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LA HARRIS ABOLIRA' L'OBIEZIONE DI COSCIENZA PER COSTRINGERE I MEDICI A PRATICARE L'ABORTO
Per la candidata democratica l'aborto è un principio non negoziabile per cui forzerà la Costituzione per alterare la Corte Suprema e ripristinare la Roe vs Wade
di Manuela Antonacci
 

Evidentemente fa intrinsecamente parte del suo programma elettorale e della sua vocazione politica ridurre a zero la vita nascente, se tra gli impegni che Kamala Harris ha promesso di portare avanti, qualora venisse eletta, c'è quello di vietare qualunque forma di obiezione verso l'aborto, per qualunque motivo, compresa la fede. Peraltro, la Harris, ha sottolineato anche che non farà alcuna concessione ai repubblicani su questo.
Il contesto in cui ha proferito queste ferali parole è stata un'intervista rilasciata lo scorso martedì, quando Hallie Jackson di NBC News le ha chiesto quali concessioni era disposta a fare, sull'interruzione di gravidanza in merito alle leggi federali sull'aborto.
Chiarissima la sua risposta: «Non credo che dovremmo fare concessioni quando parliamo di una libertà fondamentale, quella di prendere decisioni sul proprio corpo». Ma Jackson l'avrebbe incalzata chiedendo se sarebbe stata disposta a tendere "un ramoscello d'ulivo" ai repubblicani moderati che considerano l'aborto legittimo, ma non sostengono tutte le politiche sull'aborto di Harris. Ma anche stavolta la vicepresidente avrebbe respinto la proposta, dicendo che l'aborto "non può essere negoziabile".
Eppure, al contrario, proprio il diritto alla vita ci risulta essere tra i principi non negoziabili, ma evidentemente la Harris deve avere le idee non chiare, se ha continuato a sostenere la sua tesi affermando: «Non ho intenzione di impegnarmi in alcuna ipotesi perché potrebbero profilarsi una varietà di scenari. Cominciamo con un fatto fondamentale: una libertà essenziale è stata tolta alle donne d'America, la libertà di prendere decisioni sul proprio corpo. E questo non può essere negoziabile, ovvero dobbiamo ristabilire le garanzie della Roe v. Wade».
Dunque, il suo tentativo "democratico", sarà quello di imporre l'aborto su richiesta in tutti i 50 Stati americani, calpestando anche le obiezioni legate alla libertà religiosa. Ma tutto ciò è coerente con il suo operato da senatrice, nel 2019, quando avrebbe introdotto il Do No Harm Act, allo scopo di ridimensionare la possibilità di esercitare l'obiezione sull'aborto, come esercizio legittimo della propria libertà religiosa.
La proposta di legge, che fortunatamente non è riuscita a superare la Commissione Giustizia del Senato, prevedeva che i datori di lavoro credenti non venissero esentati dal coprire "qualsiasi servizio sanitario" richiesto dalla legge federale. Ciò avrebbe eliminato qualunque obiezione per motivi di fede riguardo la pratica dell'aborto, la contraccezione e gli interventi chirurgici sui transgender.
Tutto ciò risulta perfettamente coerente con le politiche dell'amministrazione Biden-Harris degli ultimi quattro anni. In particolare, nel 2022 il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani ha promulgato una norma che cercava di costringere tutti gli ospedali, compresi quelli cattolici, a fornire aborti, se costituivano un "trattamento stabilizzante" ai sensi dell'Emergency Medical Treatment and Labor Act (EMTALA). Questa regola è stata bloccata dalla Corte d'Appello degli Stati Uniti, mentre la Corte Suprema ha rifiutato di ascoltare l'appello dell'amministrazione.
Dunque, non sarebbe la prima volta che Harris arriva ad usare il suo potere politico per calpestare i diritti degli americani credenti. Ricordiamo anche che durante questa sua corsa verso la presidenza, si è rifiutata di sconfessare l'aborto tardivo, che è già legale in diversi stati, purtroppo.

Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Pur di ripristinare l'aborto, la Harris cambierebbe la Corte Suprema" mette in luce che la candidata democratica, se eletta presidente, potrebbe cambiare la Corte Suprema. Non limitandosi a nominare i suoi giudici, ma alterandone la composizione. Tutto perché l'attuale Corte Suprema non ritiene che l'aborto sia un diritto federale.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 ottobre 2024:

Kamala Harris, se eletta presidente, potrebbe cambiare il volto del potere giudiziario americano. Potrebbe portare a termine una riforma che il suo attuale presidente Joe Biden ha solo abbozzato, minacciato in certi casi, ma mai affrontato. Quel che la Harris potrebbe fare è: l'ampliamento della Corte Suprema. Con uno scopo politico ben preciso: superare la maggioranza conservatrice che, per dire un tema caro all'attuale candidata, ha annullato la sentenza Roe vs Wade sull'aborto, facendo tornare agli Stati la decisione sulla sua legalizzazione. Quindi è sempre sull'aborto che torna la Harris e per farlo tornare legale a livello federale, anzi affermarlo come diritto inviolabile, sarebbe disposta a cambiare anche la Costituzione.
La Harris, in un'intervista alla Cnn ha dichiarato quel che Biden ha sempre evitato di dire esplicitamente: «Il popolo americano sta perdendo sempre più fiducia nella Corte Suprema, in gran parte a causa del comportamento di alcuni membri della Corte e di alcune sentenze, tra cui la decisione Dobbs (quella sull'aborto, ndr), che ha eliminato un precedente in vigore da 50 anni, proteggendo il diritto di una donna di prendere decisioni sul proprio corpo. Perciò credo che ci debba essere una sorta di riforma della Corte, e possiamo studiare come questa si configuri effettivamente».
Anche Joe Biden, in questi mesi di campagna elettorale, a dire il vero, sta parlandone in modo sempre più esplicito. Ad esempio, nell'evento in cui si celebrava il sessantesimo anniversario dell'introduzione della Legge sui Diritti Civili, ha dichiarato che «L'estremismo sta minando la fiducia dell'opinione pubblica nelle decisioni della Corte». E per "estremismo" intende, appunto, sempre la posizione sull'aborto: se non lo ritieni un diritto costituzionale, fondamentale, inviolabile, sei "estremista". Infatti, in quella occasione, parlando alla Lyndon B. Johnson Library di Austin, in Texas, Biden ha detto che in passato la Corte Suprema ha difeso i diritti civili in modo anche aggressivo, «ma ora viviamo in un'epoca diversa». Perché: «Negli ultimi anni, le opinioni estreme che la Corte Suprema ha emesso hanno minato i principi e le protezioni dei diritti civili stabiliti da tempo», ha affermato.
In che modo si intende riformare la Corte Suprema che, dal 1869, è composta da 9 giudici supremi a vita, nominati dai presidenti? L'idea è quella di aggiungere altri membri e obbligare i vecchi giudici a ritirarsi, una volta superata una certa età (da stabilire). Attualmente i giudici più anziani sono entrambi conservatori: Clarence Thomas (76 anni) e Samuel Alito (74). Sono entrambi presi di mira dai progressisti che li accusano anche di una condotta poco etica nelle loro vite, per aver accettato regali e aver fatto troppa politica a favore dei Repubblicani. Nel 2023 è stato introdotto, dalla Corte Suprema stessa, un codice di condotta etica. Ma l'opposizione di sinistra ritiene che sia solo una foglia di fico, perché la sua implementazione dipende dai giudici stessi. Biden (e la Harris con lui) propone dunque un codice di condotta che venga implementato rispettato seriamente. Col rischio, però, di ingerenze del governo nell'attività dei giudici.
Per riforme di questa portata occorre la maggioranza qualificata. Ma la Harris ha chiesto che i Democratici, se a novembre manterranno il Senato, aggirino la regola della maggioranza qualificata a 60 voti, per approvare queste proposte di legge senza accettare nemmeno un minimo compromesso.
Ci sono già proposte di legge per aumentare i membri della Corte Suprema, come quella a firma del senatore democratico Ron Wyden che prevede l'aumento a 15 giudici supremi nei prossimi tre termini presidenziali (12 anni). Come spiega il Wall Street Journal, «I sostenitori più agguerriti dei limiti di mandato sostengono che il Congresso potrebbe creare una nuova carica di "giudice anziano", che inizierebbe dopo 18 anni di servizio regolare. L'idea è quella di privare i giudici supremi della capacità di esaminare gli appelli, fingendo però che mantengano le loro cariche. È incostituzionale, ma non è detto che i Democratici non ci provino comunque con uno statuto».
Il primo tentativo (fallito) di cambiare la composizione della Corte Suprema risale al 1937, ad opera dell'allora presidente Franklin Delano Roosevelt, sempre un Democratico. La sua riforma prevedeva la nomina di un nuovo giudice (fino a un massimo di sei) per ogni vecchio giudice supremo che avesse superato il 70mo anno di età. Quindi c'erano già allora le due idee principali della riforma democratica della magistratura suprema: il limite di età e l'aumento del numero dei giudici (per aggirare in conservatori). La stessa compagine democratica al Congresso si divise e la legge non passò.
Allora come ora, la maggioranza dei giudici era costituita da conservatori nominati dai tre presidenti repubblicani che avevano preceduto Roosevelt. La causa scatenante del conflitto fra presidente e Corte Suprema, nel 1937 era il New Deal, il pacchetto di misure economiche anti-crisi di cui la Corte aveva bocciato molti provvedimenti giudicandoli anti-costituzionali. Oggi la causa è l'aborto. Segno dei tempi che cambiano. Se allora la sinistra americana rappresentava soprattutto gli operai disoccupati, oggi rappresenta le donne che si sentono veramente libere solo se possono eliminare i loro figli.

 
Titolo originale: Kamala Harris in corsa per imporre l'aborto ai medici obiettori
Fonte: Sito del Timone, 25 ottobre 2024