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Un'amica - forse atea forse cattoprogressista, di certo intelligentissima, radical chic – me lo aveva detto due giorni dopo l'uscita del mio primo libro: bello. Dici cose vere anche per me che non sono così allineata alla Chiesa. Ma sta' attenta, perché tutti ti tireranno per la giacchetta, e cercheranno di farti diventare una bandiera di idee che non avrai mai espresso né pensato. Io, col mio formidabile fiuto strategico, pensavo che si sbagliasse. Figurati, chi mai potrebbe ascoltare o addirittura tirare per la giacchetta una come me, che da giorni cerco invano qualcuno che ospiti una presentazione del mio libro (alla fine la moglie di un collega, nel suo negozio peraltro non di libri, ha avuto pietà di me, e tra i figli, i suoceri, le amichette di scuola e due valorose amiche del mare che hanno valicato l'Appennino abbiamo raggiunto la venticinquina di persone).
TIRATE PER LA GIACCHETTA
Invece in qualche modo è successo. Una bandiera no, ma di tirate per la giacchetta ne ho avute diverse. E così l'altro giorno ho scoperto (da Repubblica) di essere sul punto di partecipare a un convegno omofobo, e (dal Foglio) di avere detto che "i gay vanno curati". Io in realtà credevo di avere scritto un libro di lettere alle amiche per convincerle a sposarsi, poi un altro sul linguaggio maschile e femminile e la manutenzione del matrimonio, infine uno sull'obbedienza. Non so niente dell'omosessualità e non mi interessa. Chiedo a gran voce che mi siano riportate chiaramente e precisamente le parole in cui ho offeso gli omosessuali, in cui ho detto che è lecito mancare loro di rispetto, in cui li ho giudicati o ho detto che vanno curati.
Nei miei libri il tema non è sfiorato, mentre in altre circostanze l'unica cosa che ho detto – e ripetuto fino alla nausea sul tema – è che i bambini hanno diritto a un padre maschio e a una madre femmina. Se questa è omofobia, be', allora siete usciti allo scoperto, attivisti lgbt. Se è omofobia dire che abbiamo bisogno di rapportarci all'identità maschile e femminile per definire la nostra (cosa che affermano moltissimi omosessuali per primi), allora siamo davvero alla negazione della realtà.
CATTOLICA DI FERRO?
Un'altra cosa che mi fa sbellicare dalle risate è quando mi definiscono "cattolica di ferro" (Il Fatto), paladina della famiglia tradizionale. Io sono cristiana cattolica, sì, ma di ferro proprio no. Sono così tanto peccatrice e così tanto incoerente e così tanto misera che non basterebbero dieci libri per elencare le mie mancanze e cadute e debolezze. Altro che ferro. Però noi che crediamo nel Vangelo, sappiamo che noi uomini non siamo buoni, da soli, che dal cuore umano escono ogni sorta di schifezze, sappiamo che addirittura Gesù dice di se stesso che nessuno è buono se non Dio solo. Figuriamoci. Figuriamoci se non sappiamo che la famiglia è anche il luogo della nostra miseria, della fatica, delle nevrosi a volte, del sudore delle lacrime. Dello scontro, delle litigate furibonde in alcune, oppure del grigiore. Sappiamo che la famiglia non è mai perfetta, a volte è proprio un disastro, altre volte invece funziona, ma sempre a prezzo di fatica e impegno. Soprattutto di una decisione di fondo.
Noi che andiamo in giro a difendere la famiglia non abbiamo nessuna intenzione di farne un quadretto a tinte pastello. Noi sappiamo che un padre e una madre sono una condizione necessaria ma non sufficiente alla crescita serena dei figli. Ci sono pessimi padri e pessime madri. Però che la condizione è necessaria dobbiamo dirlo, e se questa è percepita come omofobia, non so che farci. Se le lettere in cui dico alle mie amiche che vale la pena sposarsi sono oscurantiste, non so che farci. Se i capitoli in cui scrivo che maschi e femmine sono diversi e parlano due lingue sono considerati stereotipi da bigotta, non so che farci.
NUOVI AMICI
Poi a un certo punto grazie ai libri ho incontrato nuovi amici e abbiamo scoperto che stavamo dicendo le stesse cose. Padre Maurizio Botta, Mario Adinolfi, Marco Scicchitano e io abbiamo tenuto diversi incontri a Roma, uno nel cuore della città, gli altri in periferia. Gli incontri, che hanno un format ricorrente, li abbiamo chiamati "Contro i falsi miti di progresso" (video). Anche a Milano faremo lo stesso incontro, e mi piacerebbe che chi ci ha attaccati senza sapere quello che avremmo detto lo ascoltasse, e ci dicesse cosa c'è di sbagliato nelle nostre parole. Noi cerchiamo di ragionare su quello che viene dal pensiero unico considerato progresso e che invece secondo noi è qualcosa che fa male alle persone, tutte. I temi si sono via via definiti insieme ad altri amici davanti a qualche bicchiere di vino, a qualche piatto di cose buone preparate da un altro nostro amico, Gerry, nel suo locale, Est, che è il nostro rifugio. Insieme abbiamo capito, o almeno così a noi è sembrato, che tra i falsi miti i più pericolosi in giro nell'aria oggi ci siano quelli legati all'ideologia del gender, per i loro riflessi sulla vita quotidiana delle persone che ne sono profondamente e spesso inconsapevolmente imbevute, e anche per gli effetti più estremi, che invece riguardano pochissimissime persone: se maschio e femmina sono solo orientamenti e inclinazioni culturali, allora non è necessario che ci siano proprio esattamente un maschio e una femmina per tirar su un bambino, e se la biologia testarda omofoba e oscurantista si ostina a continuare a pretendere che un figlio venga da un padre maschio e una madre femmina, la cosa deve poter essere aggirata in diversi modi. Per esempio iperstimolando donne che producano molti ovuli insieme, nonostante i gravissimi rischi per la salute, e poi pagando altre donne che facciano crescere il bambino prodotto grazie a spermatozoi di varia provenienza (venduti, prestati, donati, prodotti dall'uomo che farà il padre...). Queste e molte altre tecniche per produrre persone, che trasformano esseri umani in cose manipolabili e vendibili, ci preoccupano molto, mentre dal sentire comune vengono completamente rimosse: quando si mettono in copertine patinate foto di omosessuali di successo che stringono un bebè fra le braccia, oppure dichiarano di avere deciso che entro una certa età avranno senz'altro il loro (loro solo in parte) bambino, si omette di dire quanto dolore c'è dietro quella foto.
LA DIFFERENZA TRA MASCHILE E FEMMINILE
Ora, io vorrei dire con il cuore in mano e con tutta la sincerità di cui sono capace che capisco benissimo il desiderio di paternità e di maternità di chiunque, e che un bambino che nasce è sempre una cosa bellissima, ma i nostri desideri non sempre possono essere realizzati, l'esperienza del limite la facciamo tutti, tutti i giorni. E se vogliamo superarli facendoci del male siamo liberi, ma quando il male viene fatto ai più piccoli (bambini che non potranno mai conoscere uno o entrambi i genitori, bambini staccati dalla mamma che li ha custoditi nove mesi, bambini con fratelli congelati, e poi bambini che non potranno rapportarsi con la figura del loro stesso sesso o di quello opposto, solo per dire qualche possibilità) chiunque possa deve alzare la voce per difendere chi non può farlo da solo.
Padre Maurizio, Marco, Mario e io abbiamo deciso di farlo come ci è possibile. Ognuno di noi viene da una storia diversa, ognuno ha la sua sensibilità e la sua competenza: un sacerdote oratoriano, uno psicoterapeuta, un giornalista campione di poker e fondatore del Pd. E poi ci sono io, che ho cercato solo di ragionare sulla differenza tra maschile e femminile scrivendo dei libri, perché ho sperimentato nella mia vita di moglie e di mamma che questa differenza non solo esiste, ma è fondamentale. Ognuno di noi nel nostro format mette la propria parte e sensibilità. Nessuno di noi ha mai detto che si possa mancare di rispetto alle persone omosessuali, né che vadano curate. Se quello che diciamo per smascherare le bugie sulla "omogenitorialità" suscita tanto odio e tante accuse false, è perché noi diciamo la verità, e non ci possono controbattere con la ragione. Possono solo urlare.
Infine sul tema "i gay vanno curati": non l'ho mai detto. Non è vero. Gli omosessuali non vanno curati. Se vivono contenti la loro condizione non hanno bisogno di nessuna cura. Se la loro non contentezza dipende da violenze subite, tali violenze vanno perseguite severamente (e ci sono già le leggi che perseguono ogni violenza contro ogni persona, con l'aggravante dei motivi abietti). Ci sono però persone omosessuali che vivono con dolore la loro inclinazione, e non solo per lo stigma sociale. Se queste persone vanno di loro iniziativa a cercare aiuto, chiedendo l'assistenza di qualcuno, io non trovo niente di offensivo nel fatto che specialisti – psichiatri, psicoterapeuti – provino ad aiutarli.
Nota di BastaBugie: l'incontro a cui parteciperà Costanza Miriano di cui si parla nell'articolo, si terrà a Milano sabato 17 gennaio
Per informazioni cliccare qui
https://www.bastabugie.it/it/contenuti.php?pagina=utility&nome=eventi
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