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« Torna agli articoli di Marcello Venezian
Il signor Renato Giovine, di anni 64, si è presentato all'ufficio anagrafe del suo comune di cittadinanza e ha chiesto di modificare la sua età dimezzandola a 32. L'impiegato, sbigottito, non sapendo cosa fare, ha chiamato il capo dell'ufficio per ascoltare la richiesta insolita del cittadino. I due hanno guardato allibiti il signor Giovine come se fosse un malato di mente o in stato di alterazione mentale. Ma il Signor Renato ha esposto con calma e lucidità le sue motivazioni, e di fronte al diniego imbarazzato dei due dipendenti comunali, si è riservato di inoltrare la sua richiesta alla prefettura e al tribunale. Il ragionamento del Giovine non fa una piega perché si fonda su analoghi precedenti, già vigenti sul piano anagrafico e sul piano biologico.
Per le prime, è noto che in Italia è possibile cambiare i propri connotati, il proprio cognome. Il Ministro dell'Interno, sul sito prefettura.it prevede infatti che ogni cittadino italiano che abbia l'esigenza di cambiare il proprio nome o cognome, perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l'origine naturale o per motivi diversi da quelli indicati, possa intraprendere il procedimento predisposto dal Regolamento per la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile (DPR 396 del 3/11/2000), così come modificato dal DPR n.54/2012. Compiuto l'iter, trascorsi trenta giorni dall'affissione della richiesta, in modo da verificare se ci sono opposizioni al riguardo, il Prefetto, accertata la regolarità delle affissioni e vagliate le eventuali opposizioni, provvede a emanare il decreto di concessione al cambiamento del cognome richiesto.
IL SESSO CHE VUOI
Non diversa possibilità è concessa a chi decide di cambiare sesso.
Per accertare la "disforia di genere" occorre attestare l'estraneità rispetto al proprio sesso biologico e dimostrare malessere e disagio per il sesso attribuito alla nascita. Dal 2015 non è più necessario per il cambiamento di sesso che vi sia un'operazione chirurgica. Con sentenza della corte di Cassazione n.15138/2015, e con sentenza della Corte Costituzionale n.221/2015, è stabilito che l'intervento chirurgico non è obbligatorio per il cambio di sesso e la scelta se eseguirlo o no spetta esclusivamente alla persona interessata. Presentato il ricorso e superato il percorso stabilito il tribunale italiano competente per territorio, procede alla rettificazione del sesso e al relativo cambio del nome.
Se è possibile cambiare cognome e mutare sesso perché non dev'essere possibile, si è chiesto il signor Renato Giovine, cambiare lo stato anagrafico e biologico di persone come lui che dimostrano e sentono di avere un'età inferiore o comunque diversa da quella indicata dall'anagrafe e dalla biologia e soffrono malessere e disagio per l'età?
Ma non solo. Se il fondamento metagiuridico delle norme è ormai nella libera volontà del soggetto, ovvero "come io mi sento" e non come sono per gli altri, per l'anagrafe o per la biologia, perché non dev'essere possibile mutare l'età, retrodatare o postdatare la propria età a quella che si sente realmente di avere? Certo, devi sottoporti a un iter e a una serie di controlli, come accade per i cambi di sesso e di cognome, e dimostrare che non hai finalità diverse nella richiesta di modificare i connotati anagrafici (per esempio, usufruire in anticipo della pensione o viceversa tardare il pensionamento e restare in età lavorativa; o scaricarti di responsabilità verso terzi). Ma la richiesta è legittima.
GIOVANE DENTRO
Se non avrà soddisfazione dalla prefettura e dal tribunale, il signor Giovine ricorrerà alla Corte Costituzionale, forte della sua comprovata sensibilità a modificare con sentenze, come quella recente sui doppi cognomi, assetti giuridici ritenuti ormai stantii e superati dalla realtà.
Anche sulla cittadinanza si sta stabilendo il principio che ciascun abitante della terra possa andare a vivere dove ritiene di farlo, senza limitazioni e senza essere considerato un clandestino (il reato fu abolito). Ovvero, nessun obbligo, nessuna restrizione nell'accoglienza, dicono molti giuristi ed esponenti umanitari (Papa incluso) ma solo la volontà del soggetto di trasferirsi dove vuole. Siamo o no cittadini del mondo, senza frontiere?
Renato Giovine sente di avere energie, impulsi, che corrispondono alla metà dei suoi anni biologici; non accetta il carcere anagrafico a cui la natura matrigna lo sottopone. Ma la molla profonda e segreta che lo ha spinto alla richiesta è un trauma infantile: da ragazzino gli rimase impressa la canzone dei Cugini di Campagna, Quando avrò 64 anni. Avendo temuto per una vita il fatidico passaggio, allo scoccare dei 64 ha deciso di cambiare un'età che non sente di avere e che gli procura sofferenza.
Come forse avrete sospettato, il signor Renato Giovine non esiste, anche se quattro anni fa in Olanda un quasi settantenne, Emile Ratelband, si rivolse davvero al tribunale di Arnhem, a sud-est di Amsterdam, per chiedere di spostare in avanti la sua data di nascita all'anagrafe avanti di vent'anni, dal 1949 al 1969. E sulla sua scia in Italia inventarono un fantomatico comune di Bugliano, che aveva già predisposto i moduli per richiedere il cambio d'età.
Ma scherzi a parte, l'assurda, pirandelliana situazione lascia un bel dubbio: ma se la realtà, la natura, la biologia, la consuetudine, contano meno della volontà soggettiva e dei desideri individuali, se tutto quel che è dato in natura o in anagrafe possiamo revocarlo, perché non dovremmo relativizzare anche l'età e adattarla ciascuno al proprio sentire?
Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Omofobia, una Giornata simbolo del credo gender" scrive che il Ddl Zan non è stato approvato eppure per imporre l'educazione al gender nelle scuole di tutta Italia anche quest'anno ci ha pensato una circolare del Miur invitando a celebrare la "Giornata contro l'omofobia". Segno di una cultura del "rispetto" a senso unico, che altro non è che un cavallo di Troia.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 maggio 2022:
Anche quest'anno, puntuale come le feste comandate, è arrivata la "Giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia" e con altrettanto puntualità il Ministero dell'Istruzione ha inviato una circolare a tutte le scuole di ogni ordine e grado invitando i docenti "a creare occasioni di approfondimento con i propri studenti sui temi legati alle discriminazioni, al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali".
Ciò che era previsto nel Ddl Zan è stato sostanzialmente istituzionalizzato anno dopo anno dai vari ministri dell'Istruzione e, quindi, laddove la legge non è ancora arrivata ad imporre l'educazione gender in tutte le scuole d'Italia, ecco riuscirci l'esecutivo.
Maria Assunta Palermo, a capo della Direzione Generale per lo Studente, l'Inclusione e l'Orientamento scolastico, ha firmato la suddetta circolare, ma nella stessa non si fa cenno che questo tipo di attività extracurricolari necessiterebbero del consenso previo dei genitori. Guai a dar voce a possibili dissensi. Alcuni percorsi formativi non possono conoscere intoppi di alcuna sorta.
Nella circolare si legge poi che "Il Ministero dell'Istruzione è da anni impegnato a favorire e costruire una scuola aperta e inclusiva, che valorizzi le singole individualità e educhi alla cultura del rispetto per prevenire e contrastare ogni forma di violenza e discriminazione in adesione ai principi e ai diritti fondamentali sanciti a livello internazionale dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e in più articoli dal Trattato sull'Unione europea". Tra questi diritti fondamentali viene in mente quello di cui sono titolari i genitori e si riferisce alla libertà educativa dei figli, diritto evidentemente violato dalla circolare stessa.
Va da sé, poi, che la cultura del rispetto è a senso unico e riguarda solo gli omo-bi-transessuali, perché la Giornata internazionale contro la cristianofobia - virus culturale che miete molte più vittime nel mondo rispetto alla sua omologa color arcobaleno - non esiste proprio. Utile poi ricordare che questa Giornata gay friendly è un cavallo di Troia perfetto perché, con la scusa di parlare di bullismo omofobico, ecco che si usano ore di lezione per formare i ragazzi delle medie e superiori e i bambini delle elementari alla teoria gender, incensando il cambiamento di sesso, la bontà di qualsiasi orientamento sessuale, i "matrimoni" gay, le relative "famiglie" rainbow e finanche l'utero in affitto.
La circolare ministeriale è l'ennesima prova che l'istruzione laica non è super partes, ma di parte, non neutra ma arcobaleno, non aconfessionale bensì soggetta al credo gender e ogni dissenso viene interpretato come lesione di fantomatici diritti universali, perché il genitore che rifiuta l'omosessualità e la transessualità - e non la persona omosessuale o transessuale - è qualificato al pari di un qualsiasi razzista o misogino.
Una "Giornata contro l'omofobia" è poi francamente inutile, perché questa Giornata dura un anno intero. Da mane a sera sui media, sui social, sulle piattaforme di intrattenimento, in molte aziende non si fa altro che spingere all'inclusività di chi ormai è diventato socialmente esclusivo, ossia il gay, il non binario, il trans, il fluido sessuale in tutte le salse. È un'ossessione continua che trova nella "Giornata contro l'omofobia" la sua consacrazione istituzionale e nelle coscienze di molti un senso di noia e di fastidio, come quando si sente per l'ennesima volta ripetere la stessa barzelletta che, tra l'altro, non ha fatto ridere nemmeno la prima volta.
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