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Lo sapete, è una mia idea un po' fissa. Cioè che tante di quelle battaglie che qualcuno chiama "di libertà", o in nome di "diritti", autodeterminazione e così via, nascondano in realtà la volontà di colpire un singolo obbiettivo, cioè la presenza reale di Dio nel mondo. Che siano, detto altrimenti, dei travestimenti per le zanne e gli artigli di un potere occulto e maligno. Come in un certo libro e ora film di successo, dove il male si traveste da clown che dona palloncini. Sfortunato, e imbecille, chi cade nella trappola.
Così, ad esempio, tutto il movimento iconoclasta che ha piede ora negli Stati Uniti. Credevate che si fermasse alle statue dei generali confederati, scrittori, esploratori come Colombo [vedi la nota in fondo a questo articolo]? No: il prossimo bersaglio sono le croci. Come quella che campeggia su un memoriale a soldati caduti nella prima guerra mondiale, che qualcuno vorrebbe abbattere in nome di una pretesa laicità; sostituendola, cioè, con il nulla di cui quel qualcuno è rappresentante. Un Nulla ben preciso, ovviamente.
C'è da dire che chi volesse difendere quella croce in nome di valori o tradizioni sbaglierebbe in maniera altrettanto decisiva; anzi, in fondo si schiererebbe con il nemico. La croce che campeggia su quelle lapidi, o su quelle tombe, non è una pia tradizione, un segno scaramantico, una bandiera da difendere; rappresenta la memoria di cosa è l'uomo, il senso stesso della sua vita e della sua morte. Senza di quella croce non ci sarebbe ragione di ricordare quei caduti, perché ci sarebbe solo il presente, un perenne istante fuggevole senza significato, in cui ci si sbrana vicendevolmente. Definirla valore o tradizione è averla già abbattuta nel proprio cuore.
La croce proclama che ogni vita vale qualcosa. Così anche le leggi come quelle sull'aborto o come quella sul fine vita attualmente in discussione al Parlamento non sono altro che tentativi di colpire la vita per distruggere la croce. Quando si obbligheranno anche gli ospedali cattolici e i medici ad ammazzare i pazienti, quella croce dovrà essere tolta dalle corsie e dai cuori, se non si vorrà perderla. E dopo scopriremo quanto quella libertà, quei diritti, quella autodeterminazione valgano davvero per chi si riempie di essi la bocca. Già lo potremmo, se volessimo.
Ma dovremmo volere vedere oltre il travestimento.
Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo sottostante dal titolo "L'Occidente che si odia rimuove le statue di Colombo" parla dell'assurda lotta iconoclasta che è di moda oggi negli Stati Uniti.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 7 febbraio 2017:
Dopo proteste e petizioni studentesche, fra la fine dell'anno scorso e il primo mese del 2017, l'università di Pepperdine, Malibù, California, annuncia in modo informale che rimuoverà la statua dello scandalo e la trasferirà nel suo campus in Italia, a Firenze. Lo annuncia, con una mail, il presidente e amministratore delegato dell'università privata, Andrew Benton che assicura: i lavori richiederanno ancora un po' di tempo, ma il processo è iniziato. A chi era dedicata la statua della discordia? Non lo indovinerebbe mai nessuno, in Italia: a Cristoforo Colombo. E cosa avrà mai fatto Cristoforo Colombo per meritarsi questo, nella terra che ha scoperto proprio lui? E' considerato un "simbolo dell'oppressione" e addirittura un genocida.
Nella sua lettera, il presidente dell'università conferma la visione della storia dei contestatori. Mentre fino a pochi decenni fa, figure come quelle di Cristoforo Colombo erano studiate dagli americani come esempi di eroismo, coraggio e pionierismo, oggi "... quando l'impatto dell'arrivo degli esploratori è stato sviscerato più approfonditamente, specialmente l'impatto che hanno avuto sui popoli indigenti, si è formato un punto di vista diverso. Oggi, per molti, anche nel nostro campus, le storie della conquista e l'arte ad essa associata, sono dolorosi ricordi di tragedie e di perdita di vite umane". La statua era stata donata al campus californiano da Congress500, nel 1992, per celebrare il mezzo millennio della scoperta dell'America da parte del navigatore italiano. Ora tornerà in Italia, anche se non nella sua città natale (Genova), ma a Firenze, dove l'università, che appartiene alla Chiesa di Cristo, una confessione protestante, ha la sua sede.
Il caso può sembrare una mera curiosità locale americana, uno dei tanti esempi di abuso del politically correct. In realtà è uno dei tanti esempi di un fenomeno ormai globale. A Barcellona, i consiglieri di estrema sinistra vorrebbero abbattere la statua dedicata a Colombo sulle Ramblas, uno dei monumenti più caratteristici della città catalana. Non è una petizione isolata: anche il sindaco della città, Ada Colau vorrebbe rimuovere il monumento e sostituirlo con una statua che onori la "resistenza americana all'imperialismo, all'oppressione e alla segregazione degli indigeni e degli afro-americani". Ada Colau ha vinto le elezioni del 2015 a capo della coalizione di estrema sinistra "Barcellona in Comune" e per il 2017 vorrebbe sopprimere anche la festa dedicata alla scoperta dell'America (12 ottobre), perché a suo avviso "celebra un genocidio". Nella sua campagna è sostenuta anche dal sindaco di Cadice, José Maria Gonzalez (Podemos), il quale aggiunge anche il suo punto di vista: "Non abbiamo mai scoperto l'America, abbiamo massacrato e oppresso un continente e le sue culture nel nome di Dio".
Dall'altra parte dell'Atlantico, ancora, ma stavolta a Sud, a Buenos Aires, un'importante statua di Colombo è già stata rimossa: quella di Buenos Aires, in piazza Volon, giusto dietro la Casa Rosada (la sede presidenziale). La decisione è stata presa nel settembre del 2014. Non ha fatto molta notizia, dalle nostre parti, anche se il monumento era una donazione della comunità italo-argentina del 1921, realizzato dallo scultore Arnaldo Zocchi. Ora è stato trasferito in un luogo considerato "più consono", a Costanera Norte, sulla costa atlantica. Lontano dalle istituzioni. E al suo posto? Ora c'è la statua di Juana Azurduy, leader guerrigliera nata nel 1780 che combatté per l'indipendenza dell'Argentina e della Bolivia.
Questo movimento iconoclasta ha un nome: indigenismo. Non è solo un movimento politico che mira all'emancipazione sociale degli indio nell'America latina. E' anche un movimento culturale che punta a riscrivere la storia, alla rivalutazione del ruolo dei popoli indigeni delle Americhe e al tempo stesso una condanna senza appello al ruolo degli europei. L'indigenismo rimuove la memoria delle atrocità commesse dagli imperi indigeni pre-colombiani, come i sacrifici umani di massa. Dimentica, per esempio, che quando i conquistadores presero Tenochtitlan, vi trovarono i resti di 136mila vittime di sacrifici umani, prigionieri uccisi come offerta ai locali dei al ritmo di 1500 all'anno, di media. Gli Aztechi non erano un'eccezione nelle civiltà pre-colombiane. L'indigenismo, attribuisce alla colonizzazione europea nel Nord e Sud America tutti i peccati storici e attuali del continente. Dimenticando, al tempo stesso, che le università in cui si protesta, le strade e le piazze in cui si manifesta, sono tutti opera di quei "conquistatori" e dei loro discendenti. Che i manifestanti stessi sono, nella stragrande maggioranza dei casi, loro discendenti. Che la loro speranza di vita e il loro benessere, dipendono dalle conquiste umane e materiali fatte dai loro antenati. E questo per un motivo principale, confessato più o meno consciamente, proprio dal sindaco di Cadice, secondo cui "le culture" del Nuovo Mondo sono state oppresse "nel nome di Dio". Quel che non viene digerito dagli indigenisti è proprio l'arrivo del cristianesimo nel Nuovo Mondo, la nascita di una seconda Europa cristiana al di là dell'Atlantico.
APOCALYPTO
Per capire quale situazione trovarono gli europei che arrivarono in America si può vedere Apocalypto, il film capolavoro di Mel Gibson.
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