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IL FAMILY DAY SPACCA CL: DON CARRON E' CONTRARIO, MA LA BASE CONTESTA LA SUA ''SCELTA RELIGIOSA''
Intanto l'Arcigay organizza manifestazioni in 100 piazze italiane e dice che c'erano un milione di persone... ma è una bufala per oscurare il prevedibile successo del Family Day del 30 gennaio
di Bonifacio Borruso
 

Il Family day torna a spaccare Comunione e liberazione. Era già accaduto in giugno quando, per rispondere alle molte domande sulla mancata adesione del movimento cattolico al raduno di Piazza San Giovanni a Roma, dai vertici milanesi era circolata una nota ufficiosa, neppure su carta intestata, per ribadire la volontà di allinearsi alla presa di distanza del segretario dei vescovi italiani, Nunzio Galantino. In vista del nuovo raduno romano, il 30 gennaio prossimo, fra i discepoli di Luigi Giussani, oggi guidati dal sacerdote spagnolo Julian Carron, è ripresa la discussione, visto che, anche stavolta, Cl non ci sarà. E, per la prima volta, il dibattito è esploso a margine stesso nel catechismo cui i ciellini di tutta Italia partecipano periodicamente: la Scuola di comunità.
È accaduto mercoledì a Milano, alla fine dell'incontro che don Carron tiene quindicinalmente, collegato in streaming con tutte le principali città italiane, dove gli aderenti sono riuniti in cinema, sale parrocchiali, circoli. Quando lo stesso Carron stava per passare agli avvisi, un giovane presente in sala ha chiesto di intervenire. Chi seguiva da tutt'Italia poteva sentire solo una voce in lontananza a cui rispondeva lo stesso don Carron: la telecamera era infatti fissa sul palco e l'audio collegato solo ai microfoni di chi, da lì, parlava. Chi seguiva lo streaming, potendo sentire solo Carron, ha capito che il giovane voleva parlare di Family Day solo alla quarta risposta: «Ci sono vescovi che hanno parlato», ribatteva infatti il prete spagnolo a una voce della platea, stavolta femminile, che aveva detto: «Julian, scusami! Però la Cei ha parlato, Bagnasco ha parlato, si è espresso, non è vero che non ha detto».
La giovane, probabilmente una studentessa universitaria come l'aderente che aveva cercato di prendere la parola, aveva insistito, «Bagnasco è la Cei», osservazione alla quale la guida di Cl aveva replicato ancora: «La Cei non ha parlato», aveva corretto, «il presidente ha parlato, altri vescovi hanno parlato, se la Cei dice qualcosa, ciascuno come laico cristiano può decidere. Quello che dico è che questo (il Family Day, ndr) è un gesto promosso dai laici». Era seguito il tentativo del primo intervenuto di riprendere il discorso ma il sacerdote era stato irremovibile, «no, adesso no, perché è finita la Scuola di comunità».
L'episodio testimonia come la posizione assunta dai vertici di Cl sui temi etici stia diventando lacerante, e non tanto per una questione di opportunità, scendere o non scendere in piazza, ma proprio sull'idea stessa di presenza dei cattolici nella società italiana. Carron è convinto che oggi la fede si comunichi solo ed esclusivamente da persona a persona e che per le profonde mutazioni politico-sociali, «il crollo delle evidenze» dice spesso, l'idea di una presenza pubblica dei cattolici, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, sia inutile, se non dannosa. Per non parlare della politica. Ovviamente, liberi tutti, i ciellini, di fare quello che vogliono. E anche mercoledì, sul tema del Family Day, il presidente della Fraternità di Cl, richiamandosi a Giussani, era stato chiaro: «In una società come questa, non si può creare qualcosa di nuovo se non con la vita. Non c'è struttura, né organizzazione o iniziative che tengano: solo una vita, diversa e nuova, può rivoluzionare strutture, iniziative, rapporti, insomma tutto».
Qualcuno, soprattutto fra gli aderenti della prima ora, si chiede però se questo sia ancora il movimento fondato da Giussani nel 1954. Giussani che, scrivendo a Giovanni Paolo II, nel 2004, cinquantesimo della nascita del movimento, definiva Cl come «il fiorire di personalità di laici impegnati dentro la vita».

Nota di BastaBugie: Andrea Lavelli nell'articolo dal titolo "Un milione in piazza? Non fateci ridere" ci svela come non siano state neanche 50mila le persone che hanno partecipato il 23 gennaio alle manifestazioni Lgbt per la legge Cirinnà in 99 piazze italiane. Eppure tutti i media hanno rilanciato con toni trionfalistici la cifra mirabolante fornita dagli organizzatori. Una strategia ben studiata...
Ecco l'articolo integrale pubblicato da La Nuova Bussola Quotidiana il 26-01-2016:
"Siamo un milione!". Questo l'ordine di scuderia partito dalle associazioni LGBT e ripreso dalla quasi totalità dei media nazionali all'indomani della manifestazione "Svegliati Italia" in favore dell'approvazione del ddl Cirinnà e contro il Family day del prossimo 30 gennaio. La manifestazione, organizzata da Arcigay e altre sigle analoghe, ha coinvolto, riporta il loro sito, 99 piazze.
Ma la matematica non è un'opinione e basta fare due conti per capire che qualcosa non quadra: 1 milione diviso 99 piazze fa più di 10 mila persone per città. Il che significa che se questo dato fosse vero avremmo avuto una media di 10.000 persone in ogni piazza, un numero notevole, una vera e propria mobilitazione di massa in nome del ddl "unioni civili". Peccato che l'evidenza dei fatti smentisca completamente questo dato.
Prendiamo dunque il caso di Milano che, come riporta Repubblica in toni trionfalistici, ha visto la presenza di "migliaia di persone" radunate in Piazza della Scala, mentre sul profilo facebook dei "Sentinelli" (che fanno il verso alle Sentinelle in Piedi) si parla di "mille facce e una piazza". A Roma la manifestazione si è svolta in una piazza relativamente piccola, quella di fronte al Pantheon. "Nella piazza più affollata, quella del Pantheon a Roma, dichiarano mille persone, forse sono 500," ha commentato in un tweet Mario Adinolfi. A Torino gli organizzatori parlano di 7000 persone, mentre tra le altre piazze c'erano soprattutto piccole cittadine e capoluoghi di provincia dove si parla di qualche centinaio di partecipanti, mille in alcuni casi e così anche davanti ad alcune ambasciate italiane, come a Londra (200 persone).
È sufficiente un rapido conto per capire che quel "siamo un milione!" rimbalzato da tutti i media nazionali è un dato veramente assurdo: "Pazientemente sommando i già gonfiatissimi dati forniti dagli organizzatori città per città si fa fatica ad arrivare a 50.000: gli altri 950.000 sono una bufala mediatica", ha commentato il senatore Carlo Giovanardi. Ancora più assurdo è che quasi tutti i media nazionali abbiano copiato e incollato ossequiosamente sulle loro prime pagine questa palese menzogna fornita dagli organizzatori.
Tutto ciò fa parte di una strategia che va smascherata con convinzione. Chi porta avanti questo progetto di legge sa che in questi mesi il fronte pro famiglia ha mostrato una vitalità impensata, capace di attivare una rete di informazione e mobilitazione straordinaria - che è passata soprattutto attraverso il passaparola e i convegni - e che ha portato in piazza migliaia di persone attraverso diverse manifestazioni e soprattutto con il Family day di giugno quando un milione di persone ha riempito piazza San Giovanni.
Ora che si avvicina l'evento nazionale del 30 gennaio, appoggiato dalla CEI e da numerosi vescovi, le associazioni omosessualiste stanno giocando il tutto per tutto. La clamorosa affermazione "Siamo un milione!" rivela dunque un duplice tentativo: da una parte quello di giocare d'anticipo, tentando di paragonarsi al Family day che potrebbe il 30 gennaio replicare (e superare) l'affluenza dell'estate scorsa, dall'altra l'obiettivo è quello di isolare chi la pensa diversamente.
Questi progetti sono infatti portati avanti da una piccola minoranza di attivisti: sparare questi numeri è un modo per fare pressione su quella parte silenziosa ma maggioritaria della popolazione che è contraria all'equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio e soprattutto all'adozione. La tattica è sempre la stessa: mettere in campo numeri inventati, far sentire tutte le persone contrarie con le spalle al muro, convincerci che siamo rimasti in pochi a credere nella famiglia. Vogliono farci sentire soli, isolati e arretrati.
Per questo gli stessi giornali che hanno riportato questo dato così falsificato in toni trionfalistici hanno anche quasi del tutto ignorato le veglie delle Sentinelle in Piedi che in questo fine settimana si sono svolte in più di 50 città d'Italia. Dal 2013 le Sentinelle, rete apartitica e aconfessionale, ha portato in piazza circa 100.000 persone in più di 150 città per dire no all'avanzata del gender e delle leggi contrarie alla famiglia. Un dato davvero notevole: eppure a questa realtà capace di unire persone di fedi diverse e di mobilitare un così grande numero di veglianti in modo costante (le veglie si svolgono a cadenza mensile o bimensile) ha trovato pochissimo spazio su quegli stessi giornali che nei giorni scorsi sono invece stati pronti a ospitare trionfalmente la palese menzogna "Siamo un milione!".
E quando questo è successo sono stati riportati dati falsi, come su "La Repubblica": "In tre città - Torino, Milano e Siena - si sono svolti i sit-in delle 'Sentinelle in piedi', qualche centinaio di tradizionalisti che in silenzio e leggendo un libro hanno manifestato per sostenere i diritti della famiglia tradizionale". Il messaggio è sempre lo stesso: di fronte al milione arcobaleno siete rimasti in pochi, grigi e tristi tradizionalisti a credere che la famiglia si basa sull'unione di un uomo e una donna.
Noi sappiamo però che la realtà è ben diversa. Solo in questo fine settimana le veglie si sono svolte in 52 città da nord a sud e hanno coinvolto più di 7000 persone. Si va dalle 300 di Verona alle 500 di Modena, dalle 200 di Taranto alle 600 di Milano, dalle 500 di Brescia alle 300 di Catania. Le veglie sono sempre state pacifiche e silenziose, anche di fronte agli episodi di aggressione e contestazione che si sono registrati negli ultimi mesi.
I dati falsificati, il tentativo di giocare d'anticipo, l'oscuramento mediatico delle Sentinelle... sono tutti segnali che ci rivelano che chi sta portando avanti questa legge non si aspettava che in Italia ci fosse un popolo pronto a opporsi ai loro progetti. Ci rivelano, in sostanza, che hanno paura di non riuscire a imporre all'Italia le loro mire, ben consapevoli che se la legge Cirinnà non è stata approvata in questi mesi è soprattutto grazie alla grande mobilitazione di migliaia e migliaia di persone che in questi anni hanno deciso di darsi da fare in prima persona per difendere la famiglia.
Anche per questo siamo chiamati a riversarci a Roma per il Family day e, allo stesso tempo, a continuare a pregare senza sosta, come migliaia di persone stanno facendo tramite il sito www.unoradiguardia.it.

 
Titolo originale: I Cl diserteranno il Family Day
Fonte: Italia Oggi, 23/01/2016