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L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha un nuovo Segretario Generale, nominato giovedì 6 ottobre dall'Assemblea Generale su raccomandazione del Consiglio di Sicurezza: António Manuel de Oliveira Guterres, che in gennaio prenderà il posto del sudcoreano Ban Ki-moon, in carica dal 2007, per un mandato la cui durata non è di per sé stabilita negli statuti ma che per prassi è di cinque anni.
Portoghese di Lisbona, dov'è nato nel 1949, ha abbandonato la carriera accademica (Fisica e Ingegneria elettronica) per entrare in politica. Lo fece con i socialisti nel 1976, in occasione delle prime elezioni svoltesi dopo la cosiddetta "rivoluzione dei garofani", il golpe del 25 aprile 1974 con cui l'ala progressista dell'Esercito mise fine alla dittatura anticomunista di António de Oliveira Salazar (1889-1970) prima e di Marcelo José das Neves Alves Caetano (1896-1980) dopo.
In breve tempo Guterres è divenuto uno degli uomini più in vista del Partido Socialista Português (fondato nel 1973) fino a diventarne, nel 1992, Segretario generale e leader dell'opposizione, Nel settembre dello stesso anno è stato quindi nominato vicepresidente dell'Internazionale Socialista, divenendo poi presidente nel 1999 e fino al 2005. Nel 1995, quando il PSP vinse le elezioni politiche, Guterres divenne primo ministro. Rieletto nel 1999, si dimise nel dicembre 2001 dopo la débâcle dei socialisti alle elezioni amministrative.
Nel 2005 è quindi stato nominato Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), carica che ha ricoperto sino al 2015. È in questa veste che Guterres ha raggiunto la visibilità mondiale e pure una certa fama. Del resto non ha mai tralasciato l'impegno attivo in quelle aree specifiche d'interesse e d'intervento nemmeno dopo essere decaduto come capo dell'ACNUR.
Oggi dunque raggiunge il grado massimo della politica internazionale. Altri nomi sono circolati nei mesi scorsi come possibili candidati al vertice dell'ONU, ma il suo è sempre stato quello favorito; un pool di nomi omogeneo, peraltro, quello da cui alla fine è emerso Guterres, composto tutto da figure di sinistra, favorevoli all'aborto e all'ideologia LGBT.
Ora, Guterres è, tra l'altro, membro del Club di Madrid, un gruppo di potere che assomiglia tanto a un'altra "internazionale socialdemocratica" formata da capi di Stato e di governo ex o in carica, nonché figlio dalla medesima cultura politica del Club di Roma (e del Club di Budapest), quello che negli anni 1970 lanciò il falso allarme della sovrappopolazione mondiale per giustificare l'adozione di politiche neomalthusiane di controllo delle nascite potenzialmente in tutto il globo. Ma la cosa che più lo caratterizza ora tra le nazioni del mondo è la convinzione con cui predica la tassa globale per finanziare l'aborto (alimentata per esempio da imposte sulle transazioni finanziarie o sui biglietti aerei: sono allo studio diverse soluzioni) che garantirebbe all'ONU un portafoglio proprio non più dipendente dagli orientamenti politici degli Stati membri (ovvero magari dalla loro opposizione al controllo neomalthusiano delle nascite) e con cui sarebbe per esso oltremodo agevole imporre la "salute riproduttiva" in piena autonomia.
La proposta di questa Global Tax circola da un po' ma da un po' sembra anche sospesa in un limbo d'incertezza. Adesso che però al vertice c'è Guterres, il quale l'annovera tra le proprie preoccupazioni principali, la tassa mondiale sull'aborto potrebbe essere molto più vicina.
Nota di BastaBugie: per approfondimenti sull'argomento ecco il link a un articolo da noi rilanciato lo scorso febbraio
ONU: UNA TASSA MONDIALE PER FINANZIARE L'ABORTO
Ovviamente l'Onu parla d'interventi salva-vita a fronte di calamità naturali o di conflitti militari, ma in realtà vuole solo più aborti
di Marco Respinti
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4109
I VESCOVI DIVORZIANO DAL POPOLO CATTOLICO
Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "I vescovi divorziano dal popolo cattolico" spiega che mentre le associazioni che hanno animato i Family Day e i genitori impegnati nella scuola esprimono preoccupazione per la nomina della Fedeli a ministro dell'Istruzione nel nuovo governo Gentiloni, i vertici della CEI - attraverso Avvenire e il Forum delle Famiglie - esprimono pieno appoggio al governo e si mettono a disposizione del neo-ministro.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 14 dicembre 2016:
La gerarchia ecclesiastica italiana sembra ormai aver definitivamente divorziato dal popolo cattolico. È l'impressione netta che si ricava dalle reazioni alla formazione del nuovo governo, e in particolare, per la nomina della senatrice PD Valeria Fedeli al ministero dell'Istruzione. Chi sia la senatrice Fedeli è noto, così come le sue crociate pro-gender nella scuola (noi ne abbiamo parlato ieri). E infatti dal momento dell'annuncio del nuovo governo si è creata una immediata agitazione nel mondo delle associazioni che hanno dato vita ai Family Day e tra i genitori già impegnati ad evitare che le scuole siano trasformate in campi di rieducazione, per usare un'espressione di papa Francesco.
«Questa scelta - ha detto per esempio Massimo Gandolfini, presidente del Comitato Difendiamo i Nostri Figli - ha chiaramente i toni della provocazione, se non della vendetta, verso le Famiglie del Comitato per il No, colpevoli di aver vinto il referendum». Gandolfini «assicura collaborazione per iniziative contro ogni forma di odiosa discriminazione, violenza o bullismo», ma consapevole di cosa significhi la Fedeli al Miur assicura allo stesso modo anche battaglia contro «qualsiasi tentativo di trasformare i nostri figli in cavie di sperimentazioni ideologiche».
Che a una battaglia più aspra per la libertà di educazione e per difendere i figli bisogna prepararsi (come prima e più di prima) è chiaro anche ai parlamentari che hanno già sperimentato il "metodo Renzi-Boschi". [...]
Si potrebbe continuare, ma a fare più notizia in effetti è il silenzio dei vescovi italiani, o per essere più precisi della Conferenza episcopale italiana che, per statuto, si occupa dei rapporti tra Chiesa cattolica e Stato italiano. Nulla da dire sul neo-ministro. Come interpretare questo silenzio? Sorpresa? Costernazione? Tentativo di riordinare le idee dopo un duro colpo?
Niente di tutto questo: pura e semplice connivenza con questo governo e con questa maggioranza parlamentare che - come abbiamo dimostrato nei giorni scorsi - è la più laicista e anti-famiglia della storia repubblicana. Per capire basta prendere in mano la surreale edizione di ieri del quotidiano Avvenire, organo ufficiale della CEI. Il caso Fedeli non è neanche menzionato, per Avvenire è un semplice avvicendamento che non merita più di tre parole.
In compenso l'editoriale del direttore Tarquinio, dietro al solito linguaggio clericale, esprime pieno appoggio al governo di un Gentiloni dallo «stile misurato e consapevole» (tradotto in linguaggio corrente vuol dire "siamo tutti con te"). "Il governo dei doveri" viene definito, ma invano cerchereste tra i doveri elencati dal direttore di Avvenire un pur qualche riferimento alla famiglia (peraltro scomparsa dall'orizzonte dei ministeri) o alla libertà di educazione.
Ricordiamolo quando alla prossima occasione il direttore di Avvenire cercherà di accreditare il suo giornale in prima linea nella battaglia contro l'indottrinamento gender nella scuola o a difesa della famiglia. Balle, sono ben altre le preoccupazioni che albergano da quelle parti. Né si pensi che si tratta di una scelta autonoma del direttore. Soprattutto su certi temi a decidere è l'editore nella persona di monsignor Nunzio Galantino, segretario della CEI e plenipotenziario per i media legati alla Conferenza episcopale.
La controprova? L'altrettanto surreale comunicato dell'altra creatura affidata alle soffocanti mani di monsignor Galantino: il Forum delle Famiglie. Nessuna preoccupazione emerge dal comunicato stampa che riporta le dichiarazioni del vice-presidente del Forum Maria Grazia Colombo, solo ringraziamenti al ministro uscente Stefania Giannini (quella che "la teoria gender non esiste e se lo dite ancora vi denuncio") e grande spirito di collaborazione con il ministro Fedeli da cui ci si attende una scuola che valorizzi tutte le sue componenti. Per concludere che «siamo a sua disposizione e le auguriamo buon lavoro». Stesi a tappetino.
La gerarchia ecclesiastica dunque va per la sua strada, ci diranno che loro non fanno muri ma costruiscono ponti. La realtà è ben diversa, questa è la strada dei mercanteggiamenti politici, dell'opzione preferenziale per il PD, degli scambi per salvare l'Otto per Mille: questa gerarchia pensa evidentemente che a salvare la presenza della Chiesa in Italia siano i soldi dello Stato e non la fede e la missione. E per questo abbandona il suo popolo che invece, seppur ridotto a minoranza, intende testimoniare nella società anche difendendo la dignità umana. Come è stato per i Family Day, ad accompagnare in questo cammino ci sono almeno singoli vescovi che non abdicano al loro ruolo, ma è ben triste constatare la diserzione dei vertici e come coloro che hanno sempre sulle labbra i poveri e il popolo sono poi quelli più pronti a sostenere il potere.
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