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Marzo 1995, Giovanni Paolo II pubblica l'Evangelium vitae. Marzo 2024, la Francia inserisce in Costituzione il diritto d'aborto. La prima al mondo a farlo. Ventinove anni dopo si avvera quanto scritto da papa Wojtyła nell'enciclica dedicata alla difesa della vita innocente. Annotava infatti il santo pontefice: «L'originario e inalienabile diritto alla vita è messo in discussione o negato sulla base di un voto parlamentare o della volontà di una parte - sia pure maggioritaria - della popolazione. È l'esito nefasto di un relativismo che regna incontrastato: il "diritto" cessa di essere tale, perché non è più solidamente fondato sull'inviolabile dignità della persona, ma viene assoggettato alla volontà del più forte. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo. Lo Stato non è più la "casa comune" dove tutti possono vivere secondo principi di uguaglianza sostanziale, ma si trasforma in Stato tiranno, che presume di poter disporre della vita dei più deboli e indifesi, dal bambino non ancora nato al vecchio, in nome di una utilità pubblica che non è altro, in realtà, che l'interesse di alcuni».
Proseguiva Giovanni Paolo II: «Tutto sembra avvenire nel più saldo rispetto della legalità, almeno quando le leggi che permettono l'aborto o l'eutanasia vengono votate secondo le cosiddette regole democratiche. In verità, siamo di fronte solo a una tragica parvenza di legalità e l'ideale democratico, che è davvero tale quando riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana, è tradito nelle sue stesse basi: "Come è possibile parlare ancora di dignità di ogni persona umana, quando si permette che si uccida la più debole e la più innocente? In nome di quale giustizia si opera fra le persone la più ingiusta delle discriminazioni, dichiarandone alcune degne di essere difese, mentre ad altre questa dignità è negata?" (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Convegno di studio su "Il diritto alla vita e l'Europa", 18 dicembre 1987). Quando si verificano queste condizioni si sono già innescati quei dinamismi che portano alla dissoluzione di un'autentica convivenza umana e alla disgregazione della stessa realtà statuale. Rivendicare il diritto all'aborto, all'infanticidio, all'eutanasia e riconoscerlo legalmente, equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà» (20).
LA VERITÀ MESSA AI VOTI
Queste parole sembrano cucite addosso alla recente decisione del Parlamento francese. In esse evidenziamo alcuni snodi concettuali. Il primo: il parlamentarismo ha sostituito la verità. Quest'ultima è messa ai voti. Il riconoscimento della verità è stato scalzato dall'attribuzione della verità. Il concepito, con la sua umanità e personalità, non è un dato di realtà da riconoscere e da cui promanano obblighi morali che in modo analogo devono essere riconosciuti, ma una realtà da occultare tramite una sua simulazione: l'essere umano diventa un grumo di cellule. Occultato l'omicidio, si riconosce come verità giuridica e morale l'aborto.
Il democraticismo, per opporsi alla realtà, non può che imporsi perché questa da sempre si ribella. Ecco il secondo passaggio: ogni decisione democratica che non rispetta la verità necessariamente diviene espressione tirannica. «Auctoritas, non veritas facit legem» (T. Hobbes, Leviatano, II, 26). L'autorità, non la verità fa la legge. Non più ius quia iustum - diritto perché giusto - bensì ius quia iussum - diritto perché così è stato ordinato, deciso. È il capovolgimento della gerarchia delle due principali facoltà umane: intelletto e volontà. Non c'è più l'intelletto che scopre il reale - il nascituro è persona - e muove la volontà di conseguenza - devi rispettare la sua vita - ma l'inverso. Ciò che desidera la volontà - uccidere il figlio in grembo - l'intelletto lo ratifica come buono - abortire è un diritto. Non più delimitata dal limes della realtà riconosciuta dall'intelletto, la volontà esonda, tracima, sconfina nel potere assoluto, cioè absolutus - sciolto da ogni vincolo, degli uni contro gli altri. È la legge della giungla ma approvata in parlamento, è il «bellum omnium contra omnes» del già citato Hobbes (cfr. De Cive, prefatio): la guerra di tutti contro tutti. E chi vince? Il più forte, non il più giusto. E dunque nel caso dell'aborto vince l'adulto contro il bambino, colui che è già sviluppato contro chi è ancora in via di sviluppo (e lo sarà anche dopo nato), colui che può attualizzare alcune capacità contro chi non è ancora in grado di farlo, colui che è sano contro il malato.
LO STATO DI POTERE
Lo Stato di diritto si involgarisce nello Stato di potere; la legge si degrada in prevaricazione. È il diritto belluino. La traduzione di diritto in latino è ius. Lo ius è "il suo", ciò che appartiene ad un soggetto o per vocazione naturale o per attribuzione collettiva (statale diremmo noi oggi). Agevole comprendere ora il significato della radice della parola iustitia, la virtù che impone di dare a ciascuno il suo. Il concepito reclama il diritto alla vita, perché suo, e quindi il corrispettivo dovere erga omnes del rispetto e tutela della sua esistenza. Ma l'epoca attuale è segnata dalla negazione dei diritti naturali, i diritti nativi che nascono appena viene ad esistenza l'essere umano, annientati dai diritti artificiali perché prodotti dall'uomo per la soddisfazione dei desideri artefatti dei più violenti. È il diritto muscolare che stritola l'indifeso diritto naturale del concepito.
E dunque, nel momento in cui si è elevato l'aborto a diritto costituzionale, si è decretata la morte del diritto perché si è dichiarato come suprema esigenza da tutelarsi giuridicamente un delitto, l'esatto contrario del diritto. «Il "diritto" cessa di essere tale», ci diceva Giovanni Paolo II. Una legge umana «se in qualche cosa è contraria alla legge naturale, non è più legge ma corruzione della legge» gli fa eco Tommaso d'Aquino (Summa Theologiae, I-II, q. 95, a. 2 c.).
Uno dei risultati più deflagranti della decisione di ammantare di costituzionalità il delitto di aborto è quello della disintegrazione del consesso sociale e dello sprofondamento in una guerra civile sì invisibile, ma presente. E, infatti, se c'è guerra ai bambini non ancora nati come si può parlare di pace sociale? È una pace apparente perché ogni pochi minuti un innocente viene ucciso. L'aborto è l'esito di e insieme produce una società violenta, barbara e anarchica che alza la mano sull'indifeso e su chi vuole difendere l'indifeso.
La folla festante che l'altro giorno danzava sotto la scintillante Torre Eiffel, sulla cui struttura campeggiava la scritta My body, my choice, ballava sopra la propria rovina, sopra la propria tomba, gioiva inconsapevole per la propria condanna a morte. Perché quell'art. 34 della Costituzione, la cui modifica è stata scritta con il sangue dei bambini, è l'epitaffio della società occidentale. I francesi non hanno solo decretato la morte dei propri figli, ma anche la propria.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Tommaso Scandroglio, nell'articolo seguente dal titolo "Francia, aborto in Costituzione: primo sì. Così si rischia l'obbligo" spiegava quali erano i rischi se si fosse arrivati, come siamo arrivati, all'approvazione della legge.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 febbraio 2024:
Visti i tempi attuali è facile dare i numeri. E li diamo anche noi: 234 mila. Sono il numero di aborti legali effettuati in Francia nel 2022, 17 mila in più rispetto all'anno precedente. Colpa del Covid che ha impedito di abortire? No, infatti come certifica lo studio di Annick Vilain e Jeanne Fresson, intitolato Nel 2022 aumenta il numero di interruzioni volontarie di gravidanze e pubblicato sul sito Direzione della Ricerca, Studi, Valutazione e Statistica del governo francese, questo numero di aborti è il più alto mai registrato dal 1990 al 2022. Il più alto in 32 anni.
Diamo un altro paio di numeri: 493 e 30. Il primo numero si riferisce ai voti a favore e il secondo ai voti contrari, espressi in seno alla Camera francese (l'Assemblée Nationale), in riferimento alla proposta di riforma costituzionale che vuole qualificare l'aborto come diritto costituzionale. Nell'articolo 34 della Costituzione si vuole aggiungere la seguente frase: «La legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà della donna, che le è garantita, di fare ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza». L'aborto, già disciplinato dalla legge Veil del 1975, diventerebbe una libertà costituzionalmente garantita, come se fosse il diritto al lavoro o all'educazione. Ci troveremmo nel paradosso di una Costituzione, quella francese, che tutelerebbe il diritto alla vita e contemporaneamente il suo contrario, il diritto ad uccidere. Sintomi sempre più frequenti, nel nostro tempo, dell'agonia della ragione. Dunque l'Assemblea Nazionale ha espresso il suo "sì" alla proposta. Ora la palla passa al Senato dove i giochi potrebbero farsi più complicati perché potrebbero prevalere le forze di centrodestra che però, a dire il vero, sono anch'esse ormai completamente laicizzate e libertarie.
Questo pacco bomba destinato a decine di migliaia di bambini è stato spedito dal presidente Emmanuel Macron nell'ottobre dello scorso anno: «Nel 2024, la libertà delle donne di abortire sarà irreversibile. [Occorre] cambiare la nostra Costituzione, incidendovi la libertà delle donne a ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza, per assicurare solennemente che niente potrà comprometterla o cancellarla. Così sarà irreversibile», ha sentenziato. Irreversibile perché tutto nell'ottica progressista deve cambiare eccetto il male. Una volta fatto proprio, non si deve tornare indietro.
Da dove nasce questa volontà di Macron di elevare il delitto di aborto a diritto costituzionale? È la risposta francese alla sentenza Dobbs del giugno del 2022 della Corte Suprema degli Stati Uniti che rovesciò la sentenza Roe vs Wade. Come il Parlamento europeo nel luglio del 2022 ha chiesto, con una risoluzione (non legislativa), di inserire il diritto di aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, così la Francia sta tentando di elevare l'aborto a diritto costituzionale. Sarebbe il primo Paese al mondo a farlo. Troverà l'opposizione dei francesi? Non pensiamo proprio. Secondo un sondaggio della fondazione Jean Jaurès, l'83% di loro giudica positivamente l'attuale legge sull'aborto.
Citando la famosa finestra di Overton, un certa condotta prima è considerata inconcepibile dal popolino; poi di questa condotta vengono accettati i casi estremi, le eccezioni; in seguito il consenso generale considera tale condotta nella sua versione ordinaria come accettabile e quindi come ragionevole; va da sé che il passo successivo sta nella diffusione di questo comportamento nella società per approdare al suo passo finale, ossia alla sua legalizzazione. In questo schema manca un ulteriore passo, davvero l'ultimo e definitivo: l'obbligo, prima sul versante morale e poi su quello giuridico, di assumere tale condotta.
L'aborto a livello mondiale ha bruciato queste sei tappe overtoniane nell'arco di qualche decennio. Quasi globalmente viene qualificato dagli Stati come diritto soggettivo. Il successivo passo non previsto da Overton nel suo schema è la sua obbligatorietà. In realtà non è un passo futuro, ma una fase che stiamo già vivendo sebbene non si sia ancora completata in modo definitivo. Ecco le prove. La prima: la lotta contro l'obiezione di coscienza. Il medico deve essere obbligato a praticare aborti. Seconda prova: in Italia come altrove le soluzioni alternative all'aborto presenti nella Legge 194 non vengono mai prese in considerazione nei confronti di una donna che ha una gravidanza indesiderata. L'unica scelta, che diviene quindi scelta obbligata, è quella di abortire.
Terza prova: gli organismi internazionali come il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) e le aziende private che fanno del loro core business la tutela della cosiddetta salute sessuale e riproduttiva (tra tutte citiamo la Planned Parenthood) formano le giovani e giovanissime donne, soprattutto quelle dei Paesi in via di sviluppo, secondo la dottrina abortista. Anche in questo caso l'aborto viene presentato come unica soluzione non solo di fronte ad una gravidanza indesiderata, ma anche di fronte ad una gravidanza inaspettata, perché ogni bambino non voluto previamente, non programmato, non previsto è un attentato alla serenità della donna, alla sua possibilità di emancipazione, alla sua carriera, eccetera. Dunque la madre "ragionevole" deve abortire per tutelare la sua salute fisica e psichica e il suo benessere.
Per non parlare del fenomeno degli aborti forzati promossi dal governo cinese fino a quando, dieci anni fa, la Corte Suprema decise di cambiare rotta rispetto alla politica del figlio unico (oggi il limite è fissato a tre). Nel 2013 l'Oms calcolò che ogni anno in Cina avvenivano 14 milioni di aborti forzati, il 25% di tutti gli aborti legali che vi erano nel mondo.
Quarta prova: ogni qual volta qualche consigliere comunale o qualche onorevole propongono aiuti economici per le donne che vogliono avere un figlio, ecco che politici, opinionisti, influencer pro-choice si scagliano con furore, come delle Erinni, contro queste proposte, berciando che il diritto di aborto è così messo in pericolo. Ma in realtà questi consiglieri e onorevoli non vogliono (purtroppo) eliminare l'opzione aborto, ma desiderano solo aggiungere un'altra opzione: far nascere il bambino. Lasciando tra l'altro la discrezionalità della scelta alla donna. Insomma un altro sintomo che ci dice che l'aborto deve essere un obbligo.
Quinta prova: tutte le leggi che fanno leva sul consenso informato a favore della donna che porta avanti una gravidanza indesiderata vengono sistematicamente attaccate. Pensiamo alla proposta di legge di iniziativa popolare Un cuore che batte che mira a far vedere il bambino e a far ascoltare il suo battito alla mamma che vuole abortire al fine di dissuaderla da tale scelta. Anche in questo caso l'attacco violento e radicale a questa proposta ci conferma che ampi settori della cultura libertaria e progressista spingono perché l'aborto diventi un dovere giuridico.
FRANCIA, L'ABORTO IN COSTITUZIONE E' LA NEGAZIONE DEI DIRITTI UMANI
La democrazia liberale (bisogna tollerare chi vuole abortire) necessariamente confluisce in una democrazia totalitaria (non si può tollerare chi è contrario all'aborto) che ha nell'illuminismo la sua filosofia ispiratrice
di Eugenio Capozzi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7726
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