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CARO GESU' BAMBINO, NON CI PORTARE L'AMORE
... e nemmeno la misericordia perché ne abbiamo a vagoni, tonda e paffuta, dolciastra e appiccicosa, ci sprofondiamo dentro fino al ginocchio
di Silvana De Mari
 

Caro Gesù Bambino, non disturbarti, non abbiamo bisogno di nulla. Non abbiamo bisogno di onestà. Giudici divorzisti e avvocati divorzisti si guadagnano i loro soldi con onestà adamantina, impiegando tutta la buona volontà possibile perché diventi fango ogni molecola di quello che, almeno per un attimo, era stato un amore. Espertissimi e onestissimi sessuologi insegnano che la sessualità è un bel giocattolo, uno strofinio da cui si ricavano sensazioni, da vivere senza nessun senso di colpa, per carità, che se per caso qualcosa scappa, non sia mai, se per caso un bimbetto comincia a formarsi, un comodo aborto a spese della comunità rimetterà le cose a posto, spostando il piccolino nel bidone dell'aspiratore o nel cesto delle garze sporche. Medici abortisti guadagnano onestamente il loro stipendio, su cui pagano le tasse fino all'ultimo centesimo ed è questo che conta.

NON ABBIAMO BISOGNO DI AMORE
Per carità, amore basta, ci stiamo sprofondando dentro, una robaccia dolciastra e molle come i marshmallow, love is love, fiocchetti e cuoricini. In nome dell'amore bimbi vengono fabbricati, ovuli vengono ceduti, anzi venduti, con una temibile e a volte mortale sindrome da iperstimolazione ovarica, ma che importa? Love is love. La gravidanza la porta una donna povera, spesso indiana o indonesiana, ma anche ucraina, un bimbo ordinato e pagato viene tolto alla donna che lo ha portato, di cui ha imparato a riconoscere la voce mesi prima di nascere, perché abbia gli ormoni da stress alti per tutta la vita, ma pare che chi gli ha fatto questo simpatico scherzo lo ami. Figuriamoci se lo odiavano. Altri bambini nascono senza padre, come se il padre e la necessità di averlo fossero due stantii e insulsi luoghi comuni. Anche questi li amano: love is love, niente amore grazie, ci stiamo annegando. Gesù Bambino, non ci portare la misericordia. Ne abbiamo a vagoni, tonda e paffuta, dolciastra e appiccicosa, ci sprofondiamo dentro fino al ginocchio. A me pareva dovessimo essere il sale della terra, non lo zucchero filato.

LA NOSTRA VOMITEVOLE MISERICORDIA
Siamo misericordiosi con i pretini tanto carini che ci presentano i loro fidanzatini ancora più carini di loro, siamo misericordiosi con gli spacciatori nigeriani e senegalesi, badando che possano fare indisturbati il loro lavoro. La nostra misericordia avvolge sempre Caino, infischiandocene di Abele, ed è per non offendere, per non essere scortesi che ci siamo tappati le orecchie e non sentiamo le voci dei cristiani perseguitati e assassinati nelle terre dell'islam e in quelle del comunismo reale.
Gesù Bambino non ci portare niente. Torna. Ormai siamo arrivati a un punto di follia, di negazione della realtà, nessuno insegna più che gli uomini sono nati per amare le donne, che le donne sono nate per amare gli uomini e entrambi per amare i bambini che metteranno al mondo con il loro amore, che proteggeranno stando insieme per tutta la vita sostenendosi e amandosi. Solo Tu, tornando, mettendo di nuovo i tuoi passi uno dopo l'altro sulla terra della Galilea, o dell'Afghanistan, o di Mosul, o della Nigeria puoi salvarci. O se proprio non puoi tornare, dacci le uniche cose di cui abbiamo bisogno, la giustizia e il coraggio, il coraggio per affermare la giustizia.

Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "Per favore, non festeggiate il Natale" parla provocatoriamente della festa del Natale. Un articolo da leggere tutto, prima di commentarlo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 23 dicembre 2018:
Per favore, non festeggiate il Natale.
Voi che siete a favore dell' "amore è amore", delle "nozze" gay, dello sterminio di decine di milioni di figli nel grembo della propria madre, non festeggiate il Natale.
Voi che siete obiettori di coscienza al buon senso  e non volete che un bambino cresca con un padre e una madre, non festeggiate il Natale.
Voi che plaudite all'industria dell'uomo in provetta e alle incubatrici di carne, non festeggiate il Natale.
Voi che vi battete per divorzi sempre più brevi e di vite sempre più brevi con l'eutanasia, non festeggiate il Natale.
Voi sposi che amoreggiate con la contraccezione e voi uomini che amoreggiate con l'amante, a volte resa presentabile in società come nuova moglie, non festeggiate il Natale.
Voi che non mettete mai piede in una chiesa e che irridete i sacramenti perché riti magici, non festeggiate il Natale.
Voi che dite di credere a modo vostro e non al modo di Dio e che pensate che quello che dice la Chiesa siano tutte fesserie, non festeggiate il Natale.
Siate coerenti almeno una volta all'anno.
Non potete, ahivoi, festeggiarlo perché non siete cristiani. Perché il credente è colui che crede in ciò che Dio ha comandato di credere e tenta con tutto se stesso di metterlo in pratica. Ma prima di agire bene occorre pensare bene. Dirsi cristiano ed essere a favore di divorzio e omosessualità, è come dirsi ambientalista ed essere a favore del riscaldamento globale e della desertificazione.
Il Natale non è vostro, ma dei cristiani. Si fa festa a Natale per un unico motivo: nasce Colui che ci dà una chance di non finire all'Inferno. Ora alzi la mano chi crede nell'Inferno. Solo quelli possono festeggiare il Natale. Gli altri non ne hanno motivo. Senza un motivo per essere felici è da stupidi essere felici.
Quindi per favore, niente abeti, niente presepi, niente luminarie, niente regali, niente auguri, niente di niente. Martedì 25 come ogni altro giorno incolonnatevi sulla statale in auto o pressatevi negli scompartimenti di un treno per andare a lavorare. Lasciate che l'intima gioia del Natale sia elitaria, di pochi. Ci avete emarginato in tutto, nella politica, nei media, nell'istruzione, nell'arte. I credenti sono gli intoccabili esclusi dalla vita pubblica. E dunque anche in questo caso siate coerenti: emarginateci e lasciateci in pace, lasciate il Natale a noi. Voi continuate nel vostro sabba secolare, gaudenti e nevrotici come sempre. Non vi disturberemo. Tenetevi pure l'inclusività, la responsabilità e solidarietà e lasciate a noi la redenzione, il merito e la carità. Giù le mani dal Natale che è stato acquistato a caro prezzo da Cristo e non comprato a buon mercato su Amazon nel black Friday.
E non veniteci a dire che il Natale ormai è la festa dei buoni sentimenti ricchi di glucosio. Lo sanno tutti che, grattando, dietro i buoni sentimenti si nasconde il business. Il Natale è solo l'occasione più propizia durante l'anno per dar la stura al nostro desiderio di possedere. Il Natale è stato da tempo sequestrato dall'anonima atea, è stato espropriato dalle mani dei credenti per utilità commerciale pubblica. Ci hanno rubato il Natale e manco ce ne siamo accorti. Ma a noi in fondo non importa. Importa stare a casa con  ferie retribuite.
E a questo proposito, dove sono ora i sindacati, le Bonino e le Boldrini a rivendicare la laicità dello Stato, a berciare che non si può festeggiare pubblicamente per una solennità che è invece squisitamente ed esclusivamente cristiana? Perché ora non valgono quei principi laicissimi per i quali dovremmo spogliare ogni edificio pubblico dei crocefissi? Perché la croce no e la mangiatoia sì? Perché il Natale dovrebbe manifestare valori condivisi anche dai non credenti e non il crocefisso? Siate coerenti: chi non è cristiano vada a lavorare il 25, a Pasqua e nelle altre feste cattoliche, domenica compresa. Noi volentieri salteremo a piè pari la festa del 1° maggio.
E poi, a ben vedere, il Natale è una ricorrenza drammatica, altro che magia natalizia. Si festeggia la volontà di Gesù di sottomettersi alle frustate, agli insulti, agli sputi, alle botte e al supplizio della croce per noi. Sotto il tetto della capanna sono tre gli animali; il bue, l'asinello e l'Agnello sacrificale.
Festeggi invece:
- chi tradisce il coniuge, ma sente un macigno sul cuore;
- chi ruba non facendo il proprio lavoro, ma si vede come un infame;
- chi lotta, piange e si dispera perché non si sente uomo o donna sino in fondo;
- chi ha ucciso il proprio figlio prima di vederlo in volto perché le tenebre fitte in cui era avvolto il suo cuore non le ha permesso di prendere in mano la lanterna della verità ed ora si sente il ventre vuoto e il cuore gonfio di disperazione;
- chi prova un fitta nell'anima nell'ascoltare il proprio figlio dire "mamma e papà non stanno più insieme perché non si vogliono più bene";
- chi ha steso matasse di filo spinato tra sé e il figlio, la madre, la suocera, lo zio, ma poi è rimasto impigliato lui stesso tra le spine e si è ferito;
- chi ha giocato la propria vita sulla roulette russa e ha capito che, ad ogni gettone ingoiato da quelle macchinette, veniva ingoiata anche una quota della sua umanità;
- chi non riesce proprio a dirsi credente perché c'è il male nel mondo, perché i fedeli si comportano da infedeli, perché il suo dolore gli pare un disabile gravissimo tanto è cieco e sordo, ma non smette di credere che una risposta ci deve essere e forse la risposta giusta è proprio nel suo dolore;
- chi non ammazza, né ruba ma annega nella mediocrità del quotidiano: eppure in lui palpita ancora un vago desiderio di infinito;
- chi vive per sé perché vuole essere indipendente e libero, ma si è accorto che la solitudine è un vestito troppo stretto per muoversi liberamente;
- chi pensa che ha fallito, che ha mancato il bersaglio una volta per sempre con l'ultima freccia che aveva nella faretra, ma a guardar il presepe si accorge di tornare bambino, un bambino capace ancora di sognare;
- chi insomma compie il male, ma sente la nostalgia del tepore del bene.
Festeggino tutti costoro, perché tutta questa zavorra è già il preludio di un futuro riscatto, a patto che costoro abbiano l'umiltà e la speranza di mettersi in fila insieme ai Re Magi e porgerla come dono a Bambino Gesù. Lì c'è la risposta a tanta inquietudine, a tanto non senso, a tanta noia, a tanta sofferenza, a tanta disperazione.
Festeggiamo tutti noi, ammassati come pecore sotto il tetto di quella capanna in cui il Dio bambino ci ha promesso che un giorno Lui asciugherà ogni lacrima da tutti i nostri volti.

 
Titolo originale: Non ci portare niente, abbiamo tutto. Ma torna
Fonte: Il Timone, Dicembre 2018 (n. 179)