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OMELIA XIII DOM. TEMPO ORD. - ANNO B (Mc 5,21-43)
Non temere, soltanto abbi fede!
di Giacomo Biffi
LA NECESSITÀ DI CREDERE CONTRO OGNI SPERANZA
La pagina del Vangelo di Marco che abbiamo ascoltato ci offre un esempio di ciò che doveva essere la giornata abituale del Signore, sempre assillato e preso da una folla avida della sua parola di verità e affascinata dalla sua potenza di taumaturgo misericordioso, che non sapeva mai negare i suoi benefici a chi li implorava con umile cuore.
Invano egli, per avere un po' di respiro, si spostava talvolta all'improvviso attraversando il lago in barca: dovunque approdava, erano sempre in molti ad attenderlo e a reclamare il suo magistero e la sua grazia. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva attorno: è quasi la raffigurazione dell'umanità - questa accolta di creature dolenti e smarrite - che, anche quando non ne è consapevole, istintivamente e nella profondità del suo essere è in cerca di Cristo, il solo che può guarire le sue ferite, illuminare i suoi passi incerti, dare plausibilità e speranza all'inconsistenza dei suoi giorni.
La narrazione evangelica ci descrive due miracoli del Signore, si direbbe l'uno incastonato nell'altro: la guarigione di una donna che - ci dice popolarescamente e impietosamente san Marco - aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando; e la risurrezione di una fanciulla dodicenne.
Di fronte ai vari mali del mondo, Gesù si presenta con la forza tranquilla di chi sa di essere il dominatore della natura. Riporta il silenzio e la calma nella casa della giovane defunta, dove già, secondo le consuetudini dei popoli mediterranei, era cominciato lo strepito del lamento funebre. Opera il primo prodigio addirittura senza compiere gesti o pronunciare parole: la donna toccò appena il mantello del Signore, e all'istante sentì nel suo corpo che era stata guarita dal suo male; quasi a dirci che - oltre l'azione e l'insegnamento - già solo la presenza nel mondo del Figlio di Dio fatto uomo è salvifica e risanante.
Gesù risorto ha detto agli apostoli e a noi: Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20).
Se il Signore è con noi, è con noi la fonte di tutta l'energia di cui la nostra debolezza ha bisogno; è con noi il sostegno di tutta la certezza di cui ha necessità la nostra anima dubbiosa; è con noi l'alimento di tutta la fiducia indispensabile per farci superare i più gravi e drammatici momenti di sconforto che possiamo incontrare. Se il Signore è con noi, è con noi la salvezza anche quando tutto sembra perduto; è con noi ogni convincente ragione di gioia, contro ogni motivo di tristezza; è con noi la vittoria, anche se così spesso sono gli avversari di Dio e della Chiesa a sembrare i più forti.
IL VERO BISOGNO DELL'UOMO E' AFFIDARSI AL DIO CHE NON DELUDE
Ambedue i miracoli ci dicono che l'atteggiamento interiore che riesce a metterci in comunione vitale con Cristo e con la sua inesauribile volontà di bene, è la fede.
Proprio la fede, nell'episodio che stiamo considerando, spinge la donna ad avvicinarsi a Gesù e sa dare valore eccezionale al piccolo atto di toccare furtivamente il mantello; un atto che pareva e per sé era così sproporzionato all'effetto terapeutico che si proponeva di ottenere. E il Redentore la rassicura appunto adducendo la fede dimostrata come segno e causa della salvezza: Figlia, la tua fede ti ha salvato.
La fede induce Giairo a insistere nella sua implorazione anche quando ogni ragionevole speranza è perduta, e a non lasciarsi disanimare dal crudele buon senso di chi gli dice senza tanti riguardi: Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?
E Gesù l'incoraggia a non cessare di credere, per quanto evidente possa apparire agli occhi umani che tutta la vicenda si è ormai tragicamente conclusa: Non temere, continua solo ad avere fede!
L'uomo - anche e soprattutto l'uomo di oggi - crede di avere bisogno di tante cose: di soldi, di salute, di sicurezza, di affermazione sociale. In realtà, la sola cosa che può davvero giovargli e aiutarlo in modo decisivo è la capacità di affidarsi a quel Dio che gli è padre e, come un padre, non finisce mai di amarlo; è la determinazione di aprire il suo cuore e la sua esistenza al Salvatore che non si stanca mai di ricercare chi si era perduto; è il desiderio di lasciarsi avvolgere dalla luce della verità eterna, la sola in grado di dare senso a tutte le realtà.
C'è un salmo che dice così: Getta nel Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno (Sal 54,23); vale a dire: nella vivezza della tua fede troverai un soccorso e una difesa che non ti deluderanno mai. E in un altro salmo colui che si è affidato al Signore può esclamare: Come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia (Sal 130,2).
IL CREDENTE SI ESPONE INEVITABILMENTE ALLA DERISIONE DEL MONDO
Chi però non vive di fede, di solito non capisce né la fede dei credenti né l'azione del Signore. E, quando non si capisce, è facile che si arrivi alla derisione e al disprezzo.
È capitato anche a Gesù: Essi lo deridevano, dice il Vangelo. Spesso gli uomini - non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio (cf. Mt 22,29) - si fanno beffe di ciò che non arrivano a comprendere; e in questo c'è immancabilmente la religione.
Quante volte sui giornali, alla radio, alla televisione sono ricordate in termini di scherno e di spregio le verità della fede, le azioni della Chiesa, le regole di comportamento che sono ispirate al Vangelo. Non ci scoraggeremo per questo né ci meraviglieremo: chi si schiera con Cristo e a lui si unisce, ne condivide la sorte e come lui incontra l'incomprensione del mondo. Ma alla fine l'ultima parola è sempre di Dio.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.
ALTRA OMELIA XIII DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Mc 5,21-43)
da Il settimanale di Padre Pio
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Fonte: Stilli come rugiada il mio dire
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