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1) VEGLIA PASQUALE
Questa notte da ogni altare la Chiesa grida al mondo la notizia più sorprendente, più consolante, più rinnovatrice della storia: "Cristo Signore è risorto!".
Questo messaggio avvera, con una pienezza che sorpassa l'attesa, le speranze dei patriarchi e dei profeti antichi, che abbiamo sentito farsi di secolo in secolo più chiare e vibranti attraverso le letture della veglia santa.
Questo messaggio raccoglie e tramanda soprattutto le esperienze, piene di stupore e di gioia, che testimoni prescelti hanno fatto incontrando colui che era stato crocifisso, addirittura conversando e mangiando con lui.
CRISTO È RISORTO!
Qui c'è il cuore della nostra fede; qui c'è il solco che segna l'unica vera divisione tra gli uomini.
Quelli che accolgono l'annuncio pasquale sanno di non essere più prigionieri di un mondo piccolo e chiuso, oltre il quale non c'è che l'abisso del nulla. È stato aperto un varco dall'amore che è più forte della morte: per questo varco ora anche noi abbiamo libero accesso al Regno e alla casa del Padre, dove Gesù è salito a prepararci un posto.
Risorgere in Cristo e con Cristo è il nostro destino; e vuol dire migrare di là, su una nuova terra dove più non si piange, sotto nuovi cieli dove finalmente abiterà la giustizia.
Se Cristo è risorto, allora ogni sofferenza è transitoria: ciò che passa, alla fine è sempre breve; e, una volta passato, sembra irreale come un sogno. Solo ciò che resta per sempre, ciò che è collocato nel mondo dei risorti, è realtà autentica e piena, senza il turbamento che è inseparabile da ogni cosa che finisce.
La Pasqua è la certezza che il male alla fine è sconfitto. Anche se fa molto chiasso, anche se dissemina molte rovine, anche se può avere un'impressionante successo - che poi è il "successo dei tre giorni", come la vicenda del Signore crocifisso - non prevarrà. Sulla menzogna, sull'ingiustizia, sull'odio, sull'oppressione del debole e dell'innocente, alla fine si affermerà la verità, trionferà la vita, vincerà l'amore.
L'Unigenito del Padre - che si è fatto uomo, indissolubilmente legato alla nostra stirpe e alla nostra sorte - è entrato come primogenito di una moltitudine di fratelli nel Paradiso di Dio, che così è diventato anche nostro.
La sua risurrezione è la caparra sicura e concreta della nostra. Nemmeno su di noi, che pure sembriamo votati a subire il suo oscuro dominio, la morte avrà l'ultima parola. Risorgendo, Cristo ha liberato i nostri giorni "infausti e brevi" dalla paura dell'annientamento e dall'orrore della prospettiva che tutto, nella nostra esistenza, alla fine sia vanificato.
ASPETTO LA RISURREZIONE DEI MORTI
Nella professione di fede noi proclamiamo davanti a tutti: "Aspetto la risurrezione dei morti". Lo diciamo tutti sul serio?
San Paolo, al pensiero che qualche cristiano possa ripetere queste parole senza convincimento intimo e certo, è preso come da un brivido di angoscia e di compassione; ed esclama: Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati... Se abbiamo speranza in Cristo soltanto per questa vita, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini (cf. 1 Cor 15,16-19).
Allora la grazia particolare da chiedere nella celebrazione della Pasqua è appunto di recuperare intera e viva questa persuasione. È la verità che è il centro e il compendio di tutta la nostra fede: deve tornare ad essere il cuore e l'ispirazione di tutta la nostra esistenza.
E c'è una seconda grazia da chiedere: quella di diventare, tutti noi che crediamo, gli evangelizzatori e gli apostoli di questo annuncio pasquale.
Annunciare la risurrezione di Cristo, che è principio e causa della nostra, significa in concreto anche di riaffermare la preziosità dell'uomo in faccia a Dio e la sua dignità. E ci vuole coraggio e tenacia in un mondo come il nostro.
Non è facile far risonare efficacemente la Pasqua in una società dove le aggressioni, gli omicidi, i sequestri si fanno sempre più frequenti e spavaldi; dove gli esseri umani, chiamati alla vita, vengono subito aggrediti atrocemente - e legalmente - perché non ne varchino la soglia; dove la denutrizione e la fame abbattono a milioni i fanciulli; dove l'emarginazione del malato e dell'anziano a volte è aggravata da calcoli ed egoismi spietati [dove sono chiamate civili le unioni che segnano il ritorno alla barbarie, dove si parla di diritti per tutti, tranne che per i bambini che hanno il diritto fondamentale ad avere un babbo e una mamma, N.d.BB].
Ma celebrare la Pasqua vuol dire anche ravvivare la speranza. Proprio perché Gesù di Nazareth è risorto e, risorgendo, è stato costituito Signore dell'universo, noi sappiamo che l'umanità non può andare perduta. Una grande energia di novità e di riscatto sta pervadendo la terra da quel mattino di primavera, quando prima Maria di Magdala e le altre donne, poi Pietro e gli apostoli trovano il sepolcro vuoto. Ciascuno di noi stanotte si impegni a lasciar lavorare questa divina energia nel segreto del suo cuore e nella operosità della sua vita.
2) GIORNO DI PASQUA
Cristo, nostra Pasqua, si è immolato! (1 Cor 5,7), esclama con voce commossa san Paolo nella prima Lettera ai Corinti.
Cristo, nostra Pasqua. L'espressione è significante: san Paolo pensa alla Pasqua come a una persona; noi pensiamo alla Pasqua come a una festa. Ed è giusto: la Pasqua è una festa, è anzi la madre di tutte le feste cristiane; e la sua gioia vibra in ogni altra autentica gioia che possiamo incontrare, la sua luce risplende in ogni speranza che non delude.
Ma prima ancora la Pasqua è un avvenimento, che si è compiuto e non finisce più. Addirittura è una persona: la persona del Figlio di Dio crocifisso e ritornato alla vita, che di sé colma interamente la storia ed è ormai, nell'avventura umana, una presenza intramontabile; una presenza che pervade tutto e chiede di farsi in tutti principio di una mentalità nuova e di una esistenza trasfigurata: Cristo risuscitato dai morti non muore più: la morte non ha più potere su di lui (Rm 6,9).
Allora la Pasqua è sì un'occasione straordinaria di letizia familiare e sociale, un'opportunità di tornare in pace e sereni, un'occorrenza di cordialità beneaugurante. Ma non può ridursi a questo, perché non si tratta soltanto di una festa, sia pure la più rifulgente di tutte.
Celebrare la Pasqua nella sua piena autenticità comporta cogliere e comprendere sino in fondo il senso dell'immolazione di Cristo, per condividere esistenzialmente - anche mediate la comunione al suo Corpo e al suo Sangue, offerti in sacrificio per noi - il mistero della sua morte e della sua risurrezione.
I valori dell'immolazione del Signore sono molteplici, anche se poi si possono riassumere in uno solo: la gloria di Dio inverata nella redenzione degli uomini.
VITTORIA DELLA VERITÀ SULLA FALSITÀ E L'ERRORE
La Pasqua di Cristo è prima di tutto vittoria della verità su ogni prospettiva deformata e falsa, e quindi anche sul demonio, che dall'unico Maestro è stato perfettamente definito come il padre della menzogna (cf. Gv 8,44).
Gesù, testimone verace (At 3,14), al cospetto delle massime autorità della sua nazione non teme di proclamare la sua origine divina, pur prevedendo che questa franchezza gli sarebbe costata la vita (cf. Lc 22,70-71), perché egli sa che solo a partire dalla conoscenza di questa realtà primaria e trascendente può scaturire la nostra salvezza.
A Pilato piaceva - come a molti anche ai nostri giorni - discutere elegantemente, gingillarsi con i concetti, coltivare con i vari interessi culturali, purché non si arrivasse a certezze troppo scomode e troppo impegnative. A lui il suo misterioso Prigioniero rivolge parole che sono taglienti come una lama di luce, e sono ancora oggi inquietanti: Per questo io sono nato e sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce (Gv 18,37).
Lo splendore della Pasqua, meritato dal sangue del Figlio di Dio, ci illumini e ci scampi dalla spirito di Pilato. Ci liberi cioè da ogni propensione allo scetticismo e al relativismo, da tutti i dubbi coltivati ed esaltati quali fossero pregi e fortune, dalla superficialità per cui finiamo col pensare che tutte le visioni delle cose sono accettabili, che tutte le religioni sono uguali, che tutte le maniere di vivere e di agire meritano considerazione.
Ci faccia anzi tutti diventare ricercatori appassionati di ciò che è vero, di ciò che è, di ciò che salva. Ed è una ricerca che deve cominciare e accompagnarsi con la rettitudine della nostra intenzione e l'irreprensibilità del nostro agire, perché Gesù ha detto: Chi fa la verità viene alla luce (Gv 3,21).
VITTORIA DELL'INNOCENZA SUL PECCATO
Poi la Pasqua è vittoria dell'innocenza sul peccato. In questa vicenda, l'unico incolpevole si lascia volontariamente aggredire dai peccatori. A loro - e a tutti noi - egli ottiene il perdono di Dio, e a nostro vantaggio prepara nel suo sangue un'aspersione di misericordia.
La prima conquista di questo trionfo, ottenuto a così caro prezzo, è il malfattore crocifisso sul Golgota accanto a Gesù. Col suo pentimento egli rovescia felicemente un'intera esistenza sbagliata: una attimo di fede, e la croce si muta nella gloria. Il caso è esemplare, ed è ragione di speranza per tutti noi, quali che siano i nostri debiti con la giustizia divina: "Dopo il perdono al ladro, chi sarà ancora oppresso da timore?", canta sant'Ambrogio nel suo inno pasquale.
VITTORIA DELLA VITA SULLA MORTE
Più radicalmente la Pasqua è il trionfo della vita sulla morte. Gli uomini - i condannati a morte, perché tutti siamo destinati a incontrare questa oscura esperienza a causa del peccato - condannano a morte colui che è la fonte stessa della vita. È un paradosso, avvertito anche dall'apostolo Pietro nel suo coraggioso discorso al popolo di Gerusalemme: Avete ucciso l'autore della vita. Ma Dio l'ha risuscitato dai morti e di questo noi siamo testimoni (At 3,15).
Morendo Gesù distrugge la morte e risorgendo offre agli stessi suoi uccisori un destino di risurrezione e di vita eterna.
LA STRATEGIA È UNA SOLA: VINCERE IL MALE COL BENE
Le vittorie pasquali sono dunque tre: sulla falsità e l'errore, sul peccato, sulla morte. Ma la strategia è una sola: vincere il male col bene. E cioè: superare le tenebre con la luce, la colpa con l'obbedienza alla volontà del Padre, la fine di ogni valore terreno con l'elargizione dell'immortalità nel Regno dei cieli.
Questo stile e questo piano di battaglia sono un'altra lezione preziosa per noi. Per mantenerci in sintonia con la Pasqua di Cristo, che ci ha riscattati, anche i nostri pensieri, le nostre decisioni, i nostri comportamenti devono sempre essere connotati dal rifiuto totale e irreversibile di ogni menzogna, di ogni trasgressione, di ogni violenza.
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