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Lo sguardo di Sonja…
Prostitute a Roma. Il tema non riguarda appena la cronaca e le multe di questi giorni, ma la storia. I millenni. Qualcuno aveva insinuato che addirittura la mitica “lupa” di Romolo e Remo esercitasse in realtà il mestiere più antico del mondo. Nell’urbe tale “professione” sempre prosperò. I lupanari della Roma imperiale diventarono infine un luogo di martirio quando – durante le persecuzioni - vi furono trascinate delle ragazze cristiane che, prima di essere massacrate, dovevano subire pure lo stupro. Diventata la città santa, cuore della cristianità, la città dei martiri Pietro e Paolo, la città dei Papi “onde Cristo è romano”, curiosamente Roma non ha mai conosciuto il furore moralistico della Ginevra calvinista o dell’America puritana contro le prostitute. La Chiesa ha tutt’altro rapporto coi peccatori. Non ne ha affatto paura. Anzi, è alla loro ricerca continua come il padre del figliol prodigo. Ritiene più pericolosi i farisei, ricordando il fiammeggiante ammonimento che rivolse loro Gesù: “le prostitute e i pubblicani vi precedono nel regno di Dio”.
Naturalmente non era un avallo al peccato. Ma Gesù constatava quanto era seguito, venerato e ascoltato da quelli che erano feriti dal peccato, che si sentivano dei poveracci, che non si reputavano qualcuno. Gesù commuove sempre i peccatori. Nella storia medievale si trovano diversi episodi dove emerge questa fede, come quando le “filles de joie” parigine, nel 1200, vollero pagare e offrire a Notre Dame una grande vetrata.
Gli eretici spesso se ne mostrarono scandalizzati. I catari ad esempio facevano fuoco e fiamme contro i francescani e i domenicani perché i frati cercavano di salvare queste “marie maddalene” e queste andavano in processione e facevano le loro elemosine. Del resto la stessa genealogia di Gesù riportata dai vangeli era definita da Péguy “spaventosa”. Un nome per tutti: Raab, prostituta di Gerico. La “Lettera agli ebrei” la menziona addirittura come esempio di fede. E’ nella genealogia del Salvatore: infatti è la bisnonna di Davide. Dio si è incarnato in questa umanità, prendendone su di sé tutto il peso e la condanna.
Il cristianesimo è un Dio che si abbassa fino al fango, per salvare, non per condannare. Per questo ha accettato di essere ucciso col supplizio dei criminali e dei maledetti. Del resto a Lourdes la Madonna appare nella grotta di Massabielle che fino ad allora era stata usata come rifugio per i maiali. E nell’apparizione delle Tre Fontane a Roma il luogo scelto dalla Madre di Cristo è simile. Sono due perfette metafore della storia. E’ in questa porcilaia che è la storia umana che irrompe la purezza, la potenza della misericordia. Cosicché dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia.
Infatti Gesù era accusato da scribi e farisei di essere “amico dei peccatori”. La sua Chiesa fa lo stesso. Non è amica del peccato, anzi ne denuncia l’orrore, la degradazione, la disperazione. Ma sente i peccatori come figli suoi. E qual è la madre che non ha pietà dei suoi figli? La Chiesa sa che il suo compito è perdonare. Conosce la natura umana, così nelle pagine dei padri della Chiesa si parla della prostituzione sempre come un vizio degradante, ma inestirpabile. La Roma dei Papi non ha mai preteso di sradicare il vizio sapendo che il mondo è il regno dell’imperfetto e la zizzania quaggiù cresce col grano. Si deve tollerare il male minore spesso per evitare mali peggiori. I Papi cercarono di limitare la prostituzione, di relegarla in certe zone marginali, di evitare che sconvolgesse la vita civile della gente comune. Ma con realismo. Bisognerebbe riflettere sulla millenaria saggezza della Chiesa oggi che – giustamente – si cerca di metter fine al mercato degli schiavi sulle strade delle città: è questione di diritti umani elementari, come voleva far capire don Oreste Benzi.
La Chiesa per secoli ha cercato di aiutare queste povere ragazze a riscattarsi. Molte per esempio erano costrette a prostituirsi dalla loro povertà. E fu vedendo questa triste situazione che un famoso cardinale del Quattrocento, Juan de Torquemada, attingendo ai suoi fondi e coinvolgendo un altro illustre cardinale, il Carafa, grande umanista, convinse il papa Paolo II a istituire una specie di dote per le fanciulle povere che permettesse loro di sfuggire al triste destino della prostituzione e sposare i loro innamorati, costruendo una famiglia.
Il rito della consegna di queste doti, che iniziò nel 1465, veniva celebrato nella chiesa di S. Maria sopra Minerva a Roma, il 14 febbraio, nella cappella dell’Annunziata, ed è da lì che quel giorno è poi diventato la “festa degli innamorati”. Perché, come spiega lo storico De Maio, i beneficiari “non erano soltanto delle coppie giuridiche o dei soggetti sacramentari, erano innamorati”. A Roma fiorirono tante opere di carità che si prendevano cura delle fanciulle povere. Papa Innocenzo III stabilì perfino la “remissione dei peccati” per coloro che avessero sposato delle ragazze di strada. Definendo come un grande atto di carità “sottrarle ai lupanari”. Come si vede il film “Pretty woman” non era neanche stato immaginato quando accadevano queste storie d’amore e la Chiesa caldeggiava vivamente il lieto fine, anche con i suoi regali soprannaturali, ben sapendo che tutte le creature (e specialmente le donne) sono fatte per amare ed essere amate dal loro uomo e non per vendere il loro corpo ai passanti.
A volte le misure per ridurre la prostituzione avevano una storia strana. Per esempio a Sisteron, in Francia, le meretrici che arrivavano in città per “esercitare” dovevano pagare una tassa, la quale era devoluta al convento delle clarisse, che erano suore molto povere. E queste suore allora, per gratitudine, pregavano Santa Chiara, la Madre di Dio e il Salvatore per quelle ragazze che facevano tutt’altra vita, ma che sentivano certamente come sorelle.
“Molte meretrici” scrive Stefania Falasca su 30 Giorni alcune notizie storiche, “per mezzo di queste opere si convertivano o trovavano lavori onesti. E durante il basso medioevo sono sempre più numerosi i conventi formati da ex prostitute che adottano la regola di Citeaux. Mai come nel medioevo il culto di Maria Maddalena è stato tanto diffuso”.
Del resto non sono piccoli i casi di santi che, prima della conversione, hanno vissuto nel vizio. Leggendo uno dei più grandi scrittori cristiani, Dostoevskij, si fa una scoperta curiosa, che don Divo Barsotti sottolineava: “la creazione più alta in cui si incarna, nei romanzi di Dostoevskij, la santità è paradossalmente una prostituta. Nemmeno Zosima (il monaco staretz dei ‘Fratelli Karamazov’, ndr) vive una viva comunione con Dio personale come Sonja in ‘Delitto e castigo’… La religione di Sonja è adesione di tutto il suo essere a Cristo. Essa crede in Dio, nel Dio vivente e vive un rapporto con Dio di umile e confidente abbandono”. E questa è la voce del padre, depravato ubriacone, su Sonja: “Colui che ebbe pietà di tutti gli uomini, colui che comprese tutto, avrà certamente pietà di noi. E’ l’unico giudice che esista. Egli verrà nell’ultimo giorno e domanderà: ‘Dov’è la figliola che si è immolata per una matrigna astiosa e tisica e per dei bambini che non sono i suoi fratelli? Dov’è la figliola che ebbe pietà del suo padre terrestre e non respinse con orrore quell’ignobile beone?’. Ed Egli dirà: ‘Vieni, ti ho già perdonato una volta e ancora ti perdono tutti i tuoi peccati, perché hai molto amato’. Così Egli perdonerà la mia Sonja, le perdonerà, io lo so, so bene che la perdonerà… (…) E tutti giudicherà e perdonerà… E quando avrà finito con tutti, allora apostroferà anche noi: ‘Uscite’ dirà ‘voi pure, uscite voi viziosi!’. E noi usciremo tutti, senza vergognarci e staremo dinanzi a lui. Ed egli ci dirà: “Porci siete! Con l’aspetto degli animali e con il loro stampo; però venite anche voi!’. E obietteranno i saggi, obietteranno le persone ricche di buon senso: ‘Signore, perché accogli costoro?’. Ed Egli risponderà: ‘Io li accolgo, o savi e intelligenti, perché nessuno di loro si credette degno di questo favore’, e ci tenderà le braccia e noi ci precipiteremo sul suo seno e piangeremo dirottamente e capiremo tutto. Allora tutto sarà compreso da tutti e anche Katerina Ivanovna comprenderà, anche lei. O Signore, venga il Tuo Regno’ ”.
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