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La valutazione di un possibile prossimo e catastrofico innalzamento del livello degli oceani conseguente al graduale scioglimento dei ghiacci dovuto ad una supposta futura fase di riscaldamento della Terra, richiede l’analisi dei principali elementi che potrebbero giocare un ruolo nel fenomeno.
GLI ICEBERG
Come noto, essi consistono in grandi piattaforme di ghiaccio e neve, vaganti come isole galleggianti per i mari polari, talvolta ancorate fra loro o anche a terre vicine più fredde. Mentre la porzione sommersa di esse è, in genere, formata da ghiaccio compatto, quella sporgente dall’acqua può essere costituita da ghiaccio più leggero, ancora in formazione, di neve in assestamento sino a quella appena caduta.
Queste masse galleggianti, nel loro peregrinare, obbediscono come noto al Principio generale di equilibrio dei corpi immersi in un liquido (di Archimede) che assicura loro una forza di sostentamento pari al peso del liquido spostato.
Assumendo per il ghiaccio, che pesa meno dell’acqua, un peso specifico medio di circa 0,9 chilogrammi per decimetro cubo, un iceberg di 100 metri di altezza, galleggerà nel mare posizionandosi con una porzione di 90 metri sommersa e con il resto di 10 sporgente dall’acqua. La sua posizione verticale sarà infatti stabilita dall’equilibrio tra la spinta in su dei 90 m. dell’acqua spostata e il peso dell’iceberg, i 100 m. x 0,9 = 90 m. equivalente.
All’aumentare dello spessore degli iceberg che è maggiore in prossimità dei poli, arrivando sino a due chilometri e oltre, il rapporto tra l’altezza sommersa e quella emergente non muta, 90 % sotto e 10% fuori dal livello del mare, per cui si comprende la grande difficoltà incontrata, prima dell’avvento del radar e specialmente di notte, dalle navi maggiori nell’individuare ed evitare questi enormi ostacoli, ovviamente non indicati sulle carte nautiche.
La loro visibilità è maggiore, se la loro parte emergente è formata anche da neve che pesando meno (sino ad un decimo dell’acqua) arriva a quote più elevate, per l’iceberg precedente, di 30/50 m.
Quando un iceberg, nel suo peregrinare, perviene in acque meno fredde, la prima parte a soffrirne, ovviamente, è quella sottostante a diretto contatto con l’acqua. Cominciano così a liquefarsi gli strati più esterni del ghiaccio sommerso che, non sostenendo oltre gli strati superiori, li lascia crollare fragorosamente, per murate successive. Le immagini di questi crolli, evocando nell’animo umano il timore di distruzioni apocalittiche, sono utilizzate con successo dagli allarmisti. Per fortuna, le cose nella realtà vanno meglio: lo scioglimento della parte sommersa dell’iceberg, in base alle considerazioni fatte in precedenza, restituisce al mare soltanto la propria quantità di acqua (pari al 90 % del suo volume) e a quel punto, se il livello marino potesse essere misurato senza consentire apporti di liquido dall’esterno e se la porzione emergente del ghiaccio potesse esser momentaneamente sostenuta al di sopra del livello del mare, esso risulterebbe inferiore a quello preesistente e, per l’iceberg alto 100 m.,indicato prima, il livello sarebbe più basso di ben 9 metri, recuperabili solo sciogliendo il ghiaccio del cappello (10m x 0,9 = 9 m.).
Più in generale, quando nell’ambito dell’equilibrio tra corpi sommersi e liquidi circostanti (principio di Archimede), sia il corpo sommerso che il liquido sono composti solo d’acqua, né il formarsi del ghiaccio né il suo scioglimento influenzano il livello circostante. La verifica ( v. raccolta esperimenti curiosi di Fisica) si ottiene inserendo un cubetto di ghiaccio in un bicchiere che si riempie quindi d’acqua sino all’orlo: dopo qualche minuto, il bicchiere sarà pieno d’acqua senza che una sola goccia sia riuscita a tracimarne le pareti!
L’ANTARTIDE
Il polo sud del nostro pianeta è occupato da un grande continente disabitato. A causa della inclinazione dell’asse terrestre rispetto al sole, esso non vede mai il sole e, per questo, è molto più freddo del polo nord che almeno usufruisce quasi sempre di una fioca illuminazione solare. In entrambi i casi, si tratta comunque di raggi solari radenti di inclinazione prossima all’orizzontale, di scarsissimo impatto termico e che, per quanto riguarda l’Antartide, arrivano a lambirla al massimo per 10 – 20 giorni ogni anno. La sua superficie, quasi quattro volte più grande dell’Artide e prevalentemente rocciosa, nei secoli ha accumulato una coltre di ghiaccio, alta spesso due km e più, caratterizzata da temperature ben al di sotto al punto di congelamento, variabili tra i 40 e i 90 °C sotto zero! Tutto attorno all’Antartide, una superficie di pari grandezza è occupata da una fitta rete di iceberg a temperature gradatamente meno rigide allontanandosi dal polo.
Il timore di una possibile sopraelevazione del livello degli oceani conseguente, nel volger del secolo, al liquefarsi di una consistente quantità di ghiacci del deposito antartico, dovuto al riscaldamento globale originato da eccessiva quantità di CO2 prodotta dall’uomo, non appare fondato.
Prima di tutto, per portare il ghiaccio al punto in cui il suo processo di fusione può iniziare, esso va riscaldato per liberarlo dal freddo che lo imprigiona; per far ciò, ogni chilogrammo di esso richiederebbe 40/90 calorie a seconda del suo stato. Un calore di dimensioni inimmaginabili che non si vede né dove prendere né come trasmettere.
Come visto sopra infatti, i fattori di possibile effetto termico sui poli ed in particolare sul polo sud sono tutti di natura rigidamente astronomica e pertanto del tutto indipendenti da ogni influenza umana o terrestre.
Anche gli iceberg sembrano disposti a difesa dei ghiacci del sud e solo quando si staccano, andando alla deriva attraverso gli oceani, offrono alle correnti calde in olocausto i loro corpi sommersi mentre, i ghiacci dell’Antartide, ben ancorati alla terra ferma, attendono l’attacco del caldo a domicilio.
Sulla base delle considerazioni su esposte, non appare fondato il timore diffuso fra tante popolazioni rivierasche di pericolosi innalzamenti dei mari e perfino della scomparsa di intere isole e città; quanto qui esposto dunque può servire a rasserenare un po’ tante persone ingiustamente preoccupate.
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