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La Corte europea dei diritti dell'uomo, il 23 settembre 2010, ha emanato due distinte ed opposte sentenze, una relativa al caso Schüth c. Germania n. 1620/03 e l'altra al caso Obst c. Germania n. 425/03, con le quali si è pronunciata sulla questione del licenziamento di due lavoratori da parte rispettivamente della Chiesa cattolica e della Chiesa mormone a causa del comportamento degli stessi contrario al dovere di lealtà verso la Chiesa.
Nel caso Schüth c. Germania n. 1620/03, il lavoratore ricorrente era un organista e a capo del coro in una parrocchia cattolica; con la stipula del contratto di lavoro si era obbligato ad adempiere le proprie obbligazioni professionali e a rispettare le prescrizioni ecclesiastiche. Tali ultime prescrizioni venivano, poco dopo, violate dall'organista che si era separato dalla moglie e aveva intrapreso una relazione con un'altra donna, dalla quale aveva avuto un figlio. In conseguenza di tale condotta, la parrocchia aveva licenziato il lavoratore per la violazione dei doveri di lealtà previsti dall'art. 5 del regolamento della Chiesa cattolica per il servizio ecclesiale.
Nel caso Obst. c. Germania n. 425/03, il ricorrente era direttore per l'Europa del dipartimento di relazioni pubbliche della Chiesa mormone e aveva contratto matrimonio secondo il rito mormone. Lo stesso aveva iniziato, senza separarsi dalla moglie, una relazione con un'altra donna e, in conseguenza di questo comportamento, era stato licenziato e scomunicato dalla Chiesa mormone.
In entrambi i casi la Corte d'appello tedesca aveva ritenuto necessario il licenziamento dei lavoratori.
La Corte europea dei diritti dell'uomo, investita dalle due questioni, è stata chiamata a verificare se i giudici del lavoro tedeschi avessero assicurato una sufficiente protezione ai ricorrenti nel bilanciamento tra il diritto al rispetto della vita privata previsto all'art. 8 della CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo) e il diritto alla libertà di religione della Chiesa cattolica e della Chiesa mormone di cui all'art 9 della stessa Convenzione.
Sebbene le due questioni fossero molto simili, la Corte di Strasburgo si è pronunciata in modo opposto, adottando esplicitamente "due pesi e due misure". Infatti, nel caso Schüth, la Corte europea ha ritenuto che il giudice del lavoro non avesse adeguatamente tutelato il diritto del ricorrente al rispetto della sfera privata e familiare, rilevando che il dovere di lealtà verso la Chiesa cattolica, accettato dal lavoratore, non doveva essere interpretato, altresì, come impegno a vivere nell'astinenza in caso di separazione o di divorzio.
La Corte di Strasburgo ha pertanto concluso affermando che, in tale circostanza, la Corte del lavoro tedesca non ha adeguatamente tutelato il diritto del ricorrente al rispetto della propria vita privata in violazione, quindi, dell'art. 8 della CEDU. La stessa Corte di Strasburgo, relativamente al caso Obst è pervenuta a conclusione opposte, ritenendo che il ricorrente, alla stipulazione del contratto di lavoro, avrebbe dovuto essere cosciente circa la rilevanza della fedeltà coniugale per il suo datore di lavoro e della incompatibilità della relazione extraconiugale, dallo stesso intrapresa, con gli obblighi di lealtà assunti verso la Chiesa mormone.
La Corte ha precisato che, nel caso di specie, il licenziamento fosse giustificato in ragione della gravità dell'adulterio per la Chiesa mormone e della posizione di rilievo occupata dal ricorrente. A parere della Corte di Strasburgo dunque non risulta violato l'art. 8 della CEDU.
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