l'ora di religione (chissà perché solo a loro...) di sondare il parere dei genitori sull'insegnamento di opere a carattere religioso e, guarda un po', di fronte al prevedibilissimo parere negativo, ha sostituito d'emblée lo studio di Dante con quello di Boccaccio.
Indubbiamente, la Divina Commedia non è tenera con il fondatore della religione islamica, ma ha le sue buone ragioni. Dante lo colloca all'Inferno, al canto 28esimo, tra i dannati, colpevole di non essere cristiano e per avere favorito la separazione della comunità degli uomini. Del resto, la storia non mente, e sin dagli inizi (e ancora oggi) l'impeto per la sottomissione degli "infedeli" ha prodotto carneficine, "guerre sante" di conquista, distruzione di luoghi sacri e altre multiformi forme di oppressione nei confronti di chi aderisce ad altri credo religiosi. Come pena per tali azioni, Dante descrive Maometto sottoposto ad orrende mutilazioni del corpo da parte di un diavolo, con il corpo squartato e le interiora che fuoriescono.

DIVINA COMMEDIA INDIGESTA
Certamente non deve essere piacevole, per chi professa la fede islamica, leggere simili cose, tuttavia - al di là delle ragioni che da parte cristiana si potrebbero addurre - occorre tenere presente che chi si trasferisce in un paese straniero, sede di una tradizione e religione diverse dalla propria, è tenuto a integrarsi, accettando e rispettando anche ciò che non è conforme alle proprie convinzioni. Diversamente, meglio scegliere un paese con una cultura affine alla propria.
Assistiamo, invece, alla dinamica opposta, particolarmente nei paesi europei. Già da qualche anno, per esempio, in alcuni paesi come Olanda e Belgio (sedi di importanti comunità islamiche), è stata adottata una versione della Divina Commedia curata dalla traduttrice fiamminga Lies Lavrijsen, ritradotta in modo tale da evitare di urtare i musulmani. «Questa versione si rivolge a lettori più giovani e il cambiamento è pensato per non ferire inutilmente gli islamici», spiegò a suo tempo la traduttrice, affermando (vergognosamente!) che nella Divina Commedia «Maometto subisce un destino crudo e umiliante solo perché è il precursore dell'islam»; per questo motivo, pur riportando tutto l'episodio descritto da Dante, viene omesso il nome di Maometto, ritenuto «non necessario per la comprensione del testo letterario».
L'episodio della scuola di Treviso, che si inserisce sulla scia di quanto accaduto in occasione della fine del Ramadan e, in questi ultimi giorni, della vicenda della preghiera islamica all'interno della Università di Torino, altro non è che una ulteriore prova del processo di integrazione a rovescio che si sta attuando.

LA "PROFEZIA" INASCOLTATA DEL CARDINALE GIACOMO BIFFI
Forse vale la pena, allora, nella speranza che possano essere di aiuto a invertire la rotta o, quanto meno, a favorire una sana riflessione, rispolverare le raccomandazioni che il Cardinale Biffi fece allo Stato Italiano e anche alle comunità cristiane.
Tre convincimenti nei confronti dello Stato italiano:
«Di fronte al fenomeno dell´immigrazione, lo Stato non può sottrarsi al dovere di regolamentarlo positivamente con progetti realistici (circa il lavoro, l´abitazione, l´inserimento sociale), che mirino al vero bene sia dei nuovi arrivati sia delle nostre popolazioni».
«Poiché non è pensabile che si possano accogliere tutti, è ovvio che si imponga una selezione. La responsabilità di scegliere non può essere che dello Stato italiano, non di altri; e tanto meno si può consentire che la selezione sia di fatto lasciata al caso o, peggio, alla prepotenza».
«I criteri di scelta non dovranno essere unicamente economici e previdenziali: criterio determinante dovrà essere quello della più facile integrabilità nel nostro tessuto nazionale o quanto meno di una prevedibile coesistenza non conflittuale. Un "ecumenismo politico" (per così dire), astratto e imprevidente, che disattendesse questa elementare regola di buon senso amministrativo, potrebbe preparare anche per il nostro popolo un futuro di lacrime e di sangue».
Tre persuasioni semplici ed essenziali per le comunità cristiane:
«Non è per sé compito della Chiesa e delle singole comunità risolvere i problemi sociali che la storia di volta in volta ci presenta. Noi non dobbiamo perciò nutrire nessun complesso di colpa a causa delle emergenze anche imperiose che non ci riesce di affrontare efficacemente».
«Dovere statutario del popolo di Dio e compito di ogni battezzato è di far conoscere Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio morto per noi e risorto, e il suo necessario messaggio di salvezza. E´ un preciso ordine del Signore e non ammette deroga alcuna. Egli non ci ha detto: "Predicate il Vangelo a ogni creatura, tranne i musulmani, gli ebrei e il Dalai Lama».
«Allo stesso modo, è nostro dovere l´osservanza del comando dell´amore. Di fronte a un uomo in difficoltà - quale che sia la sua razza, la sua cultura, la sua religione, la legalità della sua presenza - i discepoli di Gesù hanno il dovere di amarlo operosamente e di aiutarlo a misura delle loro concrete possibilità».
Sono raccomandazioni che risalgono a più di venti anni fa, ma conservano tutta la loro forza e ragionevolezza. Se i nostri politici e il nostro popolo avessero avuto la volontà e la forza di seguirle, forse oggi staremmo tutti meglio. Anche gli immigrati musulmani, che magari sarebbero molto meno numerosi, ma sicuramente più integrati e con maggiori possibilità di una vita dignitosa.

Nota di BastaBugie: Anna Bono nell'articolo seguente dal titolo "A Torino il jihad in Università ha una lunga tradizione" spiega cosa è successo nella sede universitaria di Palazzo Nuovo che però era già stato teatro di azioni estremiste, come nel 2003 quando si inneggiò ai terroristi di Nassiriya.
Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 maggio 2024:

Il 23 maggio l'imam Brahim Baya ha pregato a Palazzo Nuovo, una delle sedi universitarie di Torino occupate dagli studenti che vogliono il boicottaggio degli atenei israeliani. Sembra che l'idea sia partita dagli studenti musulmani che aderiscono alla protesta contro Israele. Era previsto che il giorno successivo, un venerdì, pregasse anche al Politecnico, presso la sede centrale, ma su richiesta del Rettore del Politecnico, Stefano Paolo Corgnati, la Questura di Torino ha diffidato l'imam e l'evento è stato annullato.
«È scandaloso che la Questura abbia vietato una preghiera. Il problema è l'islamofobia di questo paese». Questa è stata la reazione di Baya e mai accusa è stata più infondata perché è quel che lui ha detto a Palazzo Nuovo la ragione della diffida. Parlando sia in arabo che in italiano l'imam ha lanciato un invito al jihad contro Israele definendo quella dei palestinesi una resistenza necessaria contro l'ingiustizia e il male. Il popolo palestinese - ha detto - ha resistito «di fronte a questa furia omicida, questa furia genocida, uscita della peggiori barbarie della storia che non tiene in considerazione nessuna umanità, nessun diritto umano».
Penoso, per non dire altro, è stato il tentativo di difesa dell'imam che, secondo quanto riportano i mass media, sostiene di non aver attaccato Israele e dice che il significato della parola "jihad" effettivamente da lui usata è stato frainteso, questo perché «degli pseudo musulmani l'hanno utilizzata per seminare violenza e morte, bestemmiando Dio». Non si direbbero degli «pseudo musulmani» i gruppi jihadisti - Hamas compreso - che in tutto il mondo obbediscono all'ordine di conquistare all'islam l'umanità intera, se necessario con la forza come aveva incominciato a fare Maometto dopo essersi trasferito dalla Mecca a Medina.
Ma non è questo il punto. Brahim Baya, che pur di attaccare le autorità accademiche nega di essere un imam, dovrà semmai rendere conto di queste affermazioni ai suoi correligionari. Il fatto rilevante è che le sue parole sarebbero gravi, allarmanti, minacciose anche se le avesse pronunciate in una moschea e non in una laica, indipendente sede accademica.
E allora la domanda che sorge è chissà quante volte le ha in effetti già proferite in una moschea; e in quante moschee italiane si parla in questi termini contro Israele, l'Occidente, gli infedeli. Sono trascorsi più di 20 anni da quando Magdi Cristiano Allam per la prima volta ha rivelato, dimostrandolo, che ci sono moschee in Italia nelle quali si istiga all'odio contro l'Occidente e si esalta il jihad. Aveva ascoltato e tradotto i sermoni pronunciati il venerdì nella Grande Moschea di Roma e in altri centri islamici.
Ma di grave c'è molto altro. Ancora una volta un gruppo del tutto esiguo di studenti occupa delle sedi universitarie, impedisce lo svolgimento delle attività didattiche, usa edifici che appartengono alla collettività, destinati a funzioni di pubblico interesse, a propria discrezione praticamente senza trovare ostacoli, senza che le autorità accademiche chiedano l'intervento delle forze di sicurezza, e, almeno stando a quanto è successo finora, senza che poi, a occupazione terminata, i responsabili dei danni materiali causati alle strutture e di quelli inflitti ai docenti e soprattutto agli altri studenti - lezioni sospese, sessioni di esame e discussioni di tesi di laurea rimandate - siano chiamati a risponderne con sanzioni e provvedimenti disciplinari.
Questa volta si sono anche permessi di invitare un musulmano a fare l'apologia del jihad. Hanno scelto Palazzo Nuovo, la sede storica dei corsi di laurea umanistici e delle contestazioni fin dal '68, quando il movimento studentesco trasferì la sua sede nell'edificio da poco terminato. Da allora Palazzo Nuovo ha una lunga storia di "profanazioni", di utilizzo improprio dei suoi spazi e delle sue risorse.
Il 2005 è una delle volte in cui oggetto delle proteste è stato Israele. Solo perché una docente aveva osato invitare il vice ambasciatore israeliano a tenere una lezione, per protesta gli studenti del Collettivo universitario autonomo divisero a metà l'immenso atrio di Palazzo Nuovo con una alta e solida barriera, lasciando soltanto una piccola apertura. Spiegavano con assemblee e volantini che serviva a far capire "l'infamia" del muro di Israele, quello costruito per meglio controllare gli ingressi dalla Cisgiordania e che servì a ridurre drasticamente gli attentati suicidi. Gli autonomi inoltre raccolsero firme per chiedere che l'università non invitasse rappresentanti istituzionali di Israele a partecipare a iniziative o lezioni. Neanche gli evidenti, serissimi problemi di sicurezza di una simile barriera eretta in un edificio frequentato all'epoca da oltre duemila docenti e 70mila studenti valse a far sì che il rettore prendesse provvedimenti.
Ma l'episodio più deplorevole risale al 2003. L'Italia partecipava all'operazione militare "Antica Babilonia", in Iraq. Il 12 novembre un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti all'ingresso di Maestrale, una delle due basi italiane a Nassiriya. L'esplosione fece una strage. Morirono 12 carabinieri, cinque soldati dell'esercito, due civili italiani e inoltre nove irakeni. All'epoca i militanti di un centro sociale da tempo si erano impadroniti di un'aula di Palazzo Nuovo e ne avevano fatto la loro sede sotto gli occhi di tutti, nell'indifferenza del corpo accademico e, salvo pochi, delle migliaia di studenti che ogni giorno frequentavano la sede. I militanti di quel centro sociale prepararono un volantino per festeggiare il massacro, nei giorni successivi distribuito all'ingresso del palazzo e fatto circolare in città. "Dieci, cento, mille Nassiriya" c'era scritto. Corse fondata voce che avessero fatto le fotocopie usando la fotocopiatrice della facoltà di Lettere.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27 maggio 2024

2 - ANNUNCIO UFFICIALE: CARLO ACUTIS SARA' SANTO
Una ragazza caduta dalla bicicletta a Firenze, con un trauma cranico grave e senza speranza di sopravvivere, per sua intercessione ottiene un'inspiegabile guarigione (DOPPIO VIDEO: Carlo Acutis e l'autostrada per il cielo)
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Sito del Timone, 23 maggio 2024

È ufficiale: Carlo Acutis - lo studente morto a soli 15 anni stroncato dalla leucemia fulminante e già beatificato da papa Francesco il 10 ottobre 2020 - sarà santo. L'importante annuncio è arrivato quest'oggi, nel corso dell'udienza al cardinal Marcello Semeraro, prefetto per le Cause dei Santi - e riguarda anche un'altra figura: il beato Giuseppe Allamano, fondatore delle Missioni della Consolata. Il Santo Padre ha difatti autorizzato il Dicastero a promulgare i Decreti riguardanti il miracolo attribuito all'intercessione del giovane, morto nell'aprile 2019.
Il miracolo in questione, riferisce Vatican News, è quello avvenuto nel 2022 ad una donna, Liliana, della Costarica. «La donna si inginocchia, prega e lascia una lettera, parole di speranza che avvolgono l'angoscia peggiore per una madre. Sei giorni prima, il 2 luglio, sua figlia è caduta nella notte dalla bici mentre tornava a casa nel centro di Firenze, dove dal 2018 la ragazza si trova per studiare. La notizia che arriva dall'ospedale Careggi è di quelle che schiantano. Trauma cranico molto grave, intervento di craniotomia, asportazione dell'osso occipitale destro per diminuire la pressione, speranze di sopravvivere quasi nulle.
Quel 2 luglio, la segretaria di Liliana comincia a pregare il beato Carlo Acutis e l'8 Liliana stessa va ad Assisi. Quello stesso giorno l'ospedale informa: Valeria ha ripreso a respirare spontaneamente, il giorno dopo riprende a muoversi e parzialmente a parlare. Di lì in avanti è uno di quei casi in cui i protocolli medici si fanno da parte. Il 18 luglio la Tac mostra la scomparsa dell'emorragia e l'11 agosto la ragazza viene trasferita per la terapia riabilitativa, ma dopo solo una settimana è chiaro che la guarigione completa è ormai a un passo. E il 2 settembre madre e figlia sono di nuovo ad Assisi sulla tomba di Carlo a dire il loro infinito grazie».
Il riconoscimento di questo miracolo e il riconoscere Carlo Acutis come santo certamente allieterà i tantissimi che già erano legati alla figura di questo giovane, considerato il ”patrono di Internet'‘ per la sua passione per l'informatica. In effetti, tanti sono anche i pensieri che, pur nella sua giovane età, il giovane era stato in grado di condividere ed evidentemente ispirati da una fede grandiosa: «L'eucaristia è la mia autostrada per il cielo», «Il rosario è la scala più corta per salire in Cielo», «Tutti nasciamo originali, ma molti muoiono fotocopie»...
Detto questo, c'è da immaginare che, con la notizia di oggi, Carlo Acutis - giustamente - diventerà sempre più un riferimento non solo per la Chiesa tutta e per i fedeli in generale, ma soprattutto per quei giovani che, spesso, sembrano come distanti alla fede o percepiscono la santità come un traguardo irraggiungibile; mentre invece la breve ma luminosissima vita di questo giovane santo (ora possiamo dirlo), dimostra che è qualcosa cui si può guardare; anche a prescindere da quella che è la religiosità della propria famiglia.
La madre di Carlo Acutis, infatti, non ha problemi a riconoscere che la fede di suo figlio non dipendeva da quella sua famiglia, che era assai più blanda per così dire. «Non è certo per merito di noi genitori», disse infatti la donna al Corriere della Sera, intervistata da Stefano Lorenzetto, «lo scriva pure. In vita mia ero stata in chiesa solo tre volte: prima comunione, cresima, matrimonio. E quando conobbi il mio futuro marito, mentre studiava economia politica a Ginevra, non è che la domenica andasse a messa [...] un ruolo lo ebbe Beata, la bambinaia polacca, devota a papa Wojtyla».
«Ma c'era in lui una predisposizione naturale al sacro», ricorda ancora la madre del giovane, «a 3 anni e mezzo mi chiedeva di entrare nelle chiese per salutare Gesù. Nei parchi di Milano raccoglieva fiori da portare alla Madonna. Volle accostarsi all'eucaristia a 7 anni, anziché a 10». Insomma, sin da giovanissimo Carlo Acutis già si era scelto «l'autostrada per il cielo» giusta, tracciando un sentiero che, da oggi, potrà essere seguito da tutti quanti noi con ancora maggiori convinzione e gratitudine.

Nota di BastaBugie: nei seguenti video si può approfondire la figura del beato Carlo Acutis. Nel primo si può ascoltare una conferenza della mamma di Carlo. Nel secondo video dal titolo "L'Eucarestia, la mia autostrada per il Cielo" si può vedere il cartone animato nel quale si ripercorrono le più importanti verità di fede e testimonianze della storia narrate dal giovane Carlo Acutis, particolarmente devoto all'eucaristia.

VIDEO 1: CONFERENZA DELLA MAMMA DI CARLO (durata: 49 minuti)


https://www.youtube.com/watch?v=s_hftmmo27A

LIBRO: ORIGINALI O FOTOCOPIE?
Sulla strada del beato Carlo Acutis

Carlo Acutis e Giorgio Maria Carbone - ESD-Edizioni Studio Domenicano - pagine 216 - € 12,35 (prezzo Amazon) - settembre 2021
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VIDEO 2: L'EUCARISTIA, LA MIA AUTOSTRADA PER IL CIELO (durata: 49 minuti)


https://www.youtube.com/watch?v=l6WTVTzxgRo

LA STRAORDINARIA VITA DEL BEATO CARLO ACUTIS
Storia dell'adolescente che amava tanto l'Eucaristia
di Paolo Risso
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6027

Fonte: Sito del Timone, 23 maggio 2024

3 - IN SCOZIA PUOI FINIRE IN PRIGIONE SE AFFERMI CHE I SESSI SONO SOLO DUE
Se è la presunta vittima, con criteri soggettivi, a decidere cosa sia un crimine d'odio significa incarcerare chi si azzarda a criticare l'omosessualità
Autore: Matteo Delre - Fonte: Provita & Famiglia, 18/03/2024

Non c'è nulla di più ideologico (dunque stupido) di una legge che inasprisce le pene per un fenomeno in calo. Questo accade in Scozia, dove i "crimini d'odio" sono calati del 2% nel corso di un anno. Ciononostante il governo in mano a Humza Yousaf fa passare una legge che allarga al massimo possibile il campo di applicazione di una legge già esistente relativa appunto ai reati di incitamento all'odio. La scusa, sempre valida, è che il calo registrato è causato non da un miglioramento della situazione, ma dal fatto che i crimini d'odio sanno nascondersi meglio, sanno camuffarsi e scorrere in modo carsico nella società. Dunque c'è il bisogno di una legge che permetta di stanare gli odiatori di professione là dove si nascondono.
Fin qui in realtà nulla di strano, se non fosse Yousaf ha pensato bene di rispolverare quell'Hate Crime Act che stava ad ammuffire in Parlamento dal 2021 e lo renderà esecutivo a partire da aprile. La legge, revisionata per l'occasione, oltre a inasprire ulteriormente le pene per i reati già previsti, in gran parte collegati al razzismo, introduce la nuova fattispecie del "incitamento all'odio" e la collega a praticamente tutto lo spettro di ciò che possiamo intendere come politicamente corretto. Dunque sarà reato "incitare all'odio", oltre che sulla base di questioni razziali, anche sulla base dell'identità transgender - oltre che di altri casi condivisibili come la disabilità.

REATO DI INCITAMENTO ALL'ODIO
Il problema è che il confine tra libera espressione della propria opinione (specie se critica) e il reato di incitamento all'odio è talmente sottile da non poter quasi essere identificato, soprattutto nel campo della sessualità. I molti in Scozia preoccupati per la tutela della libertà di espressione hanno cercato di aprire una linea di confronto con il governo, che a sua volta si è dichiarato disponibile, senza però dar alcun seguito concreto. In compenso ha lanciato una campagna propagandistica finalizzata a "spiegare" e promuovere il nuovo provvedimento, al centro del quale c'è Slobhian Brown, membro del partito Scottish National Party, che così si esprime: «Per quanti sono colpiti dall'odio e dal pregiudizio, gli effetti possono essere traumatici e cambiare la vita. Pur rispettando il diritto di ognuno alla libertà di espressione, nessuno nella nostra società dovrebbe vivere nella paura o sentirsi escluso». Si noti, in prima istanza, come l'incipit "pur rispettando..." contenga la stessa straordinaria carica di ipocrisia della formula "Non sono razzista ma...".
In seconda istanza va registrato come proprio alle presunte vittime del presunto odio che venga messa in mano, nell'ambito della campagna di propaganda, la testimonianza di quale impatto abbia avuto l'hate speech. Ed è qui che casca l'asino. Non solo quello scozzese, ma quello che trotta per tutto il mondo occidentale. Possiamo spendere centinaia di righe e pronunciare centinaia di migliaia di parole per analizzare il conflitto tra il concetto di "hate speech" e la libertà di espressione; possiamo riflettere se può ragionevolmente essere considerato reato il registrare ed esprimere ciò che la realtà fattuale rivela (ad esempio che esistono soltanto due sessi) e purtuttavia non toccheremmo che la superficie del problema. Per arrivare alla radice (e tagliarla) serve concentrarsi sulla improcedibilità di qualunque atto che venga definito esclusivamente da chi dichiara di averlo subito.

LA NEGAZIONE DELLA REALTÀ
Alla base di questo aspetto sta il "sentore", il vissuto personale, la percezione individuale. Che hanno la loro dignità, sono meritevoli del massimo rispetto, ma non possono e non devono essere la fonte unica, e nemmeno quella privilegiata, per la definizione di una fattispecie di reato. Lasciare che sia la presunta vittima o il suo personalissimo sentore a rendere fattuale la sussistenza di un crimine significa sovvertire dalle fondamenta un intero edificio giuridico costruitosi sul consenso di grandi pensatori e su un'evoluzione del pensiero che ha le sue origini nientemeno che in epoca romana antica. Lì sta il focolaio da cui si origina tutto, nelle leggi repressive come nelle modalità di raccolta delle statistiche ufficiali.
Basta riflettere un attimo su questo sovvertimento nella fonte delle informazioni diffuse nell'opinione pubblica, e che ne influenzano l'approccio generale alle varie questioni, così come nella costruzione delle leggi, specie quelle repressive, per rendersi conto che un ritorno alla normalità, o per lo meno la strada per evitare che la civiltà occidentale si sgretoli come un castello di sabbia, passa dalla netta interruzione di utilizzare il vissuto individuale o di gruppo per definire la realtà. Di questo si sono accorti anche diversi politici e osservatori scozzesi, che al di là della già gravissima inaccettabilità di principio, da buoni anglosassoni l'hanno messa giù molto concreta: come faranno le forze dell'ordine a correre dietro a tutti quelli che si sentiranno offesi da qualcosa, ascoltarli per capire se c'è un reato e perseguire chi l'ha commesso? La prospettiva, se davvero passerà l'Hate Crime Act, è uno vero diluvio di segnalazioni che travolgerà le forze dell'ordine. E i criminali comuni ringrazieranno.
Sullo sfondo di tutto questo si staglia anche la giganteggiante figura di J.K. Rowling, residente proprio in Scozia, da tempo iper-critica in particolare verso le istanze gender e Lgbt, ma proprio per questo da tempo oggetto di feroci attacchi e denunce. Può essere una mera speculazione, ma sulla decisione del governo scozzese potrebbero benissimo aver avuto effetto le pressioni di certe lobby, che darebbero qualunque cosa per abbattere la monumentale figura della scrittrice, che con questa legge rischia concretamente di essere incriminata. Lei, in ogni caso, se ne sta e se ne starà lì, ferma e salda su una delle sue ultime dichiarazioni, risalente al 2023: «passerò felicemente due anni in prigione se l'alternativa è una compressione della libertà di parola e la negazione forzata della realtà e dell'importanza dei sessi».

Fonte: Provita & Famiglia, 18/03/2024

4 - TUTTI HANNO BISOGNO DI UN PADRE SPIRITUALE
Camminare verso Dio è come andare in montagna: per salire occorre affidarsi a una guida esperta, poiché chi pensa di orientarsi da solo si perde
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Bussola Mensile, aprile 2024

Per progredire nella vita cristiana è necessario un padre spirituale che possa guidarci nel cammino. Se dobbiamo andare per i sentieri di una montagna a noi ignota, sarà buona norma avere una guida esperta in modo da non perderci. Analogamente nella vita spirituale abbiamo bisogno di chi abbia percorso prima di noi i sentieri dello spirito. Non possiamo fare da soli perché siamo coinvolti emotivamente nelle nostre vicende. Non siamo obiettivi quando giudichiamo noi stessi poiché l'amor proprio ci annebbia la vista e siamo propensi a scegliere ciò che è più comodo o che ci piace di più. Insomma abbiamo bisogno di un punto di vista oggettivo al di fuori di noi.
Chi è dunque il padre spirituale? È un sacerdote a cui apriamo il nostro cuore affinché diventi il nostro maestro, il medico che ci cura, il riferimento per tutto ciò che riguarda Dio nella nostra vita. Egli ci mostrerà i vizi che ci impediscono di progredire, le mete che sono alla nostra portata e i mezzi per raggiungere tali traguardi. Potrà incoraggiarci quando siamo sfiduciati, sgridarci quando siamo tiepidi, consolarci quando siamo afflitti. È davvero una grazia speciale poter contare su di lui, ma non soltanto come uomo, bensì come strumento che ci porta a Cristo.
Nel Signore degli Anelli, quando si riuniscono i principali rappresentanti dei popoli per prendere l'importante decisione su cosa fare dell'anello del potere, Frodo afferma con coraggio che sarà lui a prenderlo, per compiere l'impresa di distruggerlo, però aggiunge umilmente: «ma non conosco la strada». Anche noi dobbiamo sinceramente riconoscere che non conosciamo la strada per progredire nella vita spirituale. Questo è confermato dal fatto che tutti i santi hanno avuto bisogno del padre spirituale. San Paolo ha avuto Anania a guidarlo nei primi passi della fede. Avrebbe potuto dire: «Non ho bisogno di una guida spirituale dal momento che Gesù Cristo in persona mi ha parlato sulla via di Damasco», eppure non l'ha detto. Santa Caterina da Siena ha avuto come padre spirituale il beato Raimondo da Capua. Avrebbe potuto dire: «Gesù mi parla direttamente, sono la sua sposa e non ho bisogno di intermediari», eppure non l'ha detto.

CHI SCEGLIERE COME PADRE SPIRITUALE
Chiarito quindi che abbiamo bisogno di un padre spirituale si pone adesso la domanda su chi scegliere. Innanzitutto è preferibile che sia un sacerdote. Nella storia ci sono state delle eccezioni come, ad esempio, San Francesco d'Assisi. In rari casi sono state perfino delle donne come Santa Caterina da Siena e Santa Teresa d'Avila. Si tratta comunque di rarissime eccezioni. La regola è un sacerdote perché, in quanto tale, ha la grazia di stato, in virtù della sua ordinazione. Purtroppo oggi con il femminismo imperante e la parità di genere esaltata come un bene, capita di sentir dire: «Ho una madre spirituale». Ma visto che poiché scarseggiano le sante come Caterina e Teresa, bisogna ricordare che Santa Faustina Kowalska ha scritto che non trovava l'aiuto che poi avrebbe ricevuto dal suo padre spirituale, finché lo cercava nella superiora del convento. Costanza Miriano, autrice del libro Sposati e sii sottomessa, ha scritto: «mi conosco abbastanza da sapere che non mi devo sempre totalmente fidare di me stessa, delle mie emozioni, delle mie intuizioni, ed è per questo che ho una guida spirituale. Che non è solo una persona intelligente, è anche un sacerdote».
Occorre dunque chiedere nella preghiera il dono di un buon padre spirituale e bisogna aver chiaro che nella vita spirituale è il contrario di quello che succede quando si nasce. Infatti siccome la madre è sempre certa, o almeno lo era prima della fecondazione artificiale e dell'utero in affitto, il padre deve riconoscere il figlio registrandolo all'anagrafe e confermando la sua paternità il giorno del battesimo. Invece nella vita spirituale non è il padre che riconosce il figlio, ma il contrario. È il figlio che riconosce il padre. Lo stima, si sente capito, lo vede come un esempio di fede. Bisogna quindi diffidare di un sacerdote che dicesse che ci vuole guidare spiritualmente. È il fedele che deve chiedere al sacerdote di fargli da padre spirituale. E nessuno può essere costretto ad avere un padre spirituale che non ha scelto. Nemmeno un seminarista può essere costretto a prendere come padre spirituale il sacerdote che confessa i seminaristi, ma può mantenere quello che aveva prima di entrare in seminario. Un consiglio pratico per trovare il padre spirituale: dopo averlo chiesto nella preghiera, ci si confessa da più sacerdoti per poi scegliere quello che ci ispira più fiducia, che deve essere un uomo di preghiera e senza ombra di dubbio fedele alla Chiesa. Se invece ha opinioni contrarie all'insegnamento di sempre della Chiesa, se parla male della Chiesa come istituzione, se non riconosce il Papa come Papa o infine se nega l'importanza dei sacramenti o della preghiera, allora è certo che non può essere un buon padre spirituale, e nemmeno un buon sacerdote. Pertanto non si deve pensare che tutti i sacerdoti possano fare da padre spirituale e che è solo questione di trovare quello adatto alle proprie inclinazioni. Gesù avvertiva del rischio di avere delle guide cieche. «E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!» (Mt 15,14). San Francesco di Sales scriveva che Santa Teresa d'Avila diceva di scegliere il padre spirituale tra mille sacerdoti, ma «io ti dico, uno tra diecimila, perché se ne trovano meno di quanto si dica capaci di tale compito» (Filotea, parte prima, cap. IV). Con questo faceva capire quanto è difficile trovare un sacerdote adatto al compito di padre spirituale. E noi che pensiamo di vivere solo oggi tempi difficili!

UN RISCHIO GRAVE
Sbagliando la scelta del padre spirituale si rischia molto. Santa Faustina Kowalska notava infatti nel suo Diario che «un confessore può essere di grande aiuto per un'anima, ma può anche procurarle molto danno». Ed è proprio così. Può capitare ad esempio che un sacerdote incoraggi alla vita religiosa ragazzi e ragazze, ma solo spinto dal desiderio di avere una vocazione tra le proprie pecorelle. Così è facile rovinare la loro vita. Oppure a una persona sposata che sia convinta di aver fatto ampiamente il suo dovere di genitore mettendo al mondo tre figli, il padre spirituale che rafforzasse tale convinzione farebbe un grave danno. Infatti il giorno del matrimonio gli sposi si impegnano solennemente con un sì alla domanda "Siete disposti ad accettare i figli che Dio vorrà donarvi?". Confermando l'erronea convinzione che siano gli sposi a decidere il numero dei figli e non piuttosto Dio, la direzione spirituale si trasformerebbe in una negazione dei doveri di stato dei coniugi e il dovere di stato del sacerdote di condurre le anime alla maggior perfezione spirituale possibile.
Ci si potrebbe chiedere se sia possibile avere più di un padre spirituale, ma bisogna rispondere negativamente. In tal caso si potrebbero avere più pareri discordanti ed allora anziché rasserenare e dare sicurezza, la direzione spirituale si rivelerebbe fonte di ansie e dubbi. Ovviamente può darsi che per questioni specifiche particolarmente difficili si possa ricorrere a pareri di altri sacerdoti competenti per quella materia e lo stesso padre spirituale potrebbe suggerire in tali casi eccezionali di sentire un altro consiglio. Ma a parte queste eccezioni la regola è che il padre spirituale sia uno e uno solo.
Non bisogna mai dimenticare che il padre spirituale aiuta il fedele a prendere le decisioni con consigli ed esortazioni, ma non si sostituisce a lui. Le decisioni le prende il fedele, non il padre spirituale, che non è un guru. Sebbene sia sostenuto dalla preghiera del padre spirituale, la fatica del cammino spirituale rimane a carico del diretto. È come nello sport, quando la fatica delle esercitazioni rimane a carico dello sportivo e non dell'allenatore. Se non ci sono progressi, prima di pensare di cambiare padre spirituale, ci si deve domandare se davvero ci stiamo impegnando al massimo. Inoltre cambiare padre spirituale quando dice cose diverse da quelle che ci si aspetta è segno che non si sta facendo direzione spirituale, ma che si cerca un sacerdote che dica quello che vogliamo noi al pari della strega di Biancaneve che, dallo specchio, voleva solo sentirsi dire che era la più bella del reame.

INCONTRO IN PRESENZA E REGOLARITÀ NEGLI INCONTRI
Sebbene esistano delle eccezioni, è chiaro che la direzione spirituale necessita di un incontro in presenza in quanto né i messaggi via mail o whatsapp, né i collegamenti via streaming, possono mai sostituire l'incontro di persona che permette di capire le sfumature che, a volte, sono determinanti.
Perché la direzione spirituale sia efficace occorre una certa regolarità negli incontri. Infatti la costanza viene sempre premiata. Lo studente e lo sportivo sanno che è la regolarità la ricetta per il successo, scolastico o sportivo che sia. Anche nelle difficoltà - per esempio: poco tempo libero per i tanti impegni, un esame scolastico vicino, un eccesso di carico lavorativo, un periodo di stanchezza fisica o mentale - è importante mantenere il ritmo dell'incontro con il padre spirituale. All'inizio del cammino sarà necessario una volta al mese, mentre in seguito sarà possibile diradare gli incontri.
Il padre spirituale non è un "prete per chiacchierar..." come cantava Celentano nella canzone Azzurro. Se si chiede un consiglio al padre spirituale su una determinata questione, poi si è obbligati in coscienza a tenere conto del consiglio ricevuto. Non si possono avere segreti con il padre spirituale o evitare sistematicamente di affrontare determinate questioni durante il colloquio. Infatti le decisioni più importanti della vita vanno prese solo dopo aver consultato il padre spirituale, per esempio: andare a vivere da soli, denunciare o fare causa a un familiare, abbandonare gli studi o cambiare lavoro, andare dallo psicologo. Fare da sé in questioni importanti è molto pericoloso.
È chiaro a tutti il padre spirituale ha l'obbligo del segreto per tutto ciò di cui viene a conoscenza nella direzione spirituale, non solo nella confessione. È un obbligo particolarmente grave. Ma esiste parimenti l'obbligo al segreto anche da parte del diretto. Non è quindi lecito rivelare ad altri i consigli ricevuti e ciò per due motivi. Primo: non c'è nessun motivo valido per farlo. Secondo: i consigli dati a una persona possono essere diversi da quelli che necessita un'altra. A volte addirittura possono essere il contrario. Per essere più precisi, non è lecito citare il padre spirituale come ispiratore delle nostre decisioni. In altre parole non bisogna dire "Il mio padre spirituale ha detto che...". Infatti l'autorità del padre spirituale vale per la persona diretta, ma per gli altri la sua autorità è nulla. Occorre quindi dire "Ho deciso che..." anziché "Il mio padre spirituale mi ha consigliato di...".

CONSIGLI PRATICI
È buona norma confessarsi ordinariamente dal padre spirituale. Questo gli permette di conoscerci meglio ed essere aggiornato sulla condizione della nostra anima. Ed è buono per noi per evitare la tentazione di nascondere qualcosa. Ovviamente in caso di necessità ci si può confessare anche da un qualsiasi altro sacerdote, ma purché ciò resti un'eccezione e non diventi la regola. Anche la frequenza della confessione (ogni 15 giorni? ogni mese?) è bene che sia concordata con il padre spirituale. Non bisogna dimenticare inoltre che la direzione spirituale ha tra gli scopi principali quello di verificare la vita di preghiera. Con ciò non si intende esclusivamente la verifica se sono state dette o no le preghiere, bensì se il rapporto con il Signore sta progredendo o, al contrario, sta regredendo. Il tipo e la quantità di preghiere non si deve decidere, oppure aumentare o togliere, senza l'autorizzazione del padre spirituale. E come per la vita di preghiera, anche riguardo al tipo e alla quantità di penitenze - per esempio: le rinunce quaresimali - non si deve decidere da sé, né aumentare né togliere nulla senza l'autorizzazione del padre spirituale. Egli va consultato anche per la scelta della lettura spirituale. Curare questo aspetto migliora notevolmente il cammino spirituale. Per lettura spirituale si intende la lettura regolare, possibilmente quotidiana, della Bibbia, degli scritti dei santi o delle vite dei santi.
Va infine precisato che non è possibile una direzione spirituale di coppia per sposi o fidanzati. Ogni anima ha un cammino e un livello diverso. È invece consigliabile, ma non obbligatorio, che entrambi gli sposi o i fidanzati abbiano lo stesso padre spirituale. Ovviamente per un consiglio pratico la coppia può fare insieme una domanda al sacerdote, ma questo non può sostituire la direzione spirituale individuale.
Concludendo ci chiediamo quando sia il momento per iniziare ad avere un padre spirituale. La risposta è che non è mai troppo presto, né troppo tardi. Adesso e non domani, è il momento di iniziare la direzione spirituale. Inoltre non verrà mai il momento in cui uno possa dire: "Ormai sono grande, non ho più bisogno del padre spirituale". Rinunciare ad avere il padre spirituale vuol dire declassare Gesù Cristo da attore protagonista principale, quale deve essere, ad attore non protagonista se non addirittura semplice comparsa nel film della propria vita.
Santa Faustina Kowalska nel Diario annota: «Non avevo un confessore fisso e per di più facevo una fatica incredibile ad esporre cose di quel genere. Perciò pregavo ardentemente perché il Signore mi concedesse una grande grazia, quella di avere un direttore spirituale. Ma questa grazia l'ottenni soltanto dopo i voti perpetui. [...] Se avessi avuto fin dall'inizio un direttore spirituale, non avrei sprecato tante grazie del Signore. [...] Adesso tremo quando sento dire talvolta da qualche anima che non ha il confessore, cioè il direttore spirituale. So bene infatti quali gravi danni ho avuto io stessa quando non avevo questo aiuto. Senza un direttore spirituale si può andare facilmente fuori strada».

Fonte: La Bussola Mensile, aprile 2024

5 - SCHIAVA DI BOKO HARAM, PREGAVA DIO E OGGI E' LIBERA
Boko Haram è un'organizzazione terroristica islamica che dal 2000 è responsabile in Nigeria di migliaia di morti, rapimenti di ragazze e conversioni forzate
Fonte Sito del Timone, 23 maggio 2024

Forza, perseveranza e fede. È la storia di Deborah, prigioniera di Boko Haram per quasi due anni, confinata tra le mura di un complesso nel nord della Nigeria. Ogni mattina, le veniva richiesto di svegliarsi presto, lavarsi, eseguire preghiere musulmane e frequentare le lezioni alla moschea. Poi, si lavorava e pregava di nuovo prima di tornare dal "marito" impostole quella settimana. Perché sì, era stata costretta a "sposare" diversi "mariti", circa uno ogni due settimane. Ricordiamo che Boko Haram è un'organizzazione terroristica formata nei primi anni 2000, con sede nel nord-est della Nigeria. I suoi militanti sono responsabili di migliaia di morti e dello sfollamento di milioni di persone.
Boko Haram ha preso di mira soprattutto i cristiani nel nord della Nigeria per stabilire uno stato islamico, portando a numerosi attacchi a villaggi, chiese e individui cristiani. Fin da giovane a Deborah è stata trasmessa la fede dalla madre, suo padre infatti non era cristiano e spesso si arrabbiava quando andavano in chiesa o pregavano. Ultimo ricordo della sua vita prima della prigionia: Il 5 settembre, quando Deborah ha dato alla luce la sua seconda figlia. Il giorno dopo il gruppo terroristico radicale ha invaso il suo villaggio natale, Chibok. «Quando ho sentito un colpo di pistola, mi sono precipitato fuori, solo per trovare mio marito sdraiato morto alla porta di casa», ha raccontato Deborah.
Si affrettò a tornare dentro, ma gli uomini che sbattevano sulla sua porta: «Mi hanno detto di aprire la porta o di essere ucciso», ha detto Deborah. Rifiutandosi, gli uomini spararono alla porta, la aprirono e presero Deborah e le sue due figlie con la forza. Deborah, come altri prigionieri cristiani, fu costretta a convertirsi all'Islam. I prigionieri cristiani furono umiliati e isolati prima di essere costretti alla conversione. «Quando nuovi gruppi di cristiani sono stati catturati e non si erano ancora convertiti all'Islam, ci è stato detto di non parlare con loro perché erano infedeli», ha riportato. Ma nonostante fosse costretta a convertirsi esteriormente, Deborah si aggrappava alla sua fede in Cristo, «Ogni volta che mi inginocchiavo per pregare, supplicavo silenziosamente Dio di salvarmi dalle loro mani», ha proseguito, «ho pregato, chiedendomi come sarebbe andata la mia vita e cosa ne sarebbe stato dei miei figli».
Una notte, dopo quasi due anni di sofferenza, Deborah è stata graziata da un miracolo: ha trovato la porta del loro complesso aperta. Cogliendo questa rara opportunità, lei e la sua amica sono fuggite con i loro bambini. Hanno corso per due settimane attraverso la dura boscaglia nigeriana, sopportando gravi malattie, infezioni e fame. Più di cinque milioni di cristiani nigeriani hanno intrapreso viaggi simili, fuggendo dalle loro case e dal terrore di Boko Haram. Dopo la sua fuga, Deborah è stata trasferita da un campo profughi all'altro, finché non ha incontrato i partner di Global Christian Relief, che le hanno fornito assistenza medica, cibo e acqua, dandole anche un posto sicuro per guarire fisicamente, emotivamente e spiritualmente.
«Avevo perso la speranza di diventare qualcuno, di tornare a essere libera», ha raccontato. Ora Deborah e i suoi figli hanno una casa da chiamare propria, lavora come custode in una scuola gestita sul campo Gcr, così può sostenere i suoi figli e ha grandi speranze per il loro futuro. «Mi hanno aiutato così tanto», ha detto riferendosi al Global Christian Relief, «tutto quello che posso dire è che Dio li ripaghi per la loro generosità!».

Nota di BastaBugie: purtroppo la storia di questa donna sopravvissuta all'Islam ci pone di fronte a un doloroso dilemma. Di fronte alla persecuzione è meglio affrontare il martirio oppure cedere ai persecutori per sperare di poter fuggire e continuare a vivere? Il Maligno saprà sempre come colpirci per fare in modo che noi veniamo meno al primo comandamento "Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio all'infuori di me". Quindi, una donna che vede il proprio figlio torturato e ucciso davanti ai suoi occhi, è comprensibile e umano che ceda di fronte alla scelta di adorare Allah e di convertirsi. Si potrebbe dire che la donna non era libera, che era sotto minaccia di morte del figlio, e che quindi non aveva scelta. Però non bisogna dimenticare che c'è sempre una scelta: per l'appunto la scelta tra la vita e la morte, la scelta tra il Bene e il male. Senza la fede in Dio difficilmente si potrebbe resistere, sul piano naturale, ad una prova del genere, e si sceglierebbe un male, in questo caso convertirsi all'Islam. Ma per la forza della nostra fede noi sappiamo che quella prova Dio l'ha permessa (e ogni prova è per il nostro bene, anche se noi non riusciamo a capirlo sul momento). Abramo ha generato un intero popolo quando accetta di sacrificare il suo figlio Isacco, e Maria Santissima è diventata madre dei cristiani, quando non ha dubitato che Dio fosse amore perfino quando suo figlio Gesù moriva sulla croce. Abramo e Maria, come peraltro migliaia di martiri nei duemila anni di storia della Chiesa, hanno scelto di fidarsi di Dio: hanno creduto sopra ogni capacità umana che Dio non avrebbe mai fatto niente che non fosse bene e amore, anche quando gli eventi sembravano dire il contrario. Dunque, la storia di questa donna, deve farci meditare ancora di più sulla nostra capacità di amare Dio: quando saremo nella prova, avrò la fede di rinunciare al male e scegliere il Bene?

NEL NOME DI DIO, NON MI SPOGLIERO'
Jamie Schmidt, sposata con tre figli, è stata uccisa per aver rifiutato prestazioni sessuali al suo aguzzino, ma nessuno ne ha parlato perché ricorda cosa sia la vera dignità di una donna (svelando l'ipocrisia del #MeToo)
di Benedetta Frigerio
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5445

SANTA MARIA GORETTI FU DEFINITA DA PAPA PIO XII ''LA PICCOLA E DOLCE MARTIRE DELLA PUREZZA''
Preferì la morte terrena anziché peccare con il suo carnefice, il quale poi si convertì e, dopo 27 anni di carcere, entrò in convento (VIDEO: Santa Maria Goretti)
di Giovanni Alberti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5253

Fonte: Sito del Timone, 23 maggio 2024

6 - ASTENSIONISMO ALLE URNE, QUALCHE RAGIONE PER CAPIRE
Senso di tradimento, differenze minime tra i partiti, inutilità del voto hanno fatto crollare il numero di votanti alle elezioni (forse anche alle prossime europee)
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13 maggio 2024

L'affluenza alle elezioni, in Italia, è crollata da oltre il 90% a sotto il 50 (in alcuni casi anche meno); e tutto fa pensare che sarà molto bassa anche alle prossime elezioni europee. Cerchiamo di capire quali potrebbero essere le cause di questo astensionismo sempre più diffuso.
Una prima causa potrebbe essere spiegata dal cosiddetto «paradosso dei gelatai». Su una spiaggia lunga un chilometro, due gelatai dividono la spiaggia in due e piazzano il proprio chiosco a metà della loro metà spiaggia, a cinquecento metri di distanza. Lentamente, per sottrarre all'altro dei possibili clienti, ciascuno dei due gelatai si avvicina al centro della spiaggia; alla fine i due gelatai si trovano entrambi al centro della spiaggia. Si tratta, ovviamente, di una metafora secondo la quale «destra» e «sinistra», per accaparrarsi i voti dei «centro» e degli indecisi, rinunciano alle posizioni più estreme e convergono tra loro verso un ipotetico «centro». Insomma: c'è differenza tra FdI, Lega e PD? O, in fondo, dicono tutti le stesse cose? Quindi perché votare l'uno o l'altro se, chiunque vinca, sarà comunque la stessa cosa?
Una seconda causa potrebbe essere la progressiva sfiducia degli elettori nei confronti dei partiti di riferimento. La Lega, ad esempio, nel 2019 inserì nel simbolo elettorale per le elezioni europee la scritta «No Euro»: ottenne oltre 9 milioni di voti e il 34,26% dei suffragi, il miglior risultato elettorale di sempre e divenne il partito più votato in Italia. Dopodiché, le posizioni «No Euro» furono completamente abbandonate e la Lega finì sotto il 10%. Questo è forse il caso più eclatante; ma sono molti i delusi del Movimento 5 Stelle e, più recentemente, di FdI. Contrariamente a quanto si dice, gli elettori si ricordano di chi fa promesse solo per ottenere voti; e si fanno fregare una volta solo. Chi si fiderebbe di un politico o di un partito, dopo essere stato platealmente tradito e preso in giro?
Una terza possibile causa potrebbe essere il fenomeno della «impotenza appresa». Si tratta di un costrutto elaborato dallo psicologo Martin Seligman negli anni Sessanta del secolo scorso: quando i cani utilizzati per l'esperimento si rendevano conto che non avrebbero in nessun modo potuto influire sullo stimolo negativo (scosse elettriche), semplicemente smettevano di fare qualunque cosa. Il costrutto è poi stato trasferito sui comportamenti umani: una volta constatata la propria impotenza, le persone accettano passivamente gli eventi senza fare più alcun tentativo di cambiare le cose. Tornando alle elezioni: sono ormai così tante e tali i vincoli esterni e le cessioni di sovranità, che i cittadini hanno la netta sensazione che il loro voto sia perfettamente inutile. Quindi: per quale motivo partecipare alla farsa elettorale? Tanto il voto è completamente ininfluente, i cittadini non hanno più alcuna sovranità e l'Occidente non è più democratico.
Qualcuno potrebbe osservare che, se anche i cittadini rinunciassero al diritto di voto, resterebbe comunque il dovere di esprimere il proprio suffragio elettorale. Beh, ho l'impressione che molti cittadini abbiano smesso di riconoscere qualsivoglia dovere nei confronti dello Stato italiano nel momento in cui il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nel 2021, li ha dichiarati «fuori dalla società».
Poi, per carità: magari l'affluenza tornerà sopra al 90% e tutte queste ipotesi si riveleranno sbagliate...

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13 maggio 2024

7 - OMELIA CORPUS DOMINI - ANNO B (Mc 14,12-16.22-26)
Questo è il mio sangue dell'alleanza
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Questa domenica celebriamo uno dei più grandi Misteri della fede, quello dell'Eucaristia, ovvero il Mistero del Corpo e Sangue di Cristo, donati a noi come Cibo e Bevanda spirituali. Dell'Eucaristia trattano le letture che abbiamo appena ascoltato.
Il Vangelo di oggi riporta il racconto della sua Istituzione, avvenuta durante l'Ultima Cena. Gesù, dopo aver reso grazie, spezzò il pane e lo diede ai suoi Discepoli, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14,22). Poi prese il calice del vino, e disse: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti» (Mc 14,24). L'Ultima Cena è lo stesso sacrificio del Calvario: ciò che avvenne sacramentalmente durante quella Cena, si verificò di lì a pochi giorni sul Calvario, e si realizza ad ogni celebrazione della Santa Messa.
Questo è il Sacrificio della nuova ed eterna Alleanza, di cui parla la seconda lettura di oggi. L'Autore della Lettera agli Ebrei parla di questo Sacrificio che ci purifica dalle opere della morte (cf Eb 9,14) e ci dona l'eredità eterna (cf v. 15). Nell'Antico Testamento si sacrificavano animali e con il loro sangue si aspergeva il popolo. Questi sacrifici erano solamente figura del Sacrificio di Gesù, l'unico che ci purifica dai nostri peccati.
L'Eucaristia è stata definita come il Sacramento dell'amore. Gesù non poteva darci prova più grande del suo amore che donandosi a noi sotto le sembianze di un po' di pane e di un po' di vino. L'Eucaristia è Gesù vivo e vero, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Tale mutazione di sostanza avviene durante la Santa Messa, quando il sacerdote, dopo aver invocato la discesa dello Spirito Santo sul pane e sul vino, pronuncia le parole della consacrazione, dicendo: «Questo è il mio Corpo... questo è il mio Sangue». In quel momento avviene il miracolo più grande che si possa immaginare: il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo. E Gesù, tutto intero, è presente in ogni frammento del Pane e in ogni goccia del Vino consacrato.
Più di mille anni fa, un sacerdote stava celebrando la Messa e, proprio al momento della consacrazione, fu colto dal dubbio se veramente il pane e il vino diventano il Corpo e il Sangue del Signore. Proprio allora, Dio volle dimostrare con un miracolo evidentissimo la verità di tale Dottrina, trasformando anche visibilmente il pane in Carne e il vino in Sangue. La cosa più strabiliante è che, a distanza di oltre mille anni, si possono ancora vedere questa Carne e questo Sangue che hanno le caratteristiche di una persona viva. Questo Miracolo Eucaristico è custodito a Lanciano, in Abruzzo, ed è sempre meta di numerosi pellegrinaggi.
L'Eucaristia ci rende una sola cosa con Gesù. Al momento della Comunione, Gesù viene nel nostro cuore e quello è il momento più bello e prezioso della nostra giornata. In quel momento, come insegnava san Giovanni Maria Vianney, noi e Gesù siamo come due candele che si fondono insieme e alimentano un'unica fiamma. In quel momento, la nostra preghiera si unisce a quella che Gesù rivolge incessantemente al Padre a nostro favore, e così possiamo ottenere le grazie più grandi.
Inoltre, l'Eucaristia ci rende una cosa sola anche tra di noi. Se noi tutti siamo uniti a Gesù ne consegue che, nel Signore, siamo una cosa sola. Per questo motivo, i cristiani di santa vita, anche se si vedono per la prima volta, si sentono uniti da un vincolo di carità ed è come se si fossero da sempre conosciuti. L'Eucaristia annulla le distanze: uniti a Gesù, saremo un cuore e un'anima sola.
Quanto triste è invece lo spettacolo di tanti cristiani che tra di loro non si sopportano e parlano male l'uno dell'altro! In questo modo, nella pratica, rinnegano la loro fede. In questa solennità siamo chiamati a fare un serio esame di coscienza su quella che è la nostra carità. Se amiamo l'Eucaristia, che è il Corpo di Cristo, non possiamo non amare i nostri fratelli, che formano il Corpo mistico di Cristo. Ogni volta che riceviamo Gesù, ogni volta che ci avviciniamo a Lui, presente nel Tabernacolo, noi ci rendiamo vicini a tutti fratelli, in modo particolare a quelli più cari al nostro cuore e a quelli più cari al Cuore di Gesù.
Da questa solennità, inoltre, deve scaturire il vivo desiderio di ricevere spesso la Comunione, in grazia di Dio, premettendo la Confessione se sulla coscienza abbiamo qualche grave peccato. La Comunione frequente è la grazia più bella con cui abbellire la nostra anima ed è la gioia più grande che possiamo dare al Cuore di Gesù.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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