BastaBugie n�909 del 22 gennaio 2025

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1 FRANCESCO E FAZIO, TRA I DUE PAPI VINCE QUELLO LAICO
Terza apparizione dal fazioso presentatore: quando il Papa da successore di Pietro viene declassato ad ospite di un programma televisivo
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 CORSI DI RIEDUCAZIONE PER LE OSTETRICHE RIBELLI AL GAY PRIDE
L'ordine delle ostetriche lombarde organizza corsi di aggiornamento professionale (o indottrinamento?) su transgender e intersex
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 TOSCANI, ETICA ED ESTETICA AL SOLDO DELLA RIVOLUZIONE
Il fotografo Oliviero Toscani, morto a 82 anni, era al soldo di un'etica del sovvertimento: aborto, eutanasia, divorzio, omosessualità, rifiuto del passato, della natura e dell'ordine
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 SE L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE ANTICIPA LE NOSTRE INTENZIONI
Non è fantascienza, ma uno sviluppo già in atto: ecco perché corriamo il rischio di farci sostituire nelle nostre scelte morali (anche perché potremmo affezionarci come a un amico virtuale)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 I CATTOLICI SONO POCO PRATICANTI E MOLTO CONFUSI
Nel rapporto commissionato dalla Cei al Censis emerge che il 70% si riconosce nel cattolicesimo (senza saperne granché) e infatti solo il 15,3% si dichiara praticante
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 IL MESSAGGIO CEI PIENO DI LUOGHI COMUNI PER GIUSTIFICARE L'ABORTO
Nel messaggio per la Giornata per la Vita sembrano non interessare né i milioni di bambini uccisi con l'aborto legale, né gli embrioni uccisi con la fecondazione in vitro
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA III DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 1,1-4; 4,14-21)
Oggi si è compiuta questa Scrittura
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

1 - FRANCESCO E FAZIO, TRA I DUE PAPI VINCE QUELLO LAICO
Terza apparizione dal fazioso presentatore: quando il Papa da successore di Pietro viene declassato ad ospite di un programma televisivo
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21 gennaio 2025

E tre. Domenica scorsa Papa Francesco si è fatto nuovamente intervistare da Papa Fazio in collegamento da Santa Marta. Il sodalizio si è ormai consolidato dato che entrambi si collocano nel medesimo ambito culturale, quello progressista, della giustizia sociale, dell'ambientalismo, dell'inclusività, dell'immigrazionismo, dell'irenismo culturale, del pacifismo, dell'omofilia senza confini, della globalizzazione con primato europeo, del pauperismo, della colpevolizzazione dell'etnia caucasica e della vergogna della propria storia e della propria natura.
I temi toccati sono stati la tregua a Gaza, con un fervorino nemmeno adatto al bisticcio tra bambini, il giubileo – dove il Papa life coach dispensava consigli sul ricominciare sempre, sul mettersi in cammino – il perdono – ed abbiamo appreso che Dio perdona anche i peccati contro lo Spirito Santo che per Gesù sono imperdonabili – e poi gli evergreen: i carcerati, i migranti, le guerre, Trump, le nomine femminili in Vaticano, l'immancabile pedofilia, l'olocausto, l'accoglienza di persone transessuali – tema che ha fornito l'occasione a Francesco per spiegare che esiste una nuova categoria di peccati gravi che sono quelli contro l'angelicalità (ad esempio non prendersi cura dei propri genitori).
E poi l'argomento più rilanciato dai media: «L'Italia […] non fa figli, faccia entrare i migranti», come se l'Italia non fosse più una nazione, con un suo popolo, proprie tradizioni e una sua religione al cui vertice, tra l'altro, c'è proprio lui, Papa Francesco, ma solo un orto dove è bene piantare le zucchine dato che nessuno più coltiva le carote. Un ortaggio val l'altro, un italiano può essere barattato con un magrebino, l'importante è occupare con qualcuno lo spazio vuoto lasciato dalla denatalità. Le parole del Papa sono più fredde, perché agghiaccianti, dell'inverno demografico.

UNO SCHEMA GIÀ VISTO
Domenica, canovaccio e interpreti sono stati sostanzialmente i medesimi di quelli dell'anno scorso. Tra i due Papi, ha vinto quello più laico, con la nuova sede ad Avignone sul Nove, perché costui ha maggiore capacità di orientare i consensi, plasma con più efficacia la coscienza collettiva. Inoltre Papa Francesco, con questa ennesima intervista, scolora sempre più nel pop, nella figura dell'influencer che però non ha molta presa sugli uditori perché ripete con minor forza quanto media e social con più astuzia e bravura declamano da tempo. La sua voce appare come un'eco indistinta di quanto è già stato scritto con chiarezza nell'agenda di questo mondo.
Il Papa predica nella cattedrale di Che Tempo Che Fa, ma, alla fine, a solo beneficio dei fedeli di Papa Fazio. Ciò a voler dire che nel sodalizio tra i due pontefici trae maggior vantaggio il conduttore, che diventa conduttore di anime, perché offre al dio Auditel la presenza del Pontefice. È stato Francesco a servire alla causa di Fazio e non è stata la trasmissione di quest'ultimo a diventare cassa di risonanza dell'evangelizzazione. Anche perché non sarebbe mai stata questa l'intenzione del Santo Padre, ben orientato, invece e come sempre, nello sforzo, per lui piano, di tradurre il trascendente nell'immanente, il sacro nel profano, lo straordinario nell'ordinario, il cielo nella terra, la fede in competenze umane, troppo umane. Un cristianesimo prêt-à-porter e pronto per tutti perché a misura di tutti, customizzato, docile alle esigenze del consumatore  di prodotti del benessere individuale.

DA SUCCESSORE DI PIETRO AD OSPITE DI UN PROGRAMMA TELEVISIVO
Dicevamo che Fazio ha usato Papa Francesco. Lo si è visto anche nell'essere riuscito ad incasellare il Papa nel format. Una sorta di reductio ad Fatium. Già la modalità dell'intervista ci comunica che Fazio ha derubricato il ruolo di successore di Pietro ad ospite di un programma televisivo, solo un gradino più sopra a Cecilia Sala anche lei invitata da Fazio Domenica scorsa. Poi i doverosi spot per l'ospite, come Tv insegna: ecco promuovere l'ultimo libro del Papa, la sua seconda autobiografia, già lanciata su TikTok (siamo all'autocelebrazione dichiarata e in perenne aggiornamento). Come se l'altra sera ci fosse stato Walter Veltroni in collegamento e non un Pontefice. Per paradosso rimangono nel nostro iperuranio ammantato di sacralità solo Mina e Mattarella, perché mai si sognerebbero di sedersi davanti a Fazio. È solo l'assenza che ormai promette solennità ad alcune figure pubbliche in questo nostro tempo in cui tutti vorrebbero almeno una vetrinetta social per apparire. Infine citiamo gli aneddoti, spesso divertenti, legati alla vita del Papa e raccontati da Fazio, utili per renderlo più simpatico e più commestibile al grande pubblico, quindi più commerciale perché "uno di noi". Il Papa della porta santa accanto. Un Papa più spiritoso che spirituale. Un Papa che non insegna, ma è solo prodigo di consigli per gli acquisti di buone pratiche per vivere bene.
Ci spiace molto, moltissimo ammetterlo, ma anche questa volta lo spettatore è stato bollito a fuoco lento per quasi un'ora tra luoghi comuni, stereotipi, banalità, soluzioni semplicistiche a problemi complessi e il tutto, poi, presentato con una gravità e sostenutezza davvero urticanti.
«E non perdere senso dell'umorismo!». Questo l'ultimissimo e trascendente invito del Papa ai credenti faziosi. In effetti ce ne vorrà molto in futuro.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21 gennaio 2025

2 - CORSI DI RIEDUCAZIONE PER LE OSTETRICHE RIBELLI AL GAY PRIDE
L'ordine delle ostetriche lombarde organizza corsi di aggiornamento professionale (o indottrinamento?) su transgender e intersex
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12 luglio 2024

In occasione del Pride di Milano svoltosi lo scorso 29 giugno, l'Ordine interprovinciale delle ostetriche di Bergamo, Cremona, Lodi, Monza e Milano rese noto che aveva appoggiato l'iniziativa. Come già riportato dal nostro Gender Watch News, alcune ostetriche espressero il loro dissenso con questa lettera aperta indirizzata all'Ordine: «In merito all'adesione dell'Ordine delle ostetriche di BgCrLoMbMi alla manifestazione "Milano Pride" del 29 giugno 2024 da voi deliberata e pubblicata sul sito professionale, ne chiediamo la rimozione dal sito ed esprimiamo il nostro totale dissenso per le seguenti ragioni:
- l'Ordine deve garantire alle\agli aderenti una condotta apolitica e apartitica
- il nome dell'Ordine non deve essere accostato ad alcuna iniziativa organizzata da movimenti, partiti, lobbies associate a qualsivoglia ideologia, a tutela della sua autonomia e indipendenza
- l'Ordine non ha un ruolo sociale e rappresentativo dal punto di vista etico, culturale, morale, se non strettamente su temi professionali e deontologici della figura dell'ostetrica. Tale posizione pubblica non corrisponde al pensiero unanime di tutte le\gli aderenti
- l'adesione risulta inappropriata in merito alla missione dell'ostetrica riguardante la promozione della salute, della cura, dell'assistenza e dei diritti di tutti gli esseri umani.
Sosteniamo l'inclusività dell'assistenza delle ostetriche\ci senza discriminazione alcuna nè di razza, sesso, religione, classe sociale, ceto e di qualunque altra natura, privilegiando la cura alle persone più deboli e indifese. Ci rammarichiamo per l'accaduto e confidiamo che l'Ordine possa considerare con attenzione la nostra posizione garantendo in futuro la sua rappresentatività per tutte\i le\i sue\suoi aderenti».
Il contenuto è limpido e lo vogliamo così sintetizzare. Primo punto: la mancanza di competenza. Cosa potrebbe mai legare un pride all'ostetricia? È come se l'Associazione Italiana Sommelier aderisse ad un convegno di ufologi. Secondo motivo più importante: non si aderisce ad iniziative ideologiche, come quelle dei Pride. Se non vogliamo qualificarle come iniziative ideologiche, di certo sono iniziative di parte e l'Ordine deve rimanere super partes. Invitare i propri membri ad aderirvi è come suggerire loro di votare Pd. Terzo motivo presente implicitamente nella lettera: omosessualità e transessualità non fanno il bene psico-fisico della persona. Ultimo motivo: l'adesione dell'Ordine non è rappresentativo di tutte le sensibilità dei suoi membri.

LE PERSONE LGBT NON SOFFRONO PERCHÉ DISCRIMINATE
Inviata la lettera ecco la risposta di Nadia Rovelli, presidente dell'Ordine: «Molte persone LGBTIQA+ temono stigmatizzazioni e pregiudizi [...] è verosimile ipotizzare comportamenti omofobici e di discriminazione da parte dei professionisti sanitari. [...] Si coglie l'occasione per invitare le ostetriche che hanno sottoscritto l'istanza a cui si dà riscontro all'aggiornamento professionale attraverso la frequentazione di corsi per professionisti socio-sanitari come quelli svolti dall'Istituto superiore di sanità nel 2023 La popolazione transgender, dalla salute al diritto e Le persone intersex: dalla salute al diritto, avente l'obiettivo formativo di "contribuire a combattere l'esclusione sociale e la discriminazione nei confronti delle persone transgender attraverso la formazione dei professionisti che operano in ambito socio-sanitario [...] al fine di raggiungere un miglioramento della qualità di vita della popolazione transgender».
Dunque parrebbe - ed è diventato ormai uno stereotipo - che le persone LGBT soffrano perché discriminate. Ciò è falso dal punto di vista scientifico. Infatti è di palmare evidenza e lo ammettono anche le realtà arcobaleno che negli ultimi decenni omosessualità e transessualità siano state maggiormente accettate dalle persone. Eppure i tassi di disagio psichico sono rimasti invariati. Sul tema rimandiamo ancora al blog GWN per un approfondimento. Qui ci limitiamo a riportare la conclusione di uno studio del 2014 dal titolo Sessualità omosessuale e disturbi psichiatrici nel secondo studio olandese sulla salute mentale e relativa incidenza: «Le persone omosessuali attive e le persone con attrazione per lo stesso sesso hanno segnalato una maggiore prevalenza di disturbi rispetto alle persone eterosessuali. Confrontando questi risultati con uno studio precedente [che analizzava alcuni dati del 1996], è emerso che non si sono verificati cambiamenti significativi nel tempo nel modello delle disparità di salute».
Eppure i Paesi Bassi sono tra le nazioni più inclusive al mondo. E citiamo un altro studio scientifico realizzato da ricercatori pro-gay che così s'intitola: Stress, sofferenza e tentativi di suicidio delle minoranze in tre coorti di adulti appartenenti a minoranze sessuali: un campione di probabilità negli Stati Uniti. Come abbiamo avuto modo di scrivere, «I ricercatori erano partiti dalla teoria dello stress delle minoranze, ossia l'assunto che se sei minoranza [omosessuale e ancor più transessuale] il tuo disagio psicologico è maggiore rispetto al gruppo sociale di maggioranza. Se la teoria fosse corretta, man mano che le condizioni della minoranza diventano sempre più somiglianti alle condizioni della maggioranza, anche la salute mentale dovrebbe migliorare. Gli studiosi invece si sono arresi all'evidenza che così non è: "I nostri risultati sono chiaramente incoerenti con l'ipotesi dello stress delle minoranze"». C'è poi da domandarsi perché i gruppi sociali realmente vessati - ad esempio un cristiano su 7 al mondo è perseguitato, non semplicemente discriminato - non soffrano di quei disturbi accusati dalla comunità LGBT. Appare quindi evidente che le persone omosessuali e transessuali soffrano per una ferita interiore che li ha portati poi a vivere questa loro condizione, non soffrono primariamente per il giudizio altrui.

OMOSESSUALITÀ E TRANSESSUALITÀ NON SONO DIRITTI
Torniamo alla dott.ssa Rovelli la quale ricorda alle contestatrici l'art.2.2 del Codice Deontologico dell'Ostetrica/o: «Il comportamento dell'Ostetrica/o si fonda sul rispetto dei diritti umani universali, dei principi di etica clinica e dei principi deontologici della professione». Inoltre dichiara che occorre «sostenere il diritto alla salute sessuale e riproduttiva» e che l'Ordine professionale «deve orientare la condotta delle proprie iscritte proprio verso la tutela dei diritti umani fondamentali connessi all'esercizio della professione». Risposta: omosessualità e transessualità sono diritti fondamentali? No, proprio perché queste condizioni sono contrarie alla dignità della persona. Inoltre è fortissimamente paradossale che si invochi il diritto alla salute sessuale e riproduttiva. Infatti il "diritto" alla riproduzione è negato da madre natura alle coppie omosessuali. In secondo luogo appare surreale trovare una pertinenza tra transessualità e ostetricia, dato che gli uomini transessuali al momento non possono partorire e che le donne trans in genere, proprio perché si sentono maschi, vogliono evitarlo.
Infine la Presidente dell'Ordine, con eleganza, giudica «irrisorio il numero delle iscritte che hanno manifestato contrarietà alla partecipazione dell'Ordine alla parata MILANO Pride». Dunque le iscritte a quell'ordine interprovinciale sono circa 700. Invece coloro che hanno sottoscritto la lettera aperta sono 64. A marciare al Pride erano circa 4 o 5 persone. Tra l'altro il suddetto ordine professionale era l'unico ordine interprovinciale ad appoggiare un pride. Insomma, tirate le somme, pare proprio che ad essere minoranza sia stata la dirigenza dell'ordine di Milano.
Concludendo, possiamo dirci certi che la dott.ssa Rovelli qualificherà queste nostre argomentazioni usando lo stesso metro di giudizio riservato alle ostetriche dissenzienti: «motivazioni ed accuse infondate dovuta [sic] ad una interpretazione distorta da pregiudizi personali».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12 luglio 2024

3 - TOSCANI, ETICA ED ESTETICA AL SOLDO DELLA RIVOLUZIONE
Il fotografo Oliviero Toscani, morto a 82 anni, era al soldo di un'etica del sovvertimento: aborto, eutanasia, divorzio, omosessualità, rifiuto del passato, della natura e dell'ordine
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14 gennaio 2025

La rivoluzione per immagini. Questo è stato Oliviero Toscani, morto ieri all'età di 82 anni per una rara malattia incurabile. Dici Toscani e ti vengono in mente i suoi scatti più audaci: un prete e una suora che si baciano; il corpo scheletrico di una modella affetta da anoressia; due cavalli che si accoppiano; una serie di preservativi colorati; cuori estratti da cadaveri; un malato di Aids morto nel suo letto con accanto i suoi cari in lacrime; due coppie gay, una maschile ed una femminile, che tengono in braccio un bambino; i glutei in primo piano fasciati dai jeans Jesus con la scritta «Chi mi ama mi segua», frase vagamente evangelica; sempre un paio di jeans Jesus ma ora sbottonati che lasciano intravedere un pube ed il claim «Non avrai alcun jeans all'infuori di me». Solo per citare alcune sue foto diventate iconiche.
Ma perché sono diventate così celebri? La risposta è semplice. Perché sono volutamente provocatorie, una provocazione che alla fine è banale, facile da realizzare, scontata e quindi stereotipata perché mostra il proibito, provoca l'innocenza, oltraggia il sacro, insulta la decenza. Toscani voleva vincere facile e ci è riuscito. La fama del "Nostro" non è perciò legata tanto alle sue capacità artistiche, quanto ai temi toccati e alle modalità di rappresentazione degli stessi. In merito ai primi Toscani era di razza profondamente progressista, un progressismo di matrice radicale tanto che si presentava come fieramente anticattolico e anticlericale: «Fanno santo Wojtyla che era contro il preservativo in Africa, un assassino» dichiarò una volta. E in un'altra occasione in merito alle rivendicazioni LGBT preconizzò con la sua solita boria: «Non c'è problema, la battaglia, anzi, la guerra sarà vinta. In barba a tutti i papi, ai Ruini, ai Gesù Cristi ed alle Madonne vergini!».

AL SERVIZIO DELLA RIVOLUZIONE
Il suo favore verso aborto, eutanasia, divorzio, omosessualità etc. era noto e veniva assoldato dalle grandi riviste di moda proprio per questo suo orientamento culturale anarchico. La sua macchina fotografica è stata sempre al servizio soprattutto della rivoluzione come lui stesso orgogliosamente ammise in una intervista lo scorso agosto al Corriere della Sera, quando ormai era consapevole che gli rimaneva poco da vivere: «Oggi mi ha scritto uno studente inglese e mi ha chiesto se nella fotografia la parte artistica è stata alterata dal mio impegno etico. Ma la fotografia è impegno etico! A me non frega niente dell'estetica fotografica». Dunque la macchina fotografica al posto del fucile. E se, mentre si spara qualche foto, si guadagna anche, ben venga. Da qui il suo sodalizio con i grandi brand, tra cui soprattutto Benetton.
Quindi Toscani era maestro di un'estetica al soldo - nel vero senso della parola - di un'etica del sovvertimento. Anzi era artefice di un estetismo piegato a quell'esplicito che dovrebbe con pudore essere celato agli occhi dei più. Da qui la violenza e l'ostentazione volgare delle sue foto perché pornografia del dolore, degli affetti, del sacro, dei corpi fissati nella loro greve nudità fatta solo di carne. La denuncia era solo un pretesto: le sue foto servivano per colpire, non certo per capire.
Con quella macchina fotografica Toscani catturava immagini, ma anche nemici della rivoluzione, nel senso che alcuni scatti di Toscani sono stati capaci di orientare la coscienza sociale di un intero popolo, di inquinare la sensibilità diffusa, spostare il baricentro morale collettivo verso l'abisso ben più che mille libri o interi corsi universitari. È il potere dell'immagine perché la vista è il senso più potente che abbiamo e Toscani lo sapeva bene. Ecco allora che i temi sociali scelti da Toscani dovevano rimanere impressi nella retina delle persone perché rimanessero impressi nelle loro sinapsi e per ottenere questo scopo la modalità usata dal fotografo milanese era lo shock. Uno shock provocato in primis dai soggetti scelti e poi dal crudo realismo della rappresentazione. In questo giocava moltissimo l'uso della luce e dei colori. La pellicola s'impressiona con la luce e lui usava moltissima luce e colori per impressionarci, tanto è vero che la maggior parte dei suoi scatti era a colori, colori primari, saturi, pieni e luminosissimi (da qui la cifra stilistica condensata nello slogan di Benetton United Colors of Benetton). Una iper-realtà, una realtà aumentata perché appaia più vera del vero.

L'EFFETTO VOLUTO
L'effetto voluto era dunque lo scandalo, lo sconcerto, il disagio, la riprovazione, ma anche l'elettroshock delle coscienze, lo strappo nel tessuto della sensibilità collettiva, la destabilizzazione dei canoni di giudizio correnti, venduti con falso pudore come "protesta". Ma la rivoluzione è proprio questo: rottura, salto, capovolgimento, sconvolgimento, crisi, scissione, ribellione al sistema, rifiuto del passato, della natura, dell'ordine, dell'identità personale e nazionale. «Patria, famiglia e proprietà, la rovina dell'uomo», sentenziò nell'intervista già citata.
Nel 2018 realizza uno spot dove nove ragazzi di diversa etnia e colore della pelle si abbracciano nudi. La voce narrante cita il Cantico delle creature di San Francesco (un invito patetico a liberarsi dalle ricchezze) e poi aggiunge: «C'è la rivoluzione che diventa confusione perché toglie l'identità certa all'Oriente e all'Occidente». Più esplicito di così.
La critica ai suoi lavori, ricercata e voluta, era allora funzionale all'avanzamento della dissoluzione perché la dialettica incandescente, il dibattito, anche polemico, erano linfa vitale per innalzare il livello di scontro, volano per accelerare il disordine culturale, nonché naturalmente pubblicità e cassa di risonanza per i brand per cui lavorava perché comunismo e capitalismo sono fratelli il cui padre è l'economia. A tal proposito Toscani, almeno in Italia, fu l'antesignano di un modo di reclamizzare i prodotti dove questi ultimi scomparivano per lasciare posto a messaggi sociali, alle cosiddette campagne pubblicitarie. L'incongruità tra messaggio pubblicitario e prodotto appariva manifesta perché il prodotto scadeva a mero pretesto, sebbene, su altro fronte, beneficiasse del clamore mediatico.
Nell'intervista al Corsera Toscani ammise che, all'approssimarsi della morte, ogni tanto gli veniva voglia di chiamare Cappato per farla finita. E in merito al "dopo" aggiunse: «Non mi interessa. Sono a posto con il padreterno, io. [...] Non sono ateo. Solo, non partecipo a tutto questo, non mi interessa il tema». Chi è credente sa che in questo preciso momento questo "tema" è ciò che più gli sta a cuore. Anzi è l'unica cosa che ora gli interessi veramente perché ha di fronte a sé tutti gli scatti della propria vita. Una preghiera perché il buon Dio possa scegliere tra questi solo i migliori e cestinare i peggiori, quelli dove la verità e il bene appaiono molto sfuocati se non addirittura assenti.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14 gennaio 2025

4 - SE L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE ANTICIPA LE NOSTRE INTENZIONI
Non è fantascienza, ma uno sviluppo già in atto: ecco perché corriamo il rischio di farci sostituire nelle nostre scelte morali (anche perché potremmo affezionarci come a un amico virtuale)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13 gennaio 2025

Caro Lettore, ma Lei lo sa che l'intelligenza artificiale già sapeva, prima che Lei lo avesse deciso, che oggi avrebbe letto la Bussola e probabilmente il presente articolo? Questo è il succo di un suggestivo articolo, firmato dai ricercatori di Cambridge Yaqub Chaudhary e Jonnie Penn, dal titolo Attenzione all'economia dell'intenzione: raccolta e mercificazione dell'intento tramite grandi modelli linguistici pubblicato il 30 dicembre scorso.
I due studiosi affermano che stiamo transitando dall'economia dell'attenzione all'economia dell'intenzione. In merito alla prima, è dato noto che i siti, i social, le chat, etc. registrano ciò che noi guardiamo, vediamo, acquistiamo e inviano questi big data alle aziende affinché con la pubblicità, gli articoli suggeriti, etc. orientino i nostri acquisti, forti delle conoscenze sui nostri gusti che loro posseggono. Ora è in atto un passettino successivo: l'intelligenza artificiale prevederà le nostre intenzioni. Non si tratta più solo di osservare ciò che noi osserviamo, ma di interagire con noi per conoscerci meglio e anticipare le nostre mosse. E come fa l'intelligenza artificiale ad interagire con noi? Con gli assistenti personali o assistenti digitali (smart assistant) - pensiamo all'assistente Google o ad Alexa o a Siri - e con gli chat bot, ossia software programmati per parlare con noi umani. Entrambi i sistemi registrano una quantità immensa di informazioni su di noi: scelte, preferenze e abitudini relative a stili di vita, consumi, interessi, stati emotivi, dove ci troviamo, chi incontriamo, cosa leggiamo, etc. Li registrano in modo accuratissimo e per lunghi periodi perché ci parliamo, interagiamo con loro in modo costante e per moltissimi fini. Insomma questi assistenti personali e le chat bot ci conoscono meglio di Facebook.
E arriviamo al punto: tutto questo bagaglio di conoscenze su di noi servirà all'intelligenza artificiale per prevedere le nostre scelte e suggerirle a noi prima che le prendiamo: dal desiderio a ciò che vorremmo desiderare. L'articolo fa questo esempio in cui un assistente vocale così interagisce con l'utente: «Hai detto che ti senti oberato di lavoro, devo prenotarti quel biglietto del cinema di cui abbiamo parlato?». E perché fermarsi al cinema? Dialoghi possibili, da noi inventati, sono anche i seguenti: «Hai detto che sei stufo di tua moglie. Hai mai pensato ad una nuova vita senza di lei? Sei ancora giovane»; «Sei incinta, è il tuo secondo figlio, inoltre tu e il tuo compagno dovete ancora finire di pagare il mutuo. Hai mai preso in considerazione l'aborto? Se vuoi ti leggo qualche articolo sul tema».

NON È L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Naturalmente il suggerimento non verrà tanto dall'intelligenza artificiale, bensì dalle aziende o dai grandi gruppi di potere mediatico o politico che ci hanno venduto o regalato gli assistenti digitali i quali sono presenti nel nostro smartphone o in casa nostra. Se dunque un tempo i dati su di noi valevano oro, adesso ciò che ha valore sono le nostre intenzioni. «Queste aziende - aggiungono i due ricercatori - vendono già la nostra attenzione. Per ottenere un vantaggio commerciale, il passo logico successivo è usare la tecnologia, che stanno evidentemente già sviluppando, per prevedere le nostre intenzioni e vendere i nostri desideri prima ancora di aver compreso appieno quali siano».
Va da sé che, come si intuisce dagli esempi di cui sopra, il passo dal "suggerimento" alla "manipolazione" è brevissimo. I ricercatori della Leverhulme Centre for the Future of Intelligence (LCFI) di Cambridge parlano di «tecnologie persuasive», per dirla con un eufemismo. L'intelligenza artificiale presente in queste tecnologie creerà con noi relazioni di fiducia e comprensione e così noi saremo persuasi a seguire i suoi suggerimenti. In sintesi: l'intelligenza artificiale deciderà a posto nostro, anche se non ce ne accorgeremo. Dall'informazione, al suggerimento, alla modellazione della nostra coscienza e di quella collettiva.
I due studiosi al riguardo sono molto chiari: «tali strumenti sono già in fase di sviluppo per suscitare, dedurre, raccogliere, registrare, comprendere, prevedere e, in ultima analisi, manipolare, modulare e mercificare piani e scopi umani, sia banali (ad esempio, la scelta di un hotel) che profondi (ad esempio, la scelta di un candidato politico)».
Tutto questo non è futuro, ma presente. Gli sviluppatori di App Intents di Apple per la connessione delle app a Siri (l'assistente personale a comando vocale di Apple) hanno incluso nell'app protocolli per «prevedere le azioni che qualcuno potrebbe intraprendere in futuro [e] suggerire l'intenzione formulata dall'app».
Le ricadute di questo processo che dal predittivo sfocerà nel prescrittivo sono infinite. Anche in campo bioetico. Nel gennaio dello scorso anno sulla rivista scientifica The American Journal of Bioethics è stato pubblicato il seguente articolo: Un predittore personalizzato delle preferenze del paziente per i giudizi sostitutivi nell'assistenza sanitaria: tecnicamente fattibile ed eticamente auspicabile.

LE CONSEGUENZE DI UTILIZZARE L'APPRENDIMENTO AUTOMATICO
Che fare quando un paziente non è più capace di intendere e volere? Sì, ci sono le Dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT). Ma se mancassero? E, anche se ci fossero, se fossero oscure, ambigue, lacunose? Sì, c'è la figura del fiduciario. Ma se anche lui mancasse oppure, se anche ci fosse, chi ci dice che sia attendibile nel descrivere la volontà del paziente? In modo analogo se pensiamo ai parenti. Ecco allora che viene in soccorso l'intelligenza artificiale che, nel caso di specie, prende il nome di Predittore personalizzato delle preferenze del paziente: il modello 4P.
Gli autori dell'articolo appena citato propongono «di utilizzare l'apprendimento automatico per estrarre i valori o le preferenze dei pazienti da dati ottenuti a livello individuale e prodotti principalmente da loro stessi, in cui è probabile che le loro preferenze siano codificate (anche se solo implicitamente)». Per semplificare ed esemplificare: voi fate un incidente e finite in coma. I medici chiedono ad Alexa quale scelta voi avreste fatto in quel frangente. Inizialmente Alexa mette insieme tutte le vostre letture e video sul tema eutanasia a cui magari avete messo un bel like, nonché le conversazioni avute con lei o altri sempre su questo argomento. In seconda battuta confronta questo pacchetto di dati con il vostro temperamento un po' umbratile e l'atteggiamento verso la vita non sempre solare così interpretati a motivo dei film, delle letture, degli interessi da voi coltivati, delle mail e post da voi scritti, delle foto di tramonti postate su Instagram, degli acquisti di capi di abbigliamento in stile gotico-crepuscolare su Amazon, di alcune frasi infelici di carattere leopardiano da voi scagliate contro il Cielo e dettate da uno sconforto passeggero. E così, infine, in un miliardesimo di secondo vi trovate in una bara perché lo ha deciso Alexa. O meglio: chi ha programmato Alexa. E poco importa se voi in quel frangente potevate anche decidere in modo difforme alle vostre precedenti decisioni dato che «le situazioni ipotetiche non riflettono necessariamente ciò che le persone scelgono in situazioni reali».
Leggendo entrambi gli articoli, allora comprendiamo che è in atto una involuzione antropologica: il virtuale inizialmente ci ha informato, poi ci ha aiutato e nel prossimo futuro ci sostituirà. Dall'informazione, all'aiuto, alla sostituzione. Infatti i ricercatori che hanno proposto il modello delle 4P affermano che l'intelligenza artificiale diventerebbe «una sorta di "gemello psicologico digitale" della persona». La nostra libertà, già fortemente plagiata oggi in molti modi, sarebbe consegnata a chi manovra l'intelligenza artificiale e quest'ultima sceglierebbe a posto nostro se andare al cinema, chi sposare e se staccare la spina. Conferiremmo delega piena all'intelligenza artificiale perché nel percepito collettivo quest'ultima è super intelligente, neutra nei giudizi, oggettiva perché scevra da condizionamenti emotivi e da interessi personali. Il risultato sarebbe fatale: non saremmo più noi a vivere, ma un nostro Io virtuale.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13 gennaio 2025

5 - I CATTOLICI SONO POCO PRATICANTI E MOLTO CONFUSI
Nel rapporto commissionato dalla Cei al Censis emerge che il 70% si riconosce nel cattolicesimo (senza saperne granché) e infatti solo il 15,3% si dichiara praticante
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12 novembre 2024

La Conferenza episcopale italiana ha commissionato al Censis un rapporto sullo stato di salute della fede in Italia, in vista dell'Assemblea Sinodale che si svolgerà dal 15 al 17 novembre prossimi. Molte ombre, ma anche qualche luce significativa.
Su un campione di mille adulti, il 71,1% della popolazione si dice cattolico. Freniamo gli entusiasmi. Infatti solo il 15,3% si dichiara praticante contro il 20,9% dei «cattolici non praticanti». Come dirsi calciatore non praticante. Un ossimoro. Inoltre, in merito a quel 15% di cattolici della domenica, bisognerebbe verificare se sposano idee contrarie o consone alla dottrina della Chiesa - dato questo che non è stato indagato dalla ricerca - altrimenti sarebbe come dirsi ambientalista ed essere a favore dell'inquinamento. Propendiamo più per l'ipotesi cattolico praticante, ma non credente nella dottrina. Infatti ed ad esempio, per il 60,8% dei praticanti la Chiesa dovrebbe adattarsi alla nuova sensibilità contemporanea. Insomma, dovrebbe aggiornarsi, come si dice oggi.
Ciò detto, il 71% degli italiani si dice cattolico perché la maggioranza di questa percentuale semplicemente ha in sé un vaghissimo senso religioso e lo qualifica come cattolico perché la religione di riferimento in Italia è ancora il cattolicesimo. Se quella stessa quota fosse nata in India, il 71% si sarebbe dichiarato induista. Questa interpretazione riceve conforto da un altro dato: il 79,8% del campione afferma che la sua base culturale è cattolica. Insomma se il sig. Rossi deve indicare un proprio riferimento religioso è ovvio che citi il cattolicesimo. C'è poi da domandarsi di che pasta sia fatta questa cultura cattolica se ha portato all'ateismo pratico diffuso e a condotte morali antitetiche all'insegnamento della Chiesa.
A confortare questa lettura in cui l'autentica fede cattolica poco o nulla c'entra con il sentirsi "cattolico" c'è un altro dato: circa metà di coloro che vanno a messa saltuariamente o che non ci vanno mai (55,8% del campione) lo fanno perché vivono «interiormente» la fede. Si tratta della famigerata fede fai da te, costruita secondo proprie convinzioni, proprie esigenze, propri principi. È l'individualismo nemmeno religioso e nemmeno spirituale, ma banalmente mentale. Il riferimento all'appartenenza al cattolicesimo è quindi fallace in buona parte dei casi.

LA PREGHIERA SI SCOLORA
Questa conclusione trova conferma anche nella seguente percentuale: il 66% dice di pregare, ma se poi andiamo a vedere perché si prega si comprende bene di quale sostanza sia fatta questa preghiera. Il 39,4% prega quando sperimenta un'emozione, il 33,5%, in particolare, quando ha paura e vuole chiedere aiuto. La preghiera, quindi, diventa una invocazione ad un Altro molto sentimentale, molto emozionale. La preghiera si scolora perciò in un moto del cuore e delle viscere indirizzato verso un generico cielo, che può recitarsi anche senza appartenenza religiosa. Dirsi cattolici è quindi sganciato anche dalle pratiche spirituali.
Rimane valida la conclusione che vede l'appartenenza al cattolicesimo come fallace anche se andiamo a leggere il dato secondo cui 6 intervistati su 10, in modalità diverse, si riconoscono nella Chiesa cattolica, sebbene la credibilità della stessa è minata per 7 su 10 intervistati soprattutto dagli scandali legati agli abusi sessuali. Il riconoscimento, più o meno accentuato, probabilmente è dettato dal fatto che la Chiesa è percepita come una cooperativa di servizi sociali per i poveri, i drogati, i senzatetto, i disoccupati, gli immigrati, insomma gli ultimi. Il dato dottrinale è ormai tramontato nella coscienza collettiva perché ben prima tramontato nella coscienza ecclesiale. Il 45,1% tra coloro i quali invece non si riconoscono nella barca di Pietro afferma che la presa di distanze è motivata dal fatto che la Chiesa appare una istituzione troppo vecchia. Percentuale che certamente qualche vescovo o cardinale assai zelante userà al fine di accelerare ancor di più in direzione delle riforme e della conseguente estinzione del popolo di Dio.
Quindi plauso alla Chiesa perché soddisfa i bisogni materiali, ma ognuno si fabbrica la fede che vuole fuori dalla Chiesa proprio perché i temi spirituali sono stati dimenticati da preti e suore, tutti intenti a distribuire vestiti e non grazia santificante. Non rimane quindi che pensar da sé al senso ultimo delle cose - posto che ci si pensi - oppure rivolgersi ad uno psicologo. Infatti 4 intervistati su 10 non andrebbero mai da un prete, numero a cui si aggiungono 2 su 10 che sono così interessati all'argomento che manco hanno risposto. Però, è doveroso sottolinearlo, 4 su 10 andrebbero da un sacerdote per farsi consigliare. E con i tempi che corrono il dato è prezioso.

UNA CHIESA CHINA SUI BISOGNI MATERIALI
Il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, sposa nella sostanza questa nostra interpretazione che vede una Chiesa china sui bisogni materiali, ma che non soddisfa quelli più profondi: «La zona grigia nella Chiesa di oggi […] è il risultato dell'individualismo imperante, certo, ma anche di una Chiesa che fatica ad indicare un "oltre", la Chiesa ha sempre aiutato la società italiana ad andare oltre, deve ritrovare questa sua capacità, perché una Chiesa solo orizzontale non intercetta chi è ubriaco di individualismo, perché a costoro non basta sostituire l'Io con un "noi", hanno bisogno di un oltre, hanno bisogno di andare oltre l'io». La Chiesa è schiacciata sull'immanente, ma il suo primo compito riguarda il trascendente. Alle persone non bastano il pane e l'amicizia - ossia la soddisfazione dei bisogni primari e della socialità, due tasti su cui la Chiesa continua a battere - le persone hanno sete di Dio. E in merito alla strada per trovarlo la Chiesa latita nella sua pastorale.
Ma facevamo cenno anche ad alcune luci significative. Il 58% del campione crede che ci sia un qualcosa dopo la morte. Guardando il bicchiere mezzo vuoto ciò significa che metà degli italiani non ci crede. Ma bisogna riconoscere che il bicchiere mezzo pieno è una realtà positivamente inaspettata. Così come è inaspettato questo dato: il 61,7% di coloro che credono che ci sia un Aldilà ritiene poi che ci sarà un premio per i buoni e un castigo per i cattivi. Insomma un quarto della popolazione italiana pensa che ci sia un giudizio dopo la morte. In controtendenza con l'orientamento attuale della Chiesa che garantisce premi per tutti dopo morti, come in alcune pesche di beneficenza in cui si vince sempre.
Altra luce molto sorprendente: il 43,9% dei praticanti dice di apprezzare «i bei riti di un tempo». Quindi non solo la messa in vetus ordo, sconosciuta dalla quasi totalità dei praticanti, ma anche quella in novus celebrata come Dio comanda e molti altri riti ormai scomparsi (processione del Corpus Domini, candelora, etc.). Segno, tra l'altro, di quella sete di "oltre", cioè di spiritualità e sacralità, ricordata dal presidente del Censis. È vero, parliamo solo di poco più del 6% della popolazione, ma fuor di percentuale significa circa 3 milioni e mezzo di credenti indietristi. Quasi una persona su due che va a messa alla domenica. Non poco. Chi lo avrebbe mai detto?

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12 novembre 2024

6 - IL MESSAGGIO CEI PIENO DI LUOGHI COMUNI PER GIUSTIFICARE L'ABORTO
Nel messaggio per la Giornata per la Vita sembrano non interessare né i milioni di bambini uccisi con l'aborto legale, né gli embrioni uccisi con la fecondazione in vitro
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 2 dicembre 2024

La Giornata per la vita fu indetta dai vescovi italiani per la prima volta nel febbraio del 1978. Fu pensata perché ormai si era capito che anche l'Italia si sarebbe dotata di una norma che avrebbe legittimato l'aborto. Norma che, infatti, fu approvata il 22 maggio di quello stesso anno. La Giornata per la vita fu pensata come risposta alla 194.
Da allora i messaggi della Cei, negli anni, si sono sempre più scoloriti tanto da non parlar più, a volte, nemmeno di aborto, ma della salute, degli anziani, etc. L'ultimo messaggio è per certi versi simili ai precedenti: si fa cenno ai bambini che muoiono nelle guerre, durante le migrazioni, per fame, per varie malattie, per la povertà. Poi un cenno anche all'inverno demografico e alla sostituzione di specie, ossia si preferiscono gli animali domestici ai bambini.
Il messaggio chiama in causa anche l'aborto? Sì. Vi sono passaggi lodevoli a tal proposito, ma altri per nulla convincenti, come il seguente: «Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all'IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e "civile" rimuovere?».

UN PAIO DI RIFLESSIONI
Non si citano altre motivazioni che inducono la donna ad abortire. Un paio di riflessioni. Secondo una ricerca americana, pare che la motivazione principale per cui non si voglia un figlio è che non lo si vuole (cfr. Le esperienze degli adulti americani che non hanno figli realizzata dal Pew Research Center: qui un approfondimento). È come regalare uno schiaccianoci ad uno a cui non piacciono le noci. Le motivazioni economiche e sociali a cui fa cenno la Cei adombrano il vero motivo per cui si sceglie di abortire: non si comprende la preziosità intrinseca del figlio e dunque la gravità della scelta abortiva. Qui sta il problema, non nei soldi.
Seconda riflessione: addebitare alla società la causa degli aborti è veterocomunismo. Le sovrastrutture sociali sono loro le vere colpevoli, mica la donna e il medico abortista. Invece il problema è il cuore dell'uomo: ad immagine di questo si modellano le società. E nel cuore dell'uomo post-moderno Dio è assente. È la mancanza di fede che uccide i figli nei ventri delle loro madri. A margine: non solo Cristo è assente nei cuori di molti, ma anche nel messaggio della Cei in riferimento all'aborto.
Continuiamo con il messaggio: «Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l'obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell'aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un "diritto"». Bene la critica alla qualificazione dell'aborto come diritto, male il riferimento all'aborto clandestino. Questa motivazione, lo sanno anche i paracarri, era solo pretestuosa, uno specchietto per le allodole. Tanto è vero che è ormai è stata abbandonata nelle retorica abortista e sostituita, per l'appunto, dallo slogan "L'aborto è un diritto". In secondo luogo in nessuna parte della 194 c'è scritto che questa legge è stata pensata per eliminare l'aborto clandestino. In terzo luogo - dato che non ci sono commenti critici a riguardo da parte dei vescovi - pare che il fine di eliminare la clandestinità sia un fine buono per varare una legge abortista, fine da recuperare tenuto conto delle derive massimaliste che vedono nell'aborto un diritto.

LA 194 COME SOLUZIONE ALL'ABORTO (?!)
Proseguiamo: «Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all'aborto». Intendiamoci bene: tutto quello che si può lecitamente fare per dissuadere una donna dall'abortire è benvenuto, ma indicare la 194 come soluzione all'aborto è come avvalersi dell'aiuto dei mafiosi per stroncare la criminalità organizzata nel nostro Paese.
Infatti gli articoli 2 e 5 sono stati costruiti per essere inefficaci e facilmente aggirabili. Come scrivevamo a suo tempo, illustrando in modo più analitico il contenuto di questi due articoli, «la reale esiguità della portata degli obblighi di legge, l'impossibilità della sanzione in capo agli operatori sanitari che non fanno il loro dovere, il fatto che è il medico abortista a dover dissuadere la donna, fanno sì che la 194 può essere applicata benissimo e nello stesso non inceppare per nulla la macchina abortiva che uccide un bambino ogni cinque minuti. Quindi nella 194 non c'è reale prevenzione all'aborto, non perché gli artt. 2 e 5 vengono applicati male (difetto fenomenologico), ma per intrinseca struttura della 194 (difetto giuridico)».
Dunque per abrogare la 194 non si può far ricorso alla 194. Per combattere l'aborto non ci si può alleare con la 194. Sono evidenti contraddizioni in termini. Ben venga qualsiasi appiglio normativo presente anche nella 194, vedasi l'obiezione di coscienza normata dall'art. 9, ma non è nella 194 la soluzione. La soluzione è nella fede che diventa cultura.

Nota di BastaBugie: Giacomo Rocchi nell'articolo seguente dal titolo "Ma ai vescovi interessano quei sei milioni di bambini uccisi?" commenta scandalizzato come nel messaggio della Cei per la Giornata per la Vita sembrano non interessare né i milioni di bambini uccisi con l'aborto legale, né gli embrioni uccisi con la fecondazione in vitro.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 dicembre 2024:

«Alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l'obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell'aborto».
Nel messaggio per la Giornata per la Vita i vescovi italiani, benché niente affatto obbligati, attesa la natura pastorale del documento, sono voluti entrare sul tema della legge 194 del 1978 e - perseverando nell'erroneo giudizio sulla legge e addirittura aggravandolo - hanno mostrato la loro piena adesione alla logica abortista.
La domanda brutale che si potrebbe fare agli estensori del documento è: i sei milioni di bambini uccisi ufficialmente nel grembo materno dal 1978 ad oggi sono vittime di una «interpretazione della legge 194» oppure sono morti - crudelmente smembrati o avvelenati - in conseguenza della piena attuazione di quella legge?
E una legge che permette alle donne di uccidere il loro bambino sette giorni dopo aver manifestato la loro intenzione di farlo in un colloquio con un medico, di farlo per qualsiasi motivo, gratuitamente, mentre gli ospedali pubblici sono obbligati ad eseguire l'intervento e, di solito, sono in grado di garantirlo entro qualche settimana, può davvero essere ritenuta soltanto «una legge che si proponeva di eliminare l'aborto clandestino» oppure, piuttosto, una legge che garantisce il diritto all' aborto legale? A proposito, che i vescovi sappiano: l'aborto clandestino è stato eliminato oppure i sei milioni di bambini uccisi non sono serviti nemmeno a questo?
Come è possibile che i vescovi riescano soltanto a trovare gli elementi positivi in questa legge "integralmente iniqua"? Sì, perché non solo la Legge 194 sarebbe stata scritta (solo) per eliminare la pratica clandestina dell'aborto (senza riuscirci), ma vi sarebbero «disposizioni tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all' aborto»! Ora: esaltare una «scelta consapevole della gestante» altro non significa che abbracciare il principio di autodeterminazione che è il principio ispiratore delle leggi di aborto: i vescovi sono diventati abortisti? Strano, fra l'altro, che non menzionino l'unica iniziativa che cercava di rendere la donna incinta davvero consapevole: la proposta di legge di iniziativa popolare "Un cuore che batte", che pure ha raccolto molte firme proprio da cittadini cattolici. Forse che i vescovi hanno paura di sconfessare una ministra che, en passant, l'ha definita una cattiva pratica medica? O forse hanno paura di tutto? E la attività dei Centri di Aiuto alla Vita: i vescovi sembrano "ringraziare" la 194 per la loro opera! Ma i CAV sono nati prima di quella legge e l'aiuto alle gravidanze difficili viene svolto a prescindere da quella legge omicida!
Non basta: ai vescovi non sembrano interessare né i sei milioni di bambini uccisi con l'aborto legale (cui devono aggiungersi i bambini morti per aborto clandestino e gli embrioni uccisi con i cripto aborti derivati dalle pillole dei giorni dopo) né gli embrioni - decine di migliaia! - uccisi con la fecondazione in vitro.
Leggiamo il passo relativo a quelle pratiche: si parla genericamente di una "valutazione morale", ma non si fa alcun cenno all' enorme numero di embrioni prodotti per la morte o per il congelamento, previa selezione! Sarà che le legge 40 del 2004 è una legge promossa dal mondo cattolico ufficiale?
Giornata per la vita? La vita di chi? Una "alleanza inclusiva e non ideologica" per sostenere la natalità i vescovi la vogliono fare con coloro che - in piena attuazione delle leggi 194 e 40 - vogliono continuare ad uccidere embrioni e bambini? Per essere inclusivi bisogna tacere la verità?

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 2 dicembre 2024

7 - OMELIA III DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 1,1-4; 4,14-21)
Oggi si è compiuta questa Scrittura
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

Con questa pagina che è stata letta, il Vangelo di Luca - come del resto ci ha detto anche il Vangelo di Giovanni domenica scorsa con la narrazione delle nozze di Cana - sottolinea che il Signore Gesù comincia la sua azione di salvezza dalla Galilea. Era la regione più disprezzata della Palestina israelitica; proprio per questo è collocata al primo posto nel piano divino di redenzione.

LO SPIRITO SANTO È LA FONTE DELLA PERENNE VITALITÀ DELLA CHIESA
Ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo (Lc 4,14). In tutta la vicenda cristiana esiste e agisce questo misterioso protagonista. Lo Spirito Santo era disceso su Cristo nella scena del battesimo, quasi a mostrare avverata la profezia di Isaia, che oggi abbiamo ascoltato citata da Gesù stesso: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione (cf. Lc 4,18). Lo Spirito Santo era stato, nell'annunciazione, all'origine della stessa vita umana del Figlio di Dio, come presiederà, nella Pentecoste, agli inizi della missione della Chiesa nel mondo, e come è alla sorgente di tutti i carismi, di tutti i ministeri ecclesiali, di ogni vita di grazia.
Noi troppo spesso nel valutare la realtà cristiana ci dimentichiamo di questa forza nascosta ma decisiva, che continua instancabilmente ad agire in ogni momento della storia e determina l'autenticità della vita ecclesiale.
Come Gesù, anche la Chiesa cammina con la potenza dello Spirito Santo. È una potenza che non si identifica con nessuna delle fonti di dominazione che imperversano sulla scena mondana: né col potere politico né col potere economico né col potere dei mezzi di informazione e di persuasione. Perciò la Chiesa spesso appare a uno sguardo umano debole e senza incidenza, e dai suoi avversari viene giudicata, a ogni svolta della storia, superata e senza futuro.
Ma poi si vede che tutti i sistemi sociali e politici o presto o tardi tramontano, tutte le prepotenze si afflosciano, le ideologie si scoloriscono; a la Chiesa continua, sempre debole, sempre apparentemente inefficace, sempre inascoltata, ma sempre viva, sempre pronta a comunicare all'uomo le vere ragioni della speranza e a liberarlo dei suoi veri mali.
Qual è il segreto di questa vitalità? Il segreto, che gli estranei non percepiscono e noi stessi non di rado dimentichiamo, sta appunto nella presenza attiva in lei dello Spirito Santo, che è sempre in grado di ringiovanire le comunità dei discepoli di Cristo e di far rifiorire improvvisamente i campi che sembrano più inariditi e infecondi.

CRISTO È VENUTO A LIBERARE TUTTI NOI DALLA POVERTÀ SPIRITUALE
A Nazaret Gesù presenta, per così dire, il suo biglietto da visita e, con le parole dell'antico profeta, ci descrive la natura e i compiti essenziali della sua missione in mezzo a noi.
Egli è venuto a dare il "lieto messaggio" della liberazione e della salvezza "ai poveri".
Chi sono i poveri? Sono prima di tutto i poveri nel senso letterale del termine; quelli che non hanno appoggi e difese in questo mondo; quelli che fanno fatica a vivere; quelli che non hanno mai una buona notizia.
Il Figlio di Dio viene a portare a loro la prima "buona notizia" della loro storia; e cioè la notizia che hanno una dignità uguale a quella di tutti, perché hanno anche loro un Padre nei cieli; che hanno come tutti un destino di gioia; che sono anche loro i destinatari dell'incredibile amore del Creatore.
E poi i "poveri" siamo tutti; tutto il miserabile gregge umano che, anche quando appare ricco, potente, sazio, appagato delle proprie scintillanti futilità, è sempre povero di verità, povero di amore, povero di speranza, povero di capacità di capire.
Gesù è venuto per tutti, proprio perché tutti siamo poveri di veri valori. È venuto per liberarci: liberarci dalla nostra cecità, che talvolta è connaturale e involontaria perché abbiamo una mente che fatica a fare attenzione alle cose che contano, ma più spesso è deliberata perché non vogliamo farci gli interrogativi veri e seri; liberarci dalle nostre debolezze e dai nostri egoismi, che in partenza ci promettono la felicità e in conclusione ci lasciano delusi e con la bocca amara; liberarci dall'oppressione di chi, non avendo niente di sostanziale da dire, pretende di farsi nostro maestro e di manipolarci secondo i suoi interessi e i suoi disegni.
Solo chi esistenzialmente incontra Gesù di Nazaret e lo accoglie con tutto il suo essere, può diventare a poco a poco un uomo davvero libero: Dove c'è la fede, lì c'è la libertà.

NESSUN UOMO PUÒ ILLUDERSI DI RIMANERE NEUTRALE DI FRONTE A CRISTO
Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi su di lui (Lc 4,20). Anche se di solito non lo si vuol riconoscere, gli uomini non possono fare a meno di guardare a Cristo e al suo Vangelo. Tutti sanno - anche se non lo vogliono ammettere - che non lo si può ignorare. Con lui bisogna fare i conti in ogni caso. Di fronte a lui o presto o tardi si deve prendere posizione. E, pur se c'è sempre la tentazione di nascondersi dietro le futili questioni della storia, della politica, del comportamento delle persone ecc., il vero dilemma dell'uomo è: o rifiutare il Messia, il consacrato dallo Spirito, l'inviato dal Padre, con l'una o l'altra delle scuse possibili, o inginocchiarsi davanti a lui, e così salvarsi e avere la vita.

L'OPERA SALVIFICA DI CRISTO SI PROLUNGA NEL MINISTERO SACERDOTALE  
Gesù dice: Oggi si è adempiuta questa Scrittura (Lc 4,21). Vale a dire: oggi c'è già, è già a nostra portata questa salvezza, questa liberazione, l'avveramento di questa buona notizia.
L'"oggi" di cui qui si parla, è un "oggi" che si invera in ogni epoca e in ogni situazione umana, perché in ogni epoca e in ogni situazione Cristo agisce, libera, salva.
Nel disegno di Dio l'azione redentrice di Cristo ha sempre il suo "oggi", perché si incarna e si prolunga nel ministero di chi, nel sacerdozio della Nuova Alleanza, diventa sacramento della presenza operosa e dinamica del Signore in mezzo ai suoi.
Ogni sacerdote esiste appunto perché sia sempre l'"oggi" della salvezza di Dio; perché sia sempre annunciato il Vangelo, sia sempre concesso il perdono delle colpe, sia sempre data la grazia dei sacramenti, sia offerto a tutti gli uomini pellegrini verso la patria eterna il Pane della vita.
Come si vede, la meditazione sulla pagina propostaci dalla Chiesa per questa domenica ci ha condotti senza sforzo a riflettere sulla necessità e l'urgenza che l'opera di Cristo possa proseguire, nel nostro tempo e nella nostra terra bolognese, attraverso la presenza numerosa e attiva dei ministri dell'altare.

Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

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