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FINALMENTE CORRETTA LA DIDASCALIA SU PIO XII DEL MUSEO DI YAD VASHEM
Il memoriale ufficiale di Israele delle vittime ebree dell'olocausto definiva ambiguo il comportamento del pontefice di fronte allo sterminio degli ebrei... ma era una balla clamorosa
di Gianni Cardinale

Il museo di Yad Vashem dedicato alla storia della Shoah ha finalmente sostituito la controversa didascalia posta sotto la foto di Pio XII che aveva suscitato non poche polemiche cinque anni fa, anche perché definiva «ambiguo» il comportamento del pontefice di fronte allo sterminio degli ebrei. Non si tratta di un ribaltamento di giudizio, ma di una contestualizzazione più problematica. Di un «aggiornamento» si spiega che «rispecchia le ricerche compiute negli ultimi anni e presenta un quadro più complesso rispetto a quello precedente». «Contrariamente a quanto riportato - sottolinea il Museo - la modifica non è il risultato di pressioni esercitate dal Vaticano».
Tra le variazioni più significative da segnalare quella a proposito del concordato tra Santa Sede e Germania del 1933: mentre prima si leggeva che esso «significò riconoscere il regime razzista nazista», ora si afferma che l'allora cardinale Eugenio Pacelli, lo firmò «al fine di preservare i diritti della Chiesa cattolica in Germania».
La notizia del cambiamento di didascalia è stato accolta positivamente dai media della Santa Sede. La Radiovaticana ha intervistato il nunzio apostolico in Israele, l'arcivescovo Antonio Franco che nel 2007 aveva protestato pubblicamente sollevando il caso a livello internazionale, il quale ha manifestato tutta la propria soddisfazione. Mentre l'«Osservatore Romano» ha offerto un lungo resoconto della vicenda con un titolo emblematico ('Pio XII restituito alla storia') segnalando contemporaneamente le voci ebraiche che hanno espresso dissenso rispetto alla decisione di Yad Vashem, come il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e lo storico Sergio Minerbi. Il quotidiano della Santa Sede riporta i giudizi positivi della storica Anna Foa e chiude significativamente con un giudizio del diplomatico e saggista Vittorio Dan Segre: «La battaglia di chi da parte ebraica vorrebbe condannare la figura di papa Pacelli a restare perennemente rinchiusa in una dimensione di condanna morale senza appello non è alla lunga sostenibile sotto il profilo politico e forse anche sotto quello storiografico».

 
Fonte: Avvenire, 03/07/2012