BastaBugie n�887 del 21 agosto 2024

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1 ELEGIA AMERICANA, UNA STORIA VERA CHE RICORDA COS'E' LA FAMIGLIA
Il film è per un pubblico adulto e si ispira al libro autobiografico di JD Vance, vice di Trump nella corsa alla Casa Bianca (VIDEO: Trailer di Elegia americana)
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 IL GOVERNO GARANTISCE I PRIVILEGI DI POSTE ITALIANE (NON CERTO PER MIGLIORARE IL SERVIZIO)
Per i nemici la legge si applica, per gli amici si interpreta, per le aziende partecipate dallo Stato, grazie al Decreto omnibus, quello che ieri era un abuso oggi non lo è più
Fonte: Istituto Bruno Leoni
3 VA BENE FA CALDO, MA SALVIAMO LA DECENZA
Siamo in estate, non è strano che faccia caldo e non è il caso di perdere dignità esponendo il corpo senza pudore (VIDEO IRONICO: L'anno più caldo di sempre)
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Sito del Timone
4 L'ETERNA SFIDA DEI GIOVANI CONTRO I VECCHI
I vecchi si sono sempre lamentati dei giovani, eppure il mondo è ancora qui... dunque tutto bene? Non proprio
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 LA VITA DI FERNANDEL, L'ATTORE CHE HA INTERPRETATO DON CAMILLO PER IL CINEMA
Fernand Contandin (1903-1971) era cattolico, un marito fedele e padre di tre figli (stava per rinunciare a don Camillo perché pensava che parlare con il crocifisso fosse blasfemo)
Autore: Samuele Pinna - Fonte: Sito del Timone
6 SVEZIA DISPERATA: SOLDI AI MIGRANTI PER ANDARE VIA
Il Paese è il simbolo del fallimento del multiculturalismo: Stoccolma è la capitale con più violenza in Europa, con intere zone off-limits per le forze dell'ordine
Autore: Franco Lodige - Fonte: Sito di Nicola Porro
7 OMELIA XXI DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 6,60-69)
Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

1 - ELEGIA AMERICANA, UNA STORIA VERA CHE RICORDA COS'E' LA FAMIGLIA
Il film è per un pubblico adulto e si ispira al libro autobiografico di JD Vance, vice di Trump nella corsa alla Casa Bianca (VIDEO: Trailer di Elegia americana)
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 6 agosto 2024

Elegia americana, titolo originale Hillbilly Elegy, dove per "Hillbilly" s'intende la comunità dell'America rurale, è un adattamento cinematografico del 2020 dell'omonimo libro autobiografico del 2016 di James David (JD) Vance, oggi quarantenne, balzato in questi giorni all'attenzione mondiale grazie alla nomina di vice di Donald Trump per la corsa alle elezioni presidenziali americane di novembre.
Il regista del film è Ron Howard, che negli anni Settanta interpretò Richie Cunningham, il miglior amico di Fonzie, nella celebre serie televisiva Happy Days. Il film è stato prodotto da Netflix. Come sia possibile che un personaggio così vicino a Trump goda di questo trattamento di favore su canali ideologicamente ostili è presto detto: negli anni in cui usciva l'autobiografia, pur essendo repubblicano, JD Vance era contrario al neoeletto presidente Trump. Solo così si spiega come mai i grandi media americani se lo contendevano per le interviste e per averlo ospite nelle trasmissioni.
Il film ripercorre l'infanzia di JD Vance nell'Ohio, dove è stato cresciuto dalla madre Beverly che lottava senza successo contro la tossicodipendenza. Il suo comportamento instabile era fonte di sofferenza per i figli, JD e la sorella più grande di lui di cinque anni. Dopo una discussione alla guida, la madre minaccia di schiantarsi contro un'auto e poi aggredisce JD, costringendolo a fuggire in una casa vicina. All'arrivo dei poliziotti, JD nega che la madre lo abbia aggredito e per questo la donna non viene arrestata. Il film è sfumato perché nella realtà, proprio per la denuncia di JD, la madre fu arrestata per davvero.
JD trascorre spesso del tempo con la nonna materna che lotta per tenere in riga la figlia. In una scena memorabile le dice: «Hai sempre un motivo per giustificarti, è sempre colpa di qualcun altro, ma adesso devi assumerti le tue responsabilità o qualcuno dovrà farlo al tuo posto». Piano piano, rinfacciando alla mamma i suoi errori, JD inizia a considerare la nonna un punto di riferimento. Ad esempio, una volta lei riesce a convincere JD a dare alla madre la sua urina per un test antidroga in modo che la madre possa mantenere il suo lavoro. Dopo un iniziale rifiuto, JD acconsente. Tuttavia, per la pesante situazione familiare, JD inizia ad andar male a scuola e si unisce a una cattiva compagnia di amici che lo trascina nel bere, drogarsi e vandalizzare un magazzino, fino a fare un incidente con l'auto della nonna a cui aveva sottratto di nascosto le chiavi. La nonna scaccia in malo modo gli amici di JD e lo accoglie a vivere con sé.

LA SVOLTA
Severa ma ben intenzionata, la nonna educa JD alle fatiche e alle responsabilità della vita. Il ragazzo trova quindi un lavoro e inizia ad eccellere a scuola, arruolandosi in seguito nei Marines. Ritorna a casa quando la nonna muore, prima di prestare servizio in Iraq. Dopo il college, JD fa diversi lavori per pagarsi l'università. Nel frattempo si fidanza con Usha, una ragazza indiana molto carina. Ma proprio quando tutto sembrava andare per il verso giusto, la sorella lo chiama per comunicargli che la madre rischia di morire per un'overdose di eroina. JD fatica a trovare una struttura di riabilitazione per sua madre e proprio mentre tutto precipita viene raggiunto da una telefonata dove gli viene proposto un colloquio di lavoro per uno studio importante. È la grande occasione tanto attesa, ma sembra scontrarsi con la possibilità di aiutare sua madre nel periodo più difficile della sua vita. La madre infatti si rifiuta di tornare nel centro per la riabilitazione e allora JD la porta in un motel, ma la scopre mentre usa eroina in bagno. A questo punto JD si trova davanti a un dilemma: lasciare la madre in queste condizioni per potersi presentare il giorno dopo all'importante colloquio di lavoro oppure rinunciare al colloquio per dedicarsi a sua madre. Provvidenzialmente la sorella lo convince a vivere la sua vita e lasciare a lei la responsabilità di aiutare la madre.
Il film si conclude con l'assunzione di JD e l'inizio di una carriera strepitosa. Alla fine si vedono le foto delle persone reali che sono state interpretate nel film. Le scritte informano che JD e Usha si sono sposati e hanno avuto figli, mentre la madre si è disintossicata e ha cessato totalmente di far ricorso a droghe da 6 anni.

UN FILM DA VEDERE
Per le scene dei tentativi di suicidio e quelle con gli effetti delle droghe assunte, nonché per il linguaggio scurrile, il film è ovviamente destinato a un pubblico adulto. Ciononostante merita di essere visto per il messaggio positivo, ricordato esplicitamente dalla nonna, che «la famiglia è l'unica cosa che conta in questo dannato mondo». Sia JD che la sorella si sposano e formano buone famiglie. Temi secondari che emergono sono il desiderio di riscatto, l'importanza delle origini e il peso del passato.
Un’interpretazione scorretta del film potrebbe essere quella che il messaggio principale sia la necessità di studiare per salvarsi e lavorare duro per sfondare nella vita con una brillante carriera... ma in realtà niente di tutto questo si può fare se non c'è una famiglia alle spalle, oppure, nei casi di famiglie distrutte, se non c'è almeno qualcuno della famiglia che si prenda cura di te, in questo caso la nonna. Anche la sorella maggiore gioca un ruolo importante soprattutto quando lo spinge a imitarla nel cercare di staccarsi dalla situazione familiare per provare a vivere una vita il più possibile normale. Inoltre, anche la madre ha un ruolo importante in quanto, nei rari momenti di lucidità, permette al figlio di sentire che la mamma gli vuole bene davvero e che è la droga ad averla distrutta.
Un altro pregio di questo film, che accenna appena a ciò che è ben più esplicito nel libro, è di far conoscere la cruda realtà di alcune delle zone più povere degli Stati Uniti, come quelle della Rust Belt, dove si trovano non i neri di cui certi politici e giornalisti parlano strumentalmente, ma americani dalla pelle bianca che subiscono gli effetti devastanti delle politiche dei burocrati di Washington.
Guardando il film Elegia americana o, meglio, leggendo l'omonimo libro autobiografico si scopre chi è JD Vance, l'uomo venuto dal nulla e che potrebbe diventare vicepresidente degli Stati Uniti in caso di vittoria di Donald Trump nelle elezioni di novembre. Alla convention che ha incoronato Trump candidato ufficiale per il Partito repubblicano e Vance suo vice, JD ha presentato sua moglie e alla madre presente ha detto che potranno festeggiare i suoi dieci anni di astinenza dalle droghe alla Casa Bianca, nel caso di vittoria alle elezioni.
Considerando l'interessante storia delle origini di JD, il fatto che abbia ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica nel 2019 e che abbia sostenuto posizioni antiabortiste dopo la sua elezione a senatore nel 2022, spiace dover constatare che oggi Trump e i repubblicani abbiano ridimensionato la lotta all'aborto che caratterizzò i quattro anni del tycoon alla Casa Bianca. Oggi infatti Trump, ma anche il suo vice Vance e tutto il partito, è favorevole alla pillola abortiva e non più contrario per principio all'aborto e al "matrimonio" omosessuale... ma questa è un'altra storia.

Nota di BastaBugie: JD Vance è un neo convertito avendo ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica nel 2019 e viene descritto da alcuni siti cattolici come un prolife avendo sostenuto posizioni antiabortiste dopo la sua elezione a senatore nel 2022. Però la sua posizione è cambiata da quando Donald Trump si è dichiarato favorevole all'aborto in alcuni casi come lo stupro e anche alle tecniche di fecondazione artificiale. Addirittura il senatore Vance, come Trump, si è dichiarato favorevole alla decisione della Corte Suprema di non restringere l'accesso alla pillola abortiva. La liberalizzazione totale di questo tipo di "farmaco", che considera il bambino una malattia da estirpare, era stata promossa da Biden in risposta alla sentenza Roe vs Wade che aveva dichiarato inesistente il diritto di aborto. Nessun prolife e tantomeno nessun cattolico può essere a favore di fecondazione artificiale e pillole abortive. E non si può essere a favore dell'aborto, nemmeno in casi estremi come lo stupro. Spiace che il Partito Repubblicano alla convention prima menzionata abbia eliminato il suo programma contro l'aborto che veniva rinnovato di volta in volta sin dal 1984. Ed è stata eliminata anche l'avversione per la sentenza Obergefell della Corte Suprema degli Stati Uniti del 2015 che obbliga tutti i cinquanta stati a riconoscere il "matrimonio" omosessuale.
Insomma sembrano lontani i tempi in cui, da presidente degli Stati Uniti, Donald Trump nominava ben tre giudici della Corte Suprema, di cui due cattolici, che erano contrari al diritto di aborto della Roe vs Wade che infatti è stato da loro cancellato. E viene da piangere a pensare che per la chiusura della campagna elettorale del 2020 Trump volle Abby Johnson, la più giovane direttrice di una clinica abortista di Planned Parenthood, da loro premiata come dipendente dell'anno, ma che si era convertita alla causa prolife. La sua storia veniva raccontata nel film Unplanned che svelava la crudeltà dell'aborto chirurgico, ma anche quello ottenuto con le pillole. Insomma la paladina prolife Abby Johnson nel 2020 a caldeggiare la rielezione di Trump. Quest'anno alla convention del partito repubblicano c'era invece... Hulk Hogan.

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 6 agosto 2024

2 - IL GOVERNO GARANTISCE I PRIVILEGI DI POSTE ITALIANE (NON CERTO PER MIGLIORARE IL SERVIZIO)
Per i nemici la legge si applica, per gli amici si interpreta, per le aziende partecipate dallo Stato, grazie al Decreto omnibus, quello che ieri era un abuso oggi non lo è più
Fonte Istituto Bruno Leoni, 13 agosto 2024

Poste Italiane è l'azienda partecipata dallo Stato che, come suggerisce il suo nome, dedica una piccola parte delle sue risorse a sbrigare il servizio postale, e gran parte dei suoi dipendenti e mezzi a vendere altri prodotti (bancari, assicurativi, telefonici e ora anche energetici) in concorrenza con gli operatori tradizionali. Il suo modello di business si basa sulla capillare rete di circa 12 mila sportelli. Tale infrastruttura, ceduta a titolo gratuito dallo Stato, è stata realizzata nel tempo a spese dei contribuenti. Non solo: ogni anno il governo paga a Poste una quota dei costi per il mantenimento in esercizio degli uffici postali. Nessun operatore privato potrebbe avere una rete tanto ampia, sia per ragioni economiche, sia soprattutto perché non lo consentirebbe il Garante della concorrenza, che infatti quando valuta le fusioni tra istituti bancari e soggetti analoghi spesso e volentieri impone la cessione di una parte degli sportelli.
Questa situazione è in tutta evidenza anti-concorrenziale: Poste gode di un privilegio unicamente in funzione del suo ruolo nell'erogazione del servizio universale e in tal modo fa concorrenza sleale in altri mercati contigui. La legge antitrust prevede, al comma 2-quater dell'articolo 8 (ricordatevi bene questo riferimento), che - se il titolare di un servizio di interesse economico generale si trova in questa condizione - deve concedere l'accesso ai suoi asset anche ai concorrenti "a condizioni equivalenti". Alcuni operatori del mercato dell'energia hanno dunque chiesto a Poste di poter vendere o almeno reclamizzare i propri prodotti attraverso la rete postale. Poste ha negato l'accesso. Così questi operatori, assieme ad alcune associazioni di categoria, hanno segnalato la vicenda all'Antitrust. Il Garante ha aperto un procedimento a febbraio 2024 e lo ha concluso a luglio, rilevando l'abuso di Poste e imponendo all'azienda di adottare una serie di misure correttive.
Poste farà ovviamente ricorso. La storia dovrebbe concludersi così: saranno il Tar e il Consiglio di Stato a stabilire chi ha ragione. Invece no. La storia si conclude diversamente.
Il Decreto omnibus, approvato dal consiglio dei ministri pochi giorni fa, a un mese tondo dalla conclusione del procedimento Antitrust, interviene su "Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico". Tra queste "misure urgenti", esso prevede che "all'articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n.287... il comma 2-quater è abrogato". Sì, proprio quel comma 2-quater che impedisce ai monopolisti legali (come Poste) di trarre indebito vantaggio dai beni che possiedono proprio in forza della loro funzione come erogatori di un servizio pubblico.
Il messaggio è chiaro: se hai il ministero dell'Economia tra i tuoi azionisti, per te le regole non si applicano: si cambiano.

Fonte: Istituto Bruno Leoni, 13 agosto 2024

3 - VA BENE FA CALDO, MA SALVIAMO LA DECENZA
Siamo in estate, non è strano che faccia caldo e non è il caso di perdere dignità esponendo il corpo senza pudore (VIDEO IRONICO: L'anno più caldo di sempre)
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Sito del Timone, 14 agosto 2024

È arrivato il momento di rispolverare Jane Austen: «Che cosa terribile il caldo. Mi costringe a stare in uno continuo stato di ineleganza». Come darle torto? A tutte noi, in estate, tocca la medesima sciagurata sorte: ogni mattina l'armadio ci restituisce lo stesso, irrisolto quesito: pudore o sopravvivenza? Decenza o comodità? Decoro o freschezza? La tentazione è fortissima.
Per non parlare del difficile rapporto con il phon, quella usuale, amica pratica di asciugatura del capello, anche detta messa in piega casalinga, dopo la quale ci si sente subito presentabili e in ordine, assume d'estate i tratti di uno strumento di tortura infernale, che trasforma una fanciulla profumata appena uscita dalla doccia in un essere madido di sudore sotto il calore dell'asciuga capelli che, ad un certo punto, viene puntualmente abbandonato. Una resa senza condizioni. E il capello rimane così, mezzo fatto, mezzo no, raccolto un po' per ripiego un po' per la già citata sopravvivenza. E non salvano le buone intenzioni. Si parte infatti con l'idea di raccogliere i capelli in uno chignon super chic modello Nicole Kidman e si finisce più per somigliare ad un incrocio tra una lottatrice di sumo e Ursula della Sirenetta. Una tragedia.
Resta il fatto che la Decenza non va in vacanza, nemmeno i suoi colleghi Buon Gusto e Pudore possono essere pensionati così. Perciò via libera ai consigli non richiesti per non diventare come i personaggi di People of Walmart, sito americano che immortala i clienti dell'omonimo supermercato abbigliati nei modi più impensabili, da quello che pesa le mele in pigiama a quello che si aggira tra gli scaffali vestito da Batman. Mettiamo qualche punto fermo.
Le infradito sono ciabatte, e - spoiler - le ciabatte si usano in casa. L'unica eccezione è concessa alle donne (noi non siamo per la parità di genere), che possono indossarle anche fuori casa, ma sempre in contesti vacanzieri e non per andare in ufficio, a patto che siano minimamente decorose (le Birkenstock sono negli oggetti banditi, a meno che non siate Margot Robbie nel film Barbie). In nessun caso, neanche per fuggire dalla bomba atomica, sono ammesse fuori casa le hawaianas, altrimenti dette flip flop, che in quanto ciabatte da mare, devono essere rigorosamente abbandonate quando ci si trova a oltre 200 metri dal litorale (o al massimo dalla piscina, ma qui i metri si riducono).
In ufficio ci sono dei no. Estate o inverno che sia. Cari amici maschi il pantaloncino no. No, neanche il bermuda, e no, nemmeno quello elegante. Sempre perché noi non siamo per la parità di genere, non vogliamo vedere gambe maschili che girano fra le scrivanie, non perché siano necessariamente brutte, ma perché teniamo all'eleganza maschile che non è scindibile dal pantalone lungo, in certi contesti. E ovviamente no anche alla canottiera. A meno che non siate Marlon Brando e al momento ci risulta morto. Meno che meno il torso nudo mentre si corre o si fa sport all'aperto. Coprite la vostra vanità nel voler mostrare i muscoli se li avete, se non li avete è una ragione in più per far spazio al pudore.
Per le donne restano bandite in contesti formali le spalline. Ebbene sì, le spalline fanno lingerie e in lingerie non si va al lavoro, se proprio non riuscite a resistere copritele con una camicia di lino a meno che non siate in barca a Portofino. No secco anche per i kaftani, prendisole e simili, che hanno diritto di cittadinanza solo sul bagnasciuga. No ovviamente a tutto quello che è trasparente, anche se è così comodo perché leggero, no al costume in vista e infine una nota. La biancheria intima si chiama così per una ragione, quindi non è che debba essere visibile a chi non vive nella vostra intimità.
Infine in Chiesa, ci sarebbe molto da dire ma stiamo agli essenziali, ripristiniamo un po' di buon senso, prima del buon gusto e prima ancora di quella merce ormai rara ma fondamentale chiamata senso del Sacro. Se siete andati in piscina, non è una buona scusa per presentarvi a Messa con gli short inguinali o coi bermuda, trovate il modo per cambiarvi o almeno per coprirvi, ma non presentatevi davanti a Nostro Signore con la stessa mise dell'aperitivo in spiaggia. Perché sì, l'abito fa il monaco. È vero a volte il calore e il sudore mettono a durissima prova, ma non sarà abbandonando il decoro che troverete refrigerio, al massimo farete raggelare gli altri fedeli.

DOSSIER "CONSIGLI PER L'ESTATE"
Vacanze, spiaggia e... bikini

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VIDEO IRONICO: L'ANNO PIU' CALDO DI SEMPRE
Nel seguente video dal titolo "L'anno più caldo di sempre (mentre sulle Dolomiti nevica)" (durata: 3 minuti) Silver Nervuti spiega quanto sono ridicoli quelli che ogni anno vogliono convincerci che è "l'anno più caldo di sempre".


https://www.youtube.com/watch?v=M-jF_SD8mU0

Fonte: Sito del Timone, 14 agosto 2024

4 - L'ETERNA SFIDA DEI GIOVANI CONTRO I VECCHI
I vecchi si sono sempre lamentati dei giovani, eppure il mondo è ancora qui... dunque tutto bene? Non proprio
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16 agosto 2024

Girano diversi articoli nei quali si riportano frasi vecchie di secoli nelle quali alcuni barbogi si lamentano dei giovani. Ad esempio Aristotele: «I giovani sono magnanimi; poiché non sono ancora stati umiliati dalla vita, anzi sono inesperti delle ineluttabilità, e il ritenersi degni di grandi cose è magnanimità: e ciò è proprio di chi è facile a sperare [...]. Essi credono di sapere tutto e si ostinano al proposito; questa è appunto la causa del loro eccesso in tutto»; oppure Orazio: «Questa gioventù di sbarbati... non prevede ciò che è utile, sperperando i suoi soldi».
Lo scopo di queste citazioni è più o meno questo: i vecchi si sono sempre lamentati dei giovani, eppure il mondo è ancora qui. I vecchi non amano i cambiamenti e rimpiangono la loro gioventù; per questo il loro mondo gli sembra migliore dell'attuale. Sì, può essere: in effetti in molti considerano infanzia e giovinezza come un periodo bello della loro vita; attribuiscono quindi a quegli anni la bellezza che, invece, era solo nei loro occhi. Tuttavia... se questo bias esiste, non esiste solo per i vecchi: anche i giovani potrebbero leggere con gli occhi della bellezza un mondo e un'epoca che così bella forse non è. Quindi: uno e uno, palla al centro.
I boomer, tuttavia, potrebbero a loro volta obiettare che loro sanno com'era il passato, mentre i giovani non lo sanno. Solo chi ha vissuto il passato può confrontarlo con il presente in modo credibile. A loro volta, i giovani potrebbero replicare «Ok, boomer», aggiudicandosi la partita: coi vecchi è inutile parlare, non sanno niente e non capiscono niente.
È, dunque, un problema insolubile?
Da una parte, la contrapposizione tra generazioni è un tema che ritorna ciclicamente (non so quanto in modo spontaneo) nei momenti turbolenti: negli anni della contestazione i giovani dicevano più o meno le stesse cose dei «matusa». Dall'altro lato, credo che si tratti della solita questione: pensiero classico contro pensiero moderno. Questi due pensieri hanno una concezione del tempo, naturalmente, opposta.
Il pensiero classico è attraversato dal mito dell'età dell'oro, età del latte e del miele che, progressivamente, è degradata. Il cristianesimo fa riferimento, all'origine dei tempi, nientemeno che al paradiso terrestre, nel quale gli uomini erano più vicini a Dio non solo cronologicamente o fisicamente, ma anche ontologicamente. Dal peccato originale e dalla cacciata, la storia dell'umanità è una progressiva decadenza e un allontanamento dal progetto originario di Dio. Si potrebbe obiettare: ci sono stati dei picchi come il Medioevo e la Controriforma.
Ora: io adoro l'architettura gotica e l'arte barocca, dal punto di vista artistico sono indubbiamente delle vette. Tuttavia, come faceva notare qualcuno: davvero i quadri di Caravaggio o le composizioni del Palestrina inducono all'elevazione spirituale? Bisogna riconoscere che l'architettura romanica, il canto gregoriano e ambrosiano, hanno una valenza spirituale superiore. E poi? Esaurita anche la spinta controriformistica? Un progressivo e inesorabile allontanamento dal progetto originario di Dio. Ma Dio stesso è venuto sulla terra! Certo, ma per spalancarci le porte del Cielo, non per migliorare questa valle di lacrime.
Opposta la visione del tempo della modernità: che si faccia riferimento a Comte, a Darwin, Hegel o a Marx, per la modernità ciò che è attuale è necessariamente meglio di ciò che è stato. Le «magnifiche sorti e progressive» cantate (ironicamente?) da Leopardi (Giacomo).
Quindi: per chi è nato e cresciuto in un mondo che, anche solo per inerzia, era ancora un mondo classico (greco, romani e cristiano) è facile pensare che «prima della guerra anche il fango era migliore», come dicono in Polonia: per chi è nato e cresciuto in un mondo integralmente moderno è ovvio che l'oggi è meglio di ieri e non può essere altrimenti.
Cosa ne penso io? Che non so se sia meglio ieri o oggi e nemmeno se abbia senso parlare di meglio o peggio. Tutto ciò che è del mondo cambia, nulla dura in eterno. Tutto è effimero e vano. Tranne la Croce di Cristo. Stat Crux, dum volvitur orbis.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16 agosto 2024

5 - LA VITA DI FERNANDEL, L'ATTORE CHE HA INTERPRETATO DON CAMILLO PER IL CINEMA
Fernand Contandin (1903-1971) era cattolico, un marito fedele e padre di tre figli (stava per rinunciare a don Camillo perché pensava che parlare con il crocifisso fosse blasfemo)
Autore: Samuele Pinna - Fonte: Sito del Timone, 12 agosto 2024

Scrivevo nel mio A dottrina con don Camillo come il protagonista di Mondo piccolo sia «una delle figure letterarie contemporanee più amate: è capace di indossare - è il caso di dirlo - i panni del sacerdote che tutti vorrebbero ed è anche in grado di trasmettere profondi insegnamenti». Al successo letterario dei racconti di Giovannino Guareschi è seguito quello cinematografico, grazie anche all'interpretazione magistrale di Fernandel. Non si può pensare al personaggio guareschiano senza immaginarsi il volto tanto caratteristico del comico francese.
La vita di questo straordinario attore è stata messa nero su bianco dal giornalista Fulvio Fulvi, a cui chiedo immediatamente da dove sia nata l'idea di stilare la biografia intitolata Il vero volto di don Camillo. Vita & storie di Fernandel (Ares).
«È stato concepito partendo da una mia curiosità personale: chi era quel simpaticone di Fernandel? Sapevo che era un attore francese dal sorriso largo, e basta. Un bravissimo don Camillo che sapeva portare bene la tonaca e rendeva sullo schermo il personaggio che avevo conosciuto leggendo da ragazzo i racconti di Guareschi. Ricordo gli spot su carosello in cui pubblicizzava un famoso cognac insieme a Gino Cervi... Mi occupo sin da giovane di cinema, la mia grande passione, e allora ho cercato di saperne di più procurandomi quei film che lui aveva interpretato e che in Italia erano poco conosciuti. Poi, volendo approfondire, mi sono accorto che non esisteva nessuna biografia di Fernandel edita in Italia. E così mi sono messo a scriverla io...».
Ragiono: la popolarità per Fernandel diventa ancor più grande grazie alla personificazione del parroco della Bassa, sebbene fosse un artista già affermato in Francia quando fu scelto per quel ruolo.
«Sì - mi viene confermato -, era già popolarissimo per aver interpretato circa 120 film nel suo Paese, fu scoperto da un intellettuale della Provenza, la sua regione, Marcel Pagnol, scrittore e drammaturgo: fu lui a lanciarlo nel mondo del cinema. Ma Fernandel, cioè, all'anagrafe del Comune di Marsiglia, Fernand-Joseph-Désiré Contandin, aveva cominciato con le macchiette del "vaudeville", in una piccola compagnia teatrale con il padre e il fratello, girando con un camioncino i teatrini della Provenza. È stato il regista Julian Duvivier a volerlo come don Camillo nel primo film, uscito nel 1951».
È risaputo che a Guareschi inizialmente Fernandel non piaceva, ma poi ha ceduto davanti alla sua bravura. Desidero conoscere ancora qualcosa del pretone dalle mani grosse come badili.
«Don Camillo dal punto di vista letterario è un personaggio complesso, un esempio di sacerdote che ama il popolo e per la sua gente si impegna, mettendoci la faccia... Uno che ama il Crocifisso e ha consapevolezza di esserne un testimone, nonostante il carattere irascibile e un po' burbero. I film della saga guareschiana tendono a semplificare però certi aspetti presenti nell'opera dello scrittore di Roccabianca. Ma ne restituiscono la sostanza. In ogni caso, secondo me, don Camillo viene fuori così com'è, un pastore in mezzo al suo gregge, anche perché esiste Peppone, l'amico-antagonista, il sindaco comunista che trova proprio nell'autentica passione per la sua gente un punto di incontro con il parroco attaccabrighe, nonostante la distanza ideologica. Personaggi "consustanziali": non è possibile capire don Camillo senza Peppone. E viceversa».
A Fernandel i panni del sacerdote cascano a pennello, tanto che si racconta che sia stato scambiato più volte per un vero ministro di culto.
«Sì, parlando con i cittadini più anziani di Brescello, il paese emiliano dove sono stati girati i film, sono venuto a conoscenza di tanti aneddoti divertenti. Fernandel, nelle pause del lavoro, andava in giro per le vie con gli abiti di scena. Non si toglieva mai la tonaca e un giorno accadde che una bambina lo fermò chiedendogli di benedire la sua bambola. Lui cercò di convincerla che non era un prete vero, ma lei insistette e lui la accontentò. Il figlio del sagrestano della chiesa di Brescello mi ha raccontato che Fernandel dopo pranzo usava fare una pennichella e chiedeva di stendersi sul divano della canonica per una mezzoretta prima di ritornare sul set. In cambio ripagava con qualche banconota proprio il figlio del sacrista, che spesso faceva anche da staffetta tra l'attore e il regista portando messaggi all'uno e all'altro. Riceveva molte lettere dagli spettatori che lo trattavano come un vero prete. Ma nel mio libro si raccontano tanti episodi del genere».
Incalzo. C'è stato un incontro importante, quello con Pio XII.
«Papa Pacelli si era fatto proiettare in una saletta privata in Vaticano il primo film su Don Camillo, ne rimase colpito e chiese di incontrare l'attore. "Voglio conoscere il prete più celebre al mondo dopo di me", disse ai suoi collaboratori. Così accadde che un giorno, mentre Fernandel si trovava a Roma con la figlia, fu raggiunto da due "camerieri" di Sua Santità che lo invitarono il giorno dopo a un rendez-vous con il Pontefice. L'attore ne rimase stupito e, da cattolico com'era, si commosse. Nel mio libro racconto quel momento, grazie anche alla descrizione che lui stesso ne fece in un'intervista pubblicata su una rivista francese dell'epoca».
Non possono non domandare se Fernandel sia stato un uomo di fede.
«Fernand Contandin era un convinto cattolico, ebbe un'educazione religiosa, tanto che quando gli fecero leggere il copione del primo film, stava quasi per rinunciare alla parte perché, come si sa, ci sono dei brani - a mio avviso i più "decisivi" del personaggio - in cui don Camillo parla con il Crocifisso e Lui gli risponde. Pensava che fosse una cosa blasfema, ma poi si accorse che non era così...».
La religiosità - se è vera - s'incarna nel quotidiano, e pertanto voglio sapere qualcosa della sua vita privata.
«Fernandel è stato un marito fedele per tutta la vita (è stato sposato con Henriette per 46 anni) e padre di tre figli, due femmine e un maschio, Franck, anche lui attore (anche se di scarso successo). Con i figli era amorevole ma severo. E aveva un rapporto idilliaco con la suocera: fu lei infatti a dargli il nome d'arte Fernandel perché quando, da fidanzato, andava a trovare la sua Henriette, la mamma di lei lo presentava dicendo: "Et voilà, le Fernand d'elle!" ("Ecco il suo Fernando"). Da cui, appunto... Fernandel. Geniale no?».
Del resto, il genio si è mostrato anche nella sua lunga carriera che non si può ridurre ai soli lungometraggi su Don Camillo (basti pensare al film con Totò, due maschere all'epoca amatissime nei rispettivi paesi d'origine).
«Fernandel al cinema interpretava soprattutto personaggi bonari che rispecchiavano la sua naturale simpatia. Indubbiamente anche la faccia, dall'impronta cavallina, e la risata, influivano sulla caratterizzazione. Ma nella sua lunga carriera è stato protagonista anche con ruoli drammatici in film più o meno "impegnati". Senza contare il gendarme di La legge è legge, con Totò, del 1957 di Christian-Jaque, i più important, tra quelli che hanno avuto un'eco anche da noi, secondo me, sono stati il commesso viaggiatore Casimir nell'omonimo film di Pottier del 1950, Topaze di Marcel Pagnol, dello stesso anno e, dopo l'esordio nei panni del parroco guareschiano, Il nemico pubblico n. 1 di Henri Verneuil del 1953, La Vacca e il prigioniero di Verneuil del 1959, dove interpreta un militare francese catturato dai tedeschi e mandato a fare il contadino in una fattoria della Germania, Il giudizio universale di Vittorio De Sica, del 1961, Le tentazioni quotidiane di Duvivier, uscito l'anno successivo... Ma l'elenco potrebbe continuare!».
Saluto il noto articolista di Avvenire con un ultimo quesito: quale messaggio lascia in eredità la persona di Fernandel?
«Il messaggio che a mio giudizio ci ha lasciato questo grande attore è innanzitutto di una giovialità mai banale, una grande simpatia umana, un raro rigore professionale (morì praticamente sul set, mentre girava l'ultimo film della saga, Don Camillo e i giovani d'oggi: stava male ma volle lavorare ugualmente, svenne durante le riprese e pochi giorni dopo spirò nella sua casa di Parigi). Un'altra dote (un insegnamento da cui si dovrebbe imparare) è la capacita di essere un buon amico: così è stato con Gino Cervi, Jean Gabin, lo stesso Pagnol che lo lanciò come attore cinematografico. Era un uomo retto che aveva un senso del dovere e un amore per la famiglia. E noi spettatori "incalliti" dei film di Don Camillo, che non ci perdiamo mai una replica quando vengono riproposti in televisione, ce lo vogliamo ricordare sempre così, in tonaca, con la bicicletta, che parla con il Crocifisso (il quale gli risponde e "corrisponde") e litiga amorevolmente col compagno Peppone, che non era nemmeno tanto diverso da lui».

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Fonte: Sito del Timone, 12 agosto 2024

6 - SVEZIA DISPERATA: SOLDI AI MIGRANTI PER ANDARE VIA
Il Paese è il simbolo del fallimento del multiculturalismo: Stoccolma è la capitale con più violenza in Europa, con intere zone off-limits per le forze dell'ordine
Autore: Franco Lodige - Fonte: Sito di Nicola Porro, 16 agosto 2024

Violenza, criminalità, scontri tra fazioni opposte. La Svezia si è lentamente trasformata nell'emblema del fallimento del multiculturalismo forzato, testimonianza cristallina dell'ideologia che si nasconde dietro il modello porte aperte. Stoccolma è la capitale con il più alto tasso di violenza armata letale in Europa, con intere zone off-limits per le forze dell'ordine. I migranti sono diventati un problema innegabile e il governo è disposto a tutto pur di ripristinare legalità e sicurezza, perfino a pagare i rifugiati per tornare nei Paesi di provenienza.
Come riportato dal The National News, la Svezia vuole offrire denaro per tornare nel Paese d'origine anche ai rifugiati con cittadinanza svedese: il programma di "uscita volontaria" offre 10 mila corone, ossia 900 euro, più i costi per sostenere il viaggio. Si tratta della mossa della disperazione per il governo, che deve fare i conti con dati drammatici: nel 2023 più persone hanno lasciato la Svezia di quante ne siano arrivate, prima perdita netta da oltre cinquant'anni.
"Uno sviluppo verso un'immigrazione sostenibile è necessario per rafforzare l'integrazione e ridurre l'esclusione sociale", ha evidenziato il ministro all'immigrazione Maria Melmar Stenergard: "Il numero di domande di asilo sembra essere storicamente basso, i permessi di soggiorno correlati all'asilo continuano a diminuire e la Svezia registra un'emigrazione netta per la prima volta in 50 anni". Inutile evidenziare che le politiche in materia di immigrazione e integrazione siano state esaminate attentamente dopo le ripetute violenze delle gang in tutto per il Paese.
A maggio, un servizio di controspionaggio ha accusato l'Iran di reclutare bande criminali svedesi, note come Foxtrot e Rumba, per fare i loro voleri. I dati della polizia mostrano che lo scorso anno in Svezia ci sono state almeno 348 sparatorie. Sono state uccise almeno 52 persone e il numero di esplosioni è salito da 90 a 149. Senza dimenticare i roghi del Corano, che hanno inasprito i rapporti tra cristiani e musulmani. Il ministro Stenergard non ha utilizzato troppi giri di parole: "Per chi non si è integrato, è l'occasione per una vita migliore". Ma l'obiettivo è innegabilmente un'inversione di tendenza.
Dopo anni di porte spalancate e buonismo a palate, all'inizio del 2023 il governo svedese aveva messo mano alle politiche di accoglienza: dal calo drastico di permessi accordati ai rifugiati alla cessazione dei ricongiungimenti, passando per il rafforzamento dei confini. Un intervento necessario e comunque tardivo, considerando i numeri del Paese nordico: l'8 per cento della popolazione - 10 milioni di abitanti - è di religione islamica. Le proiezioni hanno spaventato tutti: entro il 2050 i musulmani potrebbero raggiungere quota 30 per cento. Una situazione potenzialmente esplosiva, considerando la già difficile convivenza.
Una situazione drammatica, testimoniata plasticamente dalla fuga degli svedesi e dei migranti integrati dai ghetti più pericolosi. Con buona pace del progressismo e dell'inclusività esasperata, che tanto male hanno fatto e continuano a fare all'Occidente. E in primis al buonsenso.

Fonte: Sito di Nicola Porro, 16 agosto 2024

7 - OMELIA XXI DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 6,60-69)
Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

Siamo, per così dire, all'epilogo della lunga discussione tra Cristo e i Giudei, seguita al miracolo della moltiplicazione dei pani, e possiamo fare una specie di bilancio riassuntivo. Il discorso del pane materiale attira a Gesù folle entusiaste. Il discorso sulla fede e sulla eucaristia provoca l'abbandono e l'insuccesso: Molti discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Eppure Gesù rifiuta di proseguire il primo discorso e fa del secondo la pietra di paragone su cui saggiare l'autenticità dell'apertura verso di lui e verso il suo messaggio. Il pericolo di restare solo non gli mette paura; ciò che gli dà più orrore è il malinteso di chi finisce col ridurre l'Evangelo a manifesto di lotta politica, con l'identificare l'annuncio del Regno di Dio a ricerca di giustizia terrestre, col risolvere la "buona notizia" data a tutti per la loro salvezza eterna in una proposta sociale.
Beninteso, Gesù non condanna nessuna di queste mète; anzi, chi è veramente suo discepolo non può esimersi dal perseguirle, secondo le sue concrete possibilità e secondo la natura della sua vocazione personale. Ma l'Evangelo è prima di tutto un guardare in alto, un sospirare sinceramente verso il Regno dei cieli, un pensare per prima cosa al Padre e all'attuazione della sua volontà.
Il crescendo con cui egli si sforza di prendere le distanze da ogni interpretazione puramente terrestre del suo messaggio è perfino implacabile. A chi fatica ad accogliere la sua origine divina, Gesù parla di un mistero più grande, e annuncia l'Eucaristia.
E a chi trova inaccettabile il discorso sull'Eucaristia (questo linguaggio è duro, chi può intenderlo), Gesù propone un discorso ancora più arduo e più alto, quello della sua risurrezione e della sua glorificazione definitiva: Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire dove era prima?

A CHE COSA CREDE VERAMENTE IL CRISTIANO
E in realtà, essere cristiani significa essenzialmente credere, cioè ritenere vero e certo più di ogni altra verità e di ogni altra certezza, che Gesù è oggi vivo e Signore; significa credere che la vicenda umana, così folle e insensata ai nostri occhi, si concluderà ai suoi piedi; significa credere che, oltre ogni apparente desolazione, il Signore Gesù è vicino e ci guida.
Di fronte alla ribellione, al disinteresse, all'abbandono, egli si limita a chiedere ai Dodici rimasti: Volete andarvene anche voi? È una forte lezione per chi crede di poter "trattare" con lui e porre delle condizioni al suo proseguimento nella fede e nella pratica religiosa. È una forte lezione per il cristiano che vive nella paura di perdere l'adesione del mondo moderno e della cultura oggi prevalente.
È una forte lezione per chi, invece di preoccuparsi di credere, si preoccupa di essere credibile e scruta affannosamente le statistiche su quanti vengono a messa e su quanti non vengono più. Volete andarvene anche voi? Gesù, più che preoccuparsi di coloro che lo rifiutano, sembra preoccuparsi che non ci sia qualcuno, tra quelli che lo seguono, che abbia capito male e possa falsare il suo Messaggio.

SENZA GESU', LA VITA E' SOLO TRISTEZZA E DELUSIONE
La risposta di Pietro sia la nostra risposta: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna. Possiamo essere deboli, possiamo essere infedeli ai nostri impegni e incoerenti coi nostri princìpi; ma Dio nostro Padre ci conceda di sentire sempre questa invincibile nostalgia del Signore Gesù.
Lontani da lui e dalle sue parole, come tutto sembra perdere di colore e di senso! Lontani da lui, ci imbattiamo solo in uomini deludenti e delusi, quale che sia la risonanza del loro nome, quale che sia la loro capacità istrionica di carpire il consenso. Ci sono uomini ricchi, col portafoglio pieno e col cuore vuoto; ci sono uomini dotti, imbottiti di sapere, eppure senza verità e senza luce; ci sono uomini che si credono liberi e senza limiti, ma che non sanno evadere da un'esistenza senza scopo e senza significato; ci sono uomini che sanno gridare il loro malessere, la loro sete di giustizia, il loro desiderio di autenticità, ma non riescono a sfuggire alla loro disperazione.
Anche a noi è consentito di andarcene; anche a noi è fatta la proposta di Giosuè: Scegliete oggi chi volete servire. Ma pensiamoci bene. Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.

Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.

Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

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