BastaBugie n�79 del 03 aprile 2009
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LONDRA: PUBBLICITA' IN TV PER L'ABORTO
(Per istruire le minorenni)
Autore: Elisabetta Del Soldato - Fonte: 27 marzo 2009
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SPAGNA: PROIBITO ALLA CHIESA IL DIRITTO DI DECIDERE GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
Fonte: 2 Marzo 2009
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E' VALIDO IL MATRIMONIO DI CHI SI SPOSA SENZA FEDE?
Basta sposarsi secondo i valori naturali di un autentico matrimonio (fedeltà, indissolubilità, apertura alla vita, ecc.) perché il matrimonio sia valido
Autore: Jacques-Yves Pertin - Fonte: Radici Cristiane
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GUARESCHI
Perseguitato da sinistra (minacce di morte), da destra (due anni di lager) e anche dal centro (un anno di carcere)
Fonte: 2 marzo 2009
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GIORNALI BUGIARDI
La bufala della bambina scomunicata
Autore: Antonio Socci - Fonte: 19 marzo 2009
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EVOLUZIONISMO: BILANCIO CRITICO E RISPOSTA A DARWIN
La scienza e la filosofia confermano l'insostenibilità delle teorie di Darwin e dei suoi seguaci
Fonte: Corrispondenza Romana
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AIDS IN AFRICA
Noi scienziati diamo ragione al Papa
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Avvenire
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DOPO DE MELLO, CONDANNATO UN ALTRO TEOLOGO GESUITA: ROGER HAIGHT
Fonte:
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MESSAGGIO AI GIOVANI PER LA GMG 2009
Autore: Benedetto XVI - Fonte:
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LONDRA: PUBBLICITA' IN TV PER L'ABORTO
(Per istruire le minorenni)
Autore: Elisabetta Del Soldato - Fonte: 27 marzo 2009
I numeri parlano con una chiarezza agghiacciante. La Gran Bretagna è il Paese che in Europa detiene il duplice e triste record di gravidanze fra le adolescenti e di malattie trasmesse sessualmente. Il governo sta cercando da anni di affrontare l’emergenza, ma senza risultati. Poche settimane fa Gordon Brown ha deciso di investire altri venti milioni di sterline – di cui 7 diretti ad una campagna sui media per il ricorso ai contraccettivi – per cercare di arginare questa piaga in una gioventù allo sbaraglio e che, tra l’altro, è tra quelle che beve e si droga di più in Europa. Ma dubbi e preoccupazioni ancora maggiori sta sollevando la scelta della Bcap, l’autorità britannica che regola la pubblicità radiotelevisiva, di consentire la trasmissione tra poco su alcuni canali televisivi britannici – per ora di certo su Channel Four, ITV e Sky – di spot che pubblicizzano le attività dei consultori e delle cliniche specializzate negli aborti. Gli spot saranno trasmessi prima delle nove di sera così da permettere ai ragazzi di vederli ed essere informati direttamente. Finora nessuna televisione britannica ha mai trasmesso spot di questo genere e solo Channel Four manda in onda la pubblicità dei preservativi dalle 7 di sera in poi. Un portavoce ha spiegato che con questo provvedimento verrà «stimolato il dibattito pubblico su una materia così delicata in vista della nuova regolamentazione del settore prevista per il prossimo anno». La consultazione pubblica si chiuderà il 19 giugno, poi l’iniziativa sugli spot «abortisti» dovrebbe partire. L’annuncio fa seguito alle rivelazioni di alcuni giornali britannici, che solo due giorni fa hanno reso noto come in sei scuole secondarie della contea dell’Oxfordshire, per prevenire gravidanze tra le giovanissime, la pillola del giorno dopo venga distribuita a ragazzine tra gli 11 e i 13 anni. Il tutto tenendo i loro genitori all’oscuro. Le ragazze possono richiederla anche attraverso un semplice sms ed è gratis. Inoltre la nazione è ancora sotto choc per il caso di un ragazzino di 13 anni che qualche settimana fa è divenuto padre di una bambina da una ragazza di 15 anni. E non è il primo caso del genere. Ulteriore preoccupazione viene inoltre per i dati sempre più sconfortanti di ragazze che abortiscono anche per la seconda o terza volta prima dei diciotto anni: sono almeno cento ogni mese in Gran Bretagna quelle che effettuano pluriaborti. Tuttavia per una fetta della popolazione, che si presenta come una minoranza ma forte e decisa, pubblicizzare l’aborto non sarà la soluzione. Anzi, sostengono i critici, il provvedimento ne aumenterà ancora i numeri così come quelli delle gravidanze indesiderate e forse più gravemente porterà ad ignorare il problema completamente. «In questo modo le autorità si lavano le mani della vita di molti giovani – dice Julia Milligan, direttore di un movimento pro-life –. In questo modo l’aborto viene proposto come una soluzione quando sappiamo bene che è circondato da moltissime problematiche, dalla salute della madre a quella del figlio».
Fonte: 27 marzo 2009
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SPAGNA: PROIBITO ALLA CHIESA IL DIRITTO DI DECIDERE GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
Fonte 2 Marzo 2009
La Corte Suprema ha deciso di privare il Vescovado di Canary del suo diritto di selezionare l’idoneità delle persone che insegnano religione cattolica, prendendo le parti di una donna convivente fuori del matrimonio, a cui giustamente la diocesi aveva tolto l’idoneità per insegnare religione. Secondo la decisione del giudice, la diocesi dovrà risarcire oltre 10.000 euro, ai quali devono essere aggiunti gli interessi di mora per l’insegnante di religione di Las Palmas, sig.ra Maria del Carmen Galayo. La signora Galayo, sposata, separata e adesso con una nuova relazione, è stata licenziata dal posto di professoressa di religione della diocesi solo dopo averle segnalato che la sua situazione adulterina non era compatibile con i principi morali che la Chiesa richiede espressamente e pubblicamente per poter insegnare religione ai minori. La Galayo ha quindi avviato, con il sostegno della stampa locale, una battaglia legale, sostenendo che l’autorità della Chiesa avrebbe indebitamente interferito con la sua vita privata e ha preteso non solo un elevato risarcimento, ma il diritto di essere reintegrata nella carica . La Sezione sociale della Corte Suprema ha annunciato anche di aver respinto il ricorso presentato dalla diocesi contro la decisione del tribunale. Con questa decisione, la diocesi ha esaurito le proprie istanze e sarà costretta a pagare la somma richiesta dalla Galayo, anche se potrà presentare un ricorso alla Corte costituzionale per ottenere almeno il diritto di non dover reintegrare la Galayo nella posizione di professore di religione.
Fonte: 2 Marzo 2009
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E' VALIDO IL MATRIMONIO DI CHI SI SPOSA SENZA FEDE?
Basta sposarsi secondo i valori naturali di un autentico matrimonio (fedeltà, indissolubilità, apertura alla vita, ecc.) perché il matrimonio sia valido
Autore: Jacques-Yves Pertin - Fonte: Radici Cristiane, 2 marzo 2009
I cattolici che si sposano in Chiesa senza fede, o con poca fede, ricevono il sacramento del matrimonio? Questione molto attuale, che ne implica un'altra: qual è l'influenza di una società scristianizzata, a volte perfino ostile ai valori del matrimonio, sulla validità del matrimonio cristiano? Cominciamo a capire cos'è precisamente il "matrimonio cristiano". Come afferma la Chiesa nel Codice di Diritto Canonico (can. 1057 § 1) «l'atto che costituisce il matrimonio è il consenso». La natura stessa inclina l'uomo a dare questo consenso. In altre parole: «Il sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste» nella natura che Dio ha creato. Ciò significa che il matrimonio è una realtà naturale, prima di essere un sacramento. Come fa notare lo stesso canone, il fatto di sposarsi non si riferisce al compimento di un'attività specificamente soprannaturale, ma al conseguimento di azioni naturali come procreare ed educare i figli. È proprio questo matrimonio naturale, come insegna san Paolo, che è stato elevato alla dignità sacramentale per permettere agli sposi, citando Leone XIII, di «ricevere la santità nel matrimonio stesso». Così la realtà naturale è diventata inseparabile dalla realtà sovrannaturale. Tra battezzati, ormai, il mutuo consenso non può essere separato dal sacramento. Va sottolineato, però, che «non c'è accanto al matrimonio naturale un altro modello di matrimonio cristiano con specifici requisiti soprannaturali». Gli sposi cristiani non fanno un matrimonio naturale e un matrimonio sacramentale, come ingenuamente si potrebbe credere nei Paesi dove c'è prima il matrimonio in Comune e poi in Chiesa. Il sacramento non cambia l'essenza del matrimonio, lo eleva. Quanti sposi fanno l'esperienza di questo nella loro vita: nelle difficoltà, come anche nella vita quotidiana, la grazia del matrimonio data da Dio viene a santificare tutto, viene a dare l'aiuto necessario giorno dopo giorno. La vita degli sposi non è da un lato naturale e dall'altro sopranaturale. Il "matrimonio cristiano" è innestato nella vita coniugale degli sposi, sicché ogni minima azione viene fatta con Dio e per Dio. Da ciò si conclude che chiedere per il sacramento del matrimonio un requisito di fede, al di là di quello di voler sposarsi secondo i valori naturali di un autentico matrimonio (fedeltà, indissolubilità, apertura alla vita, ecc.), può condurre a gravi errori sulla natura stessa del matrimonio, a ridurre il diritto di tutti a sposarsi, o ancora a voler «separare il matrimonio dei cristiani da quello delle altre persone». Se gli sposi si scambiano tale consenso senza negare una delle qualità essenziali del matrimonio, la loro mancanza di fede non può "invalidare" un tale matrimonio poiché il matrimonio naturale e il sacramento sono diventati dopo la venuta di Gesù Cristo "la stessa e unica cosa". Sicuramente è una questione molto delicata. Il Papa stesso, con grande umiltà, la affrontava davanti ai sacerdoti della diocesi di Aosta nel 2006 dicendo che personalmente aveva creduto, quando era Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, che un matrimonio celebrato senza fede fosse nullo: "Io personalmente lo pensavo". Spesso infatti i numerosi fallimenti dei matrimoni e portano la gente a pensare che se uno va in Chiesa a sposarsi e che non "ci crede", non è sposato. Non è così! Ogni uomo ha un potere naturale speciale e unico di darsi al suo coniuge, potere davanti al quale Dio quasi sembra cedere il passo: è un grande potere, ed è una grande responsabilità. Il sacramento del matrimonio vive in tutti coloro che fanno un vero matrimonio perché la Grazia non distrugge la natura ma la perfeziona.
Fonte: Radici Cristiane, 2 marzo 2009
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GUARESCHI
Perseguitato da sinistra (minacce di morte), da destra (due anni di lager) e anche dal centro (un anno di carcere)
Fonte 2 marzo 2009
La biografia curata da Marco Ferrazzoli, dimostra come Giovannino Guareschi sia stato uno dei più importanti intellettuali civili italiani del ’900. Già nella prima metà del secolo l’autore di Don Camillo è un celebre giornalista del Bertoldo. Nel 1943 viene deportato nei lager nazisti, divenendo una figura di spicco della “resistenza bianca”. Al rientro fonda e dirige il Candido, il maggior settimanale politico-satirico del dopoguerra. Nel ’46 sostiene la monarchia al referendum istituzionale. Fornisce un contributo essenziale alla vittoria democristiana nelle elezioni del 1948, con i famosi manifesti «Nell’urna Dio ti vede, Stalin no» e «Mamma votagli contro anche per me». Diviene un importante opinion-leader, uno dei più feroci fustigatori del partitismo e il principale polemista anti-comunista, eppure, nel ’53, finisce in carcere per diffamazione di Einaudi e De Gasperi. Secondo Non solo Don Camillo – il nuovo libro di Marco Ferrazzoli, già autore di Guareschi l’eretico della risata e premiato di recente con il “Luciano Cirri” – al successo dei libri e dei film del ciclo Mondo piccolo si deve un paradossale fraintendimento: l’edulcorazione dell’importanza storica e culturale di Guareschi e la sottovalutazione della sua statura morale. Un rischio causato sia dai “nemici” ansiosi di minimizzarne l’importanza, sia da taluni “amici” che sembrano confermarne l’immagine debolista. Secondo Indro Montanelli, invece, la storia del XX secolo «la si può fare senza chiunque altro, ma non senza Guareschi». Non è un’esagerazione, anche solo ricordando gli episodi più importanti della vita e dell’opera di questo scrittore, un autore centrale della nostra letteratura, un giornalista politico fondamentale e un raro esempio di coerenza umana e intellettuale.
Fonte: 2 marzo 2009
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GIORNALI BUGIARDI
La bufala della bambina scomunicata
Autore: Antonio Socci - Fonte: 19 marzo 2009
Il professor Adriano Prosperi ed Ezio Mauro ammetteranno il clamoroso errore? Io penso che, da persone serie, bisogna aspettarselo. Ieri sulla prima pagina di Repubblica infatti è uscito un editoriale dello storico che ha un finale pesantissimo con la Chiesa, ma basato su una notizia letteralmente falsa, smentita dalla stessa cronaca di Repubblica. Parlando della fanciulla di 9 anni, di Recife in Brasile, che è stata violentata, è rimasta incinta ed è stata fatta abortire, l’editoriale di Prosperi (peraltro letto, quindi amplificato, pure alla rassegna stampa di Radio Radicale), tuonava infatti contro “la durezza atroce, disumana della condanna ecclesiastica che ha colpito con la scomunica la bambina brasiliana e i medici che ne hanno salvato la vita facendola abortire”. Ora sarebbe bastato che l’autore dell’articolo sfogliasse i giornali, compreso il suo, per accorgersi che la bambina brasiliana non è mai stata scomunicata e anzi, per la Chiesa, è la vittima di una società disumana, da colmare di amore materno. Anche dalla Repubblica risultava infatti che il pronunciamento (sbagliato) del vescovo di Recife non riguardava la fanciulla per la quale il presule ha avuto parole di comprensione. Nell’articolo di Repubblica del 6 marzo, firmato da Orazio La Rocca, si legge: “l’arcivescovo di Recife, nello specificare che il provvedimento non riguarda la bambina, puntualizza che il ‘peccato’ d’aborto ricade esclusivamente sui medici e ‘chi lo ha realizzato - si è augurato il presule spiegando i termini del provvedimento - si spera che, in un momento di riflessione, si penta’ ”. Non solo. E’ noto che sull’Osservatore romano del 15 marzo è uscito l’autorevole editoriale di monsignor Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la vita, che si intitolava significativamente “Dalla parte della bambina brasiliana” e sconfessava di fatto, anche per quanto riguarda l’anatema sui medici, il vescovo di Recife, per il suo pronunciamento inopportuno e non improntato anzitutto alla misericordia e alla prudenza su un caso tanto delicato. Fisichella, pur ribadendo le norme del codice di diritto canonico sull’aborto, ha sottolineato che questo caso specifico è molto particolare dal punto di vista della teologia morale, trattandosi della violenza su una bambina la cui vita era messa in pericolo dalla gravidanza stessa, quindi non ci si doveva affrettare a tuonare con quel giudizio che somiglia a una mannaia: “Carmen”, ha scritto Fisichella sull’Osservatore, parlando idealmente alla bambina, “stiamo dalla tua parte. Condividiamo con te la sofferenza che hai provato, vorremmo fare di tutto per restituirti la dignità di cui sei stata privata e l’amore di cui avrai ancora più bisogno. Sono altri che meritano la scomunica e il nostro perdono, non quanti ti hanno permesso di vivere e ti aiuteranno a recuperare la speranza e la fiducia. Nonostante la presenza del male e la cattiveria di molti”. Di tutto questo non c’è traccia nell’editoriale di Prosperi che ha sentenziato, senza informarsi, parlando di “durezza atroce, disumana della condanna ecclesiastica che ha colpito con la scomunica la bambina”. Sorprende pure lo stato maggiore della Repubblica che ha collocato in prima pagina l’editoriale di Prosperi senza accorgersi che capovolgeva la verità dei fatti che la stessa Repubblica aveva riportato. A cosa si deve un così clamoroso errore? Non volendo pensare a malafede bisogna attribuirlo a ignoranza o superficialità. Ma Prosperi non è un qualsiasi frettoloso cronista di provincia: è, se non sbaglio, un accademico, un esimio storico, uno di quegli intellettuali togati che fa gli occhi alle pulci e che ben conosce il dovere assoluto di documentarsi prima di scrivere e soprattutto prima di emettere sentenze di condanna di quella gravità. In questo caso documentarsi era facilissimo perché tutti i giornali hanno riportato la cronaca. Non voglio pensare che anche il professor Prosperi sia così roso da furore anticlericale da ritenere che, quando c’è da bombardare la Chiesa, non sia necessario essere rigorosi, documentarsi e rispettare la verità dei fatti. Ma il pregiudizio ideologico – che di questi tempi, a Sinistra, rasenta il fanatismo anticlericale – gioca brutti scherzi e, in questo clima avvelenato nel quale si tende quotidianamente al linciaggio morale della Chiesa, anche gli intellettuali più titolati rischiano, per faciloneria o faziosità, di accodarsi alla corrente e trovare qualche buccia di banana. L’invettiva di Prosperi del resto è andata avanti per molte righe. Accennando vagamente all’articolo di Fisichella l’ha liquidato con una riga: “di fatto non risulta che quella scomunica sia stata cancellata”. Ma se non c’è mai stata alcuna scomunica per la bambina (neanche del vescovo di Recife) come poteva essere cancellata? Oltretutto la scomunica “latae sententiae” non prevede una cancellazione formale, ma semplicemente il confessionale. Ma Prosperi non si attarda a ragionare sui fatti e prosegue la sua invettiva: “Il corpo della donna resta ancora per questa Chiesa un contenitore passivo di seme maschile”. E qui siamo al problema: Prosperi ha una teoria, sintetizzata da questa terribile frase, e ci teneva a ribadirla. Se i fatti contraddicono la teoria, tanto peggio per i fatti. Basta ignorarli. Questo modo di procedere si chiama ideologia. Nel merito della tesi di Prosperi, fra l’altro, obietterei che è semmai la moderna mentalità laica e libertaria che trasforma la donna in un “contenitore passivo di seme maschile”. Ma Prosperi non sembra sfiorato da dubbi e sbrigativamente mette al rogo la Chiesa, in un processo sommario che condanna la strega cattolica imputandole il falso. Con la virulenza di un inquisitore laico il professore tira un’ultima legnata tuonando che per questa Chiesa “l’anima di una bambina brasiliana è meno importante di quella di un vescovo antisemita e negazionista”. Il riferimento è a Williamson. A Prosperi non interessa che la bambina mai sia stata scomunicata e anzi sia stata abbracciata dalla Chiesa come Gesù crocifisso, con lo stesso amore materno. A Prosperi non interessa neppure che Williamson sia e resti sospeso a divinis: non ha una funzione canonica e non è abilitato a esercitare legittimamente né l’episcopato né il sacerdozio (inoltre il Vaticano gli ha intimato di rinnegare “in modo assolutamente inequivocabile e pubblico” le sue assurde dichiarazioni sulla Shoah). Questi sono i fatti. Ma chi vive di pregiudizio non ha bisogno dei fatti. Quando i fatti disturbano le opinioni, tanto peggio loro. Tra i fatti rimossi e ignorati dal pensiero dominante ce ne sono due immensi e tragici: 1) l’enormità, in ogni caso, del fenomeno dell’aborto nel mondo (circa 50 milioni di casi ogni anno) su cui non si può sorvolare con superficialità; 2) quello che la Chiesa ha dovuto subire nell’ultimo secolo: un macello senza eguali, persecuzioni sotto tutti i regimi che hanno fatto decine di milioni di vittime cristiane, accompagnate da massicce campagne di calunnie perpetrate dai totalitarismi del Novecento. Una tragedia per la quale la Chiesa meriterebbe almeno un minimo di rispetto e soprattutto la fine del rancore pregiudiziale che la cultura laica progressista nutre tuttora contro di essa.
Fonte: 19 marzo 2009
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EVOLUZIONISMO: BILANCIO CRITICO E RISPOSTA A DARWIN
La scienza e la filosofia confermano l'insostenibilità delle teorie di Darwin e dei suoi seguaci
Fonte Corrispondenza Romana, 5 Marzo 2009
Lunedì 23 febbraio, al CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), a Roma, si è tenuta un’interessante conferenza sull’evoluzionismo. Contrariamente ai numerosi convegni che, un po’ ovunque, segnano l’anno darwiniano (nel 2009 infatti si commemora sia il bicentenario della nascita di Darwin che il 150° anniversario del suo libro L’origine delle Specie), in questo caso non si è trattato di un’ennesima celebrazione della gloria del celebre naturalista inglese, ma di un bilancio critico della sua teoria. All’interno del gruppo scelto di scienziati e filosofi, giornalisti, universitari e rappresentanti della Chiesa (tra cui un inviato del Pontificio Consiglio della Cultura, don Tomasz Trafny), si sono susseguiti vari interventi che hanno consentito di inquadrare e approfondire la natura e le conseguenze dell’evoluzionismo. In apertura il prof. Roberto de Mattei, Vice Presidente del CNR, ha ricordato che l’evoluzionismo era nato come un movimento di rifiuto della Creazione. Ha proseguito poi affermando che «quello che chiamiamo evoluzionismo è un insieme composto da una ipotesi scientifica, più propriamente definibile come “teoria dell’evoluzione” e da un sistema filosofico, che possiamo definire evoluzionismo in senso stretto, per distinguerlo dalla teoria dell’evoluzione». «Teoria scientifica e teoria filosofica – ha continuato de Mattei – formano due aspetti distinti di un unico complesso, che hanno bisogno l’uno dell’altro per sopravvivere, e si sorreggono a vicenda. L’ipotesi scientifica, che non è mai stata dimostrata, si nutre del sistema filosofico; la tesi filosofica, per giustificarsi, si fonda a sua volta sulla presunta teoria scientifica. Tra gli evoluzionisti non manca chi ammette il fallimento della teoria scientifica». E ancora: «D’altra parte, nel campo antievoluzionista, e più precisamente in campo cattolico, non manca chi rifiuta l’evoluzionismo filosofico, ma accetta sul piano scientifico la teoria dell’evoluzione. Si tratta di un giro mentale analogo a quello di alcuni cattolici che fino al crollo del comunismo rifiutavano l’ateismo marxista, ma ne accettavano l’analisi socio-economica, giudicandola scientifica. Tali posizioni, ieri ed oggi, nascono da un complesso di inferiorità nei confronti della cultura laica, caratteristico di chi non si sente sicuro delle proprie idee cattoliche». Il primo intervento è stato quello di un sedimentologo francese, Guy Berthault, le cui ricerche sperimentali, realizzate in particolare presso l’Istituto di Idraulica di Marsiglia e all’Università del Colorado, sono state pubblicate dall’Accademia delle Scienze francese e da quella russa. Berthault ha mostrato che gli strati nelle rocce sedimentarie non sono il risultato di depositi successivi, come si è creduto per tre secoli, ma di una segregazione meccanica delle particelle che si verifica durante il loro trasporto per mezzo di correnti orizzontali e nel corso del loro deposito dovuto alle variazioni di velocità della corrente. Ne deriva che la cronologia stratigrafica, fondamento delle cronologie geologiche (che a loro volta sono servite a verificare le datazioni con i radioelementi) è tutta da rivedere. Le lunghe durate sono servite a rendere credibile un’evoluzione che non si riusciva tuttavia a constatare nel corso della storia umana. Un ricercatore della Commissione per l’Energia Atomica (Francia), Jean de Pontcharra, ha spiegato, mediante l’esempio del potassio-argo, metodo più utilizzato per datare i fossili, che molte ipotesi fatte per trasformare analisi chimiche in date del calendario non sono verificate, cosa che produce un considerevole invecchiamento delle età. La lava emessa durante l’eruzione del Monte St. Helens, nello stato di Washington, nel maggio 1980, risale così a 300.000 anni, 900.000 anni o due milioni di anni, a seconda se analizza la roccia nel suo insieme o le sue singole componenti. Un chimico americano, Hugh Miller, ha presentato le misure del carbonio 14 che ha appena realizzato sul collagene di ossa di dinosauri. Le date vanno dai 20.000 ai 40.000 anni, quindi si è evidentemente molto lontani dai 60 milioni di anni che vengono dati abitualmente per la scomparsa di questi grandi animali! Un fisico tedesco, Thomas Seiler, ha dimostrato come la legge meglio attestata in fisica, il principio di degradazione dell’energia (o di entropia crescente), si opponga alla comparsa spontanea di differenti esseri viventi, la quale richiede ogni volta un aumento di ordine e di informazione. Il prof. Pierre Rabischong, ex Preside della Facoltà di Medicina di Montpellier, servendosi di alcuni esempi tratti dal corpo umano, ha provato che è impossibile spiegare mediante una genesi spontanea la complessità e l’ammirevole inter-correlazione dei nostri organi e delle loro funzioni. Bisogna riconoscere un “programma” preesistente, che deriva da un’intelligenza la cui superiorità salta agli occhi fin dal momento in cui si confronta una protesi con l’organo che tenta di rimpiazzare. Esistono tuttavia equipe multidisciplinari che mobilitano una grande quantità di “materia grigia” per l’organo artificiale più piccolo! A fine mattinata il prof. Maciej Giertych, genetista presso l’Accademia delle Scienze della Polonia, ha spiegato che con sorpresa ha scoperto che i manuali di scienze dei suoi figli presentano la genetica delle popolazioni e la sua disciplina come la prova dell’evoluzione. La formazione di razze o di varietà, fenomeno molto ben studiato sulle specie domestiche, consiste in una riduzione della diversità del genoma. È quindi l’esatto contrario di un progresso per la specie poiché non appare nessuna novità. Com’è possibile che una teoria considerata scientifica, duecento anni dopo la sua prima formulazione, presenti come “prova” solo l’interpretazione infedele di un fenomeno in realtà contrario a quanto afferma? Il pomeriggio è stato dedicato agli aspetti filosofici dell’evoluzionismo. Il prof. Alma von Stockhausen, dell’Accademia Gustav Siewert, ha ripercorso l’idea dell’evoluzionismo risalendo, non a Spencer o al Deus sive Natura di Spinoza, come spesso avviene, ma a Lutero che, introducendo l’idea di una incompletezza primordiale, di un non-essere, in Dio, è il vero predecessore di Hegel e della sua idea di un’autorealizzazione consentita in particolare dal compimento della negatività. L’evoluzione attraverso l’eliminazione del meno adatto secondo Darwin ne è stata così l’applicazione in biologia, allo stesso modo la lotta di classe (con le sue distruzioni) è stata presentata da Marx come un progresso politico. Il prof. Joseph Seifert, Rettore dell’Università del Lichtenstein, ha fatto un commento critico sulle differenti versioni dell’evoluzionismo: la teoria darwiniana atea, materialista e che nega una Causa intelligente tuttavia evidente; l’evoluzionismo teista, alla maniera di Teilhard de Chardin, che si richiamava a un superuomo biologicamente superiore a noi e la cui coscienza collettiva avrebbe compiuto la divinizzazione del mondo; l’evoluzionismo limitato secondo il quale Dio interviene in certi momenti per assicurare il superamento di soglie quali la vita e la coscienza, o quella dei grandi sottotipi viventi. Si tratta di “racconti di fate”, ma che non è possibile rifiutare soltanto con la filosofia. Hugh Owen, Direttore del Centro Kolbe (Stati Uniti), ha mostrato con vari esempi come la credenza nell’evoluzionismo abbia frenato la ricerca scientifica falsando lo sguardo dei ricercatori sugli esseri viventi: si è partiti da un presupposto di “non-funzione” di fronte agli organi di cui non si capiva ancora il ruolo, mentre l’ipotesi inversa, secondo la quale tutto ha un senso e un ruolo, è il vero stimolo per la ricerca. Così per vent’anni il 90% del genoma è stato definito DNA “spazzatura” (junk DNA), semplicemente perché ci si interessava solo delle sequenze che codificano le proteine, circa il 10%. Si riteneva che il resto del genoma fosse una sopravvivenza di sequenze un tempo utili durante le tappe precedenti all’evoluzione, ma ormai senza funzione. Alla fine si è quanto meno scoperto che questa parte del genoma svolgeva un ruolo essenziale di regolarizzazione, ma l’ipotesi evoluzionista aveva a lungo dissuaso i ricercatori dall’interessarsene. Dominique Tassot, Presidente del Centro Studi e Futurologia sulla Scienza (Francia), ha presentato diverse anomalie logiche tipiche dei ragionamenti evoluzionistici: affermazione simultanea di tesi contraddittorie (come il gradualismo negli esseri viventi e l’esistenza di “salti” nell’evoluzione degli animali fossili); uso di un termine confuso come quello di evoluzione al fine di accreditare la tesi non verificata di una macroevoluzione trans-specifica con tutti i fatti legati alla variabilità e agli adattamenti intra-specifici (microevoluzione); estrapolazione sulle durate immense per concludere al contrario di quanto è stato osservato, ecc. Dopo una discussione finale che ha dimostrato il vivo e profondo interesse dei partecipanti per questo tema fondamentale, il prof. Roberto de Mattei ha ripreso la parola ricordando l’importanza di un dibattito in cui si manifestano chiaramente i limiti della scienza e l’importanza di ristabilire una visione cristiana del mondo che ponga il concetto di Creazione al suo posto centrale portatore di ordine, di finalità e di intelligibilità. Dominique Tassot ha ricordato brevemente che non ci sarebbe stato bisogno di chiedere agli scienziati di rispondere a una domanda fuori dalla loro portata, come la questione delle origini, cosa che era ancora ben compresa dai fondatori della scienza europea fino al diciottesimo secolo. Un società in ordine richiede l’esistenza di un’autorità intellettuale superiore, la quale ci avrebbe risparmiato questa ideologia evoluzionista che oggi invade tutti gli ambiti dell’azione e del pensiero.
Fonte: Corrispondenza Romana, 5 Marzo 2009
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AIDS IN AFRICA
Noi scienziati diamo ragione al Papa
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Avvenire, 26 marzo 2009
Il rischio di contrarre il virus Hiv usando i preservativi durante i rapporti sessuali è nell’ordine del 15%. Questa conclusione è contenuta in uno studio pubblicato dalla nota rivista scientifica britannica The Lancet nel 2000. È una delle conferme scientifiche di quanto affermato da papa Benedetto XVI la settimana scorsa in Africa, ovvero che l’Aids non si sconfigge distribuendo i preservativi, ma attraverso un’educazione alla dignità umana. A sostenere la correttezza scientifica della posizione del Papa non è dunque soltanto Edward Green, il celebre studioso di Harvard le cui posizioni sono state riportate su Avvenire del 21 marzo. Al contrario, sfogliando le riviste scientifiche e mediche di questi vent’anni di lotta all’Aids, troviamo numerose conferme alla fallibilità dei profilattici. L’EFFETTO «CINTURE DI SICUREZZA» Riprendendo il citato articolo del Lancet ( John Richens, John Imrie, Andrew Copas, Condoms and seat belts: the parallels and the lessons) si fa un interessante parallelo con le cinture di sicurezza per gli incidenti automobilistici, che (anche loro) non hanno portato i benefici sperati. In pratica, sostengono gli autori dello studio, il senso di sicurezza moltiplica i comportamenti a rischio. È il fenomeno noto come «teoria della compensazione del rischio». Nel caso dei preservativi la responsabilità è di chi sostiene siano «la» soluzione definitiva del problema, inducendo perciò un senso di falsa sicurezza che moltiplica i rapporti promiscui, principale causa della diffusione della malattia. Ciò è dimostrato dal fatto – sostiene lo studio – che in Africa i Paesi dove il preservativo è più diffuso (Zimbabwe, Botswana, Sudafrica e Kenya) sono anche quelli con i tassi di sieropositività più alti. «L’efficacia del preservativo – concludono i ricercatori – è legata soltanto al reale cambiamento dei comportamenti a rischio». PRESERVATIVO TROPPO RISCHIOSO Sui tassi di inefficacia del profilattico concordano molti studi scientifici. Secondo una ricerca condotta da S. Weller e K. Davis e pubblicata su Family Planning Perspective (una rivista scientifica dell’Alan Guttmacher Institute, emanazione dell’organizzazione abortista International Planned Parenthood Federation), l’efficacia del preservativo nel prevenire la trasmissione dell’Hiv è stimabile intorno all’87%, ma può variare dal 60 al 96%. Dati confermati anche dallo studio di J. Trussell e K. Yost e presentati (senza che si levassero voci scandalizzate) alla Conferenza Onu di Rio de Janeiro nel 2005. Ancora su Family Planning Perspective viene citato uno studio di Margaret Fishel secondo cui in coppie sposate con un partner sieropositivo, l’uso del preservativo come protezione ha prodotto l’infezione dell’altro partner nel giro di un anno e mezzo nel 17% dei casi. PERCHÉ I PRESERVATIVI NON FUNZIONANO Uno studio presentato nel 1990 sul British Journal of Family Planning mostra che in un test effettuato in Inghilterra nel 52% dei casi, gli utilizzatori del profilattico ne hanno sperimentato la rottura o lo scivolamento. C. M. Roland, scienziato esperto del lattice e direttore di Rubber Chemistry Land Technology, nel 1992 spiegava in una lettera pubblicata dal Washington Times che già nella prevenzione delle gravidanze si registra un 12% di fallibilità malgrado i pori del lattice (5 micron) siano 10 volte più piccoli dello sperma. Una fallibilità che aumenta esponenzialmente nel caso del virus dell’Aids perché questo ha una dimensione di 0,1 micron, ovvero può facilmente trovare un passaggio nel profilattico anche ipotizzando un suo uso ottimale. Questi rischi sono ancora più elevati in Africa perché il caldo e le modalità di conservazione dei profilattici contribuiscono notevolmente a deteriorare il lattice. IL METODO ABC Sono ancora gli studi scientifici a dimostrare che l’arma davvero efficace contro il virus dell’Aids – oltre ovviamente ai farmaci antiretrovirali, di cui anche il Papa ha ricordato l’importanza – è l’educazione alla integralità dell’uomo, che in termini di strategie è stata tradotta nell’ABC: (A, astinenza), fedeltà a un unico partner ( B, be faithful), C ( condom, preservativo), dove l’accento è messo soprattutto sulle prime due strade. È il caso dell’Uganda, l’unico Paese dove si sia riscontrata una diminuzione nel tasso di incidenza dell’epidemia, a dimostrare la bontà di questo approccio, scelto dal presidente Museveni già all’inizio degli anni ’90. Secondo un rapporto di UsAid (l’agenzia governativa statunitense che si occupa di aiuti allo sviluppo) in 15 anni c’è stata una riduzione nel tasso di infezioni del 75% nel gruppo di età tra i 15 e i 19 anni, del 60% tra i 20 e i 24 anni, e del 54% nel suo complesso. E questo perché è stato ridotto del 65% il sesso con partner casuali. Questa conclusione viene condivisa dalla rivista Science con un articolo pubblicato già nel 2004 in cui si esclude che l’uso dei profilattici abbia avuto un ruolo significativo nella positiva evoluzione. Dato ulteriormente confermato dalla lunga ricerca condotta sul campo, in Africa, da Helen Epstein, che ha raccolto i dati in un libro pubblicato nel 2007 (La cura invisibile: l’Africa, l’Occidente e la lotta contro l’Aids), in cui attacca l’Occidente perché si ostina a ignorare che l’unica strategia che funziona contro l’Aids è, appunto, la «cura invisibile» , ovvero l’educazione, il cambiamento dei comportamenti sessuali.
Fonte: Avvenire, 26 marzo 2009
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DOPO DE MELLO, CONDANNATO UN ALTRO TEOLOGO GESUITA: ROGER HAIGHT
articolo non firmato
Roger Haight, 72 anni, teologo, appartiene alla Compagnia di Gesù. Ma il Gesù dei suoi scritti è troppo lontano da quello professato nel Credo, a giudizio delle autorità vaticane che vigilano sulla retta dottrina. Già nel 2004, il 13 dicembre, la congregazione per la dottrina della fede presieduta all’epoca dal cardinale Joseph Ratzinger aveva emesso una notificazione di condanna delle tesi espresse da Haight nel suo libro di cinque anni prima, Jesus Symbol of God (…) Ma ora le autorità vaticane sono di nuovo intervenute contro di lui. Gli hanno ingiunto di cessare di insegnare teologia ovunque, anche in istituti non cattolici, e di non pubblicare libri e saggi di soggetto teologico. Questo – come già nella precedente notificazione – finché le sue posizioni non siano rettificate così da essere in piena conformità con la dottrina della Chiesa. Il nuovo provvedimento risale alla scorsa estate, ma solo ai primi di gennaio del 2009 è divenuto di dominio pubblico. Haight non l’ha commentato. L’esame delle posizioni di Haight, sia questa volta, sia prima della notifica del 2004, si è svolto secondo le procedure usuali. La congregazione vaticana per la dottrina della fede ha affidato il caso al preposito generale della Compagnia di Gesù e questi a sua volta ha attivato la provincia americana della Compagnia, alla quale l’inquisito appartiene. A Haight è stato chiesto di inviare chiarimenti e rettifiche sui punti indicati come erronei. E lui l’ha fatto. Senza però convincere i suoi giudici ad assolverlo. Le ragioni portate a sostegno della condanna di Haight non sono di poco conto. La notificazione del 2004 le elenca meticolosamente. A giudizio delle autorità vaticane Haight usa un metodo teologico che subordina i contenuti della fede alla loro accettabilità da parte della cultura postmoderna. E alle realtà oggettive definite dagli articoli del Credo sostituisce dei simboli. Di conseguenza, si svuotano di sostanza verità capitali della fede cristiana come la preesistenza del Verbo, la divinità di Gesù, la Trinità, il valore salvifico della morte di Gesù, l’unicità e universalità della mediazione salvifica di Gesù e della Chiesa, la risurrezione di Gesù. Su ciascuno di questi punti la notificazione vaticana dice come e perché Haight contraddice la dottrina cattolica. Haight si è sempre attenuto alle sanzioni ricevute, sia pure dilazionando un po’ i tempi. Abbandonerà presto anche la cattedra allo Union Theological Seminary di New York. E sta preparando una nuova risposta scritta da inviare alla Santa Sede. In Vaticano sono seriamente preoccupati per questo caso. Non lo ritengono affatto circoscritto agli ambienti accademici. Haight è un teologo di notevole capacità comunicativa, è apprezzato dalla cultura liberal ben presente nei media, e gode di diffusi sostegni dentro la Chiesa, in particolare nella Compagnia di Gesù. Degli ultimi sette teologi inquisiti dalla congregazione per la dottrina della fede, quattro sono gesuiti. Oltre a Haight, gli altri sono stati Anthony De Mello, Jacques Dupuis e Jon Sobrino, quest’ultimo esponente di spicco della teologia della liberazione.
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MESSAGGIO AI GIOVANI PER LA GMG 2009
Autore: Benedetto XVI - Fonte:
Cari amici, la prossima Domenica delle Palme celebreremo, a livello diocesano, la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù. Mentre ci prepariamo a questa annuale ricorrenza, ripenso con viva gratitudine al Signore all’incontro che si è tenuto a Sydney, nel luglio dello scorso anno: incontro indimenticabile, durante il quale lo Spirito Santo ha rinnovato la vita di numerosissimi giovani convenuti dal mondo intero. La gioia della festa e l’entusiasmo spirituale, sperimentati durante quei giorni, sono stati un segno eloquente della presenza dello Spirito di Cristo. Ed ora siamo incamminati verso il raduno internazionale in programma a Madrid nel 2011, che avrà come tema le parole dell’apostolo Paolo: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). In vista di tale appuntamento mondiale dei giovani, vogliamo compiere insieme un percorso formativo, riflettendo nel 2009 sull’affermazione di san Paolo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10), e nel 2010 sulla domanda del giovane ricco a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17). LA GIOVINEZZA, TEMPO DELLA SPERANZA A Sydney, la nostra attenzione si è concentrata su ciò che lo Spirito Santo dice oggi ai credenti, ed in particolare a voi, cari giovani. Durante la Santa Messa conclusiva, vi ho esortato a lasciarvi plasmare da Lui per essere messaggeri dell’amore divino, capaci di costruire un futuro di speranza per tutta l’umanità. La questione della speranza è, in verità, al centro della nostra vita di esseri umani e della nostra missione di cristiani, soprattutto nell’epoca contemporanea. Avvertiamo tutti il bisogno di speranza, ma non di una speranza qualsiasi, bensì di una speranza salda ed affidabile, come ho voluto sottolineare nell’Enciclica Spe salvi. La giovinezza in particolare è tempo di speranze, perché guarda al futuro con varie aspettative. Quando si è giovani si nutrono ideali, sogni e progetti; la giovinezza è il tempo in cui maturano scelte decisive per il resto della vita. E forse anche per questo è la stagione dell’esistenza in cui affiorano con forza le domande di fondo: perché sono sulla terra? che senso ha vivere? che sarà della mia vita? E inoltre: come raggiungere la felicità? perché la sofferenza, la malattia e la morte? che cosa c’è oltre la morte? Interrogativi che diventano pressanti quando ci si deve misurare con ostacoli che a volte sembrano insormontabili: difficoltà negli studi, mancanza di lavoro, incomprensioni in famiglia, crisi nelle relazioni di amicizia o nella costruzione di un’intesa di coppia, malattie o disabilità, carenza di adeguate risorse come conseguenza dell’attuale e diffusa crisi economica e sociale. Ci si domanda allora: dove attingere e come tener viva nel cuore la fiamma della speranza? ALLA RICERCA DELLA “GRANDE SPERANZA” L’esperienza dimostra che le qualità personali e i beni materiali non bastano ad assicurare quella speranza di cui l’animo umano è in costante ricerca. Come ho scritto nella citata Enciclica Spe salvi, la politica, la scienza, la tecnica, l’economia e ogni altra risorsa materiale da sole non sono sufficienti per offrire la grande speranza a cui tutti aspiriamo. Questa speranza “può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere” (n. 31). Ecco perché una delle conseguenze principali dell’oblio di Dio è l’evidente smarrimento che segna le nostre società, con risvolti di solitudine e violenza, di insoddisfazione e perdita di fiducia che non raramente sfociano nella disperazione. Chiaro e forte è il richiamo che ci viene dalla Parola di Dio: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; non vedrà venire il bene” (Ger 17,5-6). La crisi di speranza colpisce più facilmente le nuove generazioni che, in contesti socio-culturali privi di certezze, di valori e di solidi punti di riferimento, si trovano ad affrontare difficoltà che appaiono superiori alle loro forze. Penso, cari giovani amici, a tanti vostri coetanei feriti dalla vita, condizionati da una immaturità personale che è spesso conseguenza di un vuoto familiare, di scelte educative permissive e libertarie e di esperienze negative e traumatiche. Per alcuni – e purtroppo non sono pochi – lo sbocco quasi obbligato è una fuga alienante verso comportamenti a rischio e violenti, verso la dipendenza da droghe e alcool, e verso tante altre forme di disagio giovanile. Eppure, anche in chi viene a trovarsi in condizioni penose per aver seguito i consigli di “cattivi maestri”, non si spegne il desiderio di amore vero e di autentica felicità. Ma come annunciare la speranza a questi giovani? Noi sappiamo che solo in Dio l’essere umano trova la sua vera realizzazione. L’impegno primario che tutti ci coinvolge è pertanto quello di una nuova evangelizzazione, che aiuti le nuove generazioni a riscoprire il volto autentico di Dio, che è Amore. A voi, cari giovani, che siete in cerca di una salda speranza, rivolgo le stesse parole che san Paolo indirizzava ai cristiani perseguitati nella Roma di allora: “Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo” (Rm 15,13). Durante questo anno giubilare dedicato all’Apostolo delle genti, in occasione del bimillenario della sua nascita, impariamo da lui a diventare testimoni credibili della speranza cristiana. SAN PAOLO, TESTIMONE DELLA SPERANZA Trovandosi immerso in difficoltà e prove di vario genere, Paolo scriveva al suo fedele discepolo Timoteo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Come era nata in lui questa speranza? Per rispondere a tale domanda dobbiamo partire dal suo incontro con Gesù risorto sulla via di Damasco. All’epoca Saulo era un giovane come voi, di circa venti o venticinque anni, seguace della Legge di Mosè e deciso a combattere con ogni mezzo quelli che egli riteneva nemici di Dio (cfr At 9,1). Mentre stava andando a Damasco per arrestare i seguaci di Cristo, fu abbagliato da una luce misteriosa e si sentì chiamare per nome: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Caduto a terra, domandò: “Chi sei, o Signore?”. E quella voce rispose: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!” (cfr At 9,3-5). Dopo quell’incontro, la vita di Paolo mutò radicalmente: ricevette il Battesimo e divenne apostolo del Vangelo. Sulla via di Damasco, egli fu interiormente trasformato dall’Amore divino incontrato nella persona di Gesù Cristo. Un giorno scriverà: “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). Da persecutore diventò dunque testimone e missionario; fondò comunità cristiane in Asia Minore e in Grecia, percorrendo migliaia di chilometri e affrontando ogni sorta di peripezie, fino al martirio a Roma. Tutto per amore di Cristo. LA GRANDE SPERANZA È IN CRISTO Per Paolo la speranza non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Pervaso intimamente da questa certezza, potrà scrivere a Timoteo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Il “Dio vivente” è Cristo risorto e presente nel mondo. E’ Lui la vera speranza: il Cristo che vive con noi e in noi e che ci chiama a partecipare alla sua stessa vita eterna. Se non siamo soli, se Egli è con noi, anzi, se è Lui il nostro presente ed il nostro futuro, perché temere? La speranza del cristiano è dunque desiderare “il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull’aiuto della grazia dello Spirito Santo” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1817). IL CAMMINO VERSO LA GRANDE SPERANZA Come un giorno incontrò il giovane Paolo, Gesù vuole incontrare anche ciascuno di voi, cari giovani. Sì, prima di essere un nostro desiderio, questo incontro è un vivo desiderio di Cristo. Ma qualcuno di voi mi potrebbe domandare: Come posso incontrarlo io, oggi? O piuttosto, in che modo Egli si avvicina a me? La Chiesa ci insegna che il desiderio di incontrare il Signore è già frutto della sua grazia. Quando nella preghiera esprimiamo la nostra fede, anche nell’oscurità già Lo incontriamo perché Egli si offre a noi. La preghiera perseverante apre il cuore ad accoglierlo, come spiega sant’Agostino: “Il Signore Dio nostro vuole che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, così che diventiamo capaci di ricevere ciò che Lui intende darci” (Lettere 130,8,17). La preghiera è dono dello Spirito, che ci rende uomini e donne di speranza, e pregare tiene il mondo aperto a Dio (cfr Enc. Spe salvi, 34). Fate spazio alla preghiera nella vostra vita! Pregare da soli è bene, ancor più bello e proficuo è pregare insieme, poiché il Signore ha assicurato di essere presente dove due o tre sono radunati nel suo nome (cfr Mt 18,20). Ci sono molti modi per familiarizzare con Lui; esistono esperienze, gruppi e movimenti, incontri e itinerari per imparare a pregare e crescere così nell’esperienza della fede. Prendete parte alla liturgia nelle vostre parrocchie e nutritevi abbondantemente della Parola di Dio e dell’attiva partecipazione ai Sacramenti. Come sapete, culmine e centro dell’esistenza e della missione di ogni credente e di ogni comunità cristiana è l’Eucaristia, sacramento di salvezza in cui Cristo si fa presente e dona come cibo spirituale il suo stesso Corpo e Sangue per la vita eterna. Mistero davvero ineffabile! Attorno all’Eucaristia nasce e cresce la Chiesa, la grande famiglia dei cristiani, nella quale si entra con il Battesimo e ci si rinnova costantemente grazie al sacramento della Riconciliazione. I battezzati poi, mediante la Cresima, vengono confermati dallo Spirito Santo per vivere da autentici amici e testimoni di Cristo, mentre i sacramenti dell’Ordine e del Matrimonio li rendono atti a realizzare i loro compiti apostolici nella Chiesa e nel mondo. L’Unzione dei malati, infine, ci fa sperimentare il conforto divino nella malattia e nella sofferenza. AGIRE SECONDO LA SPERANZA CRISTIANA Se vi nutrite di Cristo, cari giovani, e vivete immersi in Lui come l’apostolo Paolo, non potrete non parlare di Lui e non farlo conoscere ed amare da tanti altri vostri amici e coetanei. Diventati suoi fedeli discepoli, sarete così in grado di contribuire a formare comunità cristiane impregnate di amore come quelle di cui parla il libro degli Atti degli Apostoli. La Chiesa conta su di voi per questa impegnativa missione: non vi scoraggino le difficoltà e le prove che incontrate. Siate pazienti e perseveranti, vincendo la naturale tendenza dei giovani alla fretta, a volere tutto e subito. Cari amici, come Paolo, testimoniate il Risorto! Fatelo conoscere a quanti, vostri coetanei e adulti, sono in cerca della “grande speranza” che dia senso alla loro esistenza. Se Gesù è diventato la vostra speranza, ditelo anche agli altri con la vostra gioia e il vostro impegno spirituale, apostolico e sociale. Abitati da Cristo, dopo aver riposto in Lui la vostra fede e avergli dato tutta la vostra fiducia, diffondete questa speranza intorno a voi. Fate scelte che manifestino la vostra fede; mostrate di aver compreso le insidie dell’idolatria del denaro, dei beni materiali, della carriera e del successo, e non lasciatevi attrarre da queste false chimere. Non cedete alla logica dell’interesse egoistico, ma coltivate l’amore per il prossimo e sforzatevi di porre voi stessi e le vostre capacità umane e professionali al servizio del bene comune e della verità, sempre pronti a rispondere “a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15). Il cristiano autentico non è mai triste, anche se si trova a dover affrontare prove di vario genere, perché la presenza di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace. MARIA, MADRE DELLA SPERANZA Modello di questo itinerario di vita apostolica sia per voi san Paolo, che ha alimentato la sua vita di costante fede e speranza seguendo l’esempio di Abramo, del quale scrive nella Lettera ai Romani: “Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli” (Rm 4,18). Su queste stesse orme del popolo della speranza – formato dai profeti e dai santi di tutti i tempi – noi continuiamo ad avanzare verso la realizzazione del Regno, e nel nostro cammino spirituale ci accompagna la Vergine Maria, Madre della Speranza. Colei che ha incarnato la speranza di Israele, che ha donato al mondo il Salvatore ed è rimasta, salda nella speranza, ai piedi della Croce, è per noi modello e sostegno. Soprattutto, Maria intercede per noi e ci guida nel buio delle nostre difficoltà all’alba radiosa dell’incontro con il Risorto. Vorrei concludere questo messaggio, cari giovani amici, facendo mia una bella e nota esortazione di san Bernardo ispirata al titolo di Maria Stella maris, Stella del mare: “Tu che nell’instabilità continua della vita presente, ti accorgi di essere sballottato tra le tempeste più che camminare sulla terra, tieni ben fisso lo sguardo al fulgore di questa stella, se non vuoi essere spazzato via dagli uragani. Se insorgono i venti delle tentazioni e ti incagli tra gli scogli delle tribolazioni, guarda alla stella, invoca Maria ... Nei pericoli, nelle angustie, nelle perplessità, pensa a Maria, invoca Maria... Seguendo i suoi esempi non ti smarrirai; invocandola non perderai la speranza; pensando a lei non cadrai nell’errore. Appoggiato a lei non scivolerai; sotto la sua protezione non avrai paura di niente; con la sua guida non ti stancherai; con la sua protezione giungerai a destinazione” (Omelie in lode della Vergine Madre, 2,17). Maria, Stella del mare, sii tu a guidare i giovani del mondo intero all’incontro con il tuo Figlio divino Gesù, e sii ancora tu la celeste custode della loro fedeltà al Vangelo e della loro speranza. Mentre assicuro il mio quotidiano ricordo nella preghiera per ognuno di voi, cari giovani, di cuore tutti vi benedico insieme alle persone che vi sono care.
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