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L'episodio descrittoci dalla lettura evangelica di oggi si colloca all'inizio della vita pubblica di Gesù. Dopo essere stato battezzato nel Giordano da Giovanni, Gesù ritorna al nord, nella sua terra di Galilea, e qui, sulle rive del mare, chiama a sé i primi quattro apostoli. Sono due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, tutti e quattro pescatori.
Poi va a Cafarnao, dove Simone, uno dei quattro, aveva la sua famiglia, e dove per un po' di tempo il giovane profeta di Nazaret si stabilisce.
Proprio nella sinagoga di Cafarnao comincia il suo insegnamento, come abbiamo oggi ascoltato.
Contrariamente a quanto spesso si crede, Gesù non ha cominciato predicando per le strade e per le piazze. All'inizio egli si inserisce piuttosto nelle normali abitudini religiose ebraiche: si reca come tutti all'adunanza del sabato e, come erano soliti fare i rabbini, anche lui nella sinagoga legge e commenta qualche passo della Bibbia.
LE PAROLE DI CRISTO DIVENTANO FATTI
Nel modo con cui Gesù dà principio alla sua missione non c'era niente di inconsueto e di straordinario, non c'era niente che potesse suscitare scalpore o meraviglia tra gli abitanti di Cafarnao.
Ma se l'involucro esteriore è quello di sempre, il contenuto dell'intervento di Cristo nell'assemblea liturgica del suo popolo appare subito una novità senza precedenti. L'evangelista sottolinea lo stupore che a poco a poco prende tutti i presenti, appena il giovane maestro comincia a parlare.
Qual era la "novità", che rendeva Gesù diverso da tutti gli altri abituati a prendere la parola nella sinagoga?
Il racconto la esprime con la parola "autorità": Erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi (Mc 1,22). E più avanti: Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità" (Mc 1,27).
"Autorità". In realtà, il testo originale greco adopera un termine che significa "potere" o "potenza". Gesù colpisce perché non si presenta come uno che ricerca l'interpretazione più plausibile, che chiarisce i concetti, che dialoga con gli altri studiosi della legge, che ascolta ed esamina le varie ipotesi, ma come uno che ha il "potere". Ha il "potere" sulle parole e sulle idee, e stabilisce lui che cosa è vero e che cosa è falso, che cosa è giusto e che cosa è sbagliato; e ha addirittura il "potere" sull'eterno nemico di Dio: il demonio: Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono! (Mc 1,27). Egli non solo dice, ma anche decide; non solo parla, ma anche opera; non solo spiega la parola di Dio, ma combatte e vince il male dell'uomo, combatte e vince il grande e oscuro insidiatore del nostro bene e della nostra salvezza.
LA PAROLA DI DIO, FORZA TRASFORMANTE
Dall'atteggiamento del Signore verso la Sacra Scrittura possiamo raccogliere una prima preziosa indicazione. Senza dubbio il Libro di Dio va letto con umile attenzione, va studiato nei suoi punti oscuri, va analizzato in tutte le su implicazioni. Questo è giusto e opportuno; purché però non si dimentichi che questa è solo la premessa perché dal Libro di Dio scaturisca l'energia rinnovatrice della vita, e la lettura della pagina sacra sia immediatamente posta al servizio della nuova realtà, che ci è stata data dal sacrificio di Cristo e che noi dobbiamo far arrivare in tutti gli angoli dell'esistenza.
Dunque la "parola" non basta e non serve, se non diventa anche grazia, forza, capacità trasformante. Dobbiamo stare attenti a non fare della nostra lettura della Bibbia un ritorno alla lettura rabbinica, dimenticando che noi ormai viviamo nell'epoca della "parola di Dio" realizzata e incarnata nella vita ecclesiale, nell'epoca del Regno di Dio che è già arrivato tra noi e domanda di essere sempre più ampiamente manifestato nella nostra vita.
Probabilmente san Paolo vuol dir questo, quando scrive ai cristiani di Tessalonica: Il nostro vangelo non si è diffuso tra voi soltanto per mezzo della parola, ma con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione (1 Ts 1,5). E vuol forse dir questo anche san Giacomo, quando dice nella sua lettera che chi si limita ad ascoltare culturalmente la parola di Dio è come uno che si guarda nello specchio, ma poi si allontana restando come prima, senza far niente per mettersi in ordine e migliorare la sua personalità (cf. Gc 1,23.24).
Noi cristiani non siamo il "popolo del libro" e neppure il "popolo della parola"; siamo il popolo dell'avvenimento, cioè il popolo che sa che la storia umana è stata radicalmente mutata dalla croce e dalla gloria del Signore; siamo il popolo che non si deve dar pace fino a che questa trasformazione non raggiunga l'intero universo; siamo il popolo che deve dar origine a una storia nuova e diversa.
La nostra Chiesa deve perciò sì dedicarsi alla conoscenza sempre più vasta e alla comprensione sempre più profonda della Sacra Scrittura, anche più di quanto adesso non faccia. Ma non per fermarsi in questa conoscenza e in questa comprensione, bensì per trovarvi l'impulso continuo a costruire l'"uomo nuovo" e il "mondo nuovo"; quell'uomo e quel mondo nuovo che ha il suo inizio e il suo esemplare nel Cristo crocifisso e risorto.
LA REALTA' DEL DEMONIO E LA LIBERAZIONE OPERATA DALLA PAROLA DI CRISTO
Il secondo insegnamento di questa pagina evangelica riguarda il demonio. Anche tra i cristiani, ci sono a proposito del demonio opinioni infondate e aberranti: c'è chi non crede alla sua esistenza, e chi ne è addirittura ossessionato. Nessuno di questi due atteggiamenti spirituali è nel giusto, ci dice il Vangelo di oggi.
Di fronte a questo essere oscuro e malefico, Gesù non fa il superuomo scettico, frivolo e irridente, ma lo prende sul serio. Lo ha già direttamente affrontato nell'episodio misterioso delle tentazioni del deserto. Sa che cercherà di sballottare i suoi apostoli come si fa col grano quando lo si deve vagliare (cf. Lc 22,31). Lo chiama "principe di questo mondo", ma dichiara anche che non ha alcun potere su di lui (cf. Gv 14,30).
San Paolo ci ricorda che la lotta più aspra del credente - contrariamente a quello che oggi pensano molti anche fra i teologi - non è contro "la carne e il sangue" (cioè contro le strutture sociali, i pregiudizi inveterati o i complessi e i grovigli psicologici interni all'uomo), ma contro i dominatori di questo mondo di tenebra,... contro gli spiriti del male (Ef 6,12). Per questo la malvagità, la menzogna, gli accecamenti sono così estesi e imponenti nelle vicende umane: perché hanno una fonte sovrumana.
E sarà meglio che noi, quando si tratta di ciò che c'è nel mondo invisibile, ci lasciamo guidare dal pensiero del Signore, più che dalle persuasioni presuntuose e immotivate dei maestri di questo mondo.
D'altra parte, però, non dobbiamo essere di quelli che sembrano credere più al potere del diavolo che all'amore di Dio. Se dobbiamo prendere sul serio il demonio, non dobbiamo lasciarcene impaurire, dal momento che abbiamo un Salvatore capace di ridurlo al silenzio e di allontanarlo da noi. Taci! Esci da quell'uomo: Gesù ha pronunciato questa parola di liberazione non solo a Cafarnao, ma anche su ciascuno di noi al momento del nostro battesimo, quando siamo stati consacrati al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, e siamo entrati a far parte della divina famiglia.
Come si vede, il Vangelo ci preserva tanto dalle false sicurezze di chi, non vedendo oltre la sua corta vista, presume di non avere avversari spirituali e di poter combattere da solo, quanto dalle angosce di chi si dimentica di essere stato redento e di essere perciò saldamente nelle mani di un Padre che non ha nessuna intenzione di lasciarci andare perduti.
Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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