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L'esercito degli Stati Uniti ha rimediato una figuraccia. Ma non è una gaffe qualsiasi. Per sette anni, nel corso teorico di addestramento contro i gruppi estremisti, tenuto a Fort Liberty (North Carolina), fra le potenziali minacce venivano indicate anche delle Ong pro-life che, nella loro storia, non hanno mai torto un capello a nessuno. L'esercito si scusa, in un'audizione al Congresso, ma non vuole rivelare chi sia il colpevole, come sia stato possibile un errore così prolungato, né quali provvedimenti disciplinari intenda prendere. Un atteggiamento molto omertoso che non fa che destare ulteriori sospetti, in un momento in cui i pro-life sono additati, un po' in tutto l'Occidente, come gruppi "violenti" potenzialmente fuorilegge.
Lo scandalo risale al 2017, ma è scoppiato solo nel luglio scorso, quando sono trapelate su Internet le foto di una classe del corso teorico di addestramento contro i gruppi estremisti. I militari sono intenti a seguire una lezione su come identificare i gruppi più pericolosi, quali siano i loro metodi di sovversione e come combatterli. Uno si aspetterebbe di vedere sigle come l'Isis o (per restare al terrorismo interno) il Ku Klux Klan. Invece, sulle diapositive della lezione si vedono chiaramente i simboli delle Ong pro-vita. E non sono immagini prese a caso, perché in quella slide si leggono effettivamente tutte le nozioni possibili sul modus operandi delle "pericolosissime" associazioni che si oppongono all'aborto negli Usa, come National Right to Life e Operation Rescue.
Le foto hanno sollevato un polverone soprattutto nel mondo conservatore e su iniziativa del deputato repubblicano Jim Banks, il 13 luglio scorso, la Sotto-commissione per il personale militare (da lui presieduta) e la Commissione sul servizio militare, hanno chiesto un'audizione a Christine Wormuth, segretaria dell'Esercito circa il corso di addestramento.
LA SLIDE INCRIMINATA
«Scriviamo oggi per esprimere la nostra indignazione per un corso di addestramento della Direzione dei Servizi di Emergenza (DES) tenutosi a Fort Liberty che ha caratterizzato le organizzazioni pro-vita come "gruppi terroristici" - scrivevano i deputati repubblicani Jim Banks e Mike Rogers, presidenti delle due Commissioni - Il corso di addestramento ha etichettato diversi gruppi pro-vita di spicco e ben rispettati come estremisti violenti. Il corso ha anche indicato che i membri di queste organizzazioni sono una minaccia per la sicurezza delle installazioni militari e ha designato i simboli dei gruppi pro-vita, comprese le targhe automobilistiche pro-vita rilasciate dallo Stato, come indicatori di terrorismo. Questo è davvero scioccante per un'organizzazione che insiste nel trattare tutti con "dignità e rispetto"».
Il 19 settembre si è tenuta l'audizione in Congresso, come richiesto. E gli esponenti dell'Esercito si sono presentati con la cenere sul capo, ma poca voglia di parlare. Un'inchiesta era stata avviata subito dopo l'interrogazione della Camera ed era stata rilevata la slide incriminata. Non solo i gruppi pro-life, ma anche altre associazioni non profit perfettamente legali, come gli animalisti della Peta, erano indicati come gruppi terroristi. La colpa è stata attribuita a un "dipendente di Fort Liberty" che ha materialmente compilato le lezioni. Ma non si sa chi sia, né se sia un civile o un militare. Agnes Schaefer, vice-segretaria dell'Esercito, ha semplicemente riferito alla Camera: «L'Esercito sta conducendo una revisione completa per assicurarsi che questi materiali didattici non vengano diffusi altrove». Mentre il generale Patrick Matlock, che supervisiona l'addestramento, ritiene che non sia perdonabile un errore protratto per così tanto tempo, ma ha rifiutato di rispondere ai deputati che gli chiedevano quali provvedimenti disciplinari siano stati presi nei confronti dei colpevoli.
ATTEGGIAMENTO OMERTOSO
Proprio questo atteggiamento omertoso dell'esercito lascia molti deputati perplessi, anche perché non si è trattato di un errore commesso in un giorno e corretto subito dopo, ma di lezioni che si sono tenute dal 2017 al 2024, sempre con lo stesso materiale didattico, istruendo circa 9mila soldati. Quindi, classi dopo classi di militari americani hanno imparato come identificare la minaccia dei pro-vita e come neutralizzarla.
Amare le conclusioni del deputato Jim Banks, che ha fatto scoppiare il bubbone per primo: «Questo inquietante addestramento ha confermato i miei timori sulla recente pubblicazione della Direttiva 2024-07 dell'Esercito (Gestione delle attività di protesta, estremismo e bande criminali). Questa nuova direttiva definirebbe come estremismo anche la mera espressione di sostegno, da parte dei militari in servizio, a coloro che hanno rifiutato il vaccino Covid... In altre parole, l'Esercito sta usando una politica troppo arbitraria per sorvegliare quel che dicono i militari in servizio di idee conservatrici, mettere a tacere il dissenso e spingere i militari conservatori a nascondere la propria identità per paura di ritorsioni da parte dei loro comandi».
Non si tratta, per altro di un problema che riguarda solo le forze armate. Anche l'Fbi, la polizia federale, infiltrava agenti nelle organizzazioni cattoliche, pro-vita e conservatrici in generale, per prevenire potenziali minacce. Anche in quel caso, l'agenzia si è discolpata affermando che le azioni dei suoi agenti contro i cattolici sono in violazione dei suoi standard, ma non si sa ancora chi abbia dato l'ordine. Di fatto, la polizia federale considera i pro-vita come terroristi e agisce di conseguenza. Né è un problema che riguarda solo gli Usa, come abbiamo visto in Francia, dove la polizia si addestra su simulazioni di attentati da parte di "estremisti cattolici". E dove i partecipanti alle pacifiche Manif pour Tous sono stati arrestati come se fossero black block violenti (e trattati anche peggio). L'Italia non è esente da questo pericolo, stando almeno alle dichiarazioni del sindaco di Modena che ha definito "violente" le associazioni pro-vita (ne abbiamo parlato qui).
Contro le associazioni che si oppongono all'aborto, insomma, "stanno creando un clima infame".
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Pro life violenti: il totalitarismo del sindaco accende la miccia" racconta che il sindaco di Modena ha definito «violenti» i pro life che stanno pregando davanti al Policlinico nell'unica tappa italiana di 40 days for life. Parole pericolose, che possono accendere una miccia da un momento all'altro e che svelano la posta in gioco nella battaglia sull'aborto: la libertà di espressione.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 1° ottobre 2024:
Non bisogna sottovalutare la reazione che il sindaco di Modena ha avuto di fronte all'inizio dei 40 giorni per la vita, che sono iniziati in questi giorni - fino al 3 novembre - davanti al Policlinico. Non bisogna sottovalutare e soprattutto bisogna cogliere che le parole del primo cittadino Massimo Mezzetti rappresentano una pericolosa deriva autoritaria nei confronti del movimento pro-life che negli Stati Uniti in buona parte del mondo occidentale prega davanti alle cliniche dove si praticano gli aborti. È la spia, infatti, che anche in Italia, l'atteggiamento delle istituzioni si sta irrigidendo di fronte alla causa pro life, accusandola di essere intimidatoria e violenta. Con conseguenze che possono essere imprevedibili e nefaste.
Che cosa ha detto il sindaco?
«Come sindaco - ha scritto - non può lasciarmi indifferente che ci si raduni per condizionare, con subdola violenza, l'esercizio di un diritto stabilito da una legge dello Stato che a sua volta fu una conquista nata da una grande mobilitazione dal basso in tutto il paese, soprattutto delle donne e del movimento femminista». Si tratta di parole pericolose e - queste sì - violente, perché l'attività dei militanti dell'organizzazione che in Italia si è svolta senza intoppi anche lo scorso anno sempre a Modena, non fanno altro che pregare per la causa della vita, cercando di offrire quel conforto e quegli aiuti, alle donne che liberamente si avvicinassero a loro.
Ma Mezzetti (in foto), evidentemente, ha deciso di fare un passo in più rispetto al suo predecessore Gian Carlo Muzzarelli, che ha governato la città Ducale fino al giugno scorso e che, pur non condividendola, non aveva espresso giudizi così totalitari verso 40 days for life limitandosi a garantire la libertà di espressione per tutti.
Mezzetti ha mostrato di essere subito dalla parte delle "streghe" (la definizione deriva da un vecchio slogan anni '70 delle femministe pro-aborto). Infatti, nelle stesse ore in cui il Comune negava una piazza per i pro-life, che volevano inaugurare l'iniziativa dei 40 giorni, perché «tutte le piazze sono occupate» - questa la motivazione -, la Rete pro Choice di Modena otteneva subito per l'indomani mattina una piazza, quella di Sant'Agostino, per contro manifestare contro i pro Life.
Due pesi e due misure, giustificati dal fatto che Mezzetti ha mostrato subito da che parte stare: «Io rispetto le idee di tutti, ma quando una parte di queste vuole prevaricare e limitare le altre bisogna prendere posizione. Io sono fermamente convinto che la libertà di scelta vada garantita in ogni sede, a maggior ragione negli ospedali dove l'interruzione volontaria di gravidanza viene praticata e le donne, in un momento così intimo e delicato, hanno bisogno di rimanere tranquille. Incontrerò presto la rete Pro-Choice - ha annunciato - che mi ha posto questa e altre questioni».
In realtà le parole del sindaco di Modena sono quanto di più illiberale e totalitario possa esistere perché accusare di violenza chi manifesta il proprio pensiero senza aggredire, pregando, giustifica il fatto che questa violenza debba essere fermata o arginata con ogni mezzo. È una deriva che vediamo si sta riproponendo ogni qual volta la causa pro-life diventa convincente e cresce di numero occupando spazi e consenso. Si trasformano i sostenitori della vita in violenti o para terroristi e il gioco è fatto. In Inghilterra e negli Stati Uniti questo processo è attivo ormai da tempo.
Ma il frutto non cade lontano dall'albero: Mezzetti, infatti, è radicalmente comunista nelle origini, nel 1983 era già dirigente della Fgci e tutta la sua carriera l'ha fatta all'ombra dei partiti della galassia della sinistra estrema, salvo qualche parentesi nel Partito Democratico.
A denunciare il pesante clima di intimidazione, è invece Maria Sole Martucci, portavoce della costola modenese della più vasta organizzazione nata nel 2004: «Rispetto allo scorso anno c'è sicuramente un peggioramento delle condizioni nelle quali ci troviamo a pregare - spiega la donna alla Bussola -, il clima di paura che non consente una vera e propria libertà di scelta è aumentato. Ma noi non facciamo altro che seguire quelle che sono le stesse direttive del Governo. Basti pensare che la Digos ci ha chiesto di non stare davanti al Policlinico, ma, sia chiaro, noi non ce ne andremo mai da qui, perché cadrebbe il senso della nostra iniziativa». Sicuramente il pesante scritto del sindaco, imbeccato a intervenire dagli stessi Pro choice, ha scaldato gli animi. Insomma, la tensione a Modena si sta scaldando e il rischio che la situazione possa degenerare fino al 3 novembre è alto, soprattutto dopo l'accusa del sindaco sulla violenza.
«Quel che è certo - prosegue Martucci - è che qui non si tratta neanche più di favorevoli o contrari all'aborto, ma di una pesante limitazione delle libertà di espressone che viene compromessa».
In effetti, se si pensa che Modena è la prima piazza in Italia dove si svolge 40 days for life (basta guardare la mappa per rendersi conto del fenomeno) e che questo è il secondo anno, le premesse non sono tra le migliori.
Sabato mattina, tra i cartelli che animavano la manifestazione delle "streghe" ce n'era anche uno che tirava in ballo un esponente politico locale: "Fuori gli antiabortisti dai consigli comunali". Il riferimento era senza ombra di dubbio ad Andrea Mazzi, attivista pro-life tra i più impegnati sotto la Ghirlandina e organizzatore di diverse iniziative pro vita della Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Oggi è consigliere comunale eletto nelle file della civica Modena in ascolto.
«Ci sono organizzazioni - spiega alla Bussola - che si stanno dando da fare per bloccare l'iniziativa, il sindaco sta dando loro una sponda istituzionale e questo contrasta con la presentazione che Mezzetti appena eletto ha dato di sé come uomo del dialogo e dell'ascolto. Senza aver capito nemmeno di che cosa si tratti 40 days for life, per sua stessa ammissione, si schiera ideologicamente dalla parte di chi pretenderebbe di non ascoltare e di non dialogare. È chiaro che siamo di fronte ad un tentativo di limitare il diritto di espressione democratico. Un segnale preoccupante perché con dichiarazioni di questo tenore, chiunque può sentirsi legittimato a incendiare gli animi e a far precipitare gli eventi».
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