ZUCKERBERG AMMETTE CHE IL FACT CHECKING E' CENSURA (E NOI NE SIAMO VITTIME)
Svelate le pressioni di Biden per censurare Facebook, Instagram, Whatsapp, soprattutto sui vaccini: ora negli Usa saranno più liberi, mentre in Europa no per colpa del Digital Services Act (VIDEO: Intervista a Zuckerberg)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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I RISCHI E L'INGANNO DELLA PSICANALISI
Viviamo in una società sempre più violenta che ha dimenticato cos'è il peccato e silenzia la coscienza
Autore: Benoît-Marie Simon - Fonte: Il Timone
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L'ABUSO DEL RICORSO AL PARTO CESAREO
Partorire è la cosa più naturale al mondo... eccetto che in Italia!
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di Bastabugie
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LA PROTESTA NAZIONALE PER RAMY, CONTRO LA POLIZIA: IL NOSTRO BLACK LIVES MATTER
Rivolte contro la polizia dopo la pubblicazione dei video sulla morte del ragazzo egiziano inseguito dai Carabinieri a Milano (VIDEO: I disordini contro la polizia)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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OFFRE LA VITA PER SALVARE L'ANIMA DELL'ASSASSINO DI SUO PADRE
Durante la guerra di Spagna una bambina di 9 anni collezionava santini, insegnava alle bambole il segno della croce, andava a Messa tutti i giorni, ma poi...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone
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IL CIELO E' SPENTO NELLE CHIESE MODERNE
Nelle chiese dovremmo poter intravedere una anticipazione del paradiso... e invece quelle attuali sembrano rinchiuderci piuttosto in un asettico Nirvana
Autore: Francesco Mori - Fonte: La Bussola Mensile
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OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Gv 2,1-12)
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
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ZUCKERBERG AMMETTE CHE IL FACT CHECKING E' CENSURA (E NOI NE SIAMO VITTIME)
Svelate le pressioni di Biden per censurare Facebook, Instagram, Whatsapp, soprattutto sui vaccini: ora negli Usa saranno più liberi, mentre in Europa no per colpa del Digital Services Act (VIDEO: Intervista a Zuckerberg)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 9 gennaio 2025
Mark Zuckerberg, il fondatore e amministratore delegato di Meta (azienda proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp) ha annunciato il 7 gennaio un cambiamento radicale di politica. E di fatto ha ammesso che finora era imposta una censura, benché non ufficiale, sui suoi social network. Niente più fact checking, che verrà sostituito dalle community notes (commenti scritti da altri utenti che vogliono segnalare un articolo) e alleggerimento drastico delle regole che limitavano la pubblicazione dei contenuti, i ricorsi e la rimozione di contenuti, niente più restrizioni alla visibilità degli argomenti politici e stop allo shadow ban, cioè la pratica di rendere meno visibile quel che pubblica un utente ritenuto pericoloso. Meta cambia anche il responsabile per gli affari globali, non più il liberaldemocratico britannico Nick Klegg, ma il repubblicano americano Joel Kaplan, già consigliere di George W. Bush. Inoltre la squadra per la moderazione dei contenuti sarà trasferita dalla California al Texas, lontano dalle peggiori influenze dei media tradizionali e dei gruppi di pressione (progressisti, ndr). In particolare il fondatore di Facebook ha ammesso che i fact checkers sono risultati «troppo politicamente orientati e hanno contribuito a distruggere più fiducia di quanta non ne abbiano creata, soprattutto negli Stati Uniti». Le riforme di Zuckerberg sono state accolte da un coro di critiche da parte della stampa internazionale. E anche in Italia, dove è soprattutto Open, il quotidiano di Enrico Mentana, consulente di Facebook per il fact checking, a denunciare una possibile deriva verso il linguaggio di odio su immigrazione e gender. Né poteva essere diversamente: dal 2016, da quando le elezioni negli Usa erano state vinte da Donald Trump, i media tradizionali avevano attribuito la colpa soprattutto ai social network, colpevoli di "diffondere la disinformazione e la misinformazione" senza alcun controllo degli "editori responsabili". La stretta era arrivata nel 2019, con una pressione senza precedenti sulle aziende proprietarie dei nuovi media. Onore al vero, Zuckerberg aveva provato a difendere la libertà di espressione, opponendosi a ogni forma di censura, già allora. In un discorso tenuto alla Georgetown University, aveva infatti dichiarato: «Oggi, in tutti gli schieramenti, sembra che ci siano sempre più persone che danno la priorità all'ottenimento dei risultati politici che desiderano piuttosto che assicurarsi che tutti possano essere ascoltati». E concludeva: «Credo che dobbiamo continuare a difendere la libertà di espressione».
CENSURA IMPOSTA Infine anche Zuckerberg aveva dovuto cedere, anche nel corso dell’amministrazione Trump, per colpa soprattutto della pandemia di Covid-19. Quel mix di pressioni delle autorità americane e minacce di boicottaggio degli sponsor indusse anche Zuckerberg a introdurre la sua "polizia del pensiero", inasprendo le regole del controllo dei contenuti. E cosa è successo, nella pratica? Che anche su Facebook e negli altri social network di Meta, i contenuti sono stati censurati se erano difformi alle tesi ufficiali. Esattamente come già facevano gli "editori responsabili", ma senza neppure avere la stessa responsabilità di un editore: un social network, infatti, non è un giornale, ma è una bacheca virtuale dove chiunque può appendere qualcosa e si prende la responsabilità di quel che sta mostrando. Limitare la libertà di espressione, senza la responsabilità dell’editore, è stata dunque una doppia aggressione arbitraria, per chiunque non avesse le idee "giuste". Soprattutto perché non vengono solo segnalate e represse notizie false, ma anche la "misinformazione", cioè il contesto mancante o la notizia data in modo "tendenzioso". Si tratta, fuori di metafora, dell’opinione dei giornalisti che fanno fact checking contro quella dei giornalisti autori degli articoli. Anche La Nuova Bussola Quotidiana ha subito l’effetto della censura dei fact checkers, il caso più esplicito è stato quello di un articolo di Ermes Dovico sul traffico dei feti abortiti, contestato da Open non perché falso, ma per "contesto mancante". Significativa la testimonianza su The Free Press di Margi Conklin, ex direttrice dell’edizione domenicale del New York Post. Aveva pubblicato un articolo dell’antropologo Steven Mosher (che è anche una nostra firma), uno dei primi che ipotizzavano che l’origine del Covid-19 fosse da ricercarsi nell’Istituto di Virologia di Wuhan e non nel mercato a pochi chilometri dalla sua sede. Ecco cosa è successo: «Sullo schermo avevo un data tracker che mostrava il nostro traffico web e vedevo la linea verde del nostro articolo salire e salire. Poi all'improvviso, senza motivo, la linea verde è scesa come un sasso. Nessuno leggeva o condivideva il pezzo. Era come se non fosse mai esistito. Vedendo il traffico della storia precipitare, sono rimasta sbalordita. Ho pensato: "Com'è possibile che sia successo? Come fa una storia che migliaia di persone leggono e condividono a scomparire all'improvviso? Più tardi, il redattore digitale del Post mi ha dato la risposta: il team di fact-checking di Facebook aveva segnalato il pezzo come "false informazioni"». Una censura molto interessata, secondo la stessa Conklin: «Ho scoperto che un "esperto" che ha consigliato a Facebook di censurare il pezzo aveva un grosso conflitto di interessi. La professoressa Danielle E. Anderson aveva regolarmente collaborato con i ricercatori dell'Istituto di virologia di Wuhan».
ELIMINATA LA CENSURA DEI FACT CHECKERS I fact checkers non sono entità astratte o studiosi incorruttibili dediti al sapere, sono persone con propri interessi e soprattutto proprie idee politiche. Il fact checking è diventato, specialmente dopo le elezioni del 2020, sempre più un’attività politica, per censurare le voci dissenzienti, come avevamo già fatto presente su queste colonne in tempi non sospetti. Quando l’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk ha permesso di scoperchiare la politica di censura seguita da quel social network, sono emersi anche alcuni segreti su Facebook. Per esempio: le pressioni che aveva subito ad opera di funzionari della Casa Bianca all’inizio dell’amministrazione Biden, soprattutto da Rob Flaherty (futuro manager della campagna di Kamala Harris). Flaherty, con toni aggressivi e molto spesso volgari, imponeva di censurare utenti e giornali legati all’area conservatrice, minacciando gravi conseguenze per il social network. Le indagini legali nella causa Murthy contro Missouri, riguardante la "misinformazione" sul Covid-19, hanno rivelato come i dirigenti di Meta si siano piegati alle richieste dei funzionari di Biden di censurare notizie e ricerche mediche non conformiste. La Corte Suprema ha stabilito l'anno scorso che i querelanti non hanno dimostrato di essere stati censurati in risposta diretta alle pressioni del governo, ma il caso ha comunque esposto la collusione tra l'amministrazione Biden e Meta. La vittoria elettorale di Donald Trump ha sicuramente incentivato Zuckerberg a cambiare politica. Ma ormai il danno provocato è enorme. Secondo una ricerca pubblicata sull’insospettabile Corriere della Sera, il fact checking ha rafforzato la polarizzazione e aumentato il processo di tribalizzazione del pubblico, con gruppi sempre più chiusi nelle loro convinzioni, nelle loro bolle informative. «Eppure, nonostante queste evidenze, milioni di dollari sono stati spesi in soluzioni che chiunque con un minimo di onestà intellettuale avrebbe riconosciuto come fallimentari». In America stanno liberandosi di questo sistema. Ma in Europa? Il momento della liberazione è ancora lontano. Nell’Ue infatti vige il Digital Services Act che di fatto impone il controllo dei contenuti e la moderazione (leggasi: censura), per legge.
Nota di BastaBugie:Daniele Ciacci nell'articolo seguente dal titolo "Zuckerberg: così è calata la censura sui social" parla dell'intervista a Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta (Facebook, Instagram, Whatsapp), che ha confidato quanta pressione avesse ricevuto dall'amministrazione Biden per censurare contenuti, soprattutto sui vaccini. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 gennaio 2025: Durante un’intervista fiume con Joe Rogan nel celebre podcast The Joe Rogan Experience, Mark Zuckerberg ha affrontato temi cruciali legati alla gestione dei contenuti su Meta, le tensioni con l’amministrazione Biden e il futuro tecnologico della sua azienda. Dalle pressioni governative per censurare i contenuti sui vaccini COVID-19 fino alla controversia sulla fine del programma di fact-checking su Facebook e Instagram, l’intervista offre uno sguardo dietro le quinte delle decisioni più criticate di Meta negli ultimi anni. Censura e pressioni dall’amministrazione Biden. Una delle dichiarazioni più rilevanti di Zuckerberg riguarda le pressioni esercitate dall’amministrazione Biden per censurare informazioni sui vaccini COVID-19. Zuckerberg ha affermato che funzionari governativi non solo suggerivano, ma pretendevano la rimozione di determinati contenuti. In alcuni casi, queste richieste includevano post basati su dati reali riguardo agli effetti collaterali dei vaccini. «L’amministrazione ci spingeva in modo molto forte» ha spiegato Zuckerberg, descrivendo come alcuni funzionari arrivassero a urlare contro i dirigenti di Meta per ottenere l’eliminazione immediata di questi contenuti, anche quando rientravano nell’ambito della libertà di parola o della satira. Un esempio discusso include un meme di Leonardo DiCaprio che ironizzava sugli effetti collaterali dei vaccini, contenuto che Meta si è rifiutata di eliminare. Questa politica di forte interventismo da parte del governo ha creato una tensione senza precedenti tra Meta e l’amministrazione Biden, sollevando una questione cruciale: quando un’azione volta a contrastare la disinformazione diventa censura governativa? Zuckerberg ha sottolineato come, nonostante il rispetto delle linee guida sanitarie, fosse importante proteggere anche i contenuti che rappresentavano dubbi genuini. La questione del fact-checking: il cambio di rotta su Meta. Oltre alla censura governativa, Zuckerberg ha parlato anche della recente decisione di Meta di abbandonare i programmi di fact-checking di terze parti su Facebook e Instagram. Questo cambio di rotta, da molti visto come una concessione alle accuse di parzialità, è stato difeso da Zuckerberg come un passo necessario per migliorare l’autonomia della piattaforma. Secondo il CEO di Meta, il fact-checking era diventato un terreno minato, con utenti e politici di tutto lo spettro ideologico che accusavano la piattaforma di favorire un’agenda specifica. Durante l’intervista, ha dichiarato che il team di Meta continuerà a verificare informazioni critiche, ma punterà di più su un’educazione degli utenti alla verifica autonoma. Questa decisione, però, ha attirato critiche dall’amministrazione Biden, che l’ha definita "vergognosa" e potenzialmente pericolosa per la salute pubblica. Le dichiarazioni su Apple e le sfide dell’innovazione. Nell’intervista, Zuckerberg ha anche affrontato il ruolo di Apple come concorrente principale di Meta nel settore della tecnologia e dell’innovazione. Ha elogiato la capacità di Apple di stabilire standard elevati per il design dei prodotti e l’esperienza utente, ma ha criticato quella che ha definito una "cultura di chiusura" dell’azienda. In particolare, si è soffermato sull’App Store e sulle limitazioni imposte agli sviluppatori di terze parti, che a suo avviso limitano la libertà di innovare. Zuckerberg ha poi accennato al fatto che Meta sta cercando di seguire un modello diverso con progetti come il metaverso, incoraggiando gli sviluppatori a esplorare nuove possibilità senza restrizioni imposte da un sistema chiuso. Tuttavia, ha ammesso che Meta deve ancora convincere il grande pubblico sull’utilità e il valore delle sue proposte. Verso una gestione più autonoma dei contenuti? Le parole di Zuckerberg lasciano emergere un quadro complesso: Meta si trova a dover bilanciare una crescente pressione politica, aspettative degli utenti e una strategia aziendale volta a posizionarsi come leader tecnologico. La critica alla censura e al controllo governativo, unita alla decisione di terminare il programma di fact-checking e agli sforzi per costruire un metaverso aperto, riflette una direzione che punta all’autonomia delle piattaforme online. Non sono mancate le ciritche di parte progressista verso Meta e il patron: molti utenti in rete si sono dichiarati preoccupati dalla mancata gestione del fact checking da parte di un gruppo di esterni benché, come professato dallo stesso Zuck, fosse, specialmente durante gli anni di Biden, di impronta schiettamente parziale, verso il Partito Democratico. Dall’altra parte, però, lo spettro di Trump si aggira minaccioso dietro le spalle di Zuckerberg, soprattutto vista la relazione del neo presidente eletto Donald Trump con Elon Musk, non soltanto proprietario di Tesla ma soprattutto di X, social network che ben prima di Facebook e Instagram aveva seguito le orme del fact-checking da parte degli utenti e liberalizzato la possibilità di pubblicare contenuti senza censure bipartisan. Sono in molti a pensare che Zuck stia cercando di avvicinarsi quanto più possibile a Trump. Si vedrà. E si vedrà anche come il pubblico, i governi e le aziende rivali reagiranno a questi cambiamenti. In un’epoca in cui tecnologia e politica si intrecciano sempre più, Zuckerberg continua a presentarsi come un sostenitore della libertà d’espressione, pur con i limiti e le contraddizioni di un colosso come Meta.
https://www.youtube.com/watch?v=ZMIEXN1eusM
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 9 gennaio 2025
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I RISCHI E L'INGANNO DELLA PSICANALISI
Viviamo in una società sempre più violenta che ha dimenticato cos'è il peccato e silenzia la coscienza
Autore: Benoît-Marie Simon - Fonte: Il Timone, novembre 2024
Recentemente, di fronte a un gruppo di persone, un padre di famiglia giustificava il comportamento aggressivo del figlio, che picchiava i compagni di scuola, con la scusa che quest'ultimo non sapeva come incanalare il suo eccesso di energia. Ebbene, nessuno ha reagito! Segno di una tendenza generale a scusare a ogni costo ciò che una volta si chiamava cattiveria, cioè peccato. Sarebbe disonesto vedere in questo cambiamento di mentalità la semplice reazione a un presunto rifiuto di prendere in considerazione i condizionamenti che sminuiscono la nostra libertà. Da tempo, i manuali di morale hanno moltiplicato le distinzioni a questo riguardo. Detto ciò, la tentazione di non rispettare tutta la complessità delle situazioni umane esisterà sempre, ma per combatterla non è necessario sbarazzarsi di una saggezza che si basa su principi veri e onora la dignità umana fino al punto di riconoscere all'uomo la capacità di scegliere il male. Gesù, è vero, ci ammonisce di non giudicare, perché solo Dio legge nel segreto dei cuori. Ma questo non significa che si debba assolvere tutti. Non confondiamo il determinare fin dove una persona è colpevole e il giudicare che un determinato atto è oggettivamente un peccato. In questo senso il Vangelo ci esorta a correggere il fratello che pecca. E non confondiamo neppure il non condannare con l'assolvere. Insomma, non abbiamo l'autorità e la scienza necessarie né per condannare né per sentenziare che qualcuno non è colpevole. Eppure la psicanalisi decreta che le nostre scelte profonde sono frutto di meccanismi inconsci indipendenti dalla nostra volontà. E lo fa in nome di una teoria che non ammette contestazioni; ogni obiezione sarebbe, in realtà, una "resistenza" che conferma la validità della diagnosi. Non c'è via di scampo: il paziente deve convincersi che il terapeuta conosce meglio di lui il motivo delle sue scelte, sempre che non ne riscriva la storia. Insomma, le categorie della psicanalisi permettono di ignorare gli argomenti razionali di un contraddittore, anzi consentono di non prendere in considerazione ciò che dice.
LIBERI DAVVERO Come spiegare il dominio quasi incontrastato di una teoria così opposta al buon senso? Di sicuro non sarebbe possibile se non fossimo così allergici a riconoscerci peccatori. Quando siamo fieri di ciò che abbiamo fatto, la nostra responsabilità ci esalta, ma quando ci sentiamo in colpa, ci pesa. Allora se una teoria "scientifica" pretende di liberarci da questi sensi di colpa, siamo pronti ad accettarla in modo acritico, anche se nega la trascendenza dello spirito sulla materia. Ebbene, solo lo spirito scopre ciò che è vero e buono in sé, mentre la sensibilità è strutturalmente interessata al proprio benessere materiale. In un caso, la vita è un susseguirsi di piaceri passeggeri; nell'altro, si cerca la vera felicità, cioè il bene che dà un senso assoluto alla nostra vita. Ecco perché i doveri morali che la nostra coscienza ci ricorda non ammettono eccezioni. Pertanto, obbedire alla propria coscienza è necessariamente un atto spirituale che non ha niente a che vedere con processi fisici deterministici, come vorrebbe far credere la psicanalisi. In questo senso, trovare la felicità dipende dalle nostre scelte profonde, le quali non sono mai la semplice risultanza delle condizioni materiali nelle quali ci troviamo e che spesso subiamo. Infatti, si può essere ricchi e infelici, poveri ma in una pace profonda. Ma, secondo la psicanalisi, bisogna rinunciare definitivamente all'idea di poter raggiungere una pace vera e accontentarsi, invece, di compromessi instabili tra forze contrastanti. In fin dei conti rifiutando di chiamare peccato ciò che lo è, si incoraggia il peccatore a rimanere nel suo stato, mentre combattendo potrebbe, con l'aiuto degli altri e soprattutto di Dio, vincerlo. Con la conseguenza che le nostre società diventano sempre più violente.
PECCATO E MISERICORDIA C'è da stupirsi che un'intelligenza sana possa cadere in una tale assurdità, ma risulta davvero incredibile che ci caschi un cristiano. Come potrebbe Cristo rivolgere ai farisei le accuse durissime che leggiamo nel Vangelo, se non fossero colpevoli? Sarebbe assurdo e mostruosamente ingiusto. La Buona Novella è un invito a seguire Gesù Cristo rivolto alla nostra libertà. E alla fine della nostra vita verremo giudicati da Dio. Cosa scandalosa, se non siamo liberi. Impossibile, quindi, negare la realtà del peccato, anche perché è il corollario della preziosità dell'atto nel quale un cuore si dona liberamente, coscientemente e per sempre nell'amore. Sminuire la libertà e la gravità del peccato conduce inevitabilmente a eliminare la possibilità di un tale amore. Non c'è da stupirsi, per esempio, che la nozione di fedeltà, che pure è legata alla verità dell'amore, sia in crisi profonda. Rimane il problema di distinguere il pentimento liberatore dal senso di colpa paralizzante. Così come non si possono non stigmatizzare i danni provocati da certe immagini di un Dio giudice implacabile. Ma, ancora una volta, basta correggere queste rappresentazioni, mentre di sicuro nascondere la colpevolezza quando c'è non apre alla pace vera. Sforzarsi di dimenticare ciò che non si può negare produce, che lo vogliamo o no, la paura e il rimorso che avvelenano la vita. E poi cosa succederà il giorno in cui non sarà più possibile guardare altrove? In verità, solo il perdono offerto dal Signore ci libera da questo peso. Si pensi allo stupore del figliol prodigo nella parabola evangelica quando scopre il modo in cui il Padre l'accoglie allorché riconosce di avere peccato contro di lui! Questo perdono fa nuove tutte le cose - perché Dio è creatore - ma senza nascondere niente. Si sperimenta allora come la verità libera, mentre le cose non chiarite e non accettate imprigionano l'anima. Ora, se il figliol prodigo si fosse lasciato convincere dalla psicanalisi, non si sarebbe mai inginocchiato di fronte a suo Padre chiedendogli perdono e non avrebbe scoperto la potenza di risurrezione della sua misericordia.
SVELARE I PRINCIPI Nonostante questo e i numerosissimi gravi danni occasionati dalla psicanalisi ampiamente documentati: suicidi, vite distrutte, guarigioni illusorie, eccetera, non la si rimette seriamente in discussione; tutt'al più si cerca di correggerla, come se fosse possibile correggere questa teoria senza rimettere in discussione i principi sui quali si fonda. Dire questo non significa, beninteso, ignorare le problematiche che essa ha messo in evidenza, ma occorre interpretarle in una luce diversa. Sembra davvero che si aderisca alla psicanalisi in modo cieco, quasi religioso, come ci si lascia accecare da una ideologia. Gli psicanalisti si difendono sostenendo che la loro è una scienza, e quindi un sapere oggettivo e indiscutibile, mentre la filosofia e la religione che difendono la libertà sarebbero semplici opinioni. In queste condizioni non basta denunciare gli effetti disastrosi della psicanalisi per liberarci dal suo giogo e per smascherare l'illusione che, così come è concepita, possa essere utilizzata come mezzo terapeutico ignorando la teoria che sta dietro. È necessario mostrare che si basa su principi falsi - dal momento che, per esempio, confonde uno slancio affettivo con una pulsione, cioè un mero fenomeno fisico o organico - e che, in ogni caso, non è e non può essere una scienza. È questo un esame filosofico e teologico, inevitabilmente austero, che ho sviluppato nel modo più approfondito e rigoroso possibile nel mio libro: La psicoanalisi al vaglio della filosofia e della teologia.
La psicoanalisi al vaglio della filosofia e della teologia Libro di Fr. Benoît-Marie Simon Anno 2024 / pag. 448 / € 19 Per acquistarlo, clicca qui!
LA PSICOLOGIA NON E' SCIENZA, NÉ MEDICINA E NON PUO' SALVARCI La psicologia non ha nulla a che fare con la medicina, che cura il corpo, né tantomeno può utilizzare il metodo scientifico fondato sulla sperimentazione, perché con l'essere umano non è possibile il controllo totale delle variabili di Roberto Marchesini https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8027
Fonte: Il Timone, novembre 2024
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L'ABUSO DEL RICORSO AL PARTO CESAREO
Partorire è la cosa più naturale al mondo... eccetto che in Italia!
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di Bastabugie, 15 gennaio 2025
In Italia, il parto cesareo è diventato una pratica comune, tanto da posizionare il nostro paese al primo posto nel mondo per percentuale di interventi chirurgici durante il parto. Secondo i dati, il 38% dei parti in Italia avviene tramite cesareo, una cifra ben al di sopra del 15% raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questo dato, che ci pone davanti agli Stati Uniti (27%) e alla Germania (25%), solleva importanti interrogativi sul perché si ricorra così frequentemente a questa procedura e sulle sue implicazioni a lungo termine. Il parto cesareo è un intervento chirurgico fondamentale in situazioni di emergenza o quando il parto naturale comporta rischi significativi per la madre o il bambino. Tuttavia, l'OMS scoraggia un uso eccessivo e potenzialmente non necessario della procedura. In Italia, i numeri suggeriscono che spesso il cesareo non viene scelto per necessità reali, ma per altri motivi. Uno dei principali fattori che spingono molte donne italiane a optare per il cesareo è la paura del dolore durante il parto naturale. Il parto è indubbiamente un'esperienza intensa, ma è anche un processo naturale che il corpo femminile è biologicamente predisposto a sostenere. Tuttavia il fatto che la gravidanza sia trattata da personale medico come fosse una malattia contribuisce ad alimentare ansie che potrebbero essere gestite con maggiore tranquillità. Inoltre il cesareo viene percepito come una scelta più "sicura" o addirittura più comoda, sia dai medici sia dalle mamme. In alcuni casi, l'idea di poter "programmare" il parto con una data certa spinge verso questa decisione. Il parto naturale richiede un'assistenza più prolungata e attenta rispetto a un cesareo programmato, portando alcuni ospedali a preferire quest'ultimo per ragioni organizzative. Ma imporre al bambino quando uscire dal grembo materno è una forzatura visto che da sempre i bambini sanno quando è il momento giusto. Siamo noi che dobbiamo adattarci a loro, non il contrario. Infine non bisogna dimenticare che il cesareo è una procedura sicura, ma non è privo di rischi. Gli interventi chirurgici comportano tempi di recupero più lunghi, un maggiore rischio di infezioni e complicazioni future, come difficoltà nelle gravidanze successive. Per i neonati, il parto naturale offre benefici importanti, come un maggiore supporto al sistema immunitario grazie al passaggio nel canale del parto. Oggi si dimentica che il parto è un evento naturale che da millenni accompagna l'umanità. Negli ultimi decenni, la tecnologia ha migliorato la sicurezza del parto e questo è un bene, ma ha anche contribuito a distanziarci da questa esperienza come parte normale della vita. L'ospedalizzazione dell'inizio come anche della fine della vita ha contribuito a rendere meno umano sia il venire al mondo che l'ultima fase dell'esistenza. Per quanto riguarda il parto naturale è fondamentale che le mamme lo affrontino senza paure eccessive visto che, ripetiamo ancora una volta, partorire è la cosa più naturale al mondo. Per tutto quanto detto non bisogna nemmeno dimenticare che ci sono oggi in Italia mamme che preferiscono partorire a casa con l'aiuto di una ostetrica. Questa possibilità non va scartata a priori soprattutto da parte di chi abita a distanza di un quarto d'ora, mezz'ora al massimo, da una struttura ospedaliera a cui ricorrere solo in caso di pericolo di vita della madre o del bambino. La posizione dell’Italia come leader mondiale nei parti cesarei evidenzia la necessità di un cambiamento di mentalità. Il parto, sebbene doloroso e impegnativo, può essere affrontato con serenità soprattutto se si riceve il giusto supporto dai familiari e dal personale medico. Ridurre il tasso di cesarei non significa negare l’accesso a questa procedura quando necessaria, ma promuovere un approccio più consapevole alla nascita, che valorizzi la salute della madre e del bambino. Per i cristiani, infine, il parto è un momento speciale che si intreccia con il mistero della vita e della fede. Affrontare questa esperienza affidandosi alla Provvidenza e alla protezione della Madre di Dio offre forza e serenità. Maria, che ha vissuto l’esperienza della maternità con umiltà e coraggio, è un esempio potente per le donne che si preparano a diventare madri. Accettare il parto naturale come parte del disegno divino significa riconoscere la bellezza e la sacralità di questo evento, confidando in Dio che sostiene ogni madre nel dono della vita.
Fonte: Redazione di Bastabugie, 15 gennaio 2025
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LA PROTESTA NAZIONALE PER RAMY, CONTRO LA POLIZIA: IL NOSTRO BLACK LIVES MATTER
Rivolte contro la polizia dopo la pubblicazione dei video sulla morte del ragazzo egiziano inseguito dai Carabinieri a Milano (VIDEO: I disordini contro la polizia)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14 gennaio 2025
Quando un ragazzo egiziano di 19 anni, Ramy Elgaml, è morto a Milano durante un inseguimento dei Carabinieri (non aveva risposto all'alt in un posto di blocco), il quartiere Corvetto, ad alto tasso di immigrati, si era sollevato per due giorni contro la polizia. Era il 24 novembre scorso e il paragone che veniva naturale allora era: come una Banlieue parigina. Dalla settimana scorsa è iniziato il seguito della vicenda e il paragone con la periferia islamizzata francese non regge già più. Stiamo assistendo a un fenomeno diverso, più simile a un altro esempio estero del recente passato: il movimento Black Lives Matter contro la polizia americana. Come mai si è atteso un mese e mezzo per assistere allo scoppio di una nuova ribellione contro la polizia? La causa è la pubblicazione del video delle dashcam (le videocamere montate sulle auto) dei Carabinieri, il 7 gennaio, in cui si può assistere all'inseguimento dello scooter su cui era a bordo Ramy. Nemmeno i filmati, però, dimostrano che Ramy sia stato ucciso. Saranno i periti, nel prossimo processo, a stabilire se si sia trattato di un incidente, o i Carabinieri siano colpevoli. Ma quel che si è visto è stato sufficiente a far scoppiare la nuova rivolta. A fare la differenza, nel movimento Black Lives Matter, negli Usa, è soprattutto l'intervento della sinistra istituzionale, al fianco della piazza. Non è stata una protesta spontanea fine a se stessa, come reazione alla morte di George Floyd, nel maggio del 2020, ucciso da un poliziotto durante un fermo. E l'antirazzismo (George Floyd era un afroamericano, il poliziotto che l'ha ucciso un bianco) non era l'obiettivo principale. Il vero scopo era il "defund the police", togliere i fondi alla polizia. Il passaggio, utopistico, dalla repressione alla prevenzione, dalla politica "legge e ordine" a un welfare totale che elimini le cause sociali della delinquenza. Questo ha reso le violente proteste di Black Lives Matter uniche nel loro genere: al fianco delle piazze violente c'erano sindaci, procuratori e anche governatori di sinistra che davano la loro legittimità istituzionale alle violenze.
PAESE CHE VAI, SINISTRA CHE TROVI In Italia stiamo assistendo a qualcosa di molto simile. Oltre alla sinistra antagonista in piazza, la sinistra istituzionale ha subito preso posizione contro la polizia. Le frasi pronunciate da Giuseppe Sala, sindaco di Milano, sono molto più che ambigue: «Certamente le immagini danno un segnale brutto, non c'è dubbio, brutto. Però attendiamo che la giustizia faccia il suo corso. Dal mio punto di vista è chiaro che se qualcuno ha sbagliato deve pagare». Tre frasi: una garantista ("attendiamo che la giustizia...) chiusa fra due sentenze colpevoliste a prescindere. E poi: «Voglio ringraziare un'altra volta il papà di Ramy per l'atteggiamento che oggettivamente è impeccabile. La giustizia faccia il suo corso però mi pare un altro esempio del fatto che quando ce la prendiamo con gli immigrati... Insomma trovare uno (il papà di Ramy, ndr) che dica "c'è un poliziotto buono e uno cattivo ma voglio credere che la maggior parte siano buoni" non è poca cosa». Quindi, per esprimere solidarietà a un padre che ha perso un figlio, Sala ha trovato il modo di stigmatizzare la polizia. Al punto di considerare una lodevole eccezione chi pensa che non tutti gli agenti sono colpevoli. Ad aggiungere il suo peso professionale, oltre che politico, ai commenti di Sala, è stato Franco Gabrielli, consulente del sindaco ed ex capo della Polizia di Stato. Intervistato a Radio24 ha dichiarato: «È sempre facile fare il professore del giorno dopo ma è ovvio che quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento perché c'è pur sempre una targa. Esiste un principio fondamentale ed è quello della proporzionalità delle azioni che devono essere messe in campo per ottenere un determinato risultato: io posso addirittura utilizzare un'arma se è in pericolo una vita ma se il tema è fermare una persona che sta scappando non posso metterla in una condizione di pericolo». Quindi, i Carabinieri non avrebbero dovuto inseguire chi non rispetta l'alt? È importante ricordare queste prese di posizione della sinistra milanese, perché gli effetti sono stati immediati. Queste dichiarazioni risalgono a giovedì 9 gennaio mattina, la sera stessa iniziavano i disordini di piazza. Ad inaugurare il Black Lives Matter italiano è stata, non Milano, ma Torino, a dimostrazione che non si è trattato di una reazione spontanea, ma di un moto politico nazionale organizzato. Nel capoluogo piemontese, un gruppo di antagonisti ha lanciato delle bombe carta contro un Commissariato di Polizia, oltre a uova con vernice. Le forze dell'ordine hanno chiuso le vie che portano verso il centro cittadino e sono stati lanciati contro di loro bottiglie di vetro. Cinque gli agenti feriti. Protagonista dei disordini, l'ormai noto centro sociale Askatasuna, recentemente legittimato dalla visita dell'europarlamentare Ilaria Salis. Un centro protagonista di tutti gli scontri degli ultimi anni contro la polizia a cui il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo (Pd), vorrebbe regalare la sede.
SCENE DI GUERRIGLIA URBANA Il sabato sera si sono verificati gli scontri peggiori, a Roma e a Bologna, mentre a Milano la protesta è stata più pacifica: i manifestanti si sono limitati a imbrattare palazzi e strade. A Roma, invece, scene di guerriglia urbana, con negozi vandalizzati e otto agenti feriti. A Bologna è andata peggio: dieci agenti di polizia feriti, barricate e lanci di oggetti contundenti di tutti i tipi. Bologna ha fatto notizia soprattutto perché i manifestanti hanno anche preso di mira gli ebrei locali, imbrattando i muri della sede degli uffici della Comunità, nella via parallela a quella della sinagoga. Avendo così provocato un incidente diplomatico (anche l'ambasciatore di Israele è intervenuto sulla vicenda), almeno in questo caso la sinistra ha stigmatizzato la violenza. Anche in questo caso, la sinistra tace o accusa la destra di "strumentalizzare". Elly Schlein, segretaria del Pd, è intervenuta solo dopo che è stata sollecitata dalla premier Giorgia Meloni. E, oltre a una generica e doverosa condanna alla violenza di piazza, ha chiesto al centrodestra di "non strumentalizzare". La posizione più netta è quella di Alleanza Verdi e Sinistra: contro la polizia. Con il segretario verde Angelo Bonelli che paventa l'introduzione di "norme da Stato di polizia" dietro "il pretesto" delle aggressioni ai poliziotti. Insomma, neppure di fronte a diciotto agenti feriti in una sola sera, di cui otto nella stessa capitale, la sinistra riesce a prendere le distanze dai violenti. Ci sono invece violenze dello stesso tipo che praticamente non hanno fatto notizia, se non nella cronaca locale. A Busto Arsizio (Lombardia, provincia di Varese) i poliziotti sono intervenuti contro due nordafricani esagitati che stavano sfasciando un'auto in un parcheggio. Ma non appena gli agenti sono arrivati sul posto si sono trovati circondati da una folla di immigrati che insultavano la polizia e inneggiavano alla "giustizia per Ramy". Solo l'arrivo di rinforzi ha evitato il peggio. Sono azioni violente che fanno meno notizia, perché spontanee. Ma proprio per questo più pericolose, più incontrollabili e quindi in grado di dilagare. Come Black Lives Matter, appunto. Se la protesta ottiene il suo scopo, quello di criminalizzare e legare le mani alla polizia, gli effetti saranno anche gli stessi che abbiamo visto negli Usa dopo Black Lives Matter. Ovunque i sindaci di sinistra abbiano mantenuto le promesse di depotenziare la polizia, l'ordine pubblico è crollato. Le grandi metropoli amministrate da Democratici sono tornate ad essere luoghi pericolosi, come lo erano negli anni '70. E a farne le spese sono soprattutto i più poveri, quelli che abitano nei quartieri ghetto e che non possono permettersi un servizio di vigilanza privato. Negli Usa hanno così scoperto che lo Stato sociale non può sostituire l'ordine pubblico. In Italia, una parte della politica ci crede ancora.
Nota di BastaBugie: per vedere i video degli scontri a Torino e a Bologna clicca nei link in fondo a questa pagina.
Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Agenti di Polizia demoralizzati, così in tanti lasciano la strada" intervista Antonio Porto, segretario di Osa Polizia, dopo gli scontri di Bologna e il caso Ramy. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 15 gennaio 2025: «L'odio verso la Polizia è fomentato dal senso di impunità che porta a sfidare le forze dell'ordine con la certezza di non temere niente, anzi di avere anche il gratuito patrocinio nel caso in cui dovessero verificarsi incidenti come quello occorso al 19enne Ramy Elgaml». Antonio Porto è il segretario generale del sindacato Osa Polizia e in questa intervista alla Bussola spiega bene qual è il sentimento di delusione che le forze dell'ordine stanno vivendo in questi giorni in cui la rivolta sociale di collettivi e autonomi sembra assumere i contorni di una sorta di Black lives matter all'italiana. Porto, che idea si è fatto? Sicuramente quella di Ramy è una tragedia, ma si sta facendo un ingiustificato processo mediatico alle forze dell'ordine, chi sta protestando non sa che cosa vuol dire stare su una gazzella o una volante. Cosa significa? Non è facile svolgere in serenità e con questa pressione le attività di vigilanza. Chi sta su una gazzella nel corso di un inseguimento ha poco tempo per prendere una decisione, a volte una frazione di secondo. Però ci sono dei protocolli di intervento... Ma ogni inseguimento o manifestazione ha delle variabili imprevedibili, ognuno ha la sua storia. Chi va in televisione a criminalizzare il nostro operato non sa di che cosa sta parlando, non ha la minima idea di ciò che succede in strada. Lei ha lavorato sulle volanti? Sì, e posso garantire che poteva andare a finire peggio. Peggio della morte di Ramy? Bisogna considerare la bravura del collega carabiniere che guidava la gazzella: dai video e dai riscontri è chiaro che lo scooter non cade a causa di un contatto con il mezzo, le telecamere mostrano chiaramente la frenata della gazzella. La professionalità del carabiniere ha evitato una tragedia più grossa. Sulla dinamica dei fatti ci sarà una lunga battaglia, ora. Lei pensa che il loro comportamento sia stato esemplare per un inseguimento di due ragazzi a bordo di uno scooter? Sì, perché anzitutto bisogna rendersi conto che questi due ragazzi stavano scappando. Per evitare un posto di blocco... Questi scooteroni sono utilizzati dai rapinatori o dagli spacciatori: tu non puoi sapere perché sta scappando, ma abbiamo il compito di bloccarlo. Hanno scorrazzato per 20 minuti anche contromano mettendo a rischio anche le altre auto. Eppure, l'ex capo della Polizia Franco Gabrielli ha detto che bisognava limitarsi a prendere la targa... Si vede che ha dimenticato l'istituzione di cui è stato il capo, ma soprattutto dimostra che non è a conoscenza di come funziona in strada. Non è un caso che la maggior parte dei poliziotti non ne sentono la mancanza. La sua è stata una delle peggiori gestioni del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e con questa infelice uscita ne ha dato dimostrazione Che aria si respira in Polizia? Siamo molto preoccupati, c'è molta delusione e il morale è giù: non si fa nulla per tutelarci. Essere indagati comporta una situazione molto stressante perché devi pagare tu le spese. La politica si fa bella dicendo di aver aumentato la tutela legale portandola a 10mila euro, ma con 10mila euro non ci fai niente e se va male c'è il diritto di rivalsa e devi restituirli. E poi le lungaggini dei processi ti portano ad essere sfiduciato. Il Governo sta pensando ad un decreto sicurezza che introduca una sorta di scudo penale e l'inasprimento delle pene, però. Non so quanto possa servire. La vera questione da affrontare è quella di riprendersi il controllo del territorio che invogli gli agenti a stare in strada perché c'è un fuggi fuggi da questa tipologia di servizi. Chi me lo fa fare di rischiare un processo? Nel frattempo, sono usciti i dati 2024 sulle aggressioni agli agenti: rispetto al 2023 c'è stato un aumento del 127%... È colpa del clima generale di impunità, in strada siamo costantemente sfidati da gente che spesso non va neppure in galera alla quale lo Stato paga pure l'avvocato d'ufficio, mentre noi il legale dobbiamo pagarcelo di tasca nostra. Le faccio un esempio personale. Prego... Io ho subito un processo molto lungo perché un tossicodipendente mi denunciò per averlo picchiato. Sono stato assolto, ma ho speso 66mila euro di avvocato. Lo sa quanto mi ha riconosciuto l'Avvocatura dello Stato? Quanto? Solo 16mila euro. Ecco perché se non si aiutano gli agenti a svolgere bene il loro lavoro ci sarà sempre più un'emorragia di colleghi che si toglieranno dalla strada. A differenza di un poliziotto che lavora in ufficio, noi prendiamo 4,50 euro in più per le ore notturne e altri 4,50 per il servizio esterno: ma se stai dentro e lavori con gli straordinari guadagni di più. Sta dicendo che molti suoi colleghi rinunciano a stare sulla strada? Sì, ed è questo il vero problema perché così si perde il controllo del territorio. Il risultato è che spesso mandiamo alla guida dei mezzi dei ragazzi inesperti, una volta c'erano agenti che chiamavamo "masticatori d'asfalto" che conoscevano anche il numero dei sanpietrini a terra, con una preparazione e una conoscenza della strada cementatasi negli anni.
LA VERITA' CHE CI NASCONDONO SUL BLACK LIVES MATTER I finti antirazzisti di BLM, alla ribalta dopo la morte di George Floyd, vogliono distruggere le statue di Gesù, ritenute supremazia bianca... mentre in Germania innalzano una statua a Lenin e nessuno protesta (VIDEO: I ''pacifici'' del BLM) di Maurizio Ragazzi https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6200
SONO RAZZISTA SE SONO CONTRARIO AI MOVIMENTI ANTIRAZZISTI? Il vero obiettivo dei BLM (Black Lives Matter) è l'attacco alle forze dell'ordine, per costruire un nuovo disordine rivoluzionario e distruttivo di ogni autorità (VIDEO: Back the Blue di Camille & Haley) di Giano Colli https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6534
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14 gennaio 2025
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OFFRE LA VITA PER SALVARE L'ANIMA DELL'ASSASSINO DI SUO PADRE
Durante la guerra di Spagna una bambina di 9 anni collezionava santini, insegnava alle bambole il segno della croce, andava a Messa tutti i giorni, ma poi...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone, dicembre 2024
Si chiamava Maria del Carmen Gonzàlez Valerio y Sàenz de Heredia. Perché un cognome così lungo? Perché sono due: gli spagnoli dei tempi cattolicissimi aggiungevano anche quello della madre, dimostrando alle femministe odierne di essere molto più "avanzati" di loro. Diciamo subito che si tratta di uno di quei bambini malatissimi che, inspiegabilmente (a viste umane), sono tutti per Gesù. E morendo non lasciano i genitori nello strazio, come la gioia serena della madre di Carlo Acutis dimostra. Se Dio ragionasse come noi, il Cielo sarebbe pieno di soli centenari. Eppure, anche i pagani sapevano che chi muore giovane è caro agli dei. E veniamo a noi. María del Carmen, così chiamata perché alla nascita consacrata alla Madonna del Carmelo, era madrilena e figlia di nobili. Era la seconda di cinque e nacque nel 1930. Dati i brutti tempi che correvano (e che di li a poco avrebbero portato alla guerra civile) si pensò di cresimarla alla svelta, cosa che fu effettuata quando lei aveva solo due anni per mano personale del nunzio apostolico Todeschini, che aveva consuetudine col cattolicissimo capofamiglia don Julio González Valerio. L'inferno scatenato dagli anarco -comunisti del Fronte popolare in quegli anni è cosa nota ai lettori del Timone (omicidi di preti, incendi di chiese, distruzione di opere d'arte religiose...), cosi saltiamo direttamente al 1936, quando la Spagna si divise in due parti, l'una contro l'altra armate. I miliziani rojos non persero tempo e scelsero proprio il giorno dell'Assunta per arrestare don Julio, che aveva il grado di capitano d'artiglieria. La colpa? Niente, semplice pulizia etnica, anzi religiosa: non era dei loro, quindi era contro di loro (diabolus simia Dei, il diavolo è la scimmia di Dio). Il carcere in cui lo rinchiusero dava sulla strada della sua casa, e la bimba poteva vedere sgomenta suo padre dietro a una finestra con le sbarre. Fino al giorno in cui non lo vide più. Alla moglie, che ne chiedeva notizie, fu risposto di andare a cercare all'obitorio.
MISTERI DIVINI Maricarmen (così in famiglia), sebbene avesse solo sei anni sapeva che il responsabile ultimo dell'assassinio di suo padre era il premier repubblicano Manuel Azaña Díaz. Ma, beata innocenza, chiedeva a sua madre se l'anima di costui si sarebbe salvata (!). La madre, trattenendo le lacrime, le rispondeva che ci volevano molti fioretti. Intanto, sistemava i figli presso vari parenti e lei si rifugiava nell'ambasciata belga. Maricarmen fu messa in un collegio di suore irlandesi (tra le poche che i rivoluzionari lasciarono in pace, non volendo complicazioni internazionali). Ed era l'unica alunna a frequentare la Messa delle suore al mattino presto. Pare che durante la Settimana Santa, il Giovedì per l'esattezza, abbia offerto la sua vita a Dio in cambio dell'anima di chi l'aveva resa orfana. Qui non mi si chieda di avanzare spiegazioni, sarebbero un'arrampicata sugli specchi tanto inutile quanto fuorviante. Si tratta di mistica, della quale dichiariamo di nulla sapere e capire. Certo, sul retro di qualche santino si trova sempre il volo pindarico clericale che "spiega" l'inspiegabile. E l'inspiegabile è questo: come può venire in mente a una bambinetta di fare una cosa del genere e, per giunta, perseverarvi? Misteri divini. Sì, perché o così, o niente. Solo Dio può inculcare un desiderio siffatto, che implica una certezza adamantina nella realtà della vita eterna. Puoi stringere i denti e sopportare, sì, ma quando sai che la sofferenza è a termine. Come l'evangelica donna che partorisce e alla vista del neonato dimentica di aver patito da urlare.
SAPEVA DI DOVER MORIRE L'offerta di Maricarmen fu evidentemente accettata, infatti si prese la scarlattina. Era il 1939 e mancavano pochi mesi alla vittoria dei nazionalisti, che lei di fatto non vide mai. La scarlattina fece presto a degenerare in chissà che cosa: le si formò una specie di tumore all'orecchio, che si riempì di pus. Gli antibiotici ancora non esistevano, i medici non si raccapezzavano, cercavano di curala con certe flebo che però non bastavano mai. Prima tre volte al giorno, ed era roba dolorosa quando entrava in circolo. Arrivarono a venti al giorno. E ogni volta che l'ago le entrava nel braccio quella obbligava i presenti a dire un Pater noster con lei. Dopo otto giorni gettarono la spugna e la rimandarono a casa. La casa, però, era quella della zia Sofia, sorella della madre, la quale stava ancora, per sicurezza, nell'ambasciata belga. Qui gli agi di famiglia le permisero l'assistenza di due infermiere, ma era sempre peggio. Si ridusse a un'unica piaga in tutto il corpo. La madre la invitava a chiedere a Gesù la guarigione e lei diceva di star pregando perché si facesse la di Lui volontà. Sapeva di dover morire e, anzi, disse che le sarebbe piaciuto andarsene il giorno della Madonna del Carmine. Solo che, saputo che proprio allora si sarebbe sposata sua zia, posticipò. Infatti, come da lei predetto, morì il 17 luglio 1939, alle quindici, l'ora di Cristo. Lo stesso giorno, quattro anni prima, era scoppiata la guerra civile.
IL PRIMO MIRACOLO Azaña? Morì l'anno dopo, in esilio a Montauban, in Francia. Il vescovo di Tolosa, monsignor Theas, gli impartì gli ultimi sacramenti e testimoniò che il presidente della Seconda repubblica spagnola era morto da buon cristiano. Grazie a una bambina di nove anni che si era sacrificata per lui. Anche santa Teresina di Lisieux, prima di entrare nel Carmelo a quindici anni (con dispensa speciale), aveva pregato per un famoso delinquente senzadio che, tra le bestemmie, stava offrendo il collo alla ghigliottina. E quello, un attimo prima, si era voltato verso il crocifisso che il cappellano gli tendeva e lo aveva baciato. Ma, con tutto il rispetto, santa Teresina non aveva offerto in cambio la sua vita (lo farà dopo, per i missionari), né quello le aveva ucciso il padre. La conversione di Azaña in articulo mortis fu solo il primo dei miracoli di Maricarmen, la cui efficace intercessione ha costretto i responsabili delle cliniche abortive di Madrid a chiedere l'intervento della polizia per il vistoso calo di affari. Il sito armatabianca.org registra diversi miracoli della piccola madrilena, andate a vedere. Giovanni Paolo II l'ha dichiara Venerabile. Per il momento. Nella sua borsetta da bimba c'era un'agendina di pelle rossa. Dentro frasi del tipo: «29 agosto. Oggi hanno ucciso mio padre», «Viva España, Viva Cristo Rey!», «6 aprile 1939. Mi sono offerta nella parrocchia del Buon Pastore». Faceva collezione di santini e giocava insegnando alle sue bambole a farsi il segno della croce. Sapeva a memoria il Rosario in latino e perfino le sterminate Litanie lauretane. Mari, prega per la nostra conversione.
Fonte: Il Timone, dicembre 2024
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IL CIELO E' SPENTO NELLE CHIESE MODERNE
Nelle chiese dovremmo poter intravedere una anticipazione del paradiso... e invece quelle attuali sembrano rinchiuderci piuttosto in un asettico Nirvana
Autore: Francesco Mori - Fonte: La Bussola Mensile, dicembre 2024
Perché le chiese moderne sono così fredde e spoglie? Quale concezione estetica pare avere ispirato i progettisti? Da quale fonte è stata originata la scomparsa pressoché totale dell'ornato? Queste domande accompagnano ormai da decenni chi entra in un edificio sacro di recente costruzione ed acquistano ancor più forza e urgenza se si confrontano le strutture contemporanee con le chiese, anche le più piccole e periferiche, costruite fino agli inizi del secolo scorso. Dietro ogni scelta formale si cela l'espressione di una spiritualità. Cercheremo in quest'articolo di individuarne la natura e l'origine. Nelle pagine de Il grande divorzio il genio di Clive Staples Lewis immaginò che un pullman di dannati partisse per un viaggetto fino in paradiso, per vedere come trascorresse la vita lassù. La comitiva, ben presto, si accorse con sorpresa che, rispetto al grigiore della tetra città che popolavano, e che pareva loro reale come il mondo conosciuto dell'aldiquà, lassù tutto era più nitido, colorato, denso e pesante, tant'è che la forza necessaria per alzare una singola foglia era pari a quella che serviva a spostare un grosso macigno all'inferno. Questo paradiso, in cui risultano potenziate tutte le caratteristiche della realtà creata, è davvero un'intuizione formidabile! A questa concezione se ne oppone frontalmente un'altra, oggi assai diffusa, che immagina l'aldilà come il luogo dell'evanescenza e della fusione inebetita delle anime in un'indistinta e accecante luminescenza, eternamente priva di mutazioni e di articolazioni. Si affrontano qui due differenti visioni del sacro: la prima di matrice cristiana e la seconda profondamente influenzata dalle religioni orientali, soprattutto l'induismo.
UNA ANTICIPAZIONE DEL PARADISO In un vecchio catechismo della Conferenza episcopale toscana tutti i capitoli erano illustrati da splendidi quadri e antiche miniature, ma... solo la sezione sui novissimi si apriva con un quadro monocromo, giallino chiaro, percorso da linee orizzontali colorate. Sembrava proprio che per descrivere il nostro futuro eterno i vescovi - o i redattori del volume - non avessero trovato di meglio che questa illustrazione minimale e diafana. Da una simile scelta sorge il dubbio che la visione "orientale" dell'essere sia penetrata anche nella nostra cultura. A questa visione attingeva, non a caso, il primo testo teorico sull'astrattismo, scritto da Vasilij Kandinskij agli inizi del Novecento, che recava un titolo accattivante: Lo spirituale nell'arte. Questa contaminazione fa emergere l'urgenza di alcune domande capitali: a chi piacerebbe trascorrere la vita eterna perennemente abbagliato da un muto chiarore senza articolazioni e movimento? Chi si appagherebbe nell'infinita permanenza in questa sorta di eterna e monotona staticità, che assomiglia tanto al nulla? Chi anelerebbe a questa condizione esistenziale, avendo ancora negli occhi i colori del tramonto e dell'alba, la sorprendente vastità del mare, le foglie multicolori degli alberi in autunno e i visi dei propri cari? Bene: le chiese, almeno quelle cattoliche, sono sempre state concepite come un tentativo di creare uno spazio che prefiguri una sorta di sacrale anticipazione del paradiso. Spesso vi si ricapitolava in pietra, in oro o in colori, l'intero vastissimo universo creato, che andava così ad ornare capitelli, volte, nicchie, cornici, chiavi di volta ecc. Ecco allora comparire il ciclo dei mesi, la storia umana, le età dell'uomo, le foglie d'acanto, le fiere, gli animali, i pesci, i pianeti, in pratica tutto il cosmo, da cui saliva a Dio lode e venerazione, poiché anch'esso attende con impazienza, come ci insegna San Paolo, la rivelazione dei figli di Dio (vedi Rm 8,19). Sicuramente questa concezione artistica si riallaccia armonicamente allo spirito che anima le pagine di Lewis.
LA VISIONE MINIMALISTA DELLA SPIRITUALITÀ La visione "minimalista" della spiritualità pare invece aver plasmato e nutrito di sé gran parte della produzione artistica moderna, che in campo architettonico si caratterizza per la totale assenza di ornato e di decorazione. Volumi essenziali, superfici piatte e lucide, selve ortogonali di pilastri di grigio cemento hanno infatti ispirato e tuttora ispirano l'estetica delle costruzioni moderne. Bisogna tristemente registrare che tale impoverimento formale, è penetrato massicciamente anche nella prassi progettuale delle chiese e degli edifici di culto. La chiesa di Dio Padre Misericordioso realizzata a Tor Tre Teste a Roma da Richard Meier, il Gesù Redentore di Modena di Mauro Galantino e la chiesa di San Paolo a Foligno, meglio nota come "il cubo di Fuksas" (vedi immagine), sono le ultime, discutibili riedizioni peggiorate e corrette di idee che si vanno attuando fin dagli anni '60 del Novecento e che hanno reso i nostri luoghi di culto spazi tutt'altro che piacevoli da frequentare. Attualmente rimane - luminosa creazione di un genio solitario - soltanto la straordinaria epopea del cantiere della Sagrada Familia di Barcellona, quale ultimo baluardo di bellezza ed equilibrio tra ornato e calcolo strutturale, anche se non sono mancati negli anni numerosi tentativi di semplificare in senso astratto le formidabili intuizioni di Antoni Gaudí. Le forme delle chiese contemporanee sembrano infatti esprimere più la spiritualità minimalista orientale che abbiamo esaminato in apertura che quella formulata magistralmente nelle acute pagine de Il grande divorzio e nella mirabile produzione architettonica dei secoli passati. È giunta pertanto l'ora di un appello urgente: rimettiamo negli occhi e nei cuori del popolo di Dio il desiderio di abitare un giorno in una dimensione che potenzi e compia la natura della creazione e il destino dell'uomo! Questa è la missione dell'arte e dell'arte sacra in particolare: rendere capaci gli uomini di dare una "sbirciatina" in paradiso, non di inebetirli in un asettico Nirvana.
LA BUSSOLA MENSILE Questo articolo è tratto dalla Bussola Mensile. Per ricevere il mensile cartaceo è possibile abbonarsi al costo annuo di 30 euro (11 numeri) oppure si possono acquistare le singole copie nelle parrocchie che la espongono. Per abbonarti a La Bussola Mensile, clicca qui! Per ulteriori informazioni clicca qui!
Fonte: La Bussola Mensile, dicembre 2024
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OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Gv 2,1-12)
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
A Cana di Galilea - dice l'evangelista Giovanni - Gesù manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui. La Chiesa continua dunque a proporci, come tema su cui riflettere, la "manifestazione", la "epifania" del Signore che si rivela in una luce sempre più calda e intensa, perché la nostra fede non si annebbi e non venga meno il nostro coraggio di essere quelli che siamo, cioè discepoli di Gesù, testimoni del suo Vangelo, uomini rinnovati e chiamati a infondere la novità dello Spirito nel mondo vecchio e intorpidito, ospiti felicemente invitati alle nozze eterne dell'umanità col Figlio di Dio. Per la sua collocazione - all'inizio dell'azione salvifica del Messia - e per il grande rilievo con cui è narrato, questo episodio è più che un fatto: pare essere, nelle intenzioni dell'autore sacro, addirittura la raffigura zione emblematica della nostra vicenda più vera e del nostro destino. Questa pagina va dunque letta, per così dire, in controluce, perché non ci sfugga la sua verità più profonda, che vi è iscritta come in filigrana. Non sarà allora difficile scorgere negli inizi di queste nozze - dove sono pronte le giare di pietra per le purificazioni (e cioè gli aridi dettami delle prescrizioni legali), ma c'è mancanza del vino inebriante dell'a more - il vecchio rapporto tra gli uomini e Dio, il mondo perituro dell'alleanza antica, e, più generalmente, la situazione esistenziale senza gioia degli uomini per i quali Cristo non sia una presenza viva e operante. E nella conclusione del racconto - nel suo lieto fine - si può vedere rappresentata l'efficacia liberatrice dagli incubi, dalle tristezze, dalle paure, e la capacità di rinnovamento per tutta l'umanità, donateci dalla venuta in mezzo a noi del Verbo eterno del Padre.
IL BANCHETTO TERRENO COME IMMAGINE DEL MISTERO EUCARISTICO E DEL DESTINO ETERNO DELL'UOMO Gesù comincia la sua azione di salvezza nell'ambi to di un banchetto. È un contesto che gli è caro, e noi lo ritroviamo spesso nelle testimonianze che ci parlano di lui. Egli ha pronunciato a tavola alcune delle sue parole più incisive e più belle. E a tavola, durante una cena, istituisce l'eucaristia e ci dona così il mezzo per tener sempre viva e attuale la totale dedizione del suo amore per noi. Non gli importa molto di essere chiamato - come di fatto è stato chiamato - "mangione" e "beone": non si cura troppo dell'apparenza della virtù. Egli sa digiunare, ma non ama presentarsi come un professionista dell'ascetismo: quando digiuna non si mette in piazza, si nasconde nella solitudine del deserto. In pubblico preferisce mostrarsi come uno che sa apprezzare il buon vino e la buona cucina. Sa accettare la durezza e le privazioni di una vita randagia, ma sa anche condividere la più semplice delle letizie umane, quella dello stare serenamente a mensa in compagnia di persone amiche. E proprio perché non sia sciupata questa letizia, a Cana compie il suo primo prodigio. Gesù arriva anzi a raffigurare come un banchetto il traguardo, la sorte ultima, il destino eterno dell'uomo; e nell'ultima sera, congedandosi per sempre dalle mense terrene, dirà con la coppa del vino tra le mani: Io non berrò più di questo succo della vite, fino a che lo berrò nuovo nel Regno di Dio. Come si vede, Cristo non biasima e non rinnega le rare e deboli gioie di questa nostra provvisoria esistenza. Piuttosto le avvalora e le carica di una significazione più alta, e ce le lascia perché ci ricordino la felicità definitiva e ci aiutino a sostenere l'attesa.
L'UNIONE TRA L'UOMO E LA DONNA, SEGNO DELL'UNIONE TRA DIO E L'UMANITÀ IN CRISTO GESÙ A Cana, Gesù partecipa non a un pranzo comune, ma a una festa di nozze. Questa, del matrimonio, è l'altra realtà umana che nell'episodio viene ratificata, esaltata e offerta a noi in una luce più alta. L'amore tra l'uomo e la donna appare nella nostra società largamente misconosciuto e avvilito, insidiato com'è da una ricerca di libertà individuale tanto asso luta e astratta che finisce coll'essere disumana. In questo clima, tutto appare finalizzato all'affermazione dei diritti del singolo e al piacere epidermico, piuttosto che alla gioiosa, piena, definitiva comunione delle persone. E così l'originario disegno del Creatore appare del tutto stravolto. Gesù invece vede espresso e reso presente nel giusto amore tra l'uomo e la donna il mistero più grande e affascinante dell'universo; e cioè lo stesso mistero del l'amore di Dio per l'umanità redenta e ringiovanita dalla grazia. Analogo simbolismo era già stato usato nell'Antico Testamento, e noi ne abbiamo ascoltato un esempio preso dalle profezie di Isaia: Come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Creatore. In una delle sue più significative parabole, Gesù richiamerà esplicitamente l'allegoria nuziale come l'immagine più adatta a rivelarci il piano di Dio e la sua volontà di comunione con noi: Il Regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio (Mt 22,1). Nei due giovani che a Cana in sua presenza fondono le loro esistenze per sempre, il Signore Gesù vede raffigurata l'unione di Dio con il suo popolo - unione fedele, irrevocabile, feconda - che dà origine al mistero sublime della Chiesa.
LO SPIRITO SANTO È LA FORZA SEGRETA CHE ANIMA E SOSTIENE LA VITA DELLA CHIESA E ad essi non fa mancare il vino che dà brio e vivacità al banchetto, come alla sua Chiesa non fa mancare mai - neppure nelle ore più buie e più desolate - lo Spirito Santo, che è il segreto della vita, della perenne giovinezza, del continuo rinnovamento della realtà ecclesiale. Lo Spirito non è mai avaro con la Chiesa e, come ci ha detto san Paolo, distribuisce i suoi doni con larghezza. I doni sono diversi, come diversi sono i servizi che si esercitano all'interno della comunità e diverse le attività dei credenti. Ma non devono mai lacerare la Sposa di Cristo, perché vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. I carismi sono autentici e realmente preziosi quando non si contrappongono tra loro, ma si integrano reciprocamente, quando si lasciano regolare e armonizzare dal carisma apostolico, che è proprio dei vescovi, quando non insidiano ma avvalorano nella comunità cristiana il carisma più alto e il dono più necessario, che è quello della carità. In virtù dell'unico e medesimo Spirito che la ispira, l'arricchisce, la vivacizza, la Chiesa - questa festa di nozze tra Dio e l'umanità, che a ogni svolta della storia sembra sempre in pericolo di esaurirsi e di spegnersi - supera ogni momento di crisi e continua a diffondere la sua gioia tra gli uomini che la vogliono comprendere e non chiudono gli occhi alla sua bellezza.
LE NOZZE TRA DIO E L'UMANITÀ SI REALIZZANO PER MEZZO DI MARIA A Cana il miracolo avviene alla presenza della Vergine Maria e in forza del suo pressante interessa mento. Allo stesso modo in lei - nel suo grembo e per il suo consapevole assenso - prendono inizio le nozze indissolubili tra l'umanità e il suo Creatore. A Maria sta a cuore questo ineffabile matrimonio da cui nasce la Chiesa. Possiamo essere certi che anche nei tempi che appaiono più difficili, sarà lei a preoccuparsi che non abbia a mancarci mai il vino della vivacità spirituale, della fedeltà a Dio, della letizia, del canto d'amore.
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