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OMELIA PER LA III DOMENICA TEMPO DI AVVENTO - ANNO C - (Lc 3, 10-18)
di Padre Antonio Izquierdo

I testi liturgici di questa terza domenica di avvento sono un inno alla gioia. Gioia per gli abitanti di Gerusalemme, che vedranno allontanarsi il dominio assiro e l'idolatria, e potranno rendere culto a Javeh con libertà (prima lettura). Gioia dei cristiani, una gioia costante e traboccante, perché la pace di Dio "custodirà le loro menti e i loro cuori in Cristo Gesù" (seconda lettura). Gioia dello stesso Dio, che esulta di giubilo nel trovarsi in mezzo al suo popolo per proteggerlo e salvarlo (prima lettura). Gioia che Giovanni il Battista comunica al popolo, mediante la predicazione della Buona Novella del Messia salvatore, che con la sua venuta instaurerà la giustizia e la pace tra gi uomini (vangelo).
MESSAGGIO DOTTRINALE
Perché rallegrarsi? Sono varie le cause che si trovano nei testi liturgici.
A) Innanzitutto, perché Dio ha annullato la sua sentenza. Sofonìa immagina Javeh come un giudice di tribunale che, dopo aver emesso sentenza di condanna, la annulla. Come non rallegrarsi? Storicamente, si riferisce alla pesante oppressione che l'impero assiro esercitava sul regno di Giuda al tempo di re Giosia, e dalla quale Javeh lo ha liberato (prima lettura).
B) Rallegrarsi, perché Javeh è in mezzo a te. Questa presenza divina di potere e di salvezza libera da ogni paura, e rinnova il regno di Giuda con il suo amore. È una presenza protettrice e sicura (prima lettura).
C) Rallegrarsi, perché il cristiano possiede la pace di Dio che supera ogni intelligenza (seconda lettura). Codesta fede in Dio, che è frutto della fede e del battesimo, e che si esperimenta in modo efficace nella celebrazione liturgica, quando "presentiamo a Dio le nostre richieste, mediante la preghiera e la supplica, accompagnate dall'azione di grazie" (seconda lettura).
D) Infine, rallegrarsi perché Giovanni il Battista, il precursore, proclama la Buona Novella di Cristo (vangelo), e, con lui e come lui, tutti i precursori di Cristo nella società e nel mondo. Per tutto ciò, possiamo dire che il cristianesimo è la religione della gioia. Ma, la gioia nel Signore, come ci ricorda san Paolo.
La gioia del precursore. La gioia di Giovanni il Battista è espressa mediante tre immagini. L'immagine del padrone e del servo, con cui si indica la superiorità di Gesù su Giovanni. Gesù è come il padrone che, quando giunge dalla campagna o dalla città, ha a sua disposizione un servo (Giovanni il Battista), che gli slega la cinghia e i calzari. Giovanni è allegro perché il Messia, suo padrone, sta per arrivare. Usa anche l'immagine dell'agricoltore che, giungendo l'estate, sega le spighe, le trebbia, separa mediante il forcone il grano dalla paglia, conserva il grano e brucia la paglia. La gioia di Giovanni è la gioia di chi raccoglie il frutto del suo lavoro, il frutto di tanti altri profeti che prepararono insieme a lui la venuta del Messia. Da ultimo, Giovanni si rallegra perché, mentre egli battezza in acqua, colui che sta per venire, cioè il Messia, battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Ossia, in Spirito che è fuoco purificatore dal peccato, fuoco propulsore e diffusore di grandi imprese. Nel battesimo, il cristiano riceve lo Spirito, uno dei cui primi frutti è la gioia.
Il vangelo della gioia. Riflettendo sulla pericope evangelica, il vangelo della gioia si rivolge ad ogni tipo di persone: alla gente in generale, ai pubblicani, agli stessi soldati. Questo vangelo consiste soprattutto nella donazione e nell'amore al prossimo, che ogni categoria deve vivere secondo le proprie circostanze. Così la gente è invitata a condividere con i più bisognosi il vestiario e il cibo. I pubblicani vivranno l'amore fraterno riscuotendo le tasse con esattezza e giustizia, senza addizioni egoiste per il proprio lucro personale. Rispetto ai soldati, da una parte, siano contenti del salario che ricevono, supponendo che sia giusto; dall'altra, non facciano estorsioni a nessuno, e nessuno denuncino falsamente. Riassumendo, il vangelo della gioia si impianta e produce frutti magnifici laddove si vive il comandamento dell'amore, ciascuno secondo la sua professione e la sua condizione di vita.
SUGGERIMENTI PASTORALI
Rallegrarsi già del futuro. Sofonìa annuncia la liberazione di Gerusalemme e di Giuda, ma essa ancora non è giunta. Ciononostante, già lo stesso annuncio deve essere causa di gioia. Giovanni il Battista gioisce già in anticipo della venuta del Messia, anche se quest'ultimo ancora non si è fatto presente. Noi cristiani viviamo con gioia questo periodo di avvento, pur sapendo che non è ancora giunto il Natale. Noi cristiani siamo stabiliti nel presente, ma con lo sguardo posto nel futuro, che deve essere sempre fonte di gioia. C'è un vecchio proverbio che dice: "Ogni tempo passato fu migliore". Certamente non è vero. Ma non è neppure cristiano. Il cristiano, uomo della speranza, dirà piuttosto: "Ogni tempo futuro sarà migliore", e questo gli infonde una grande gioia. Meglio, non precisamente per merito degli uomini, ma per azione misteriosa ed efficace dello Spirito Santo nella storia e nelle anime. Meglio, perché il progresso scientifico, e soprattutto morale dell'umanità, senza dimenticare l'ambivalenza e le deficienze del progresso stesso, contribuisce in qualche modo al regno di Dio nel tempo e nella vita degli uomini. E, come non rallegrarci del futuro, se siamo convinti che il futuro è nelle mani di Dio, perché Egli è il Signore della storia, e colui che ha in suo potere le chiavi del futuro? Perfino in mezzo alla prova e alla tribolazione, il futuro sorride al cristiano maturo nella fede.
Gioia e pace. Amore, gioia e pace sono doni dello Spirito Santo. In quanto doni dello Spirito Santo, sarebbe un errore identificare l'amore con il sentimento amoroso o con le avventure sentimentali, la gioia con il chiasso, e la pace con l'assenza di guerra, di distruzione e di morte. La pace di Dio è qualcosa che, ci dice san Paolo, supera ogni intelligenza. E lo stesso vale per la gioia. Essendo doni dello Spirito santo, unicamente chi li ha ricevuti tramite la fede, è in condizioni di sperimentarli, conoscerli, possederli, goderne e trasmetterli. C'è una certa reciprocità tra entrambi i doni dello Spirito. La pace che abita nell'anima del credente ispira una gioia interiore attraente, che si materializza nello stile della persona, che si contagia perfino con la sola presenza. Da parte sua, la gioia della quale lo Spirito dota il credente, trasmette pace ed ordine nella vita, serenità ed armonia, e soprattutto una specie di atarassia, di imperturbabilità spirituale, che provoca in tutti ammirazione. Perché non chiedere allo Spirito Santo che ci conceda più abbondantemente questi doni della pace e della gioia per prepararci al Natale? Rallegriamoci nel Signore. Viviamo la Pace di Dio. Il Natale è ormai alle porte.´

 
Fonte: Sacerdos, (omelia per il 13 dicembre 2009)