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I ripetuti e gravi attacchi ricevuti via stampa e soprattutto sul web dal prof. Roberto de Mattei a causa del suo discorso tenuto la sera del 16 marzo a Radio Maria sui drammatici eventi giapponesi meritano alcune riflessioni e chiarimenti. Non sono il primo a prendere le sue difese – altri lo hanno già fatto brillantemente – né in tal senso mi dilungherò per garantire ulteriormente – conoscendolo da 25 anni e avendo l'onore di essere suo collaboratore da venti – sulle sue virtù umane, di cristiano e di uomo di cultura, oltreché di strenuo combattente al servizio della Chiesa e della civiltà cattolica.
Non per niente nessuno degli innumerevoli attacchi rivoltigli (non solo in questa occasione, ma anche nel passato) va a toccare alcuno degli aspetti dell'uomo sopra appena accennati; e figuriamoci se i denigratori di professione non lo attaccherebbero anche sul piano personale, morale e lavorativo, se potessero... ma non possono. E allora l'attacco viene portato sulle sue dichiarazioni, e pertanto su queste intendo dare il mio contributo al chiarimento. Il discorso che il prof. de Mattei ha tenuto a Radio Maria è facilmente rintracciabile sul web, per intero, nelle sue esatte parole. Pertanto, la prima doverosa cosa da fare – per chiunque voglia realmente e serenamente capire cosa è accaduto e sta accadendo – è la più ovvia: andarsi a leggere quello che veramente ha detto, e non farsi un'opinione in base alle manovrate estrapolazioni sui siti laicisti e ai devianti e deviati commenti susseguenti. Dico questo perché vedo come parecchi – anche chi laicista anticattolico non è – in questa storia giudicano con una superficialità disarmante, ancor più grave in relazione al proprio grado di cultura, professionalità e – occorre dirlo – di fede cattolica (quando di cattolici praticanti si tratta), dando prova di adesione aprioristica agli attacchi, dovuta all'evidente mancata lettura delle esatte parole del de Mattei e divenendo così a loro volta propagatori di calunnie (magari non per cattiveria ma, come detto, per faciloneria o per meri interessi personali).
Siccome il testo è sul web, non lo riportiamo ma ne diamo per scontata la conoscenza (come diamo per scontata la serena obiettività di giudizio del nostro lettore) e in tal senso traiamo subito alcune considerazioni doverose. A una attenta lettura, ci si avvede subito che le accuse sono infondate:
1) da nessuna parte si evince ad esempio la volontà di affermare che i giapponesi specificamente si siano meritati il cataclisma, ma al contrario si dichiara testualmente che nessuno sa fino in fondo perché ciò sia avvenuto, solo Dio;
2) tanto più appare quindi a dir poco folle l'accusa di una sorta di "razzismo" che il de Mattei avrebbe nei confronti del dignitosissimo popolo del Sol Levante; anzi, l'autore ricorda in continuazione anche tanti altri cataclismi della storia recente, e in particolare quelli di Lisbona del 1755 e di Messina del 1908; il suo è un discorso teologico di valore generale, ovviamente, valido per tutti i popoli e in tutti i tempi, anche perché i cataclismi avvengono ovunque e riguardano tutti;
3) anche l'accusa – la più ripetuta – di "antiscientificismo" è forzata e falsa; infatti, egli spiega fin dall'inizio che ovviamente le catastrofi naturali hanno una spiegazione fisica secondo le leggi della natura e infatti l'uomo ha non solo il diritto, ma anche il dovere di prevenirle finché può (il ruolo della scienza, appunto). Detto questo, però, de Mattei, che parla da cattolico quale è e non da scienziato e scientista quale non è, aggiunge che la scienza... può solo fino a un certo punto, e non oltre, specie per terremoti e tsunami. Allora l'uomo – specialmente il credente – deve capire che deve saper accettare la volontà divina e agire semmai sull'unico vero Signore della natura non più con strumenti inefficaci, ma con la preghiera e la penitenza, come tutti i popoli di tutti i tempi (e non solo quindi i cristiani) hanno sempre fatto con le loro divinità;
4) l'accusa poi che egli abbia voluto ridurre ogni disastro naturale, compreso l'ultimo, a forme di giustizia divina è altrettanto tendenziosa: de Mattei si limita a riprendere ciò che la dottrina cristiana ha da sempre insegnato (anzi, possiamo dire anche ebraica, nel senso che già l'Antico Testamento insegna ripetutamente ciò), vale a dire che Dio è Padre, e come Padre premia e punisce ogni singolo uomo come i popoli e le società; quando punisce, la Bibbia insegna che quattro sono gli strumenti che Egli usa: la fame, la guerra, la carestia e la morte (morte in ogni forma possibile, comprese le catastrofi naturali). Se noi da Dio vogliamo (e preghiamo per questo) ottenere il bene, dobbiamo essere pronti anche ad accettare il male. Molti cattolici oggi fanno questo errore: vedono Dio come dispensatore di bene (e di beni) ma non lo riconoscono quando invece agisce in maniera a loro non gradita (allora non è più Dio che agisce), cadendo nell'assurdità di pensare che Dio è sempre pronto a farci le grazie, anche le più piccole o strambe, ma poi si "distrae", "si addormenta" quando la natura fa brutti scherzi...
E qui vengo al nocciolo del discorso, che è tutto teologico e filosofico. Su una cosa credenti e non possono essere perfettamente d'accordo: Dio, o c'è o non c'è, tertium non datur. Su questo tutti, nessuno escluso, concordiamo. Ora, pascalianamente, cerchiamo di ragionare per ordine in maniera che ogni uomo non possa non ammettere quanto detto. Se Dio non c'è, allora è necessario (e il termine necessario ha valenza filosofica, scientifica e teologica) ammettere:
1) l'esistenza del caso (ad es.: una persona perde l'aereo e questo precipita; quella persona si è salvata per caso);
2) la forza delle leggi della natura: tutto ciò che avviene in natura trova la sua spiegazione nella leggi stesse della natura, e quindi solo la scienza, col tempo, risolverà ogni problema. Queste sono chiaramente le posizioni di atei, laicisti, agnostici, scientisti (o come dir si voglia).
Ma se invece Dio c'è, occorre ammettere: 1) che il caso non esiste, perché se esistesse il caso esisterebbe una forza estranea a Dio, che sfugge al suo controllo, e quindi Dio non essendo più onnipotente e infinito non sarebbe più Dio (ricordo a tutti questo semplice e lampante assunto non è di "estrazione" cristiana, queste cose furono chiarite da Parmenide cinque secoli prima di Cristo); 2) che le leggi della natura esistono certo, ma rispondono a Colui che le ha create e le fa funzionare, e di cui è assoluto e unico padrone e gestore. Da questo si ricava che – e su questo punto (come sui punti precedenti) non si può non convenire, atei o credenti che si sia – se Dio esiste, nulla sfugge al suo controllo, niente, neanche la formica, neanche i nostri capelli come detto nel Vangelo.
Tale profondissimo assunto teologico e filosofico è perfettamente illustrato dalla più inveterata voce della sapienza popolare: "Non si muove foglia, che Dio non voglia". Appunto: se non si muove foglia, come si può immaginare che si possano muovere le tettoniche a zolle, rovesciare gli oceani, sprofondare le città intere, e tutto questo senza che Dio se ne avveda? Perfino l'ateo onesto deve ammettere che, accettando per un attimo l'esistenza di Dio, è perfettamente razionale e consequenziale affermare che tutto ciò che è accaduto in Giappone (come in tutte le altre catastrofi di tutti i tempi e luoghi) non può non essere avvenuto che per sua volontà o per suo consenso. Se si ammette l'esistenza di Dio, non può non ammettersi quanto appena affermato. E ora, dopo questi logici presupposti comuni, mi rivolgo più specificamente ai credenti, in quanto, ripetiamolo senza fine, il prof. de Mattei ha parlato in quanto credente a dei credenti (Radio Maria), non in quanto scienziato (che non è) a un consesso di scienziati. Tutta la teologia cristiana, da san Paolo alla Patristica alla Scolastica, insegna che Dio pur non volendo mai il male in sé a volte lo permette (sia il male morale che il male fisico) allo scopo di correggere l'uomo. Vale a dire, lo castiga per provocargli un bene superiore (la salvezza dell'anima o anche il suo miglioramento in questa vita).
Tutto ciò che accade, accade o perché Dio lo vuole (il bene) o perché Dio lo permette (il male che poi Egli rivolge a un bene superiore); questa non è una mia teoria, né del prof. de Mattei, è la dottrina della Chiesa da sempre. Nessuno al mondo può negare ciò pena la menzogna. Pertanto, ogni cattolico è tenuto a pensarla, a capirla, ad accettarla, ad amarla.
E a trarne tutte le conseguenze di ogni singolo caso. Da un punto di vista cristiano, Giappone, L'Aquila, Messina, Lisbona, Pompei, e tutte le altre decine e decine di catastrofi naturali di questo pianeta di cui siamo a conoscenza o meno, sono avvenute perché Dio ha permesso che avvenissero. Il cristiano infatti sa che, sebbene vi siano spiegazioni naturali, è Dio che ha creato le leggi della natura e ne regola il funzionamento a sua volontà (altrimenti qualcosa sfuggirebbe al suo controllo), e chissà quante volte Dio ha evitato catastrofi che – secondo natura sarebbero dovute avvenire – intervenendo in nostro favore senza che noi neanche lo possiamo immaginare. O forse qualche cristiano vuole affermare che Dio si era "distratto" in quel momento? Oppure che si è divertito a fare il male dei suoi figli? No, certo nessuno lo può affermare. E allora, chiedo, come possiamo spiegare da un lato che nulla sfugge al controllo di Dio e dall'altro... quanto è avvenuto in Giappone? Il vero problema, purtroppo, che non è possibile in tale sede affrontare, consiste nel fatto che da troppo tempo ormai il clero ha smesso, in gran parte, di dire ai fedeli ciò che dovrebbe sempre ricordare ma che è scomodo ricordare in questo mondo edonista e materialista. Come un padre che non rimprovera i figli per non farli piangere... purtroppo, di questo si tratta.
Pertanto, da un punto di vista cristiano, e, ripetiamo, questo era il punto di vista dal quale parlava il prof. Roberto de Mattei una sera di marzo verso le 22,00 a Radio Maria, non vi può essere nulla da eccepire a quanto da egli affermato. Da un punto di vista non cristiano sì? Può darsi, ma qui si entra nel campo dei diritti fondamentali dell'uomo, di cui uno dei primi è la libertà di pensiero e di espressione. A meno che non si voglia togliere questo diritto ai cattolici. E del resto, come è stato giustamente notato, se è antiscientifico il suo ragionamento (cioè che Dio controlla tutto, anche la natura e che quindi castiga con le catastrofi), allora ancor più antiscientifico è credere che in un pezzo di pane e un sorso di vino vi sia il Corpo e il Sangue di un Uomo vissuto 2000 anni fa, che quell'Uomo era Dio, che è risorto, che ci ha riscattato dai nostri peccati, che il giorno della nostra morte sarà il nostro giudice, che tutto è stato creato tramite Lui, che sua Madre è sempre Vergine ed Immacolata Concezione, e così via...
Dico questo soprattutto per i ben pensanti cattolici che si sono scandalizzati (cosa vi credete, cari confratelli nella fede? Pensate forse che i dogmi della nostra fede abbiano valore scientifico? Che laicisti, scientisti e professionisti del politicamente corretto potranno mai accettare il fatto che adoriamo un'ostia bianca o raccontiamo i nostri fatti privati a un prete? Che ci inginocchiamo lacrimosi e speranzosi dinanzi a un immagine di una Donna ebrea vissuta venti secoli or sono? Pensate forse di essere ai loro occhi più scientifici in questo che nell'affermare che Dio può anche castigare gli uomini? Illusi...
Prima di giudicare e sentenziare ciò su cui non avete riflettuto abbastanza, tenete presente:
1) la vera dottrina cattolica di sempre, piaccia o meno;
2) che noi cattolici non piaceremo mai a coloro verso cui tanti sforzi per poter piacere facciamo, e quello che per noi è normale, i nostri riti, le nostre preghiere, la nostra fede, è dinanzi ai loro occhi non meno ridicolo di credere ai castighi di Dio). Ma, al di là di ciò, mi permetto di ricordare che la credenza che un dio, una divinità, gli dei, castighino, oltre che aiutino, gli uomini, è sempre esistita in tutti i tempi e in tutti i luoghi. In ciò credevano gli antichi pagani, compresi i nostri antenati romani e italici (innumerevoli sono le testimonianze rimaste di invocazioni agli dei sia di impetrazione in caso di dolore personale o collettivo che di richiesta di perdono), ciò insegna l'Antico Testamento, ciò insegna san Paolo, ciò la teologia patristica e scolastica, ciò hanno creduto per secoli e secoli i nostri antenati, i quali, dinanzi alle guerre, alle carestie, alle catastrofi naturali, immediatamente iniziavano le penitenze personali e collettive, le preghiere continue, le invocazioni al cielo, avendo perfettamente chiaro che tali sciagure erano appunto castighi per i peccati degli uomini e che l'unico rimedio era proprio la penitenza e la preghiera. In tutti i tempi, in tutti i luoghi, ciò è accaduto, finché gli uomini hanno avuto un barlume di sapienza. E la via della sapienza, come insegna la Bibbia, inizia con il timor di Dio.
Cari cattolici pseudo-scandalizzati, volete veramente aiutare i giapponesi in questo terribile momento? Non è facendo da grancassa alle fanfare dei laicisti (che in fondo fanno il loro mestiere), soddisfatti ancora una volta di essere stati i loro zerbini e utili idioti, che raggiungerete il vostro scopo. È solo pregando sinceramente e con fede e umiltà Colui che è il creatore e il reggitore del mondo che potrete dare loro un aiuto. Perché, casomai vi fosse sfuggito, solo Egli, Dio, può evitare che accada di peggio. Il resto sono solo chiacchiere, calunnie, risolini amari. Mentre i giapponesi, senza il conforto della vera religione, ma con grandissima dignità umana e forza naturale, vanno avanti nel dolore.
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