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E' andata come si sapeva, tutti sicuramente abbiamo visto le immagini. La manifestazione romana dei gay europei ha dimostrato ancora una volta quanto siano vere le affermazioni che Luca di Tolve, ex gay militante, ha fatto a La Bussola Quotidiana riguardo alla realtà del mondo gay e al vero scopo di questi gay pride. Alla fine, per quanto lo spettacolo offerto sia stato becero e di cattivo gusto, possiamo dire che non siamo stati sorpresi: i gay pride sono sempre stati così.
Quello che invece ci ha sorpreso e sconcertato è lo spettacolo offerto dagli amministratori locali, in particolar modo il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, molto più preoccupati di cavalcare il politicamente corretto che non esercitare la responsabilità che viene dal loro ruolo. Se si voleva dare dimostrazione di una "Roma città accogliente", che sembrava nei giorni scorsi l'unica preoccupazione di Alemanno, bastava semplicemente autorizzare la manifestazione, dare la possibilità al movimento gay – come a qualsiasi altro – di esprimere la propria posizione e anche la propria protesta mettendo a disposizione la piazza più adeguata. E' diverso invece dare il patrocinio a una manifestazione, che va ben oltre l'accettare che un gruppo manifesti liberamente il proprio pensiero: è dargli un sostegno morale e, a volte, anche economico. Altra cosa ancora è poi partecipare in prima persona alla manifestazione: significa che, oltre a tutto il resto, si fanno proprie le rivendicazioni o le pretese di chi manifesta.
Allora, che bisogno c'era per Alemanno e Polverini di esporsi così entusiasticamente e acriticamente a sostegno del gay pride, ben sapendo che l'agenda del movimento gay – sostituzione dei 2 sessi naturali con innumerevoli varianti di preferenze sessuali, riconoscimento delle unioni gay, adozioni di bambini da parte dei gay – è agli antipodi del programma per cui sono stati eletti e dei valori condivisi dalla stragrande maggioranza del proprio elettorato?
Nella migliore delle ipotesi è il segno di una debolezza culturale del centro destra – cosa peraltro spiegata pochi giorni fa anche in un articolo di Robi Ronza – che è allarmante. E nelle analisi che continuano a essere svolte sulle ragioni della sconfitta del centrodestra alle recenti elezioni amministrative, andrebbe preso in considerazione questo allinearsi alla cultura dominante che porta a rinnegare il programma elettorale, un punto dopo l'altro.
Una seconda questione che lascia sconcertati è l'assoluta noncuranza con cui si sono accolte le manifestazioni più becere e disgustose, come se fossero assolutamente normali. Ci chiediamo: una volta ottenuta l'autorizzazione a manifestare, all'interno della manifestazione stessa è sospesa ogni legge dello Stato? Oppure ci sono anche delle regole per poter manifestare, dei limiti di pubblica decenza da dover osservare, come è anche per tutti i normali cittadini?
Non è un problema di omosessuali: avremmo trovato ugualmente disgustoso se al Family Day, tanto per fare un esempio, coppie giovani e meno giovani avessero voluto mostrare il loro orgoglio etero facendo vedere pubblicamente come si fa ad avere figli. E avremmo trovato parimenti sconcertante l'atteggiamento delle autorità se avessero consentito tutto ciò.
Non è neanche un problema moralistico: è semplicemente una questione di rispetto per gli altri, rispetto di regole condivise che la comunità si è data perché tutti si possano esprimere senza prevaricare l'altro.
Purtroppo sembra che le regole e le leggi che valgono per i comuni cittadini, non valgano più per gli attivisti gay, alla faccia della loro presunta discriminazione. I discriminati siamo noi, costretti a subire l'arroganza e la violenza di immagini ed espressioni che ci sono imposte e contro le quali siamo impossibilitati a dire alcunché, pena la denuncia di omofobia. Peraltro anche le proteste o la legittima disapprovazione di persone e religioni dovrebbe stare entro i limiti del rispetto. Quello che si è visto sabato sera a Roma contro il Papa e la Chiesa va ben oltre quei limiti, e non è accettabile. E men che meno è accettabile che sindaco e presidente della Regione, troppo impegnati a elemosinare qualche consenso da gay e lesbiche, abbiano ignorato il tutto.
In gioco non c'è il diritto dei gay a dire pubblicamente quello in cui credono, ma il diritto di tutti a essere rispettati nella propria dignità.
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