BastaBugie n�911 del 05 febbraio 2025

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1 TRUMP A DAVOS LANCIA LA SUA RIVOLUZIONE DEL BUON SENSO
Trump ribalta il sistema e l'ideologia globalista di Davos e inizia il rimpatrio dei clandestini verso la Colombia che in un primo tempo li rimanda indietro, ma poi è costretta a prenderli (VIDEO: La rivoluzione di Trump a Davos)
Autore: Maurizio Milano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 QUANDO LE DEPORTAZIONI PIACEVANO ALLA SINISTRA
Nel 1991 un ponte aereo e navale per riportare a casa 20mila immigrati albanesi clandestini... e nel 1997 il blocco navale deciso da Romano Prodi
Autore: Bruno Dardani - Fonte: Sito di Nicola Porro
3 LA REGOLA DI SAN BENEDETTO SPIEGA COME FRENARE LA LINGUA E CONTROLLARE IL RISO
La via dell'umiltà richiede di astenersi dal parlare finché non si viene interrogati e di non dimenticare che ''risus abundat in ore stultorum''
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: Il Timone
4 LA RIVOLUZIONE GENDER NELLA CHIESA SI SPECCHIA NEL FILM CONCLAVE
Il film, candidato a 8 Oscar, è inquietante: donne che diventano vicarie episcopali, suore che ritengono superata la distinzione maschio-femmina, cardinali che promuovono l'agenda Lgbt... finzione o realtà?
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 LA PORTAVOCE DI TRUMP HA 27 ANNI, E' SPOSATA, HA UN FIGLIO ED E' CATTOLICA
E' la più giovane portavoce della Casa Bianca della storia... intanto emergono le storie dei 23 pro-life incarcerati ingiustamente da Biden e graziati da Trump
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone
6 DANTE, BONIFACIO VIII E IL PRIMO GIUBILEO DEL 1300
Il potere della Chiesa nella remissione delle pene con le indulgenze e gli Anni Santi
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
7 OMELIA V DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 5,1-11)
Lasciarono tutto e lo seguirono
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

1 - TRUMP A DAVOS LANCIA LA SUA RIVOLUZIONE DEL BUON SENSO
Trump ribalta il sistema e l'ideologia globalista di Davos e inizia il rimpatrio dei clandestini verso la Colombia che in un primo tempo li rimanda indietro, ma poi è costretta a prenderli (VIDEO: La rivoluzione di Trump a Davos)
Autore: Maurizio Milano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28 gennaio 2025

«Questa è stata una settimana davvero storica per gli Stati Uniti... è iniziata l'Età dell'Oro»: così esordisce il neo-Presidente Trump, che non pecca certamente per falsa umiltà. Ha definito la svolta, forte di un amplio consenso popolare e a livello di Stati, come una «rivoluzione del senso comune», un ritorno al buon senso dopo anni di follie ideologiche, promettendo che «l'intero pianeta sarebbe divenuto più pacifico e prospero». Ha poi detto che la sua amministrazione «stava lavorando con una velocità senza precedenti per sistemare i disastri ereditati da un gruppo di persone totalmente inette». Quando si dice la parresia.
Trump ha subito denunciato il «caos economico causato dalle politiche fallimentari della scorsa amministrazione, dall'inflazione galoppante al debito pubblico, dal peso fiscale all'iper-regolamentazione». Ha poi indicato come interventi prioritari l'immigrazione, la criminalità e l'inflazione fuori controllo. Ha citato la creazione del nuovo dipartimento per l'efficienza governativa, il DOGE, che sarà gestito da Elon Musk con l'obiettivo di tagliare la spesa federale di 2mila miliardi di dollari, una cifra monstre, riportando così il Bilancio in pareggio per il 2026, anno del duecentocinquantesimo anniversario dell'indipendenza. Una mossa non solo per ridurre il perimetro pubblico, e quindi la pressione fiscale, ma anche per tagliare le unghie ai crony capitalist che prosperano nella "palude di Washington" oltre a riaffermare la forza del dollaro come divisa di riserva globale e la sostenibilità del debito pubblico americano.
E poi l'affondo tanto temuto dai sacerdoti e profeti della religione climatista: «Ho messo fine allo sperpero ridicolo e incredibile del Green New Deal - che io chiamo il Green New Scam, la Nuova Truffa Verde -; mi sono ritirato dagli accordi sul clima di Parigi e ho eliminato l'obbligo insano e costoso dei veicoli elettrici. Noi lasceremo che le persone acquistino l'auto che vogliono. Ho dichiarato un'emergenza energetica nazionale per sbloccare l'oro liquido sotto i nostri piedi... con la rapida approvazione di nuove infrastrutture energetiche». L'obiettivo dichiarato non è solo quello di abbattere l'inflazione ma di rendere gli Stati Uniti «una superpotenza manifatturiera e la capitale mondiale dell'intelligenza artificiale e delle criptovalute».

IL PIÙ MASSICCIO TAGLIO FISCALE NELLA STORIA STATUNITENSE
Ha poi ricordato di «avere avviato la più massiccia campagna di deregolamentazione della storia», indicando «in 50mila dollari per famiglia i costi delle regolamentazioni imposte dall'amministrazione Biden», promettendo di «eliminare dieci vecchie regolamentazioni per ogni nuova... e il più massiccio taglio fiscale nella storia statunitense». L'obiettivo è stimolare una rinascita manifatturiera negli Usa grazie all'effetto combinato della riduzione dei costi energetici, della deregolamentazione e del taglio dell'imposizione fiscale, incentivando imprese estere a spostare la produzione negli USA, anche per evitare i nuovi dazi: «Il mio messaggio a ogni business nel mondo è molto semplice: venite a costruire i vostri prodotti in America e noi vi daremo una tassazione tra le più basse al mondo». Chissà quale strategia di reazione adotterà ora la Commissione europea per evitare un'accelerazione del già avviato processo di deindustrializzazione in atto in Europa, a partire dall'industria automobilistica, in particolare in Germania.
Trump annuncia poi ingenti investimenti privati (500 miliardi di dollari) nell'intelligenza artificiale, nuovi investimenti per 600 miliardi di dollari da parte dell'Arabia Saudita (che, ricordo, doveva entrare nel gruppo BRICS+ ma si è tirata fuori, come aveva fatto un anno fa l'Argentina di Milei) e chiede all'Opec di tirare giù il prezzo del petrolio, una mossa che indebolirebbe ovviamente la Federazione Russa. Nei discorsi di Trump l'economia e la geopolitica, com'è inevitabile che sia, si intrecciano sempre: «Se il prezzo scende, la guerra Russia-Ucraina terminerebbe immediatamente... dovete tirare giù il prezzo del petrolio. Dovete porre fine a questa guerra». Trump chiede poi un calo dei tassi di interesse a livello mondiale e vagheggia una nuova età dell'Oro: «Anche Paesi che non sono particolarmente amichevoli sono felici, perché comprendono che ora c'è un futuro e come sarà grande sotto la nostra leadership. L'America è tornata ed è aperta al business». Un discorso "imperiale" che sconfessa chi auspicava, o paventava, l'inizio di una stagione di isolamento degli Stati Uniti nel mondo. Trump affronta poi l'emergenza dell'immigrazione illegale al confine col Messico, una vera e propria invasione, dichiarandola emergenza nazionale, con blocchi all'accesso, lotta ai cartelli criminali e rimpatrio dei clandestini già presenti negli USA.

UNA NAZIONE SOVRANA, BELLA E LIBERA
Trump afferma poi che l'America è tornata ad essere una nazione sovrana, bella e libera: «Il primo giorno, ho firmato un ordine esecutivo per bloccare ogni censura governativa», affermando che le cosiddette "misinformation e disinformation" (indicate lo scorso anno a Davos da Ursula von der Leyen come la maggiore priorità a livello mondiale, da cui il famigerato Digital Services Act che mette il bavaglio ai social) sono «le parole preferite dei censori e di quelli che intendono bloccare il libero scambio di idee e, francamente, del progresso. Noi abbiamo salvato la libertà di parola in America». Ricorda anche il termine all'utilizzo strumentale della giustizia per colpire i cittadini e gli oppositori.
In merito al famigerato protocollo DEI (Diversity, Equity, Inclusion), che distruggeva la meritocrazia per imporre un'agenda ideologica di ingegneria sociale, Trump afferma: «La mia amministrazione ha avviato l'abolizione di ogni discriminazione senza senso in merito a diversità, equità e inclusione... l'America tornerà ad essere un Paese fondato sul merito». E poi Trump sguaina la spada, alla Chesterton, per dimostrare che le foglie sono verdi in estate: «Ho dichiarato che la politica ufficiale degli Stati Uniti riconosce soltanto due generi, maschio e femmina. Noi non avremo uomini che parteciperanno in sport femminili e le operazioni "transgender", diventate così frequenti, torneranno ad essere molto rare».
E conclude sul tema sicurezza e spese militari, richiedendo a tutti i Paesi Nato «di aumentare i budget della difesa al 5% del Pil», perché la loro sicurezza era stata finora pagata dagli Stati Uniti, e ora devono assumersi la propria parte. Sui conflitti in atto, Trump afferma che «già prima di assumere l'incarico, la mia squadra ha negoziato un cessate il fuoco in Medio Oriente... e gli ostaggi hanno iniziato a tornare dalle loro famiglie». E poi la guerra in Ucraina: «i nostri sforzi per assicurare un accordo di pace tra Russia e Ucraina sono in corso...è così importante... nessuno ha visto nulla di simile dalla Seconda Guerra Mondiale... è ora di porvi termine». E, conclude, «abbiamo ottenuto più risultati in quattro giorni che la passata amministrazione in quattro anni. E abbiamo appena iniziato».
C'è da attendersi che a Davos, soprattutto le burocrazie europee, si siano sentite gelare il sangue: "The sheriff is back in town", la ricreazione è finita.

Nota di BastaBugie: per vedere il video (durata: 43 minuti) con l'intervento di Trump a Davos con la traduzione simultanea in italiano, clicca qui!

Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Prima guerra dei dazi: la Colombia deve rimpatriare gli illegali" racconta come la Colombia abbia in un primo tempo rimandato indietro due aerei Usa carichi di immigrati illegali da rimpatriare. Trump minaccia sanzioni e il presidente Petro deve cambiare idea e accettare.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 28 gennaio 2025:

Hanno fatto il giro del mondo le immagini degli immigrati illegali, ammanettati (come da prassi, non è certo una novità di Trump) e imbarcati su aerei da trasporto militari C-17, per essere rimpatriati nel paese d'origine. Ma le ha viste anche la persona "sbagliata", il presidente della Colombia, Gustavo Petro. Il quale, per reazione istintiva e improvvisa, ha impedito a quei due aerei militari statunitensi di atterrare sul suo territorio nazionale, rimandandoli indietro. Ci si sarebbe attesi un lungo braccio di ferro diplomatico fra Colombia e Usa. Ma la reazione di Donald Trump, non viscerale come quella di Petro, ma lucida e calcolata, ha chiuso la questione in meno di 24 ore. La Colombia accetta tutte le condizioni statunitensi.
Cosa è successo in questa piccola guerra, non guerreggiata, nell'America Latina? Domenica mattina, 26 gennaio, mentre gli aerei americani erano in volo, con a bordo ottanta immigrati ciascuno, il presidente Petro ha tweettato: gli Usa «non possono trattare i migranti colombiani come criminali». Poi ha aggiunto: «Non permetto l'ingresso di aerei americani con migranti colombiani nel nostro territorio». Ai due C-17 è stato negato il permesso di atterrare, dopo che erano decollati da San Diego ed erano già in volo sull'America centrale. La decisione del presidente colombiano, è giunta come una sorpresa anche alle orecchie del suo stesso governo. Non solo aveva concesso il permesso diplomatico ai due aerei di atterrare sul suolo colombiano, ma stava anche preparando il ritorno dei suoi concittadini, accogliendoli con tutti gli onori. Fonti vicine al governo di Bogotà, riferivano al Wall Street Journal che il presidente abbia cambiato idea a causa del tipo di aereo impiegato. Solitamente i rimpatri avvengono su aerei passeggeri. Il fatto di aver usato aerei da trasporto militari lo ha offeso. Ma anche le immagini degli immigrati ammanettati deve aver fatto il suo effetto.
Dopo che Petro ha negato il permesso di atterraggio e rimandato al mittente i suoi concittadini emigrati illegalmente, la risposta di Trump non si è fatta attendere. Come Petro, l'ha affidata ai social network, in questo caso al suo, Truth. Queste le prime rappresaglie: tariffe del 25% su tutti i beni importati dalla Colombia, pronte a raddoppiare dopo una settimana. Sanzioni finanziarie del Dipartimento del Tesoro, revoca del visto a tutti i funzionari d'ambasciata, ai membri del governo, ai parenti dei membri del governo, ai membri del partito socialista di governo, ai suoi alleati e sostenitori. E «queste misure sono solo l'inizio», ha minacciato il nuovo presidente americano. Perché: «Non permetteremo al governo colombiano di violare i suoi obblighi legali per quanto riguarda l'accettazione e il ritorno dei criminali che hanno costretto a entrare negli Stati Uniti».
Gustavo Petro ha inizialmente annunciato contro-sanzioni, soprattutto l'aumento delle tariffe sui beni statunitensi. Poi ha cambiato parzialmente idea, offrendo un rimpatrio "più dignitoso" per i suoi connazionali, mettendo a disposizione anche il suo aereo presidenziale. Infine ha ceduto su tutta la linea. Già domenica sera, la Casa Bianca annunciava la sua prima vittoria di una guerra di dazi: «il governo della Colombia ha accettato tutte le condizioni del presidente Trump, compresa l'accettazione senza restrizioni di tutti gli stranieri illegali colombiani rimpatriati dagli Stati Uniti, anche su aerei militari statunitensi, senza limitazioni o ritardi». E il ministro degli Esteri di Bogotà, Luis Gilberto Murillo, confermava: «Continueremo a ricevere i colombiani espulsi, garantendo loro condizioni dignitose».
I conti hanno avuto il sopravvento sull'orgoglio politico. Gli Stati Uniti hanno importato 16,1 miliardi di dollari in beni dalla Colombia nel 2023, classificandosi al 26° posto come partner commerciale. Il petrolio greggio rappresenta circa un terzo di questo valore in dollari. Tra le altre merci che gli Stati Uniti ricevono dalla Colombia figurano oro, caffè, banane e rose fresche. Ma sempre nel 2023, gli Stati Uniti rappresenteranno il 28% del valore delle esportazioni colombiane, più di qualsiasi altro partner commerciale. In sintesi: gli Usa possono fare a meno della Colombia, ma quest'ultima non può fare a meno degli Stati Uniti.
A Petro è rimasta solo la soddisfazione di uno sfogo contro gli Usa, in toni marxisti e terzomondisti, dove rievoca la condanna a morte di Sacco e Vanzetti (i due anarchici italiani ingiustamente condannati a morte, un secolo fa) e quelli che vede come gli eroi della lotta di classe in America. Un messaggio carico di recriminazioni, come: «Non vi piace la nostra libertà, bene. Non stringo la mano agli schiavisti bianchi» e promettendo a Trump che, se mai dovesse organizzare un colpo di Stato in Colombia come quello di Pinochet in Cile (del 1973), «può tentare un golpe con la sua forza economica e arroganza, come fece con Allende, ma io rimango fedele ai miei ideali. Ho resistito alla tortura e resisto anche a lei. Non voglio schiavisti accanto alla Colombia: ne abbiamo già avuti troppi e ci siamo liberati». Al di là della retorica, però, ha accettato tutte le condizioni di Trump. Una resa senza condizioni in meno di un giorno.
La presidente dell'Honduras, Xiomara Castro, convoca per giovedì prossimo la riunione d'emergenza del Celac, la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi, per discutere sull'impatto che avrebbe il rimpatrio massiccio degli emigrati illegali. Trump non arretra di un millimetro: nella sola domenica, si contano circa mille arresti di illegali. E un milione di emigrati a cui era stato concesso il permesso temporaneo umanitario potrebbero essere i prossimi a dover far fagotto.


https://www.youtube.com/watch?v=1Vd40XkxkRw

DOSSIER "DONALD TRUMP"
Il presidente nemico del politicamente corretto

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28 gennaio 2025

2 - QUANDO LE DEPORTAZIONI PIACEVANO ALLA SINISTRA
Nel 1991 un ponte aereo e navale per riportare a casa 20mila immigrati albanesi clandestini... e nel 1997 il blocco navale deciso da Romano Prodi
Autore: Bruno Dardani - Fonte: Sito di Nicola Porro, 1 febbraio 2025

AGOSTO 1991. Il settimo Governo Andreotti con il ministro degli Interni Scotti in prima linea ha deciso di applicare alla lettera la Legge Martelli che vieta l'immigrazione clandestina. Dall'Albania sulla nave "Veolia" arrivano 20.000 fra uomini donne e bambini, che vengono fatti sbarcare nel porto di Bari e gran parte di loro ammassati nello Stadio. In mezzo a loro anche disertori dell'esercito albanese e delinquenti armati. In 4 giorni 20.500 albanesi vengono rintracciati e con metodi che vanno dall'inganno ("Vi portiamo a Roma") al mercanteggiamento (due magliette e un paio di jeans o un biglietto da 50.000 lire) vengono rimpatriati in quello che passerà alla storia come il più grande blitz europeo contro l'immigrazione clandestina.
La storia è strana e ogni tanto, se ripescata e riportata a galla, aiuta a capire. All'epoca nessuno parla di "deportation". Anzi a tale fine è utile la rilettura di alcuni brani dell'Unità, organo ufficiale del Partito Comunista Italiano dell'agosto del 1991 che rispetto a questi clandestini che in fondo in fondo non sono graditi neppure alle sinistre che già stato patendo il crollo del comunismo nell'est e poi in Unione sovietica e che non vedono di buon occhio questi profughi in fuga da un Paese iper-rosso.
"Nessuno spargimento di sangue. Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo". Così il ministro dell'Interno Scotti commenta sull'Unità l'operazione- rimpatrio completata con il blitz di ieri che ha riportato in Albania disertori e irriducibili. "Avevo detto che non li avremmo accolti e ho mantenuto la promessa"
"Stiamo solo portando a compimento un'operazione cominciata il 14 agosto, a Bari…». Una pausa, poi: «Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo: non un morto, nessuno spargimento di sangue: e gli albanesi rimandati a casa».
La giornata del grande blitz sta per finire, il ministro dell'Interno guarda ancora una volta appunti e tabelle, controlla i numeri, risponde al telefono. È stanco, stanco e soddisfarlo: dall'alba al tramonto sono stati rimpatriati 2.267 profughi. Prelevati da 14 regioni, sistemati su navi e aerei. Gli irriducibili non hanno avuto il tempo di reagire, tornano a casa. «Avevo detto che non II avremmo accolti, e sto mantenendo la promessa».
È una specie di teorema. Il governo aveva deciso di applicare la legge Martelli, che vieta l'immigrazione clandestina. Gli albanesi giunti in Italia erano immigrati clandestini: bisognava rimpatriarli. Tutti. C'è stato qualche problema nello stadio di Bari, in duemila hanno fatto resistenza. Erano armati, sarebbe stato impossibile stanarli senza spargimenti di sangue. Ecco, allora, lo stratagemma: va bene, avete vinto, siete potenziali rifugiati politici, vi accogliamo provvisoriamente, in attesa di accertare la vostra richiesta di asilo. Gli irriducibili ci hanno creduto. Li hanno divisi in piccoli gruppi, rendendoli innocui: due giorni ed è arrivato il blitz di ieri. «Vi portiamo a Roma», hanno detto carabinieri e poliziotti ai profughi. Invece, li hanno portati in Albania. Anche l'ultima bugia e servita ad evitare reazioni, rivolte, «spargimenti di sangue». Un'altra bugia realistica e umanitaria, insomma. L'ennesima: perchè quel «vi portiamo a Roma» poliziotti e carabinieri lo dissero anche ai primi albanesi rimandati a casa, dieci giorni fa. Potrebbe fare da epigrafe a questa immensa operazione di polizia, 7-17 agosto, segnata da piccoli e grandi inganni, stratagemmi, sotterfugi".
È il 1991, ma pochi anni dopo un governo di centro sinistra, quello del 1997 guidato da Romano Prodi attua il Blocco Navale in Adriatico proprio per bloccare l'immigrazione albanese e balcanica. il governo ha deciso di usare la linea dura: una cabina di regia formata dallo stesso Prodi, dal ministro dell'Interno Giorgio Napolitano, dal ministro degli Esteri Lamberto Dini e dal ministro della Difesa Beniamino Andreatta, ha dato vita a quello che è poi passato alla storia come un vero e proprio blocco navale del canale d'Otranto abbinato a un decreto per regolare i respingimenti.
Il 28 marzo del 1997 una nave militare italiana sperona in acque internazionali la carretta del mare Kater I Rades, provocandone l'affondamento con la morte di oltre cento persone, molte delle quali donne e bambini. Vice Presidente del Consiglio, Walter Veltroni; Ministro degli Interni, Giorgio Napolitano; ministro degli Esteri, Lamberto Dini.

Fonte: Sito di Nicola Porro, 1 febbraio 2025

3 - LA REGOLA DI SAN BENEDETTO SPIEGA COME FRENARE LA LINGUA E CONTROLLARE IL RISO
La via dell'umiltà richiede di astenersi dal parlare finché non si viene interrogati e di non dimenticare che ''risus abundat in ore stultorum''
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: Il Timone, dicembre 2024

San Benedetto dedica il nono, decimo e undicesimo gradino dell'umiltà alla parola e al riso. Il monaco che cammina sulle vie dell'umiltà, e dunque della santità, «sa frenare la sua lingua» e si astiene «dal parlare finché non viene interrogato», «non è facile e pronto al riso» e, quando deve parlare, «lo fa pacatamente e senza ridere, con umiltà e gravità, dicendo poche e ponderate parole, senza mai alzare la voce» (Regola, 7,56-60). Tutti bocciati o, nella migliore delle ipotesi, rimandati a settembre.
Potremmo essere portati a pensare che san Benedetto sia a riguardo un po' troppo rigido, o che di fatto le sue considerazioni riguardino solo i monaci. Ma che le cose non stiano così, lo dimostra il fatto che egli si premura di ricordare che non si tratta di altro che di quanto contenuto nelle Sacre Scritture: «Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è prudente», ammonisce il libro dei Proverbi (10,19); e il libro del Siracide (21,20) conferma che «lo stolto alza la voce mentre ride; ma l'uomo saggio sorride appena in silenzio».
Non si tratta certamente di assumere atteggiamenti inopportuni e fuori luogo, di fare il muso lungo, o, peggio ancora, di imporre la gravità di un atteggiamento ostentato. San Benedetto è caratterizzato da uno spiccato realismo: occorre dunque riconoscere in tutta onestà che il parlare e il ridere smodato e frequente sono segno e causa di un disordine interiore: segno, perché la "parola compulsiva" manifesta un disordine interiore; causa, perché a sua volta alimenta questo disordine.
La Regola tocca tre punti ben specifici.
Il primo: frenare la lingua, ossia applicare la terapia della taciturnitas a una tendenza logorroica, dove la lingua si muove prima di qualsiasi altra considerazione, finendo così per parlare per sfogarsi, parlare per piacere, parlare per imporsi, parlare per vanità, parlare tanto per parlare, cercando di scappare da pensieri non graditi, che potrebbero emergere nel silenzio. La parola non è un male in sé, ma essa dev'essere "pura", ossia nascere dal desiderio del vero bene nei confronti di qualcuno e da un cuore abituato al raccoglimento. Un test infallibile sta nel "misurare" quanto ci peserebbe tacere: quanto più il punteggio è alto, tanto più quella parola è contaminata da un disordine.
Secondo, evitare di ridere in continuazione o in modo sguaiato; per quanto ci possa dare un certo fastidio, la verità è espressa dal noto proverbio «risus abundat in ore stultorum». Anche questo ridere fuori misura, per intensità o frequenza, scriveva madre Anna M. Canopi, è «indice di dissipazione interiore o di desiderio di farsi notare, ponendosi al centro dell'attenzione» (Mansuetudine. Volto del monaco, 2014, p. 128). Non ci viene chiesto di essere imbronciati, ma altro è il riso smodato e altro il sorriso.
Terzo, il volume del nostro parlare: è un brutto segno quando si è soliti alzare la voce per imporsi, per far valere le proprie ragioni, per umiliare qualcuno. Non ci rendiamo conto di quante volte anziché parlare agli altri, parliamo sugli altri. Troppo di frequente parlare non è sinonimo di comunicare.

Fonte: Il Timone, dicembre 2024

4 - LA RIVOLUZIONE GENDER NELLA CHIESA SI SPECCHIA NEL FILM CONCLAVE
Il film, candidato a 8 Oscar, è inquietante: donne che diventano vicarie episcopali, suore che ritengono superata la distinzione maschio-femmina, cardinali che promuovono l'agenda Lgbt... finzione o realtà?
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28 gennaio 2025

Il vescovo della diocesi francese di Coutances et Avranches, mons. Grégoir Cador ha recentemente annunciato la nomina di una vicaria generale, Audrey Dubourget, aggregata quindi al consiglio episcopale. Anche nell'arcidiocesi di Bruxelles a dicembre era stata nominata una delegata episcopale, Rebecca Charlier-Alsberge, il cui nome è stato addirittura introdotto nella Preghiera eucaristica. In Italia, nella trasmissione tv Otto e Mezzo (La7) tocca a una suora, Paola Arosio, censurare la decisione del presidente americano Donald Trump di considerare soltanto i generi maschile e femminile, decisione ritenuta violenta e non al passo con i tempi. Sulle teorie omosessualiste e transessualiste del cardinale americano Blaise Cupich potete leggere quest'altro articolo di Tommaso Scandroglio. E poi il Papa, che tra settembre e ottobre scorso ha ricevuto con grande enfasi due diversi gruppi di persone omo e transessuali, ma che soprattutto promuovono l'agenda LGBTecc. nella Chiesa.
Sono soltanto alcuni recenti fatti - se ne potrebbero citare tanti altri - che danno l'idea di come si stia realizzando nella Chiesa una vera e propria rivoluzione morale. Di più, è in atto un processo che snatura il sacerdozio.
E sono fatti che vengono immediatamente in mente dopo aver visto il film Conclave, diretto da Edward Berger e tratto dall'omonimo romanzo di Robert Harris, uscito in Italia nei giorni di Natale e ancora presente nelle sale cinematografiche con un buon successo di pubblico. Del resto parliamo di un film candidato a 8 premi Oscar, sette Golden Globes e tanti altri riconoscimenti. Dunque tra poche settimane, quando ci sarà la Notte degli Oscar, tornerà di grande attualità.
Malgrado ciò si potrebbe anche evitare di parlare di questo film, se fosse semplicemente l'ennesimo lavoro - pur cinematograficamente ben fatto - dedicato a screditare la Chiesa cattolica, con protagonisti dei cardinali dediti soltanto a trame di potere o con pesanti scheletri negli armadi. Cose già viste, si potrebbe dire.

SUBDOLA E INQUIETANTE
In realtà l'operazione Conclave è molto più subdola e inquietante. Intendiamoci, gli ingredienti del thriller vaticano ci sono tutti: a cominciare dalla colonna sonora, degna di un film di Dario Argento, che fin dalle prime scene accompagna le azioni più ordinarie e ovvie che seguono la morte di un Papa, dando l'impressione di assistere a chissà quale misfatto. Né mancano gli scandali che via via emergono a Conclave in corso e ovviamente restano chiusi nelle segrete stanze: il cardinale africano con un figlio e il canadese che trama e paga altri cardinali per avere il loro voto. Poi ci sono i due fronti contrapposti, progressisti e tradizionalisti, rigorosamente occidentali, ovviamente impegnati in una lotta semplicemente di potere. Il tutto condito, nei rari discorsi importanti, da un linguaggio politicamente corretto: su tutti l'omelia nella Messa che introduce il conclave, quando il cardinale Lawrence, il decano che fa da guida nello svolgersi del film, pronuncia un elogio del dubbio contro ogni certezza. Dubbio che peraltro esprime il suo sentimento in un momento di crisi di fede.
Fino all'epilogo in cui, azzerati a colpi di scandalo tutti i principali candidati, in virtù di un banalissimo discorso su poveri e guerre guadagna i voti per il papato il cardinale giovane, che viene dalle periferie. E che però nasconde il segreto di una natura sessuale che si intuisce intersex, anche se la descrizione che ne viene fatta è di fanta-anatomia. Alla fine il nuovo Papa, con tutta la sua ambiguità e anche banalità, emerge come l'unica figura veramente positiva del Sacro Collegio, un uomo-donna che in virtù di questa natura ha la mitezza e la propensione al dialogo - contro l'arroganza e la violenza dei maschi tossici - di cui necessitano la Chiesa e il mondo.

FINZIONE O REALTÀ?
Insomma una trama, se vogliamo, neanche troppo originale. Cosa c'è allora di inquietante in questo film? Che quella che solo un pontificato fa sarebbe stata considerata come un'opera di fanta-religione, come è stato il Codice da Vinci tanto per fare un esempio, oggi appare drammaticamente realistico. I discorsi dei cardinali nel film, in cui manca qualsiasi riferimento concreto alle ragioni della fede, sono terribilmente simili a quelli che oggi si sentono sulla bocca di tanti prelati, compreso l'elogio del dubbio, «la Chiesa non è tradizione» e così via. Anzi, nella realtà si sentono e si vedono cose ben peggiori.
Quando un vescovo promuove una mostra blasfema e un altro approva il fast food in chiesa con la giustificazione che «Gesù approverebbe», cosa vuoi che sia un cardinale ossessionato dalla paura che diventi Papa il candidato tradizionalista?
Se vogliamo, la realtà esemplificata dai fatti citati in apertura è già più avanti rispetto a quello che si vede nel film. Al punto che l'elezione a Papa di un cardinale intersex o anche transessuale, oggi - dopo l'attuale pontificato - non è più fanta-religione.
Il primo pensiero che viene in mente uscendo dal cinema è infatti che oggi questo epilogo sarebbe drammaticamente possibile, anzi ci si chiede se non sia già successo che qualche prete o vescovo sia esattamente in questa condizione. Ricordiamo che già tre anni fa la diocesi di Torino ha accettato di cresimare con il nuovo nome e genere una donna "diventata" uomo; e si può stare sicuri che altrove nel mondo occidentale non ci si scandalizzi più di casi del genere. La crescente pressione per l'accettazione nei seminari di candidati omosessuali al sacerdozio, poi va nella stessa direzione.
Nel film il Papa defunto viene a conoscenza della situazione del vescovo intersex e malgrado ciò lo nomina cardinale, gli dice «Vai avanti». Non è forse questa una situazione che ci è familiare? Non abbiamo visto in questi anni la brillante carriera di personaggi dichiaratamente pro-LGBT come il già citato cardinale Cupich o il cardinale Robert W. McElroy, promosso proprio nelle scorse settimane ad arcivescovo di Washington?
In fondo, Conclave fa da cassa di risonanza a chi nella Chiesa lavora per la sua distruzione, rendendo familiare e accettabile a un vasto pubblico, anche di cattolici, un epilogo come quello del film.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28 gennaio 2025

5 - LA PORTAVOCE DI TRUMP HA 27 ANNI, E' SPOSATA, HA UN FIGLIO ED E' CATTOLICA
E' la più giovane portavoce della Casa Bianca della storia... intanto emergono le storie dei 23 pro-life incarcerati ingiustamente da Biden e graziati da Trump
Autore: Paola Belletti - Fonte: Sito del Timone, 31 gennaio 2025

«The President needs help», «Il presidente ha bisogno d'aiuto». Così si apriva l'introduzione del rapporto realizzato dalla Commissione Brownlow incaricata dal presidente Roosevelt di proporre soluzioni utili a migliorare l'efficienza del potere esecutivo degli Stati Uniti. Da quello studio e dagli atti che ne seguirono prese corpo l'organizzazione dello staff che supporta da quasi 90 anni l'attività del presidente. Dalla singola figura di segreteria, a cui si limitava prima del 1939 il personale di supporto, siamo arrivati a circa 500 figure, quelle che compongono l'ufficio esecutivo del presidente. Tra queste c'è anche quella di portavoce della Casa Bianca, nominato direttamente, i cui compiti consistono nel gestire le relazioni con i media e la stampa. Al suo secondo mandato, Donald J. Trump ha scelto per questo ruolo chiave Karoline Leavitt, che, con i suoi 27 anni, è la più giovane della storia Usa a ricoprire l'incarico, e non è la sola caratteristica distintiva. È nata e ha vissuto nel New Hampshire, educata nella fede cattolica sia in famiglia sia a scuola, università compresa. Ha anche frequentato un semestre a Roma, alla John Cabot University, e ne conserva ottimi ricordi, riferisce Repubblica.
Sposata e con un bimbo di sei mesi ha dichiarato, leggiamo da Religion en libertad: «"La mia famiglia è il fondamento della mia vita, così come tutte le famiglie dovrebbero continuare a essere il fondamento della società. E la mia fede in Dio mi aiuta ad andare avanti", ha affermato in un'intervista del 2021 con The Catholic Current (podcast del network cattolico americano The station of the cross, ndr)». Parlando di quanto la scuola abbia inciso sulla sua formazione e sui principi che la guidano nella vita e quindi anche nel suo impegno pubblico, ha detto: «Mi ha insegnato la disciplina [...]. Mi ha avvicinato al mio rapporto con Dio e mi ha anche insegnato l'importanza del servizio pubblico e del contributo alla comunità [...]. "Avere un'educazione cattolica ha davvero plasmato la persona che sono"». Come molte madri sanno per esperienza diretta, riconosce ancora di più ora che ha un figlio l'importanza del suo contributo alla società e al bene comune: "La mia speranza in tutto questo è che quando un giorno racconterò a Niko tutto quello che ho fatto quando era nel mio grembo e quando è nato, lui si sentirà orgoglioso di sua madre [...]. «Se sa che il suo valore non deriva da nessun'altra persona, ma da Dio, può realizzare qualsiasi cosa».
La presenza di Karoline Leavitt alla Casa Bianca è iniziata già durante la prima amministrazione Trump, quando da neolaureata, nel 2019, ha collaborato come autrice dei discorsi presidenziali e come assistente addetta stampa. Per questo conosce già dinamiche interne e pressioni esterne che non mancheranno senz'altro nemmeno ora che è passata alla prima linea. Da candidata al Congresso aveva ottenuto la nomination con i repubblicani per il primo distretto del New Hampshire nel 2022, perdendo in seguito contro il dem Pappas. Nel gennaio 2024, si è unita alla terza candidatura di Trump alla presidenza degli Stati Uniti in qualità di addetta stampa della sua campagna. «Karoline Leavitt - spiega - ha fatto un lavoro fenomenale nella mia campagna e sono lieto di annunciare che sarà la portavoce della Casa Bianca. È intelligente e ha dimostrato di essere una comunicatrice di effetto. Ho fiducia che farà un eccellente lavoro dal podio e aiuterà a diffondere il nostro messaggio», ha dichiarato Trump annunciando la sua nomina. E dunque avremo una moglie e madre cattolica della Gen Z alla Casa Bianca; fiera della propria fede e dei principi che da essa derivano. Una riflessione, però, va fatta in merito all'impatto che un impegno di questo tipo ha già avuto e avrà sulla vita del piccolo Nicholas. Confidiamo che possa ridurne al minimo gli effetti negativi e che continui ad essere motore e fonte di equilibrio per il suo compito. La croce ben visibile che porta al collo dalla sua apparizione in pubblico dopo l'incarico, possa essere il punto di osservazione costante dal quale prendere decisioni e attingere coraggio.

Nota di BastaBugie
: abbiamo rilanciato questo articolo per descrivere le prime mosse di Trump in questo secondo mandato alla Casa Bianca, non per indicare un modello di madre cattolica. Per noi restano validi gli articoli precedentemente rilanciati come ad esempio il seguente.

COSA HO IMPARATO DIVENTANDO CASALINGA
Alcuni dicono che è un sacrificio abbandonare la carriera ed essere una mamma a tempo pieno... ma quale sacrificio? Piuttosto quale prezzo dovrebbe pagare il mondo per riavermi?
di Samantha Stephenson
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7989

I PRO-LIFE GRAZIATI DA TRUMP E LA RIVOLUZIONE DEL BUON SENSO
Raffaella Frullone nell'articolo seguente dal titolo "I pro-life graziati da Trump e la rivoluzione del buon senso" racconta chi sono i 23 attivisti liberati da Trump che erano stati incarcerati ingiustamente sotto Biden.
Ecco l'articolo completo pubblicato sul Sito del Timone il 29 gennaio 2025:

In Occidente non hanno fatto molto notizia. E l'Italia non fa eccezione. Perché raccontare chi sono i 23 attivisti prolife graziati da Donald Trump il giorno stesso del suo insediamento vorrebbe dire prendere atto delle ragioni per cui, nell'Occidente illuminato e dei valori, si possa finire in carcere.
C'è padre Fidelis Moscinski, 54 anni, frate francescano del Rinnovamento, finito in carcere per aver impedito per due ore l'accesso ad una delle cliniche gestiste dal colosso abortista Planned Parenthood a New York. L'uomo, in un'azione di protesta, avrebbe messo delle catene e della colla all'interno della struttura, una sorta di sabotaggio per cui sono dovuti intervenire i vigili del fuoco e che lui non ha mai negato, spiegando che il suo scopo era quello di parlar con le madri che in quel lasso di tempo sarebbero dovute entrare. E' finito in carcere. Che è un po' come se da noi finissero in carcere gli attivisti di ultima generazione che un giorno sì e l'altro pure bloccano la circolazione danneggiando opere e beni pubblici e privati.
Tra i condannati graziati da Trump ci sono poi Heather Idoni, Chester Gallagher, Calvin Zastrow, Eva Zastrow, James Zastrow, Coleman Boyd, Paul Vaughn, Dennis Green e Paul Place, che con una manifestazione pacifica, cantando inni e pregano, hanno bloccato l'ingresso ad un'altra clinica per aborti. Sono stati condannati per corspirazione contro i diritti civili e federali. Da segnalare che tra loro c'era anche Eva Edl, anni 89, sopravvissuta ad un campo di concentramento e che rischiava una condanna a 11 anni di carcere. La donna ha rilasciato un'intervista al Daily Signal parlando chiaramente di un treno metaforico che anche oggi conduce ad uno sterminio silenzioso milioni di vite ogni anno, ma evidentemente è una voce che in pochi vogliono stare ad ascoltare. E di cui certo non si vuol far Memoria.
E' commuovente il video, che ha fatto parlare la stampa inglese, ma non ovviamente quella nostrana, in cui Bevelyn Beatty Williams riabbraccia la sua bambina di appena due anni dalla quale è stata strappata e suo marito. Anche lei è fra i dimostranti pro life perseguita dall'amministrazione Biden per il suo attivismo e condannata a 41 mesi di prigione per aver manifestato all'esterno di una clinica per aborti nel 2020 e inoltre ha partecipato ad un'azione dimostrativa che ha provocato un "ritardo" di diverse ore ad alcune donne che hanno scelto di abortire. Un fatto gravissimo insomma,
Di una dei graziati anche qualche giornale nostrano però ha parlato, si tratta di Lauren Handy che si guadagna un titolo del Fatto Quotidiano «Trump grazia 23 anti abortisti, tra loro l'eroina pro life che nascondeva i feti nel seminterrato». In realtà non erano "nascosti" erano precisamente seppelliti, la donna infatti aveva intercettato un mezzo che stava trasportando quello che veniva definito materiale organico e che invece erano cadaveri di bimbi abortiti e aveva deciso di dar loro una degna sepoltura. Seppellire con dignità chi lascia questa terra. Gli esseri umani lo fanno più o meno da quando questo pianeta è abitato, ben anche prima che il cristianesimo facesse capolino. Ma seppellire un feto è consideato inopportuno, imbarazzante, fuori luogo. Qualcuno potrebbe addirittura pensare che si tratti di una persona.
Anche Calvin Zastrow è stato graziato. Pastore protestante, sposato da 41 anni, era stato condannato per aver pregato e cantato inni di fronte ad una struttura per l'aborto in Tennesee. Calvin ha raccontato di aver trascorso i mesi di carcere leggendo la Bibbia e parlando di cristianesimo ad i suoi compagni di prigionia «Molti di loro sono come il figliol prodigo che si crogiola nel fango ma in realtà vogliono tornare dal padre, io mi sento un missionario e sono qui per aiutarli a trovare la strada». Se l'obiettivo era quindi quello di impedire il proselitismo pro life, l'esito è stato esattamente l'opposto.
Le vite di questi uomini e donne, che hanno saputo rischiare tutto per difendere i più indifesi, ci spronano ad abbandonare la timidezza e la comodità, la grazia del presidente Trump ci mostra che il vento può sempre cambiare. E che se contro l'aborto, anche negli Stati Uniti, c'è ancora molto da fare, almeno è sicuramente iniziata la rivoluzione del buon senso.

DOSSIER "DONALD TRUMP"
Il presidente nemico del politicamente corretto

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Fonte: Sito del Timone, 31 gennaio 2025

6 - DANTE, BONIFACIO VIII E IL PRIMO GIUBILEO DEL 1300
Il potere della Chiesa nella remissione delle pene con le indulgenze e gli Anni Santi
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 25 gennaio 2025

Al tramonto e poi fino alla mezzanotte del 1° gennaio dell'anno 1300 folle di romani si accalcarono nella basilica costantiniana di San Pietro. Si era sparsa la voce che la visita alla tomba di Pietro avesse fatto guadagnare la remissione delle pene dovute ai propri peccati. Il Papa Bonifacio VIII, Benedetto Caetani, che governava la Chiesa da cinque anni, ed era un grande esperto di diritto, fece cercare nell'Archivio e nella Biblioteca papale una conferma a questa credenza. Tra i più importanti atti di remissione delle pene da parte dei pontefici che lo avevano preceduto, trovò quello di Urbano II a Clermont (1095), che per eccitare i Cristiani alla prima Crociata, aveva dichiarato che la partecipazione ad essa equivaleva ad una completa remissione delle pene. Poi Bonifacio convocò il collegio dei cardinali in solenne Concistoro e decise di emanare una bolla denominata Antiquorum habet fida relatio ("Dagli anziani abbiamo notizie sicure") in cui confermò l'antica consuetudine, indicendo ufficialmente il primo Anno Santo dell'era cristiana. Alle copie dei documenti, spedite in tutti il mondo cattolico, furono aggiunti tre versi: «L'anno centenario a Roma è sempre giubilare/ Lue colpe sono cancellate, a chi si pente sono condonate. Questo dichiarò Bonifacio e confermò».
Perché ne rimanesse eterna memoria, Bonifacio volle che la bolla giubilare venisse incisa su una lastra di marmo che fu posta nell'atrio dell'antica basilica costantiniana. Con una successiva bolla Nuper per alias, il 22 febbraio 1300, giorno della festa della Cattedra di San Pietro, venne concessa ai pellegrini accorsi a Roma un'indulgenza plenissima, ovvero tanto ampia da estinguere ogni colpa e ogni pena dovuta ai peccati commessi. Poteva beneficiarne il pellegrino, pentito delle proprie colpe e confessato, che durante l'anno centenario si fosse recato a Roma per venerare i santi Pietro e Paolo facendo visita alle loro basiliche. Con questo atto il Papa affermava la sua plenitudo potestatis, il supremo potere di riversare sui fedeli i tesori della grazia di cui la Chiesa romana era detentrice.

TUTTI A ROMA PER LA TOMBA DI PIETRO
Conserviamo le dettagliate testimonianze sul primo Giubileo del Cardinale diacono di S. Giorgio in Velabro Jacopo Stefaneschi, autore di un'opera dal titolo De centesimo seu Jubileo anno liber, redatta all'inizio del XIV secolo, ma anche quelle del grande cronista fiorentino Giovanni Villani e di molti altri. Tutti riportano nei loro scritti che all'inizio dell'anno 1300 si riversarono per le strade di Roma vere e proprie folle, dapprima di provenienza cittadina e poi giunte da terre lontane d'Oriente e d'Occidente. Dante spiegò nel XVIII canto dell'Inferno (22-43) come sul ponte Sant'Angelo, che era il passaggio obbligato per recarsi a San Pietro, l'amministrazione cittadina avesse stabilito una sorte di senso unico alternato, per consentire un più ordinato flusso di viandanti, mentre gruppi di guardia vigilavano per far sì che il traffico si svolgesse senza incidenti o disordini. Secondo Villani, tolti i romani stabilmente residenti nell'Urbe, nel 1300 furono presenti quotidianamente in città duecentomila pellegrini, detti "Romei". La più parte di essi affrontava viaggi faticosi e spesso pericolosi.
Che cosa spingeva questi pellegrini che, arrivando in vista della Città eterna intonavano con entusiasmo l'inno O Roma nobilis? Il tribunale della penitenza aveva già perdonato i loro peccati, ma essi erano ben consapevoli di dovere espiare o in questa vita o nell'altra le pene che avevano meritato offendendo Dio. La Sacra Scrittura ricorda infatti che nulla d'impuro può entrare in Paradiso (Ap 21,27). Il luogo in cui avrebbero espiato le loro pene era il Purgatorio, che Dante, nella seconda cantica della Divina Commedia, descrive come la sommità di una montagna situata nell'emisfero australe, agli antipodi di Gerusalemme, ma che secondo l'opinione prevalente dei teologi, si trova nelle viscere della terra, vicino all'inferno. Il giubileo papale offriva loro la straordinaria occasione di abbreviare le pene temporali dovute a causa delle loro colpe. Da allora, con cadenza regolare, prima centenaria, infine venticinquennale, la Chiesa avrebbe esercitato il suo potere di rimettere i peccati, a beneficio dei fedeli.

DANTE E BONIFACIO VIII
Sappiamo che Dante detestava Bonifacio VIII, che considerava uno dei principali responsabili della decadenza morale e spirituale della Chiesa. Nel XIX canto dell'Inferno, riservato ai colpevoli di simonia, il poeta incontra il papa Niccolò III, Giovanni Gaetano Orsini, che profetizza il prossimo arrivo nella bolgia infernale di Bonifacio VIII, accusandolo di aver straziato con la sua corruzione la Chiesa di Cristo (Inferno, XIX, 52-57). Gli storici della Chiesa considerano ingiusto il giudizio di Dante, ma sottolineano che malgrado la radicale avversione a Bonifacio VIII, egli non contesta il suo potere di governare la Chiesa. Dante si pone così sulla scia di san Pier Damiani che, pur equiparandola simonia all'eresia, spiega che, malgrado la loro indegnità morale e le loro posizioni eretiche, i preti simoniaci esercitano però validamente i sacramenti e la giurisdizione (Liber qui dicitus gratissimus, PL, 145, 100-159).
Nel Purgatorio (II, 94-99), il musico Casella, famoso a Firenze ed amico di Dante, spiega che egli tardava a lasciare il purgatorio, a causa del numero delle anime ammassate alle porte del paradiso, grazie al giubileo di Bonifacio VIII. Il potere di accordare le indulgenze è infatti uno dei più alti che viene riservato al Vicario di Cristo, secondo le parole di Cristo a san Pietro: «Qualunque cosa avrai legata sopra la terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sopra la terra, sarà sciolta anche nei cieli» (Mt XVI, 19). Queste parole così potenti, che designano l'autorità di governare la Chiesa, contengono il potere di rimettere i peccati non solo in quanto alla colpa, attraverso il sacramento della penitenza, ma anche in quanto alla pena temporale che è ad essi dovuta. Non possiamo dubitare del valore dei meriti di Gesù, di Maria SS.ma e dei santi, che ne formano il tesoro, né dell'autorità della Chiesa nel distribuirle. Perciò il Concilio di Trento, nel suo celebre decreto De indulgentiis, colpisce di anatema «quelli che definiscono inutile le indulgenze o negano alla Chiesa il potere di concederle». Però aggiunge che «bisogna accordarle con molta moderazione, per evitare che la troppa facilità nel concederle indebolisca la disciplina ecclesiastica» (Sess.XXV, cap. XXI).

LA PENITENZA
Non bisogna credere infatti che le indulgenze esimano i fedeli dalla penitenza. La Chiesa, accordando le indulgenze, ha in vista la remissione dei peccati in quanto ciò soddisfa la giustizia divina, ma non intende dispensarci dalle pene e dai patimenti che ci sono necessari per vincere le cattive abitudini e per condurre una vita cristiana. L'indulgenza, anche plenaria, non evita dunque quelle pene sulla terra che la Divina Provvidenza riserva agli uomini come una forma di correzione e di purificazione. Così il figlio di Davide morì quantunque il Re, dopo i peccati commessi, digiunasse e pregasse per la conservazione della vita del giovane (II Reg. XII, 16-18): Dio non volle accettare un'altra opera soddisfattoria invece della pena che, come dice sant'Agostino, era stata imposta a Davide come una prova e una correzione.
Le indulgenze, non ci assicurano dunque una vita senza croce, ma ci aiutano a portarla. D'altronde, per guadagnare integralmente l'indulgenza plenaria è necessario non avere la più piccola affezione al peccato ed essere dominati da un vero spirito di penitenza. Ciò non è facile, ma l'indulgenza plenaria del Giubileo è anche un potente incentivo per sviluppare quell'amore a Dio e quell'odio al peccato che è la condizione necessaria per ottenerla.

L'AMBIGUA PRESENZA LGBT AL GIUBILEO 2025
L'imbarazzante posizione di mons. Fisichella sulla partecipazione de ''La Tenda di Gionata'' (da notare anche i passi indietro sulla misericordia per tutti: le Porte Sante saranno aperte solo a Roma)
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8055

Fonte: Corrispondenza Romana, 25 gennaio 2025

7 - OMELIA V DOMENICA T. ORD. - ANNO C (Lc 5,1-11)
Lasciarono tutto e lo seguirono
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

L'episodio celebre della pesca miracolosa ci rivela alcuni particolari interessanti sul modo che aveva Gesù di affrontare i piccoli problemi della sua attività missionaria e soprattutto si dimostra carico di insegnamenti preziosi circa la vita della Chiesa e la vita religiosa dell'uomo.
Il fatto si colloca entro il quadro dell'attività apostolica che il Signore svolge in Galilea, nei paesi che fanno corona al grande lago di Genezaret (o mare di Tiberiade). Siamo presumibilmente a Cafarnao, il villaggio dove Pietro con suo fratello Andrea e Giacomo con suo fratello Giovanni e il padre Zebedeo avevano costituito una piccola azienda di pesca. I quattro futuri apostoli sono già stati affascinati dalla forte personalità del giovane Maestro e già gli sono assidua mente vicini come fedeli discepoli, ma ancora non hanno abbandonato l'esistenza consueta, ancora vivono in famiglia, ancora attendono al loro lavoro.
È di mattina. È verosimile che Gesù a quell'ora abbia cercato sulla riva del mare un po' di quiete per la sua preghiera. Ma ecco che la folla lo raggiunge, è impaziente di nutrirsi della parola di Dio, gli fa ressa intorno, così che diventa per lui difficile sia sottrarsi sia farsi agevolmente ascoltare. Allora, dimostrando tutto il suo senso pratico, egli sale sulla barca di Simone e chiede al proprietario di scostarsi un poco da terra in modo che - difeso dai pochi metri d'acqua - egli possa comodamente rivolgersi alla gente, che di istinto si è distribuita e ordinata lungo tutta la spiaggia. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca, che così diventa come una cattedra da cui la divina verità si irradia sulla famiglia umana.
A questo punto, non è difficile scorgere nella narrazione un significato simbolico e una riferibilità alla nostra problematica religiosa.
Simone, come è chiamato all'inizio del racconto, diventa nel momento culminante dell'episodio Simon Pietro. D'ora in poi, il Vangelo di Luca lo chiamerà soltanto Pietro, il nome profetico che Gesù gli ha assegnato per indicare la sua preminente funzione ecclesiale.
E la barca di Pietro, nella lettura concorde della tradizione, si fa la raffigurazione perspicua della Chiesa, guidata da lui e dai suoi successori nella tormentata navigazione della storia, sempre sbattuta dalle tempeste ma sempre a galla, sempre intenta a gettare le reti della salvezza.
Mantenendoci alla luce di questa interpretazione, ci limiteremo a riflettere su tre frasi del dialogo che qui è intercorso tra il Redentore e il primo dei suoi apostoli, su cui, come su una roccia, è fondata la Chiesa.

LA CHIESA NON FALLISCE PERCHÉ NON ASCOLTA LE VOCI DEL MONDO
Prendi il largo. L'invito di Gesù giunge inaspettato e stupisce quegli abili pescatori, che già avevano lavorato inutilmente tutta la notte e non avvertivano nessuna voglia di riprendere la fatica nell'ora più sfavorevole. Ma il Signore è perentorio, soprattutto perché, più che ai pesci, pensa alla missione della sua Chiesa nel mondo.
Perciò la sua voce risuona ancora viva e attuale all'orecchio del primo responsabile della barca apostolica e dei suoi compagni di lavoro: Prendi il largo.
Prendi il largo: non aver paura ad avventurarti lontano dalle opinioni della folla; dalle insipienze che dominano la scena del mondo, le quali, anche se sono collettive e di attualità, non cessano per questo di essere assolute insipienze; dalle diffuse regole di comportamento, ispirate dall'egoismo, dall'individualismo e dall'assenza di ogni superiore speranza; dalla cultura del vuoto, dell'insignificanza, dell'assurdo, che, pur ammantandosi di apparenze raffinate e scintillanti, abbaglia i sensi e inaridisce i cuori.
Prendi il largo, Chiesa di Dio, se vuoi che il tuo impegno abbia un esito positivo e la tua pesca di uomini riesca fruttuosa: una Chiesa assimilata e mondanizzata non converte nessuno. Non aver paura di sentirti sola, se il tuo Signore è con te. Non dare ascolto a chi ti vuole a ogni costo insabbiata, col pretesto di farti avvicinare alle realtà della terra. Se ti insabbi, diventi inutile, perché sei fatta per navigare.

LA CHIESA È FORTE PERCHÉ HA TOTALE FIDUCIA IN DIO E ADERISCE FERMAMENTE ALLA SUA LEGGE
Sulla tua parola getterò le reti. È la risposta di Pietro, che così supera di colpo tutto quanto gli sarebbe stato suggerito dalle sue cognizioni, dalle sue esperienze, dalle sue umane capacità.
Non sono le nostre fatiche notturne o diurne; non è il nostro continuo discutere, il nostro progettare e il nostro affannarci a rendere davvero efficace e feconda la nostra presenza nel mondo e la nostra azione pastorale. È la forza della nostra fede: Sulla tua parola. È la convinzione che il Signore Gesù è con noi, sulla nostra stessa barca, e sa dare energia e valore alla nostra povera testimonianza, alla nostra debole e discorde operosità, alla nostra stessa esistenza di persone che vivono nel mondo senza accettarne la tirannica signorìa.
Il segreto della vitalità della Chiesa non sta tanto nella sua ansia di rendersi più credibile e accettabile agli uomini, quanto nella sua umile e sincera volontà di essere più credente e più vicina a Dio e alla sua legge d'amore.

L'ESPERIENZA DEL TRASCENDENTE ESALTA E ATTERRISCE
Allontanati da me, che sono un peccatore. Ci appaiono le parole di un animo sconvolto, tanto più se si pensa che sono state pronunciate nello spazio ristretto di una barca, dove nessuno può discostarsi troppo dagli altri.
Pietro, come Paolo sulla via di Damasco, come Isaia nella visione del tempio, è squassato da questa repentina esperienza del trascendente, che al tempo stesso lo esalta e lo atterrisce.
Come si vede da tutti e tre questi casi esemplari, il contatto con Dio provoca come contraccolpo il senso della propria indegnità. Quando il Signore si fa vicino, subito ci si vede non sufficientemente immuni dalla colpa e improvvisamente ci si sente contaminati. Ogni seria vita ecclesiale comincia così: chi, almeno per un istante, ha percepito la prossimità e quasi l'imminenza del divino mistero, non sente più nessuna voglia di pensare alle colpe degli altri e di indignarsi per le ingiustizie che scorge attorno a sé.
Tornerà, caso mai, a occuparsene solo per esprimere l'amore per i fratelli e la volontà di salvarli, ma senza acredine e senza zelo amaro, con il cuore penitente e desideroso di arrendersi all'iniziativa della grazia.
La sua prima attenzione diventa allora quella di riuscire lui più giusto e più innocente, la sua aspirazione più intensa è di venir mondato col fuoco, come le labbra dell'antico profeta, purificate dal carbone ardente dei serafini.

Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

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