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"Il silenzio è la cosa più straordinaria che esista in natura. Lo si può interpretare in chiave filosofica e artistica, ma alla fine è costituito semplicemente dall'assenza di rompicoglioni nelle vicinanze".
Forse questo pensiero - tratto da un libro di Marco Presta - è un po' da misantropi, ma coloro che rompono (il silenzio) sono "più numerosi delle stelle del cielo", specie in estate.
Perché questa è la stagione in cui i nemici giurati della quiete mettono fuori le loro esuberanti testoline dalle tane e si organizzano, si scatenano, si motorizzano, si associano, si esibiscono a far gazzarra in ogni dove e nelle modalità le più diverse e sguaiate.
Del resto la cagnara di codesti individui nella stagione estiva viene assai amplificata dalla necessità di tutti - dovuta al caldo - di tenere le finestre di casa aperte e di stare prevalentemente fuori.
Così la forzata socializzazione espone a una babele di rumori molesti. Allora si scopre che non c'è solo l'abitudine maleducata (del vicino o del pub sotto casa) di tenere a tutta valvola radio, stereo e tv o quella - generale - di starnazzare a voce alta (per la via, nelle piazze, al bar, al ristorante, al telefonino, in treno, in spiaggia) affinché gli altri siano costretti a subire le rumorose ciarle altrui (anche di notte): forse ognuno di noi lo ha fatto qualche volta, ma per alcuni è una necessità, è il modo abituale di segnalare al mondo la propria esistenza.
ESTATE ITALIANA
Il fatto è che d'estate, in ogni paese o città o borgo abbondano sagre, feste, fiere, concerti, manifestazioni ed eventi: tutte belle e felici occasioni d'incontro, ma dove di solito veniamo rincitrulliti da amplificatori sfonda timpani.
Non si sa perché e come è invalso l'uso di avvolgere tutti i ludi e le kermesse nel casino, con un superamento dei decibel insopportabile all'essere umano e ad ogni altra specie vivente.
C'è chi si diverte così e, sia chiaro, è liberissimo di rintronarsi se lo si vuole. Ma in questo caso si dovrebbe allestire l'assordante baraonda in un ambiente chiuso e sigillato come una discoteca. Un club per masochisti.
Invece tali chiassosi svaghi, con eventi culturali, mangerecci o baccanali, sono pressoché tutti all'aperto e nessuno ha mai spiegato perché i promotori - oltre a fracassare l'apparato uditivo delle folle che liberamente partecipano e subiscono - rompano anche quello (e quelli) altrui.
Cioè di innocenti ed estranei cittadini che - perfino a distanze considerevoli - sono costretti a sopportare fin dentro casa musiche sgradevoli e voci assordanti di "animatori" che, pur rivolgendosi a persone vicine, rimbombano in potentissimi amplificatori. Viene da chiedersi: ma se sono tutti lì, perché devono parlarsi gridando in microfoni e casse?
Può capitare - in qualche occasione - verso l'una di notte, di recarsi in qualcuno di quei luoghi all'aperto, che da ore inondano il paese o il quartiere di suoni, per verificare la causa e la durata di tanta buriana, e trovare magari solo due o tre coppie residue di poveracci o romanticoni che ballano in una pista.
Cosicché cinque o sei ostinati nottambuli - grazie a leggi dissennate - a notte fonda tengono in ostaggio un paese o un quartiere intero, impossibilitato a dormire, suscitando nelle tante "vittime" (ri)sentimenti vivaci.
Qualcuno si trova a dover reprimere, dentro di sé, il desiderio di prenderli a secchiate d'acqua. Altri - più numerosi - inveiranno dentro e fuori di sé contro i sindaci che - per la nota politica demagogica "panem et circenses" - hanno accordato loro il diritto di rompere i cocomeri a tutto un paese fino all'1,30.
LA CAUSA
Quello che, in ogni caso, resta sconosciuta, è la ragione di tale gazzarra. Ce n'è veramente bisogno?
L'Italia è piena di paesi, città e campagne letteralmente mozzafiato, con scorci, paesaggi e cieli stellati struggenti.
Si vorrebbe comprendere quale demone interiore spinge individui e masse a fuggire questo fantastico spettacolo, apparecchiato e accompagnato dal silenzio della natura (la musica più sublime), per farsi rintronare dai rumori.
Da cosa devono fuggire? Da se stessi? Dalla bellezza delle cose? Da un vuoto che - dentro le loro anime e le loro menti - li spaventa fino alla vertigine? Dalla solitudine?
Ci sono luoghi incantevoli dove ho personalmente dovuto constatare l'incredibile presenza di villaggi turistici che a qualsiasi ora - all'aperto - ammorbano l'aria e la vita con chiassosi "intrattenimenti" più fastidiosi (anche per i vicini) del traffico di città nell'ora di punta.
Viene da chiedere: fratello turista (anche teutonico), tu che, magari, fai tutto l'anno una vita di guano, e ti sudi lo stipendio e paghi le tasse, subendo tanti rompiballe di città, nel mezzo al cemento e al traffico, ebbene tu poi spendi una cifra per venire a vivere una settimana in questo paradiso terrestre e, invece di goderti, per qualche giorno, lo spettacolo più bello che esista, creato per te dall'Artista supremo (e cioè lo spettacolo del mare, del sole, del vento, del cielo stellato, con i mirabili suoni della natura che ti avvolgono e ti fanno sentire finalmente "una fibra dell'universo", una creatura), tu paghi per darti in ostaggio ad attività chiassose e vacue che ti immergono nello stesso marasma da cui sei fuggito?
Sei proprio sicuro di desiderare tutto l'anno questo insulso baccano, questo finto divertimento, indotto, congestionato e fasullo, che ti fa perdere tutta la bellezza che qui avresti a portata di occhi e di cuore?
RIMINI, CATEGORIA DELLO SPIRITO
Io non ho nulla - sia chiaro - contro turisti siffatti, ma - dico - c'è Rimini, vadano lì ché come divertimentificio è perfetto e pure a basso costo. Capisco e apprezzo i riminesi. Dovendo vendere un prodotto non eccelso (dal punto di vista naturalistico), si sono genialmente inventati un parco giochi marino, lungo chilometri di spiaggia, per i forzati del divertimento. Ci può stare. I romagnoli sono i migliori in questa industria.
Ma l'idea di riprodurre piccole e maldestre Rimini in località incantevoli, dove il mare e la natura sono favolose è come avere una cena pagata alla migliore enoteca e chiedere al cameriere uno di quei vinelli nelle confezioni di cartone da 50 centesimi al litro; o come recarsi all'Oktoberfest portandosi da casa un birrino; o come andare a sentire un concerto di Riccardo Muti tenendosi sulle orecchie le cuffie con le canzoni dei Righeira.
Se ti trovi in un luogo così bello perché non lo gusti e impedisci pure agli altri di gustarne?
Il silenzio della natura non è il vuoto. E' l'esatto contrario perché ti fa sentire i suoni gentili dell'universo, l'infinita epopea del mare, la voce del vento, il canto degli uccelli e gli odori della campagna, della montagna o del Mediterraneo. Sono aromi e suoni fantastici.
E' singolare e scandaloso che i comuni - dove dilaga spesso la mania ecologista per la qualità dell'aria, dell'acqua, dei cibi - siano invece così indifferenti alla barbarie dell'inquinamento acustico.
Anzi, che siano loro stessi, di solito, ad autorizzare e perfino a provocare tale inquinamento.
Qualche piccola isola di resistenza all'invadenza del casino c'è. Di recente - ad esempio - una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che "l'attitudine dei rumori a disturbare il riposo o le occupazioni delle persone" non deve essere necessariamente documentata tramite perizia o consulenza tecnica (un iter difficile e costoso), ma bastano le testimonianze.
Forse dei modi ci sono, allora, per fermare o impedire gli abusi sui nostri timpani. Così a poco a poco si potrebbe anche imparare a rispettare il diritto al silenzio degli altri.
Ma decisiva sarà solo un'educazione, vera, profonda, a godere della musica del creato e al rispetto della sensibilità altrui.
Un'educazione che insegni a gustare il bello. Una seminagione di sensibilità e di intelligenza. Che sono però merce rara come il silenzio.
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