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« Torna agli articoli di Riccardo Cascioli
"Fino a quando la terra è stata considerata creazione di Dio, il compito di 'soggiogarla' non è mai stato inteso come un ordine di renderla schiava, ma piuttosto come compito di essere custodi della creazione e di svilupparne i doni". E' questo il passaggio centrale dell'intervento con cui papa Benedetto XVI ha risposto a una domanda sull'ambiente nel corso della conversazione avuta con il clero di Bressanone il 6 agosto scorso.
E' un intervento fondamentale perché il Papa chiarisce una serie di equivoci e ambiguità sulla questione ambientale di cui sono vittima anche ampi settori della Chiesa. Contrariamente a ciò che hanno scritto i maggiori giornali, Benedetto XVI non ha affatto affermato che "sull'ambiente la Chiesa deve fare di più", a intendere un sostegno per i movimenti ambientalisti. Il Papa ha invece detto che la Chiesa deve rivitalizzare la sua dottrina della Creazione, che "negli ultimi decenni era quasi scomparsa in teologia". E' peraltro ciò di cui era convinto l'allora arcivescovo Ratzinger che proprio per questo nel 1981 decise di tenere nella sua diocesi di Monaco di Baviera una catechesi sulla Creazione (ripubblicata di recente dall'editore Lindau nel volume "In principio Dio creò il cielo e la terra". E' qui che la Chiesa deve fare di più, ovvero tornare ai fondamenti della fede cristiana, il che permette di "imparare a capire in tutta la sua falsità" l'accusa al cristianesimo di essere responsabile della distruzione ambientale a causa del suo antropocentrismo.
Da decenni infatti l'ascesa del movimento ecologista va di pari passo con l'attacco alla dottrina della Chiesa che pone l'uomo al vertice della Creazione: per salvare il pianeta – si dice allora – bisogna porre l'uomo alla pari degli animali e dei vegetali perché tutti gli esseri viventi hanno pari dignità. La massima espressione di questa mentalità è stata la promulgazione nel 2000, in sede ONU, della Carta della Terra in cui i diritti universali dell'uomo lasciano il posto alla centralità di una più ampia "comunità di vita" (sulla Carta della Terra, consigliamo di leggere "Le Bugie degli Ambientalisti", Piemme).
Il Papa invita i cattolici a capire bene la falsità e il pericolo di questa ideologia, e porta anche l'esempio del monachesimo: "Se osserviamo quello che è nato intorno ai monasteri, come in quei luoghi siano nati e continuino a nascere piccoli paradisi, oasi della creazione, si rende evidente che tutto ciò non sono soltanto parole, ma dove la Parola del Creatore è stata compresa nella maniera corretta, dove c'è stata vita con il Creatore redentore, lì ci si è impegnati a salvare la creazione e non a distruggerla".
Per il Papa dunque il vero problema per l'ambiente è causato dall'ateismo: "Il consumo brutale della creazione inizia dove non c'è Dio, dove la materia è ormai soltanto materiale per noi, dove noi stessi siamo le ultime istanze (…); E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi; inizia dove non esiste più alcuna dimensione della vita al di là della morte…".
La posizione non potrebbe essere più chiara. Speriamo allora che queste parole del Papa trovino la necessaria attenzione anche nelle alte sfere della Chiesa italiana: si stanno infatti moltiplicando iniziative di diocesi e organismi ecclesiali che sulle questioni ambientali seguono il solco tracciato da associazioni ecologiste – come WWF, Greenpeace, Legambiente – figlie proprio di quell'ideologia denunciata dal Papa. Il sacrosanto interesse all'ambiente non può risolversi nell'aggiungere un cappellino spirituale a un vestito fatto da altri, oltretutto in odio alla Chiesa. Né può essere confuso il catastrofismo ecologista con il dono della profezia.
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