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Bannati, nel linguaggio social friendly. Più letteralmente "banditi". Sono i preti della diocesi di Montreal in Canada che da settembre non potranno più avvicinarsi da soli ai bambini. Con loro ci dovrà sempre essere un testimone perché il rischio di incorrere in accuse di molestie o di pedofilia è troppo elevato in un Paese che negli ultimi anni ha visto uscire allo scoperto diversi casi accertati di abusi su minori da parte di religiosi.
La decisione è stata annunciata dal rettore del seminario di Montreal François Sarrazin e non mancherà di suscitare reazioni indignate. A tutti i sacerdoti e a chiunque, educatori o catechisti gravitino attorno alle parrocchie con ruoli di responsabilità, sarà fatto divieto di intrattenersi da soli con bambini o con altri soggetti vulnerabili. E' il sunto di un progetto pilota che coinvolgerà a partire da settembre una decina di parrocchie del centro di Montreal per poi estendersi a tutta la diocesi della provincia Canadese.
SICUREZZA PER TUTTI O BAVAGLIO PER TUTTI?
Lo rivela una comunicazione ufficiale della diocesi che è stata ripresa dai giornali locali. L'obiettivo è quello di creare una "rete di sicurezza" per tutti: bambini, pastori ed educatori. Un'iniziativa drastica, figlia di una caccia al mostro che ha dato i suoi frutti, soprattutto a colpi di cause milionarie. Il rettore del seminario lo ha spiegato in modo molto lineare: «Immaginate se si è da soli in una stanza e un bambino ti accusa di essere stato molestato, come potrete reagire? Che sia vero o no, è necessario un testimone. Per questo serve prudenza».
La notizia ha visto i commenti comunque insoddisfatti di Carlo Tarini, portavoce di un'associazione di vittime di preti che ha definito le nuove regole «carenti e in ritardo».
Se da un lato la decisione va incontro alla necessità della Chiesa canadese di proteggersi contro azioni legali derivanti da scandali di abusi su minori, in quello che potrebbe essere classificato come un nuovo business con la Chiesa a fare la parte del pollo da spennare, dall'altro è evidente che di fronte a una Chiesa sotto controllo, a risentirne sarà non solo la figura del sacerdote, ma la stessa trasmissione della fede.
DON BOSCO CENSURATO
Come potranno avvenire le confessioni o la direzione spirituale con i più piccoli se i sacerdoti dovranno tutelarsi con la presenza di un testimone? E quale autorevolezza potrà avere una Chiesa che rinuncia dal punto di vista educativo a far valere la sua unicità e la sua probità morale? Nella decisione del vescovo di Montreal c'è tutta la paura di essere sotto scacco del mondo. Perché, è vero: gli scandali ci sono stati, ma invece di affrontare di petto la situazione, si è preferito rinchiudersi a riccio e giocare sostanzialmente in difesa.
Eppure la storia della Chiesa è ricca di esempi di pastori che hanno amato i fanciulli educandoli al bene e alla fede. Immaginate che cosa sarebbe successo se un provvedimento del genere avesse toccato San Giovanni Bosco?
Il risultato di questo provvedimento sarà quello di proseguire sempre più nella diffidenza verso i sacerdoti, alimentando il pregiudizio che tutti i preti sono a rischio pedofilia, dunque personaggi da tenere sotto controllo. Quando sappiamo bene che i casi di abusi, dolorosi e orribili certo, ma, lo dicono le ricerche sociologiche, in percentuale inferiori a quelli che accadono in altre organizzazioni a contatto con i bambini, toccano l'intangibile e protetta sfera dell'omosessualità nel clero.
A quando le telecamere nei confessionali? A quando il Grande Fratello sul sagrato? Nella decisione della diocesi di Montreal, tanto per citare Gramsci, c'è più pessimismo della ragione che ottimismo della volontà, ma anche tanta poca fiducia nei propri sacerdoti. E soprattutto tanto sconforto pastorale e paura del mondo e della propria identità. Quasi che anche il vescovo si vergognasse di quel Gesù Cristo che disse «lasciate che i bambini vengano a me». Non si trova nel Vangelo l'aggiunta «ma procuratemi un testimone».
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